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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 5/10/2010, 16:57 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Naiadi

Ninfe delle acque dolci, furono immaginate dagli antichi come fanciulle di fiorente bellezza, signore dei fiumi e dei ruscelli (Potameidi), delle fonti (Creniadi), delle paludi e dei laghi (Lèmnadi). Talvolta ve ne è soltanto una, la quale è la ninfa della fonte, talvolta la stessa sorgente ne ha diverse, considerate come sorelle, uguali fra loro. Dotate di grande longevità, ma mortali, erano note per la loro benevolenza verso il mondo umano, e in virtù delle forze vitali dell'acqua erano onorate come le nutrici delle piante, degli animali e degli uomini. Per questa ragione si consideravano come nutrici di Dioniso e di Demetra. Danzano in lieti cori in compagnia di Satiri e di Sileni, coltivando la musica, la poesia e l'arte della divinazione.
La loro genealogia è variabile sia secondo i mitografi sia secondo le leggende. Spesso sono figlie di Zeus o discendenti di Oceano o figlie del dio del fiume in cui abitano: così, le figlie dell'Asopo sono Naiadi. Tutte le fonti celebri hanno la loro Naiade, la quale ha un nome e una leggenda particolare. Così la ninfa Aretusa, a proposito della quale si raccontava che era compagna fedele d'Artemide e, come la sua protettrice, sdegnosa dell'amore. Un giorno, per rinfrescarsi dopo una battuta di caccia, si bagnò nel fiume Alfèo il quale innamoratosi della ninfa prese forma umana e la inseguì. Spaventata, Aretusa supplicò Artemide di salvarla. La dea, dopo aver trasformato Aretusa in una fonte, la sprofondò sottoterra facendola riaffiorare a Siracusa, nell'isola di Ortigia. Alfèo, per nulla scoraggiato, riassunse la forma acquatica e poté così unirsi alla ninfa. Nella spedizione degli Argonauti, durante uno scalo in Misia, Ila, il giovane amato da Eracle, si era recato ad attingere acqua presso la vicina fonte Pegea. Qui le Naiadi, attirate dalla sua bellezza, lo indussero a seguirle e lo tennero presso di sé in una grotta sott'acqua.
Le Naiadi passavano spesso per avere facoltà guaritrici: i malati bevevano l'acqua delle fonti a loro consacrate, oppure, più raramente, vi si bagnavano. Talvolta, il bagno era considerato un sacrilegio e chiunque vi si arrischiava incorreva nella collera e nella vendetta delle dee che si manifestavano attraverso qualche malattia misteriosa. Nella mitologia popolare latina si sosteneva che chiunque scontentava o vedeva le Naiadi (Lymphae) era colpito da pazzia o smarrimento. Da ciò l'espressione latina lymphaticus, che significa "pazzo".
Nei testi antichi, le Naiadi spesso erano usate per dare lustro alle famiglie più importanti. Molte genealogie presentano all'origine una Naiade. Per esempio, la moglie di Erittonio, Prassitea che generò Pandione; la moglie di Endimione, madre di Etolo; quella d'Icario, Peribea che generò Penelope; quella d'Ebalo.
Le Naiadi vengono rappresentate nelle opere artistiche nude, splendide di giovinezza, coronate di canne, versanti acqua da un'urna con in mano una conchiglia o un corno da cui sgorga l'acqua.

Nannaco

Nannaco, in mitologia, è il nome di un re antediluviano della Frigia.

La leggenda

Secondo un oracolo, alla sua morte sarebbe avvenuto il Diluvio Universale. Per evitare che la profezia si avverasse, il re cercò di convincere gli dei con incessanti preghiere, assieme a tutto il suo popolo. Nacque così l'espressione proverbiale "lamentarsi con Nannaco".

Secondo un'altra versione del mito, Nannaco morì all'età di 300 anni e, immediatamente dopo, un'imponente alluvione distrusse completamente il territorio della Frigia.

Naponos

Il Nàpònòs fu una divinità adorata nelle colonie sicule della Magna Grecia, tipicamente tra Gela e Butera.

Morfologicamente, tendeva ad assumere sembianze umane ma era dotata di tre occhi, con il quale aveva il dono della conoscenza interiore.

Tra i ritrovamenti delle fattorie Greco-Romane nelle campagne buteresi si sono trovate numerose incisioni inneggianti a Naponos; i siti archeologici di Fontana Calda, Desusino e Suor Marchesa hanno dei reperti che citano direttamente la divinità.

