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Tutti i re di tutte le dinastie

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view post Posted on 1/3/2015, 20:35     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Sheshonq V





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 767 a.C.
Predecessore Pamy
Successore Osorkon IV
Morte 730 a.C.
Dinastia XXII dinastia egizia
Padre Pamy

Sheshonq V è stato un faraone della XXII dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Pamy, come confermato da una stele scoperta nel Serapeo di Saqqara e datata all'anno 11 di regno, governò, per almeno trentasette anni, sulla parte orientale del Delta del Nilo (Basso Egitto).

Tra gli egittologi non vi è piena concordanza sulla collocazione di questo sovrano nella XXII dinastia. Secondo David Aston Sheshonq V dovrebbe essere inserito nella XXIII dinastia, al quarto o quinto posto.

Per motivi che non ci sono noti Sheshonq V modificò, nel 30º anno di regno, parte della sua titolatura cambiando il nomen da s3 s3 (n) k (Sheshonq) a mr imn ntr hk3 w3st (Amato da Amon, potente, incoronato in Tebe).

Durante il suo regno un principe Osorkon di Sais rese praticamente indipendente una vasta parte della regione occidentale del Delta mettendo le premesse per la costituzione della XXIV dinastia.

Osorkon IV





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 729 a.C.
Predecessore Sheshonq V
Successore Pianki (XXV dinastia)
Morte ?
Dinastia XXII dinastia egizia

Osorkon IV è stato un faraone della XXII dinastia egizia.

Biografia

Il regno di Osorkon IV fu il punto di massima frammentazione politica dell'Egitto nel corso del Terzo periodo intermedio.

Il potere di Osorkon si estendeva solamente le città di Tanis e Bubasti e su una piccola parte della regione orientale del delta del Nilo.

Sempre nel delta orientale la città di Horbeit (Pharbaithos), ed il territorio circostante, pur dichiarandosi vassalla del sovrano si governava, di fatto, in modo autonomo.

La città di Sais, dove durante il regno di Sheshonq V si era costituito un principato autonomo, divenne la capitale dei sovrani della XXIV dinastia che assunsero i titoli della regalità, a partire da Tefnakht, oltre a quelli di Grande Capo dei Libu, e Signore delle Terre Occidentali ed occuparono Menfi. Contemporaneamente a Leontopolis regnava un sovrano della XXIII dinastia e le città di Sma-Behdet, Mendes, Sebennytos e Busiris erano governate, come principati autonomi, da principi libici imparentati con la XXII dinastia.
Tebe e buona parte dell'Alto Egitto erano ormai caduti sotto il controllo dei sovrani di Nubia, che dettero poi origine alla XXV dinastia e che avevano posto termine al governo del Primo Profeta di Amon.

A tale situazione di frammentazione si aggiunse la minaccia assira, i cui eserciti, sotto la guida di Sargon II, stavano combattendo per il controllo della Palestina.

La fine della XXII dinastia giunse quando Piankhi, primo sovrano ufficiale della XXV dinastia, muovendo da Tebe occupò Menfi e minacciò Sais. A questo punto Osorkon IV, pressato da est dell'espansionismo assiro, non trovò altra soluzione che rendere omaggio al nuovo sovrano di quasi tutto l'Egitto.

Petubasti I





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 818 a.C.
Predecessore nessuno
Successore Sheshonq VI
Morte 793 a.C.
Dinastia XXIII dinastia egizia
Figli Iuput-meriamon

Petubastis I è stato un faraone della XXIII dinastia egizia.

Biografia

Sugli eventi che caratterizzarono il regno di Petubastis (una delle molteplici grecizzazioni di Padibastet) sappiamo molto poco. Anche la durata del suo regno è incerta: Sesto Africano, citandolo come Petubastes, gli assegna un regno di 40 anni mentre Eusebio di Cesarea, che lo chiama Petubates, li riduce a 25; i ritrovamenti archeologici attestano come data più alta il 23º anno di regno. Le attuali cronologie gli attribuiscono da 25 a 30 anni a seconda della collocazione di altri sovrani nella linea di successione. Alcuni studiosi, tra cui David Aston lo collocano nella XXII dinastia tra Iuput I e Takelot I.

Petubastis, già principe di Leontopolis, vassallo di Sheshonq III, e forse anche suo fratello, nell'anno 8 di regno di quest'ultimo si attribuì i titoli della regalità dando vita a quella conosciuta come XXIII dinastia, che regnerà parallela alla preesistente XXII.

L'azione di Petubastis fu riconosciuta e convalidata dall'Oracolo di Amon del tempio di Karnak; probabilmente si trattò di uno scambio di favori dato che Horsaset (II), all'epoca Primo Profeta di Amon ottenne dal nuovo sovrano il diritto di iscrivere il suo nome nel cartiglio, simbolo di regalità.

I rapporti con la XXII dinastia furono, nel complesso, probabilmente buoni anche tenendo presente che tutti i sovrani delle due dinastie erano imparentati tra loro.

A Petubastis avrebbe dovuto succedere il figlio Iuput-meriamon, che venne nominato coreggente nel 15º anno di regno del padre ottenendo il diritto di inscrivere il proprio nome nei cartigli; Iuput non governò però mai in modo autonomo in quanto morì poco prima del padre.

La successione di Petubastis è resa incerta dalla difficile collocazione di (Sheshonq VI), un sovrano la cui esistenza è attestata solamente da una annotazione sul nilometro di Karnak.

Sheshonq IV





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 798 a.C.?
Predecessore Sheshonq III
Successore Pamy
Morte 785 a.C.?
Luogo di sepoltura Tanis
Dinastia XXII dinastia egizia

Sheshonq IV è stato un faraone della XXII dinastia egizia.

Scoperta

L'esistenza di questo sovrano venne per la prima volta proposta da David Rohl per poi essere confermata, nel 1993, da Aidan Dodson. Anche altri egittologi tra cui Jürgen von Beckerath e Kenneth Kitchen concordano con la tesi di Dodson.

Sheshonq IV condivide lo stesso prenomen (Hedjkheperra setepenra) con il suo illustre predecessore Sheshonq I mentre si distingue da questi per il particolare nomen: Sasanq meriamon Sa-Bast Neterheqauaset/Neterheqaon che comprende il nome (Shoshenq) seguito dall'epiteto meriamon (amato da Amon), dall'epiteto Sa-Bast (figlio di Bast) e dagli epiteti Neterheqauaset/Neterheqaon (potente signore di Tebe/potente signore di Eliopoli).

Questi due ultimi epiteti divennero di uso frequente tra i sovrani della XXII dinastia solo a partire da Osorkon II.

Biografia



Come già avvenne per il suo predecessore, Sheshonq III, anche Sheshonq IV non salì al trono per diritto ereditario e non sappiamo esattamente a quale titolo ciò avvenne.

Degli eventi del suo regno sappiamo praticamente poco o nulla.

Si ritiene che Sheshonq IV sia stato sepolto nella stessa tomba di Sheshonq III, infatti nella tomba di questi sono stati rinvenuti due sarcofagi: uno titolato appunto a Sheshonq III e l'altro, anonimo, chiaramente inserito nella tomba in un secondo tempo. Tra i detriti che riempivano la sepoltura sono stati trovati numerosi frammenti provenienti da vasi canopi recanti il nome Hedjkheperra setepenra meriamon sa bast neterheqaon.
 
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view post Posted on 2/3/2015, 12:18     +1   -1
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Osorkon III



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Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 787 a.C.
Predecessore Sheshonq VI
Successore Takelot III
Morte 758 a.C.
Dinastia XXIII dinastia egizia
Consorte Karoatjet
Coniuge Tentsai
Figli Takelot III, Nimlot, Shapenewpet, Rudamon

Osorkon III è stato un faraone della XXIII dinastia egizia.

Nome Horo Sesto Africano Eusebio di Cesarea Altri nomi
Ka nekhet heka im uaset Osorcho Osorchon Osorkon III

Biografia

L'ascendeza di Usermaatra-setepenamon non è sicura, alcuni studiosi, tra cui Kenneth Kitchen lo considerano figlio di Sheshonq VI, ritenendo corretta la collocazione di questi subito dopo il fondatore della dinastia mentre altri, come David Aston lo ritengono figlio di Takelot II identificandolo con il Primo Profeta di Amon Osorkon B.

Argomento principale dei sostenitori che Osorkon III e Osorkon B siano state la stessa persona risiede nelle registrazioni del livello del Nilo a Karnak ove Osorkon III è indicato come figlio della Sposa principale Kamama merimut. Osorkon B, figlio di Takelot II risulta essere figlio della Sposa principale di questi Ka(ra)mama metimut.

Abile politico riuscì ad attribuire ai suoi figli importanti cariche sia nella regione direttamente controllata che a Tebe. Il figlio, e successore, Takelot ricoprì per alcuni anni l'incarico di Primo Profeta di Amon mentre la figlia Shapenewpet fu Divina Sposa di Amon, un ruolo che andava diventando sempre più rilevante. Un altro figlio, Nimlot ebbe il titolo di principe di Ermopoli.

Sposa principale di Osorkon III fu Karoadjet, madre di Shapenewpet, mentre madre dei due figli Takelot e Rudamon fu Tentsai, una sposa secondaria.

Il regno di Osorkon III, che oltre ai titoli regali, mantenne sempre quello di Grande Capo dei Ma, ossia delle popolazioni di origine libica, potrebbe essere durato circa 28 anni anche se Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea gli attribuiscono, rispettivamente, otto e nove anni.

Takelot III



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Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 764 a.C. ± 30 anni
Predecessore Osorkon III
Successore Rudamon
Primo Profeta di Amon
Predecessore Takelot?
Successore Osorkon F
Morte 759 a.C. ± 30 anni
Dinastia XXIII dinastia egizia;
Dinastia dei Primi Profeti di Amon
Padre Osorkon III
Madre Tentsai
Consorte Irtiubast
Figli Osorkon F; Djedptahiefankh

Takelot III è stato un Primo Profeta di Amon ed un faraone della XXIII dinastia egizia.

Biografia

Prima di divenire faraone, ricoprì per qualche tempo l'incarico di Primo Profeta di Amon nel tempio di Karnak. Successivamente divenne coreggente del padre Osorkon III ed infine faraone, anche se rimase al potere per pochi anni.

Degli avvenimenti legati al suo regno non sappiamo nulla. L'associazione con lo Psammus delle liste manetoniane (Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea) è una pura congettura basata solamente sul numero di anni di regno.


Due figli di Takelot, Osorkon F e Djedptahiefankh, ricoprirono la carica di Primo Profeta di Amon dopo il padre, anche se il potere effettivo nella regione era ormai nelle mani della Divina Sposa di Amon Shapenewpet I, sorella di Takelot III. Il successore al trono di Takelot fu il fratello più giovane, Rudamon.

Rudamon



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Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 757 a.C.
Predecessore Takelot III
Successore Iuput II
Morte 754 a.C.
Dinastia XXIII dinastia egizia
Padre Osorkon III

Rudamon, a volte riportato anche Amonrud è stato un faraone della XXIII dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Osorkon II e fratello di Takelot III regnò su Leontopolis e le terre circostanti. Tra le poche tracce della sua esistenza, tutte provenienti dall'Alto Egitto, alcune iscrizioni in una cappella dedicata ad Osiride, a Karnak. Sulla durata del suo regno i pareri sono discordanti in quanto a seconda di come venga interpretato un graffitto rinvenuto a Uadi Gasus. Il graffitto in questione cita il 19º anno di regno di un sovrano che potrebbe essere Rudamon ma anche il suo successore Iuput II.

Tefnakht



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Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 727 a.C.
Predecessore Osorkon di Sais (come principe di Sais)
Successore Bocchoris
Dinastia XXIV dinastia egizia
FigliBocchoris

Tefnakht è stato un faraone della XXIV dinastia egizia.

Nome Horo Diodoro Siculo Plutarco Altri nomi
Siakhet Tnephachthos Technatis

Biografia

Shepsesra Tefnakht fu il fondatore della XXIV dinastia che ebbe come centro la città di Sais nel delta del Nilo. Intorno a questa città si formò, durante il regno di Sheshonq V, una signoria indipendente retta da un Osorkon di cui però non sappiamo nulla. In una data che non conosciamo la signoria su Sais passò nelle mani di Tefnakht che dette iniziò ad una politica espansionistica, unificando varie piccole signorie nel delta e giungendo a controllare la città di Menfi. Nell'arco di pochi anni la signoria di Sais divenne, di fatto, il più potente tra gli stati in cui era diviso l'Egitto. In questa fase Tefnakht, pur comportandosi di fatto come un sovrano indipendente si attribuì ancora solamente i titoli di Capo dei Libu e di Gran Signore dell'Ovest che gli derivavano dalla sua appartenenza alle stirpi libiche entrate secoli prima in Egitto in qualità di mercenari.

Mentre il sovrano libico operava per riunire il Basso Egitto, Piankhi, sovrano della XXV dinastia si mosse dalla sua capitale Napata verso nord ed in breve occupò Tebe e tutta la regione circostante.

A questo punto Tefnakht, allo scopo di fermare l'avanzata verso nord del sovrano nubiano strinse alleanza con Iuput II, sovrano di Leontopolis, con Osorkon IV di Bubasti e con i governatori Nimlot di Ermopoli e Neferkara Payeftjauembastet di Eracleopoli.

La guerra che seguì fu favorevole a Piankhi che sconfisse la coalizione, conquistò l'importante fortezza di el-Hiba, prese Menfi e ottenne la sottomissione di Osorkon IV e dei governatori delle città. Tefnakht trovò rifugio nelle paludi del delta.

Per un qualche motivo che non conosciamo il sovrano vincitore non completò la sua conquista bensì, dopo aver lasciato al loro posto i sovrani sconfitti, si ritirò a Napata dove qualche anno dopo morì.

Tefnakht riorganizzò allora le sue forze recuperando parte del territorio perduto; fu probabilmente in questo momento che si attribuì le insegne della regalità assumendo il prenomen di Shepsesra.

Lo scontro finale per il controllo dell'Egitto avvenne però tra suo figlio Bocchoris ed il figlio di Piankhi, Shabaka.

Boccori





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 720 a.C.
Predecessore Tefnakht
Successore Shabaka (XXV dinastia)
Morte 715 a.C.
Dinastia XXIV dinastia egizia
Padre Tefnakht

Bòccori è stato un sovrano egizio faraone della XXIV dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Tefnakht, Bakenrenef regnò solamente per cinque, al massimo sei, anni (la data più alta conosciuta è il 6º anno di regno, proveniente da una stele del Serapeo di Saqqara); l'affermazione di Eusebio di Cesarea che gli attribuisce un regno di 44 anni è da ritenersi priva di ogni fondamento.
Diodoro Siculo e Plutarco ci hanno tramandato la tradizione che vuole questo sovrano accorto ed innovatore soprattutto nella legislazione riguardante i contratti relativi alla piccola proprietà fondiaria.

In politica estera si trovò stretto tra due fuochi: a sud, verso la Nubia, i sovrani della XXV dinastia che inseguivano l'intento di riunificare nuovamente l'Egitto; ad est gli Assiri, guidati da Sargon II.

Approfittando di una fase di tranquillità nella guerra interna (Piankhi, dopo aver sconfitto la coalizione guidata da Tefnakht, padre di Bakenrenef, si era ritirato a Napata) il sovrano cercò di affrontare il problema assiro convincendo alcuni principi palestinesi a ribellarsi ed a formare una coalizione in funzione antiassira ma il tentativo ebbe vita breve e le truppe ribelli, rinforzate forse da un contingente egiziano, furono sconfitte a Qarqar.

A questo punto Bakenrenef dovette anche affrontare, con scarsa fortuna, l'esercito di Shabaka, figlio di Piankhi, che, muovendo da Tebe, marciò verso il nord.

Sesto Africano descrive in poche parole la conclusione dello scontro: ...Sabachon (Shabaka) dopo aver catturato Bocchoris, lo bruciò vivo....

Due situle in faience recanti il nome di questo sovrano sono state rinvenute a Tarquinia ed a Mozia, mentre uno scarabeo, sempre riconducibile a Bakenrenef, è stato rinvenuto nella tomba 325 di Pithecusa.

Alara





Re di Nubia
In carica Regno di Napata
Incoronazione ca 775 a.C.
Predecessore n.d.
Successore Kashta
Morte ca 765 a.C.
Consorte Kasaqa

Alara è stato un sovrano del regno di Kush.

Viene ricordato come il diretto precursore della XXV dinastia di faraoni di origine nubiana che per circa un secolo controllò la quasi totalità dell'Egitto.

Biografia

Il nome di Alara compare in una stele, eretta da Taharqa; nell'iscrizione il nome è preceduto dagli epiteti di principe e figlio di Ra, forme che, usualmente, precedevano il praenomen nella titolatura dei sovrani egizi.

Il regno di Kush, termine con cui gli egizi indicavano la Nubia, si era andato formando sotto la guida di dinasti locali, con il progressivo ritiro delle guarnigioni egizie durante la XXI dinastia.

Quando, all'inizio della XXII dinastia, il tentativo della casta sacerdotale di Tebe (guidata dai discendenti di Herihor) di opporsi ai sovrani libici fallì, il regno di Kush divenne la terra d'esilio dei fuggitivi.

In breve tempo gli esuli dettero vita ad un regno, culturalmente egizio, fortemente teocratico e tradizionalista pur iniziando a mescolarsi, attraverso matrimoni, alla popolazione locale ed assumendone i nomi. Una delle tradizioni nubiane che la nuova dinastia assorbì fu la regola della trasmissione del regno da fratello a fratello, prima che da padre a figlio, ed in effetti Alara fu seguito dal fratello Kashta, considerato il vero fondatore della dinastia.
 
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view post Posted on 4/3/2015, 11:30     +1   -1
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Kashta





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione ca 775 a.C.
Successore Pianki
Re di Nubia
In carica Regno di Napata
Incoronazione ca 775 a.C.
Predecessore Alara
Successore Pianki
Morte ca 745 a.C.
Sepoltura piramide
Luogo di sepoltura El-Khurru
Figli Pianki, Shabaka, Amenardis I

Kashta è stato un faraone della XXV dinastia egizia ed un sovrano del regno di Kush.

Fu il primo re di Kush ad attribuirsi, durante il terzo periodo intermedio, il titolo di Signore dell'Alto e del Basso Egitto, fondando la XXV dinastia, secondo la scansione storica definita da Manetone.

Biografia

Probabilmente fratello di Alara, durante il suo regno espanse l'influenza nubiana verso nord. Anche se non è possibile affermare con sicurezza che abbia raggiunto e inglobato Tebe nei propri domini, è sicura una notevole influenza in quella regione tenendo conte che riuscì nel far adottare una delle proprie figlie, Amenardis, dalla Divina Sposa di Amon Shapenewpet I, in modo tale che succedesse a questa in quella che si stava avviando a diventare la massima carica sacerdotale, e politica, della regione tebana.

Kashta fu il padre dei suoi successori, Piankhi e Shabaka, questi salì al trono dopo il fratello secondo la regola nubiana della trasmissione del trono. Kashta venne sepolto a el-Khurru in una piramide nubiana.

Pianki




Pianki (anche Menkhepera Piye) è stato un faraone della XXV dinastia egizia.
Nome Horo Altri nomi Smatawy/ka-nekhet heka-im-kaset Piankhi

Biografia

Pur non essendo stato il primo sovrano della sua linea dinastica Piye è, a ragione, considerato il vero fondatore della XXV dinastia in quanto a lui si deve l'aver iniziato il movimento di espansione del regno nubiano, espansione che giunse, quasi, a riunificare tutto l'Egitto.
Anche se Manetone, che tra l'altro non lo cita, scrive di ... tre sovrani etiopici...i dinasti della XXV dinastia furono, in realtà, di origine e cultura egiziana, probabilmente discendenti dei membri del clero tebano rifugiatisi a sud della I cateratta dopo la fallita rivolta contro Sheshonq I, primo sovrano della XXII dinastia.
Principale fonte sugli avvenimenti del suo regno è la stele da lui stesso eretta a Napata. Il testo, che riporta numerose notizie sulla guerra contro la coalizione di principi egiziani guidata da Tefnakht di Sais, non chiarisce per quale motivo Piye, dopo aver sconfitto gli avversari, invece di proseguire l'avanzata e conquistare il Basso Egitto si ritirò nella sua capitale, Napata appunto, lasciando al loro posto i principi sconfitti e accontentandosi di un semplice atto di vassallaggio.
Di questo sovrano si conoscono varie forme della titolatura segno che modificò più volte i propri titoli regali.
Una sorella, Amenardis, divenne Divina Sposa di Amon a Tebe, carica che aveva soppiantato, per importanza politico/religiosa, quella di Primo Profeta di Amon.
Piankhi fu sepolto nella necropoli di el-Khurru presso Napata.

Shabaka





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 716 a.C.
Predecessore Piankhi Bocchoris (XXIV dinastia)
Successore Shebitqo
Re di Nubia
In carica Regno di Napata
Incoronazione 716 a.C.
Predecessore Piankhi
Successore Shebitqo
Morte 702 a.C.
Dinastia XXV dinastia egizia

Shabaka è stato un faraone della XXV dinastia egizia ed un sovrano del regno di Kush.

Nome Horo Sesto Africano Eusebio di Cesarea
Sobek-tawy Sabacon Sabacon

Biografia

Succeduto al fratello, Piankhi, portò a termine l'impresa di conquista dell'Egitto, iniziata, ma lasciata incompleta, da quest'ultimo.

Dopo il ritorno di Piankhi a Napata i principi del Basso Egitto, che avevano fatto omaggio di sottomissione al vincitore, ma che avevano mantenuto le loro basi di potere, si riorganizzarono sotto la guida di Tefnakht, e poi di suo figlio Boccori, nel tentativo di opporsi all'espansionismo della dinastia nubiana.

