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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 9/10/2010, 14:32 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Opsicella

Opsicella è un personaggio della mitologia greca. Fu compagno del troiano Antenore durante la fuga da Troia distrutta dagli Achei e assieme a lui risalì l'Adriatico ed il Medoacus (l'attuale Brenta). Separatosi da Antenore, secondo la leggenda, fondò la città di Monselice. Ripreso quindi il suo viaggio giunse in Biscaglia dove avrebbe fondato un'altra città dandole il suo nome.

Ad Opsicella è dedicata una delle statue presenti in Prato della Valle a Padova eretta per volere degli abitanti di Monselice nel 1777. Eseguita da Pietro Danieletti, la statua tiene in mano il bastone del comando e ai piedi vi sono uno scudo e una faretra.

Orazio

Eroe romano che nel 507 a. C. si oppose sul ponte Sublicio, da solo, all'esercito di Porsenna che voleva riportare la famiglia di Tarquinio il Superbo al trono. Rimase zoppo in seguito a una ferita alla coscia riportata durante l'azione. Era un discendente di Publio Orazio. Il popolo si era rifugiato dietro le mura della città, il Gianicolo era già stato preso dagli Etruschi, era perciò indispensabile distruggere il ponte. Orazio insieme a Spurio Larzio e a Tito Erminio tennero a bada il nemico fino a che tutti fossero passati, poi Orazio allontanò anche i due compagni e il ponte crollò. Si lanciò nelle acque del Tevere dove, secondo Polibio, perì, mentre secondo la tradizione più tarda (Livio, Plutarco), si salvò a nuoto. La repubblica riconoscente gli fece dono di tanta terra quanta fosse stato capace di arare in un giorno solo e gli avrebbe innalzato una statua nel Comitium nella quale il valoroso sarebbe stato rappresentato guercio e zoppo; da ciò il soprannome di Cocles (Coclite).

Ore

Le Ore (o Stagioni) sono una figura della mitologia greca; erano figlie di Zeus e di Temi.

Le Ore erano sorelle delle Moire e venivano considerate le portinaie dell'Olimpo.

In origine erano tre e simboleggiavano il regolare scorrere del tempo nell'alterna vicenda delle stagioni (primavera, estate ed autunno fusi insieme, inverno); poi ne fu aggiunta una quarta (allusione all'autunno); in epoca romana finirono col personificare le ore vere e proprie, divenendo 12 e da ultimo 24. Le ore si presentano in duplice aspetto:

* in quanto figlie di Temi (l'Ordine universale) assicuravano il rispetto delle leggi morali;
* in quanto divinità della natura presiedevano al ciclo della vegetazione
.

Questi due aspetti spiegano i loro nomi:

* Eunomia, la Legalità;
* Diche, la Giustizia;
* Irene, la Pace;

oppure:

* Tallo, la Fioritura primaverile;
* Auso, il Rigoglio estivo;
* Carpo, la Fruttificazione autunnale.

Le Ore sorvegliavano le porte della dimora di Zeus sull'Olimpo (le aprivano e le richiudevano disperdendo o accumulando una densa cortina di nuvole), servivano Giunone - che avevano allevata -, attaccavano e staccavano i cavalli dal suo cocchio e da quello di Elio; inoltre facevano parte del corteo di Afrodite - insieme con le Cariti - e di Dioniso.

Gli antichi le rappresentavano come leggiadre fanciulle stringenti nella mano un fiore o una pianticella, immaginandole peraltro brune ed invisibili con riferimento alle ore della notte; ma, se si eccettua un presunto matrimonio di Carpo con Zéfiro, non ne fecero le protagoniste di alcuna leggenda. Le onoravano con un culto particolare ad Atene (dove fu loro consacrato un tempio), ad Argo, a Corinto, ad Olimpia.

Oresbio

Nella mitologia greca, Oresbio fu uno dei guerrieri achei che parteciparono alla guerra di Troia, unendosi alle immense forze schierate da Agamennone e Menelao contro la città di re Priamo.

