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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 28/10/2010, 20:57 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Semele

Nella mitologia greca Semèle era figlia di Cadmo e di Armonia ed amante di Zeus.

Il culto di Semèle potrebbe avere origini tracio-frigie ed essere connesso ad una divinità ctonia.

Secondo il mito, Era, gelosa della relazione del suo sposo divino con Semèle, si trasformò in Beroe, nutrice della giovane, e la convinse a chiedere a Zeus di apparirle come dio e non come mortale.

Zeus, conscio del pericolo che Semèle correva, tentò di dissuaderla, ma Semèle insistette per vederlo in tutto il suo splendore. Così il dio, che le aveva promesso di accontentare ogni sua richiesta, si trasformò e Semèle morì folgorata dal fulmine.

Zeus riuscì a salvare il bambino che Semèle aveva in grembo e nascose il piccolo Dioniso nella sua coscia. Diventato immortale grazie al fuoco divino, Dioniso discese negli Inferi e portò la madre sull'Olimpo, dove fu resa immortale con il nome di Tione.

Un'altra tradizione narra che Semèle fu amata da Atteone, per questo punito da Zeus, che lo fece sbranare dai suoi cani.

Senodoce

Nella mitologia greca, Senodoce o Senodice era la figlia di Sileo.

Secondo il racconto Sileo viveva insieme a Diceo, suo fratello e con sua figlia Senodoce, (il cui nome significa "ospitale"). Eracle, il grande eroe, durante il suo vagabondare vide la figlia dell'uomo e si innamorò subito di lei. I due si unirono come caldi amanti per alcuni giorni, ma dopo il semidio dovette partire e la ragazza in seguito morì di dolore per la separazione. Al ritorno Eracle appena comprese cosa era accaduto, dandosi la colpa per l'accaduto per la sorte della ragazza arrivò al punto di volersi uccidere ma fu fermato a stento dai suoi amici.

Servio Tullio

Sesto re di Roma. La sua storia è puro mito e ne esistono due versioni. La leggenda etrusca, riportata dall'imperatore Claudio, lo collega a Mastarna. Il mito romano, narrato da Livio e da altri autori, racconta che nella corte del re Tarquinio Prisco viveva una schiava, Ocrisia, che diede alla luce un bambino. Secondo alcuni suo padre era Servio Tullio, principe di Cornicolo, una città conquistata di recente da Tarquinio e dai Romani. Sua madre, ora ridotta in schiavitù, era stata un tempo la sposa del principe. L'altra versione narrava invece che Ocrisia generò il figlio con il dio Vulcano che in forma di fallo uscì dalla terra. Un giorno, mentre l'infante era nella culla, sul suo capo si vide brillare una fiamma. La regina Tanaquilla, moglie di Tarquinio, ordinò che il bimbo non fosse disturbato e, quando si svegliò, la fiamma svanì. La coppia reale, interpretò l'evento come un presagio di gloria, e decise di allevare il bambino con le massime cure. Quando fu adulto, Tarquinio lo diede in sposa alla figlia e lo designò suo successore. Allorché Tarquinio venne assassinato dai figli del suo predecessore Anco Marzio, la regina fece in modo che Servio potesse ottenere il potere con facilità. Più tardi, Servio fece ratificare la sua elevazione al potere attraverso una vera elezione popolare.
Secondo la tradizione romana il regno di Servio fu florido e pacifico. Sconfisse Veii (Veio) e divise i cittadini in classi e centurie basate sulla proprietà; ampliò la città costruendo le celebri mura serviane. Introdusse il culto di Diana e confermò la sua posizione di regnante grazie a un grande consenso popolare. I patrizi comunque non lo amarono. Ma furono, secondo Livio, i figli del suo predecessore Tarquinio Prisco, fatti sposare dallo stesso Servio alle sue figlie, che provocarono la sua rovina e la sua morte. Secondo Livio la prima delle figlie di Servio, Tullia, particolarmente ambiziosa, aveva collaborato all'assassinio della sorella e del primogenito di Tarquinio, Arunte, poi aveva sposato il cognato Lucio Tarquinio che più tardi prese il nome di Superbo. I due insieme assassinarono Servio, che aveva regnato per quarantaquattro anni. Il cadavere di Servio fu gettato nella pubblica via, e Tullia passò con il suo cocchio sul corpo del padre che giaceva, sanguinante, in mezzo alla via alla quale rimase il nome di vicus sceleratus.

