Un Mondo Accanto

Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/6/2010, 11:17     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Androgeo

Androgeo è una figura della mitologia greca, figlio di Minosse re di Creta e di Pasifae.

Sul personaggio Androgeo e sulla sua morte prematura si hanno due versioni. In una si racconta delle sue doti atletiche e in virtù delle quali prese parte ai giochi atletici promossi da Egeo, padre di Teseo. Avendo dato prova di notevoli capacità vincendo ogni gara, Egeo, geloso e timoroso per la vicinanza di Androgeo con i figli di Pallante (fratello di Egeo stesso), che cercava di detronizzarlo, lo fece ammazzare sulla via di Tebe.

In un'altra versione Androgeo venne ucciso da giovani Ateniesi durante i giochi ginnici per la sua evidente supremazia atletica. Minosse, tuttavia, poco dopo vendicherà l'uccisione del figlio, sconfiggendo gli Ateniesi e obbligandoli ad un tributo annuo di sette giovani e sette giovanette da sacrificare dandoli in pasto al Minotauro.

Ne parla Virgilio nel VI libro dell'Eneide; Enea osserva le incisioni di Dedalo sul portone del tempio dedicato ad Apollo, presso i segreti recessi della Sibilla cumana, e vede sui battenti la morte di Androgeo.

Andromaca (mitologia)

Andromaca è un personaggio della mitologia greca, figlia di Eezìone, re di Tebe Ipoplacia (Cilicia).

Andromaca fu rapita e portata a Troia per dare un erede ad Ettore che sposò. Ebbero un figlio, chiamato Astianatte o Scamandrio (nome che deriva dal fiume Scamandro che attraversa la città di Troia). Secondo altre leggende, Andromaca generò al marito altri due figli, Laodamante e Ossinio. Subito dopo il suo arrivo a Troia un'incursione contro gli alleati d'Ilio le sterminò il padre Ezìone e i sette fratelli.

La figura di Andromaca compare per la prima volta nell'Iliade, mentre scongiura il marito Ettore di non andare sul campo di battaglia per battersi con Achille e di rifugiarsi dietro le mura ascoltando l'amore che sente per la famiglia e non quello per la sua gloria, ma egli riesce a farla desistere dai suoi intenti, ricordandole il suo ruolo di sposa e di madre, e di non intervenire in faccende riguardanti la guerra, perché lui, Ettore, in veste di discendente al trono, è costretto a combattere.

Dopo la morte di Ettore per mano di Achille, gli Achei invasero la città e l'amato figlio Astianatte le fu strappato da Neottolemo, figlio di Achille, che secondo consiglio di Ulisse, lo gettò dalle mura della città, perché non voleva che la stirpe di Priamo avesse alcuna discendenza.

Quando Troia fu rasa al suolo, gli Achei si spartirono le donne della casa reale: Andromaca divenne così schiava del re dell'Epiro che ne fece la sua concubina. Da questa unione nasceranno tre bambini. Andromaca non dimenticò mai l'amore che provava per Ettore, e questo generò nei suoi mariti una grande gelosia. Dopo l'abbandono da parte di Neottolemo, la donna sposò il troiano Eleno, figlio di Priamo e suo cognato, a cui diede un figlio, chiamato Cestrino.

La figura di Andromaca, una delle più commoventi della mitologia greca, rappresenta la donna nei suoi aspetti più tragici. Moglie ideale, vedova fedele, madre affranta racchiude cioè l'impotenza e la sofferenza di qualsiasi vedova che deve affrontare, con forza, una vita senza il marito amato, ucciso dall'insaziabile sete di gloria, schiava degli Achei che le avevano ucciso anche il figlio. Questo è quanto appunto deriva dai versi omerici. Nell'Eneide virgiliana Andromaca soffrì l'ira di Ermione, finché troverà pace sposando in terze nozze Eleno, fratello di Ettore, ritornando così in quella famiglia dalla quale le vicende di una rovinosa guerra l'avevano allontanata con violenza.

Nella tragedia di Jean Racine Andromaca, il mito di Andromaca ritrova la sua etica e il suo lirismo.

Andromaco (mitologia)

Nella mitologia greca, Andromaco è il nome di un combattente di schieramento acheo al tempo della guerra di Troia, cui partecipò al seguito di Idomeneo. È menzionato da Quinto Smirneo nel libro XI della Posthomerica, tardivo poema epico che racconta le vicende belliche posteriori all'Iliade di Omero.

Andromaco era un guerriero oriundo di Cnosso, prestigioso sito dell'isola di Creta e sede degli appartamenti reali del monarca Idomeneo, nipote di Minosse. Si arruolò obbligatoriamente nell'esercito di quest'ultimo quando il re cretese promise di unire le sue forze a quelle del re Agamennone allo scopo di vendicare il rapimento di Elena, moglie di Menelao.

Morte

Andromaco perse la vita negli scontri finali che si tennero sotto le mura di Troia. Combattendo dall'alto del suo cocchio, trainato da splendidi destrieri, assistette dapprima alla morte del compagno Bremone ad opera di Enea; colpito a sua volta alla tempia dalla spada dell'eroe, Andromaco rotolò morto dal carro, imbizzarrendo i cavalli che corsero lungo il campo di battaglia schiacciando i morti sotto gli zoccoli. I servi di Enea riuscirono però a recuperarli e li condussero in patria come trofeo di guerra.

Andromeda (mitologia)

Andromeda è una figura della mitologia greca, figlia di Cefeo e di Cassiopea, sovrani di Etiopia (un territorio in realtà situato tra la Palestina e il Mar Rosso, ben lontano quindi dall'attuale stato dell'Etiopia).

Le disgrazie di Andromeda cominciarono il giorno in cui sua madre sostenne di essere più bella persino delle Nereidi, un gruppo di ninfe marine particolarmente seducenti. Le Nereidi, offese, decisero che la vanità di Cassiopea aveva decisamente superato i limiti e chiesero a Poseidone, il dio del mare, di darle una lezione. Per punizione, Poseidone mandò un mostro terribile (alcuni dicono anche un'inondazione) a razziare le coste del territorio del re Cefeo. Sbigottito per le devastazioni, con i sudditi che reclamavano una sua reazione, l'assediato Cefeo si rivolse all'Oracolo di Ammone per trovare una via d'uscita. Gli fu detto che per quietare il mostro doveva sacrificare la sua figlia vergine: Andromeda.

Ecco che allora l'innocente Andromeda fu incatenata a una costa rocciosa per espiare le colpe della madre, che dalla riva guardava in preda al rimorso. Secondo la leggenda questo evento si verificò sulle coste del Mediterraneo, a Joppa (Giaffa), la moderna Tel Aviv. Mentre Andromeda se ne stava incatenata alla rupe battuta dalle onde, pallida di terrore e in lacrime per la fine imminente, l'eroe Perseo, fresco dell'impresa della decapitazione di Medusa la Gorgone, capitò da quelle parti. Il suo cuore fu rapito alla vista di quella fragile bellezza in preda all'angoscia.

Il poeta latino Ovidio nel suo libro Metamorphoses ci dice che Perseo in un primo momento scambiò Andromeda per una statua di marmo. Ma il vento che le scompigliava i capelli e le calde lacrime che le scorrevano sulle guance gli rivelarono la sua natura umana. Perseo le chiese come si chiamava e perché era incatenata lì. Andromeda, completamente diversa dalla sua vanitosa madre, in un primo momento, per timidezza, neanche gli rispose; anche se l'attendeva una morte orribile fra le fauci bavose del mostro, avrebbe preferito, per modestia, nascondere il viso tra le mani se non le avesse avute incatenate a quella roccia.

Perseo continuò a interrogarla. Alla fine, per timore che il suo silenzio potesse essere interpretato come ammissione di colpevolezza, gli raccontò la sua storia, che interruppe improvvisamente, lanciando un urlo di terrore alla vista del mostro che, avanzando fra le onde, muoveva verso di lei. Un attimo di pausa, per chiedere ai genitori di Andromeda di concedergli la mano della fanciulla, e Perseo si lanciò contro il mostro, lo uccise con la sua spada, liberò l'estasiata Andromeda fra gli applausi degli astanti e la fece sua sposa. Più tardi Andromeda gli diede sei figli, compreso Perses, progenitore dei Persiani, e Gorgofone, madre di Tindaro, re di Sparta.

Androne

Nella mitologia greca, Androne era il nome del figlio di Anio e Dorippa o Driope.

Androne, fratello delle Vignaiole, le tre ragazze che ebbero come dono da Dioniso il poter creare olio, vino e grano all'infinito, fu discepolo di Apollo per quanto riguarda l’arte mantica, tecnica, si racconta, nota anche a suo padre. Divenne successivamente re di Andro.

Quando le sue sorelle furono rapite da Odisseo, le donne fuggirono trovando nel regno del fratello un rifugio sicuro.

Andropompo

Nella mitologia greca, Andropompo era il nome di uno dei figli di Boro.

Era un re della Messenia, alla sua morte scese al trono suo figlio Melanto che fu poi scacciato dai discendenti di Eracle, alcuni autori confondono padre e figlio.

Anfiarao

Anfiarao o Anfirao è un personaggio della mitologia greca, figlio di Oicle (secondo un'altra versione, di Apollo) e di Ipermnestra.

Anfiarao aveva avuto in dono da Apollo la preveggenza e diventò l'indovino della città di Argo, dove aveva sposato Erifile (sorella del re Adrasto). Da ella ebbe due figli, Anfiloco e Alcmeone. Grazie alle sue doti, Anfiarao previde il fallimento della spedizione dei Sette contro Tebe e rifiutò di accompagnarli. La presenza di Anfiarao era però necessaria, perché serviva un'ultima persona fidata che presidiasse la settima porta di Tebe.

Anfiarao si nascose in un luogo noto solo a sua moglie, ma essa si fece corrompere da Polinice, che le promise la collana dell'eterna giovinezza, appartenuta ad Armonia se avesse rivelato il nascondiglio.

Anfiarao fu costretto a partire, ma prima di iniziare il fatale viaggio chiese a suo figlio Alcmeone di vendicare la propria morte e di uccidere la madre.

Una volta a Tebe, Anfiarao ebbe l'incarico di attaccare la porta di Omoloide, ma fu sconfitto e le sue truppe disperse. Anfiarao fu costretto alla fuga e solo l'intervento di Zeus impedì che venisse ucciso dai soldati tebani. Il dio decise di farlo precipitare in una fossa aperta con uno dei suoi fulmini, e fece sì che quel luogo diventasse sacro, con un oracolo. Anfiarao cadde nelle viscere della terra e precipitò direttamente nell'Oltretomba al cospetto di Minosse, che se lo vide arrivare con l'armatura e il carro da guerra.