Oresbio viveva ad Ile, città della Beozia, sulle rive del lago Copaide, ad ovest di Tebe (Omero lo cita come lago Cefíside o Cefiso, confondendolo col fiume suo affluente), prosperando in ricchezza e benessere e curando attentamente suoi beni. Era soggetto alla giurisdizione di Peneleo, sovrano della Beozia, che, come riferito, vantava il pieno controllo sulla città di Ile.

Morte

Si unì all'esercito comandato dal suo sovrano, giunto a Troia con una flotta di quaranta navi, ciascuna contenente centoventi guerrieri a bordo. Tra i suoi beni, Oresbio vantava una lucente armatura dorata che molto risaltava in battaglia ma che, purtroppo, non riuscì a proteggerlo dalla morte, descritta nel libro V dell'Iliade. Cadde ucciso per metà da un dio e per metà da un mortale: fu infatti Ettore, sostenuto da Ares in persona, a massacrarlo insieme ad altri suoi compagni che, terrorizzati alla vista del dio della guerra sul campo di battaglia, si lasciarono cogliere da un umano timore.

Oreste
(Troia)

Oreste, (greco, Ὀρέστης), figura mitologica dell'Iliade, è il nome portato da due combattenti di opposto schieramento nella guerra di Troia, l'uno acheo e l'altro troiano.

L'Oreste acheo, noto per le sue qualità nel domare i cavalli, venne ucciso dall'eroe troiano Ettore, assistito da Ares.

Il secondo Oreste fu ucciso dall'acheo Leonteo durante l'assalto alle mura di Troia.

Oreste (mitologia)

Nella mitologia greca, Oreste è figlio del re Agamennone e di Clitennestra e fratello di Ifigenia ed Elettra.

La sua leggenda si è particolarmente arricchita insieme a quella della sorella Ifigenia. Il suo ruolo di vendicatore del padre era già conosciuto nei poemi omerici, sebbene Omero non cita l'episodio dell'uccisione della madre Clitennestra, del tutto estranea alla vicenda.
Il suo ruolo assunse eccezionale importanza soprattutto col tragediografo Eschilo, che dedica alla sua storia due tragedie, tratte entrambe da un'unica trilogia, l'Orestea.

Oreste è ancora molto giovane quando Agamennone di ritorno dalla guerra di Troia viene assassinato dall'amante della madre, Egisto.

Elettra, preoccupata per la sorte del fratello, lo affida alle cure dello zio Strofio, re della Focide. Diventato adulto, Oreste decide di tornare in patria, per assolvere il compito affidatogli dall'oracolo di Delfi. In compagnia del cugino Pilade, torna ad Argo e vendica la morte del padre, uccidendo Egisto e Clitennestra.

Reso pazzo dal matricidio, Oreste viene perseguitato dalle Erinni e giunge ad Atene. Qui subisce un processo, dal quale viene assolto, grazie all'intervento di Atena.

Sugli eventi, però, vi sono diverse versioni. Omero, secondo la tradizione greca, narra che le Erinni o Furie (il cui compito era di punire i gravi delitti e anche il poeta Stesicoro, che nella sua Oresteia ambienta questi avvenimenti a Sparta) lo assalirono ma Apollo diede ad Oreste un arco con cui scacciarle lontano.

Eschilo ed Euripide narrano invece che le Furie fecero impazzire Oreste immediatamente dopo la morte della madre e lo perseguitarono senza tregua. Prima della pazzia, secondo altri autori, Oreste fu giudicato a Micene per volere di Tindareo, padre di Clitemnestra. Eace, che ancora odiava Agamennone per la morte di Palamede, chiese l'esilio di Oreste. Ma, secondo Euripide, Oreste ed Elettra vennero condannati a morte. Furono salvati da Menelao il quale, costretto da Apollo, convinse la gente di Micene ad accontentarsi di punire i due fratelli con un anno d'esilio.

Secondo Eschilo, invece, vi fu un processo ad Atene dove Apollo (che sarebbe stato l'ispiratore dell'assassinio dei due amanti) ebbe il ruolo di difensore di Oreste mentre le Erinni quello delle accusatrici. I voti della giuria furono pari e la dea Atena, in quanto presidente dell'Areopago (l'antico tribunale fondato dagli dei dopo la morte di Alirrozio, figlio di Poseidone), diede il suo voto in favore di Oreste, giudicando la morte della madre meno importante di quella del padre.