Sfinge

Mostro femminile con corpo di leone alato e petto e testa di donna, figlia di Echidna e di Tifone (o di Ortro). Fu inviata da Era a Tebe per vendicare il rapimento del fanciullo Crisippo, figlio di Pelope, perpetrato da re Laio. Secondo un'altra versione del mito furono Apollo o Dioniso a inviare la Sfinge, forse per punire i Tebani che avevano trascurato i sacrifici.
La Sfinge, accovacciata su un muro o sul monte Ficio, nei pressi della città, poneva enigmi ai Tebani, e li divorava quando non sapevano rispondere. Molte persone furono divorate e, infine, uno dei figli di Creonte, forse Emone, fu ucciso. Allora Creonte, reggente a Tebe dopo la morte di re Laio, offrì il regno e la mano di Giocasta a chiunque fosse riuscito a risolvere l'enigma della Sfinge e a liberare il paese da quella costante minaccia. L'enigma era questo: "Quale essere, con una sola voce, ha talvolta due gambe, talvolta tre, talvolta quattro, ed è tanto più debole quante più ne ha?" Edipo si presentò e rispose esattamente. "L'uomo", disse, "perché va carponi da bambino, cammina saldo sulle due gambe in gioventù e si appoggia a un bastone quando è vecchio". La Sfinge, per la disperazione, si gettò giù dal monte Ficio sfracellandosi nella vallata sottostante. Al che i Tebani, grati ed esultanti, acclamarono Edipo re ed egli sposò Giocasta, ignaro che fosse sua madre.

Sibilla

Nome di famose donne indovine dell'antica Grecia, ritenute in comunicazione con la divinità. Il loro modo di vaticinare, forse originariamente connesso con i riti orfici e dionisiaci, si accostò col tempo all'ambiente delfico; Apollo infatti era il dio da cui esse fossero invasate, mentre i loro responsi erano scritti, dice la leggenda, su foglie che poi ammucchiavano a caso, sì che era difficilissimo interpretarli. Le fonti antiche non concordano circa il numero e il nome delle Sibille; tutte però sarebbero vissute nelle età mitiche.
La più celebre e la più antica era l'Eritrea, di nome Erófile, vissuta per ben dieci generazioni fino alla guerra di Troia. Le altre appaiono come derivazioni da questa, divenute a poco a poco autonome. Così, a un certo momento si vengono a distinguere dall'Eritrea la Troiana, originaria di Marpesso, in Troade, figlia d'una ninfa e d'un pastore dell'Ida. Aveva predetto che la rovina di Troia sarebbe venuta da una donna nata a Sparta (Elena). Seguono la Samia, la Frigia, l'Efesia o di Sardi e la Rodia. La medesima Sibilla, recatasi a Delfi, dopo un periodo di ostilità con il dio Apollo, sarebbe divenuta la Delfica: da lei sarebbero poi derivate la Tessalica e la Tesprozia. Queste nove Sibille formano il gruppo, detto dai moderni, greco-ionico.
Ma l'Eritrea, venendo in Italia, avrebbe originato un secondo gruppo, il greco-italico. Essa avrebbe cioè assunto l'aspetto della Sibilla Cumana, Demófile ( la virgiliana Deífobe, accompagnatrice di Enea nel regno degli Inferi). Con lei si potrebbero identificare la Cimmeria, l'Italica, la Tiburtina, la Libica (quest'ultima, anzi, secondo Pausania, sarebbe stata la più antica). Un terzo gruppo, l'orientale, comprendeva poi la Caldea, o Ebraica, l'Egizia e la Persica.
La Sibilla di Cuma, in Campania, profetizzava in una grotta e Apollo le offrì di realizzare qualsiasi suo desiderio se l'avesse accettato come amante. Deifobe chiese di vivere tanti anni quanti erano i granelli di sabbia che essa poteva tenere in un pugno. Ma sfortunatamente aveva trascurato di chiedergli contemporaneamente l'eterna giovinezza. Il dio gliela offrì in cambio della sua verginità. Ella rifiutò. Così, cominciò a invecchiare e a diventare più piccola e rinsecchita. Alla fine, era tanto decrepita che viveva appesa al soffitto della sua caverna, tutta arrotolata in una gabbia, come un uccello. E ai bambini che le chiedevano cos'avrebbe desiderato, ella rispondeva semplicemente: "Voglio morire".
Una tradizione romana antichissima narrava che proprio la Sibilla cumana avesse offerto in vendita nove raccolte di oracoli a Tarquinio (chi dice Prisco e chi il Superbo); avendo questi rifiutato, la Sibilla ne distrusse tre e offrì i rimanenti al re, per lo stesso prezzo. A un nuovo rifiuto, ne distrusse altri tre, poi offrì gli ultimi, sempre allo stesso prezzo. Consultati i sacerdoti, costoro consigliarono di comprare i misteriosi libri, i quali furono deposti in Campidoglio, nel tempio di Giove Capitolino. Compiuta la propria missione, la Sibilla scomparve. Durante la Repubblica, e fino al tempo di Augusto, questi "libri sibillini" esercitarono una grande influenza sulla religione romana. Bruciarono nell'incendio che distrusse il tempio nell'84 a. C.

