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Ipazia

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view post Posted on 8/4/2010, 19:22     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Nel V Secolo d.C. una filosofa pagana fu la prima vittima del fondamentalismo cristiano: ma cosa c'era veramente dietro quell'omicidio brutale? E perché i suoi studi influirono così tanto sui futuri Templari?



La filosofa Ipazia, come fu rappresentata da Raffaello ne "La Scuola di Atene".

Oggi si sa pressoché tutto dell'Ordine dei Cavalieri del Tempio: sebbene le origini siano incerte, comunque i motivi della fondazione di questi autentici campioni del mistero sono noti: come abbiamo anche noi più volte sottolineato, i Templari ambivano a recuperare l'Antica Religione, riscoprendo scoperte e nozioni forse antecedenti al Diluvio. Per farlo, si servirono del papato da un lato e di alleanze alquanto inconsuete dall'altro: Saraceni, Ebrei, Catari, persino i Mongoli di Gengis Khan portarono al Tempio un contributo formidabile in libri, papiri, pergamene...

Ma qual era la base filosofica che spingeva i cavalieri dalla croce patente a rischiare processi per eresia (come è alla fine accaduto) per portare avanti il loro progetto? Chi poteva essere il precursore dei loro ideali, se mai vi fosse stato un ispiratore? Se certamente San Bernardo di Chiaravalle fu il principale "sponsor" della fondazione dell'ordine, senza dubbio le basi teoriche dei Templari risalgono a circa 700 anni prima, proprio in quell'Egitto che dell'Antica Religione è la culla. Andiamo quindi a "far visita" a Teone di Alessandria, un uomo che è passato alla storia come un eccellente matematico e astronomo, forse il più valente della tarda Antichità.

Il suo "Commentario all'Almagesto di Tolomeo" è una delle opere astronomiche meglio realizzate sullo studio del Sistema Solare, fino alla teoria eliocentrica di Copernico… Nell'Alessandria d'Egitto del V Secolo CE, Teone rappresentava il fulcro del sapere, l'uomo più prestigioso di una scuola culturale che aveva nella Biblioteca il suo nucleo più vivido. I trecentomila rotoli di papiro che erano custoditi nel palazzo della Biblioteca racchiudevano un sapere antichissimo in quando raccoglievano tutti gli annali egizi dall'epoca del Diluvio in poi.

L'incendio da parte dei soldati di Giulio Cesare prima e poi quello, assurdo per motivazioni, dei fanatici cristiani al soldo del vescovo Teofilo, avvenuto nel 392 CE, distrussero gran parte del materiale contenuto, però una significativa parte (anche se non ci è dato sapere quanti papiri) sopravvissero allo scempio e furono affidati ai singoli scienziati, nella veste di custodi del sapere in un'epoca di (nascente) barbarie. In effetti, l'Editto di Teodosio in cui si imponeva la religione cristiana all'Impero Romano risaliva solo al 380; e nel 392 come abbiamo ricordato Teofilo e i suoi seguaci irruppero nel tempio del Serapeo di Alessandria, dandolo alle fiamme e con esso gran parte della città, e dell'annessa Biblioteca, venne distrutta.

Era la fine della Religione Pagana, antica di 5mila anni, ma più ancora era la fine di una cultura millenaria, quella egizia, che tanto aveva dato in termini di sapere all'Uomo. Ora i valori di riferimento non erano più la filosofia, la matematica, l'astronomia: le volontà cristiane imponevano a tutti ignoranza, penitenza, sofferenza, liberazione finale dai peccati: il sapere era maligno, luciferino, inadatto al volgo. Qui nacque l'idea dell'Indice dei Libri Proibiti, che troverà la sua vera applicazione ai tempi dell'Inquisizione. Ma nel contesto dell'assolutismo protocristiano, anzi per l'esattezza un po' prima, nel 370, nacque la figlia di Teone, Ipazia.



(Sopra) Ipazia probabilmente aveva questo aspetto. (Sotto) La Biblioteca di Alessandria, culla del sapere antico.

Un'Alessandria che prima dell'imposizione del Dio Cristiano era un ambiente estremamente fertile e multiculturale, in cui fianco a fianco convivevano studiosi cabalisti ebraici, gnostici cristiani della Scuola Catechetica, che interpretavano le Scritture in maniera allegorica, e filosofi neoplatonici: tutti fieri delle proprie convinzioni ma anche al tempo stesso disponibili al confronto, su basi culturali, delle proprie idee.