Naponos viene citato nei manoscritti ritrovati nella tomba di Eschilo a Gela, oltre alle numerose incisioni sulle Mura Timoleontee.

Narciso (mitologia)

Narciso (in greco: Νάρκισσος) è un personaggio della mitologia greca famoso per la sua bellezza. Figlio della ninfa Liriope e del dio fluviale Cefiso (o secondo un'altra versione di Selene ed Endimione) nel mito appare incredibilmente crudele, in quanto disdegna ogni persona che lo ama. Come punizione divina, si innamora della sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua, lasciandosi infine morire resosi conto dell'impossibilità del suo amore.

Esistono diverse versioni del mito fra cui: una proveniente dai papiri di Ossirinco, attribuita a Partenio; una nelle Narrazioni di Conone, datata fra il 36 a.C. e il 17 d.C.; la più nota versione di Ovidio contenuta nelle Metamorfosi e una versione di Pausania proveniente da Guida alla Grecia.

La versione ellenica

La versione ellenica del mito appare come una sorta di racconto morale in cui il superbo e insensibile Narciso viene punito dagli dèi per aver respinto tutti i suoi pretendenti di sesso maschile, e in un certo qual senso lo stesso Eros. Il racconto è quindi pensato come una storia di ammonimento rivolto ai giovani. Fino a poco tempo fa le due fonti per questa versione del mito erano un compendio delle opere di Conone, un greco contemporaneo di Ovidio, conservato nella Bibliotheca di Fozio e un brano di Pausania, vissuto circa 150 anni dopo Ovidio. Un racconto molto simile è stato scoperto nel 2004 tra i papiri di Ossirinco che precede la versione di Ovidio di almeno cinquant’anni e si crede messi per iscritto da Partenio. In questa versione Narciso aveva molti innamorati che lui costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo, Aminia, non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse davanti alla sua casa, avendo prima invocato il dio per ottenere una giusta vendetta.

La vendetta si compì quando Narciso, contemplando in una fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua stessa immagine riflessa, innamorandosi perdutamente di se stesso. Completando la simmetria del racconto, preso dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso prese la spada che aveva donato ad Aminia e si uccise. Dalla terra sulla quale fu versato il suo sangue si dice spuntò per la prima volta l'omonimo fiore.

La versione romana


Nel racconto narrato da Ovidio, probabilmente basato sulla versione di Partenio, ma modificata al fine di aumentarne il pathos, Eco, una ninfa dei monti, si innamorò di un giovane vanitoso di nome Narciso, figlio di Cefiso, una divinità fluviale, e della ninfa Liriope. Cefiso aveva circondato Liriope con i suoi corsi d'acqua, e, così intrappolata, aveva sedotto la ninfa che diede alla luce un bambino di eccezionale bellezza. Preoccupata per il futuro del bambino, Liriope consultò il profeta Tiresia che predisse che Narciso avrebbe raggiunto la vecchiaia, “se non avesse mai conosciuto se stesso.”

Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età, era un giovane di tale bellezza che ogni abitante della città, uomo o donna, giovane o vecchio, si innamorava di lui, ma Narciso, orgogliosamente, li respingeva tutti. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, la ninfa Eco furtivamente seguì il bel giovane tra i boschi desiderosa di rivolgergli la parola, ma incapace di parlare per prima perché costretta a ripetere sempre le ultime parole di ciò che le veniva detto; era stata infatti punita da Giunone perché la distraeva con dei lunghi racconti mentre le altre ninfe, amanti di Giove, si nascondevano. Narciso, quando sentì dei passi e gridò: “Chi è là?”, Eco rispose: “Chi è là?” e così continuò, finché Eco non si mostrò e corse ad abbracciare il bel giovane. Narciso, però, allontanò immediatamente in malo modo la ninfa e le disse di lasciarlo solo. Eco, con il cuore a pezzi, trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, gemendo per il suo amore non corrisposto, finché di lei rimase solo la voce.

Nemesi, ascoltando questi lamenti, decise di punire il crudele Narciso. Il ragazzo, mentre era nel bosco, si imbatté in una pozza profonda e si accucciò su di essa per bere. Non appena vide, per la prima volta nella sua vita, la sua immagine riflessa si innamorò perdutamente del bel ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che era lui stesso. Solo dopo un po' capì che l'immagine riflessa apparteneva a lui e, comprendendo che non avrebbe mai potuto ottenere quell’amore, si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia di Tiresia. Quando le Naiadi e le Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo funebre, al suo posto trovarono un fiore cui fu dato il nome narciso. Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque limacciose del fiume, sperando ancora di vedersi riflesso.