Sicheo

Figlio di Plistene e sacerdote dell' Eracle di Tiro, sposò Didone, figlia di Belo, re della Fenicia, e sorella di Pigmalione. Questi, desideroso di impadronirsi delle immense ricchezze del cognato, lo uccise a tradimento e lasciò il cadavere senza sepoltura. Sicheo, apparso in sogno alla moglie, la invitò a fuggire lontano dalla patria se voleva salvare la vita e il tesoro. Didone si rifugiò a Cipro e poi in Africa, dove fondò Cartagine. Qui viveva nel ricordo del marito morto e della giurata fedeltà a colui che era stato il primo ed unico amore della sua vita. Solo Enea, col favore di Venere, riuscì ad ottenere i suoi favori. Quando però l'eroe lasciò Cartagine per compiere la missione affidatagli dal Fato, Didone si uccise per il rimorso dell'infedeltà commessa verso la memoria di Sicheo. Agli Inferi, ella ritrovò il marito.

Sidero

Seconda moglie di Salmoneo e matrigna di Tiro. Sidero trattò con grande crudeltà la figliastra perché la considerava la causa dell'espulsione della sua famiglia dalla Tessaglia: infatti Tiro era stata condannata per aver ucciso i due figli concepiti dal suo malvagio zio Sisifo. Più tardi, Pelia e Neleo, figli di Tiro, liberarono la loro madre dalla crudele matrigna e, dato che Sidero si era rifugiata presso l'altare di Era, Pelia la inseguì sin nel recinto sacro, dove la uccise.

Sileo

Nella mitologia greca, Sileo era un abitante dell'Aulide reso celebre grazie ad un racconto che coinvolgeva Eracle.

Sileo, il cui nome significa "il saccheggiatore" possessore di terre nella fertile Aulide obbligava chiunque passasse nei suoi possedimenti, in una stretta gola, ad arare per lui il terreno gratuitamente dove crescevano splendide viti.

Eracle a quei tempi era schiavo di Onfale, per colpa di Ermes. Durante quel periodo incontrò Sileo, prima bruciò tutte le viti a cui teneva tanto, poi uccise la figlia di lui Senodoce (il cui nome significa "ospitale") e infine uccise anche lo stesso Sileo.

Sileno

Figlio di Ermete (o Pan) e di una ninfa, educatore di Dioniso e suo compagno inseparabile. Pingue, calvo, con il naso camuso e grosse labbra, sempre ebbro, seguìva il tiaso bacchico a cavallo di un asino o sostenuto dai Satiri; si dilettava del vino, della musica e del canto. Si vantava di aver preso parte alla lotta contro i Giganti a fianco del suo pupillo Dioniso, uccidendo Encelado e spargendo il panico tra gli avversari col raglio del suo vecchio asino.
Gli Orfici videro in lui un saggio, sprezzatore di beni terreni: fu anche ritenuto un veggente che rivelava il futuro solo se costretto, legato con catene di fiori. Un giorno il vecchio satiro Sileno si allontanò dal disordinato esercito dionisiaco che marciava dalla Tracia verso la Beozia e si addormentò, ubriaco fradicio, nel giardino di rose di re Mida. I giardinieri lo inghirlandarono di fiori e lo condussero dinanzi a Mida, cui egli narrò storie meravigliose e gli insegnò il profondo segreto della vita umana: ovverosia che la cosa migliore per un uomo è di non nascere affatto, e la meno grave è di morire al più presto possibile. Mida, deliziato dalla fantasia e dalla saggezza di Sileno, lo trattenne per cinque giorni e cinque notti e poi ordinò a una guida di scortarlo fino al quartier generale di Dioniso. Virgilio narra di come un giorno due pastori catturassero Sileno e si facessero raccontare storie fantastiche.
Sileno generò molti figli con le ninfe e gli si attribuiva la paternità del centauro Folo, ch'egli avrebbe avuto da una ninfa dei frassini.
Si conobbero anche i Sileni, che pare fossero di origine asiatica, quali geni delle sorgenti, profeti e musici. Perdettero la primitiva natura quando furono aggregati nel corteggio dionisiaco, e furono allora birbaccioni allegri e spensierati come i Satiri; ebbero forma umana e coda di cavallo. Loro padre fu immaginato Papposileno, dalla figura esclusivamente animalesca e spesso con il corpo coperto di peli.

