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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 12/10/2010, 17:02 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Pafo (mitologia)

Pafo, nella mitologia greca, è il figlio di Pigmalione, re di Cipro, e di Galatea, una statua della dea Afrodite. Galatea fu resa viva da Afrodite per esaudire la preghiera di Pigmalione che si era innamorato della statua che aveva scolpito lui stesso. La storia è narrata da Ovidio e, poi, con qualche variante dallo scrittore cristiano Arnobio.

Palamede

Palamede è un personaggio della mitologia greca, figlio di Nauplio e Climene. Re dell’isola di Eubea, esperto nell’arte bellica e valoroso guerriero.

Le origini di Palamede sono discusse e ricche di contraddizioni. Suo padre è generalmente identificato in Nauplio il Giovane, così definito per distinguerlo dall'omonimo antenato figlio di Poseidone. Non mancano tuttavia mitografi che assegnano la paternità

Palamede dimostrò il suo ingegno smascherando Ulisse il quale, per non partire per la guerra di Troia, si era finto pazzo. Ulisse infatti seminava sulla riva del mare e arava la sabbia. Palamede prese in braccio il piccolo Telemaco, figlio di Ulisse e lo depose davanti all'aratro: Ulisse alzò immediatamente il vomere per non colpire il bambino e così Palamede capì che Ulisse era perfettamente lucido. Da allora però Ulisse meditò come vendicarsi di Palamede. Sotto consiglio di Palamede venne lapidata Epipola, una giovane mascheratasi da uomo per salvare il padre anziano dalla guerra. Più volte aiutò l'esercito degli Achei, inventando dei passatempi per distrarsi dalla guerra o fornendo anche veri e propri viveri per nutrirsi. Ciò attirava su di lui la gran parte dell'ammirazione dei soldati e soprattutto dei capi achei, in particolar modo Agamennone. Ulisse introdusse nella tenda di Palamede una grossa somma di denaro e una falsa lettera di Priamo che ringraziava il greco per le notizie riferite. Andò a denunciarlo come traditore presso Agamennone: l’assemblea dei Greci, viste le prove, condannò l’eroe che fu lapidato. Secondo un’altra tradizione fu ucciso da Ulisse e Diomede mentre era intento a pescare. Un'altra versione raccontava in modo diverso la sua fine: venne infatti ucciso con una freccia per opera di Paride.

La sua figura e le sue vicende acquisirono notorietà ad Atene poiché furono oggetto di una tragedia perduta di Euripide che venne rappresentata nel 415 a.C.

Palamede fu considerato eroe più ingegnoso di Ulisse: aveva inventato il faro, i pesi, le misure, le lettere doppie dell’alfabeto, i numeri, gli scacchi, i dadi. Fu oggetto di studio del sofista Gorgia che lo prese a simbolo filosofico, con implicazioni giuridiche dell’impossibilità di dimostrare ciò che non è accaduto. Allo stesso modo, viene citato sia nell'Apologia di Socrate che nell'Apologia Senofontea.

Palamone

Nella mitologia greca, Palamone era il nome di uno dei figli di Metione.

Secondo una versione del mito era il padre di Dedalo, altre riportano altri padri: Eupalamo o il di lui figlio Metione.

Pale

Dea campestre venerata dai Romani. Sembra che il suo nome derivi da parere (generare). Le era sacro il 21 aprile nel quale si celebrava la sua festa, chiamata Palilia (o Parilia): in tale data sarebbe avvenuta pure la fondazione di Roma da parte di Romolo. In quella ricorrenza i pastori e il bestiame si purificavano saltando tre volte su fuochi di paglia e di sterpi, veniva chiesto perdono per le profanazioni recate involontariamente ai boschi e alle fonti e si pregava per la prosperità delle greggi; Ovidio fa una compiuta descrizione delle palilie nei Fasti (IV, 721 e sgg.).
A Pale erano dovuti sacrifici incruenti di latte e di focacce.

Palici

Divinità sotterranee, protettrici della zona vulcanica della piana di Catania. Sono dèi gemelli, figli di Zeus e della ninfa Talìa. Mentre era incinta, Talìa, per sottrarsi alla persecuzione della gelosissima Era, si fece nascondere da Zeus sottoterra e, a tempo debito, vide uscire dal suolo i suoi due figli, due gemelli che furono chiamati Palici dalle parole greche: pàlin ikèsthai, che vogliono dire nati due volte, cioè da Talìa e dalla terra. Essi professavano l'arte degli indovini e il tempio dove rendevano i loro oracoli, era situato presso il lago di Naftìa, non lontano da Palagonìa (Catania); dal lago scaturiva una sorgente d'acqua calda sulfurea, che la superstizione credeva fosse stata culla dei due gemelli. Sulla sponda del laghetto, quando sorgeva qualche lite fra gli abitanti del luogo, si usava asseverare con giuramento i termini della controversia. Allorché qualcuno voleva affermare qualcosa con un giuramento, scriveva il giuramento su di una tavoletta che poi gettava nell'acqua del lago. Se la tavoletta galleggiava, il giuramento era vero; se andava a fondo, si era spergiuro. Si diceva inoltre che i Palici accecavano i mentitori che li invocavano falsamente. Nel tempio dei Palici si rifugiavano pure gli schiavi maltrattati dai padroni; e a questi era proibito di andarli a riprendere, se non dopo aver prestato giuramento, in nome dei fratelli Palici, di trattare con umanità e dolcezza i propri dipendenti. Il tempio-santuario fu centro del movimento nazionale sotto Ducezio (459 a. C.), durante la rivolta degli schiavi (204 a. C.), e loro asilo nella seconda guerra servile.