La sua storia è raccontata da vari poeti, la versione più celebre è forse quella nella Tebaide di Stazio.

La città di Oropos gli dedicò un santuario (Amphiareion), che ospitava il cosiddetto oracolo di Anfiarao, il quale dal V al I secolo a.C. ebbe in Grecia notevole importanza.

Anficlo

Nella mitologia greca, Anficlo è il nome di guerriero troiano che Omero menziona nel libro XVI dell'Iliade, senza tuttavia fornire altre informazioni sul suo conto. La sua morte è accuratamente descritta dal poeta con dovizia di particolari cruenti.

In quanto troiano (non ci è dato sapere se altrimenti si fosse trattato di un alleato dell'Asia Minore, come sarebbe ipotizzabile), Anficlo partecipò al conflitto, schierandosi nel partito antiacheo e offrendosi per la difesa della patria al costo della vita.

Morte

Nella mischia che seguì all'arrivo di Patroclo in battaglia, Anficlo tentò di trafiggere con la sua arma Mege, sovrano di Dulichio; mentre il troiano gli si avventava contro, Mege, attento, prevenne il suo attacco e reagì conficcandogli la lancia nella coscia, nel punto in cui è più grande il muscolo umano. La punta dell'asta stracciò muscoli e tendini, sicché Anficlo, abbandonato agonizzante sul suolo, morì dissanguato dopo pochi minuti e la sua ombra scivolò nell'Ade.

Anfidamante (mitologia)

Nella mitologia greca, Anfidamante è il nome di diverse figure, protagoniste di vari miti.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Anfidamante, uno dei figli di Busiride.
* Anfidamante, eroe greco che partecipò alla guerra di Troia, il figlio di lui entrò in disputa con Patroclo.
* Anfidamante, eroe che partecipò al viaggio degli argonauti.
* Anfidamante, uno dei guerrieri nascosti nel Cavallo di Troia.

Anfidamante figlio di Busiride

Anfidamante è famoso per essere il padre di Clizia la futura moglie di Tantalo, Naupiadama, madre di Augia e Clitonimo, fu ucciso da Eracle insieme a suo padre, quando cercarono di sacrificare l’eroe.

Anfidamante l’argonauta

Anfidamante, eroe di Tegea, secondo autori minori fratello di Licurgo e secondo altri il figlio di lui, padre di Melanione (altro argonauta) e Antimache, partecipò secondo alcune versioni del mito alla spedizione di Giasone per il recupero del vello d'oro.

Anfiloco

Nella mitologia greca, Anfiloco era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le vicende nei miti.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Anfiloco, il figlio di Anfirao
* Anfiloco, figlio di Alcmeone

Anfiloco figlio di Anfirao

Anfiloco di madre Erifile, fu uno degli attivi epigoni, nella spedizione contro Tebe. Fu anche uno dei partecipanti alla famosa guerra di Troia, scelto come fiero combattente su cui credevano i greci, fino a farlo rinchiudere nel cavallo di legno, opera di Ulisse.

L’ eroe è anche ricordato per la sua abilità di veggente, a pari del padre, fu ucciso da Apollo.

Anfiloco figlio di Alcmeone


Anfiloco spesso confuso con il primo, per molti aspetti, era uno dei fratelli di Mopso e di Tisifone (per parte di madre, chiamata Manto). Dopo aver partecipato alla guerra di Troia con suo fratello fondò la città di Mallo in Cilicia, e il rispettivo famoso oracolo. Quando si trattò di dividere il potere fra i due iniziò una lotta talmente cruenta che finì con la morte di entrambi.

Tale Mopso, non era lo stesso che partecipò alle vicende degli argonauti.

Anfimaco

Nella mitologia greca, Anfimaco era il nome di diverse figure, a cui sono correlate storie raccontate nel mito.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Anfimaco, figlio del re Elettrione, fratello di Alcmena;
* Anfimaco, un eroe cario;
* Anfimaco, figlio di Cteato, un eroe greco.

Anfimaco, figlio di Cteato



Anfimaco era figlio di Cteato e Teronice, figlia a sua volte di Dessameno. Suo padre era uno dei Molionidi, i fratelli gemelli figli di Attore (l'altro era Eurito), che si opposero ad Eracle e da lui vennero crudelmente uccisi in un'imboscata. Rimasto orfano di padre, allo stesso modo del cugino Talpio, figlio di Eurito, Anfimaco venne allevato probabilmente dalla madre, fino a quando non fu abbastanza grande per salire al trono. Aspirò alla mano della giovane Elena, figlia di Zeus, la quale andò tuttavia in moglie a Menelao.

Nella guerra di Troia

Anfimaco partecipò con Talpio alla guerra di Troia conducendo un contingente di guerrieri dell'Elide. Oltre a lui e Talpio, vennero scelti altri due comandanti, Diore, figlio di Amarinceo, e Polisseno, figlio di Agastene. Omero ricorda che egli portò con sé una flotta di dieci navi, come conferma anche Igino, mentre lo Pseudo-Apollodoro parla addirittura di quaranta navi.

Anfimaco non svolge un ruolo determinante nell'Iliade, anche se viene pur descritto come un uomo forte e valoroso; la sua morte viene raccontata nel poema stesso e appare come una delle più dure e dolorose per gli Achei. Mentre avanzava verso l'esercito nemico, infatti, egli venne preso di mira da Ettore, il quale gli scagliò contro la sua lancia, che lo trafisse in pieno petto.

Nella guerra di Troia ritroviamo gli ultimi due Anfimaco, entrambi esperti combattenti ma in schieramenti diversi. Alla fine il primo venne ucciso da Achille, il secondo, uno dei pretendenti di Elena a capo di tutti gli Epei, da Ettore.

Anfimedonte

Nella mitologia greca, Anfimedonte era il nome di uno dei proci, i pretendenti al trono di Itaca che aspiravano a sposare Penelope moglie fedele di Ulisse, chiamato anche Odisseo.

Anfimedonte, figlio di Melaneo, voleva regnare su Itaca sposando Penelope, che Ulisse aveva lasciata sola ad attenderlo per molti anni. Dapprima infatti l'eroe, pur controvoglia, aveva partecipato alla guerra di Troia e vi aveva trascorso ben dieci anni, e successivamente il suo viaggio di ritorno era stato costellato da tali e tante peripezie che gli ci erano voluti altri dieci anni prima di riuscire a ritornare in patria. Al suo ritorno Ulisse si presentò alla reggia travestito da mendicante e con l'astuzia e l'aiuto del fido servo Eumeo e del figlio Telemaco riuscì a sopraffare ed uccidere Anfimedonte e gli altri proci.

Nel Libro XXIV dell' Odissea la vendetta di Ulisse e la strage dei proci vengono narrate proprio dall'anima di Anfimedonte alle ombre di Agamennone e di Achille mentre Ares conduce nell'Ade le anime dei proci.

Anfinome

Nella mitologia greca, Anfinome era il nome di diversi personaggi del mito

Sotto tale nome ritroviamo:

* Anfinome, altro nome di Polimela madre di Giasone
* Anfinome, figlia di Pelia
* Anfinome, una delle Nereidi, Omero nell'Iliade

Anfinome, figlia di Pelia

Pelia padre di Anfinome aveva catturato Esone e sua moglie Polimela chiedendo poi al figlio di loro due Giasone di riuscire a recuperare il vello d’oro come condizione per liberarli. In realtà il re non aspettò tanto ed uccise subito i suoi famigliari. Medea, sposa di Giasone, vendicò da sola il torto subito riuscendo a convincere Anfinome e le sorelle a fare a pezzi il proprio padre, sicure di compiere un rito che gli serviva per diventare giovane di nuovo.

Anfinomo

Nella mitologia greca, Anfinomo era, nelle avventure di Odisseo, uno dei Proci che pretendeva la mano di Penelope.

Anfinomo di Dulichio era fra i vari pretendenti della moglie di Odisseo, Penelope, ed era uno dei più insistenti.

Omero nei suoi versi non lascia mai presupporre un qualche tradimento da parte di Penelope, anche se nel canto XVIII, versi 281-283, sembra che lei voglia usare le proprie arti seduttorie per riuscire ad avere in cambio dei doni da parte dei proci, preferendo fra tutti Anfinomo.
 
Top
view post Posted on 23/6/2010, 18:07     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Anfio

Durante la guerra combattuta fra i due regni di Grecia e di Troia ritroviamo il nome di Anfio:

* Anfio, figlio di Merope e fratello di Adrasto. Uno dei capi dei soldati partiti da Adrastea e zone vicine, indossava una corazza di lino, il padre stesso cercò di convincerli a non partire avendone previsto la morte con l'arte della veggenza, ma venne ignorato. I due giovani infatti caddero per mano di Diomede.

* Anfio, figlio di Selago, un altro dei tanti alleati in soccorso di Ettore e compagni. Proveniente da Peso, dove aveva diverse proprietà, venne colpito da Aiace Telamonio all’altezza della cintura; una volta mortom l’eroe greco a fatica prese soltanto la sua lancia.

Anfione

Anfione è un personaggio della mitologia greca, figlio di Zeus e Antiope (figlia di Nitteo di Tebe).

Antiope fu cacciata dal padre Nitteo, quando questi conobbe della gravidanza della figlia. Ella si rifugiò allora a Sicione, presso lo zio Lico, dove fu trattata da prigioniera. Qui la ragazza diede alla luce due gemelli, Anfione e Zeto, e quando Lico ne venne a conoscenza, ordinò che questi venissero abbandonati sul Monte Citerone. Un pastore trovò i gemelli, e li prese con sé.

Antiope fu quindi riportata nella Cadmea, l'antica rocca di Tebe, dove Lico e sua moglie, Dirce, avevano occupato il trono lasciato vacante dalla morte di Nitteo. Anche qui Antiope fu trattata da schiava, ma riuscì a fuggire e a tornare dai suoi figli.

Divenuti adulti, i figli decisero di vendicare la madre e uccisero Lico. Poi attaccarono Dirce ad un toro, che la trascinò via uccidendola. I fratelli divennero i nuovi re di Tebe, ma fondarono anche una nuova città: Zeto portava le pietre, Anfione le sistemava grazie al suono magico della sua lira.

Anfione e Zeto governarono in accordo le due città.

Anfione sposò Niobe, figlia di Tantalo, ma morì di crepacuore quando Apollo e Artemide uccisero i suoi numerosi figli per punire la moglie.

Secondo la leggenda costruì con la musica le mura di Tebe, sia per la capacità di incantare gli animali selvaggi, sia per il potere ordinatore che costringeva i massi a prendere spontaneamente il loro posto nelle mura di una città.