Silvano

Divinità latina, il cui nome fu in origine epiteto di un dio delle selve, il Faunus silvicola citato da Virgilio, poi divenuto protettore delle campagne e delle greggi. Non ebbe mai un culto determinato né ufficiale; era venerato in cappelle e altari eretti da privati. Era la divinità più onorata nelle regioni dalmatiche e illiriche, ove aveva sostituito un nume locale. I poeti lo rappresentarono come un vecchio vigoroso, forte e gaio, innamorato di Pomona: lo si vede spesso raffigurato con l'attributo di un falcetto ricurvo.

Silvio

Fondatore della dinastia dei monarchi di Alba Longa, i Silvi, che regnarono per 300 anni, fino a Numitore e Amulio. Leggende diverse fiorirono sui suoi natali. Livio lo considera figlio di Ascanio e quini nipote di Enea; Virgilio, invece, designa Enea stesso e Lavinia come suoi genitori e spiega il suo nome ricordando che nacque in una selva; secondo Diodoro suo padre fu Enea, ma sua madre fu Silvia, prima moglie di Latino. Successe ad Ascanio nel governo di Alba. Secondo Diodoro i Silvi avevano il potere di provocare il fulmine e la pioggia. La lista dei leggendari Silvi Albani fu escogitata, per collegare la leggenda della venuta di Enea in Italia, al principio del secolo XII a. C. con la più antica tradizione indigena che fissava una serie di sette re di Roma con Romolo fondatore della città, verso la metà del secolo VIII avanti Cristo. La lista dei Silvi fu accresciuta di nomi per ottenere il collegamento cronologico fra Alba e Roma, fra Enea e Romolo, e si inventarono anche per i Silvi notizie leggendarie, come per Tiberinus e Aremulus.

Simoesio

Simoesio è il nome di un guerriero menzionato nel quarto libro dell' Iliade.

Alto e di bell'aspetto, Simoesio era un giovinetto troiano figlio di Antemione. Lo avevano così chiamato da un fiume che scorreva nei pressi di Troia, il Simoenta. Infatti la madre di Simoesio lo aveva partorito proprio agli argini del fiume, dove aveva portato il gregge a pascolare.

La morte in guerra


Simoesio non ha ruoli particolarmente rilevanti nelle vicende dell' Iliade, anche se è comunque presentato come guerriero valoroso nel suo unico e fatale scontro: egli infatti tentò di affrontare Aiace Telamonio, che però lo colpì con la lancia al petto. Il giovane eroe rimase infilzato e crollò morto al suolo come un pioppo abbattuto, facendo grande fragore.

Sini (Piziocante)

Sini (o Sinis, o Siris), figura della mitologia greca, era detto anche “Piziocante” (colui che piega i pini) per come uccideva le sue vittime. Infatti legava un malcapitato passante alle cime di due alberi di pino ancorate a terra da delle corde, che, una volta tagliate, mentre gli alberi tornavano nella loro posizione originale, ne straziavano il corpo; in alternativa, dopo aver piegato un pino, chiedeva aiuto ad un viandante e improvvisamente, fingendo di venir chiamato, ne liberava la cima così l’albero, catapultandolo, lo uccideva.

Era figlio di Polipèmone e Sylea. Sull’istmo di Corinto, si imbatté in Teseo, che ebbe la meglio su di lui, usando questa stessa tecnica. Sua figlia, Perigune, fu sedotta dall’omicida del padre dal cui ebbe un figlio, Melanippo.