Palinuro

Pilota della nave di Enea. Quando la flotta partì dalla Sicilia per raggiungere l'Italia, Venere pregò supplichevolmente Nettuno affinché rendesse sicuro e privo di pericoli l'ultimo tratto di mare che ancora separava i Troiani dalla terra promessa. Nettuno promise, assicurando la dea che un solo uomo si sarebbe perduto. Sopraggiunta la notte, mentre tutti riposavano, il dio del sonno scese silenzioso verso il fedele Palinuro, il solo che ancora vegliava sulla nave ammiraglia; ma l'infelice nocchiero, dopo deboli e vani tentativi di resistenza, vinto dal sonno, cadde in mare spinto con urto tremendo dal dio ingannatore. Poco dopo Enea si accorse dell'incerto vagare della nave e, vista la sparizione del caro e fedele amico, si sostituì a lui piangendo la sua indegna e immatura fine. Ma lo rivide quando, accompagnato dalla Sibilla di Cuma, scese agli Inferi e sulle rive dello Stige, tra la folla dei morti rimasti senza sepoltura, scorse Palinuro, il quale ancora inconsapevole della sorte che gli era toccata, raccontò che mentre stava appoggiato al timone per regolare la rotta, questo si staccò di colpo ed egli, caduto in mare, per tre giorni e tre notti nuotò disperatamente tra i flutti. All'alba del quarto giorno riuscì a mettere piede sul suolo italico, ma la selvaggia popolazione del luogo lo assalì lasciando il suo cadavere insepolto sul lido, in balia dei flutti e dei venti. Palinuro chiese ad Enea, quando sarebbe tornato sulla terra, di recarsi al porto di Velia e di gettare un po' di terra sul suo corpo. La Sibilla lo confortò assicurandogli che quelli stessi che l'uccisero, spinti da prodigi terribili, avrebbero dato ben presto sepoltura alla sua spoglia, e che avrebbero eretto un tempio sul promontorio, detto capo Palinuro, estrema sporgenza della pseudopenisola del Cilento, fra i due golfi di Salerno e di Policastro. Si calmò allora l'angoscia nella pallida faccia di Palinuro, confortato dal pensiero di quella terra che avrebbe eternato il suo nome.

Pallade (Licaone)

Pallante o Pallade, nella mitologia greca, fu figlio di Licaone l'empio.

Pochi miti raccontano di lui. Inoltre la sua storia è fortemente adombrata da altri "Pallante" più famosi, come il titano patrono della Saggezza, il gigante padre di Atena e l'eroe attico.

Il fatto che fosse un pelasgo giustifica l'assimilazione al titano Pallade. I titani erano infatti le divinità greche preelleniche, che, come racconta il mito della Titanomachia, furono estromessi dal pantheon greco per essere sostituiti dagli Olimpi, le divinità degli elleni vincitori.

Di questo Pallante si sa solo che fu figlio di Licaone, fondò la città di Pallanzio in Arcadia e generò Crise.
(La storia si incrocia con due dei suoi omonimi: si dice che qui generò una stirpe di Giganti. Ma lo stesso si racconta anche dell'eroe attico Pallade! Si dice inoltre che fu questi, successivamente, dopo esser stato esiliato da Atene, a fondare Pallanzio.)

Crise sposò Dardano e visse in Arcadia. I loro figli vissero nella regione che fu governata dal titano Atlante.
Dopo il diluvio di Deucalione, Dardano e Crise migrarono in Dardania, dove Dardano divenne capostipite dei Troiani. Questa però è solo una propaganda politica raccontata dagli Ateniesi: in tal modo si fa dello stretto dei Dardanelli, oggetto della guerra di Troia, "proprietà" degli Achei (che lo ribattezzarono Ellesponto, cioè "mare di Elle", altro nome di Elena).
Era un modo per giustificare col mito l'assedio alla prosperosa città di Troia, additata così come illegittima esattrice del commercio attraverso lo stretto.

Crise, nel viaggio, portò i propri idoli con sè, cioè il culto della dea Pallade Atena.
Infatti anche Troia aveva il suo Palladio, come la città di Atene. Questo può significare semplicemente che anche i troiani adoravano la Dea, così come anch'essi avevano un collegio di cinquanta pallas, "giovani" dediti al servizio della Dea: "i cinquanta figli di Priamo", poteva essere un epiteto dei sacerdoti di Atena, e il re troiano ne era officiante supremo.

Pallade (Tritone)

Pallade, nella mitologia greca, era la libica compagna di giochi di Atena.

Si racconta che, ancora fanciulla, Atena uccise incidentalmente la sua amica Pallade, mentre era impegnata con lei in uno scherzoso combattimento, armate di lancia e di scudo. In segno di lutto, Atena aggiunse il nome di Pallade al proprio.

Il racconto che invece ci tramanda lo Pseudo-Apollodoro è una tarda versione. Egli ci dice che Atena, nata da Zeus e allevata dal dio-fiume Tritone, uccise la figlia di questi, la sua sorellastra Pallade, poiché lo volle Zeus, che intenzionalmente distrasse la ragazza.

Esegesi

Un altro Pallade generò i cinquanta Pallantidi, nemici di Teseo, che pare fossero in origine delle sacerdotesse guerriere di Atena. Platone identificò Atena patrona di Atene con la dea libica Neith, ed Erodoto ci dice che le sacerdotesse vergini di questa annualmente si impegnavano in un combattimento per disputarsi il titolo di "Gran Sacerdotessa" della Dea.
Tritona potrebbe significare "terza regina", cioè il membro più anziano della Triade sacra: Kore, Persefone, Demetra.