La versione di Pausania


Pausania individua la fonte di Narciso a Tepsi, in Beozia. Lo scrittore greco trova incredibile (usando le sue stesse parole “idiota”) che qualcuno non sia in grado di distinguere un riflesso da una persona reale, e cita una variante meno nota a cui dà più credito. In questa versione Narciso aveva una sorella gemella, del tutto somigliante a lui, con la quale andava spesso a caccia insieme. Narciso alla fine si innamorò di lei e quando questa morì, recandosi alla fonte, capiva di vedere la propria immagine, ma quel viso assomigliava così tanto alla sorella amata che gli era di grande consolazione. Pausania, inoltre, fa notare che il fiore narciso doveva esistere ben prima del personaggio omonimo, visto che il poeta epico Pamphos, vissuto molto anni prima, nei suoi versi narra che quando Persefone fu rapita da Ade stava raccogliendo proprio dei narcisi.

Influenza culturale

Il mito di Narciso è stato un'assidua fonte di ispirazione per gli artisti fino ai giorni nostri, anche ben prima che il poeta latino Ovidio includesse una versione del mito nel libro III delle sue Metamorfosi.

Pittura

Fra i principali pittori che si sono dedicati al mito di Narciso si possono citare: Caravaggio, Poussin, Lemoyne, Turner, Waterhouse, Dalì.

Letteratura

Il mito e la figura di Narciso sono stati ripresi in secoli più recenti da vari poeti, ad esempio Keats e Alfred Edward Housman. Il mito ha influenzato la cultura omoerotica vittoriana, attraverso lo studio di André Gide del mito (Il Trattato di Narciso, 1891) e l'opera di Oscar Wilde.

Fëdor Dostoevskij utilizza in alcune poesie e romanzi personaggi con un carattere simile a Narciso (come Jakov Petrovic Goljadkin ne Il sosia, 1846). Nel romanzo di Stendhal Il rosso e il nero (1830) il personaggio di Mathilde mostra un tipico carattere narcisista.

Nel 1930 la figura di Narciso è riproposta dallo scrittore tedesco Hermann Hesse col romanzo Narciso e Boccadoro, dove il personaggio è presentato in veste di monaco medievale.

Anche il libro di Paulo Coelho L'alchimista (1988) inizia con un riferimento a Narciso.

Seamus Heaney cita Narciso nel suo poema Personal Helicon dalla sua prima collezione Death of a Naturalist.

Musica


Sono state dedicate varie canzoni a questo tema: License to Kill di Bob Dylan si riferisce indirettamente a Narciso; il gruppo metal greco Septic Flesh ha inciso una canzone su Narciso (intitolata Narcissus) nel loro album Communion; il testo della canzone Reflection dei Tool è parzialmente incentrata sul mito di Narciso; altre canzoni inerenti al mito sono Narcissus di Alanis Morissette e The daffodil lament di The Cranberries.

Fra gli autori italiani si può citare:La lira di Narciso, tratta dall'album Bianco sporco dei Marlene Kuntz, Parole di burro tratta dall'album Stato di necessità di Carmen Consoli,Una storia d'amore e di vanità di Morgan (Da A ad A. Teoria delle catastrofi), Narciso tratta dall'album omonimo album dei Pierrot Lunaire, La Cantata del Fiore di Nicola Piovani.

Nasso (Polemone)

Nella mitologia greca, Nasso era il nome di uno dei figli di Polemone.

Dopo essersi mosso alla conquista di nuove terre giunse nell'isola Dia che prese poi il nome dall'eroe e fondò il suo regno. Ebbe un figlio, Leucippo che gli succedette al trono. Fu durante il regno del figlio di quest'ultimo, Smerdio, che Teseo e Arianna giunsero in qui luoghi.

Nasso
(mitologia)

Nella mitologia greca, Nasso era il nome di diversi personaggi di cui si raccono le gesta.

Con tale nome ritroviamo:

* Nasso figlio di Polemone, re dei Cari.
* Nasso figlio di Apollo e di Acacallide

Naste

Nella mitologia greca, Naste era il nome di uno dei capitani alleati dell'esercito troiano, nel corso dei combattimenti svolti nella guerra di Troia. Gli episodi principali di questa guerra vennero raccontati da Omero nell'Iliade.

Periodo

Le date fornite per la guerra da Eratostene, la collocano all'incirca tra il 1194-1184 a.C.