Ipazia, con un tale padre e anche con una madre assai aperta, crebbe tra libri e filosofi amici di famiglia e non stupì come, in pochi anni, divenne anche più brava del padre. La ragazza disdegnava la vita familiare, l'obbligo di sposarsi e avere figli: probabilmente come Saffo era lesbica ma non ebbe mai grandi amori, conducendo invece una vita assai proficua come libera pensatrice.

Senza studiare deliberatamente la filosofia, si ritrovò così eccellente filosofa della corrente neoplatonica; attraverso lo studio dei testi di Teone e di altri frammenti della Biblioteca, divenne un'abilissima matematica e anche un'inventrice. A lei si attribuiscono l'astrolabio, l'idroscopio, il planisfero, benché su questa invenzione pesi il sospetto che fosse già stata inventata dai suoi antenati Egizi millenni prima e che dunque la sua fosse solo una riscoperta.

Comunque sia, Ipazia divenne una libera pensatrice e una libera insegnante: in una maniera a dir poco pazzesca per una neoplatonica, si metteva a tenere lezioni di astronomia e filosofia a tutti, in mezzo alle strade; discuteva per le vie, spiegando a tutti, ricchi e mendicanti, donne e vecchi, le idee di Platone imparate ad Atene da Plutarco, idee contrapposte a quelle di Aristotele. Con gli ebrei discuteva di Sephirot e con i suoi correligiosi fedeli ai Neteru, gli Dei tradizionali egizi, parlava di teologia.

In un certo senso, Ipazia rappresentava quell'ideale di donna-Sofia, di Sapienza che gli stessi Gnostici assimilavano alla Dea Iside che tanto, noi di Sator ws, conosciamo. Ipazia rappresentava ciò che la donna costituiva millenni addietro: una sacerdotessa della Madre Terra, che con gli strumenti del Sapere e della Logica riesce a trasmettere ai suoi simili le Verità dell'Universo. In questo senso Ipazia era vicina alla figura della strega, così come concepita dall'Inquisizione: una donna colta, consapevole e desiderosa di aiutare il suo prossimo con le sue arti. Ovvio fu che attorno a una tale figura Alessandria vide l'afflusso di un numero incredibile di sapienti.

Mentre in Occidente l'Impero Romano iniziava a soccombere sotto i colpi delle invasioni barbariche e mentre in Oriente il futuro Impero Bizantino acuiva le distanze con il regno gemello, ad Alessandria si realizzava il curioso caso di una donna estremamente dotta che divenne il motore culturale di un'intera regione. Lo stesso prefetto romano, Oreste, divenne un neoplatonico, amico intimo di Ipazia e frequentatore delle riunioni dei circoli filosofici.

Fu per questo che un fanatico come il vescovo Teofilo, per quanto appoggiato dalla Chiesa di Roma e sostenuto dall'Imperatore d'Oriente, a parte l'incalcolabile perdita della Biblioteca e la distruzione del tempio di Serapide, poco o nulla poté per radicare il culto cristiano. Certo Teofilo era un uomo violento e circondato da individui loschi, ma i cristiani veri, immuni alle parole del vescovo, continuavano la loro vita multiculturale apprezzando quel miracolo che si stava realizzando. Purtroppo Teofilo morì nel 412 e al suo posto venne nominato un uomo ancor più violento. Roma, in disaccordo con le altre Chiese d'Oriente e contro tutti i consigli, nominò vescovo di Alessandria il nipote di Teofilo, un fanatico monofisita chiamato Cirillo.

Era africano e aveva studiato assieme a Sant'Agostino, ma senza avere un interesse concreto per la teologia. Così, nominato in una piazza apparentemente così poco cristiana e molto gnostica come Alessandria, il neovescovo continuò, inasprendola sempre più, la politica del predecessore. I cristiani alessandrini della Scuola Catechetica non lo seguivano nelle sue idee fondamentaliste? Bene, Cirillo ebbe l'idea di "assoldare" dei derelitti e mentecatti da tutta la provincia romana, pagandoli con cibo e vestiti in cambio dei disordini che avrebbero dovuto creare…

Dopo aver perseguitato gli ebrei, scacciandoli dalla città e saccheggiandone le sinagoghe, aizzò la folla fanatica contro lo stesso prefetto Oreste, colpevole di aver arrestato uno dei "parabalanoi" (letteralmente parabolani, "barellieri", i seguaci del vescovo). Nei tumulti che seguirono Oreste fu ferito da un facinoroso che, arrestato dai soldati, fu messo a morte. Seguendo uno schema strategico di aumento della tensione, Cirillo celebrò un funerale da martire per il parabolano colpevole del ferimento, dimenticando che la religione ufficiale dell'Impero era la cristiana e che Oreste, obtorto collo, era cristiano! La misura era colma, la situazione era bollente, pronta a esplodere, ma ci fu chi quella bomba la disinnescò.