Il Palladio


Atena, in segno di lutto, fece costruire un'immagine della compianta amica Pallade, e pose tale simulacro sull'Olimpo a fianco del trono di Zeus.

Era una statua di legno, senza gambe, alto tre cubiti, che ritraeva Pallade reggente una lancia nella mano destra e una rocca e un fuso nella sinistra; il suo petto era coperto dall'egida.

Il Palladio a Troia


Elettra, la nonna di Ilo, il fondatore di Troia, venne violentata da Zeus, e le capitò di sporcare del sangue vaginale la statua della vergine Pallade.
Atena, infuriata, scaraventò Elettra e il Palladio sulla terra.

Ilo aveva chiesto un segno a Zeus, mentre segnava i confini della città, e lo ottenne. Apollo Sminteo consigliò a Ilo:
« Abbi cura della dea che cadde dal cielo e avrai così cura della tua città, poiché la forza e il potere accompagnano la dea, dovunque essa vada »

Alcuni affermano che il tempio di Atena fosse già in costruzione, quando l'immagine cadde dal cielo. Altri invece suppongono che fu Elettra stessa a donare il Palladio a Dardano.

Si dice che, nell'occorrenza di un incendio, Ilo si tuffò tra le fiamme per recuperare il Palladio, ma Atena, irritata dal fatto che un mortale potesse avvicinarsi incauto al suo simulacro, accecò Ilo. Questi, tuttavia, riuscì a placare la dea e riottenne la vista.

Pallante (eroe)

Pallade o Pallante, nella mitologia greca, era uno dei figli di Pandione e fu eroe attico e padre dei cinquanta Pallantidi uccisi da Teseo.

Vi è una certa confusione tra questo Pallade e la figura di Pallade il gigante. Infatti si dice che Pallade figlio di Pandione si stabilì nell'Attica e ivi generò una stirpe di Giganti. Ma in realtà secondo alcuni i Pallantidi erano uomini.

Pandione, re di Atene, ne fu scacciato con un colpo di stato e fuggì a Megara dove si sposò con Pilia e generò Egeo.
Ebbe quattro figli, Egeo, Pallade, Niso e Lico, benché Egeo mise in giro la voce di esser figlio di un certo Sciro, poiché era geloso degli altri suoi fratelli.

Dopo la morte di Pandione, i suoi figli marciarono su Atene, scacciarono i rivali e si divisero l'Attica: Egeo ebbe la sovranità su Atene, mentre a Pallade toccò l'Attica meridionale. Non gradì comunque questa spartizione.

Egeo generò Teseo in circostanze piuttosto confuse: alcuni dicono fosse figlio di Poseidone. Teseo fu poi riconosciuto come legittimo figlio ed erede da parte di Egeo e questo riconoscimento fece svanire nei figli di Pallante le speranze di salire al trono di Egeo.

I suoi figli, detti Pallantidi, erano cinquanta. Essi sostenevano che Egeo, non essendo un Pandionide, non poteva avanzare pretese sul trono. Pallade con venticinque suoi figli marciò sulla città, mentre gli altri venticinque prepararono un'imboscata. Ma Teseo, il figlio di Egeo, che avrebbe ereditato il trono, seppe dell'imboscata da un tale chiamato Leo, e sterminò i Pallantidi.
Plutarco racconta che i loro successori non permettono che gli araldi diano inizio a un proclama con le parole "Akouete leoi" (ascoltate cittadini), per via dell'assonanza tra leoi e "Leo".

Questo episodio, assieme alla negazione da parte dei Pallantidi della legittima discendenza di Egeo e Teseo, rispecchia forse una protesta degli Ateniesi contro chi usurpò le prerogative degli indigeni Pandionidi: Teseo infatti fu un re solare che soppresse il culto della Dea Madre nel suo aspetto di pallas, "fanciulla", officiato dai Pallantidi.

Teseo fece salvi i venticinque Pallantidi sopravvissuti, tuttavia li uccise successivamente per misura precauzionale. Secondo Euripide (nel suo Ippolito) Teseo viene bandito da Atene, poiché, secondo le leggi dell'epoca, chi commetteva omicidio, doveva esser bandito dalla città. Ma Teseo uccise tutto il clan dei Pallantidi, così bastò l'anno di esilio a Trezene, e poté rimanere in Atene e governarla.

Alcuni dicono che Pallade, sopravvissuto ai suoi figli, andò in esilio e fondò Pallanzio in Arcadia. Qui generò una stirpe di Giganti. Ma altri sostengono fosse un altro Pallade, figlio di Licaone, che fondò tale città dopo il Diluvio di Deucalione, oppure il Pallade fratellastro di Teseo, o nipote, secondo altre genealogie: fu Neleo, figlio di Poseidone e di Tiro (e quindi fratellastro di Teseo) a generare Pallante.

Secondo alcuni, una figlia di Pallade, Crise, sposò Dardano, che fu il capostipite dei troiani: in tal modo si fa dei Troiani dei diretti discendenti degli ateniesi. Ma questa fu solo una propaganda politica e, per tal ragione, informazione falsa. Crise e Dardano, infatti, si dice fossero scappati in Dardania dopo il diluvio di Deucalione (così si tratterebbe di Crise nipote di Licaone il pelasgo).
Crise portò i suoi idoli con sè, e infatti anche Troia aveva il suo Palladio, come Atene, ma questo può significare semplicemente che anche i troiani adoravano Pallade Atena, che anche qui si poteva fregiare di un collegio di cinquanta sacerdotesse. "I cinquanta figli di Priamo", poteva essere un epiteto dei sacerdoti di Atena, e il re troiano ne era officiante massimo.