Ma nemmeno allora le Furie abbandonarono Oreste. Allora Apollo gli disse che per trovare pace doveva recarsi nella terra dei Tauri nel Chersoneso, rubare l'antica statua lignea di Artemide e poi recarsi in un luogo ove scorreva un fiume formato da sette sorgenti. Nel Chersoneso, quando vi giunse insieme a Pilade, venne catturato e, come tutti gli stranieri, preparato per il sacrificio ad Artemide.

Sacerdotessa del tempio era Ifigenia, sorella di Oreste la quale, riconosciuto il fratello, ingannò Toante, re dei Tauri, dicendogli che i nuovi arrivati dovevano essere lavati nel mare poiché accusati di matricidio e chiese anche alla popolazione di non assistere al rito. Ciò servì ai tre per fuggire, con la statua di Artemide, navigando verso la Grecia. Toante lì inseguì ma venne sconfitto.

Dopo tante peregrinazioni giunsero in Sicilia e poi nell'Ausonia (come si chiamava anticamente la Piana di Gioia Tauro) e qui Oreste approdò alla foce del fiume Metauros (oggi Petrace) indicato dall'oracolo di Delfi. Questo è tutt'oggi un fiume alimentato da sette sorgenti. Appena vi si immerse Oreste riacquistò il senno.

Al ritorno gli spettò il trono di Micene ed Argo (dopo avere ucciso il fratellastro Alete) e alla morte di Menelao anche quello di Sparta. Pilade sposò Elettra e Ifigenia divenne sacerdotessa di Artemide in Grecia.

Orfeo


Orfeo è una figura della mitologia greca. Su di lui si basa la religione orfica.

La storia


Secondo le più antiche fonti Orfeo è nativo della Tracia, terra lontana e misteriosa, nella quale fino ai tempi di Erodoto era testimoniata l'esistenza di sciamani che fungevano da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotati di poteri magici operanti sul mondo della natura, capaci di provocare uno stato di trance tramite la musica.

Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro, o, secondo altre versioni, del dio Apollo, appartiene alla generazione precedente l'epoca della religione greca classica.

Gli è spesso associato, come figlio o allievo, Museo.

Egli fonde in sé gli elementi apollineo e dionisiaco: come figura apollinea è il figlio o il pupillo del dio Apollo, che ne protegge le spoglie, è un eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro religioso; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva e nella vicenda stessa vi sono evidenti analogie con la figura di Dioniso per il riscatto dagli inferi della Kore.

La letteratura, d'altra parte, mostra la figura di Orfeo anche in contrasto con le due divinità: la perdita dell'amata Euridice sarebbe da rintracciarsi nella colpa di Orfeo di aver assunto prerogative del dio Apollo di controllo della natura attraverso il canto; tornato dagli inferi, Orfeo abbandona il culto del dio Dioniso rinunciando all'amore eterosessuale, "inventando" così per la prima volta nella storia l'amore omosessuale. In tale contesto si innamora profondamente di Calais, figlio di Borea, e insegna l'amore omosessuale ai Traci. Per questo motivo, le baccanti della Tracia, seguaci del dio, furenti per non essere più considerate dai loro mariti, lo assalgono e lo fanno a pezzi (vedi: Fanocle). Nella versione del mito contenuta nelle Georgiche di Virgilio la causa della sua morte è invece da ricercarsi nella rabbia delle baccanti per la sua decisione di non amare più nessuno dopo la morte di Euridice.

Le imprese di Orfeo

Secondo la mitologia classica, Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti: quando la nave Argo passò accanto all'isola delle Sirene, i marinai furono irretiti dal loro canto, ma Orfeo li salvò intonando un canto ancora più melodioso che ruppe l'incantesimo.