Gli studiosi moderni che sostengono la storicità della guerra di di Troia, sono propensi a datarla alla fine della tarda età del Bronzo, generalmente tra il 1300 e il 1180 a.C., ovvero tra la fine della fase urbanistica di Troia VI e la fine di quella indicata come Troia VIIa. Entrambe le fasi si conclusero con un disastroso incendio

Secondo Barry Strauss, ad esempio, essa può collocarsi luogo in un'epoca compresa tra il 1230 e il 1180 a.C., con una probabile preferenza per l'ultimo trentennio. Al 1180 a.C. circa viene datato l'incendio che colpì la città di Troia VIIa e le cui evidenze si devono agli scavi compiuti da Manfred Korfmann negli anni ottanta.

Naucrate


Naucrate era la madre di Icaro.

Era schiava di Minosse, re di Creta, e si era innamorata di Dedalo per la sua astuzia ed intelligenza, e ne era diventata sposa.

Naucrate personifica la regione occidentale del delta del Nilo. Quando i Greci stabilirono la loro prima colonia nell'Egitto (circa 50 anni prima che Solon andasse nell'Egitto), chiamarono Naucrati la loro prima colonia.

Di lei parla lo Pseudo-Apollodoro.

Nauplio 1

Principe di Argo ed eccellente navigatore, è detto figlio di Poseidone e della danaide Amimone; ebbe due figli: Nausimedonte "il Signore della nave", ed Eaco il Pilota. Secondo tardi mitografi partecipò alla spedizione degli Argonauti, e quando Tifi, il timoniere dell'Argo, si ammalò e morì presso il re Lico, nel paese dei Mariandini, sulle rive del Ponto Eusino, Nauplio si offrì di sostituirlo al timone, ma fu prescelto Anceo e si rivelò abilissimo. Fu fondatore della città di Nauplia. Da grande navigatore quale egli era inventò il modo di stabilire le rotte facendo riferimento all'Orsa Maggiore. Egli fu l'avo di Nauplio il Naufragatore, che soleva fare fracassare le navi sugli scogli attirandole con false segnalazioni di fuochi.

Nauplio 2

Re di Eubea o di Argo, e padre di Eace e di Palamede. Non si incontra in Omero, ma nei poeti ciclici e in altre fonti. Nauplio è l'eroe navigatore per eccellenza, e i re si servirono più volte di lui per mandare in esilio questo o quel membro della loro famiglia a loro sgradito. Così Aleo, re di Tegea e padre di Auge, gli affidò la giovane che era stata sedotta da Eracle, con il compito di farla annegare. Nauplio, seguendo le istruzioni ricevute, partì con Auge per Nauplia; ma sul monte Partenio Auge fu colta dalle doglie e diede alla luce il piccolo Telefo. Nauplio non aveva l'intenzione di affogare una principessa che poteva vendere per altissimo prezzo al mercato degli schiavi; cedette dunque Auge a certi mercanti che erano da poco giunti a Nauplia e che, a loro volta, la vendettero a Teutrante, re di Teutrania in Misia.
Catreo, per paura dell'oracolo che l'aveva avvertito ch'egli sarebbe morto per mano di uno dei suoi figli, sorprese un giorno Erope mentre accoglieva un suo amante nel palazzo; stava per gettarla in pasto ai pesci allorché, commutando la sentenza di morte dietro preghiera di Nauplio, la vendette come schiava a Nauplio stesso, per un prezzo nominale, assieme alla sorella Climene, che egli sospettava tramasse contro la sua vita; impose tuttavia come condizione che né l'una né l'altra tornassero mai più in Creta. Nauplio diede Erope ad Atreo, e sposò Climene da cui ebbe due figli, Eace e Palamede.
Più tardi, suo figlio Palamede si ricongiunse all'esercito greco contro Troia, ma ben presto, egli fu lapidato a morte come traditore. Quando Nauplio ebbe la dolorosa notizia, salpò per Troia e chiese soddisfazione; ma non ottenne nulla da Agamennone che era stato consigliato da Odisseo e godeva della fiducia di tutti i capi greci. Così Nauplio ritornò in Grecia col figlio superstite Eace e diffuse false voci tra le mogli degli assassini di Palamede, dicendo che i mariti, prossimi a ritornare da Troia, conducevano seco concubine che avrebbero sostituito le legittime spose. Alcune di codeste infelici si uccisero; altre commisero adulterio, come la moglie di Agamennone, Clitennestra, che si unì a Egisto; ed Egialea, moglie di Diomede, che si unì a Comete figlio di Stenelo; e Meda, moglie di Idomeneo, che si unì a un certo Leuco; ma costui un giorno trascinò Meda a la figlia di lei, Clisitira, fuori del palazzo e le uccise nel tempio dove si erano rifugiate.
Né fu questa la sola vendetta. Egli infatti, avvertito che una parte della flotta greca ritornando dall'assedio di Troia era stata dispersa da una tempesta presso le coste dell'Eubea, ordinò che nottetempo fossero accesi fuochi fra gli scogli delle sua isola, affinché le navi greche, ritenendoli lumi dei porti, vi urtassero contro. Di fatto le navi si spezzarono e gli equipaggi perirono. Ma la nave che portava Odisseo, autore dell'uccisione di Palamede, l'unica di cui Nauplio desiderava la rovina, si salvò, risospinta dalla tempesta in alto mare. Saputo ciò, Nauplio, disperato, si uccise. Altri dicono che Zeus volle punire questo crimine e Nauplio, attirato dalla luce di un falso faro, andò incontro alla morte molti anni dopo.