Pallantidi

I Pallantidi sono i cinquanta figli di Pallade che Teseo sterminò durante le lotte di successione al trono di Atene.

Pandione, re di Atene, ebbe quattro figli: Egeo, Pallade, Niso e Lico, benché Egeo mise in giro la voce di esser figlio di un certo Sciro, poiché era geloso degli altri suoi fratelli.

Dopo la morte di Pandione, Egeo ebbe la sovranità su Atene, mentre a Pallade toccò l'Attica meridionale. Non gradì comunque questa spartizione.

Egeo generò Teseo, che fu poi riconosciuto come legittimo figlio ed erede da parte di Egeo e questo riconoscimento fece svanire nei figli di Pallante le speranze di salire al trono di Egeo.
Erano cinquanta figli, detti Pallantidi. Essi sostenevano che Egeo, non essendo un Pandionide, non poteva avanzare pretese sul trono.

Pallade con venticinque suoi figli marciò sulla città, mentre gli altri venticinque prepararono un'imboscata.
Ma Teseo seppe dell'imboscata da un tale chiamato Leo, e uccise i Pallantidi.
Plutarco racconta che i loro successori non permettono che gli araldi diano inizio a un proclama con le parole Akouete leoi, "ascoltate cittadini", per via dell'assonanza tra leoi e "Leo".

Teseo fece salvi i venticinque Pallantidi sopravvissuti, tuttavia li uccise successivamente per misura precauzionale. Secondo Euripide (nel suo Ippolito) Teseo venne bandito da Atene, poiché, secondo le leggi dell'epoca, chi commetteva omicidio, doveva esser bandito dalla città. Ma Teseo sterminò tutto il clan dei Pallantidi, così bastò l'anno di esilio a Trezene, e poté rimanere in Atene e governarla.

Esegesi


Si racconta che ancora fanciulla, Atena uccise incidentalmente la sua compagna di giochi Pallade, figlia di Tritone, mentre si era impegnata con lei in uno scherzoso combattimento, armate di lancia e di scudo.
Tritona potrebbe significare "terza regina", cioè il membro più anziano della Triade sacra: Kore, Persefone, Demetra.

Platone identificò Atena patrona di Atene con la dea libica Neith, ed Erodoto ci dice che le sue cinquanta sacerdotesse vergini (pallas) annualmente si impegnavano in un combattimento per disputarsi il titolo di "Gran Sacerdotessa" della Dea.

I Pallantidi probabilmente erano cinquanta sacerdoti o sacerdotesse (pallas significa "giovane", come in italiano sia maschio che femmina) dediti al culto di Atena.
O, ancora, potrebbero essere un clan o una tribù di pelasgi il cui titano tutelare era Pallade. Con le successive invasioni elleniche il posto di Pallade nel pantheon greco fu preso a forza da Atena. La dea, infatti scuoiò vivo il gigante, uccidendolo, e per giustificarsi disse che lui aveva tentato di violentarla. Della sua pelle ne fece un'egida.

Morta la propria divinità, i Pallantidi comunque rimasero un clan influente in Atene, fino al sorgere di un governatore potente come fu Teseo.
Gli episodi di lotta alla successione del trono ateniese rispecchiano forse una protesta degli Ateniesi contro chi usurpò le prerogative degli indigeni Pandionidi: Teseo infatti fu un re solare che soppresse il culto della Dea Madre nel suo aspetto di pallas, "fanciulla", officiato dai Pallantidi.

Secondo alcuni, una figlia di Pallade, (o di un altro Pallante, il figlio di Licaone) chiamata Crise, sposò Dardano, che fu il capostipite dei troiani. Questa però è solo una propaganda politica raccontata dagli Ateniesi: in tal modo si fa dello stretto dei Dardanelli, oggetto della guerra di Troia, "proprietà" degli Achei (che lo ribattezzarono Ellesponto, cioè "mare di Elle", altro nome di Elena).
Era un modo per giustificare col mito l'assedio alla prosperosa città di Troia, additata così come illegittima esattrice del commercio attraverso lo stretto.

Anche Troia aveva come dio tutelare Atena, e i "cinquanta figli di Priamo" poteva essere il nome di un collegio di sacerdoti di Atena, di cui il re di Troia era officiante supremo.

Pammone

Nella mitologia greca, Pammone era uno dei diciannove figli di Priamo e di Ecuba, sua moglie, menzionato da Omero nell'Iliade, e dal noto mitografo Pseudo-Apollodoro nella sua Biblioteca. Pur essendo una figura secondaria nella vicenda della guerra di Troia, essa è stata oggetto di un'interpretazione successiva, in particolar modo di Quinto Smirneo, un poeta tardo vissuto tra il III e il IV secolo, il qual s'impegnò a delineare bene la figura di questo personaggio e a fornirgli un ruolo preciso nella guerra.

Secondo la tradizione, Priamo, il re di Troia ebbe alcuni rapporti con molte delle sue concubine, oltre che con le sue moglie legittime, tra le quali Arisbe, Castianira, Laotoe e la stessa Ecuba. Da tali unioni egli ebbe cinquanta figli, o, più precisamente, cinquantaquattro. Pammone era uno dei diciannove figli che egli generò con la sua seconda e legittima moglie, Ecuba. I suoi fratelli maggiori erano Ettore, Paride, Deifobo, Eleno e Polite, mentre quelli che gli succedettero furono Polite, Antifo, Ipponoo, Polidoro e Troilo.