Anfissa

Nella mitologia greca, Anfissa era il nome di uno delle figlie di Macareo avuta secondo una delle versioni della tradizione da un rapporto incestuoso con sua sorella Canace


Anfissa fu appena nata gettata in bocca a feroci cani pronta a divorarla, ma per miracolo riuscì a scampare a tale morte. Crebbe e diventò una giovane tanto carina da attirare le attenzioni di Apollo e farla diventare sua amante.

Anfisso

Nella mitologia greca, Anfisso era il nome di uno dei figli di Apollo e di Driope.

Apollo, dio dalle molte abilità, figlio di Zeus un giorno si giacque con Driope, una ninfa bellissima, che custodiva un gregge che per sedurla dovette trasformarsi in diversi animali, dalla loro unione nacque Anfisso.

Il ragazzo una volta cresciuto diventò il fondatore della città di Eta, e subito per dimostrare riconoscenza al padre eresse nella città un grande tempio dedicato al dio. Sua madre divenne sacerdotessa proprio in quel tempio.

Anfistene


Nella mitologia greca, Anfistene era il nome di uno degli eroi di Sparta, figlio di Anficle e nipote di Agide .

Anfistene aveva due figli, chiamati Astrabaco e Alopeco durante una passeggiata trovarono nascosta in un cespuglio una statua di Artemide, la stessa che andò perduta tempo addietro da Oreste ed Ifigenia. Appena vista tale scultura i due giovani impazzirono completamente.

Interpretazione e realtà storica

Tale racconto giustifica una cerimonia che comprendeva due gruppi, il primo doveva rubare alla dea del formaggio il secondo doveva difenderlo. Tale gioco non era del tutto innocente perché il secondo gruppo frustava il primo.

Anfitea

Nella mitologia greca, Anfitea era il nome della nonna materna di Odisseo, meglio conosciuto con il nome di Ulisse.

Anfitea, una volta divenuta donna, ebbe come sposo Autolico, il figlio di Ermes, e dalla loro unione nacque Anticlea. La giovane figlia a sua volta maritò Laerte re di Itaca, e rimase incinta di Odisseo, il famoso eroe greco che prima partecipò alla guerra di Troia e poi fu protagonista delle avventure chiamate Odissea.

Anfitrione
(mitologia)

Anfitrione, personaggio della mitologia greca, era il figlio di Alceo, re di Trezene (in Argolide), e nipote di Perseo, sposò Alcmena figlia di Elettrione, il quale era anche suo zio.

Storia

Elettrione, re di Micene, aveva subito una grave sconfitta e devastazione ad opera dell'esercito di Pterelao, in quanto ne rivendicava il trono. Durante l'assedio, tutto il bestiame fu rubato e gli otto figli di Elettrione uccisi.

Per recuperare il bestiame e vendicare i figli, Elettrione ricompose un esercito e affidò il governo del regno ad Anfitrione fino al suo ritorno. Come ricompensa gli prometteva la figlia, Alcmena, in sposa.

Mentre Elettrione si trovava a combattere, il re dell'Elide Pterelao pare, secondo una versione, abbia mandato un messaggero a Micene per una trattativa: la fine dei combattimenti, la restituzione del bestiame rubato e il tutto dietro pagamento di una somma di denaro.

Anfitrione, credendo di fare cosa opportuna accettò pagando il riscatto, ma al ritorno di Elettrione la trattativa condotta fu ritenuta di complicità con i presunti ambasciatori. Ne seguì una lite fra il re e il reggente in cui Anfitrione uccise accidentalmente Elettrione. Stenelo, fratello di Elettrione e zio di Anfitrione, intervenne nella vicenda, prese possesso di Micene, e condannò Anfitrione all'esilio. Alcmena lo seguì e i due giunsero a Tebe, dove ebbero asilo presso il re Creonte che lo prosciolse dall'accusa.

Alcmena rifiutò di sposarlo, finché Anfitrione non avesse vendicato i suoi fratelli e riconquistato il regno del padre. Creonte promise di fornirgli l'aiuto necessario a patto, però, che Anfitrione si impegnasse a liberare il paese dalla volpe Teumessa, un animale semidivino dotato di forte velocità, e quindi di difficile cattura, ma anche di grande cupidigia umana, tanto che i Tebani immolano ogni mese un fanciullo, affinché la volpe non si rivolga verso gli altri.

Anfitrione accettò ricordandosi di un amico Cefalo, un giovane ateniese che possedeva un cane straordinario, a cui nessun animale sfuggiva, Lelope. Cefalo, prima di accettare chiese consiglio a Zeus che risolse la cosa trasformando i due animali, la volpe e il cane in due statue.

Anfitrione ottenne così il suo esercito e partì per riconquistare il suo regno. Anfitrione poté così vendicare il padre di Alcmena, ma se riuscì a sconfiggere Pterelao lo dovette all'aiuto della figlia di questi, Cometo. Infatti i Tafi rimasero invincibili finché Cometo, figlia del re Pterelao, innamorata di Anfitrione, non tagliò la chioma dorata del padre che lo rendeva immortale. Dopo la sconfitta del nemico, Anfitrione condannò a morte Cometo ed assegnò il Regno di Tafo a Cefalo.

Intanto durante l'assenza di Anfitrione il volubile Zeus, sotto le sembianze del marito, ebbe un lungo rapporto amoroso con Alcmena e la mise incinta. Dopo la guerra anche Anfitrione che, si riteneva di aver mantenuto le promesse, sposò Alcmena. La donna rimase incinta per la seconda volta. Quando partorì inverosimilmente, o per volere di Zeus che voleva nascondere ad Era questo ennesimo tradimento, diede alla luce due gemelli, Ificle generato da Anfitrione, ed Eracle da Zeus. Anfitrione cadde in battaglia contro i Miniani, contro i quali aveva intrapreso una spedizione, accompagnato dal giovane Eracle, per liberare Tebe da un vergognoso tributo. Secondo Euripide (Hercules Furens) egli sopravvisse a questa spedizione e fu ucciso dal figlio impazzito.

Anfitrite

Anfitrite, nella mitologia greca, è una delle Nereidi. È la sposa di Poseidone e madre di Tritone.

Nella mitologia romana, viene chiamata Salacia o anche Venilia.

Nella Teogonia di Esiodo è figlia di Nereo e Doride—da cui Nereide— ma è figlia di Oceano e di Teti secondo Apollodoro, che infatti l'annovera sia fra le Nereidi sia fra le Oceanidi.

Nell'epica omerica non è completamente personificata: là sul mare aperto, fra i flutti di Anfitrite; il suo epiteto Halosydne ("allevata dal/nel mare") è condiviso da Teti.

Non volendo prendere marito, cercò protezione da Poseidone presso Atlante. Scovata da un delfino mandato dal dio del mare, fu costretta a sposarlo. Dal marito ebbe tre figli: Tritone, Rodo e Bentesicima. Tuttavia, non si dimostrò vendicativa nei confronti delle amanti segrete di Poseidone, al contrario delle cognate Era e Persefone. L'unica amante di cui si vendicò fu Scilla, o, secondo altre versioni, Medusa.

Anfizione

Anfizione, figlio di Deucalione e di Pirra, è un personaggio mitologico o semi-leggendario greco.
Tradizionalmente menzionato come terzo sovrano di Atene (Cecropia), dopo il semiumano Cecrope e Cranao, su cui avrebbe regnato tra 1497 a.C. e il 1487 a.C. è ricordato anche come capostipite delle genti greche assieme ad Elleno.

Anfizione divenne re di Cecropia sottraendo il trono al suocero Cranao e bandendolo, successivamente, dalla città con l'aiuto di Elleno. Salito al trono, cambiò il nome della città in Atene, in onore della dea Atena, ma secondo un'altra tradizione fu anche l'iniziatore del culto di Dioniso. È ricordato, inoltre, come il fondatore della Anfizionia di Delfi.

Venne deposto da Erittonio.

Anfotero (Iliade)

Anfotero, personaggio dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Anfotero fu ucciso da Patroclo nell'azione bellica descritta nel libro XXI dell'Iliade relativo a Patroclo.

Anfotero (mitologia)

Nella mitologia greca, Anfotero era il nome di uno dei figli di Alcmeone e di Calliroe

Anfotero, uno degli epigoni, rimase orfano di padre per colpa di Fegeo, uno dei figli di Alfesibea . La madre pregò perché divenisse al più presto adulto insieme a suo fratello Acarnano. Zeus esaudì il desiderio e i due vendicarono l’uccisione del padre, uccidendo non soltanto Fegeo ma anche progenie e consorte.

Successivamente Anfotero sempre con il fratello riuscì ad impadronirsi del monile di Armonia, dedicandolo al divino Apollo.

Aniceto (mitologia)

Nella mitologia greca, Aniceto era il nome di uno dei figli di Eracle e di Ebe.

Prima che Eracle bruciasse sul rogo, Zeus impietosito prelevò il suo corpo e se lo portò con sé sull'Olimpo dove venne accolto benevolmente da tutti gli dei compresa Era. La sua rinascita e quindi la conquista dell'immortalità gli permette di unirsi in matrimonio con la dea della giovinezza, la bella Ebe, coppiera degli dei, figlia dello stesso Zeus ed Era.Da tale unione nacquero Alessiare o Alexiare e Aniceto.

Anio (mitologia)

Nella mitologia greca, Anio era il nome di uno dei figli di Apollo, e Creusa o Reo.

Nascita

Anio era il figlio del dio Apollo che generò in Reo figlia di Stafilo, il padre avendo scoperto la figlia incinta la rinchiuse in un cofano e la gettò nel mare. Grazie ad Apollo il bimbo nacque e rimase in vita.

Vita

Anio era prima sacerdote di Delo, grazie a suo padre, in seguitò per eredità di Radamanto, divenne re della stessa città. Quando Menelao giunse da lui Anio predisse che la guerra che dovevano intraprendere sarebbe durata 10 anni.

Per mezzo di lui "fasciato alle tempie di bende e alloro", nell'Eneide, Enea e Anchise possono ascoltare a Delo l'oracolo di Apollo di "seguire l'antica madre", l'antica terra di Dardano, avo dei Troiani.

Discendenza

Da Driope o Dorippa, ebbe tre figle Dionisio regalò a loro il potere di produrre in quantità infinita vino grano ed olio, per questo vennero chiamate le “Vignaiole” od “Oinotrope”. Grazie a loro Anio poteva soddisfare le richieste dei greci che partivano per la guerra di Troia, ma Agamennone le volle catturare per portarsele con se. Le tre figlie si chiamavano Spermo, Eno, Elaide. Ebbe anche un figlio, chiamato Androne, che divenne re di Andro ed ebbe come il padre poteri divinatori.

Antagora


Nella mitologia greca, Antagora era il nome di uno dei figli di Euripilo.