Shabaka marciò con decisione verso nord e sconfisse definitivamente gli avversari e, secondo Manetone ... catturò Bocchoris e lo arse vivo.... Erodoto più semplicemente scrive che inseguì il suo avversario fin nelle paludi del delta del Nilo. Comunque sia con questa vittoria i sovrani della XXV dinastia piegarono le ultime resistenze delle case reali libiche pur non giungendo mai a controllare effettivamente tutto il Basso Egitto.

In politica estera Shabaka cercò di contrastare la minaccia assira sia blandendo, tramite l'invio di doni, Sargon II, sia allenadosi con la coalizione di stati che in Palestina cercavano si resistergli.

L'opzione militare si rivelò però fallimentare, la coalizione fu scompaginata e l'esercito egizio, composto per la maggior parte di mercenari, sconfitto a Raphia.

Fortunatamente per l'Egitto i problemi interni dell'Assiria impedirono al vincitore di poter sfruttare la situazione.

Con il regno di Shabaka iniziò il processo di restaurazione degli antichi culti, processo che giunse a pienezza con la XXVI dinastia; a Menfi il culto di Ptah riprese la sua posizione di preminenza e venne redatto il Testo di teologia menfita, una delle più articolare cosmogonie della tradizione egizia.

A Tebe Shapenewpet I, sorella di Piankhi e Shabaka, assunse il titolo di Divina Sposa di Amon mentre Harmakis, figlio di Shabaka, venne posto sul seggio di Primo Profeta di Amon carica nel frattempo ritornata ad una valenza prettamente teologica.

Shabaka regnò per circa 15 anni (la data più alta registrata è appunto il 15º anno di regno) mentre Giulio Sesto Africano gli attribuisce solo otto anni contro i dodici di Eusebio di Cesarea.

Shebitqo





Shebitqo è stato un faraone della XXV dinastia egizia.

Nome Horo nomen Sesto Africano Eusebio di Cesarea Altri nomi
Ka-nekhet heka-im-uaset Shabataka Sebicos Sebicos Shebiku

Biografia

Figlio di Piankhi; con Shabataka, e con il suo successore Taharqa, la XXV dinastia visse la sua fase di massimo splendore e potere.

Nei suoi, circa, dodici anni di regno (Sesto Africano gliene attribuisce quattordici, Eusebio di Cesarea dodici mentre la data più alta attestata a livello archeologico è il 3° anni di regno) governò quasi tutto l'Egitto ad esclusione di alcuni principati autonomi della regione del delta del Nilo.

Durante il suo regno l'Egitto riprese ad avere un ruolo nella politica internazionale del Medio Oriente. Per tentare di contrastare la pressione espansionistica assira l'Egitto entrò a far parte, ancora una volta, della coalizione tra i regni di Giuda e di Israele e le città di Ascalon e Sidone.

L'esercito della coalizione, rafforzato da un contingente egizio al comando del fratello del sovrano, Taharqa, venne sconfitto da Sennacherib ad Ashdod e, solo una rivolta in Babilonia, prima, ed un'epidemia, dopo, impedirono al sovrano assiro di attaccare direttamente l'Egitto.

In politica interna Shabataka cercò di rafforzare il potere regio esautorando i vari principi locali, minandone il potere attraverso l'incameramento dei loro beni.

Tracce dell'attività edilizia di Shabataka sono reperibili a Tebe (cappella del lago sacro e rilievi a Luxor), a Menfi e nell'oasi di Kawa.

La notizia, riportata da Manetone (e giuntaci attraverso i suoi epitomatori) che il sovrano sarebbe stato assassinato dal fratello Taharqa sembra essere priva di conferme in quanto Shabataka fu sepolto nella necropoli reale (piramide 18) di el-Khurru proprio dal fratello e successore.
 
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Taharqa





Taharqa è stato un faraone della XXV dinastia egizia.

Biografia

Durante il lungo regno di Taharqa (diciotto anni secondo Sesto Africano, venti secondo Eusebio di Cesarea, mentre la data più alta da noi conosciuta è il 26º anno) l'Egitto giunse ad un passo dalla totale riunificazione e per la prima volta dovette subire un'invasione straniera.


Figlio di Piankhi e fratello di Shabataka Taharqa aveva guidato, durante il regno del suo predecessore, il contingente egizio inviato in aiuto alla coalizione anti-assira formata dal Regno d'Israele, da quello di Giuda e dalle città di Ascalon e Sidone. Rientrato in Egitto dopo la sconfitta subita dalla coalizione ad Ashdod, salì al trono affidando l'amministrazione dell'Alto Egitto a Montuemhat, Quarto Profeta di Amon presso il tempio di Karnak, che venne insignito dei titoli di Governatore di Tebe e Sovraintendente ai distretti meridionali.
Durante i primi anni del suo regno Taharqa rimase nel Basso Egitto da dove poté meglio seguire le complesse vicende dell'area palestinese, e nel contempo ottenere la sottomissione dei piccoli dinasti locali, di origine libica, che ancora governavano parte del delta del Nilo.
Nel 681 a.C. il sovrano assiro Sennacherib venne assassinato in seguito ad un complotto a cui, con probabilità, non fu estraneo il sovrano egizio che poco dopo fomentò una rivolta, contro il dominio assiro, a Sidone, ed invase la Palestina meridionale.
La risposta di Esarhaddon, nuovo re assiro, non si fece attendere, dopo aver domato la rivolta di Sidone nel 677 a.C., proseguì occupando il Basso Egitto, trasformato in provincia assira, per giungere, nel 671 a.C., dopo aver attraversato il deserto, a conquistare Menfi, catturando la famiglia reale.
Taharqa si rifugiò prima a Tebe ma quando l'espansione assira costrinse Mentuhemat a fare atto di sottomissione, consegnando tutta la regione, dovette ritirarsi a Napata.
Approfittando dell'assenza del sovrano assiro e del suo esercito, richiamati in altre regioni del loro turbolento impero, Taharqa ritornò a Tebe e riuscì a coalizzare in una nuova alleanza i dinasti locali che avevano fatto atto di sottomissione all'occupante, tra i quali anche Necho I, principe di Sais e fondatore della XXVI dinastia.
Ashshurbanipal, nel frattempo succeduto al padre, rientrò appena possibile in Egitto e sconfisse i ribelli giustiziandone molti e deportando Necho I a Ninive.
Ancora una volta Taharqa si rifugiò nella sua terra d'origine dove morì nel 664 a.C. A differenza degli altri sovrani della XXV dinastia, che avevano innalzato le loro piramidi nella necropoli di el-Khurru, fu sepolto a Nuri, anche se si conosce una seconda piramide, di modeste dimensioni, a lui dedicata e situata a Sedeinga.

Tanutamani





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Terzo periodo intermedio
Incoronazione 664 a.C.
Predecessore Taharqa
Successore Psammetico I (XXVI dinastia)
Re di Nubia
In carica Regno di Napata
Incoronazione 664 a.C.
Predecessore Taharqa
Successore Atlanersa
Morte 653 a.C.
Dinastia XXV dinastia egizia

Tanutamani è stato un faraone della XXV dinastia egizia ed un sovrano del regno di Kush.

Biografia

Tanuatamon fu l'ultimo sovrano della XXV dinastia e regnò circa otto anni. Non è citato nelle liste di Manetone ma il suo nome compare negli annali assiri. Figlio di Shabataka e nipote di Taharqa salì al trono alla morte dello zio dopo un anno di coreggenza.

Testo principale per la conoscenza degli avvenimenti del regno di questo sovrano è la cosiddetta Stele del sogno (nome che sembra voler collegare Tanuatamon con Thutmose IV) eretta dal sovrano stesso.

Tanuatamon, approfittando delle circostanze che trattenevano l'esercito assiro lontano dall'Egitto decise di tentare di riconquistare la valle del Nilo e pertanto discese il fiume fino a Tebe dove venne accolto come un liberatore da Montuemhat e dalla Divina Sposa di Amon Shapenewpet II.

Forte dell'appoggio della tebaide il sovrano proseguì la marcia verso nord e sconfisse, nei pressi di Menfi, i principi della rivolta ossia i dinasti egizi rimasti fedeli al sovrano assiro. Nella battaglia cadde Necho I di Sais considerato il fondatore della XXVI dinastia.

Nella Stele del sogno il sovrano descrive l'omaggio resogli dai principi del Basso Egitto, guidati da Peqrur di Per Soped, tra i principi risulta mancante Psammetico I di Atribi, figlio di Necho I.

Il trionfo fu di breve durata: Ashshurbanipal ritornò rapidamente in Egitto dove, dopo aver sconfitto Tanuatamon riconquistò Menfi e saccheggiò Tebe, portandone via il tesoro del tempio di Karnak e dividendo tutto in territorio in piccole signorie a lui fedeli.

Tanuatamon si rifugiò a Napata dove morì nel 656 a.C. I suoi successori non tentarono più di riconquistare la sovranità sull'Egitto e continuarono a regnare sulla Nubia spostando ancora più a sud la loro sfera d'influenza fino a dare vita a quello che sarà conosciuto come Regno di Meroe.

Psammetico I





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 664 a.C.
Predecessore Necao I (XXVI dinastia); Tanutamani (XXV dinastia)
Successore Necao II
Morte 610 a.C.
Dinastia XXVI dinastia egizia
Padre Necao I
Figli Necao II

Psammetico I è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Il nome con cui è comunemente noto, Psammètico, deriva dallo Psammetichos degli epitomatori di Manetone (Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea) che a sua volta deriva dall'egizio Psametek, che potrebbe significare uomo di Methek (o Metjek), con riferimento ad una sconosciuta divinità, ma anche venditore di vini di Metjek con riferimento ad una località non identificata. Alcuni studiosi sono propensi nel ritenere che si tratti solamente dell'errata trascrizione di un nome straniero, probabilmente assiro, che abbia messo in difficoltà gli scribi egizi a causa della mancanza di elementi grafici adatti.

Negli annali assiri Psammetico è identificato come Nebuskhezibanni ma in un cilindro cuneiforme sembra identificabile con un Tushamilki che si sarebbe ribellato ad Ashshurbanipal ricevendo aiuti da Gige di Lidia.

Psammetico è considerato, da molti storici, il fondatore della XXVI dinastia; con lui inizia quello che viene chiamato Periodo tardo. A questo sovrano è da attribuire la riunificazione dell'Egitto dopo l'anarchia ed il frazionamento politico che avevano caratterizzato il Terzo periodo intermedio. Psammetico ebbe un regno notevolmente lungo: 54 anni come riportano Sesto Africano ed Erodoto mentre Eusebio di Cesarea gliene attribuisce solamente 45; comunque il suo regno è ben attestato da varie fonti non solo egizie ma anche assire.


Figlio di Necho I di Sais ottenne dagli occupanti assiri, grazie alla fedeltà del padre, il governo della città di Atribi.

Dagli annali assiri sappiamo che il padre di Psammetico era capo di una confederazione di venti principi del delta dell'Egitto, confederazione approvata da Esarhaddon e confermata, poi, da Ashshurbanipal, confederazione che venne sconfitta dall'ultimo sovrano della XXV dinastia, Tanutamani, a sua volta sconfitto, e costretto a rifugiarsi in Nubia, dall'esercito assiro.


Alla morte del padre, caduto nella battaglia contro Tanutamani, Psammetico venne, in un primo momento, deportato in Assiria e poi rinviato in Egitto ad occupare il trono del padre. Lo storico greco Erodoto narra come la salita al potere di Psammetico sarebbe da mettere in relazione con la guerra da lui condotta contro una Dodecarchia, una lega di dodici principi egizi. Questa versione contrasta però con gli annali assiri.


Quello che sappiamo è che nel suo 8º anno di regno si sentì sufficientemente potente da inviare una flotta fino a Tebe per ottenere che sua sorella Nitokris I fosse adattota tra le Divine Spose di Amon, mettendo così una seria ipoteca sul controllo dell'Alto Egitto, in quel momento governato da Montuemhat, che dopo la sconfitta di Tanutamani e la conquista di Tebe da parte degli Assiri aveva fatto atto di vassallaggio a questi.


L'effettiva riunificazione dell'Egitto, con l'allontanamento delle guarnigioni assire, avvenne nel 653 a.C. Malgrado alcune fonti parlino di un inseguimento fino ad Ashdod, in Palestina, non sappiamo se la liberazione dell'Egitto dalla dominazione assira sia stata dovuta ad un confronto militare o alla debolezza dell'Assiria stessa. Capitale della nuova dinastia fu Menfi che tornò così nuovamente ad avere il predominio su Tebe.


Divenuto sovrano di tutto l'Egitto Psammetico profuse molti sforzi nella riorganizzazione dello stato. Pur conservando nelle loro cariche principi locali come Mentuhemat o il fedele Samtutefnakht di Heracleopolis Magna riorganizzò il governo delle varie province insediando governatori di nomina reale. Notevole impegno venne anche profuso nella riorganizzazione dell'esercito che, pur restando strutturato sulla forte presenza di mercenari greci, fenici ed ebrei, venne riorganizzato su base nazionale anche attraverso provvedimenti di coscrizione obbligatoria.


Le frontiere vennero protette schierando truppe libiche a sud, verso la Nubia, e truppe greche sui confini occidentale ed orientale. Nel 629 a.C. Psammetico inviò l'esercito ad Ashdod, in Palestina, per contrastare un'invasione da parte degli Sciti e nel 616 a.C., comprendendo come l'alleanza tra Media e Babilonia potesse essere potenzialmente pericolosa per l'Egitto, intervenne a fianco dell'Assiria nel vano tentativo di arrestarne la caduta.

Il lungo regno di Psammetico fu un periodo di profondo rinnovamento dell'Egitto sotto molteplici aspetti. In campo artistico si ebbe un ritorno a forme tradizionali risalenti al Medio e Nuovo regno. La forma demotica della scrittura, inizialmente introdotta come una stenografia iniziò ad essere usata anche in campo letterario, innovazione che si sviluppò, poi, pienamente, durante la seguente dominazione persiana. Anche la religione subì un processo di evoluzione/involuzione con la fissazione nella teogonia Menfita delle tradizioni sulla creazione del mondo e sui rapporti tra gli dei. A questo periodo risalgono anche le numerose ipostasi animali di divinità, pratica che proseguirà poi nel periodo persiano, e il definitivo allontanamento dal pantheon ufficiale di Seth. A questo sovrano è attribuito l'ampliamento del Serapeo di Saqqara. Anche il commercio visse un periodo di sviluppo grazie alla presenza di mercanti fenici e greci; soprattutto questi ultimi svolsero un fondamentale ruolo per l'economia egizia al punto da ottenere il permesso di fondare una loro città, Naucrati, sul ramo canopico del Nilo.

Necao II





Necao II (anche Wahemibra Nekau) è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Psammetico I Wahemibra regnò per sedici anni, dal 610 a.C. al 594 a.C., in accordo con la testimonianza di Erodoto ed i dati archeologici mentre sia Eusebio di Cesarea che Sesto Africano gli attribuirono un regno di soli sei anni.

Nel corso del suo regno Wahemibra dette un forte impulso allo sviluppo del traffico marittimo facendo costruire navi a Corinto e potenziando le flotte del Mediterraneo e del Golfo Persico. Sempre nell'ottica dello sviluppo commerciale iniziò i lavori di ampliamento del canale navigabile tra il Nilo ed il Mar Rosso fondando anche la città di Per Temu Tjeku (la casa di Atum Tjeku) nella località oggi nota come Tell-el-Maskhuta, nei pressi della moderna Ismailia. Al nome di questo sovrano è legata la prima circumnavigazione dell'Africa di cui si abbia notizia, impresa realizzata da marinai fenici.

In politica estera Wahemibra si impegnò a fondo nell'area palestinese nel tentativo di contrastare l'ascesa della coalizione tra Medi e Caldei. Non essendo riuscito ad impedire la caduta di Harran, ultima roccaforte assira, il sovrano egizio occupò la Palestina sconfiggendo Giosia, re di Giuda, sul cui trono mise poi un sovrano di sua scelta: Johakim, fratello di Joachaz legittimo erede. Approfittando di una congiuntura favorevole Wahemibra riuscì a conquistare la piazzaforte di Kadesh sconfiggendo i babilonesi sull'Eufrate, primo sovrano egizio dopo Thutmose III ad attraversare questo fiume. La risposta babilonese giunse dopo circa quattro anni, un esercito guidato da Nabucodonosor II, figlio di Nabopolassar, sconfisse gli egizi prima a Karkemish e poi ad Hamath. Solo la morte del re babilonese salvò Wahemibra dalla completa disfatta permettendogli di riportare in Egitto i resti del suo esercito. Nel 601 a.C. un tentativo babilonese di penetrazione in Egitto venne fermato al confine orientale del delta del Nilo ed in seguito Wahemibra riconquistò anche la città di Gaza ma non tentò più di occupare la Palestina.

Psammetico II





Psammètico II è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Necho II dovrebbe aver regnato per soli sei anni, dal 595 a.C. al 589 a.C., come riportano Sesto Africano ed Erodoto e non diciassette come afferma Eusebio di Cesarea.

L'attività di questo sovrano si svolse principalmente nel confronto con la Nubia dove regnavano i discendenti dei sovrani della XXV dinastia.

La spedizione avvenne nel 592 a.C. e partendo da Elefantina raggiunse la 3a cateratta sconfiggendo il re Anlamani, o il fratello Aspelta, suo successore.

Dopo la vittoria le truppe egizie, composte prevalentemente di mercenari libici, si ritirano nuovamente a nord della 1a cateratta.

Una fonte, un papiro demotico, riporta di un viaggio di Neferibra in Palestina, motivato probabilmente dalla stipulazione di trattati commerciali e dal tentativo di recuperare, almeno in parte, l'influenza perduta dopo la sconfitta di Necho II per mano dei Babilonesi.

Nel 593 a.C. Neferibra fece adottare la figlia Ankhnesneferibra dalla Divina Sposa di Amon Nitokris I in qualità di sua erede nel titolo.

Come già per Psammetico I anche i questo caso la lettura del nomen è controversa e potrebbe derivare da un errore di trascrizione di un nome non egizio.
 
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Apries





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 589 a.C.
Predecessore Psammetico II
Successore Amasis
Morte 567 a.C.?
Luogo di sepoltura Sais
Dinastia XXVI dinastia egizia
Padre Psammetico II
Madre Takhuit

Apries, nome greco di Haaibra Wahibra è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Psammetico II, Apries regnò per diciannove anni, data riportata da Sesto Africano e suffragata dai dati archeologici, mentre sia Eusebio di Cesarea che Erodoto gli attribuiscono un regno di ventisei anni.

Uno degli avvenimenti più importanti del suo regno ebbe luogo immediatamente dopo la sua salita al trono: fidando dell'appoggio egizio Sedecia, re di Giuda, si ribellò a Nabucodonosor, re di Babilonia, di cui era vassallo.

Il sovrano egizio intervenne in maniera prudente e non volendo affrontare l'esercito babilonese in campo aperto si limitò ad attaccare le città fenicie e cipriote fedeli a Nabucodonosor, occupando Biblo, Arvad, Sidone e sbarcando un contingente sulle coste Siriane. Quando, nel 587 a.C., Gerusalemme, capitale del regno di Giuda, capitolò dopo diciotto mesi di assedio, Apries aveva già riportato in patria il contingente egizio. Un gruppo di profughi proveniente dalla Palestina venne accolto in Egitto ed insediato ad Elefantina ove ottenne anche il permesso di erigere un tempio.

Questi avvenimenti sono noti attraverso fonti greche, babilonesi ed ebraiche mentre non trovano alcun riscontro - non sappiamo se per carenza di dati archeologici o per deliberata scelta - nelle fonti egizie.

In politica interna, oltre a proseguire nella direzione tracciata dai suoi predecessori, con l'esaltazione, in campo artistico e religioso, della tradizione, Apries favorì anch'egli la comunità greca, fatto questo che provocò scontento e malumore nella casta militare libica che si vedeva sempre più estromessa dalle posizioni di potere.

Il nerbo dell'esercito egizio, sotto i sovrani della XXVI dinastia, era composto, principalmente, da mercenari greci provenienti dalle colonie del Mediterraneo orientale.

Nel 570 a.C. un capo libico, Ardikran, chiese, e ottenne, l'appoggio del sovrano egizio contro la città di Cirene, fondata sulla costa libica circa 60 anni prima da un avventuriero dorico di nome Battos. Non fidandosi ad utilizzare i mercenari greci contro altri greci, Apries inviò un contingente composto da libici ed egizi che venne però sconfitto ed i cui superstiti si ammutinarono. Nel tentativo di risolvere la questione il sovrano inviò presso gli ammutinati Amasis, un generale che si era già distinto nella risoluzione di un ammutinamento delle truppe greche di stanza presso la frontiera nubiana. Le truppe acclamarono allora, come nuovo sovrano, Amasis che accettò l'investitura riuscendo a battere l'esercito messo in campo da Apries e catturando il legittimo sovrano.

Trattato, in un primo tempo, con benevolenza dall'usurpatore il sovrano deposto venne infine giustiziato dopo un ulteriore tentativo di recuperare il trono. Il nuovo sovrano tributò comunque a Apries gli onori funebri facendone seppellire il corpo, nel rispetto del rituale, nel tempio di Neith a Sais.