Sinone

Figlio d'Esimo, cugino germano e uno dei complici di Odisseo nell'inganno del cavallo che portò alla caduta di Troia.
I Greci erano ormai sconfitti e scoraggiati dalla resistenza dei Troiani. Fingendo di salpare per il ritorno in patria, si nascosero dietro l'isola di Tenedo, lasciando presso le mura di Troia l'enorme cavallo di legno pieno di soldati. Sinone, rimasto a terra, venne catturato e trascinato in ceppi da un paio di soldati troiani davanti al re Priamo. Interrogato, egli disse che Odisseo aveva tentato di ucciderlo perché conosceva il segreto della morte di Palamede. I Greci, continuò, erano stanchi di combattere e sarebbero salpati molti mesi prima se non ne fossero stati impediti dal persistente maltempo. Apollo li aveva consigliati di placare i venti con un sacrificio cruento. Odisseo aveva spinto Calcante ad eleggerlo come vittima. Tutti i presenti accolsero con acclamazioni il suo verdetto ed egli fu messo in ceppi; ma ecco che un vento favorevole cominciò a spirare, in gran fretta vennero spinti in mare i vascelli e nella confusione generale egli riuscì a fuggire.
Priamo, tratto in inganno dalle parole di Sinone, lo accolse come supplice e ordinò che gli fossero tolti i ceppi. Poi chiese cortesemente di sapere perché i Greci, prima d'imbarcarsi, avessero lasciato sulla riva un cavallo di legno così enorme. Sinone spiegò che i Greci si erano alienati il favore di Atena quando Odisseo e Diomede avevano rubato il Palladio dal suo tempio. Calcante allora consigliò Agamennone di lasciare il cavallo dinanzi a Troia come un dono propiziatorio per Atena e in segno d'espiazione per il sacrilegio commesso da Odisseo. Priamo chiese ancora perché l'avessero costruito così grande, e Sinone replicò: "Per impedire che voi lo trascinaste dentro le mura della città. Calcante ha predetto che se voi profanerete questo simulacro, Atena distruggerà Troia; ma se si ergerà sulla cittàdella, il potere di Troia si estenderà sulla Grecia e su tutta l'Asia". Tali pretese rivelazioni di Sinone fecero decidere i Troiani.
Ben presto, il presagio ch'essi ricavarono dalla morte di Laocoonte e di due suoi figlioletti gemelli confermò la loro decisione. Venne aperta una breccia nelle mura attraverso la quale il cavallo fu trainato nella città. Calata la notte, Sinone sgusciò fuori della città per accendere un falò e Agamennone rispose a tale segnale; l'intera flotta drizzò la prua verso la spiaggia. Antenore, avvicinatosi cautamente al cavallo, sussurrò che tutto andava bene e Odisseo ordinò a Epeo di fare scattare la porticina.
Dante ricorda Sinone in un episodio dell'Inferno, collocandolo tra i falsari (XXX, 98 e sgg.).
"l'altr' è il falso Sinòn greco da Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo".

Siringa

Ninfa dell'Arcadia che trascorreva il tempo a caccia con Artemide. Un giorno Pan s'innamorò di lei e la inseguì dal monte Liceo fino al fiume Ladone. Siringa, per poter preservare la sua verginità intatta, pregò le ninfe del fiume, che non poteva attraversare, d'aiutarla, e le ninfe la trasformarono in giunco. Pan allora, poiché non riusciva a distinguerla da tutti gli altri giunchi che crescevano lungo la riva, ne recise molti a caso e costruì il flauto e lo chiamò Sirynx per ricordare il suo amore.

Sisifo

Sisifo (in greco: Σίσυφος; in latino: Sisyphus) è un personaggio della mitologia greca, figlio di Eolo e di Enarete. È, almeno nella versione più comune, il fondatore e il primo re di Corinto, che al tempo della sua nascita aveva assunto il nome di Efira.

Era fratello di Deioneo, Salmoneo, Macareo, Creteo e Canace, ovvero gli Eoliani, e apparteneva, attraverso i genitori, alla stirpe di Deucalione, nato da Prometeo e dalla moglie Celeno. Era sposo di Merope dalla quale aveva avuto due figli, Glauco e Almo. Per mezzo di tali progenie, Sisifo era anche il nonno di Bellerofonte.

In tutti i miti che lo riguardano, Sisifo appare come il più scaltro dei mortali e il meno scrupoloso. La sua leggenda infatti comprende numerosissimi episodi, ognuno dei quali è la storia di una sua astuzia.