Nausicaa

Nausicaa è una figura della mitologia greca, figlia di Alcinoo (re dei Feaci) e di Arete.

Nel libro VI dell'Odissea si narra di una Nausicaa che, consigliata da Atena, gioca a palla presso una riva con le proprie ancelle.

D'un tratto un naufrago nudo esce da un cespuglio: Ulisse. Mentre le ancelle fuggono impaurite, Nausicaa accoglie con eleganza e cortesia lo sconosciuto che invoca la sua misericordia.

Gli regala delle vesti e gli suggerisce la via per la dimora del padre Alcinoo. Egli lo accoglie calorosamente e gli fornisce una nave per il ritorno in patria.

La vicenda, esemplificativa del concetto di ospitalità (xenia) presso gli antichi Greci, viene brevemente riassunta da Igino Astronomo nelle sue Fabulae.

Nausimedonte


Nella mitologia greca, Nausimedonte era il nome di uno dei figli di Nauplio e di Climene, la figlia di Catreo.

Fratello di Palamede e di Nausimedonte.

La sua fine è incerta anche se si narra di come Pilade, amico di Oreste, abbia ucciso tutti i figli di Nauplio e quindi, morto in precedenza Palamede, uccise i due rimanenti: Nausimedonte e Eace.

Nausinoo


Nella mitologia greca, Nausinoo è uno dei figli di Ulisse e Calipso, fratello di Nausitoo.

Nausitoo

Nausitoo è il nome di tre figure minori della mitologia greca.

* Il primo Nausitoo era figlio di Poseidone e di Peribea e padre di Alcinoo. Padre di Alcinoo e di Ressenore, egli stesso re dei Feaci condusse il suo popolo da Iperea a Scheria, per liberarlo dalle continue angherie dei vicini Ciclopi.
* Il secondo, a quanto attesta Esiodo nella sua Teogonia, era figlio di Odisseo e della ninfa Calipso.
* Il terzo era un pilota di Teseo.

Neera (Anfione)

Nella mitologia greca, Neera era il nome di una delle figlie di Anfione, il fratello gemello di Zeto, entrambi figli di Zeus e di Antiope e di Niobe, la figlia di Tantalo, sorella di Pelope.

Alcuni mitografi la chiamavano Etodea. Fu una delle sette figlie di Niobe (anche se alcuni mitografi dicono partorì 10 figlie). La sua morte fu dovuta alla sfrontatezza della madre, che osò vantarsi della sua prole con Latona che chiese vendetta ottenendola. Di tutte le figlie solo una sopravvisse alla furia di Apollo e Artemide, Clori.

Neera (Pereo)

Nella mitologia greca, Neera era il nome di una delle figlie di Pereo.

Di lei si racconta di come dall'unione con Aleo nacquero i suoi 3 figli: Auge, Cefeo e Licurgo.

Auge fu una sacerdotessa di Atena ed ebbe un figlio da Eracle
Pereo, fu re di Tegea e uno degli argonauti
Licurgo, fu re dell'Arcadia


Neera
(mitologia)

Nella mitologia greca, Neera era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Si ritrovasono con tal nome:

* Neera, (o Etodea) figlia di Anfione e di Niobe
* Neera, figlia di Pereo
* Neera, la moglie di Strimone, da cui ebbe Evadne.[1]

Edited by demon quaid - 30/12/2014, 14:26
 
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