Nella guerra di Troia


Quando Paride figlio di Priamo fratello di Pammone prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani. Pammone era uno dei diciannove figli di Priamo e di Ecuba, che combatté insieme ai suoi fratelli contro le pretese dei sovrani achei. Nell' Iliade non viene ricordato in battaglia, quanto nell'ultimo libro, in cui è severamente sgridato dal padre, dopo la morte del fratello maggiore Ettore. Il che fa pensare al fatto che non eccelleva poi molto in guerra, oppure che non obbediva sempre agli ordini di Priamo.

La morte


La sua fine è sconosciuta: non si sa se sia morto in guerra dopo la morte di Ettore, oppure ucciso insieme ai suoi concittadini il giorno della caduta di Troia.
Fonti non ben specificate raccontano che egli venne ucciso in battaglia da Neottolemo, figlio di Achille.

Pan

E' un dio particolare, è infatti l'unico a non essere immortale. Dio dei pastori e delle greggi, divinità dei boschi, dei campi e della fertilità. Certuni dicono che Ermete generò Pan in Driope; o nella ninfa Enide; o in Penelope, moglie di Odisseo, che egli coprì sotto forma di ariete; oppure nella capra Amaltea. Si dice che Pan appena nato fosse così brutto a vedersi, munito di corna, di barba e di piedi caprini. La madre fuggì atterrita, ma il padre lo portò sull'Olimpo, dove fu chiamato Pan perché il suo strano aspetto aveva rallegrato tutti gli dèi. Altri ancora vogliono che Pan fosse figlio di Crono e di Rea o di Zeus e di Ibris, benché qusta sia la versione più improbabile.
Cresciuto in Arcadia, egli si compiaceva della vita dei boschi, dove abitava insieme con le ninfe Oreadi, i Satiri e i suoi figli chiamati Pani o Panischi. Egli era, in complesso, pigro e di buon carattere, aiutava chiunque avesse bisogno di lui. Nulla gli piaceva più della siesta pomeridiana e si vendicava di chi veniva a disturbarlo lanciando dal fondo di una grotta o dal folto di un bosco un urlo tale da creare il timore panico. Si narra anche che Pan avesse spaventato i Giganti durante la battaglia contro gli dèi con un grande urlo che li terrorizzò. Si compiaceva inoltre della danza e del suono della zampogna, strumento musicale dei pastori, del quale gli si attribuiva l'invenzione. Si raccontava anzi che, invaghito di una ninfa. chiamata Siringa, la inseguisse per i monti; quando già stava per essere raggiunta, la ninfa giunta al fiume Ladone si accorse disperata di non poterlo attraversare e invocò l'aiuto di Gea, che la tramutò in una canna palustre: il suono che da essa usciva al soffiar del vento suggerì al Nume l'idea di formarne uno strumento musicale. Pan allora tagliò la canna in pezzi di diverse lunghezze che legò insieme e, dal nome della ninfa, chiamò Siringa (in greco = zanpogna).
Grande amante del sesso ebbe numerose avventure con diverse ninfe tra le quali Eco, che gli generò Iunce, ed Eufeme, nutrice delle Muse, che gli generò Croto, il Sagittario dello Zodiaco. Ebbe un infelice amore per Narciso. Pan si vantava inoltre di essersi accoppiato con tutte le Menadi ubriache di Dioniso. Un giorno tentò di sedurre la casta Piti, che riuscì a sfuggirgli soltanto trasformandosi in un albero di fico; e Pan se ne appese al collo un ramo a guisa di scapolare. Il suo più grande amore fu rivolto a Selene, ma la dea non gradiva quel dio sporco e peloso, allora Pan nascose la sua figura sotto un vello bianco e profumato, Selene non riconoscendolo accettò di cavalcarlo e lasciò che egli godesse di lei a suo piacimento.
Gli dèi dell'Olimpo, pur disprezzando Pan per i suoi modi rozzi, ne sfruttavano le capacità. Apollo imparò da lui l'arte della profezia ed Ermete copiò lo zufolo che Pan aveva lasciato cadere: si vantò poi di averlo inventato e lo vendette ad Apollo. Un mito narra che quando gli dèi inseguiti da Tifone si rifugiarono in Egitto, si mutarono in animali per nascondersi. Soltanto Atena non si mosse e rimproverò Zeus per la sua codardia finché costui, riassumendo le sue vere sembianze, affrontò Tifone. Il mostro però lo avvolse nelle sue mille spire e gli tagliò i tendini delle mani e dei piedi e li nascose nella grotta di Coricia, in una pelle d'orso presso la quale montava la guardia Delfine, su sorella. Ermete e Pan si recarono segretamente alla grotta, dove Pan terrorizzo Delfine con un improvviso orribile urlo, mentre Ermete abilmente sottraeva i tendini per rimetterli nelle membra di Zeus.
Il culto di Pan sarebbe entrato in Attica solo dopo la battaglia di Maratona. Si narra, infatti, che quando Fedippide corse da Atene a Sparta a chiedere aiuti al tempo della battaglia di Maratona (490 a. C.), mentre attraversava il monte Pertenio in Arcadia, venisse chiamato per nome dal dio e interrogato sul motivo per cui gli Ateniesi non lo veneravano, nonostante fosse stato sempre generoso con loro. Quindi, dopo la vittoria di Maratona, da cui i Persiani fuggirono in preda al "timor panico", ad Atene gli venne eretto un altare e in onore di Pan vennero svolti sacrifici e feste. Come dio degli armenti, era responsabile della loro fertilità e per questo quando gli armenti non si riproducevano in modo soddisfacente, una statua del dio veniva frustata con della scilla. Gli attributi ordinari di Pan sono una siringa, un bastone da pastore, una corona di pino o un ramoscello di pino in mano.
Presso i Romani si fuse con il dio Fauno anch'egli protettore dei pascoli e del bestiame, oppure col dio dei "boschetti", Silvano. Sua paredra fu Fauna assimilata alla Bona Dea. A Pan venne più tardi riannodata la festa dei Lupercali.