Ma la sua fama è legata soprattutto alla tragica vicenda d'amore che lo vide unito alla ninfa Euridice: Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo penetrò allora negli inferi incantando Caronte con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell'Ade. Persefone, commossa dal suo dolore e sedotta dal suo canto, persuase Ade a lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Ade accettò, ma ad un patto: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta dell'Ade senza voltarsi mai all'indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e si voltò, per vedere Euridice scomparire all'istante e tornare tra le Tenebre per l'eternità. Orfeo, secondo il mito, da allora rifiutò il canto e la gioia, offendendo le Menadi, seguaci di Dioniso che lo uccisero e lo dilaniarono, si nutrirono di parte del suo corpo e ne gettarono la testa nell'Erebo. La testa scese fino al mare e da qui all'isola di Lesbo, dove la testa fu sepolta nel santuario di Apollo. Il corpo venne seppellito dalle Muse ai piedi dell'Olimpo. La sua lira venne invece infissa nel cielo, e formò una costellazione.

Un'altra versione, più drammatica e commovente, parte dalle stesse premesse: Euridice muore uccisa da un serpente mentre scappa dalle grinfie di Aristeo. Orfeo decide allora di andarla a riprendere. Dunque, trova a Cuma la discesa per gli Inferi. Giunto lì incanta Caronte, Cerbero e Persefone. Ade acconsente a patto che egli non si volti fino a che entrambi non siano usciti dal regno dei morti. Insieme ad Hermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano ed iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po' di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Purtroppo, però, Euridice ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e, dunque, si è attardata... Quindi, Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all'amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l'ultima volta. Drammatica anche la presenza di Hermes che, con volto triste ed espressione compassionevole, trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede ora scomparire Euridice e si dispera, perché sa che ora non la vedrà più. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Baccanti ubriache, poi, lo invita partecipare ad un'orgia dionisiaca. Per tener fede anche lui a ciò che ha detto, rinuncia, ed è proprio questo che porta anche lui alla morte: le Baccanti, infuriate, lo sbranano e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.

Il mito di Orfeo nasce forse come mito di fertilità, come è possibile desumere dagli elementi del riscatto della Kore dagli inferi e dello σπαραγμος (dal greco antico: corpo fatto a pezzi) che subisce il corpo di Orfeo, elementi che indicano il riportare la vita sulla terra dopo l'inverno.

I riferimenti al mito nella letteratura greca arcaica e classica sono pochi, tanto che alcuni degli elementi essenziali della vicenda compariranno e verranno approfonditi solo dalla letteratura latina in poi. Due autori greci che si sono occupati del mito di Orfeo proponendo due diverse versioni di esso sono il filosofo Platone e il poeta Apollonio Rodio.

Nel discorso di Fedro, contenuto nell'opera "Simposio", Platone inserisce Orfeo nella schiera dei sofisti, poiché utilizza la parola per persuadere, non per esprimere verità; egli agisce nel campo della doxa, non dell'episteme. Per questa ragione gli viene consegnato dagli dei degli inferi un phasma di Euridice; inoltre, non può essere annoverato tra la schiera dei veri amanti poiché il suo eros è falso come il suo logos.

La sua stessa morte ha carattere anti-eroico poiché ha voluto sovvertire le leggi divine penetrando vivo nell'Ade, non osando morire per amore. Il phasma di Euridice simboleggia l'inadeguatezza della poesia a rappresentare e conoscere la realtà, conoscenza che può essere conseguita solo tramite le forme superiore dell'eros.

Apollonio Rodio inserisce il personaggio di Orfeo nelle Argonautiche presentandolo come un eroe culturale, fondatore di una setta religiosa. il ruolo attribuito ad Orfeo esprime la visione che del poeta hanno gli alessandrini: attraverso la propria arte, intesa come abile manipolazione della parola, il poeta è in grado di dare ordine alla materia e alla realtà; a tal proposito è emblematico l'episodio nel quale Orfeo riesce a sedare una lite scoppiata tra gli argonauti cantando una personale cosmogonia.