Antagora, un semplice pastore di Coo, un giorno incontrò Eracle, nel suo viaggio di ritorno dalla guerra di Troia. Entrambi desideravano un ariete che passava vicino e decisero di disputare una gara di lotta per decidere a chi dovesse andare. Antagora fu aiutato da una schiera di amici che alla fine sopraffece Eracle, che dovette fuggire con abiti femminili, recuperati a casa di una donna, una certa matrona tracia.

In seguito, si rifocillò a dovere, si riposò e pieno di energie affrontò di nuovo i suoi avversari e li sconfisse duramente, purificandosi in seguito con il loro sangue.
 
Top
view post Posted on 24/6/2010, 09:57     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Antea (mitologia)

Nella mitologia greca, Antea era il nome di diversi personaggi.

Sotto tale nome nei racconti del mito ritroviamo:

* Antea, moglie di Preto

* Antea, figlio di Eumelo.

Antea figlio di Eumelo

Antea cercando di condurre il carro trainato da draghi della dea Persefone, che aveva deciso di affidare a Trittolemo insieme ad un incarico prestigioso, quello di diffondere le messi sulla terra, egli precipitò dal veloce carro morendo. Suo padre lo pianse in compagnia dello stesso Trittolemo.

Antea moglie di Preto

Antea (o Stenebea) figlia di Iobate, re della Licia, moglie di Preto re di Tirinto da cui ebbe le pretidi. Antea si innamorò di Ipponoo meglio conosciuto con il nome di Bellerofonte. Egli rifiutò l’amore della donna e allora lei l’accusò di averla violentata. Il re non volle sporcarsi le mani e lo inviò dal padre di lei con una lettera che lo avvertiva di cosa avesse fatto a sua figlia.

La morte

Quando Antea scoprì che Bellerofonte era ancora vivo in preda alla rabbia si uccise cavalcando Pegaso il cavallo alato cadde morendo.

Le tre figlie di Preto e Antea Lisippa, Ifinoe e Ifianassa erano diventate folli, a causa di una maledizione divina, e condannate a vagare allo stato selvaggio sulle montagne, assalendo come belve gli sfortunati viandanti.

Antea è la protagonista delle tragedie perdute di Euripide

Antedone

Nella mitologia greca, Antedone era il nome di uno dei fondatori della città omonima e di cui divenne protettore. Ad Antidone si svolge la vicenda di Glauco.

Alla sua morte, Antedone fu divinizzato ed eletto protettore della città chiamata con il suo nome, che si trovava sulla costa del mar Euboico, in Beozia.

Secondo pareri secondari, Antedone era la madre di Glauco.

Antemione

Antemione è il nome di un pastore troiano menzionato nel quarto libro dell'Iliade. Era il padre dell'eroe Simoesio, che morì giovanissimo durante la guerra di Troia, trafitto con la lancia da Aiace Telamonio.

Antenore

Anténore è un personaggio della mitologia greca il cui nome è legato a vari miti.

Nell'Iliade, Antenore viene descritto come un vecchio eminente e saggio troiano che implora i suoi concittadini affinché essi restituiscano Elena al marito, Menelao, per scongiurare la guerra contro gli Achei. Tale richiesta resterà inascoltata.

Da molti autori classici e medievali Antenore viene invece descritto come un traditore. Ad esempio secondo le versioni di Ellanico. Servio o Ditti Cretese, Antenore tradì i Troiani, consegnando ad Ulisse e Diomede il Palladio, talismano della invincibilità troiana, avendo in cambio salva la vita per sé e la propria famiglia. Dopo la distruzione di Troia, Antenore raggiunse il nord Italia (infatti è considerato il capostipite dei Veneti).

Secondo Tito Livio, invece, Antenore ottenne la libertà dagli Achei grazie al ruolo moderato che avrebbe svolto durante la guerra, e arrivato nel Veneto fondò Padova, che fu chiamata Antenorea. Qui sorgerebbe la sua tomba.

Antenore sposò Teano e da lei ebbe numerosi figli: Coone, il maggiore, Glauco, Archeloco, Acamante, Agenore (padre di Echeclo), Eurimaco, Elicaone, Polidamante, Demoleonte, Laodamante, Laodoco, Ifidamante, Anteo, Polibo.
Si unì anche ad una schiava, dalla quale ebbe un figlio di nome Pedeo, allevato con affetto da sua moglie legittima.

Anteo

Nella mitologia greca Anteo è il nome di diverse figure mitologiche.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Anteo, il gigante
* Anteo, un giovane di Alicarnasso
* Anteo, un giovinetto troiano, figlio di Antenore
* Anteo, un guerriero rutulo nell'Eneide.

Anteo, il gigante

Anteo era re di Libia, figlio di Poseidone e di Gea. Egli era praticamente invincibile finché rimaneva a contatto con sua madre (la Terra), che gli restituiva le forze ogni volta che la toccava.

Il gigante venne sconfitto da Eracle (o Ercole) che lo soffocò sollevandolo da terra da cui traeva la sua forza.

Secondo un'altra versione, Eracle prima lo sollevò in aria e poi con la sua clava lo distrusse.

Anteo di Alicarnasso


Anteo, bel giovane di stirpe reale, era prigioniero del tiranno di Mileto Fobio, la moglie del re Cleobea o Filecme si innamorò del ragazzo ma non essendo corrisposta decise di vendicarsi uccidendolo. Ella quindi lo assassinò, ma poi provò un immenso rimorso per quel gesto di slealtà inflitto ad un innocente tale che arrivò a suicidarsi per il dolore ed il pentimento.

Anteo il Troiano

Anteo era stato generato dal troiano Antenore e da sua moglie Teano. Ancora giovinetto, sfidò Paride, suo compagno di giochi, ad un duello con spade-giocattolo, senza prevedere alcuna conseguenza. Durante il combattimento, però, Paride colpì mortalmente il suo coetaneo.

In seguito a questo delitto, Paride si recò a Sparta per farsi purificare nella casa di Menelao.

Anteo il Rutulo

Anteo è nell'Eneide il nome di un giovane nemico di Enea nella guerra tra troiani e italici. Con l'amico Luca è uno dei condottieri rutuli dell'esercito di Turno. I due giovani vengono uccisi in combattimento da Enea. Questa vicenda è narrata nel decimo libro del poema.

Anteros

Nelle religioni dell'antica Grecia, Anteros è il figlio di Ares, e di Afrodite.

Anteros era la personificazione dell'amore corrisposto,altri esperti dicono dell'amore invece non corrisposto e quindi"vendicativo"ed altri ancora (anche) dell'amore omosessuale. Fratello di Eros erano inseparabili;una storia pervenutaci,a sostegno della prima opzione, narra che un giorno Afrodite si lamentò con la Dea Temi del fatto che il piccolo Eros non crescesse, così la saggia Temi le rispose che Eros non sarebbe mai cresciuto finché non avesse avuto l'amore di un fratello. Afrodite si unì ad Ares(un dio che per "dna" però non ap/porta certo amore etc..)e generò Anteros e da quel momento i due fratelli crebbero insieme, ma ogni qualvolta Anteros si allontanava da Eros, quest'ultimo ritornava bambino. Questo grazioso mito insegna che l'amore (Eros) per crescere ha bisogno di essere corrisposto (Anteros).

Anthas

Nella mitologia greca, Anthas o Antade era il nome di uno dei figli di Poseidone e di Alcione.

Anthas, eroe greco, fondò secondo la tradizione numerose città fra cui Alicarnasso, città in cui trasferì il culto di Poseidone “Phytalmios”. Da Anthas nacque la discendenza dei Anteadi, sacerdoti addetti a tale culto, a cui era vietato cibarsi di pesce.

Anthas aveva un fratello, Iperete anche lui famoso costruttore che spesso lo aiutava nell'edificare le città, come Antheia ed Hypereia, che in seguito unendosi diedero vita alla città di Trezene in Argolide, chiamata così da Pitteo.

Ebbe un figlio, Ezio, che non diede grande onore al padre.

Antianira

Nella mitologia greca, Antianira era una delle amanti di Ermes, il messaggero degli dei.

Antianira figlia di Menezio e sorella di Patroclo, dall’unione con il dio ebbe Echione ed Erito, due famosi eroi che presero parte alla spedizione per il recupero del vello d’oro, condizione imposta da Pelia il re usurpatore ai danni di Giasone. La donna saluto i figli alla partenza di Argo, la nave degli Argonauti.

Anticlea

Nella mitologia greca, Anticlea era la figlia di Autolico, quindi nipote di Ermes.

Anticlea figlia di Autolico fu la madre di Ulisse (chiamato anche Odisseo) avuto da Laerte.

La donna morì di dolore in seguito alla lunga assenza del figlio, preoccupata per le sue sorti sia nella Guerra di Troia sia durante il suo ritorno a casa.

Tradizioni secondarie

Secondo autori successivi ad Omero, il padre di Ulisse non era Laerte bensì Sisifo, visto che secondo tale versione, la donna prima delle nozze rimase incinta dal figlio del dio Eolo, che la violentò per punire suo padre per i continui furti di bestiame che operava.

Anticlo

Anticlo è una figura della mitologia greca

Anticlo, era uno dei Greci penetrati a Troia nel cavallo di legno; quando Elena, accostatasi al misterioso dono degli Achei prese ad imitare la voci delle mogli dei guerrieri che vi stavano nascosti, Anticlo per poco non tradì la loro presenza; ma Ulisse fu pronto a chiudergli la bocca con la mano.

Antide

Nella mitologia greca, Antide era il nome di una delle figlie di Giacinto.

Minosse aveva un figlio Androgeo, che gli ateniesi in un'imboscata uccisero. Il re era infuriato con il popolo e chiese vendetta, maledicendo il popolo tutto grazie ad una preghiera a Zeus, padre degli dei.

La maledizione ebbe effetto e gli ateniesi disperati cercarono un modo per porvi rimedio. Chiedendo ad un oracolo il responso fu chiaro: si doveva sacrificare qualcuno per salvare tutti.

Antide, insieme alle sorelle, furono scelti per placare il malefizio di Minosse; da qui e in seguito nacque il mito dei fanciulli sacrificati al Minotauro.

Antifate

Nella mitologia greca, Antifate era il nome del re dei Lestrigoni, i giganti che hanno ostacolato Odisseo (chiamato anche Ulisse) nelle sue avventure.

Antifate era il re di un gruppo di giganti antropofagi, ovvero cannibali. Odisseo nel peregrinare nelle sue avventure si imbatté in lui. Ulisse con i suoi compagni aveva diverse navi, ma furono tutte distrutte dalla furia dei giganti. Alla fine divorò uno dei suoi compagni.