Amasis





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 570 a.C.
Predecessore Apries
Successore Psammetico III
Morte 526 a.C.
Luogo di sepoltura Sais
Dinastia XXVI dinastia egizia
Figli Psammetico III, Nitokris II

Amasis è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Questo faraone è noto soprattutto coi nomi greci Amasis ed Amosis (quest'ultimo tramandato da Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea), due varianti del greco antico "Ἄμασις". Il nome egizio era tuttavia Ahmose, spesso riportato in letteratura come Ahmose II per distinguerlo dall'omonimo fondatore della XVIII dinastia che visse circa mille anni prima.

Le nostre conoscenze sul lungo regno di Amasis (42 anni secondo Erodoto ed Eusebio di Cesarea, 44 secondo Sesto Africano) derivano principalmente da fonti greche (specialmente Erodoto) in quanto Cambise II, dopo la conquista persiana dell'Egitto, fece scalpellare la maggior parte delle sue iscrizioni.

Amasis giunse al trono in seguito alla sua acclamazione come re da parte delle truppe, soprattutto di origine libica, che si erano ammutinate dopo essere state inviate contro la città greca di Cirene dal faraone Apries. Malgrado quest'inizio tumultuoso ed al di fuori delle regole, il suo regno fu un periodo di pace e di sviluppo economico per l'Egitto. Durante il suo regno crebbe enormemente l'influenza dei mercanti greci in Egitto, per questo Amasis venne soprannominato filelleno, al punto da sollevare le proteste della popolazione locale, proteste che costrinsero il sovrano a concentrare tutte le attività mercantili controllate dai greci nella città di Naukratis. Notevole innovazione in campo fiscale fu l'obbligatorietà della dichiarazione annuale dei redditi sia di tipo fondiario che commerciale.

In politica estera la situazione internazionale non permise ad Amasis una grande libertà di movimento e la maggior parte delle iniziative del sovrano furono di tipo diplomatico, rivolte al tentativo di contenere la pressione babilonese prima, ed il sempre crescente espansionismo persiano poi.

Appena salito al trono dovette affrontare un tentativo di invasione babilonese: in questo caso l'Egitto fu fortunato poiché problemi interni impedirono al re Nabucodonosor II di invadere la valle del Nilo pur essendo risultato vincitore sul campo di battaglia. Allo scopo di garantirsi il controllo dei vie commerciali del Mediterraneo orientale conquistò e rese tributarie alcune città dell'isola di Cipro.

A partire dal 558 a.C. la dinastia degli Achemenidi iniziò la sua opera di espansione minacciando il regno di Lidia il cui re, Creso, cercò protezione nell'alleanza con l'Egitto, con Babilonia e con Sparta ma, nel 546 a.C., Ciro II di Persia conquistò Sardi, capitale della Lidia. Nel 539 a.C. toccò a Babilonia doversi piegare di fronte a Ciro.

L'ultima fase dell'attacco persiano all'Egitto iniziò nel 529 a.C. quanto Ciro affidò al figlio Cambise il compito di conquistare la valle del Nilo. Nel 526 a.C. le città fenicie si sottomisero alla Persia fornendo a Cambise le basi navali di cui aveva bisogno per l'attacco finale. Amasis morì poco prima dell'epilogo dello scontro tra Egitto e Persia lasciando a suo figlio e successore, Psammetico III, il triste ruolo dello sconfitto.
 
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Psammetico III





Re dell'Alto e Basso Egitto
In caricaPeriodo tardo
Incoronazione 526 a.C.
Predecessore Amasi
Successore Cambise II
Morte 525 a.C.
Dinastia XXVI dinastia egizia
Padre Amasi

Psammetico III è stato un faraone della XXVI dinastia egizia.

Biografia

Il regno di Psammètico III durò al massimo un anno, e probabilmente meno. Sesto Africano lo chiama Psammecherites e gli attribuisce un regno di sei mesi mentre Eusebio di Cesarea non lo prende neppure in considerazione. L'unica data che possediamo, da una stele proveniente dal Serapeo di Saqqara, è il 1º anno di regno.

Quando alla morte del padre Amasi Psammetico salì al trono il destino dell'Egitto era ormai segnato: Cambise II era ormai alle porte del paese che poteva opporre all'esercito persiano solo un piccolo nucleo di mercenari greci e truppe locali.

Dopo aver sconfitto nel 525 a.C. l'esercito egizio nella battaglia di Pelusio, Cambise pose d'assedio le principali città che dovettero arrendersi una dopo l'altra; ultima fu Menfi che, difesa da mercenari greci, si arrese dopo un lungo assedio.

Sulla sorte toccata a Psammetico III le varie fonti dissentono: secondo alcuni Cambise mise subito a morte il sovrano sconfitto; secondo altri in un primo tempo lo trattò onorevolmente per poi farlo giustiziare a seguito di un tentativo di rivolta; una terza versione dei fatti vorrebbe Psammetico fuggitivo di cui si perdono le notizie.

Cambise, dopo la vittoria, si incoronò re dell'Egitto dando vita a quella che Manetone chiama XXVII dinastia; in pratica per più di un secolo la terra del Nilo non sarà altro che una satrapia del grande impero persiano.

Come per i suoi omonimi predecessori (Psammetico I e Psammetico II) le incertezze sul significato del nomen potrebbero derivare solamente da un originario errore di trascrizione di un nome assiro.

Cambise II di Persia





Gran Re di Persia
Incoronazione 529 a.C.
Predecessore Ciro II
Successore Dario I
Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 525 a.C.
Predecessore Psammetico III
Successore Petubastis III
Morte 522 a.C.
Dinastia Dinastia achemenide; XXVII dinastia egizia

Cambise II fu re achemenide dell'Impero persiano dal 529 a.C. fino alla morte. Fu anche re d'Egitto, dal 525 a.C., con il nome di Mesutira Kamebet.

Re di Persia

Figlio di Ciro il grande, fu nominato reggente nel 529, col titolo di re di Babilonia. Alla morte del padre, avvenuta nello stesso anno, divenne re di Persia, continuando l'opera paterna di consolidamento dell'impero. Prima di partire per la spedizione contro l'Egitto, fece uccidere di nascosto il fratello Bardiya (meglio conosciuto con il nome greco di Smerdi), temendo che potesse usurpare il regno durante la sua assenza.

Nel frattempo, in patria, un sacerdote di nome Gaumata, tentò di impadronirsi del trono affermando di essere lo scomparso fratello del re. Cambise morì durante il viaggio di ritorno verso Susa.

Re d'Egitto

Mesutira Kamebet è il nome egizio assunto da Cambise II, dopo la conquista dell'Egitto, che governò dal 525 a.C. al 522 a.C. Nella lista di Manetone è indicato come il primo sovrano della XXVII dinastia.

Eventi storici

Dopo aver sconfitto, nel 525 a.C., l'ultimo sovrano della XXVI dinastia, Psammetico III, grazie anche alla collaborazione del generale greco Fanes, che in precedenza aveva disertato dall'esercito egizio, Cambise occupò tutto l'Egitto giungendo fino al confine con la Nubia. Pur essendosi incoronato re dell'Egitto, adottando la completa titolatura reale, considerò la sua conquista come una satrapia dell'impero persiano e ne affidò il governo al satrapo Aryandes anche per potersi dedicare a tre progetti militari che dovevano avere come base di partenza l'Egitto stesso: la conquista della Nubia, una spedizione verso le oasi occidentali del deserto libico e la conquista di Cartagine.

Le prime due imprese fallirono probabilmente a causa della scarsa conoscenza del territorio e la terza non ebbe neppure inizio a causa del rifiuto dei marinai fenici, che non vollero armare la flotta persiana per attaccare una città di origine fenicia. Secondo lo storico greco Erodoto in seguito a questi fallimenti il re persiano impazzì iniziando a comportarsi con efferata crudeltà e giungendo ad uccidere con le proprie mani il sacro toro Api. Queste notizie, anche se confermate in parte da un testo ebraico, sono probabilmente affette da una certa parzialità a causa della visione anti-persiana dello storico greco.

Alcuni dati archeologici sembrano smentire Erodoto: il fastoso sarcofago, conservato nel Serapeo di Saqqara, che Cambise stesso dedicò al toro Api morto durante il suo regno e una statua dovuta a Udjahorresne, un funzionario egizio che si era messo al servizio dei persiani. Nell'iscrizione, Udjahorresne, Capo del palazzo e Sovrintendente alla flotta sotto Amasis e Psammetico III afferma di aver preparato la titolatura reale per Cambise e di averlo convinto ad onorare la dea Neith di Sais. Nel 522 a.C. Cambise fu costretto a partire dall'Egitto per ritornare a Susa a causa di un complotto ordito contro di lui. Morì, in circostanze non del tutto chiare, durante il viaggio.

Petubasti III





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 522 a.C.
Predecessore Cambise II
Successore Dario I
Dinastia XXVII dinastia egizia

Petubastis III è stato un faraone collocabile, da un punto di vista cronologico, all'interno della XXVII dinastia egizia.

Biografia

È opinione comune degli storici che Petubastis, principe locale e probabilmente dinasta della ormai decaduta casata saitica, cercò di ottenere il controllo dell'Egitto capeggiando una ribellione contro gli occupanti persiani. In base a quanto riferisce l’autore militare macedone Polieno, le cause della ribellione furono da imputarsi alla tassazione eccessiva. In effetti il satrapo d'Egitto Aryandes durante il suo mandato si attribuì ampie libertà amministrative - batté, ad esempio, moneta a proprio nome - e governò la sua satrapia alla stregua di un feudo personale.

Evidentemente Petubastis cavalcò il malcontento e, approfittando dell'instabilità causata nell'impero achemenide dalla morte di Cambise II, si sollevò contro Aryandes tra la fine del 522 a.C. e l’inizio del 521 a.C., poco prima di attribuirsi le insegne della regalità.

Le iscrizioni di Bisotun, realizzate al tempo del successore persiano di Cambise, Dario il Grande, citano come risalente a questo periodo una ribellione in Egitto in contemporanea ad altre ribellioni avvenute in varie parti dell’impero achemenide.

Non sono tuttavia noti da alcuna fonte i provvedimenti presi dal Gran Re per contrastare la rivolta guidata da Petubastis III, anche se Polieno riporta un aneddoto – di incerta veridicità – secondo cui Dario in persona giunse a Menfi durante la celebrazione della morte del toro Api, ed astutamente annunciò un'enorme ricompensa in oro a chiunque avesse potuto fornire un nuovo Api, impressionando gli Egizi al punto da farli passare in massa dalla sua parte.

Appare assai più probabile che fu Aryandes a sedare la rivolta; di sicuro l’Egitto era già pacificato nel 517 a.C.,[4] anno della prima - ed unica - visita di Dario nella terra del Nilo.

La storicità di Petubastis III, figura ancora oggi poco conosciuta e di cui non conosciamo il destino dopo la fine del suo regno, è avvalorata dal ritrovamento di due sigilli, uno scarabeo recante il suo nome inscritto in un cartiglio e un documento datato al suo primo anno di regno.
 
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view post Posted on 20/3/2015, 14:58     +1   -1
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Dario I di Persia



Uk3foSD



Re dei Re
In carica settembre 522 a.C. – ottobre 486 a.C.
Predecessore Cambise II
Successore Serse I
Nome completo Dario il Grande
Nascita 550 a.C.
Morte 486 a.C.
Casa reale Achemenidi
Padre Istaspe
Consorte Atossa e altre



Dario I di Persia, detto il Grande, figlio di Istaspe, fu re di Persia dal 522 a.C. al 486 a.C. Dario I cinse anche la corona d'Egitto con il nome di Stutra.

Fece spostare la capitale da Pasargadae a Persepoli, abbellendola e arricchendola con giardini e palazzi, tanto che diventò una stupenda città di arte amministrata con giustizia.

L'avvento al potere

La famiglia di Dario apparteneva ad un ramo cadetto della dinastia achemenide e quindi egli era strettamente imparentato con Cambise II. Dopo la morte di questi, avvenuta nel 522 a.C., l'usurpatore Gaumata governò indisturbato sull'impero sotto le mentite spoglie di Bardiya (meglio conosciuto come Smerdi) il fratello di Cambise fatto uccidere da questi in segreto alcuni anni prima.

Dario, che in quel momento ricopriva il ruolo di ufficiale negli Immortali persiani, la famosa guardia reale persiana, grazie all'appoggio di alcuni commilitoni (dei quali Erodoto ci riporta i nomi: Otane, Aspatine, Gobria, Intafrene, Megabizo e Idarne) riuscì ad uccidere l'usurpatore nel settembre del 522.

Nell'iscrizione di Behistun, fatta incidere da Dario stesso, si dice che, con l'aiuto di Ahura Mazda e di sei altri nobili, sorprese Gautama in una delle sue fortezze, in Media. Per consolidare le sue pretese al trono sposò Atossa, figlia del re Ciro II, padre di Cambise, e vedova di Gautama. Da questa unione nacque Serse I, successore di Dario.

Questi convulsi rivolgimenti nel potere centrale furono interpretati dai governanti delle province più esterne dell'impero come segnali della possibilità di riottenere la propria indipendenza. In Susiana, Babilonia, Media, e Margiana comparvero nuovi usurpatori che pretendevano di appartenere alla discendenza reale e riunivano intorno a loro grandi eserciti. Nella stessa Persia, Vahyazdata imitò Gautama e gran parte del popolo lo credette il vero Bardiya.

Dario, malgrado disponesse solamente di un piccolo esercito composto di Persiani e di Medi, al comando di un ristretto numero di generali fedeli, riuscì a superare tutte le difficoltà. Tra il 520 a.C. ed il 519 a.C. tutte le ribellioni vennero sedate e Dario ristabilì la sua autorità su tutto l'impero.

Politica interna

Dario, che nelle sue iscrizioni appare come un fervente seguace della religione monoteistica di Zaratustra, fu un valente statista che riorganizzò profondamente il sistema persiano di amministrazione dell'impero ponendo mano anche ai codici delle leggi civili e penali. Le sue modifiche riguardarono, in modo particolare, il commercio degli schiavi, le leggi sulle testimonianze, i prestiti, la corruzione ed il diritto di faida.

L'amministrazione dell'impero subì notevoli innovazioni con la definizione rigorosa delle province e con la definizione dell'entità dei tributi che ciascuna di esse doveva versare all'erario centrale. Dario divise l'impero in venti province ciascuna sotto la guida di un governatore, o satrapo la cui posizione era usualmente ereditaria e dotata di grande autonomia, permettendo a ciascuna provincia di possedere leggi proprie, tradizioni ed una nobiltà locale.

Il tributo all'erario era pagato in oro o argento e questo prelievo fu spesso la causa del declino economico di regioni precedentemente fiorenti come la Babilonia. Ciascuna satrapia possedeva anche un funzionario addetto al controllo delle finanze ed un supervisore militare i quali, come il satrapo, controllavano l'amministrazione. Tutte e tre queste figure facevano capo direttamente al re.

Questa struttura di ripartizione del potere nelle satrapie era volta a ridurre il rischio di rivolte. Dario espanse anche la burocrazia imperiale aumentando il numero degli scribi addetti alla registrazione delle questioni amministrative. In campo militare il tempo delle conquiste era ormai giunto al termine e le guerre combattute da Dario ebbero solamente lo scopo di garantire la stabilità dei confini dell'impero.

Per tali motivi soggiogò le popolazioni barbariche delle zone montuose del Ponto e dell'Armenia, estese il controllo persiano fino al Caucaso, combatté contro gli Saka e le altre tribù delle steppe dell'Iran probabilmente genti turaniche che vivevano oltre il fiume Oxus. Anche in campo militare Dario svolse una profonda azione di rinnovamento introducendo la coscrizione obbligatoria, la paga per i soldati, forme codificate di addestramento e rinnovando l'organizzazione dell'esercito e della marina.

Edilizia

Grandi furono i progetti che presero vita durante il regno di Dario I, primo tra tutti la costruzione della nuova capitale: Persepoli. Pasargade, la precedente capitale, era fortemente legata alla memoria della dinastia di Ciro il Grande e del figlio Cambise II e pertanto il nuovo re volle erigere una nuova città che sottolineasse l'avvento della nuova dinastia.

Persepoli, che ebbe mura alte 20 metri e larghe 11, rappresentò un enorme sforzo ingegneristico. La stessa tomba di Dario fu scavata in una parete rocciosa non lontano dalla città. Anche le varie province videro un'intensa attività edilizia rivolta soprattutto alla realizzazione di strade ed altre vie di traffico.

In Egitto, Dario portò a compimento il progetto, iniziato sotto Necho II, di ampliamento del canale navigabile tra il Nilo e il Mar Rosso; un'iscrizione geroglifica ricorda come le navi del re navigarono dal Nilo fino alla mitica Saba passando per il Mar Rosso. Alcune tavolette cuneiformi provenienti da Persepoli ricordano la costruzione delle strade tra Susa e Persepoli e tra Sardi e Susa. Queste strade erano dotate di stazioni di posta e locande ed erano sorvegliate da guarnigioni militari per rendere sicuro il traffico.

Tra le realizzazioni di Dario in questo campo va anche ricordata la grande iscrizione di Behistun incisa sulle rocce nei pressi della città omonima e dedicata a tramandare ai posteri l'ascesa al trono del re e i suoi legittimi diritti sul trono stesso.

Economia e commercio

Dario I è spesso ricordato per il grande impulso che dette al commercio. Fissò il valore, in peso, delle monete ed introdusse la coniazione del Darico aureo allo scopo di fornire un sistema uniforme per le transazioni commerciali all'interno dell'impero.

Nell'ambito dello sviluppo delle vie commerciali inviò spedizioni lungo i fiumi Kabul e Indo guidate da un ufficiale cario, Scylax, che esplorarono l'Oceano Indiano dalle foci dell'Indo fino a Suez. Anche l'adozione di unità di misura standardizzate (come il cubito reale) fu una misura per favorire lo sviluppo dei commerci. È possibile che, sotto Dario, l'impero persiano abbia avuto contatti con Cartagine (forse la Karka dell'iscrizione di Nakshi Rustam), la Sicilia e l'Italia.

Religione

In campo religioso proseguì nella politica di tolleranza dei suoi predecessori ed anche allo scopo di prevenire le rivolte delle nazioni conquistate Dario favorì il permanere dei culti locali proteggendone i templi ed i sacerdoti.

Permise agli Ebrei di riedificare il Tempio di Gerusalemme ed in Egitto il suo nome appare nei templi che fece costruire a Menfi ed a Edfu. Sempre in Egitto permise la riapertura della Casa della vita di Sais.

Campagne militari in Asia e in Europa

Intorno al 514 a.C. Dario diede il via alla guerra contro gli Sciti. Un grande esercito attraversò il Bosforo, soggiogò la Tracia orientale ed attraversò il Danubio. Lo scopo di questa guerra era di prendere alle spalle le tribù nomadi che minacciavano i confini dell'impero rendendo questi maggiormente sicuri. L'intero piano era basato su una ipotesi geografica errata, comune in quell'epoca e che ingannerà, in seguito, anche Alessandro I di Macedonia; si credeva, infatti, che un fiume noto come Indo Caucasico (nascente dalla catena dello Indo Kush) e lo Jaxares (conosciuto come Tanais e ora come Don) fossero prossimi al Mar Nero.

La spedizione fu un fallimento: dopo essere avanzato per alcune settimane nelle steppe della Ucraina Dario fu costretto ad ordinare il ritorno senza aver raggiunto gli obiettivi prefissati. L'affermazione di Erodoto secondo cui la spedizione avrebbe raggiunto ed attraversato il Volga non ha trovato conferme.

Benché la Grecia europea fosse culturalmente ed economicamente connessa con le città greche della costa dell'Asia Minore, vassalle dell'impero persiano, Dario non cercò lo scontro con le prime. Le guerre persiane furono la conseguenza del supporto dato da Atene ed Eretria alla ribellione delle città ionie e carie.

La prima spedizione persiana, guidata da Mardonio, fallì presso il promontorio del Monte Athos nel 492 a.C., con la disfatta della flotta persiana distrutta da una tempesta. L'esercito penetrato in Attica, sotto il comando di Dati e di Artaferne, fu sconfitto nella battaglia di Maratona del 490 a.C. Nel 486 a.C. Dario venne distolto dalla preparazione della terza spedizione contro la Grecia da una ribellione in Egitto. L'anno seguente Dario morì dopo un regno di trentasei anni.

Figli

Dalla figlia di Gobyras:
Artabazanes
Ariabignes
figlio sconosciuto

Da Atossa:
Serse
Achemene
Hystaspes
Masistes
Mandane

Da Artystone:
Arsames
Gubaru
Artozostra

Da Parmys, figlia di Smerdis:
Ariomardus

Da Phratagune:
Abrocomes
Hyperanthes

Da Phaedymia, figlia di Otanes
sconosciuto

Da una donna ignota:
Ariamene
Arsamene
sconosciuta (moglie di Artoce)
sconosciuta (moglie di Daurise)
sconosciuta (Moglie di Himea)
Sandauce
Istin
Pandušašša



Dario I visitò l'Egitto una sola volta, nel 517 a.C. La sua politica verso la più ricca delle province dell'impero persiano fu più illuminata di quella del suo predecessore. Uno dei primi atti del nuovo re fu quello di ordinare la raccolta di tutte le leggi ed i documenti storici disponibili, dimostrando così attenzione e rispetto per la tradizione egizia.

Dario rimosse, e fece giustiziare, Aryandes, satrapo sotto Cambise II, a causa dell'atteggiamento di questi verso gli egizi ma anche intravedendo nelle sue azioni l'intenzione di fare dell'Egitto una possibile base di partenza per tentare la scalata al trono achemenide.

Malgrado l'atteggiamento del re, dopo la sconfitta di Maratona, 490 a.C., si ebbero numerose rivolte in tutto l'Egitto e nel 486 a.C., poco prima della morte di Dario I, tutto il delta del Nilo si ribellò. L'egittologo Eugène Cruz-Uribe ritiene che uno dei protagonisti della rivolta si sia proclamato sovrano con il nome di Psammetico IV, con un possibile riferimento all'ultimo sovrano della XXVI dinastia egizia, Psammetico III, che vide il proprio regno soccombere alla potenza persiana.