Ipazia, con la sua solita arte mediatoria, riuscì a convincere il clero filognostico cristiano a richiamare una parte dei rivoltosi, in nome di una visione comune della vita cittadina. Benché in privato continuasse a praticare il suo culto, benché professasse convinzioni filosofiche di stampo platonico, Ipazia si disse convinta a realizzare nel pubblico un sincretismo tra le convinzioni di tutti.

Una specie di Pax Deorum in cui le questioni metafisiche sarebbero state messe in secondo piano, in nome di uno sviluppo delle tematiche più pratiche in grado di aiutare il mondo civile. Un tema per nulla distante dalle idee templari o successivamente rosicruciane, che fanno del sincretismo e dell'allegoria strumenti comuni della loro teologia…

Ma Cirillo, a tre anni dal suo insediamento, un giorno capì che Ipazia era il vero ostacolo alla sua ambizione. Un gruppo di monaci eremiti e di fanatici provenienti dalla Tebaide, guidati da Pietro il Lettore, un bel giorno assalì Ipazia per le strade di Alessandria, intenta come suo solito a insegnare filosofia e matematica ai suoi allievi. Colpita alla nuca dalla mazza ferrata di Pietro il Lettore, la donna fu denudata e trascinata dai cavalli fino alla chiesa di San Cesario. Qui, sul corpo ancora esanime, i cristiani inferociti riversarono la loro bestialità, facendo il corpo a pezzi a colpi di cocci e conchiglie. Il corpo di Ipazia, ridotto all'osso, fu infine gettato tra i rifiuti, in senso di ultimo disprezzo. Era l'8 marzo 415 CE: Otto Marzo, Festa delle Donne!

In tutto l'Egitto fu totale la costernazione, il prefetto Oreste non riuscì a provare che l'ordine di uccidere Ipazia fosse giunto da Cirillo e tutti i suoi tentativi, rivolti all'imperatore Teodosio II, di far dichiarare la legge marziale in città furono vani. Ma Teodosio II era giovane e imbelle, succube della sorella Pulcheria, devota ammiratrice di Cirillo…

E così l'inviato imperiale per l'ordine pubblico, tale Edesio, se ne tornò a Costantinopoli con le tasche piene dell'oro donatogli da Cirillo e la Chiesa Alessandrina poté prendere il potere nella città del sapere e della cultura.

Gli effetti della morte di Ipazia furono però devastanti. Filosofi, sapienti, letterati: tutti, in preda al panico e alla costernazione, abbandonarono Alessandria e la città morì culturalmente, in una letterale apocalisse della filosofia i cui effetti si sentirono per quasi mille anni. Alesandria morì, semplicemente; la città perse il suo ruolo di guida, di faro del sapere universale. Assieme ai letterati e ai sapienti che emigravano in ogni dove, la città fondata da Alessandro Magno per essere il centro culturale del mondo perse la sua essenza e rimase soltanto un porto ottimo per il commercio del pesce che i pescherecci portavano in grande quantità.

La Scuola Neoplatonica tornò mestamente ad Atene, ospite di quel Teodosio II che aveva tradito l'Umanità intera con il suo appoggio interessato ai fanatici. Ma non per molto i filosofi rimasero nella città che fu di Platone: già nel 529, centoquindici anni dopo, Giustiniano li fece emigrare definitivamente. L'Imperatore Bizantino, in un eccesso di zelo cristiano, fece chiudere la scuola, anzi per meglio dire la "vendette" all'imperatore persiano Chosroe I, il quale era curioso di filosofia e garantì a tutti la facoltà di professare liberamente il platonismo.

E' assurdo pensare che i filosofi occidentali più eclettici trovarono spazio là dove la tradizione aveva collocato il più formidabile nemico di quella Grecia di cui rappresentavano il supremo prodotto: fu la Persia a salvare il Platonismo e quando, cent'anni dopo, l'Impero Persiano fu assorbito dall'espansione musulmana, i filosofi poterono continuare i loro studi in un ambito anche più stimolante.