Antifo

Nella mitologia greca, Antifo era il nome di diversi personaggi del mito.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Antifo, figlio di Ecuba e di Priamo
* Antifo, discendente di Eracle
* Antifo, condottiero dei Frigi accorsi in aiuto a Priamo nella guerra di Troia

Antifo figlio di Priamo


Nella guerra di Troia, Antifo figlio di Priamo fu fatto prigioniero insieme al fratellastro Iso (Iliade) da Achille, l'infallibile guerriero, ma in seguito essi riacquistarono la libertà. Tornati a Troia parteciparono nuovamente ai fatti bellici combattendo su un carro: Antifo, in particolare, si distinse uccidendo Leuco, fedele amico di Odisseo, con un giavellotto. Vennero tuttavia entrambi uccisi in uno scontro dal mortale nemico Agamennone. Questi fatti sono narrati da Omero nell' Iliade.

Antifo discendente di Eracle


Antifo, figlio di Tessalo


decise di combattere nella guerra di Troia ma qui venne ucciso da Ettore, o secondo altri autori da Sarpedone.

Altri autori ancora raccontano che riuscì a sopravvivere alla guerra, e nel ritorno a casa una tempesta lo dirottò in una terra che in seguito chiamò con il nome di suo padre Tessaglia.


Antifo era anche un compagno di Ulisse ucciso dal Ciclope.

Antigone
(mitologia)

Antigone è un personaggio della mitologia greca, figlia di Edipo e della madre di questo, Giocasta. Antigone era sorella di Ismene, Eteocle e di Polinice.

La storia di Antigone inizia laddove termina la tragedia di Sofocle Edipo re, ovvero quando Edipo affida le figlie allo zio Creonte e va in esilio. Quando Edipo si rese conto del misfatto che aveva compiuto e cioè di avere ucciso il padre e avere sposato la madre, Giocasta, si accecò e, scacciato da Tebe, peregrinò per tutta l'Attica. Quando giunse presso il bosco sacro alle Eumenidi, nel quale era vietato l'ingresso ai profani, egli decise di entrarvi e perciò le Eumenidi stesse, irate, fecero strazio del suo corpo. Antigone a questo punto decise di ritornare a Tebe, ove era appena iniziata la guerra dei Sette contro la città, causata da discordie fra i suoi fratelli che vicendevolmente si erano uccisi. Quando vi giunse Creonte, il nuovo re di Tebe, fratello di Giocasta, emanò un bando che proibì la sepoltura di Polinice, uno dei due fratelli di Antigone, lasciando il suo corpo giacente in pasto ai cani. Antigone, disobbedendo agli ordini di Creonte, seppellì degnamente suo fratello Polinice - traditore della patria. Il re diede così ordine di murarla viva.

Tiresia, l'indovino cieco, individuò la prigione-tomba di Antigone che fu aperta dopo qualche giorno, ma la fanciulla al suo interno era già morta. Alla vista del corpo, il promesso sposo di Antigone, Emone, figlio di Creonte, si tolse la vita. In seguito, però, anche la madre di Emone decise di uccidersi, provocando così anche la morte volontaria di Creonte.

Antigone è anche il personaggio principale della tragedia Antigone di Sofocle, la quale ispirò numerose successive tragedie omonime.

Antigone 2.

Figlia di Eurizione, re di Ftia, in Tessaglia. Fu data in sposa a Peleo che, esiliato da Egina per aver ucciso il fratellastro Foco, aveva cercato riparo presso Eurizione, il quale lo purificò dal suo delitto e gli diede in dono un terzo del suo regno. Antigone diede a Peleo una figlia, Polidora, la quale andò in sposa a Boro, figlio di Periere. In seguito, Peleo partecipò con Eurizione alla caccia del cinghiale calidonio e, per errore, uccise il suocero. Si rifugiò allora a Iolco, alla corte d'Acasto, che lo purificò. Qui Astidamia, la moglie d' Acasto, si innamorò di lui e gli chiese un appuntamento, ma egli non cedette al suo desiderio. Allora, per vendicarsi, ella inviò ad Antigone un messaggio per informarla che Peleo stava per sposare la figlia di Acasto, Sterope. Antigone, disperata, s'impiccò.

Antigone 3

Figlia di Laomedonte, re di Troia, e sorella di Priamo. Orgogliosa della sua capigliatura, sostenne di averla più bella di quella di Era. Adirata, la dea la punì, trasformando le ciocche dei capelli di Antigone in serpi. Gli dei ne ebbero pietà e la trasformarono in cicogna, e da allora le cicogne vanno a caccia di serpi.

Antileone

Nella mitologia greca, Antileone era il nome di uno dei figli di Eracle e di Procri.

Eracle, famoso eroe greco, celebre per aver compiuto le dodici fatiche, un giorno ebbe una relazione con la figlia maggiore di Tespio, re di Tespie, marito di Megamede, figlia a sua volta di Arneo, che volendo assicurarsi un degno erede, forte e di discendenza divina riuscì a far giacere l’eroe greco con tutte le sue cinquanta figlie.

L’unione nacque con l’inganno poiché Eracle era convinto che ogni volta giacesse con la sola Procri.

Da tale unione nacquero Antileone e il suo gemello Ippeo, in compagnia di ben altri 49 fratelli.

Fu Antileone, essendo il figlio della sorella maggiore di tutte e cinquanta ed anche il primo nato fra i vari figli ad essere il successore del nonno con l’aiuto del gemello.

Antiloco

Figlio maggiore di Nestore, re di Pilo, e di Anassibia (o Euridice). Poco dopo la sua nascita era stato abbandonato sul monte Ida da sua madre, e colà fu allattato da una cerbiatta. Poiché era troppo giovane per salpare dall'Aulide all'inizio della guerra di Troia, seguì, alcuni anni dopo, l'esercito greco nella Troade e pregò Achille di placare la collera di Nestore, irato per l'inatteso arrivo del figlio. Achille, compiaciuto per l'entusiasmo che Antiloco dimostrava, si assunse l'incarico di paciere e Nestore presentò infine il figlio ad Agamennore. Antiloco era uno dei guerrieri più giovani, belli, agili e animosi che combatterono nell'esercito greco dinanzi a Troia. Amico intimo di Achille, Antiloco annunciò all'eroe la morte di Patroclo. Partecipò ai giochi funebri in onore di Patroclo; consigliato da suo padre Nestore, commise una scorrettezza durante la corsa dei cocchi e, sorpassando Menelao, riuscì ad arrivare secondo. Di fronte alle rimostranze di quest'ultimo, Antiloco si scusò e restituì il secondo premio. Fu uno dei protagonisti della corsa a piedi.
Mentre coraggiosamente accorreva in aiuto del suo vecchio padre al quale Paride aveva ferito uno dei cavalli e l'auriga non riusciva più a controllare la pariglia inbizzarrita, venne ferito a morte da Memnone. Fu subito vendicato da Achille che ne disperse l'esercito fino alle porte Scee dopo averlo ucciso. Nestore era stato avvertito da un oracolo che bisognava proteggere Antiloco dagli Etiopi e incaricò dunque Calione di stargli sempre accanto; ma invano.
Le ossa di Antiloco giacciono ora accanto a quelle dei suoi amici, Achille e Patroclo, e si dice che la sua ombra si è unita a quelle di Achille e di Patroclo nei campi degli asfodeli, nell'isola Bianca.

Antimachea


Nella mitologia greca, Antimachea o Antimache era il nome della figlia di Anfidamante e della moglie di Euristeo.

Antimachea, sorella di Melanione fu la madre di Admeta. Secondo una versione del mito di Eracle, fu per sposare proprio quest'ultima che il grande eroe dovette affrontare le dodici fatiche.

La tradizione più classica vuole, invece, che, dopo che Eracle impazzì, gli dei lo punissero costringendolo a sottostare ai capricci di Euristeo.

Edited by demon quaid - 17/12/2013, 12:06
 
Top
view post Posted on 25/6/2010, 14:32     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Antimaco

Nella mitologia greca, Antimaco era il nome di un eminente troiano vissuto al tempo di Priamo, del quale era consigliere.

Antimaco, ricordato nell'Iliade quale padre dei giovani troiani Pisandro e Ippoloco, era famoso per il suo odio verso gli Achei. Prima di dichiarare guerra ai Troiani per il ratto di Elena, compiuto da Paride figlio di Priamo i Greci avevano cercato una soluzione pacifica inviando a Troia due illustri ambasciatori, Menelao ed Odisseo, abili a negoziare. Antimaco esortò i suoi concittadini a opporsi alle richieste degli Achei. Durante la guerra di Troia, Pisandro e Ippoloco, che combattevano insieme su un carro, vennero fatti prigionieri da Agamennone e da lui massacrati senza pietà nonostante le loro suppliche di aver salva la vita.

Sempre nell'Iliade è menzionato un altro troiano di nome Antimaco, padre del guerriero Ippomaco, che fu ferito in battaglia da Leonteo.

Antinoo (mitologia)

Antinoo è il nome di tre figure della mitologia greca:

1. Il più conosciuto è figlio di Eupite, noto come uno dei Proci che più insidiavano il trono di Itaca e aspiravano alla mano di Penelope, moglie di Ulisse.
2. Uno dei figli illegittimi di Priamo.
3. Un guerriero acheo, ucciso da Ettore o da Deifobo.

Antinoo, figlio di Eupite

È l'antagonista del libro di Omero l'Odissea, che narra le avventure di Ulisse dalla guerra di Troia al suo ritorno in patria. Nel libro I dell'Odissea di Omero è descritto come il più bello e il più supponente dei Proci, che, durante l'assenza di Ulisse avevano invaso il suo palazzo e cercavano di sposare Penelope. Si distingueva per violenza, brutalità, orgoglio e durezza. Tenta di far perire Telemaco, guida i suoi compagni alla corsa dei beni di Ulisse, insulta Eumeo allorché il vecchio guardiano di porci introduce Ulisse nel palazzo, incita il mendicante Iro contro Ulisse, che non riconosce, e infine è ucciso dalla prima freccia di quest'ultimo, durante la scena del riconoscimento, nel momento in cui porta una coppa alle labbra.

Sarebbe l'origine dell'espressione: «quanto è lontano dalla coppa alle labbra».

Antioco
(mitologia)

Nella mitologia greca, Antioco era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta nei miti.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Antioco figlio di Eracle e della figlia di Filante, il re dei Driopi. In seguito ebbe un figlio, Ippote;

* Antioco, figlio di Pterelao, re di Tafo, e fratello di Cromio, Tiranno, Chersidamante, Mestore ed Evere.

Antiope (figlia di Nitteo)

Antiope è una figura della mitologia greca, figlia di Nitteo, re di Tebe, e di Pollisso.