Pandareo


Pandareo è una figura della mitologia greca. Era figlio di Merope ed amico di Tantalo. Esistono varie versioni dei miti che lo vedono come protagonista.

Secondo alcune fonti rubò, su richiesta dell'amico Tantalo, il cane d'oro (o di bronzo) che custodiva il recinto del tempio di Zeus a Mileto (o a Creta). Per punizione venne tramutato in sasso.
Secondo altre fonti rubò il cane di Zeus per vendicare la morte di Giasone. Demetra lo protesse dall'ira del dio e gli diede il dono di non soffrire mai di male al ventre. Da Armotoe ebbe tre figlie: Edone, Cleotera e Chelidonia, che vennero allevate, dopo la morte del padre, da Afrodite, Era ed Atena. Vennero poi rapite dalle Arpie e consegnate alle Erinni, che ne fecero le ancelle di Proserpina nell'Ade.

Pandaro


Pandaro è un personaggio della mitologia greca, figlio di Licaone e di Licia.

Principe di Zelea, ai piedi del monte Ida, era un abile arciere, premiato dal dio Apollo con il dono di un bellissimo arco, derivato dalle corna di uno stambecco, ornato da borchie d’oro.

La morte

Il IV e V canto dell’Iliade tracciano di questo personaggio un ritratto non molto edificante. Dopo il duello fra Menelao e Paride, venne stabilita la pace fra i due schieramenti. Pandaro però, sotto inganno di Atena, violò i patti colpendo con una freccia al fianco Menelao. Durante la battaglia che ne seguì ferì Diomede a una spalla. L’eroe acheo pregò allora la dea Atena, sua protettrice, di poter vendicarsi uccidendo il suo feritore. Assistito da Enea, che gli prestò il suo carro, Pandaro funse per lui da auriga (non vi erano infatti molti cavalli a Zelea e Pandaro aveva preferito lasciare a casa i pochi posseduti). Insieme i due troiani mossero contro Diomede. Pandaro, scoraggiato dal fatto di non avere ucciso il re di Argo col suo arco, scagliò il suo giavellotto contro il figlio di Tideo che colpì a sua volta il nemico in pieno volto, uccidendolo. Dopo la sua morte vi fu un combattimento presso il suo cadavere, nel quale Enea venne quasi ucciso da Diomede, ma, salvato dalla madre Afrodite, fu portato in salvo da Apollo.

Pandia


Pandia è una figura della mitologia greca. Figlia di Zeus e di Selene, era la personificazione del plenilunio e quindi dea della luna piena. Viene ricordata tra gli altri dei immortali, dai quali si distingue soprattutto per la sua avvenenza.

Veniva celebrata con il padre Zeus in una festa ateniese nel mese di Elafebolione.

Pandione 1

Figlio di Erittonio e della Naiade Prassitea, successe al padre nel regno ed ebbe dalla ninfa Zeusippe due gemelli, Eretteo e Bute, e le due figlie Procne e Filomela.
Tra Pandione e il suo vicino Labdaco, re di Tebe, era sorta una contesa per una questione di frontiere, che fu risolta a favore di Pandione da Tereo, re di Tracia. Pandione diede allora all'alleato la figlia Procne in isposa, e ben presto dal loro matrimonio nacque un figlio, che fu chiamato Iti. Sventuratamente Tereo s'innamorò della cognata, la giovane Filomela; e un anno dopo rinchiuse Procne in una capanna presso il palazzo e annunciò a Pandione la notizia della sua morte. Pandione associandosi al dolore di Tereo, generosamente gli offrì in isposa Filomela perché sostituisse Procne e la fece scortare fino a Daulide da guardie del corpo ateniesi. Tereo uccise le guardie e prima ancora che Filomela giungesse al palazzo dove si dovevano celebrare le nozze, l'aveva già costretta a giacersi con lui. Procne fu ben presto a conoscenza dell'accaduto, ma, per misura di precauzione, Tereo le fece tagliare la lingua e la segregò nel quartiere degli schiavi. Procne tuttavia riuscì ad inviare un segreto messaggio a Filomela intessendolo nel manto nuziale a lei destinato. Il messaggio diceva che Procne si trovava tra gli schiavi.
Frattanto Tereo era stato avvertito da un oracolo che Iti sarebbe morto per mano di un congiunto e, sospettando che suo fratello Driante tramasse per impadronirsi del trono, Tereo lo uccise a tradimento con un colpo d'ascia. Quello stesso giorno Filomela lesse il messaggio e si precipitò nel quartiere degli schiavi; ma trovò la porta sbarrata, la fece abbattere e liberò Procne. Questa subito si impadronì di Iti, lo uccise e lo fece bollire in un calderone per darlo in pasto a Tereo al suo ritorno.
Quando Tereo si rese conto d'aver mangiato la carne di suo figlio, afferrò l'ascia con la quale aveva ucciso Driante e inseguì le due sorelle che erano fuggite dal palazzo. Ben presto le raggiunse a Dauli, in Focide, e le due sventurate implorarono gli dèi di salvarle. Gli dèi ebbero pietà di loro e trasformarono tutti e tre in uccelli: Procne divenne una rondine; Filomela un usignolo e Tereo un'upupa. Altri dicono che Tereo fu trasformato in sparviero.
Pandione morì di dolore quando conobbe la sorte di Procne, Filomela e Iti. I suoi figli gemelli se ne divisero l'eredità: Eretteo divenne re di Atene, mentre Bute officiava come sacerdote di Atena e di Poseidone.