Ma torniamo a Ipazia per un istante. La sua morte non passò inosservata nel mondo religioso. Molti, anche tra i Cristiani, furono coloro che narrarono la cronaca della sua morte; tranne la cronaca idiota in tutto del vescovo Giovanni di Nikiu, indegna di un essere umano, tutte le descrizioni concordano sulla brutalità e sull'efferatezza dell'omicidio. Damascio, filosofo platonico, e Socrate Scolastico, avvocato cristiano di Costantinopoli, accusarono senza mezzi termini il clero alessandrino, specificando anche i benefici che esso avrebbe tratto dalla morte della donna.

Erano accuse circostanziate, che da un lato non impedirono alla Chiesa Romana di santificare addirittura lo spietato Cirillo alla sua morte, avvenuta a metà del V Secolo (tranne poi condannarlo nel VI Secolo come eretico monofisita). Ma la difesa dell'operato di Ipazia da un altro punto di vista permase nel tempo e giunse all'epoca templare, quando certamente la visione della filosofa di sincretismo tra le religioni fu presa a modello dei rapporti tra l'Ordine del Tempio e le altre correnti musulmane ed ebraiche. In realtà, fu il Neoplatonismo a far breccia in Occidente; sebbene fortemente osteggiati e anche in parte affossati dall'Inquisizione, l'Idealismo platonico trovò nella nascente borghesia mercantile e nelle classi agiate non nobiliari degli attenti ascoltatori.

Il popolino lo si poteva tenere nell'ignoranza e nel terrore della punizione divina; i più ricchi (e in grado di studiare) non accettavano le ridicole visioni dei predicatori medievali, e così si formò un humus culturale che diede i suoi frutti a partire dal '400, ovvero cent'anni almeno dopo la disintegrazione dei Templari ad opera del re di Francia Filippo il Bello e del papa Clemente V (in mezzo, la caccia alle streghe, la Peste Nera e il rischio di estinzione dell'Uomo nell'Europa Occidentale).

Furono gli Umanisti a riportare in auge l'idea di un essere umano soprannaturale, portatore di un'essenza divina e in grado, attraverso il suo libero arbitrio, di decidere il suo destino. "Homo faber fortunae suae", dicevano i Romani e questo ripetono, in pieno Rinascimento, anche Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Lorenzo de' Medici: fu qui che nacque idealmente la rivolta dei Protestanti, fu qui che l'idea di libertà ebbe la meglio sulla barbarie di chi invece considera gli esseri umani solo dei peccatori asserviti al demonio. In un certo senso, i Templari trovarono nel Rinascimento la realizzazione delle loro utopie; Ipazia stessa, dipinta incredibilmente nell'affresco di Raffaello "La Scuola di Atene", sembra ancor oggi parlarci e raccontarci il suo messaggio.

Un messaggio che fece di Ipazia una bandiera di lotta contro il fanatismo religioso, del sapere contro la stupida ferocia degli integralisti: una bandiera che fu dapprima impugnata dagli Illuministi e che divenne, nell'800, il simbolo del Paganesimo eroico, di quella "Cultura della Vergogna" (secondo la felice definizione coniata negli Anni '30 dall'antropologa Margaret Mead) che faceva dell'onore e della virtù il più sacro attributo, contrapposta alla "Cultura della Colpa" di origine ebraica che assecondava, in nome di un pentimento successivo, qualsiasi comportamento vergognoso che può definirsi peccato.

Forse è questo il senso dell'Antica Religione: come ci insegnano gli Antichi Egizi e come abbiamo scoperto nei nostri viaggi alla scoperta dei misteri del mondo, l'Uomo è in potenza un Dio, ha al suo interno una particella di energia proveniente da dimensioni superiori ed è conducendo questa particella verso il suo luogo d'origine che si compie il nostro destino. Platone l'aveva intuito ai tempi di Atene; Ipazia cercava di confrontarlo con le convinzioni dei contemporanei, i Templari inserirono questo concetto nelle cattedrali gotiche, il Rinascimento lo inserì in quadri e opere d'arte. Ma solo oggi siamo in grado, forse, di realizzarlo appieno.

Edited by demon quaid - 6/5/2016, 23:55
 
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