Antiope fu sedotta da Zeus che le si presentò con le sembianze di satiro. Quando si accorse di essere incinta, per sfuggire alle ire del padre, si rifugiò presso Epopeo il re di Sicione, dove ella partorì i due gemelli Anfione e Zeto. Nitteo morì di dolore, lasciando l'incarico di andarla a riprendere al proprio fratello Lico. Questi fece guerra a Epopeo, lo uccise, riportò Antiope prigioniera a Tebe e ne abbandonò i figli sul monte Citerone. Antiope venne incatenata e maltrattata dallo zio Lico e da Dirce sua moglie, ma riuscì un giorno a fuggire incontrando i figli che, a sua insaputa, erano sopravvissuti allevati da un pastore. Essi vendicarono la madre uccidendo Lico e Dirce. Dioniso per questo punì Antiope facendola impazzire. Fu poi rinsanata da Foco, figlio di Ornizione, che divenne suo sposo.

Antiope viene anche chiamata col patronimico Nitteide.

La sua storia era narrata nell'Antiope del tragediografo latino Marco Pacuvio, che a sua volta aveva tratto la sua opera da un originale greco, giunto a noi soltanto in maniera frammentaria, di Euripide.

Antiope (regina delle Amazzoni)

Antiope o Melanippa è una figura della mitologia greca, regina delle Amazzoni, sorella di Orizia, moglie di Teseo e madre di Ippolito.

L'incontro

Esistono molti racconti sull'incontro di Antiope e Teseo:

* Teseo aiutò Eracle contro le amazzoni ed ebbe Antiope come bottino;
* Teseo andò in compagnia di Piritoo nel regno delle amazzoni dove a sorpresa vennero ben trattati, qui Teseo si innamorò di Antiope e la rapì;
* Fu sconfitta e fatta prigioniera da Eracle che la diede in sposa a Teseo;
* Fu Antiope ad essere ospite di Teseo che nel suo viaggiare aveva fatto sosta nell'amazzonia. Qui uno dei tre compagni dell'eroe, Soloòne si innamorò della donna ma venne respinto in quell'occasione l'eroe greco comprese i suoi sentimenti,

La morte

Le amazzoni tentarono di invadere Atene, ma furono sconfitte da Teseo. Antiope pare fosse stata uccisa in battaglia, ma nella maggioranza delle leggende, Teseo la sposò.

Dalla loro unione nacque Ippolito. Teseo ucciderà Antiope,quando, costei gelosa perché egli stava per sposare Fedra, una principessa di Creta, mise in subbuglio i preparativi minacciando, come era nelle sue prerogative, di massacrare gli invitati. Teseo e i suoi compagni chiusero in gran fretta le porte e uccisero Antiope, benché fosse stata sempre fedele a Teseo. Secondo Igino l'omicidio era stato ordinato da un oracolo.

Antippe

Nella mitologia greca, Antippe era il nome di una ragazza sventurata di cui si racconta nel mito.

Antippe viveva tranquillamente nella Caonia. Lei era giovane, di nobili origini ed era bella, riuscì ad incontrare nel regno un ragazzo ma costui era di umili origini, Antippe ben sapeva che i suoi genitori non avrebbero mai permesso tale unione. La ragazza comunque non smise di vedere il giovane e lo incontrava in gran segreto in un bosco sacro che si trovava li vicino. Una di quelle sere furono disturbati da dei rumori sospetti, subito i due si nascosero in tutto quel fogliame, il ragazzo che stava correndo in quel bosco si chiamava Cichiro e stava dando la caccia a degli animali. Vedendo le foglie muoversi penso che si trattasse di una preda e così uccise Antippe.

Aone

Nella mitologia greca, Aone era il nome di uno dei figli Poseidone e di Ippodamia

Aone regnò nella regione della Aonia che in seguito venne chiamata Beozia. La terra Aonia era quella parte di territorio della Beozia che confinava con la Focide.

Apemosine

Nella mitologia greca, Apemosine era una delle figlie di Catreo, re di Creta, sorella di Altemene, Erope e Climene.

Un infausto oracolo informò Catreo che sarebbe morto per mano di uno dei suoi figli. Apemosine, preoccupata perché amava suo padre, decise con Altemene di andare spontaneamente in esilio sull'isola di Rodi, dove quest'ultimo chiamò il luogo del loro sbarco Cretinia; egli stesso, salito sul monte Atabirio, costruì un altare sacro a Zeus.

Poco tempo dopo, Ermes fu attratto dalla ragazza, che, tuttavia, gli sfuggiva, essendo più veloce di lui. Per farla sua, il dio mise alcune pelli di animale da poco scuoiate sulla strada che lei era solita percorrere mentre tornava dalla fonte. Apemosine scivolò e Ermes riuscì così a possederla, seppure con la violenza.

Quando la sorella informò dell'accaduto Altemene, egli non le credette e la uccise a calci. In seguito, sarebbe stato proprio lui ad ammazzare il padre, non riconoscendolo.

Una possibile interpretazione del mito

Secondo lo studioso anglosassone Robert Graves, il mito della morte di Apemosine alluderebbe ad un fatto brutale accaduto a Camiro in età storica: infatti, in questa città, dove secondo la leggenda i due fratelli avrebbero trovato ospitalità, durante l'invasione da parte degli Ittiti, sarebbero state uccise tutte le profetesse di un collegio sacerdotale.

Le tre figlie di Catreo rappresenterebbero, poi, una delle tipiche triadi lunari della mitologia classica.

Apesante

Nella mitologia greca, Apesante era il nome di diversi personaggi di cui si racconta nei miti.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Apesante, figlio di Acrisio, una volta adulto venne ucciso dal morso di un serpente velenoso, come tanti altri eroi greci
* Apesante, un giovane ai tempi delle imprese di Eracle

Apesante ed Eracle

Eracle, punito per la sua pazzia dovette sottostare a dodici prove che una volta superate l’avrebbero aperto la strada per l’olimpo. Una di queste era la cattura o l’uccisione del leone di Nemea, una terribile creatura magica.

Apesante, un giovane del luogo era nei pressi quando l’eroe affrontò il mostro, solo che prima che venisse annientato venne ferito ed ucciso dalla fiera. In nome suo è stato dedicato il monte dove il leone alla fine si dovette arrendere e morire.

Api
(Foroneo)

Nella mitologia greca, Api era il nome di uno dei figli di Foroneo e di Laocide

Api fu uno dei regnanti ad Argo. Grazie a lui tutto il Peloponneso, ma in particolare la stessa città di Argo assunse fra gli epiteti quello di Apia.

Apisaone Fausiade

Apisaone Fausiade, figura mitologica dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Apisaone fu ucciso dall'acheo Euripilo in un'azione bellica descritta nel libro XI dell'Iliade relativo alle Gesta di Agamennone.

Apisaone Ippaside

Apisaone Ippaside, figura mitologica dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Abilissimo in battaglia, tra i guerrieri provenienti dalla Peonia, era secondo soltanto ad Asteropeo, di cui era grande amico. L'eroe greco Licomede, mentre combatteva contro Enea, gli si ritrovò di fronte e lo colpì al fegato, uccidendolo. Asteropeo vide il compagno caduto e cercò invano di vendicarlo.

L'azione bellica è descritta nel libro XI dell'Iliade, relativo alle Gesta di Menelao.