Serse I di Persia



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In carica 485 a.C. – 465 a.C.
Predecessore Dario I di Persia
Successore Artabano
Nascita 519 a.C.
Morte 465 a.C.
Dinastia Achemenide
Padre Dario I di Persia
Madre Atossa
Consorte Amestris
Religione Zoroastriana

Serse I fu re di Persia e di Egitto dal 485 a.C. al 465 a.C. Viene generalmente identificato con il re persiano Assuero nel libro biblico di Ester, una delle sue mogli.

Biografia

Gioventù e ascesa al potere

Subito dopo aver raggiunto il trono Dario I di Persia, figlio di Istaspe, sposò Atossa, figlia di Ciro il Grande. Erano entrambi discendenti di Achemene attraverso diversi ceppi della famiglia degli Achemenidi. Il matrimonio di una figlia di Ciro rafforzò la posizione di Dario come re. Dario fu un sovrano attivo, sempre impegnato con la costruzione di Persepoli e Susa, la riorganizzazione dell'Egitto e di altre zone. Verso la fine del suo regno cercò di punire Atene per il suo antico appoggio alla rivolta ionia e per la sconfitta subita dai Persiani a Maratona, ma scoppiò una nuova rivolta in Egitto, probabilmente guidata dal satrapo persiano della zona, che doveva essere soppressa. Secondo la legge persiana, i re achemenidi dovevano designare un successore prima di partire per spedizioni pericolose. Prima di partire, nel 487 a.C., Dario fece preparare la sua tomba a Naqsh-e Rostam e nominò Serse, il suo figlio maggiore avuto da Atossa, suo successore. A causa della salute precaria, Dario non riuscì a condurre la campagna[3] e morì nell'ottobre del 486 a.C.

Artabazane reclamò la corona, essendo il più vecchio di tutti i figli di Dario, mentre Serse, d'altro canto, sosteneva di essere nato da Atossa, figlia di Ciro, colui che aveva garantito ai Persiani la libertà. Alcuni studiosi moderni ritengono che la decisione di Dario di dare il trono a Serse derivi dalla grande considerazione che Dario aveva di Ciro e di sua figlia. Artabazane nacque da Dario quando era un semplice suddito, mentre Serse era il primogenito nato quando Dario era al potere; la madre di Artabazane, inoltre, era una persona qualunque, mentre la madre di Serse era la figlia del fondatore dell'impero. Inoltre, si dice che sia stato Demarato a suggerire a Serse di addurre tale argomento, in conformità con un uso spartano.

Serse fu incoronato e successe al padre tra ottobre e dicembre del 486 a.C., quando aveva circa 36 anni. La salita al potere di Serse non incontrò ostacoli grazie alla grande autorità di Atossa, dal momento che la sua decisione, che voleva il figlio come re di Persia, non era contestata da nessuno a corte o in famiglia.

Quasi immediatamente Serse pose fine a rivolte in Egitto e a Babilonia, che erano scoppiate l'anno prima, e nominò suo fratello Achemene satrapo dell'Egitto. Nel 484 a.C. Serse confiscò e fuse la statua d'oro di Bel, o Marduk, le cui mani dovevano essere strette ogni giorno di Capodanno dal legittimo re di Babilonia. Questo sacrilegio portò i Babilonesi alla ribellione, che si protrasse dal 484 a.C. al 482 a.C., e che fu così violenta da far rifiutare a Serse il titolo di re di Babilonia, avuto in precedenza da suo padre, per essere chiamato re di Persia e Media, Gran Re, Re dei Re (Shahanshah) e re delle Nazioni (cioè del mondo). Questo deriva dal Daiva Iscrizioni di Serse Linee 6-13.

Anche se le informazioni fornite da Erodoto nelle sue Storie hanno dato origine ad alcune discordanze riguardanti il culto religioso di Serse, molti studiosi moderni lo considerano zoroastriano.

Campagne

L'invasione della Grecia

Dario morì mentre si stava preparando un secondo esercito per invadere la Grecia, lasciando così al figlio il compito di punire Atene, Nasso ed Eretria per la loro attività nella rivolta ionia, per l'incendio di Sardi e la loro vittoria sui Persiani a Maratona. Dal 483 a.C. Serse iniziò ad allestire la sua spedizione. Fu scavato un canale attraverso l'istmo della penisola del Monte Athos, nella penisola calcidica, da Strimonikos al golfo Toronaico; era lungo circa due chilometri e mezzo ed era abbastanza ampio e profondo da permettere il passaggio di due triremi. Il canale impiegò circa tre anni per essere terminato. Questo, però, era considerato un'invenzione sia dagli antichi, sia da alcuni storici moderni. Giovenale lo presenta come esempio di "menzogna greca" e Niebuhr lo vede come una cosa incomprensibile. Altri storici sostengono, invece, che, dal momento che Erodoto ne dà una descrizione dettagliata,l'esistenza del canale non deve essere messa in discussione, come scrive Lieutenant Wolfe in "Athos", nella Penny Cyclopaedia.

Vennero predisposti poi posti di guardia e roccaforti lungo il percorso che l'esercito avrebbe effettuato in Tracia e furono costruiti due ponti di barche sull'Ellesponto, che collegavano Abido, in Asia, a Sesto e Madytos, in Europa.

Secondo lo storico greco Erodoto il primo tentativo di Serse di passare l'Ellesponto si concluse con un fallimento totale quando una tempesta distrusse i cavi di lino e di papiro dei ponti: Serse ordinò che lo stretto stesso fosse frustato trecento volte e che delle catene venissero gettate in acqua, mentre gli ingegneri che avevano progettato il ponte furono decapitati. Il secondo tentativo di passaggio, invece, ebbe successo. Serse concluse un'alleanza con Cartagine, e così fece in modo che la Grecia non godesse del sostegno dei potenti sovrani di Siracusa e Agrigento. Molti stati greci più piccoli, inoltre, passarono dalla parte dei Persiani, soprattutto le città della Tessaglia e quelle di Tebe e Argo. Serse ottenne delle vittorie nelle prime battaglie.

La spedizione iniziò nella primavera del 480 a.C. Arrivato nella pianura di Dorisco, Serse decise di contare i membri del suo esercito, facendo prima costruire un muro intorno ad un numero di diecimila soldati, poi facendo entrare in questa recinzione tutto l'esercito, giungendo così a 170 gruppi da 10 000. La fanteria, quindi, era rappresentata da 1 700 000 soldati, a cui erano affiancati 80 000 cavalieri e 20 000 cammellieri. Le truppe di terra, secondo Erodoto, provenivano da 46 nazioni, tra cui gli Assiri, i Fenici, i Babilonesi, gli Egizi e gli Ebrei; la flotta era composta da 1 207 triremi e 3 000 imbarcazioni più piccole. Ogni trireme era equipaggiata con 200 rematori e 30 soldati e ciascuna delle navi da carico imbarcava 80 uomini: le truppe navali, così, dovevano ammontare a 517 610 uomini. In Tracia e in Macedonia Serse ricevette l'appoggio di 300 000 fanti e di 120 triremi, per un totale di 24 000 soldati. Quindi, secondo Erodoto, quando Serse giunse alle Termopili il suo esercito era composto da 2 641 610 uomini, escludendo gli schiavi e gli equipaggi delle navi da carico, che secondo lo storico greco erano in numero addirittura maggiore dei combattenti. Oltre a questi c'erano gli eunuchi, le concubine e i cuochi, insieme alle bestie da soma, ai bovini ed ai cani.

A questi grandi numeri è difficile credere, così che molti scrittori misero in discussione sia la veridicità che il buon senso dello storico. Le stime di Erodoto vengono respinte da Niebuhr in Vorträge über alte Geschichte, il quale afferma che è impossibile considerare il settimo libro di Erodoto come un attendibile rapporto storico, e lo considera fondato sul poema epico di Cherilo.

Heeren, invece, accetta senza alcun dubbio i numeri di Erodoto, e George Grote sostiene che la descrizione data dallo storico greco dei fatti di Dorisco è così dettagliata da far pensare che derivi da testimonianze di prima mano. Anche per quanto riguarda il numero di triremi Grote è in accordo con Erodoto, basandosi sull'autore contemporaneo Eschilo, che, ne I Persiani, dice chiaramente che le navi presenti a Salamina erano 1 207: Erodoto, invece, ne fa combattere 527 in meno, ma è evidente che, nel darne il numero, non ha compiuto alcuna esagerazione; tuttalpiù si può rimproverare allo storico greco una inspiegabile svista.

Il numero di 3 000 navi più piccole, però, e soprattutto di 1 700 000 fanti, è molto meno affidabile. Probabilmente questi dati vennero gonfiati sia per far piacere al re, sia per incoraggiare l'esercito; allo stesso modo la stima di Erodoto di 2 641 000 uomini alle Termopili è persino assurda. Tuttavia, considerando che questo esercito era il risultato di un grandissimo sforzo di tutto il vasto impero persiano e che le truppe erano state raccolte per ben tre anni prima della spedizione, è ragionevole credere che le truppe di Serse fossero le più numerose mai riunite nell'antichità. E dato che Tucidide, dice Grote, si trovò in difficoltà nello stimare il numero esatto dei combattenti dei piccoli eserciti greci che combatterono a Mantinea, non c'è di che stupirsi per non riuscire ad individuare la quantità di persiani a Dorisco. Le stime più recenti concordano nell'affermare che le truppe persiane fossero di circa 60 000 uomini, poiché in quel momento nessun territorio, specialmente le zone semidesertiche della Siria, Persia e Turchia, dove l'esercito si radunò, avrebbe potuto sostenere il foraggiamento di un numero così grande di soldati.

Dopo aver fatto il punto sul suo esercito, Serse proseguì la sua marcia attraverso la Tracia dividendo le truppe in tre gruppi, che avanzavano per tre strade diverse. Alcune città che dovettero sostentare l'enorme esercito finirono sull'orlo della rovina: la città di Taso, per esempio, spese per questo scopo una somma di più di 400 talenti. Arrivato ad Acanto, nelle vicinanze dell'istmo dell'Athos, Serse si separò dalla sua flotta, che avrebbe dovuto attraversare il canale, doppiare le due penisole di Sithonia e Pallene e attendere l'arrivo del re a Therme, città che venne successivamente chiamata Tessalonica (oggi Salonicco), a est della foce del fiume Axios. Dopo il ricongiungimento con la flotta, Serse marciò attraverso la Migdonia e la Bottiea, fino alla foce dell'Haliacmon. Quindi entrò in Macedonia, il cui re gli si sottomise e si impegnò a combattere con lui.

Le Termopili ed Atene

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia delle Termopili, Battaglia di Capo Artemisio e Battaglia di Salamina.

Serse arrivò senza ostacoli con il suo esercito di terra alle Termopili, ma la flotta fu colpita da una violenta tempesta, in cui furono distrutte almeno quattrocento navi da guerra, così che i Greci presero coraggio per affrontarla presso l'Artemisio. Nel frattempo Serse aveva tentato di forzare il passo delle Termopili, ma aveva incontrato per due giorni la resistenza degli Elleni guidati da Leonida. Il terzo giorno un pastore del luogo, Efialte, mostrò ai Persiani un passaggio sul monte Eta che permise loro di piombare inaspettatamente alle spalle dei Greci. Leonida, insieme ai 300 Spartiati, resistette valorosamente, ma alla fine fu sconfitto. Nello stesso tempo i Greci vinsero la battaglia navale dell'Artemisio, grazie a ripetute tempeste che avevano decimato la flotta persiana. Quando furono a conoscenza della vittoria di Serse alle Termopili, i comandanti della flotta greca, primo tra tutti Temistocle, scelsero di ritirarsi presso l'isola di Salamina, di fronte ad Atene.

I Peloponnesiaci decisero di proteggere la loro terra con ogni mezzo e vi concentrarono tutte le truppe: solo alcune navi rimasero ad Atene, la cui popolazione fu evacuata a Salamina, Egina e Trezene. Nel frattempo Serse era entrato in Focide, devastandola completamente. A Panopeo inviò un reparto del suo esercito a saccheggiare Delfi, mentre lui marciava in Beozia con il grosso delle truppe. Tutti i Beoti gli si sottomisero, ad eccezione dei Tespiesi e dei Plateesi, che furono sterminati dall'esercito persiano. Così Serse poté raggiungere Atene senza incontrare alcuna resistenza.

Le truppe mandate contro Delfi, però, furono pesantemente sconfitte: secondo la tradizione fu il dio Apollo stesso a difendere il santuario scagliando massi sugli invasori. Tuttora rimangono sconosciute le modalità con cui i Greci respinsero i Persiani. Quando Serse entrò ad Atene, la sua flotta arrivò nella baia del Falerio. Ingannato da una finta spia inviata da Temistocle, attaccò una battaglia navale con i Greci in posizione sfavorevole, anziché inviare, come aveva proposto Artemisia di Alicarnasso, una parte delle sue navi al Peloponneso attendendo della dissoluzione degli eserciti greci, così che fu sconfitto pesantemente. Il re assistette alla battaglia da un alto trono che è stato eretto per lui sulle pendici del monte Egaleo e, quindi, vide con i propri occhi la sconfitta e la dispersione del suo potente esercito. I Greci si aspettarono una ripresa della battaglia il giorno seguente, ma Serse si preoccupò di un eventuale peggioramento della situazione in Grecia e a Babilonia, dove erano in corso dei disordini, e decise di lasciare immediatamente la Grecia. Incaricò Mardonio di completare la conquista con 300 000 soldati e ordinò alla flotta di salpare per l'Ellesponto e presidiarlo fino a quando lui, con le truppe di terra, lo avrebbe riattraversato. Raggiunse lo stretto quarantacinque giorni dopo la sua partenza dall'Attica, insieme a 60 000 uomini della sua guardia personale sotto il comando di Artabazo. Molti soldati soffrirono la mancanza di riparo e rifugio e morirono di fame. Arrivato all'Ellesponto, Serse trovò il ponte di barche distrutte da una tempesta, così che fu costretto ad attraversarlo su imbarcazioni. Entrò a Sardi verso la fine dell'anno, nel 480 a.C., umiliato e sconfitto, dopo soli otto mesi dalla sua partenza.

Fine della guerra

L'anno seguente, il 479 a.C., la guerra in Grecia continuò, ma Mardonio fu sconfitto a Platea dalla fanteria greca, mentre nello stesso giorno gli Elleni conseguirono un'altra importante vittoria a Capo Micale, in Ionia. L'anno successivo i Persiani persero l'ultimo loro dominio in Europa, in seguito alla conquista di Sesto.

Re dell'Egitto

Khsassa (forma egizia di Serse) fu il terzo (quarto se si considera anche Petubastis III) sovrano della XXVII dinastia egizia.

Durante i suoi venti anni di regno (sia Sesto Africano che Eusebio di Cesarea gliene attribuiscono entrambi trentasei) Serse seguì una politica, ben diversa da quella paterna, imponendo pesanti tributi e trattando l'Egitto come una turbolenta ed insicura provincia.

Appena salito al trono dovette reprimere, impiegando circa due anni, le rivolte scoppiate nella regione del delta del Nilo poco prima della morte del padre. Riportato l'ordine affidò la satrapia ad Achemene, suo fratello, e si dedicò allo scontro contro la Grecia.

Del periodo di governo di Serse rimangono scarsi documenti in lingua egizia in quanto i funzionari locali che avevano collaborato con l'amministrazione di Dario I si allontanarono, o furono allontanati, dall'amministrazione. Nel 480 a.C. una flotta egizia composta da circa 200 navi, al comando di Achemene, prese parte, sul fronte persiano, alla battaglia di Salamina.

Artabano di Persia



Gran Re di Persia; Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 465 a.C.
Predecessore Serse I
Successore Artaserse I
Dinastia XXVII dinastia egizia

Artabano di Ircania è una oscura figura storica a cui le fonti assegnano il ruolo di reggente per il trono di Persia per alcuni mesi tra il 465 a.C. ed il 464 a.C..

Re (o reggente) di Persia


Artabano, probabilmente originario della provincia dell'Ircania, servì come ufficiale sotto Serse I. Le fonti affermano che abbia svolto sia il ruolo di visir che quello di guardia del corpo. Artabano fu, secondo quanto riferisce Aristotele, responsabile della morte del principe ereditario Dario. Questo provocò la reazione del re ed Artabano stesso, per evitare la vendetta di Serse, lo uccise.

Secondo Marco Giuniano Giustino invece Artabano che aveva mire sul trono uccise segretamente Serse per poi accusare Dario di parricidio ottenendo la sua esecuzione. L'ordine degli eventi rimane oscuro ma è certo che sia Serse che Dario lasciarono il trono vacante. Anche le seguenti azioni di Artabano sono avvolte dal mistero: secondo alcuni usurpò il trono, secondo altri nominò sovrano il giovane Artaserse attribuendosi i poteri di reggente. La situazione durò comunque pochi mesi. Artaserse se ne liberò presto, non sappiamo se con la spada o con l'inganno. Artabano viene, talvolta, inserito nelle liste della dinastia achemenide pur non avendo alcuna relazione di parentela con essa.

Re d'Egitto

Durante il suo brevissimo regno Artabano non visitò mai l'Egitto né si attribuì la titolatura dei sovrani della Valle del Nilo.

Sesto Africano, nella sua epitome di Manetone, inserisce Artabano tra i sovrani d'Egitto della XXVII dinastia attribuendogli 7 mesi di regno.

Artaserse I di Persia



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Re di Persia
In carica 464 a.C. – 425 a.C.
Predecessore Artabano
Successore Serse II di Persia
Morte 425 a.C.
Padre Serse I di Persia

Artaserse I Longimano (persiano fu un Gran Re di Persia della dinastia degli Achemenidi che regnò dal 464 a.C. al 425 a.C. Figlio di Serse I salì al trono dopo che il padre ed il fratello maggiore, Dario, erano stati uccisi da Artabano.

Biografia

Dopo la battaglia dell'Eurimedonte e l'armistizio tra Atene e Sparta, Cimone aveva ripreso le attività militari contro i Persiani. Nel 449 a.C., con il contributo di Pericle, venne stipulata la pace di Callia. Questa fu sostanzialmente un trattato di non-aggressione, dove si stabilì l'autonomia delle città greche dell'Asia Minore, benché facenti parte dell'Impero persiano, il controllo dei Persiani su Cipro e il veto per le navi da guerra persiane di entrare nel Mar Egeo.

Assicuratosi la tregua con i Greci, Artaserse dovette poi fronteggiare la ribellione del satrapo di Siria, Megabizo, con il quale, a seguito di due sconfitte, dovette scendere a patti e stipulare un trattato di pace. Nel 424 a.C. Artaserse morì e gli successe il figlio Serse II. Permise agli Ebrei di ricostruire Gerusalemme,per evitare focolai di rivolta. Egli accolse Temistocle, l'eroe di Salamina, alla sua corte. Stabilì che Magnesia, Miunte e Lampsaco si occupassero di fornirgli pane, carne e vino. Palascepio gli forniva i vestiti e Percote la biancheria del letto.

Re d'Egitto

Artakhsassa fu il sesto sovrano della XXVII dinastia egizia (secondo la classificazione di Manetone). Pur rivestendo anche la corona egizia è probabile che Artaserse non abbia mai visitato la valle del Nilo. Sfruttando la debolezza persiana seguita alla morte di Serse I si ebbero, soprattutto nella regione del delta, varie rivolte che nel 460 a.C. sfociarono in aperta ribellione sotto la guida di Inaro ed Amirteo di Sais figlio di Psammetico.

Lo storico greco Tucidide riporta che si sarebbe trattato di re dei libi ma è probabile che la notizia vada letta come di stirpe libica ossia appartenenti alle famiglie che avevano dato vita alla XXVI dinastia. Grazie all'appoggio di Atene, che inviò una squadra navale e truppe terrestri, i ribelli furono in grado di sconfiggere, a Papremi, l'esercito persiano guidato dal satrapo Achemene, fratello di Serse I; lo stesso Achemene cadde nella battaglia.

Dopo questa vittoria Inaro, che non risulta si sia attribuito i titoli della dignità regale egizia, assediò Menfi riuscendo però a conquistarla solo in parte. L'arrivo dei rinforzi persiani guidati dal generale Megabizo ribaltò le sorti della guerra ed ai ribelli non rimase altra scelta che rifugiarsi nel dedalo di paludi del delta del Nilo.

Inaro venne catturato 456 a.C. e deportato a Susa dove venne crocifisso nel 454 a.C. Un ulteriore tentativo ateniese di portare aiuto ai ribelli venne respinto dalle navi fenicie al servizio dei Persiani. La guerra nel delta proseguì fino al 454 a.C. quando Megabizo sconfisse le ultime forze egizie.

Con la conclusione del trattato di pace tra Grecia e Persia (448 a.C.) le ultime speranze di Amirteo, che ancora resisteva nelle paludi, tramontarono. Il periodo che seguì questi fatti fu una fase di pace e prosperità economica anche grazie all'azione del nuovo satrapo, Arsame, che cercò nuovamente la collaborazione dei funzionari egizi giungendo a restituire ai figli di Inaro ed Amirteo la direzione dei distretti di cui erano originari. In questo periodo storico (intorno al 450 a.C.) si colloca il viaggio dello storico greco Erodoto in Egitto.