Orione

Abile cacciatore, figlio d'Euriale e di Poseidone, oppure di Irieo. Lo si diceva anche nato dalla terra, come quasi tutti i giganti.
Irieo, fondatore di Iria in Beozia, non aveva una discendenza, e un giorno, dopo aver accolto con grande ospitalità Zeus, Ermete e Poseidone, chiese loro un rimedio al suo problema. Gli dissero di prendere la pelle d'un toro che aveva sacrificato e, dopo averla bagnata della sua orina, di bruciarla. Nove mesi dopo, nel luogo dove avvenne il rito, nacque un bambino che Irieo chiamò Orione che ben presto si rivelò essere un gigante. Era bellissimo e così alto che poteva camminare sul fondo del mare tenendo la testa e le spalle fuori dell'acqua. Ebbe molte amanti. Sua moglie Side gli generò le Coronidi, Menippe e Metioche; ma, fiera della propria bellezza, osò rivaleggiare con Era, e fu gettata nel Tartaro. Orione dunque si recò a Chio, dove il re Enopione gli promise la mano della figlia Merope se avesse ucciso tutte le belve che infestavano l'isola. Il re non onorò poi la sua promessa. Una sera Orione, amareggiato, bevve un otre del vino di Enopione e tanto si riscaldò che irruppe nella camera di Merope e le usò violenza. Quando spuntò l'alba, Enopione invocò il padre suo Dioniso che incaricò i Satiri di offrire altro vino a Orione, finché il giovane cadde addormentato. Allora Enopione, dopo averlo accecato, lo gettò sulla riva del mare. La Pizia rivelò ad Orione che avrebbe recuperato la vista se avesse potuto volgere le orbite ad Elios sorgente dall'Oceano. Il povero gigante riuscì a raggiungere Lemno, e alla fucina di Efesto chiese al giovane Cedalione di mettersi sulle sue spalle e di guidarlo. Cedalione guidò Orione per mare e per terra finché giunse alla spiaggia più remota dell'oceano, dove con il viso volto verso il sole nascente riconquistò la vista. Tornò a Chio e cercò di uccidere Enopione, ma non riuscì a trovarlo, poiché egli si era nascosto in una camera sotterranea preparata per lui da Efesto.
Credendo che Enopione si fosse nascosto da Minosse, andò a Creta e non trovandolo neanche là, si mise a cacciare in compagnia di Artemide ma Eos, la dea dell'Aurora, s'innamorò di lui. Gli dèi, e soprattutto Artemide, non approvavano che una dea avesse un amante mortale e sull'isola di Delo, proprio dov'era nata, Artemide uccise Orione con le sue frecce. Morì per aver osato sfidare la dea al lancio del disco, oppure perché aveva osato violentare una delle accompagnatrici di Artemide, la vergine iperborea Opide, oppure perché cercò di usare violenza alla stessa Artemide che lo uccise per mezzo di uno scorpione. Forse Artemide fu spinta a eliminarlo nel timore che uccidesse tutti gli animali della terra, oppure, secondo una versione completamente contraddittoria, aveva deciso di sposarlo ma il fratello Apollo le tese un tranello e indicandole un oggetto lontano nel mare la provocò dicendole che non sarebbe riuscita a colpirlo. Artemide lanciò e colpì, ma si trattava della testa di Orione che camminava nel mare. Addolorata per la disgrazia mise l'amato in cielo chiamando con il suo nome una costellazione.
Un'altra storia ancora diversa sulla costellazione di Orione narra che il gigante vide in Beozia le Pleiadi, figlie di Atlante e di Pleione, le inseguì con intenti amorosi. Le Pleiadi fuggirono attraverso i campi della Beozia finché gli dèi, mutatele in colombe, ne immortalarono le immagini tra le stelle. Ecco perché in cielo sembra che Orione le stia inseguendo.


Oritaone


Nella mitologia greca, Oritaone era un guerriero troiano vissuto al tempo di re Priamo, sotto il cui regno avvenne la guerra di Troia. Le sue gesta sono narrate nel libro III del Posthomerica di Quinto Smirneo.

Oritaone era un fiero combattente di schieramento troiano, stretto compagno di Ettore a cui sopravvisse per alcuni giorni. Per aspetto e carattere, Oritaone era assai simile ad una divinità.