Sminteo


Nella mitologia greca, Sminteo era il nome dato a diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Soco


Nella mitologia greca, Soco è il nome di un valoroso guerriero troiano, che prese parte al conflitto della guerra di Troia, scoppiato in seguito al rapimento di Elena, la donna più bella del mondo e regina di Sparta, per opera di Paride, principe, figlio del re di Troia, Priamo. Le vicende di questa guerra sono raccontate da Omero nell'Iliade.

Origini e stirpe

Soco, ritenuto da Omero «mortale divino» e uno dei migliori tra i combattenti schierati dalla parte dei Troiani, era figlio di Ippaso, un personaggio di cui tuttavia non si conosce null'altro se non il nome. Soco aveva anche un fratello germano, chiamato Caropo, il quale, come lui, primeggiava nei combattimenti ed era considerato uno dei guerrieri più forti dell'esercito troiano.

Combattimento con Odisseo


Nel corso dei combattimenti che si tennero a Troia nel decimo anno di guerra, Caropo affrontò il feroce eroe acheo, Odisseo, figlio di Laerte, insuperabile nei combattimenti per forza ed astuzia. Il duello durò a lungo, ma alla fine Odisseo ebbe la meglio e trafisse il forte rivale con la sua lancia. Alla vista del fratello morto, Soco, indignato, si precipitò sul suo assassino per vendicarlo, rivolgendo feroci insulti.

Sparti

Gli Sparti sono una figura della mitologia greca.

La leggenda narra che Cadmo abbia dovuto uccidere uno spaventoso drago per poter iniziare ad edificare la città di Tebe. Atena, per aiutarlo, gli suggerì di seminare i denti del drago ucciso e di attendere. Dalla terra uscirono testé uomini armati, gli Sparti, che si gettarono ferocemente gli uni contro gli altri, fino a che non ne sopravvissero cinque: Ctonio, Echione, Ipsenore, Pelore e Udeo.

Cadmo chiese a questi di aiutarlo nella costruzione della cittadella di Tebe: la Cadmea. In seguito concesse in sposa sua figlia Agave a uno di loro, Echione.

Stafilo 1

Figlio di Dioniso e di Arianna, fratello di Enopione, Toante, Latramide, Evante e Tauropoli.
Sposò Crisotemi dalla quale ebbe tre figlie, Molpadia, Reo e Parteno. Stafilo aveva affidato a Molpadia e a Parteno la cura di vigilare sul suo vino, ma le due ragazze s'addormentarono. Mentre dormivano, alcuni porci penetrarono nella cantina e ruppero i vasi di terra cotta contenenti tutta la scorta. Svegliandosi, notarono il disastro e, temendo la collera del padre, fuggirono verso la spiaggia e si buttarono in mare dall'alto delle rocce. Apollo, per pietà, le raccolse mentre cadevano e le trasportò entrambe in città del Chersoneso: Parteno a Bubasto, dove le furono tributati onori divini, e Molpadia a Castabo, dove fu onorata sotto il nome d'Emitea.
Reo, la terza figlia di Stafilo, si giacque segretamente con Apollo, e Stafilo, quando si accorse che era incinta, la chiuse in un cofano che abbandonò alle onde marine. Spinta dalle correnti, approdò sulle spiagge dell'Eubea, dove Reo diede alla luce un bimbo che chiamò Anio in ricordo delle pene sofferte per lui. Apollo in seguito lo elesse suo sacerdote a Delo.
Stafilo figura tra gli Argonauti.

Stafilo 2

Uno dei pastori del re etolo Eneo. Stafilo aveva notato che uno dei montoni del gregge si allontanava spesso e andava a brucare i frutti di una pianta ch'egli stesso non conosceva, e ritornava più vivace. Il pastore raccontò il fatto al re, il quale ebbe l'idea di spremere i grappoli e mescolare il succo con l'acqua del fiume Acheloo. A questo nuovo liquido fu dato il nome del re; il frutto invece prese il nome di "stafilo".
Così fu inventato il vino.

Stenebea


Stenebea è una figura della mitologia greca, moglie di Preto, re di Tirinto, e figlia di Iobate, re di Licia.