Figli

Dalla Regina Damaspia
Serse II

Da Aloigne di Babilonia
Sodgiano

Da Cosmartidene di Babilonia
Dario II
Arsite

Da Andia di Babilonia
Bogapaeo
Parisatide, moglie di Dario II

Da un'altra (?) moglie sconosciuta
Una figlia senza nome, moglie di Ieramene, madre di Autobesace e Mitreo

Da altre mogli, ebbe altri 11 figli.



Serse II di Persia



Gran Re di Persia;
Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 424 a.C.
Predecessore Artaserse I
Successore Sogdiano
Morte 424 a.C.
Dinastia Dinastia achemenide; XXVII dinastia egizia
Padre Artaserse I
Madre Damaspia

Serse II fu un re persiano della dinastia degli Achemenidi.

Re di Persia

Figlio di Artaserse I e della regina Damaspia fu ucciso dopo soli 45 giorni di regno dal fratellastro Sogdiano, al termine di un festino.

La conoscenza di questo sovrano ci viene dagli scritti di Ctesia. Salito al trono alla morte del padre come unico erede legittimo, la sua posizione venne subito contestata da Sogdiano, figlio di Artaserse I e della concubina Alogyne, e dall'altro fratellastro Oco, figlio anch'esso di una concubina reale, Cosmartidene.

Serse venne riconosciuto come re solamente dalla Persia, mentre Sogdiano fondava il suo potere sull'Elam e Oco sulle satrapie dell'Ircania, della Babilonia e delle Media.

Re d'Egitto

Nei pochi mesi di regno Serse II fu anche formalmente, pur non assumendo la titolatura dei sovrani egizi, re dell'Egitto ed infatti Manetone lo colloca nella XVII dinastia.
 
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Sogdiano di Persia




Gran Re di Persia;
Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 424 a.C.
Predecessore Serse II
Successore Dario II
Morte 424 a.C.
Dinastia achemenide;
XXVII dinastia egizia
Padre Artaserse I
Madre Alogyne

Sogdiano è stato un re di Persia della dinastia achemenide, nonché faraone della XXVII dinastia egizia.

Re di Persia

Figlio di Artaserse I e della concubina Alogyne, salì al trono nel 424 a.C. dopo aver eliminato il fratellastro e legittimo erede Serse II. Fu ucciso dopo appena 7 mesi di regno dal fratellastro Oco, satrapo dell'Ircania, che si impadronì del trono con il nome di Dario II.

Re d'Egitto

Anche Sogdiano, pur non avendo mai assunto effettivamente la regalità sull'Egitto e non essersi attribuito la titolatura corrispondente, viene considerato da Manetone come facente parte della XXVII dinastia.

Dario II di Persia



La tomba





Dario II il cui nome originale era Oco, spesso soprannominato Nothus (dal greco νοθος bastardo), fu re di Persia e d'Egitto dal 424 a.C. al 404 a.C.

Re d'Egitto

Re di Persia

Oco giunse al trono in seguito ad una spietata guerra tra i figli di Artaserse I. Alla morte di questi, nel 424 a.C., salì al trono il legittimo erede: suo figlio maggiore Serse II, che regnò solamente per poco più di due mesi, e che venne ucciso dal fratello Sogdiano.

L'estrema instabilità della situazione permise a Oco, figlio illegittimo di Artaserse I e Satrapo di Ircania di eliminare, dopo soli sette mesi di regno, Sogdiano, e di salire al trono assumendo il nome di Dario II. Allo scopo di evitare ulteriori tentativi di scalata al potere, Dario II eliminò il proprio fratello Arsites.

Le notizie su questi fatti sono di fonte greca, in quanto le tavolette cuneiformi degli annali persiani, provenienti dagli scavi di Nippur, non citano né Serse II né Sogdiano, e in esse il regno di Dario II segue direttamente quello di Artaserse I. Le nostre conoscenze sul regno di Dario II sono molto scarse.

Atene avrebbe appoggiato la ribellione del satrapo Pissutne in Caria nel 413 a.C., morto il satrapo, gli Ateniesi diedero man forte al figlio Amorges, continuando così la rivolta. In seguito a ciò Dario II avrebbe dato ordine ai suoi satrapi in Asia Minore, Tissaferne e Farnabazo, di aumentare i tributi dovuti dalle città greche e di iniziare una guerra nei confronti di Atene, ricercando anche l'alleanza di Sparta. Senofonte riferisce di una ribellione in Media nel 409 a.C. E probabile che Esdra e Nehemia siano vissuti durante il regno di questo re. Un celebre discorso del Re Dario: "Ahura Mazda, da quando ha visto la confusione che regnava su questa terra, mi ha parlato, mi ha voluto re; io sono il re. Con il favore di Ahumarazda I sono stato posto su questo trono; quello che io dico, gli altri lo fanno, perché è un mio desiderio. Se ora vorrai chiederti 'Quante terre governa il re Dario?', guarda le sculture di quanti sostengono il trono, e allora lo potrai sapere, allora ti si svelerà che un uomo persiano ha scatenato una battaglia molto lontano dalla Persia".

Artaserse II di Persia





Gran Re di Persia
In carica 405-04 a.C. – 359-58 a.C.
Predecessore Dario II di Persia
Successore Artaserse III di Persia
Nascita 452 a.C.
Morte 358 a.C.
Dinastia Achemenide
Padre Dario II di Persia
Madre Parisatide
Consorte Statira
Religione Zoroastriana

Artaserse II Mnemone fu re di Persia dal 405 a.C. fino alla sua morte e re d'Egitto (riconosciuto solamente dall'Alto Egitto) dal 404 a.C. al 402 a.C..

Biografia

Arsace, divenuto poi Artaserse II, succedette al padre Dario II sul trono di Persia.

Suo fratello minore Ciro, però, era il favorito di sua madre Parisatide, che cercò di far ottenere il trono al figlio prediletto; Dario aveva assegnato a Ciro solo la satrapia dell'Asia occidentale, incarico confermato da Artaserse su richiesta di Parisatide.

Guerre esterne ed interne

Ciro, tuttavia, si ribellò contro il fratello ed organizzò una spedizione composta da circa diecimila mercenari greci per spodestarlo dal trono. Nella battaglia di Cunassa (401 a.C.) l'esercito di Ciro ottenne una grande vittoria sul molto più numeroso esercito del fratello, ma Ciro fu ucciso nello scontro.

Tissaferne fu nominato satrapo dell'Asia occidentale al posto di Ciro e si impegnò attivamente in guerre contro i Greci.

Nonostante questi continui conflitti con i Greci, l'impero persiano si mantenne forte grazie alla discordia tra i Greci stessi, fomentata e mantenuta con il denaro dei Persiani. La pace di Antalcida, nel 388 a.C., alla fine della guerra di Corinto, conferì ai Persiani un potere e un'influenza ancora più grandi rispetto a prima.

Ma l'impero era turbato da disordini interni ed in stato di confusione: Artaserse stesso era un uomo debole, e sua madre Parisatide continuò presso la corte persiana a compiere atti orribili contro i suoi nemici personali, gli schiavi e gli eunuchi, esercitando di fatto il potere. I Paesi tributari e i satrapi cercarono, in tali circostanze, di rendersi indipendenti, e la soppressione dei ribelli consumò tutta la rimanente forza dell'impero.

Artaserse quindi portò avanti una lunga lotta contro Evagora di Cipro, dal 385 al 376 a.C., ma riuscì solamente a far tornare il re entro i suoi possedimenti originari, la città di Salamina e le sue vicinanze, costringendolo a pagare un piccolo tributo.

Nel frattempo dovette condurre la guerra contro i Carduchi, sulle rive del Mar Caspio, e dopo che il suo grande esercito fu con grande difficoltà salvato dalla disfatta totale, concluse una pace senza ottenere alcun vantaggio.

I suoi tentativi di riconquista dell'Egitto del 373 a.C. non ebbero successo e l'insurrezione generale dei suoi sudditi in Asia Minore fallì solo grazie alle discordie tra gli insorti stessi.[8]

Lotte per la successione

Quando Artaserse sentì che la morte si stava avvicinando, cercò di impedire le lotte sulla successione rispettando le antiche regole e ponendo sul trono Dario, il maggiore dei suoi tre figli legittimi – con le sue concubine, infatti, ebbe circa 115 figli – e gli conferì tutti i suoi titoli. Ma Dario poco dopo si scontrò con il padre riguardo Aspasia e ordì un complotto per assassinarlo. I congiurati, però, furono traditi, e Dario venne condannato a morte con molti dei suoi complici.

Dei due figli legittimi rimanenti, Oco e Ariaspe, il primo pensava di succedere al padre, ma, siccome Ariaspe era più amato dai Persiani a causa del suo carattere docile e amabile, e Arsame, il figlio di una delle concubine, era preferito dall’anziano Artaserse, Oco ideò una congiura per portare Ariaspe alla disperazione e al suicidio e per assassinare Arsame.

Artaserse morì di dolore per questi orrori nel 358 a.C. e gli succedette Oco, che salì al trono con il nome di Artaserse II

Re d'Egitto

Pur non visitando mai l'Egitto Artaserse II assunse la completa titolatura reale dei sovrani egizi anche se il suo effettivo potere fu limitato al solo Alto Egitto e solo fino al 402 a.C. quando Amirteo di Sais, che nel 404 a.C., dopo aver scacciato le guarnigioni persiane dal Basso Egitto, aveva assunto anch'esso la titolatura reale, estese il suo potere su tutto l'Egitto.

Edilizia monumentale

Gran parte della ricchezza di Artaserse fu spesa per progetti di costruzione. Egli restaurò il palazzo di Dario I a Susa e le fortificazioni, tra cui una fortezza a sud-est della cinta muraria, e fece costruire ad Ecbatana una nuova Apadana e dotò la città di molte sculture. Non fece costruire, però, molti edifici a Persepoli.

Amirteo





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 404 a.C.
Predecessore Artaserse II
Successore Nepherites I
Morte Menfi, autunno 399 a.C.
Dinastia XXVIII dinastia egizia

Amirteo è stato un faraone della XXVIII dinastia egizia.

Fondatore ed unico rappresentante della dinastia, è ricordato principalmente come l'artefice del ritorno all'indipendenza dell'Egitto dopo la prima occupazione persiana.

Biografia

Il nome di questo sovrano (Amonirdisu in egizio) non è stato rinvenuto su alcun monumento ma la sua esistenza è ben confermata sia dalla Cronaca demotica che dai papiri in aramaico rinvenuti ad Elefantina. Compare anche nella lista reale di Manetone - con il nome di Amyrteos (Sesto Africano) od Amyrtaios (Eusebio di Cesarea) - e nelle opere di alcuni storici greci, in cui viene chiamato Amonortais.

Amirteo era discendente (forse nipote) di quell'omonimo principe egizio del Delta (a sua volta forse discendente dalla XXVI dinastia egizia) che nel 460 a.C. aveva partecipato al fianco di Inaro alla rivolta anti-persiana durante il regno di Artaserse I. Al pari del suo antenato, Amirteo condusse azioni di guerriglia contro i Persiani sfruttando la protezione delle intricate paludi del Delta del Nilo a partire dal 410 a.C..
Nel 404 a.C., alla morte di Dario II, sfruttando la situazione di debolezza generata dalla contesa dinastica tra i due figli del defunto re persiano, Artaserse II e Ciro il Giovane, si dichiarò Re dell'Alto e Basso Egitto cingendo le due corone a Sais e allontanando le guarnigioni persiane da tutto il Basso Egitto. Nel 402 a.C. estese il suo potere anche all'Alto Egitto riunificando così tutto il paese.

Il suo regno però ebbe presto termine: nell'autunno del 399 a.C. Amirteo fu vittima di una congiura organizzata dal principe di Mendes, Nefaarud (più noto come Nepherites I). Amirteo venne deposto, imprigionato a Menfi e presumibilmente ucciso dall'usurpatore, il quale si proclamò faraone fondando la XXIX dinastia.

Neferite I





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 399 a.C.
Predecessore Amirteo
Successore Muthis
Morte 393 a.C.
Luogo di sepoltura Mendes
Dinastia XXIX dinastia egizia
Figli Muthis?

Nepherites I è stato un faraone della XXIX dinastia egizia.

Biografia

Principe di Mendes, nel Delta, giunse al potere dopo aver esautorato, imprigionato a Menfi e - con ogni probabilità - fatto uccidere il suo predecessore Amirteo, nell'autunno del 399 a.C.; questi avvenimenti sono riportati in un documento aramaico (Papiro Brooklyn 13). Una volta sul trono, Nepherites I stabilì la propria capitale a Mendes, fondando la XXIX dinastia egizia ed assumendo una titolatura reale che richiamava quella dei grandi sovrani della XXVI dinastia.

In politica estera seguì la linea di appoggiare i nemici dell'impero persiano e quindi si alleò col re di Sparta Agesilao II, a cui fornì grano e materiale per l'armamento di cento triremi, materiale che però finì nelle mani dell'ateniese Conone, ammiraglio al servizio di Artaserse II.

I monumenti di questo sovrano non sono numerosi. A Mendes è stato ritrovato vario materiale litico che doveva appartenere ad un tempio di Thot, mentre da Buto proviene una sua statua. Viene anche citato su di una placca in faience proveniente dal Serapeo di Saqqara ed in alcuni reperti provenienti dal Medio ed Alto Egitto.

Nepherites I è citato anche nella Cronaca demotica oltre che dagli epitomatori di Manetone che gli attribuiscono sei anni di regno; un'iscrizione demotica su di una benda di mummia cita il suo 4º anno, che è la data più alta di regno fornita da reperti archeologici. Alla sua morte, avvenuta nel 393 a.C., vi fu una crisi di successione con due candidati al trono, Muthis (che forse era suo figlio) e Psammuthis, appoggiati da opposte fazioni.
La tomba di Nepherites I, contenente resti del sarcofago in granito nero e del corredo funerario, è stata scoperta a Mendes da un gruppo di ricerca delle Università di Toronto e di Washington nel 1992-1993.
 
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Achoris





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 393 a.C.
Predecessore Psammuthis
Successore Nepherites II
Morte 380 a.C.
Dinastia XXIX dinastia egizia
Figli Nepherites II

Achoris è stato un faraone della XXIX dinastia egizia.

Biografia

Non è noto con quale legittimità Achoris – grecizzazione del nome egizio Hakor – riuscì a deporre Psammuthis, il quale venne poi considerato un usurpatore e fatto quindi oggetto di damnatio memoriae attraverso il sistematico scalpellamento dei cartigli sui monumenti. Allo scopo di cancellare del tutto la memoria del suo predecessore, Achoris iniziò a datare il suo regno dalla morte di Nepherites I del quale presumibilmente si considerava il legittimo continuatore.
Tale circostanza ha comportato una certa confusione nelle fonti storiche: gli epitomatori di Manetone, Sesto Africano ed Eusebio di Cesarea, infatti riportarono la sequenza: Nepherites I → Achoris → Psammuthis (Africano tralascia l'effimero Muthis), mentre la Cronaca demotica più verosimilmente fornisce l'ordine: Nepherites I → Muthis → Psammuthis → Achoris.

Quando Achoris giunse al potere nel 393 a.C. l'Egitto era già inserito nel complesso gioco diplomatico-bellico che vedeva coinvolte le polis greche (Atene e Sparta in primis), l'impero achemenide e lo stesso Egitto.

In tale situazione la posizione egiziana non poté che essere quella di allearsi con chiunque fosse avversario della Persia. L'alleanza con Sparta che esisteva durante il regno di Nepherites I venne meno in seguito al progressivo ritiro della città greca dalla guerra. Così che nel 389 a.C. Achoris si unì all'alleanza Atene-Cipro, citata anche nella commedia Pluto di Aristofane.

La situazione tornò critica nel 386 a.C. con stipulazione della pace di Antalcida, un trattato di neutralità tra le polis e l'impero achemenide; in pratica, l'Egitto e Cipro rimasero i soli avversari di Artaserse II. Per anni Achoris resistette con successo ai tentativi di invasione persiani, forte di una grande flotta e di mercenari greci condotti dal valente strategos ateniese Chabrias.

Nel 383 a.C. i Persiani interruppero la campagna d'Egitto che non stava portando a nulla, concentrandosi piuttosto contro Cipro ed il suo re, Evagora, che approfittando dello sforzo bellico persiano diretto altrove stava consolidando il suo dominio marittimo ed era giunto ad espandere la sua influenza sulle coste fenicie. La flotta cipriota venne sconfitta da quella persiana ed Evagora si recò da Achoris a chiedere aiuto; non riuscendo ad ottenerlo, ad Evagora non rimase che tornare a Salamina in Cipro, stipulare una pace separata con il Gran Re e divenirne vassallo.

Achoris morì dopo circa 14 anni di regno nel 380 a.C. lasciando il trono al figlio Nepherites II, mentre già da tempo Nectanebo, principe di Sebennytos e futuro fondatore della XXX dinastia, fomentava sommosse e disordini allo scopo di prendere il potere. Di tali eventi rimane testimonianza nella Cronaca Demotica che citando Achoris riporta "...perché era munifico verso templi..." per motivare la lunghezza del regno e "...perse il trono perché trascurò le leggi e si disinteressò ai suoi fratelli..." come a voler giustificare gli eventi che seguirono.

Con Achoris ci fu un ritorno ad un'attività edilizia significativa – come non succedeva in Egitto ormai da molto tempo – dimostrata anche dalla riapertura delle cave di pietra (tra cui le celebri cave di Tura): importanti testimonianze di questi lavori ci sono giunte da Karnak, Medinet Habu, Elefantina, Tod, Nag el-Madamud, nel Serapeo di Saqqara e nell'oasi di el-Kharga.

Psammuthis





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 393 a.C.
Predecessore Muthis
Successore Achoris
Morte 393 a.C.
Dinastia XXIX dinastia egizia

Psammuthis è stato un faraone della XXIX dinastia egizia.

Biografia

Alla morte di Nepherites I, avvenuta nel 393 a.C., si formarono due fazioni entrambe con un proprio pretendente al trono: Muthis e Pasherienmut (cioè Psammuthis, usando il nome che ci è più noto dagli epitomatori di Manetone). Pare che il primo, che forse era figlio del predecessore, riuscì a regnare appena per qualche mese, salvo poi venire spodestato da Psammuthis.

Questi riuscì a regnare a malapena un anno, durante il 393 a.C., dato che venne poi a sua volta detronizzato da Achoris, che ne sovrascrisse i cartigli sui monumenti (una forma di damnatio memoriae non troppo infrequente nell'antico Egitto nei confronti di sovrani considerati usurpatori dai loro successori), retrodatando di fatto la sua ascesa al trono e ponendosi in un qualche modo come successore temporale di Nepherites I.

Questo sovrano è citato da Eusebio di Cesarea, da Sesto Africano, da entrambe le liste della Cronaca demotica e da rari monumenti, scampati alla cancellazione ordinata da Achoris, che confermerebbero suoi lavori a Karnak e ad Akhmin.

Le difficoltà nel collocare questo personaggio nell'effettivo ordine di successione all'interno della dinastia (Sesto Africano, ad esempio, lo colloca erroneamente - e a differenza di tutte le altre fonti - come successore di Achoris) sono dovute agli scarsissimi riferimenti nelle liste al regno di Muthis, e soprattutto alla sopra citata opera "restauratrice" di Achoris.

Neferites II





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 380 a.C.
Predecessore Achoris
Successore Nectanebo I
Morte 380 a.C.
Dinastia XXIX dinastia egizia
Padre Achoris

Nepherites II è stato un faraone della XXIX dinastia egizia.

Biografia

Viene citato nella Cronaca demotica come Nefaarud, mentre il nome col quale è comunemente noto ci è stato tramandato da Sesto Africano.

Nepherites II salì al trono alla morte del padre Achoris, nel 380 a.C., quando già da alcuni anni il principe di Sebennytos, Nectanebo, fomentava rivolte e disordini nel paese con l'obiettivo di prendere il potere. Al proposito appare non improbabile che durante gli appena quattro mesi di regno di Nepherites, il potere regale fosse de facto già esercitato da Nectanebo.

Nel tentativo di riaffermare il suo diritto al trono Nepherites II si attribuì il titolo di weham mesut ("ripetitore delle nascite"), ossia fondatore di una nuova era; in precedenza tale titolo era stato adottato solamente da pochissimi personaggi, assai più illustri: Amenemhat I (XII dinastia), Seti I (XIX dinastia) ed Herihor.

Gli sforzi di Nepherites II furono vani: Nectanebo lo detronizzò - e presumibilmente uccise - per poi fondare la XXX dinastia.

Nectanebo I





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 380 a.C.
Predecessore Nepherites II
Successore Teos
Morte 362 a.C.
Dinastia XXX dinastia egizia
Figli Teos

Nectanebo I è stato un faraone della XXX dinastia egizia.

Biografia

Principe della città di Sebennytos giunse al trono spodestando, dopo pochi mesi di regno Nepherites II, ultimo sovrano della XXIX dinastia.

La sua ascesa al trono fu appoggiata dai collegi sacerdotali che ricevettero in cambio sia beni che il riconoscimento di antichi privilegi; il tempio di Sais, ad esempio, ebbe il diritto a ricevere la maggior parte delle tasse sul commercio provenienti dal grande emporio commerciale di Naucrati.

Il problema della difesa dell'Egitto portò Nectanebo a stipulare un'alleanza con la città greca di Atene da cui ricevette un esercito di mercenari comandati dallo strategos Chabrias.

Nel 373 a.C. il Gran Re Artaserse II, dopo essere riuscito a costringere Atene a ritirare il suo appoggio, lanciò contro l'Egitto un esercito guidato dal satrapo Farnabazo e dal generale greco Ifìcrate. Solo una piena del Nilo di inaspettata entità salvò l'Egitto dalla conquista.