La morte


Oritaone fu una delle sventurate vittime di Achille morente; ferito e schernito dal dio Apollo, l'eroe comprese che la sua breve vita era giunta al termine e, impazzito d'ira e dolore, si abbatté sulle orde troiane meditando una strage. Per primo, trapassò con la lancia le tempie di Oritaone sfondandogli l'elmo e le ossa del cranio; la punta dell'asta recise i nervi e spappolò il cervello del guerriero, provocandone la morte immediata.

Oritaone perse la vita per mano dell'assassino del suo stesso compagno.

Orizia 1

Figlia di Eretteo, re d'Atene, e di Prassitea.
Un giorno, mentre Orizia giocava con le compagne sulle rive del fiume Ilisso, Borea, figlio di Astreo e di Eos, se la portò via su un picco roccioso presso il fiume Ergine, dove le usò violenza. Borea amava Orizia da molto tempo e più volte aveva chiesto la sua mano, ma Eretteo l'aveva tenuto a bada con vane promesse. Infine Borea, spazientito, si era abbandonato alla sua naturale violenza. Altri invece dicono che Orizia reggeva un cesto di primizie durante l'annuale processione delle Tesmoforie, che si svolge lungo le pendici dell'Acropoli fino al tempio d'Atena Poliade, allorché Borea la rapì, senza essere visto dalla folla raccolta lì attorno. La condusse nella città dei Ciconi in Tracia, dove Orizia divenne sua moglie e gli generò due gemelli, Calaide e Zete. Ad essi, quando raggiunsero la maturità, spuntarono le ali. Presero parte alla spedizione degli Argonauti e svolsero una funzione importante quando, al momento dello scalo presso il re Fineo, inseguirono le Arpie che perseguitavano questo re e le obbligarono a promettere, per il futuro, di lasciare Fineo in pace.
Orizia ebbe da Borea anche due figlie: Chione che generò a Poseidone un figlio, Eumolpo, ch'ella gettò in mare, ma che fu salvato dal padre; e Cleopatra che sposò re Fineo, vittima delle Arpie.

Orizia 2

Mitica regina delle Amazzoni, al tempo in cui Eracle lottò contro di esse e molte ne uccise e parecchie fece prigioniere, fra cui Antiope, sorella della regina, che spettò come parte del bottino a Teseo che partecipava alla spedizione di Eracle.
Orizia giurò di vendicarsi di Teseo e strinse un patto di alleanza con gli Sciti, guidò un forte esercito di Amazzoni sulla superficie gelata del Bosforo Cimmerio, attraversò il Danubio e passò in Tracia, in Tessaglia e in Beozia. Giunta ad Atene, si accampò sull'Areopago e sacrificò ad Ares. Orizia ordinò poi a un distaccamento di invadere la Laconia per scoraggiare ogni tentativo dei Peloponnesiaci di portare rinforzi a Teseo attraverso l'istmo.
Le forze ateniasi erano già riunite, ma né l'una né l'altra parte osava dare inizio alle ostilità. Infine Teseo attaccò battaglia: l'ala destra di Teseo piombò sull'ala sinistra avversaria, ma fu messa in rotta e costretta a ritirarsi fino al Tempio delle Furie; l'ala sinistra dello schieramento ateniese invece sferrò l'assalto e respinse le Amazzoni nei loro accampamenti, infliggendo loro gravi perdite. Taluni dicono che le Amazzoni chiesero la pace soltanto dopo quattro mesi di asprissima lotta; ma altri dicono che Antiope, ormai moglie di Teseo, si battè eroicamente al suo fianco, finché fu uccisa da un dardo di Molpadia; che Orizia con poche compagne fuggì a Megara, dove morì di dolore; e che le Amazzoni superstiti, respinte dall'Attica, si stabilirono in Scizia.


Ormeno


Nella mitologia greca, Ormeno era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia, raccontata da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo soprattutto troiani morti in guerra:

* Ormeno, combattente a difesa di Troia, fu una delle prime vittime di Teucro, il temibile arciere
* Ormeno, soldato troiano ucciso da Polipete, figlio di Piritoo
* Ormeno, dalla cui discendenza proveranno Amintore (suo figlio) e Fenice (suo nipote).