Innamoratasi di Bellerofonte, ospite del marito, fu da lui ripudiata. Per vendicarsi accusò l'eroe di aver cercato di sedurla e convinse Preto ad ucciderlo. Le leggi greche dell'ospitalità impedivano però l'uccisione di un commensale e quindi Preto inviò Bellerofonte da Iobate, con la scusa di consegnargli una lettera (che ne richiedeva, in realtà, l'uccisione). Anche Iobate però ospitò Bellerofonte, e per le solite leggi, non se la sentì di assassinarlo direttamente richiedendo, invece, al giovane di uccidere la Chimera, un mostro che sputava fiamme, con la testa di leone, il corpo di caprone e la coda di serpente.

Le tre figlie di Preto e Antea Lisippa, Ifinoe e Ifianassa erano diventate folli, a causa di una maledizione divina, e condannate a vagare allo stato selvaggio sulle montagne, assalendo come belve gli sfortunati viandanti.

Stenebea è la protagonista delle tragedie perdute di Euripide Stheneboia e Bellerophon.

Stenelao

Stenelao è il nome di un personaggio della mitologia greca, menzionato nel libro XV dell' Iliade di Omero.

Stenelao era un giovane troiano figlio di Itemene (o Itemeneo). Come molti suoi coetanei partecipò alla difesa di Troia quando questa venne assediata dagli Achei, in seguito al rapimento di Elena, moglie del re spartano Menelao, ad opera del principe troiano Paride.

La morte

L'eroe morì in uno scontro per mano di Patroclo, che scagliò una grossa pietra contro il suo collo, recidendone i tendini. Così Stenelao rimase decapitato, e la sua testa rotolò nella polvere.

Stenelo 1

Figlio di Capaneo e di Evadne, partecipò alla seconda spedizione tebana (guerra degli Epigoni). Figura fra i pretendenti alla mano di Elena, e, a questo titolo, partecipò in seguito alla guerra di Troia insieme con Diomede. Fu uno dei Greci che si introdussero nel cavallo di legno. Più tardi, dopo il ritorno, accompagnò Diomede in Etolia per rimettere sul trono il re Eneo. Il figlio Comete si unì a Egialea, moglie di Diomede.

Stenelo 2

Stenelo re di Argo è una figura della mitologia greca, figlio di Capaneo, suo figlio è Cilarabo.

Fu uno degli Epigoni che presero parte alla seconda spedizione contro Tebe. Partecipò anche alla guerra di Troia come auriga di Diomede.

Esistono anche altri due Stenelo: il primo era re di Argo e discendente di Argos, padre del Gelanore che fu detronizzato da Danao; l'altro, citato nel dodicesimo libro dell' Eneide, è un guerriero troiano compagno di Enea, e viene ucciso da Turno nella guerra tra troiani e italici.

Stenelo 3

Figlio d'Androgeo, nipote di Minosse e fratello di Alceo.
Al tempo in cui Eracle partì alla ricerca della cintura d'Ippolita, regina delle Amazzoni, si fermò all'isola di Paro che il re Radamanto aveva lasciato in eredità ad Alceo, figlio di Androgeo; ma vi si erano stabiliti anche quattro dei figli di Minosse. Due degli uomini di Eracle furono assassinati da uno dei figli di Minosse e l'eroe allora, furente, li uccise tutti e quattro e prese con sé Stenelo e Alceo. Al ritorno, l'eroe conquistò l'isola di Taso, ne cacciò i Traci, e la diede come regno a Stenelo e Alceo, che aveva portato con sé da Paro.

Steno (mitologia)

Steno è una delle Gorgoni della mitologia greca.

Sorella di Medusa e Euriale, era figlia di Forco (Forcide), una divinità marina, e di Ceto, un mostro oceanico.

Steno ed Euriale, contrariamente a Medusa, erano immortali. I mitografi sono discordi nell'indicare il luogo dove vivesse, secondo Esiodo si trovava vicino alle esperidi. Mentre Erodoto suppone che vivesse nella Libia.

Stentore

Uno dei Greci, che partecipò alla guerra di Troia. E' designato da Omero con l'epitetto "dalla voce di bronzo", perché gridava tanto forte da superare cinquanta uomini messi insieme. La sua voce serviva da tromba all'armata ma, dopo aver osato sfidare Ermete a chi urlava più forte, fu sconfitto e ucciso. Dal suo nome trae origine l'espressione "voce stentorea".