A ciò seguirono anni di relativa pace, essendo il sovrano persiano occupato dalle rivolte dei suoi satrapi che spesso ricevettero aiuto finanziario da Nectanebo.

Tracce dell'attività edilizia di questo sovrano sono rilevabili in molte località dell'Egitto tra cui l'oasi di el-Kharga e l'isola di File.
 
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view post Posted on 31/3/2015, 12:36     +1   -1
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Teos



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Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 362 a.C.
Predecessore Nectanebo I
Successore Nectanebo II
Dinastia XXX dinastia egizia

Teos è stato un faraone della XXX dinastia egizia.

Biografia

Figlio di Nectanebo I, venne associato dal padre al trono probabilmente nel 364 a.C.

Nel 361 a.C., da poco salito al trono, iniziò a realizzare un suo progetto atto a ridare importanza internazionale e potere all'Egitto. Grazie ad un notevole sforzo economico, che comprese la centralizzazione di quasi tutti gli introiti dei templi e l'emissione, per la prima volta nella storia egizia, di moneta metallica (imitando le monete greche), riuscì a riunire un poderoso esercito, composto per la maggior parte di mercenari greci, con cui invase la Palestina giungendo fino ai confini della Siria. A tale impresa parteciparono sia lo strategos ateniese Cabria, che già in passato aveva servito il trono egiziano, che il re di Sparta Agesilao.

Teos, che aveva assunto personalmente il comando dell'esercito, venne però tradito dal fronte interno: nel partire per la guerra il sovrano aveva affidato al fratello Tjahapimu il governo dell'Egitto; questi, con l'appoggio e l'istigazione del clero di Sais, che mal aveva sopportato i provvedimenti economici per sostenere la guerra, usurpò il trono in nome del figlio, Nectanebo II. Buona parte dell'esercito, compreso Agesilao ed i mercenari spartani, passarono dalla parte dell'usurpatore e Teos dovette prima rifugiarsi a Sidone e poi cercare rifugio presso Artaserse II.
 
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view post Posted on 31/3/2015, 13:07     +1   -1
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Nectanebo II





Re dell'Alto e Basso Egitto
In carica Periodo tardo
Incoronazione 360 a.C.
Predecessore Teos
Successore Artaserse III
Morte 343 a.C.
Dinastia XXX dinastia egizia

Nectanebo II è stato un faraone della XXX dinastia egizia.

Biografia

Nectabebo II giunse al trono usurpando i diritti dello zio, Teos. Ad ordire il complotto fu il padre di Nectanebo, Tjahapimu, che il fratello aveva lasciato come reggente in Egitto essendosi il sovrano posto alla guida dell'esercito inviato a conquistare la Palestina. Alla congiura non furono estranei i collegi sacerdotali di varie località che male avevano sopportato di vedersi privati dei tributi e dei redditi in favore dello sforzo bellico. Nectanebo, che al momento della rivolta si trovava con l'esercito in Palestina, ebbe subito l'appoggio del re di Sparta Agesilao II che comandava i mercenari greci che costituivano il nerbo dell'esercito egizio.

Secondo una teoria, la costruzione del tempio di Deir el-Shelwit ebbe inizio durante il regno di Nectanebo II e completata in epoca greco-romana[1] ma il suo regno fu in realtà una lenta agonia dell'Egitto e tutti gli sforzi profusi servirono solamente a ritardare di qualche anno la resa dei conti con l'Impero achemenide.

Dopo due tentativi messi in atto tra il 351 a.C. ed il 344 a.C. e falliti per fatalità o scarsa preparazione, il re persiano Artaserse III, dopo aver riportato l'ordine nel suo impero, poté riunire un esercito forte di 300000 soldati che guidò personalmente contro l'Egitto. Per contrastare il sovrano persiano Nectanebo poteva contare su circa 60000 egizi e 40000 mercenari libici e greci. Dopo 18 mesi di disperata resistenza, e dopo aver perso il Basso e Medio Egitto Nectanebo dovette riconoscere l'impossibilità di continuare la guerra e fuggì a Meroë presso il Regno di Kush.

In Nubia si perdono le tracce dell'ultimo sovrano di origine egizia che abbia regnato sulle Due Terre.
 
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Artaserse III di Persia





Gran Re di Persia
Incoronazione 358 a.C.
Predecessore Artaserse II
Successore Artaserse IV
Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 342 a.C.
Predecessore Nectanebo II
Successore Artaserse IV; Khababash
Morte 338 a.C.
Dinastia Dinastia achemenide;
XXXI dinastia egizia

Artaserse III Oco, in antico persiano Artaxšaçrā, è stato un Gran Re (Shah) di Persia, undicesimo sovrano dell'impero achemenide e primo sovrano della XXXI dinastia egizia.

Egli succedette, nel 358 a.C., al padre Artaserse II, che morì all'età di novantaquattro anni, ed ebbe come successore suo figlio Arsete (noto come Artaserse IV). Il suo regno fu contemporaneo a quello di Filippo II di Macedonia ed a quello di Nectanebo II in Egitto.

Prima di salire al trono svolse i ruoli di satrapo e comandante nell'esercito del padre. Artaserse pervenne al trono dopo che uno dei suoi fratelli fu condannato a morte, un altro morì suicida ed un terzo fu fatto uccidere dal padre stesso. Non appena giunto al potere eliminò la maggior parte degli altri famigliari allo scopo di rendere maggiormente sicura la propria posizione.

Dal punto di vista militare il regno di Artaserse fu caratterizzato dalla repressione di numerose rivolte scoppiate nell'impero e da due campagne aventi come scopo la conquista dell'Egitto, conquista che si realizzò solo nel 343 a.C. con la seconda di queste, dopo il fallimento del primo tentativo a causa di una rivolta in Fenicia.

Durante gli ultimi anni di vita dovette confrontarsi con il crescente potere di Filippo II di Macedonia impegnato nel tentativo di convincere le città greche a ribellarsi contro l'impero achemenide.

Alla fase finale del suo regno è anche ascrivibile il rinnovato interesse per la città di Persepoli ove fece si costruire un nuovo palazzo e deve fece erigere la sua tomba.

Secondo quanto riportato dallo storico greco Diodoro Siculo Artaserse III sarebbe stato avvelenato dal suo ministro Bagoas benché una tavoletta in caratteri cuneiformi, ora conservata al British Museum suggerisca la possibilità che sia morto per cause naturali. Le fonti sono generalmente concordi nel definire Artaserse III come il più sanguinario tra i sovrani persiani, capace di sterminare l'intera sua famiglia in un giorno solo, nonché succube, quantomeno verso la fine del suo regno, dell'influenza dei suoi consiglieri, in particolare dello spietato Bagoa.

Re di Persia

Il nome

Oco fu il suo nome prima di salire al trono e Artaxšaçrā buon governate, o perfetto, o Arta onorato + Xerses re, fu il titolo adottato quando succedette al padre nel 358 a.C.

In Iran è noto come Ardeshir III (اردشیر سوم Artaserse in persiano moderno) mentre nelle iscrizioni babilonesi è indicato come Umasu, chiamato Artakshatsu. La stessa forma (probabilmente pronunciata Uvasu) ricorre nella versione siriana del Canone dei Re.

I primi anni di vita e l'ascesa al trono

Prima di salire al trono Oco svolse incarichi come satrapo e comandante nell'esercito, in particolare combatté in Siria nel tentativo, fallito, di contrastare l'avanzata dei ribelli durante la "rivolta dei satrapi". Nel 359 a.C. fu al comando di una spedizione di rappresaglia contro l'Egitto a causa di un fallito attacco egizio nella regione costiera della Fenicia. Nel 358 a.C. quando Artaserse II morì all'età di novantaquattro anni, apparentemente per un attacco di cuore, essendo già morti, per varie cause, i fratelli maggiori Dario e Ariaspe,e Tiribazo, Oco gli succedette sul trono. Uno dei suoi primi ordini fu quello di eliminare più di 80 famigliari in modo da rendere maggiormente sicura la propria posizione come imperatore.

Nel 355 a.C. Artaserse costrinse Atene a concludere un trattato di pace in cui la città greca accettava di abbandonare l'Asia Minore e riconosceva l'indipendenza degli alleati che le si erano ribellati.

Artaserse ordinò quindi lo scioglimento di tutti gli eserciti personale dei satrapi dell'Asia Minore in modo da ridurre la possibilità di ribellioni. L'ordine fu ignorato da Artabazo di Frigia Ellespontica che chiese aiuto ad Atene e all'Egitto. Anche Oronte di Misia si unì alla ribellione e nel 354 a.C. le forze unite dei due satrapi sconfissero l'esercito persiano. L'anno seguente fu Artaserse a sconfiggere i ribelli ed a disperderne le forze. Oronte fu perdonato mentre Artabazo fuggì presso la corte di Filippo II di Macedonia.

La prima campagna contro l'Egitto

Intorno al 351 a.C. Artaserse intraprese il tentativo di riconquistare l'Egitto che aveva riottenuto la propria indipendenza durante il regno di Artaserse II. Raccolto un notevole esercito il re marciò verso la valle del Nilo impegnando il sovrano egizio, Nectanebo II. Dopo circa un anno di combattimenti gli egizi, grazie al contributo dei generali greci Diofanto e Lamio inflissero una pesante sconfitta alle forze persiane che furono costrette alla ritirata. Artaserse dovette quindi sospendere il suo progetto di riconquista anche in seguito all'innescarsi di una ribellione in Asia Minore.

La ribellione di Cipro e Sidone

Approfittando della sconfitta subita da Artaserse in Egitto i governanti della Fenicia, dell'Asia Minore e di Cipro dichiararono la loro indipendenza. Nel 353 a.C. Artaserse ordinò a Idreo, principe della Caria, di attaccare i ribelli ciprioti fornendogli 8.000 mercenari greci e quaranta triremi al comando di Focione l'Ateniese ed Evagora, figlio di Evagora il vecchio, re di Cipro. In seguito al successo di Idreo il re persiano ordinò ai satrapi di Siria e di Cilicia, Belesys e Mezseus, di conquistare Sidone e di prendere il controllo della Fenicia. Questa seconda parte del piano di Artaserse non ebbe successo, Tennes, re di Sidone, grazie anche all'aiuto di 4.000 mercenari greci al comando di Mentore di Rodi inviati da Nectanebo II, sconfisse entrambi i satrapi costringendo le forze persiane a lasciare la regione.

Dopo questi fatti Artaserse decise di affrontare direttamente i ribelli e si mise alla testa di un imponente esercito e intorno al 345 a.C. ebbe infine ragione della ribellione.
Secondo la tradizione infine Tennes tradì la sua città provocando la reazione della popolazione che dette alle fiamme la città stessa sacrificando se stessa in un suicidio di massa. Tale tradizione non ha però effettivi riscontri storici in quanto Sidone continuò ad esistere ed a rimanere un importante centro urbano.
Mentore di Rodi al termine della ribellione passò al servizio di Artaserse diventandone uno dei più validi generali.

La riconquista dell'Egitto

La sconfitta di Sidone fu immediatamente seguita dall'invasione dell'Egitto. nel 343 a.C. Artaserse schierò oltre al suo esercito (valutato in ben 300.000 soldati) ben 14.000 mercenari greci forniti dalle città dell'Asia Minore (6.000) soldati), da Argo (3.000 soldati), da Tebe ( 1.000 soldati) oltre ai 4.000 mercenari al comando di Mentore. L'esercito persiano venne suddiviso in tre corpi con alla testa di ciascuno un persiano ed un greco. I comandanti greci furono Lacrate di Tebe, Mentore di Rodi e Nicostrato di Argo e quelli persiani furono Rossace, Aristazane e Bagoas.
Alla forza d'invasione Nectanebo II poté opporre circa 100.000 uomini di cui circa 20.000 costituiti da mercenari greci. In una prima fase l'esercito egizio si schierò nel delta del Nilo a bloccare il passaggio del fiume sfruttando anche l'appoggio della marina ma, anche a causa di dissapori scoppiati tra egizi e greci, Nectanebo fece ritirare parte dell'esercito su Menfi prima ancora che il passaggio del fiume fosse veramente forzato causando così la completa disfatta delle forze egizie.

Persa anche Menfi il sovrano egizio fuggì verso sud scomparendo dalla storia per ricomparire nelle leggende come padre di Alessandro III di Macedonia visto come il vendicatore nei confronti dei persiani.

Artaserse ritornò a Persepoli prima della completa sottomissione dell'Egitto che affidò al satrapo Ferendares.

Gli ultimi anni

Dopo la conquista dell'Egitto non vi furono rivolte o ribellioni di una qualche rilevanza contro Artaserse. Mentore e Bagoas, i due generali che si erano messi in luce durante la campagna nella valle del Nilo furono elevati a rilevanti posti di potere. Mentore ebbe il rango di governatore della regione costiera asiatica, con l'incarico di reprimere alcune ribellioni minori in quella regione; Bagoas fu inizialmente incaricato di gestire le satrapie orientali dell'impero, dopo di che divenne il principale ministro di Artaserse a Persepoli. Nel 341 a.C. il re soggiornò a Babilonia ove dette fece eseguire lavori di ampliamento del palazzo di Nabucodonosor II.

Nel 340 a.C. Artaserse inviò rinforzi al principe tracio Cersoblepte per aiutarlo a mantenere la sua indipendenza nei confronti di Filippo II di Macedonia che stava assediando la città di Perinto ma non aiutò Atene e Tebe nei confronti del sovrano macedone.

Nel 338 a.C., secondo quanto riporta la tradizione storica, Bagoas, con la collaborazione di un medico, avvelenò Artaserse Oco per mettere al suo posto uno dei suoi figli, Arsete.

Re dell'Egitto

Artaserse III, pur cingendo la doppia corona, non completò personalmente la conquista dell'Egitto, azione che lasciò ad uno dei suoi satrapi. La tradizione attribuisce anche a lui, come già a Cambise II, atti di efferata crudeltà e di empietà verso le divinità egizie, come aver banchettato con le carni dell'ariete di Mende.

Secondo Diodoro Siculo i templi egizi furono derubati dei loro libri sacri che vennero poi restituiti da Bagoas dietro il pagamento di notevoli riscatti.

Durante il soggiorno di Artaserse in Egitto vennero coniate un grande numero di monete d'argento ad imitazione di quelle ateniesi. Questa monetazione è riconoscibile dalla presenza del nome del re, sul retro, in caratteri egizi. Il testo recita: Faraone Artaserse. Vita, prosperità, salute.

Artaserse IV di Persia




Gran Re di Persia
Incoronazione 338 a.C.
Predecessore Artaserse III
Successore Dario III
Altri titoli Re dell'Alto e Basso Egitto
Morte 335 a.C.
Dinastia Dinastia achemenide; XXXI dinastia egizia
Padre Artaserse III

Artaserse IV Arses è stato un Gran Re (Shah) di Persia della dinastia achemenide, nonché un faraone della XXXI dinastia egizia.

Re di Persia

Figlio minore di Artaserse III, giunse al trono in seguito alle trame di Bagoas, potente ministro di Artaserse III, che, caduto in disgrazia presso il sovrano, lo eliminò assieme a tutti gli altri possibili pretendenti al trono, tranne appunto Artaserse IV, ritenuto più facilmente manovrabile.

In effetti, durante i poco più di due anni del suo regno, Artaserse IV non fu altro che un burattino nelle mani di Bagoas che infine lo avvelenò, avendo scoperto un analogo progetto del sovrano nei suoi confronti, per sostituirlo con il cugino Dario.

Re d'Egitto

Eusebio di Cesarea chiama questo sovrano semplicemente Arses figlio di Oco (cioè Artaserse III). Non esistono prove che, pur portandone il titolo di re, Artaserse IV abbia mai visitato l'Egitto e non è stata rinvenuta alcuna iscrizione che ne riporti il nome in grafia egizia.[1]

Il vuoto di potere creatosi a causa della guerra civile interna alla dinastia reale persiana dette spazio ad un ultimo tentativo di recupero dell'indipendenza in Egitto. Tra il 338 a.C. ed il 335 a.C. alcune fonti archeologiche citano un principe egizio, Khababash, che avrebbe assunto i titoli regali.

Dario III di Persia





Re dei Re, Faraone d'Egitto, Imperatore di Persia
In carica 336 a.C.-330 a.C.
Predecessore Artaserse IV
Successore Alessandro Magno
Nome completo Dario III Codomano
Nascita 380 a.C.
Morte Battriana, 330 a.C.
Casa reale Dinastia Achemenide
Madre Sisigambi

Dario III Codomano fu l'ultimo esponente degli Achemenidi sul trono di Persia, testimone delle strepitose conquiste di Alessandro Magno, il quale in pochi anni conquistò il più grande impero che il mondo avesse fino a quel momento conosciuto.

Re di Persia e di Media

L'ascesa al trono e i primi anni di regno

Nel 338 a.C. il re di Persia Artaserse III cadde vittima di una congiura, ordita dal suo consigliere Bagoas. Gli succedette il minore dei suoi figli: Arses. Tuttavia, anche questi fu eliminato, nel giro di due anni, dal potente Bagoa. Solo a questo punto, nell'estate del 336, salì sul trono Dario III Codomano, appartenente ad un ramo secondario della dinastia achemenide. Pare che l'epiteto Codomanos fosse l'adattamento greco del suo nome originale persiano, mentre il nome di Dario gli fu imposto al momento dell'elezione, probabilmente con lo scopo di fornire una maggiore legittimazione al potere del monarca (Dario, infatti, era stato il nome di uno dei più importanti imperatori della storia persiana, Dario I il Grande, sotto il cui dominio l'impero persiano aveva raggiunto la sua massima estensione).

Il primo atto del nuovo sovrano fu l'eliminazione di Bagoas. Subito dopo, Dario III dovette rivolgere la sua attenzione alla difficile situazione interna del suo immenso impero. L'Impero Persiano, infatti, a causa della sua enorme estensione territoriale e delle eterogeneità dei popoli ad esso sottomessi, dovette far fronte frequentemente, nel corso della sua storia, a fenomeni di ribellione e tentativi di secessione, specie nelle sue satrapie più periferiche.

La guerra con Alessandro Magno

Nel maggio del 334, infatti, aveva inizio la grande spedizione militare di Alessandro Magno, risoluto a sconfiggere l'Impero Persiano definitivamente. Dopo che questi ebbe sconfitto il grande generale persiano Memnone nella Battaglia del Granico, nello stesso anno, il Gran Re decise di prendere in mano personalmente la conduzione della guerra. Fu così che si giunse, nel novembre del 333, allo scontro frontale tra i due sovrani, nella celebre Battaglia di Isso, (nei pressi di Alessandretta, in Turchia), che vide la netta vittoria dell'esercito greco su quello persiano. A maggior onta del Gran Re, la sua famiglia e il tesoro imperiale caddero nelle mani del nemico, mentre Dario stesso era costretto alla fuga.

Ormai la situazione era ampiamente compromessa: Alessandro era padrone di tutte le terre occidentali dell'impero persiano e, necessariamente, Dario dovette cercare di addivenire ad un accordo con lui. Gli offrì di spartire l'impero in due e si impegnò a pagare un ampio riscatto per i propri familiari. Ma il Macedone rifiutò ogni trattativa: non si sarebbe fermato che fino all'annientamento del nemico. Dario, dunque, dal cuore dei suoi domini, organizzò nuovamente la difesa e scese ancora una volta in battaglia contro Alessandro. Il primo ottobre del 331 a.C. si svolse la decisiva Battaglia di Gaugamela (vicino Irbil, in Iraq). Le sorti del combattimento furono a lungo incerte, ma, alla fine, furono nuovamente i Macedoni a prevalere.

Ancora una volta, si vide il carro del Gran Re lanciato in fuga, verso Est. Alessandro si impossessò di tutte le capitali dell'impero: Babilonia, Susa e Persepoli. Solo Ecbàtana, l'antica capitale dei Medi, restava nelle mani di Dario. Di qui egli si mosse ancora verso oriente col suo esercito, per cercare di organizzare ancora una volta la resistenza. Non ne ebbe la possibilità: nel 330 veniva ucciso dall'infido satrapo della Battriana, Besso, desideroso di impadronirsi dei resti dell'impero e di ingraziarsi l'amicizia del nuovo sovrano. Tuttavia, sbagliò i suoi calcoli: Alessandro per tre anni gli diede la caccia per vendicare Dario, di cui ormai si sentiva erede e che avrebbe voluto catturare vivo. Si dovette accontentare del cadavere del Gran Re, morto nel giugno del 330 a.C. Nello stesso tempo, si estingueva con lui la secolare dinastia degli Achemenidi, i sovrani che per due secoli avevano dominato un impero senza pari nel mondo.

La Persia scompariva dal novero delle grandi potenze del mondo antico, ma lasciava un'eredità culturale incancellabile. La cultura persiana si fuse con quella greca, dando origine insieme a quel periodo storico (e culturale) che va sotto il nome di Ellenismo, che avrebbe avuto un'importanza fondamentale nella storia d'Europa.

Il ricordo della magnificenza dell'impero achemenide non scomparve mai e allorché, a partire dal III secolo d.C., una nuova dinastia, i Sasanidi tornò sul trono di Persia, non smise mai di rivendicare l'eredità dei sovrani achemenidi contro quelli che ormai erano diventati gli eredi di Alessandro Magno e dei Regni Ellenistici: i Romani.