Ornizione

Ornizione (in greco Ὀρνυτίων) nella mitologia greca era uno dei figli di Sisifo[1] e della pleiade Merope. Era chiamato anche Ornito ma da non confondere con gli omonimi guerrieri.

Il suo nome significa "uccello della luna" o "uccellino". La derivazione del nome ai volatili la si deve al fatto che vi era un credo diffuso riguardante gli uccelli nella vecchia Daulide (in seguito chiamata Focide).

Si racconta di lui come padre di Foco, anche se in realtà era stato Poseidone a ingravidare la compagna, fu lui a dare il proprio nome alla Focide. Fu capostipite della linea Toante-Foco e Dorida-Iantida, fu re di Corinto dove suo orgoglio era una mandria di bestiame che pascolava sull'istmo. Lottò a lungo per conquistare la Dafnia appoggiato dai locresi d'Oponte. Gli successe al trono il secondo figlio, Toante.

Oro (mitologia)

Nella mitologia greca, Oro è il nome di tre personaggi:

1. Uno dei cinquanta figli di Licaone, re d'Arcadia, e Melibea.
2. Un guerriero acheo, citato nel libro XI dell'Iliade, ucciso da Ettore.
3. Il corrispettivo greco della divinità egizia Horo o Horus.

Oro, guerriero acheo


Omero non dà alcuna indicazione sulla nazionalità di Oro, né riferisce patronimico o parentela; Oro viene ucciso da Ettore quando questi, avvertito da Apollo della fuga di Agamennone, si scaglia sugli Achei sperando di metterli in fuga verso le loro navi.

Orsiloco

Nella mitologia greca, Orsiloco era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia,la guerra raccontata da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Orsiloco, figlio di Diocle, fratello di Cretone, abile guerriero acheo ucciso da Enea.
* Orsiloco, soldato troiano ucciso da Teucro con il suo arco.

Orteo

Orteo, personaggio dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Orteo partecipò all'azione bellica descritta nel libro VI dell'Iliade relativo alla battaglia delle navi.

Ossilo

Nella mitologia greca, Ossilo era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Ossilo, uno dei figli di Ares , il dio della guerra e di Protogenia che a sua volta era figlia di Calidone e Eolia.
* Ossilo, figlio di Oreio, ebbe una relazione con la propria sorella Amadriade che si concluse con il matrimonio fra i due, dalla loro unione nacquero vari figli dove ognuno aveva il nome che ricordava un dato albero.
* Ossilo, figlio di Emone e nipote di Toante.

Ossilo (Emone)

Nella mitologia greca, Ossilo era il nome di uno dei figli di Emone o Andremone.

Ossilo, uno dei discendenti di Etolo e viveva tranquillamente nell’Elide ma un giorno dovette abbandonare la sua terra per cercare di purificarsi. Tale infatti era l’usanza per gli assassini anche se nel suo caso fu un incidente: mentre gareggiava con il lancio del disco uccise lanciandolo una persona, il fratello Termio. Nei suoi viaggi giunse al golfo di Corinto, poi compiuto il rito, dopo un anno esatto dalla partenza, durante il ritorno in patria incontra gli eraclidi e ne diventa il capo.

Il trioculo

Tempo addietro un indovino chiamato Carno aveva predetto ai figli di Eracle che la guerra nel Peloponneso che volevano compiere sarebbe stata un disastro, Ippote stanco di sentire le sue infauste profezie lo uccise. Le conseguenza furono tragiche: la flotta naufragò e una carestia colpì le truppe. Temeno cercando di risolevvare le sorti chiese consiglio all'oracolo che sentenziò che il loro nuovo capo dovesse avere tre occhi. Lo cercarono in ogni luogo fino a quando videro Ossilo a cavallo di un mulo con un occhio solo, apparendo quindi come un trioculo.