Pandione 2

Figlio di Cecrope e di Metiadusa, divenuto alla morte del padre re di Atene, fu spodestato dai suoi cugini, i figli di Metione e cacciato a Megara, dove sposò Pilia, la figlia del re Pila, ottenendo la signoria della città. I suoi quattro figli Egeo, Pallante, Niso e Lico marciarono contro Atene, scacciarono i figli di Metione e divisero l'Attica in quattro parti, seguendo le istruzioni del loro padre. Egeo, che era il maggiore, ebbe la sovranità su Atene, mentre i suoi fratelli estrassero a sorte gli altri lotti del regno: a Niso toccò Megara e la regione circostante; a Lico toccò l'Eubea e a Pallante l'Attica meridionale.
Pandione non ritornò mai più ad Atene. Egli ha ora un santuario eroico a Megara, dove si mostra la sua tomba sul promontorio di Atena la Tuffatrice, come prova che quel territorio apparteneva un tempo ad Atene. Una sua statua sorgeva nell'Acropoli di Atene fra quelle degli eroi eponimi.

Pandora


Nella mitologia greca, Pandora è la prima donna, creata per ordine di Zeus, per punire l’umanità.

Il mito di Pandora


Zeus, infuriato per il furto del fuoco divino commesso da Prometeo, decise di punire questi e la sua amata creazione: il genere umano. Prometeo venne incatenato ad una roccia ed ogni giorno un’aquila gli divorava il fegato: l’organo ricresceva durante la notte e così, la mattina successiva, il tormento riprendeva. Per punire gli uomini, Zeus ordinò ad Efesto di creare una bellissima fanciulla, Pandora (dal greco "pan doron" = "Tutti I Doni"), alla quale gli dei offrirono grazia e ogni sorta di virtù.

Ermes, che aveva dotato la giovane di astuzia e curiosità, venne incaricato di condurre Pandora dal fratello di Prometeo, Epimeteo. Questi, nonostante l’avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dei (non è un caso che il suo nome, in greco, significhi "colui che riflette tardi"), sposò Pandora, da cui ebbe Pirra. Ella recava con sé un vaso regalatole da Zeus, che però le aveva ordinato di lasciare sempre chiuso. Ma, spinta dalla curiosità, Pandora disobbedì: aprì il vaso e da esso uscirono tutti i mali del mondo (la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, ecc.) che si abbatterono sull’umanità. Sul fondo del vaso rimase solo la speranza, l’ultima a morire. Secondo un’altra versione il vaso, aperto da Epimeteo, conteneva tutti i beni, che volarono verso gli dei, lasciandone sprovvisti gli uomini.

Pandroso

Pandroso è un personaggio della mitologia greca. Il suo nome significa tutta rugiada. Era una delle tre figlie di Cecrope, il primo re mitico di Atene, e di Agraulo. Con le sorelle Erse e Agraulo (omonima della madre) aprì la cesta che conteneva il piccolo Erittonio che Atena aveva affidato loro con il divieto assoluto di aprirla. All'ultimo momento, Pandroso evitò di guardare all'interno e venne per questo risparmiata dalla vendetta della dea, a differenza delle sorelle, che furono rese pazze e spinte a gettarsi dalla rocca di Atene.
Pandroso fu venerata in Atene come la dea della rugiada e come la prima donna ad aver filato.
Avrebbe inoltre avuto una relazione amorosa con Ermes, dando alla luce Cerice.

Panopeo

Nella mitologia greca, Panopeo ai tempi della guerra di Troia, era sia il nome di una città che quello di uno dei personaggi citati nell’ Iliade da Omero.

Panopeo la città

Citata per la prima volta nel secondo libro, era una delle città da dove provenivano i focesi di cui a capo erano Schedio, un abitante proprio di Panopeo e Epistrofo.

Panopeo

Tale personaggio, fratello di Criso, figlio di Foco, era il padre di Enopeo, ma si discute se tale sia colui che abbia poi progettato il cavallo di legno oppure sia stato un altro, anche per via del fatto che durante il racconto non abbia mostrato una grande intelligenza.

Pantoo

Nella mitologia greca, Pantoo era il nome di uno dei personaggi presenti nella guerra di Troia, nata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re della Troia. La guerra fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Nell'Iliade

Secondo Omero, Pantoo non prese parte alla guerra di Troia, essendo già avanti negli anni, ma vi combatterono diversi suoi figli fra cui Polidamante (il primogenito), Megete, Euforbo e Iperenore. Si presuppone che sua moglie fosse Frontide. Il suo nome viene pronunciato più volte nel discorso fra Euforbo e Menelao prima del loro combattimento nel libro XVII dell’Iliade. Per discendenza spesso ai nomi dei figli viene affiancato il patronimico “Pantoide".

Nell'Eneide

Pantoo compare in carne e ossa nell' Eneide di Virgilio. Nella notte della caduta di Troia è tra i concittadini che Enea cerca di mettere in salvo. Imbattutisi in un gruppo di soldati achei, molti di loro soccombono, Pantoo compreso.

Parche

Divinità che presiedono al destino dell'uomo (Tria Fata), dalla nascita alla morte. I nomi delle Parche negli scrittori latini che di frequente le nominano sono gli stessi delle greche Moire: Cloto che tiene la conocchia, Lachesi che fila lo stame, Atropo che recide il filo. L'arte figurativa le rappresenta alla maniera delle Moire. I Romani non dedicarono a esse un culto vero e proprio. (vedi MOIRE).