Alessandro Magno





Alessandro Magno (Il Grande)
Re di Macedonia
Egemone della Lega Ellenica
Faraone d'Egitto
Re dei Re
In carica 336 a.C. - 323 a.C.
Predecessore Filippo II di Macedonia
Successore de iure Alessandro IV di Macedonia e Filippo III Arrideo di Macedonia
de facto Perdicca e i Diadochi
Nascita Pella, lōios (ecatombeone) 20 o 21 luglio 356 a.C.
Morte Babilonia, daisios (targelione) 10 o 11 giugno 323 a.C.
Sepoltura Alessandria d'Egitto
Padre Filippo II di Macedonia
Madre Olimpiade d'Epiro
Coniugi Rossane Statira II Parisatide II
Figli Eracle di Macedonia (da Barsine, non riconosciuto)
Alessandro IV di Macedonia (da Rossane)


Alessandro Magno, conosciuto anche come Alessandro III, fu re di Macedonia a partire dal 336 a.C., succedendo al padre Filippo II.

È conosciuto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone. Il termine "magno" deriva dal latino magnus che significa per l'appunto "grande", che in greco antico si traduce con il termine mégas. È considerato uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia.

In soli dodici anni conquistò l'intero Impero persiano, dall'Asia Minore all'Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale, fino ai confini della Cina. Tale straordinario successo fu dovuto sia ad una congiuntura storica eccezionalmente favorevole (le crisi dell'Impero persiano e della Grecia, l'opera espansionistica già iniziata dal padre) sia ad una notevole intelligenza militare e diplomatica. Dotato di coraggio e valore, aveva un grande ascendente sui soldati che spronava partecipando direttamente ai combattimenti. Inoltre aveva capito l'importanza della propaganda per guadagnare prestigio, di qui i gesti di forte valenza simbolica e le leggende sulla discendenza divina. Infine si sforzava in ogni modo di unificare le diverse etnie e culture delle terre conquistate, prima Grecia con Macedonia, poi Ellenica e Persiana, consapevole del fatto che avrebbe guadagnato consenso ed evitato ribellioni se presentava il suo potere diversamente da quello di un conquistatore straniero.

Le sue vittorie sul campo di battaglia, accompagnate da una diffusione universale della cultura greca e dalla sua integrazione con elementi culturali dei popoli conquistati, diedero l'avvio al periodo ellenistico della storia greca. Morì a Babilonia nel mese di daisios (targelione) del 323 a.C., forse avvelenato, oppure per una recidiva della malaria che aveva contratto in precedenza o, secondo congetture più recenti, per una cirrosi epatica provocata dall'abuso di vino. Molto probabilmente la vera causa di morte, come si può dedurre dalla accurata sintomatologia descritta, fu una pancreatite acuta, conseguente alle eccessive libagioni compiute in quella giornata.

Dopo la sua morte l'impero Macedone fu suddiviso tra i generali che lo avevano accompagnato nelle sue spedizioni e si costituirono i regni ellenistici, tra cui quello tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria, Asia Minore e negli altri territori orientali.

L'eccezionalità del personaggio e delle sue imprese, già durante la vita ma ancor più dopo la sua morte, ispirarono un gran numero di leggende, che egli stesso favoriva per aumentare il proprio prestigio, e una tradizione letteraria in cui appare come un eroe mitologico, assimilato ad Achille, da cui vantava discendenza per parte di madre. I racconti storici hanno presto assunto colorazioni mitiche e diventa pertanto arduo discernere i fatti realmente accertati. Le storie a lui riferite non si ritrovano solo nelle letterature occidentali: nella Bibbia (Primo libro dei Maccabei), ad esempio, si fa esplicito riferimento ad Alessandro, mentre nel Corano il misterioso Dhu al-Qarnayn (il Bicorne o letteralmente "quello dalle due corna") viene talvolta identificato con lui.
 
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Filippo III Arrideo





Re di Macedonia
Gran Re di Persia
Re dell'Alto e Basso Egitto
Incoronazione 323 a.C.
Predecessore Alessandro Magno
Successore Alessandro IV
Morte 317 a.C.
Dinastia argeade;
Dinastia macedone dell'Egitto
Padre Filippo II

Filippo III Arrideo è stato un re di Macedonia, Gran Re di Persia ed Elam, e faraone d'Egitto.

Biografia

Figlio illegittimo di Filippo II, alla morte del fratellastro Alessandro Magno Filippo III fu acclamato da una parte dell'esercito come suo successore.

Affetto da epilessia e forse anche da turbe mentali, fu una semplice marionetta nelle mani dei generali macedoni e della moglie Euridice durante le guerre dei Diadochi. Nel 317 a.C. Olimpiade d'Epiro lo fece assassinare, forse per proteggere i diritti di suo nipote Alessandro IV, figlio di Alessandro Magno e di Rossane.

Alessandro IV di Macedonia



Alessandro tra i genitori





Sovrano macedone
In carica 323–311 a.C.
Predecessore Alessandro Magno
Successore Cassandro I

Altri titoli
Egemone della lega di Corinto
Scià di Persia
Faraone d'Egitto
Principe d'Asia

Nascita
Macedonia, agosto 323 a.C.
Morte Macedonia, 311 a.C.
Luogo di sepoltura Anfipoli, Grecia
Dinastia Argeadi
Padre Alessandro Magno
Madre Rossane

Alessandro IV di Macedonia fu l'unico figlio di Alessandro Magno e di Rossane, principessa battriana e prima moglie del celebre condottiero.

Biografia

Nascita

Quando Alessandro Magno morì Rossane era incinta e, dal momento che non si conosceva il sesso del bambino, nell'esercito crebbe un grande dissenso relativamente alla successione. La fanteria sosteneva lo zio del bambino, Filippo III, malato di mente, mentre Perdicca, comandante della cavalleria, preferiva aspettare nella speranza che il bambino fosse un maschio. Si giunse ad un compromesso, per cui Perdicca avrebbe governato l'impero come reggente, mentre Filippo avrebbe regnato formalmente, ma senza alcun potere di fatto. Se il bambino fosse stato maschio, allora sarebbe diventato a tutti gli effetti re.

Reggenza

Dopo un periodo difficile, un fallimento militare in Egitto e l'ammutinamento dell'esercito, Perdicca fu assassinato dai suoi ufficiali nel maggio o giugno del 321 o 320 a.C. (questa incertezza è dovuta a una distrazione di Diodoro Siculo) e venne eletto come reggente Antipatro. Portò con sé Rossane e i due re di Macedonia e rinunciò al governo dell'impero di Alessandro, lasciando le province di Egitto e Asia in mano ai diadochi. Quando Antipatro morì nel 319 a.C. affidò il suo compito a Poliperconte, un generale macedone che aveva combattuto sotto Filippo II e Alessandro Magno.

Guerra civile

Cassandro, il figlio di Antipatro, quando venne privato del potere dal padre si alleò con Tolomeo I, Antigono ed Euridice, l'ambiziosa moglie del re Filippo III, e dichiarò guerra a Poliperconte, che a sua volta si alleò con Eumene e Olimpiade.

Anche se il reggente ebbe successo in un primo momento, prendendo il controllo delle città greche, la sua flotta fu distrutta da Antigono nel 318 a.C. Quando, dopo la battaglia, Cassandro assunse il pieno controllo della Macedonia, Poliperconte fu costretto a fuggire in Epiro, seguito da Rossane e il giovane Alessandro. Pochi mesi dopo Olimpiade riuscì a convincere il suo parente Eacide ad invadere la Macedonia con Poliperconte. Quando Olimpiade scese in campo, l'esercito di Euridice si rifiutò di combattere contro la madre di Alessandro e disertò passando dalla parte di Olimpiade; dopodiché Poliperconte ed Eacide riconquistarono la Macedonia. Filippo ed Euridice furono catturati e giustiziati il 25 dicembre del 317 a.C., lasciando Alessandro IV re e Olimpiade sua reggente.

Morte

I sostenitori della dinastia Argeade, allora, cominciarono ad affermare che Alessandro IV avrebbe dovuto esercitare subito il pieno potere e che un reggente non era più necessario. Cassandro, per risposta, fece assassinare segretamente da Glaucia il dodicenne e sua madre, che morirono avvelenati.[

Si ritiene che la sua tomba sia uno dei sepolcri reali scoperti dall'archeologo Manolis Andronikos nel cosiddetto "Grande Tumulo" di Verghina nell'agosto del 1977.

Nel mese di ottobre 2012 gli archeologi della 28ª Soprintendenza alle Antichità hanno scoperto una tomba nella città di Amfipoli, vicino a Serres, nel nord della Grecia, che secondo loro potrebbe appartenere alla moglie e al figlio di Alessandro Magno, Rossane e Alessandro IV. La zona, circolare, misura 3 metri di altezza ed ha una circonferenza di circa 500 metri. Tuttavia è troppo presto per affermare con certezza l'entità della scoperta.

Tolomeo I




Re d'Egitto
In carica 304 a.C. – 283 a.C.
Predecessore Alessandro IV
Successore Tolomeo II
Nascita 367 a.C. ca.
Morte 283 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Lago
Madre Arsinoe di Macedonia
Consorte Euridice
Coniugi Berenice I Taide Artacama
Figli Da Euridice: Tolomeo Cerauno, Meleagro, Lisandra e Tolemaide.
Da Berenice: Arsinoe II, Tolomeo II, Filotera e Theoxene.

Tolomeo I Sotere, diadoco di Alessandro Magno, è stato il fondatore della dinastia tolemaica e il primo re dell'Egitto ellenistico.

Biografia

Origini

Tolomeo Sotere era figlio di Arsinoe di Macedonia e di Lago, ufficiale del re Filippo II di Macedonia. Secondo la storiografia propagandistica filo-tolemaica, Arsinoe era una concubina del re, che la diede in sposa a Lago quando la donna era già incinta. In tal caso, Tolomeo sarebbe figlio illegittimo di Filippo II e fratellastro di Alessandro Magno.

La scalata al potere

Alla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), Tolomeo ottenne dal reggente Perdicca la satrapia d'Egitto.

Il primo periodo del regno di Tolomeo I fu dominato dalle guerre tra i vari stati sorti dalla divisione dell'impero macedone. L'obiettivo primario di Tolomeo fu di tenere salda la posizione dell'Egitto, e secondariamente di incrementare i domini egiziani. Dopo aver eliminato Cleomene di Naucrati, sovrintendente alle finanze, in pochi anni assunse il controllo di Libia, Celesiria e Cipro. Quando Antigono I, re della Siria, tentò di riunire l’impero di Alessandro, Tolomeo prese parte alla coalizione contro di lui. Nel 312 a.C. alleato con Seleuco I, il sovrano di Babilonia, sconfisse Demetrio I Poliorcete, figlio di Antigono I Monoftalmo, nella battaglia di Gaza. Antigono era un altro generale di Alessandro Magno e dopo la sua morte era divenuto satrapo di Frigia, Licia e Panfilia.

Nel 311 a.C. fu conclusa una pace tra i contendenti, ma nel 309 a.C. la guerra scoppiò di nuovo. Tolomeo occupò Corinto, Sicione e Megara, anche se perse Cipro dopo una battaglia navale nel 306 a.C. Antigono tentò poi di invadere l’Egitto, ma non vi riuscì. Nel 305 a.C., consolidato il suo potere, assume il titolo di re d'Egitto. Nel 302 a.C. vi fu un’altra coalizione contro Antigono, alla quale partecipò Tolomeo. Quando Antigono fu sconfitto ed ucciso nella battaglia di Ipso nel 301 a.C., Tolomeo ottenne la Celesiria.

Dopo varie ribellioni, Cirene fu definitivamente soggiogata verso il 300 a.C. e posta sotto il controllo del figliastro Magas. In seguito Tolomeo non prese parte ad altre guerre, anche se riconquistò Cipro nel 295 a.C.

Il regno

Nel 290 a.C. circa, Tolomeo avviò i lavori di costruzione della biblioteca e del museo di Alessandria. Il regno di Tolomeo fu caratterizzato anche dall’introduzione del culto di Serapide. Fece costruire Tolemaide nell'Egitto superiore e pose le basi per un nuovo assetto amministrativo e burocratico del regno, favorendo l'insediamento nello stato di coloni greci e macedoni. Tolomeo scrisse anche una storia delle imprese di Alessandro Magno, che servì da fonte ad Arriano.

Avendo dato sicurezza alla regione, Tolomeo nel 285 a.C. associò al regno e designò come successore il figlio avuto dalla terza moglie Berenice, Tolomeo Filadelfo, escludendo il primogenito Tolomeo Cerauno, avuto dalla seconda moglie Euridice.

Tolomeo I Sotere morì nel 283 a.C., all’età di 84 anni, lasciando al figlio un regno stabile e ben governato.

Tolomeo II





Re d'Egitto
In carica 285 a.C. – 246 a.C.
Predecessore Tolomeo I
Successore Tolomeo III
Nascita 308 a.C.
Morte 246 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo I
Madre Berenice I
Coniugi Arsinoe I Arsinoe II
Figli Tolomeo III, Lisimaco e Berenice

Tolomeo II Filadelfo è stato un sovrano egizio, secondo re della dinastia tolemaica ellenistica dal 285 a.C..

Biografia

Figlio di Tolomeo I e di Berenice I, succedette al padre come re d'Egitto nel 283 a.C. Fu impegnato nella prima Guerra siriaca contro i Seleucidi in Celesiria (c. 276-271 a.C.) e nella cosiddetta Guerra cremonidea contro Antigono II Gonata in Grecia. La seconda Guerra siriaca ebbe esito incerto e si concluse nel 253 a.C. con il matrimonio tra Antioco II e Berenice, figlia di Tolomeo. Le campagne consentirono all'Egitto di espandersi su tutto il Mar Mediterraneo orientale, avendo ottenuto il controllo delle regioni costiere di Cilicia, Panfilia, Licia e Caria. Sposò in prime nozze Arsinoe I, figlia di Lisimaco, e nel 276-275 a.C. circa si unì alla sorella Arsinoe II, aggiungendo al suo impero i possedimenti della moglie nel Mare Egeo ed inaugurando la tradizione delle nozze tra fratello e sorella, tipica della Dinastia tolemaica. A lui ed ai suoi consiglieri si deve l'assetto generale del sistema burocratico del regno, basato sulla divisione del territorio in nomoi, al comando di generali, controllati dal Diochetes, il primo ministro. A lui si deve anche la ristrutturazione e riapertura del canale, costruito da Dario I, che collegava il Mar Rosso con il Nilo passando per i Laghi amari e la messa in funzione di un servizio postale cammellato nel sud del Paese. Tolomeo istituì anche il culto del sovrano, divinizzando alcuni membri della dinastia. Inoltre arricchì ed ampliò il museo e la Biblioteca di Alessandria, coinvolgendo famosi letterati dell'epoca, come Callimaco e Teocrito, e facendo di Alessandria d'Egitto il centro culturale dell'epoca ellenistica. Alla sua morte gli succede sul trono d'Egitto il figlio Tolomeo III Evergete.

Tolomeo III





Sovrano d'Egitto
In carica 246 a.C. – 222 a.C.
Predecessore Tolomeo II
Successore Tolomeo IV
Nascita 284 a.C.
Morte 222 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo II
Madre Arsinoe I
Consorte Berenice II
Figli Tolomeo IV, Arsinoe III, Magas, Lisimaco, Berenice e Alessandro

Tolomeo III Evergete[1] fu un sovrano egizio il cui regno costituisce il periodo di massimo prestigio dell'Egitto ellenistico.

Figlio di Arsinoe I e Tolomeo II, al quale succedette nel 246 a.C., sposò Berenice II, figlia di Magas di Cirenaica, che gli portò in dote la regione. Dal 246 al 241 a.C. condusse con successo una guerra contro Antioco II (la terza guerra siriaca), in quanto questi aveva ripudiato la moglie Berenice, sua sorella. La vittoria segnò l’apice del potere dell'Egitto tolemaico, che controllava gran parte delle coste dell'Asia Minore e della Grecia.

Durante il suo regno l'Egitto conobbe un momento di grande splendore, tanto che al re fu conferito il titolo di benefattore (in greco euergetes, appunto), ed il culto di stato del sovrano come incarnazione del dio raggiunse l'acme. L'Evergete iniziò anche la costruzione del tempio di Edfu, uno dei maggiori dell'Egitto.

La costellazione "Chioma di Berenice" prende il nome dalla regina Berenice che sacrificò la sua famosa chioma affinché lo sposo tornasse vivo dalla guerra contro Antioco III. Dopo di lui l'impero tolemaico andò incontro ad una lenta crisi.

Gli successe il figlio Tolomeo IV Filopatore.
 
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Tolomeo IV





Sovrano d'Egitto
In carica 222 a.C. – 205 a.C.
Predecessore Tolomeo III
Successore Tolomeo V
Nascita c. 244 a.C.
Morte 205 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo III
Madre Berenice II
Consorte Arsinoe III
Figli Tolomeo V

Tolomeo IV Filopatore è stato un sovrano egizio, figlio di Tolomeo III e di Berenice II.

Succedette al padre nel 222 a.C. e sotto il suo regno iniziò il lento declino dell'Egitto. Nel 217 a.C. sposò la sorella Arsinoe III e lasciò il governo dello stato nelle mani dei due ministri Agatocle e Sosibio.

Antioco III il Grande mosse una serie di attacchi in Celesiria, nel 221 e durante la quarta Guerra siriaca, che, iniziata nel 219, ebbe termine nel 217 a.C. con la vittoria egiziana nella Battaglia di Rafia. Ciononostante l'Egitto conobbe un periodo di rivolte interne, che portarono alla costituzione, verso il 208 a.C., del regno indipendente della Tebaide, governato dall'usurpatore Haruennefer.

Morì probabilmente nel 205 a.C., lasciando il regno al figlio Tolomeo V Epifane, di 5 anni.

Tolomeo V





Sovrano d'Egitto
In carica 205 a.C. – 180 a.C.
Predecessore Tolomeo IV
Successore Tolomeo VI
Nascita 210 a.C.
Morte 180 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo IV
Madre Arsinoe III
Consorte Cleopatra I
Figli Tolomeo VI, Cleopatra II

Tolomeo V Epifane è stato un sovrano egizio, figlio di Tolomeo IV ed Arsinoe III, e coreggente insieme al padre probabilmente a partire dal 210 a.C., anno della sua nascita.

Biografia

Essendo ancora piccolo, alla morte del padre, il governo fu retto dai suoi tutori Agatocle e Sosibio. All'interno scoppiarono rivolte che durarono due decenni, mentre sul fronte esterno Antioco III invase nuovamente la Celesiria fino alla sua definitiva conquista nella battaglia di Panion nel 200 circa (quinta guerra siriaca).

Contemporaneamente, durante la guerra di Creta, Filippo V di Macedonia si impossessò delle isole dell'Egeo e delle città della Tracia, provocando l'intervento di Roma e la seconda guerra macedonica. Nel 197 a.C. Tolomeo fu dichiarato maggiorenne e nel 193 a.C. sposò la principessa seleucide Cleopatra I.

Sul fronte interno continuarono le rivolte capeggiate da Haruennefer ed Ankhuennefer in Tebaide, riconquistata nel 186 a.C., e nel Delta. In politica estera Tolomeo strinse rapporti stretti con Roma, la quale assunse formalmente la protezione del regno con l'invio in missione ad Alessandria nel 201-200 a.C. di Marco Emilio Lepido, censore nel 179, incaricato dal Senato della tutela del re d'Egitto. Morì nel 180 a.C.; gli successe il figlio, Tolomeo VI Filometore.

Tolomeo VI





Sovrano d'Egitto
In carica 180 a.C. – 145 a.C.
Predecessore Tolomeo V, Tolomeo VIII
Successore Tolomeo VIII, Tolomeo VII
Nascita c. 186 a.C.
Morte 145 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo V
Madre Cleopatra I
Consorte Cleopatra II
Figli Tolomeo VII, Cleopatra Tea e Cleopatra III

Tolomeo VI Filometore, lett. "colui che ama la madre", è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Figlio di Tolomeo V e Cleopatra I, salì al trono nel 180 a.C., quando era ancora un bambino, ed al suo posto regnarono la madre Cleopatra I, morta nel 176 a.C., e due tutori.

Verso il 175 a.C. sposò la sorella Cleopatra II. Nel 170 a.C. Antioco IV Epifane invase l’Egitto, depose il Filometore e si fece incoronare re d’Egitto (169 a.C.). La cosa provocò una rivolta ad Alessandria, dove fu proclamato re il fratello di Tolomeo VI, con il nome di Tolomeo Evergete II, detto il Fiscone. Quando Antioco si ritirò, i due fratelli governarono insieme alla sorella Cleopatra II per alcuni anni sotto il controllo di Roma. Nel 164 il Filometore fu cacciato, ma tornò l’anno dopo, cedendo al fratello Cirene e la Libia. Nel 155 Tolomeo VI sconfisse definitivamente il fratello. Dopo una fortunata campagna iniziata nel 150 a.C., venne nominato re di Siria insieme con Demetrio II. Morì a seguito delle ferite riportate nella battaglia di Antiochia nel 145 a.C.

Tolomeo VII





Sovrano d'Egitto
In carica 145 a.C. – 145 a.C.
Predecessore Tolomeo VI
Successore Tolomeo VIII
Nascita c. 152 a.C.
Morte 144 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo VI
Madre Cleopatra II

Tolomeo VII Neo Filopatore è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Figlio di Tolomeo VI e Cleopatra II, salì al trono nel 145 a.C., in seguito alla morte del padre.

L’anno seguente fu fatto assassinare dallo zio Tolomeo VIII, che prese il suo posto.

Tolomeo VIII





Sovrano d'Egitto
In carica 170 a.C. – 116 a.C.
Predecessore Tolomeo VI, Tolomeo VII
Successore Tolomeo VI, Tolomeo IX
Nascita c. 182 a.C.
Morte 116 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo V
Madre Cleopatra I
Consorte Cleopatra II, Cleopatra III

Tolomeo VIII Evergete II, detto il "Fiscone" (Grassone), è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Biografia

Figlio minore di Tolomeo V e Cleopatra I, fratello di Tolomeo VI, fu suo collega dal 170 a.C. al 164 a.C., re di Alessandria d'Egitto nel 169 a.C., unico sovrano negli anni 164-163 a.C. e re della Cirenaica dal 163 al 145 a.C.