L'impresa

Con un nuovo capo tentarono di nuovo l'impresa fallita più volte: riuscirono ad uccidere Tisameno, figlio di Oreste e conquistarono parte del territorio, li guidò poi via mare e non attrversò l'istmo a piedi. In cambio di tutti i servigi chiese come ricompensa l'Elide. A questo punto esistono vari racconti che si differiscono: c'è chi ha affermato che gli Eraclidi opposero resistenza a tale ricatto mentre Strabone afferma che ottenne ciò che desiderava e mosse subito guerra agli Epei, il cui comandante era Eleio mentre Pausania afferma che una volta conquistata la terra concesse ai vinti di ritornare. La guerra fu vinta grazie ad una disputa fra soli due guerrieri scelti: Digmeno e Pirecme.

I successori

Pausania e Strabone differenziano per quanto riguarda gli eventi successivi alla sua morte. Ebbe una moglie, chiamata Pieria dalla quale nacquero due figli Etolo e Laia. Il primo morì giovane e il secondo successe al padre.


Ossinio


Nella mitologia greca, Ossinio o Ossimo era il nome di uno dei figli di Ettore e di Andromaca.

Ettore era il figlio di Priamo che durante la guerra di Troia dovette difendere il regno dagli invasori achei. Da sua moglie ebbe un figlio Astianatte, ma secondo un'altra versione dei miti ebbe anche un altri figlio, Ossinio.

Secondo tale versione i due figli sopravvissero alla guerra, grazie all'aiuto del nonno paterno. Cresciuti nella Lidia sotto mentite spoglie, tornarono una volta adulti e videro lo sfacelo della città dove li aveva visti nascere: allora decisero di fondare una nuova città, e in seguito un nuovo regno.

Oto (Iliade)

Oto, di Cillene era un capo epeo citato nell'Iliade nel libro relativo al Contrattacco dalle navi.

Oto fu ucciso da Polidamante nell'azione bellica descritta nel libro XV dell'Iliade.

Otreide

Nella mitologia greca, Otreide era una ninfa dei boschi, che fu amata sia da Zeus che da Apollo. Dal primo ebbe un figlio, di nome Meliteo, che Otreide espose nel bosco, per timore delle gelosie di Era. Il fanciullo fu allevato per ordine di Zeus da uno sciame d'api.

Dal secondo ebbe invece un pastore di nome Fegro, che raccolse il fratellastro nel bosco per poi allevarlo in casa sua fino alla sua maturità.

Otreo

Nella mitologia greca, Otreo è il nome di due personaggi, che fanno da contorno ad importanti episodi mitologici.


Il nome di Otreo può riferirsi:

* Otreo, un personaggio secondario all'interno della vicenda degli Argonauti. Questo Otreo, fratello di un re Mariandino, chiamato Lico, era stato ucciso da un brigante locale, Amico, figlio del dio Poseidone. Deciso a vendicare il fratello, Otreo aizzò contro di lui gli Argonauti, i quali erano giunti al suo cospetto durante il loro viaggio alla ricerca del Vello d'oro. Grazie alla forza di Polluce, uno dei viaggiatori, Amico venne sconfitto e la morte di Otreo vendicata.
* Otreo, un re frigio, figlio di Dimante, e quindi fratello di Ecuba, regina di Troia. La sua figura è appena nominata nell'Iliade.

Otrera

Nella mitologia greca, Otrera (o Otrere), era la regina delle Amazzoni, amante del dio Ares e madre di Pentesilea, Ippolita, Antiope, Lisippe e Melanippe.

Otrera, il di cui padre si chiamava Are, a volte è considerata come il mitologico fondatore del tempio di Artemide in Efeso.

Altre volte invece è considerata come la madre della Amazzoni e colei che ha fondato il regno delle Amazzoni, anche se troviamo alcuni miti precedenti alla sua vita, che parlano di Amazzoni.

Successione

Alla sua morte le successe come capo di tutte le donne guerriere sua figlia Ippolita e dopo di lei l'altra figlia Pentesilea.

Otrioneo

Nella mitologia greca, Otrioneo fu uno degli eroi troiani della guerra di Troia narrata nell’Iliade.

Edited by demon quaid - 31/12/2014, 16:58
 
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