Apollo

Figlio di Zeus e di Latona, nacque a Delo, ai piedi del monte Cinto (da cui l'epiteto di Cinzio). Latona mise alla luce prima Artemide, poi, con l'aiuto di questa, Apollo. Nel momento in cui nacque il dio, cigni sacri vennero a volare sopra l'isola, facendone sette volte il giro, poiché era il settimo giorno del mese. La dea Temi lo nutrì di nettare e ambrosia, e dopo quattro giorni il bimbo già chiedeva a gran voce arco e frecce, che Efesto subito gli porse. Partito da Delo, Apollo subito si diresse verso il monte Parnaso, dove si celava il serpente Pitone, nemico di sua madre, e lo ferì gravemente con le sue frecce. Pitone si rifugiò presso l'oracolo della Madre Terra a Delfi, città così chiamata in onore del mostro Delfine, compagna di Pitone; ma Apollo osò inseguirlo anche nel tempio e lo finì dinanzi al sacro crepaccio.
La Madre Terra, oltraggiata, ricorse a Zeus che non soltanto ordinò ad Apollo di farsi purificare a Tempe, ma istituì i giochi Pitici in onore di Pitone, e costrinse Apollo a presiederli per penitenza. Apollo, invece di recarsi a Tempe, andò a Egialia in compagnia della sorella Artemide, per purificarsi; e poiché il luogo non gli piacque, salpò per Tarra in Creta, dove re Carmanore eseguì la cerimonia di purificazione.
Al suo ritorno in Grecia, Apollo andò a cercare Pan, il dio arcade dalle gambe di capra e dalla dubbia riputazione, e dopo avergli strappato con blandizie i segreti dell'arte divinatoria, si impadronì dell'oracolo delfico e ne costrinse la sacerdotessa, detta pitonessa, a servirlo.
Latona, udita questa notizia, si recò con Artemide a Delfi, dove si appartò in un sacro boschetto per adempiere a certi riti. Il gigante Tizio interruppe le sue devozioni e stava tentando di violentarla, quando Apollo e Artemide, udite le grida della madre, accorsero e uccisero Tizio con nugolo di frecce: una vendetta che Zeus, padre di Tizio, giudicò pio atto di giustizia. Nel Tartaro Tizio fu condannato alla tortura con le braccia e le gambe solidamente fissate al suolo e due avvoltoi gli mangiavano il fegato.
In seguito Apollo uccise il satiro Marsia, seguace della dea Cibele. Marsia aveva trovato un flauto, gettato via da Atena, la quale si era reso conto che suonandolo le deformava la bocca e rendeva il suo viso paonazzo e le gote enfie. Atena gettò via il flauto e lanciò una maledizione contro chiunque lo avesse raccolto. Marsia fu l'innocente vittima di quella maledizione. Egli trovò per caso il flauto e non appena se lo portò alle labbra lo strumento si mise a suonare da solo, quasi ispirato dal ricordo della musica di Atena. Marsia allora percorse la Frigia al aseguito di Cibele, deliziando con le sue melodie i contadini ignoranti. Costoro infatti proclamavano che nemmeno Apollo con la sua lira avrebbe saputo far di meglio, e Marsia fu tanto sciocco da non contraddirli. Ciò naturalmente provocò l'ira di Apollo che sfidò Marsia a una gara: il vincitore avrebbe inflitto al vinto la punizione che più gli fosse piaciuta. Marsia acconsentì e Apollo affidò il giudizio alle Muse. Marsia fu vinto, e Apollo si vendicò in modo veramente efferato e crudele, scorticandolo vivo e appendendo la sua pelle a un pino (oppure a un platano, come altri sostengono) presso la sorgente del fiume che ora porta il suo nome.
Apollo vinse poi una seconda gara musicale, cui presiedette il re Mida, e questa volta sconfisse Pan. Divenuto così ufficialmente il dio della musica, suonò sempre la sua lira dalle sette corde durante i banchetti degli dèi. Altro suo compito fu quello di sorvegliare le greggi e le mandrie che gli olimpi possedevano nella Persia; ma in seguito delegò questo incarico a Ermete.
Pur rifiutando di legarsi in matrimonio, Apollo ha generato molti figli in Ninfe o in donne mortali; tra costoro ricordiamo Ftia, che diede alla luce Doro e i suoi fratelli, Laodoco e Polipete; Talia la Musa, madre di Coribante; Coronide, madre di Asclepio; Aria, madre di Mileto; Cirene, madre di Aristeo.
Apollo sedusse anche la ninfa Driope che custodiva le greggi di suo padre sul monte Eta in compagnia delle sue amiche, le Amadriadi. Apollo si tramutò in tartaruga e tutte le fanciulle si dilettarono con quell'animaletto: ma non appena Driope se lo pose in grembo, Apollo si trasformò in serpente e sibilando mise in fuga la Amadriadi, per poi godere della Ninfa. Driope gli generò Anfisso, che fondò la città di Eta ed eresse un tempio in onore di suo padre; colà Driope servì come sacerdotessa finché un giorno le Amadriadi la rapirono e lasciarono un pioppo al suo posto.
Non sempre il successo sorrideva ad Apollo nelle imprese d'amore. Un giorno cercò di sottrarre Marpessa a Ida, ma essa rimase fedele a suo marito. Un altro giorno inseguì Dafne, la Ninfa dei monti, sacerdotessa della Madre Terra e figlia del dio-fiume Peneo, in Tessaglia; ma quando l'ebbe raggiunta, Dafne invocò suo padre, supplicandolo di trasformarla, per permetterle di sottrarsi all'abbraccio del dio. Suo padre acconsentì e la tramutò in alloro; Apollo, per consolarsi, intrecciò una corona con le sue foglie.
Bisogna riconoscere che da molto tempo Apollo amava Dafne e aveva provocato la morte del suo rivale Leucippo, figlio di Enomao, che si era travestito da fanciulla per unirsi a Dafne sulle pendici del monte. Apollo, scoperto l'inganno grazie all'arte divinatoria, consigliò le Ninfe montane di bagnarsi nude per accertarsi che il loro gruppo fosse composto di sole donne; l'inganno di Leucippo fu così scoperto, e le Ninfe lo fecero a pezzi.
Vi fu poi l'episodio del bel Giacinto, un principe spartano, di cui si innamorarono non soltanto Tamiri (il primo uomo che concupì un individuo del suo sesso) ma anche Apollo, il primo dio che fece altrettanto. Per Apollo, Tamiri non fu un rivale pericoloso; saputo infatti che egli si vantava di superare le Muse nel canto, Apollo riferì tali parole alle Muse stesse, che subito privarono Tamiri della vista, della voce e della memoria. Ma anche il Vento dell'Ovest si era invaghito di Giacinto e divenne pazzamente geloso di Apollo; questi stava un giorno insegnando al fanciullo come si lancia un disco, quando il Vento dell'Ovest fermò il disco a mezz'aria e lo mandò a sbattere contro il cranio di Giacinto, uccidendolo. Dal suo sangue nacque il fiore del giacinto, su cui si vedono le lettere iniziali del suo nome.
Apollo attirò su di sé la collera di Zeus soltanto una volta, dopo il famoso complotto organizzato dagli dèi per detronizzarlo. Ciò accadde quando il figlio del dio, Asclepio il medico, ebbe l'ordine di risuscitare un uomo morto, privando così Ade di un suddito; Ade naturalmente se ne lagnò in Olimpo; Zeus uccise Asclepio con una folgore e Apollo per vendicarsi uccise i Ciclopi. Zeus, furibondo al vedere sterminata la sua guardia del corpo, avrebbe esiliato per sempre Apollo nel Tartaro se Latona non ne avesse implorato il perdono, assicurandogli che da quel giorno in poi Apollo si sarebbe emendato. La sentenza fu ridotta a un anno di lavori forzati che Apollo scontò in qualità di bovaro al servizio del re Admeto di Fere. Obbedendo ai consigli di Latona, il dio non soltanto accettò umilmente il verdetto, ma colmò Admeto di favori. Grazie a lui, le vacche di Admeto facevano due vitelli contemporaneamente e, in questo modo, portò la prosperità nella casa.
Ammaestrato dall'esperienza, Apollo in seguito predicò la moderazione in ogni cosa. Indusse le Muse ad abbandonare la loro sede sul monte Elicona per trasferirsi a Delfi, domò la loro furia selvaggia e insegnò loro a intrecciare danze decorose e garbate.


Apriate


Nella mitologia greca, Apriate era il nome di una fanciulla di Lesbo.

Euforione di Calcide, nel poema "Thrax", racconta una delle versioni della storia di Apriate: secondo il poeta alessandrino, Trambelo, figlio di Telamone, si innamorò di questa fanciulla, che, però, non lo ricambiava. Egli decise, dunque, di rapirla, mentre la ragazza si dirigeva in un possedimento paterno, vicino al litorale dell'isola di Lesbo. Siccome, però, lei lottava strenuamente per proteggere la propria virginità, Trambelo la gettò nel mare più profondo.

Secondo un'altra versione, forse riconducibile ad Aristocrito di Mileto, sarebbe stata lei stessa ad annegarsi, pur di mantenersi illibata.

Trambelo, del resto, sarebbe stato punito di lì a poco dal destino: incontrò, infatti, Achille, che lo uccise e poi pianse amaramente sulle sue spoglie, venuto a sapere il suo nome e le sue origini.

Apsirto


Apsirto, conosciuto anche come Assirto o Absirto, è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Eete, re della Colchide, e fratello di Medea. Venne assassinato dalla sorella per aiutare Giasone a fuggire dalla Colchide.

Vengono date due versioni del mito. Secondo la Medea di Seneca, Apsirto era un bimbetto che seguiva passo passo la sorella. Questa, innamorata di Giasone, mentre si apprestava a fuggire con l'amante sopra una nave, recando con sé il favoloso vello d'oro, fu inseguita dal padre e i suoi uomini; per dissuaderlo dall'inseguimento, Medea, ignorando i lamenti e le suppliche del fratellino, lo uccise e ne smembrò il corpo gettandone i pezzi tra le onde in direzione del padre Eete, che si fermò a raccoglierli in modo da poter dare degna sepoltura al figlio. Ciò permise a Giasone e Medea di fuggire senza essere disturbati.

In altre versioni, come nella Medea di Euripide, Eete mandò il figlio ad inseguire la nave Argo; Medea avrebbe, quindi, attirato il fratello in una trappola: fecendogli credere che Giasone si fosse impossessato di lei con la forza, lo invitò ad un appuntamento in un luogo sacro, dove Giasone gli tese un'imboscata e lo uccise. Secondo una tradizione locale, l'origine etimologica di Tomi, una città della Grecia, deriverebbe proprio da questo evento: in lingua greca antica τέμνω indica il verbo "tagliare".

Aracne

Aracne è una figura mitologica narrata da Ovidio nelle "Metamorfosi", ma che pare sia d'origine greca.

Aracne viveva a Colofone, nella Lidia. La fanciulla, figlia del tintore Idmone e sorella di Falance, era abilissima nel tessere, tanto girava voce che avesse imparato l'arte direttamente da Atena, mentre lei affermava che fosse la dea ad aver imparato da lei. Ne era cotanto sicura, che sfidò la dea a duello.

Di lì a poco un'anziana signora si presentò ad Aracne, consigliandole di ritirare la sfida per non causare l'ira della dea. Quando lei replicò con sgarbo, la vecchia uscì dalle proprie spoglie rivelandosi come la dea Atena, e la gara iniziò.

Aracne scelse come tema della sua tessitura gli amori degli dei; il suo lavoro era così perfetto ed ironico verso le astuzie usate dagli dei per raggiungere i propri fini che Atena si adirò, distrusse la tela e colpì Aracne con la sua spola.

Aracne, disperata, si impiccò, ma la dea la trasformò in un ragno costringendola a filare e tessere per tutta la vita dalla bocca, punita per l'arroganza dimostrata (hýbris), nell'aver osato sfidare la dea.

Arcade (mitologia)

Nella mitologia greca Arcade, era il figlio di Zeus e della Ninfa Callisto, che Hera trasformò in un orso. Arcade, durante una battuta di caccia, senza volerlo, corse il pericolo di uccidere la sua stessa madre, non avendola riconosciuta sotto le nuove sembianze animalesche. Zeus decise quindi di porli entrambi in cielo mutando Callisto nell'Orsa maggiore e Arcade nell'Orsa minore. È chiamato anche Arctophylax (protettore o pastore di orsi ).

Varie fonti suggeriscono che Arcade sia stato allevato da Maia o da Licaone.

Secondo una versione del mito fu proprio il nonno Licaone ad uccidere Arcade ed a servire la sua carne a Zeus per mettere alla prova la divinità dell'ospite.

Una versione alternativa della leggenda dice che Callisto, che era una delle compagne di giochi e caccia di Artemide, perse la verginità per mano di Zeus, che aveva assunto le sembianze di Apollo. A trasformare Callisto in un'orsa sarebbe quindi stata Artemide sentendosi oltraggiata.

Il fatto che Callisto ed Arcade fossero stati messi nel cielo non piacque ad Hera, che chiese di aiutarla alla sua nutrice Teti. Teti, una divinità marina, condannò la due costellazioni a girare nel cielo all'infinito, senza poter mai calare al di sotto dell'orizzonte per riposarsi.

Arcade, che diede il nome alla regione dell'Arcadia, ebbe un figlio, Azan, dalla musa Erato.

Arcandro

Nella mitologia greca, Arcandro era il nome di uno dei eroi greci, figlio, oppure secondo altre fonti, nipote di Acheo.

Arcandro insieme a suo fratello Architele, che in futuro si ritroverà un figlio incidentalmente ucciso da Eracle si trasferì dalla sua città natale Ftia ad Argo, (la città bianca), capitale dell'Argolide. Da tale luogo in seguito riuscì a prednere il comando del regno e aumentò il suo potere arrivando a regnare anche sulla Laconia. Secondo il mito lui fu il primo a chiamare Achei gli abitanti di quei luoghi.

Arcandro sposò una delle figlie di Danao, la giovane Scaia, e suo fratello scelse un'altra figlia dello stesso padre, chiamata Automate.

Arcesilao (mitologia)

Nella mitologia greca, Arcesilao fu uno dei cinque capitani che giunsero a Troia dalla Beozia con una flotta costituita da cinquanta navi. Figlio di Areilico e Teobula, viene ricordato da Omero nell'Iliade e dal poeta Igino nelle sue Fabulae.