Tornato in Egitto divenne sovrano nel 144 a.C., succedendo al nipote Tolomeo VII. Sposata la sorella Cleopatra II, dopo due anni la ripudiò per sposare la figlia di lei Cleopatra III. Nonostante l’intervento mediatore di Roma, l’Egitto fu funestato da una lotta dinastica tra l’Evergete e la sorella. In quel periodo Tolomeo VIII si inimicò la popolazione giudaica e l'ambiente intellettuale di Alessandria e molti eruditi, tra cui Apollodoro di Atene, Aristarco di Samotracia e il suo allievo Dionisio Trace, dovettero lasciare la città. Intorno al 130 a.C. Cleopatra II, con l'appoggio degli Ebrei, costrinse il fratello a lasciare l'Egitto e a rifugiarsi a Cipro. Da qui l'Evergete tornò nel 127. Dal 124 a.C., proclamata un'amnistia per fermare l'ondata di rivolte ed insurrezioni, regnò con le due regine fino alla sua morte, avvenuta nel 116 a.C.

Tolomeo IX





Sovrano d'Egitto
In carica 116 a.C. – 81 a.C.
Predecessore Tolomeo VIII Tolomeo X
Successore Tolomeo X Tolomeo XI Berenice III
Nascita c. 142 a.C.
Morte 80 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo VIII
Madre Cleopatra III
Consorte Cleopatra IV Cleopatra Selene

Tolomeo IX Sotere è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Figlio maggiore di Tolomeo VIII e Cleopatra III, fu governatore di Cipro e sposò la sorella Cleopatra IV prima della morte del padre.

Nel 116 a.C. fu eletto collega della madre, contro la volontà di lei, e, dopo aver divorziato da Cleopatra IV, sposò un’altra sorella, Cleopatra Selene. Nel 110 a.C. la madre lo depose e regnò con il figlio minore Tolomeo X. L'anno seguente riuscì a riconquistare il trono, che perse di nuovo nel 107 a.C., anno in cui fuggì prima a Cipro e da qui nella Siria seleucide. Nell'88 a.C., alla morte del fratello, tornò in Egitto e regnò fino all'81 a.C. con la figlia Cleopatra Berenice, che gli subentrò alla morte.
 
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Vampiro di dracula

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Tolomeo X





Sovrano d'Egitto
In carica 110 a.C. – 88 a.C.
Predecessore Tolomeo IX Tolomeo XI
Successore Tolomeo IX Tolomeo XI
Nascita c. 140 a.C.
Morte 88 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo VIII
Madre Cleopatra III
Consorte Berenice III Cleopatra Selene

Tolomeo X Alessandro I è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Figlio di Tolomeo VIII e Cleopatra III e fratello minore di Tolomeo IX, fu governatore di Cipro dal 116 a.C.

Nel 110 a.C. la madre lo volle accanto a sé al posto del fratello maggiore. L’anno seguente Tolomeo IX riuscì a riconquistare il trono, che perse di nuovo nel 107 a.C. Da allora Tolomeo X regnò prima con la madre, ed alla sua morte (verso il 101 a.C.), fu unico sovrano d'Egitto. Sposò Berenice III, figlia del fratello Tolomeo IX. In seguito ad una rivolta fu espulso e morì forse assassinato nell'88 a.C.

Tolomeo XI





Sovrano d'Egitto
In carica 80 a.C. – 80 a.C.
Predecessore Tolomeo X Berenice III
Successore Tolomeo XII
Nascita c. 105 a.C.
Morte 80 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo X
Madre Cleopatra Selene
Consorte Berenice III Cleopatra Selene

Tolomeo XI Alessandro II è stato un sovrano egizio.

Biografia

Figlio di Tolomeo X e della sua ignota prima moglie, nacque verso il 100 a.C. Nell’80 a.C. fu nominato da Lucio Cornelio Silla collega e marito della matrigna Cleopatra Berenice. Dopo 19 giorni dal matrimonio la fece uccidere; l’omicidio dell’amata sovrana provocò una insurrezione armata, in seguito alla quale Tolomeo fu linciato dalla folla in tumulto. Il suo testamento, probabilmente falso, lasciava l’Egitto a Roma.

Tolomeo XII





Signore dell'Alto e del Basso Egitto
In carica 80 - 58 a.C. 55 - 51 a.C.
Predecessore Tolomeo XI
Successore Cleopatra VII
Nascita 117 a.C.
Morte 51 a.C.
Dinastia Tolemaica
Padre Tolomeo IX
Consorte Cleopatra VI
Figli Berenice IV Cleopatra VII Tolomeo XIII

Tolomeo Neo Dioniso Teo Filopatore Teo Filadelfo, noto come Tolomeo XII e detto Aulete, "suonatore di flauto" è stato un sovrano egizio appartenente al periodo tolemaico.

Biografia

Nacque nel 117 a.C. da Tolomeo IX Sotere II ed una concubina. Fu re d’Egitto dall’80 a.C. al 58 a.C. e dal 55 a.C. fino alla sua morte, nel 51 a.C. Successe a Tolomeo XI Alessandro II. All’inizio ebbe come correggenti le sorelle Cleopatra VI Trifena e Cleopatra V Trifena, che sposò; dal 69 a.C. della prima non si seppe più nulla.

Durante il suo regno tentò di assicurare il proprio destino e quello della sua dinastia mediante una politica di alleanza con Roma, tanto che nel 59 a.C. il suo nome fu iscritto nella lista dei federati (amici et socii populi Romani). Nel 58, per non essere riuscito ad impedire la conquista romana di Cipro, fu cacciato da Alessandria.

In sua assenza regnarono la moglie-sorella Cleopatra V, che morì all’incirca un anno più tardi, e la sua prima figlia Berenice IV. Con l’aiuto di Pompeo, Tolomeo XII riuscì a riconquistare il trono d’Egitto nel 55, sconfiggendo l’esercito di Archelao, marito della figlia. Tornato ad Alessandria fece condannare a morte Berenice IV, nominando co-reggente la figlia Cleopatra VII. Nel testamento scritto poco prima di morire stabilì che gli sarebbero dovuti succedere i figli, Cleopatra VII e Tolomeo XIII.

Berenice IV





Berenice IV figlia di Tolomeo XII e Cleopatra V Trifena detronizzò suo padre nel 58 a.C. e divenne co-reggente insieme alla madre, con la quale regnò per un anno, fino alla morte di questa.

Rimasta unica regina d'Egitto, si sposò con Seleuco VII Kybiosacte, secondo figlio di Antioco X e Cleopatra Selene. Dopo l'assassinio di questi, sposò nel 56 a.C. in seconde nozze Archelao, gran sacerdote di Bellona in Cappadocia. Berenice morì nel 55 a.C., dopo essere stata deposta dal padre Tolomeo XII, che le succedette.

Cleopatra VII




Regina tolemaica d'Egitto
In carica 51 a.C.-30 a.C.
Predecessore Tolomeo XII (da solo)
Erede Tolomeo Cesare
Successore nessuno (dominazione romana)

Altri titoli

Regina dei Re
Regina delle Regine
Regina dell'Alto e del Basso Egitto
Regina di Cipro, Creta, Cirenaica, Siria e Armenia.

Nascita Alessandria d'Egitto, 69 a.C.
Morte Alessandria d'Egitto, 30 agosto 30 a.C.
Luogo di sepoltura Alessandria d'Egitto
Dinastia Dinastia tolemaica
Padre Tolomeo XII
Madre ignota
Coniugi Tolomeo XIII Tolomeo XIV Marco Antonio
Figli Tolomeo Cesare Alessandro Helios Cleopatra VIII Selene II Tolomeo Filadelfo


Cleopatra VII Thea Philopatore è stata una regina egizia del periodo tolemaico.

Fu l'ultima regina del Regno tolemaico d'Egitto, l'ultimo membro della Dinastia tolemaica e l'ultima sovrana dell'età ellenistica che, con la sua morte, avrà definitivamente fine. Il nome Cleopatra, deriva dal greco Kleopatra, che significa "gloria del padre" (kleos: gloria; patros: del padre).

Fu anche una dei nemici più temuti per la Repubblica romana; infatti oltre che disporre di una grossa flotta, di un esercito potente e di un regno ricco di risorse, aveva dalla sua parte anche un gran fascino, grazie al quale aveva sedotto due tra i più grandi condottieri romani: Giulio Cesare e Marco Antonio.

I Tolomei, secondo la loro dinastia, parlavano greco, rifiutandosi di imparare la lingua egizia, che era considerata una lingua "non ufficiale" del regno; in opposizione a ciò Cleopatra studiò ed imparò perfettamente anche l'egizio, ponendosi nei confronti del popolo come la reincarnazione della dea Iside.

Oggi è probabilmente la più famosa di tutti i sovrani dell'Antico Egitto ed è conosciuta con il nome di Cleopatra, anche se fu la settima e ultima regina a possedere quel nome. Cleopatra comunque non fu mai di fatto l'unica sovrana dell'Egitto, avendo regnato insieme al padre, al fratello, al fratello-marito e al figlio.

Biografia

Cleopatra, nata presumibilmente ad Alessandria d'Egitto, era figlia del faraone Tolomeo XII Aulete e probabilmente di una concubina che si dice sia morta 3 anni dopo la nascita di lei. La causa sarebbe da attribuire al marito, nonché padre di Cleopatra. Secondo la testimonianza di Strabone Tolomeo XII ebbe solamente una figlia legittima, Berenice IV, dalla sorella-moglie Cleopatra V Trifena. Basandosi su questa notizia e sul fatto che Cleopatra fosse l'unica della sua famiglia a parlare egiziano alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi di una ascendenza egizia della regina.

Tra il 68 a.C. e il 59 a.C. nascono la sorellastra Arsinoe IV e i fratelli Tolomeo XIII e Tolomeo XIV. L'organizzazione dinastica prevede che anche le donne possano salire al trono, come spose dei fratelli regnanti. Nominata co-reggente, perché le sorelle più grandi, Berenice IV e Cleopatra VI, erano morte, la prima giustiziata dal padre (aveva tentato di spodestarlo) e la seconda avvelenata; il padre la aveva nominata co-reggente poco prima di morire. Cleopatra VII gli successe nella primavera del 51 a.C. insieme al fratello di dieci anni Tolomeo XIII, sposato secondo le leggi egizie.

Nella primavera del 48 a.C. Tolomeo, insieme con il consigliere nonché suo grandissimo amico Potino, che era stato nominato reggente del giovane faraone, tentò di deporre Cleopatra e di costringerla a lasciare Alessandria. La regina radunò un esercito ed ebbe inizio una guerra civile. La situazione si complicò quando un'altra loro sorella, Arsinoe IV, cominciò ad avanzare pretese sul trono.

In quel momento lo sconfitto generale romano Pompeo arrivò in Egitto cercando rifugio dal rivale Giulio Cesare. Inizialmente Tolomeo e Potino finsero di accettare la sua richiesta, ma il 29 settembre del 48 Potino fece uccidere Pompeo, nella speranza di ingraziarsi il favore di Cesare. Quando questi arrivò, Tolomeo gli offrì la testa del rivale, provocando la reazione di Cesare, che si scatenò in un'ira tremenda, perché, pur essendo suo nemico, Pompeo era pur sempre un membro senatorio romano e ciò stava a significare uno del suo popolo: nessun suo concittadino doveva essere ucciso senza il consenso di Giulio Cesare, così fece giustiziare Potino e iniziò a sistemare la confusa situazione egiziana, in qualità di rappresentante ufficiale di Roma.

Cesare convocò alla reggia Tolomeo e Cleopatra. Cleopatra temeva di cader vittima di un agguato del fratello tornando al palazzo, così ricorse a uno stratagemma. Si fece avvolgere da un suo fedele amico, Apollodoro Siciliano, in un grande tappeto legato con una cinghia. Apollodoro poi si presentò a Palazzo con il lungo involto sulle spalle e dicendo di dover consegnare un dono a Cesare arrivò fino agli appartamenti del console. Qui al suo cospetto srotolò il tappeto e fu così che gli comparve davanti Cleopatra. La regina indossava gli abiti più sontuosi e succinti, i gioielli più pregiati e gli chiese protezione dal fratello. Le fonti narrano che l'effetto fu irresistibile e che i due divennero amanti quella notte stessa.

Cesare organizzò il ritorno ufficiale della regina e la fece sposare con il fratello. Tolomeo, ancora determinato a deporre Cleopatra, si alleò con la sorella Arsinoe e insieme organizzarono un esercito, che nel dicembre del 48 si scontrò nella città di Alessandria con quello di Cesare e Cleopatra. La battaglia causò molti danni agli edifici della città, compresa la Biblioteca di Alessandria, che fu danneggiata da un incendio, perdendosi tra le fiamme moltissimi manoscritti d'inestimabile valore. Le legioni romane subirono una pesante sconfitta e lo stesso Cesare, per salvarsi da morte sicura, fu costretto a fuggire gettandosi in mare.

L'arrivo di rinforzi da Pergamo nel febbraio del 47 offrì la vittoria a Cesare e Cleopatra. Arsinoe e Tolomeo furono costretti a lasciare la città. Il 27 marzo dello stesso anno sul fiume Nilo avvenne lo scontro finale tra le truppe di Tolomeo e quelle di Cesare. La battaglia si concluse in un'ecatombe per l'esercito alessandrino: 25500 morti oltre che 12000 prigionieri. Perse la vita lo stesso Tolomeo. Cleopatra, rimasta unica sovrana dell'Egitto, nominò co-reggente il fratello più giovane Tolomeo XIV. L'Egitto rimase formalmente indipendente, anche se tre legioni romane furono fatte stanziare allo scopo di mantenere l'ordine pubblico.

La relazione tra Cesare e Cleopatra, dalla quale nacque un figlio, Tolomeo Cesare detto Cesarione, aveva per entrambi scopi politici: il dittatore romano doveva assicurarsi il controllo dell'Egitto, importante per le sue risorse finanziarie, mentre Cleopatra sperava con essa di ottenere per il paese una posizione di privilegio all'interno dell'impero.

Nel 46 a.C. Cleopatra andò a Roma con il figlio appena nato e vi rimase fino alla morte di Cesare, nel 44 a.C. Nell'estate dello stesso anno morì Tolomeo XIV per cause naturali; subito dopo Cesarione venne designato come co-reggente, prendendo il nome di Tolomeo XV Cesare.

Nel 42 a.C., Marco Antonio, uno dei triumviri che governavano Roma in seguito al vuoto di potere conseguente la morte di Cesare, chiese a Cleopatra di incontrarlo a Tarso per verificarne la lealtà. Antonio poi la seguì ad Alessandria, dove rimase fino all'anno successivo. Dalla loro unione nacquero i due gemelli Cleopatra Selene e Alessandro Helios.

Quattro anni dopo, nel 37 a.C., mentre era in viaggio per la guerra contro i Parti, Antonio incontrò Cleopatra ad Antiochia, dove si sposarono, anche se il triumviro era legato ad Ottavia, sorella di Ottaviano. Poco dopo nacque un altro figlio, Tolomeo Filadelfo. Ottavia venne rimandata a Roma. Dopo la conquista dell'Armenia, nel 34 a.C., condotta da Antonio con il contributo finanziario egiziano, entrambi celebrarono il trionfo ad Alessandria.

Il tradizionalismo dell'opinione pubblica romana fu profondamente scosso dalla inconsueta procedura trionfale e dalle decisioni prese nell'occasione della Donazione di Alessandria: Cleopatra ebbe il titolo di "regina dei re", fu associata nel culto a Iside e nominata reggente dell'Egitto e di Cipro con Cesarione; Alessandro Helios fu incoronato sovrano dell'Armenia, Media e Partia, Cleopatra Selene fu nominata sovrana di Cirenaica e Libia, mentre Tolomeo Filadelfo fu incoronato sovrano di Fenicia, Siria e Cilicia.

Declino e morte

La politica di Cleopatra e Antonio, tesa a dominare tutto l'Oriente, favorì la reazione di Ottaviano, che accusò la regina di minare il predominio di Roma e convinse i Romani a dichiarare guerra all'Egitto. La regina aveva fatto costruire una flotta possente (Flotta tolemaica di Cleopatra VII): circa 300 navi di grossa stazza. Nel 31 a.C. le forze navali romane si scontrarono con quelle di Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio.

Visto che la battaglia era persa la regina ordinò alla sua scorta personale, circa 60 navi, di aprirsi un varco nella flotta romana e si riparò ad Alessandria, seguita da Antonio. Dopo la vittoria Ottaviano invase il Regno tolemaico d'Egitto e, dopo una breve resistenza, entrò ad Alessandria. Nel 30 a.C., dopo il suicidio di Antonio per non essere torturato e fatto prigioniero da Ottaviano, Cleopatra si rinchiuse nel mausoleo dei Tolomei e si uccise facendosi mordere da un aspide.

Plutarco nel suo Vita di Antonio, racconta come Cleopatra decise di usare questo animale: «...Cleopatra raccoglieva ogni sorta di veleni mortali, tra i più forti che ci fossero, e di ciascuno di essi provava se erano efficaci e nello stesso tempo indolori, propinandoli ai detenuti in attesa di morire. Poiché vide che quelli istantanei procuravano una morte subitanea, ma dolorosa, e i più dolci non erano rapidi, provò gli animali, osservandoli di persona, mentre venivano applicati uno dopo l'altro. Fra tutti trovò quasi solo il morso dell'aspide, che induceva nelle membra un torpore sonnolento e un deliquio dei sensi, senza per questo arrecare spasimo o provocare gemiti; non appariva che un lieve sudore alla fronte, mentre le facoltà percettive svanivano, si rilasciavano dolcemente, e resistevano a ogni tentativo di risvegliarle e richiamarle in vita, come chi dorme profondo...».

Nel 2010, lo storico tedesco Christoph Schaefer ha sfidato tutte le altre teorie, dichiarando che la regina in realtà fu avvelenata e morì per aver bevuto una miscela di veleni. Dopo aver analizzato i testi storici con la consulenza di tossicologi, lo storico ha concluso che l'aspide non avrebbe potuto causare una morte lenta e indolore, in quanto il veleno dell'aspide (cobra egiziano) paralizza le parti del corpo, a partire dagli occhi, prima di causare la morte. Schaefer e il suo tossicologo Dietrich Mebs ritengono che Cleopatra avesse usato una miscela di cicuta, aconito ed oppio.

Plutarco ci ha riportato il breve discorso tra Marco Vipsanio Agrippa e un'ancella di Cleopatra, davanti al corpo della regina ormai morta: «Ti sembra sia stata una degna fine?» chiese il romano. L'ancella rispose: «Più che degna... degna dell'ultima regina d'una grande stirpe!». Cesarione fu fatto giustiziare da Ottaviano, mentre i tre figli avuti da Cleopatra con Antonio furono portati a Roma. L'Egitto divenne una provincia romana retta dal prefetto d'Egitto, funzionario di rango equestre. Ottaviano, ritornato a Roma per festeggiare il trionfo della spedizione egiziana, fece allestire su un carro un dipinto della bellissima regina, portandolo in trionfo attraverso le vie della città.

Cleopatra non fu solo una grande seduttrice. Conosceva molte lingue; Plutarco scrive: «La lingua, come uno strumento musicale dalle molte corde, essa volgeva facilmente a qualsiasi idioma volesse parlare, tanto che erano rarissimi i casi in cui trattasse coi barbari attraverso un interprete, fossero essi Etiopi, Ebrei, Arabi, Siri, Medi o Parti». Conosceva il greco e parlava correntemente anche il latino.

Oltre alla versatilità per le lingue, aveva interesse anche per le arti e le scienze: Antonio regalò a Cleopatra la famosa Biblioteca di Pergamo. Era amica e conoscente di molti dotti del Museo alessandrino, fra cui il celebre astronomo Sosigene, al quale si deve la riforma del calendario romano; fu quasi certamente Cleopatra a presentarlo a Cesare.

Tolomeo XV





Sovrano d'Egitto
In carica 44 a.C. – 30 a.C.
Predecessore Tolomeo XIV Cleopatra VII
Nascita Alessandria d'Egitto, 47 a.C.
Morte Alessandria d'Egitto, 30 a.C.
Dinastia Giulio-Claudia
Padre Giulio Cesare
Madre Cleopatra VII

Tolomeo XV Filopatore Filometore Cesare, chiamato anche Cesarione (piccolo Cesare), figlio di Giulio Cesare e Cleopatra VII fu l'ultimo sovrano, assieme alla madre, del Regno tolemaico d'Egitto.

Biografia

A soli tre anni fu nominato coreggente dalla madre il 2 settembre 44 a.C. Quando il figlio adottivo di Cesare, Ottaviano, invase il Regno d'Egitto nel 30 a.C., Cleopatra, per sicurezza, mandò il figlio al porto di Berenice, ma Tolomeo venne catturato. Ottaviano conquistò la città di Alessandria d'Egitto il 1º agosto dello stesso anno, annettendo ufficialmente l'Egitto a Roma.

Dopo il suicidio di Marco Antonio e Cleopatra, Ottaviano, temendo che un giorno Cesarione, essendo figlio naturale di Cesare, potesse impedirgli di diventare il successore di Cesare, decise di giustiziarlo, dando ordine di strangolarlo. Ottaviano assunse così il controllo dell'Egitto, succedendo a Cleopatra d'Egitto, come nuovo sovrano. Cesarione è il soggetto di un poema scritto nel 1918 dal greco Konstantinos Petrou Kavafis.
 
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