Paride

Paride è una figura della mitologia greca, figlio secondogenito di Priamo, re di Troia, e di Ecuba.
Principe troiano, esposto ancora neonato sul monte Ida a causa delle profezie funeste che lo accompagnarono sin dalla nascita, visse da pastore fino a quando non fu scelto dagli dèi affinché desse il suo giudizio sulla più bella fra le dee Era, Athena e Afrodite.

Riconosciuto dal padre, rientrò a corte e partì in missione diplomatica per Sparta, dove conobbe Elena, moglie di Menelao, la donna più bella del mondo: Afrodite per rispettare la promessa fattagli per ottenere il pomo d’oro fece innamorare la donna perdutamente dell'eroe. Paride rapì quindi Elena e la portò con sé a Troia.

Nel corso della guerra che ne seguì, affrontò Menelao in duello e fu salvato dalla morte per intervento di Afrodite; in battaglia si distinse tra i migliori nel tiro con l'arco e fu destinato a uccidere Achille.

Secondo la tradizione più accettata, Priamo, re di Troia, all’indomani della sua salita al trono, aveva cinquanta figli, la maggior parte dei quali illegittimi. Come afferma lui stesso nell’Iliade, diciannove di essi erano frutto di una sola donna, riconosciuta come la regina Ecuba.

Nei poemi successivi, Paride appare come il secondo e legittimo figlio del re e di Ecuba, sua moglie. Il troiano aveva dunque nove fratelli (il maggiore, Ettore, seguito da Deifobo, Eleno, Pammone, Polite, Antifo, Ipponoo, Polidoro e forse anche Troilo) e quattro sorelle (Creusa, Laodice, Polissena e la profetessa Cassandra).

La predizione di Ecuba, l'abbandono e il riconoscimento di Cassandra.


La profetessa Cassandra, al centro, predice la caduta di Troia di fronte a Priamo, che stringe tra le braccia il piccolo Paride con il pomo della discordia; sulla destra, Ettore, in piedi, assiste alla scena. Affresco su intonaco, 20–30, Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Dopo il parto Ecuba aveva sognato di aver partorito una fiaccola che avrebbe incendiato la città. La stessa visione la aveva avuto poco tempo prima anche Cassandra, figlia di Priamo. Per questo motivo il neonato fu abbandonato sui monti in balia delle fiere e salvato da un pastore e cresciuto da questo come un figlio. Apollodoro ci dice che Priamo, consultato il primo figlio Esaco che era un interprete di sogni, mandò il suo servo sul monte Ida per esporre il bambino, ma fu allevato per cinque giorni da un'orsa e lo stesso schiavo, meravigliato dalla vicenda, decise di accoglierlo come figlio proprio e crebbe come un pastore. Divenne un giovane di straordinaria bellezza. Partecipando ad una gara a Troia fu riconosciuto da Cassandra e Priamo lo accolse restituendogli il posto di principe di Troia.

Giudizio di Paride

La spedizione a Sparta


Paride accompagnò a Sparta il fratello Ettore, e qui furono ospitati dal re Menelao. Menelao aveva una bellissima moglie Elena, Paride se ne innamorò e fu ricambiato da questa. Insieme fuggirono a Troia e scatenarono la guerra. Dalla loro unione nacquero quattro figli, Agano, Bugono, Corito e Ideo, e una figlia, Elena.

Allo scoppio della guerra di Troia, Corito, figlio di Paride ed Enone, omonimo del figlio di Elena, giunse in città per difenderla dagli assalti degli Achei. Elena, colpita dalla sua raggiante bellezza, lo ospitò nel suo talamo suscitando l'ira di Paride il quale, geloso, uccise senza pietà il figlio.

La Guerra di Troia


Nel corso della guerra Paride si dimostrò più volte vile e incapace di sostenere un duello con Menelao. Durante un combattimento contro il marito di Elena, Paride fu salvato dalla dea Afrodite. Paride era però un ottimo arciere, non mancava mai il bersaglio: quando Achille aveva ucciso Memnone e i Troiani erano in fuga verso le mura dalla città, Paride scoccò una freccia che, guidata da Apollo, andò a conficcarsi nel tallone di Achille uccidendolo.

La morte di Paride


Dopo aver ucciso Achille, mentre Paride entrava in città attraverso le porte Scee, fu colpito più volte dalle frecce scagliate da Filottete. Morente, il giovane chiese aiuto alla ninfa Enone, madre dello stesso Corito ucciso da lui in impeto di gelosia ed esperta in erbe curative, che pero' si rifiutò d' aiutarlo; quando ella infine s'impietosì, la morte l'aveva già colto.

Vittime di Paride


Sul numero di avversari uccisi da Paride l'unica fonte esplicita afferma che il figlio di Priamo pose fine alla vita di tre guerrieri. Per riferire il detto, Igino in realtà ha compiuto un calcolo molto essenziale delle imprese da lui compiute nell'Iliade. I vari testi ci hanno tramandato una lista più completa:

1. Cleodoro, guerriero acheo originario di Rodi, figlio di Lerno e Anfiale.
2. Cleolao, guerriero acheo, scudiero di Mege, capo degli Epei.
3. Menestio, guerriero acheo abitante di Arne, figlio di Areitoo e Filomedusa.
4. Euchenore, guerriero acheo, figlio dell'indovino Poliido.
5. Deioco, guerriero acheo.
6. Eetione, guerriero acheo.
7. Mosino, guerriero acheo al seguito di Aiace Telamonio, fratello di Forci.

Edited by demon quaid - 31/12/2014, 18:22
 
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