Sterope 1

Figlia di Atlante e di Pleione, sposò Ares dal quale ebbe un figlio, Enomao, che altri invece lo dicono figlio dell'eroe Iperoco. Ma un'altra tradizione voleva ch'ella avesse sposato lo stesso Enomao, dal quale avrebbe avuto tre figli, Leucippo, ippodamo e Disponteto, fondatore di Disponzio; e una figlia, Ippodamia, la quale sposò Pelope.

Sterope 2

Uno dei tre Ciclopi, figlio di Urano e di Gea, e fratello di Arge e Bronte. Urano li imprigionò nel Tartaro. Crono li liberò per qualche tempo, ma poi li reimprigionò nel Tartaro. Infine Zeus sconfisse Crono e liberò i Ciclopi che divennero i suoi fabbri e realizzarono per lui le folgori, il tridente per Poseidone e l'elmo dell'invisibilità per Ade. Apollo li uccise per vendicare la morte di suo figlio Asclepio, poiché erano responsabili d'aver forgiato la folgore che Zeus usò per togliergli la vita. Le loro ombre vagano nelle caverne del vulcano Etna.

Sterope 3

Figlia di Portaone e d'Eurite, era sorella di Eneo, Agrio, Alcatoo, Mela e Leucopeo. Sterope sposò il dio-fiume Acheloo, al quale generò le Sirene. Esse erano: Pisinoe, Aglaope e Telsiepia, una suonava la lira, l'altra cantava e l'ultima suonava il flauto; con il loro canto inducevano i naviganti a sfracellarsi contro gli scogli. Secondo un'antica profezia se una nave fosse riuscita a passare accanto alla loro isola senza soccombere, le Sirene avrebbero dovuto tuffarsi nel mare e annegare, ma stranamente questa condizione si verificò due volte. La prima volta Orfeo, sulla nave Argo, passò coprendo il loro canto con la sua musica e solo Bute le udì e si tuffò, ma Afrodite gli salvò la vita. Poi toccò a Odisseo di passare accanto all'isola delle Sirene, ma grazie al consiglio di Circe aveva tappato le orecchie dei suoi marinai con la cera e si era fatto legare all'albero della nave.

Sterope 4

Figlia di Cefeo re di Tegea. Allorché Eracle decise di organizzare una spedizione contro il figlio d'Ippocoonte, a Sparta, chiese alleanza a Cefeo che aveva venti figli. Ma Cefeo temeva che, lasciando la città, gli uomini di Argo ne approfittassero per invadere il suo territorio. Per convincerlo, Eracle gli affidò una ciocca dei capelli della Gorgone, rinchiusa in un vaso di bronzo. Era un regalo d'Atena. Eracle gl'insegnò che, durante la sua assenza, se i nemici avessero attaccato la città, sua figlia Sterope avrebbe dovuto sollevare in alto e agitare per tre volte la ciocca magica sulle mura della città. Se lei avesse avuto la precauzione di non guardare alle sue spalle, il nemico si sarebbe dato alla fuga. Cefeo si lasciò convincere e partì in guerra contro Sparta.

Sterope 5

Figlia di Acasto, re di Iolco, e d'Astidamia. Allorché Peleo uccise accidentalmente, nella caccia al cinghiale calidonio, il suocero Eurizione, si recò da Acasto per farsi purificare. Astidamia, moglie d'Acasto, che s'era innamorata dell'eroe, inviò ad Antigone, moglie di Peleo, un messaggio informandola che Peleo voleva sposare la giovane Sterope, figlia di Acasto. Disperata, Antigone s'impiccò.


Stichio


Nella mitologia greca, Stichio di Atene era il nome di uno dei valorosi greci che si distinsero durante la guerra di Troia, partì insieme al suo amico Menesteo con cinquanta navi provenienti dal loro regno .

Quando Paride figlio di Priamo re di Troia prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani. Fra i tanti eroi che risposero all’appello del fratello di Agamennone Stichio era presente. L’eroe greco, grande comandante degli ateniesi, si fa notare in guerra portando in salvo i feriti e recuperando i morti fra cui Anfimaco. Riuscì con il suo esercito dapprima a resistere fino a respingere l’attacco che Ettore portò alle navi. In seguito, durante una battaglia nella quale Apollo mandò una nebbia che faceva fuggire tutti i greci, si ritrovò davanti Ettore e per mano sua trovò la morte.

Edited by demon quaid - 2/1/2015, 15:11
 
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