Origini

Igino menziona Arcesilao come figlio di Areilico e Teobula e dunque come fratello di Protoenore, suo compagno nell'Iliade. Suo padre era un discendente di Anfizione, sovrano di Atene e secondogenito di Deucalione e Pirra, i coniugi che Zeus risparmiò al diluvio universale.

La guerra di Troia

Sebbene non vincolato dal giuramento di Tindaro, Arcesilao partecipò ugualmente alla guerra di Troia, unendosi alla sciagurata spedizione che si rivelò fatale per gli stessi Beoti. Nel Catalogo delle navi, al libro II dell'Iliade, la Beozia è rappresentata da una flotta di cinquanta navi, ciascuna delle quali popolata da centoventi guerrieri, al cui capo compaiono Peneleo, Leito, Clonio, Protoenore ed Arcesilao: dieci delle navi erano comandate da Arcesilao.

Arcesilao non sopravvisse a lungo al fratello Protoenore, ucciso presso le navi da Polidamante. Egli cadde, infatti, trafitto dalla lancia di Ettore, appena ripresosi da un colpo vibratogli da Aiace Telamonio: la presenza dell'eroe troiano incoraggiò gli animi dei suoi uomini i quali, sostenuti da Apollo, si avventarono contro gli Achei mettendoli in fuga. Nella medesima battaglia che seguì al ritorno di Ettore perse la vita anche Clonio, altro capitano beota, ucciso da Agenore.

Il corpo di Arcesilao venne abbandonato da Ettore ancora armato, essendo l'eroe troppo indaffarato nell'incalzare gli Achei in fuga verso le loro navi: il figlio di Priamo consigliò inoltre ai suoi uomini di non depredare nessun altro morto, rimandando tale compito alla notte successiva.

In realtà il corpo di Arcesilao venne rinvenuto dagli Achei e tributato degli onori degni di un eroe. Le ceneri del duce vennero raccolte e riportate in Beozia dal compagno Leito (l'unico dei duci beoti sopravissuto) il quale, come tramanda Pausania, le pose sotto un tumulo sulle sponde del fiume Ercina.

Secondo un'altra versione, Arcesilao venne ucciso a Troia da Ettore contemporaneamente al fratello.

Arcesio


Nella mitologia greca, Arcesio (o anche Arcisio, come è altrettanto consueta la forma di Archesio o Arcesiade era il nome di un celebre personaggio della mitologia greca, figlio di Cefalo e di Procri, oppure secondo altri autori, di Zeus e di Eurodia.

Arcesio era il padre di Laerte, padre, a sua volta, di Ulisse.

Pareri secondari
Secondo un'altra versione della leggenda sua madre era un'orsa e da qui l'origine del suo nome.

Archefonte

Nella mitologia greca, Archefonte era il nome di un giovane eroe innamorato di Arsinoe la figlia di Nicocreonte.

Archefonte amava con tutto se stesso la donna ma lei continuava a rifiutarlo, fino a quando egli disperato decise di uccidersi.

Di fronte a tale spettacolo Arsinoe non diede alcun segno di dispiacere, Afrodite piena d’ira vedendo un cuore tanto freddo, decise di trasformarla in sasso.

Archelao (mitologia)

Archelao è il nome di diversi personaggi appartenenti alla mitologia greca:

* Archelao, figlio di Meandro, che lo uccise per un sacrificio
* Archelao, figlio di Temeno, colui che guidò i figli di Eracle alla conquista del Peloponneso.
* Archelao, nipote di Oreste, secondo una delle versioni del mito riuscì a guidare i coloni della città di Eolia sino a Cizicene.
* Archelao, secondo Igino, era il nome di uno dei figli di Eracle avuto da una delle Tespiadi, figlie di Tespio


Archelao figlio di Temeno

Archelao che aveva per antenato l’illustre Eracle fu costretto dai suoi familiari ad abbandonare la città di Argo trovando quindi riparo presso il re di Macedonia Cisseo che trovandosi in difficoltà con una guerra in atto subito accolse l’occasione di schierare Archelao al suo fianco. Cisseo promise al ragazzo che se fosse riuscito nell’impresa gli avrebbe donato sia la mano di sua figlia sia il regno. Archelao combattendo al meglio riuscì a vincere la guerra ma il re si rimangiò la parola data organizzando anche una trappola mortale per lui. Archelao avvisato in tempo non soltanto evitò di rimanere intrappolato, ma fece in modo che proprio il suo nemico ci cadesse, morendo. Indeciso sul da farsi Archelao volle interrogare un oracolo che gli consigliò di abbandonare il regno seguendo il cammino di una capra. In seguito proprio in onore della capra Archelao fondò Ege che significa “capra”.


Archeloco

Nella mitologia greca, Archeloco era il nome di uno dei figli di Antenore

Archeloco, fratello di Acamante ed esperto combattente, fu uno dei tanti eroi che difese Troia dalla furia dell’esercito di Agamennone nella famosa guerra. Era uno dei sottoposti di Enea che era al comando dei dardani. Nella spedizione contro la base nemica che i greci avevano posto per proteggere le loro navi, fece parte del quarto gruppo.

Morte

Aiace il grande durante una delle tante battaglie scagliò l'asta contro Polidamante che aveva ucciso il capitano greco Protoenore, ma fallì il colpo uccidendo, invece, Archeloco, fratello di Acamante e figlio di Antenore: la lancia colpì il collo con tale violenza da fargli spiccare la testa, che cadde al suolo molto prima del busto rimasto privo del comando.

Iconografia

La figura di Archeloco è assolutamente sconosciuta nell'arte, ma non del tutto inesistente. Alcune iscrizioni rinvenute sulla Tabula Iliaca, conservata ai Musei Capitolini di Roma hanno rivelato che uno dei numerosi personaggi scolpiti a bassorilievo sulla tavola rappresenta proprio il figlio di Antenore, raffigurato proprio nell'atto di scagliarsi su Aiace Telamonio, in piedi di fronte a lui.

Archemoro



Nella mitologia greca, Archemoro era il nome del figlio di Nemea e Licurgo.

Archemoro fu allevato da Ipsipile, bambinaia che cercava di crescerlo da solo. La donna consultò un oracolo sul destino del bambino e le fu suggerito di non poggiarlo mai per terra prima che sapesse camminare. Durante la guerra dei sette contro tebe al passaggio degli eroi, uno di essi gli chiese delle indicazioni e Ipsipile distrattamente poggiò il bambino vicino ad una pianta di sedano per rispondere alla questione.

La morte

Vicino alla pianta si nascondeva un enorme serpente che divorò Archemoro. Gli eroi allora crearono in suo onore i giochi Nemei.

Pareri secondari

Era denominato anche con il nome di Ofelte.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:00
 
Top
view post Posted on 26/6/2010, 15:17     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Archeptolemo

Nella mitologia greca, Archeptolemo era il nome di uno dei figli di Ifito.

Quando Paride figlio di Priamo re di Troia prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani, Archeptolemo, troiano anche lui, fu costretto a parteciparvi. Egli durante una delle tante battaglie aiutò Ettore contro Diomede quando questi gli uccise il cocchiere Eniopeo, lasciando il carro dell'eroe troiano senza guida. In quell'occasione Archeptolemo intervenne con dei cavalli e fece salire il figlio di Priamo su uno di loro e lo mise al comando di esso prima che il nemico potesse approfittare. Da quel momento divenne il nuovo cocchiere di Ettore, ma la sua carriera non durò molto in quanto fu poi ucciso incidentalmente da una delle frecce lanciate da Teucro, guerriero greco che mirava al petto del figlio di Priamo.

Archia (mitologia)

Nella mitologia greca, Archia era il nome del mitico fondatore di Siracusa.

Archia, discendente di Eracle, si innamorò di Atteone figlio di Melisso e lo voleva rapire, ma al momento propizio ci fu un caos che portò alla morte del giovine e di suo padre. La peste quasi per punire tale misfatto scoppiò obbligando Archia, seguendo un oracolo ad andarsene e fondare una nuova città.

Secondo un'altra versione l’oracolo gli chiese di scegliere cosa avrebbe voluto per la nuova città che avrebbe fondato, se ricchezza o salute, Archia scelse la ricchezza, infatti Siracusa è famosa per la sua ricchezza.

Archia era anche uno dei tanti nomi del parente di Eneo, Eunomo, ucciso da Eracle senza volerlo.

Discendenza
Archia ebbe due figli, Ortigia e Siracusa.

Archiloco (mitologia)

Nella mitologia greca, Archiloco era il nome di uno dei figli di Nestore re di Pilo.

Archiloco, bravo e fiero guerriero, amava tanto suo padre che durante la guerra di Troia, dove fu coinvolto assieme a Nestore, diede la sua vita per salvare quella del genitore.

Archippe

Nella mitologia greca, Archippe era il nome di una delle figlie di Pelope, figlio di Tantalo e di Ippodamia, figlia di Enomao.

Archippe, uno dei tanti figli di Pelope, la cui discendenza fu piena di eroi, fu la madre di Alcione e di Euristeo, famoso per essere il creatore delle fatiche che Eracle dovette affrontare.

Ardalo


Nella mitologia greca, Ardalo era il nome di uno dei figli di Efesto e di Aglaia

Efesto, dio delle invenzioni e marito di Afrodite la dea della bellezza si innamorò di Aglaia e da lei ebbe un figlio Ardalo. Codesto Ardalo crebbe diventando grazie alle influenze del divino genitore un abilissimo scultore, costruì un santuario a Trezene dove poi Pitteo insegnerà l’arte oratoria.

Areilico

Nella mitologia greca, Areilico era il nome di diversi personaggi legati ognuno al mito della guerra di Troia.

Durante la guerra combattuta fra i due regni di Grecia e di Troia ritroviamo il nome di Areilico:

* Areilico, figlio di Menezio combatté valorosamente contro Patroclo quando questi fu inviato da Achille durante l’incendio delle navi. Nella lotta furibonda perse la vita.
* Areilico, padre di Protoenore che morì in guerra.

Areio

Nella mitologia greca, Areio secondo una delle versioni del mito era uno dei partecipanti alla spedizione dedita al recupero del vello d'oro.

Areio rientra nell’annovero posto da Apollonio Rodio, di coloro che spinti dall’entusiasmo di Era, la moglie di Zeus, risposero all’appello degli araldi mandanti in tutta la Grecia per il recupero dell’oggetto sacro. Fu dunque uno degli argonauti, ubbidì silente al loro comandante Giasone e non si distinse nel viaggio per impresa o altro.

Areitoo

Nella mitologia greca, Areitoo era il nome di uno dei guerrieri greci più abili nell’uso della mazza, arma nota in tali tempi, e di un giovane guerriero trace.

Areitoo di Grecia


Secondo i racconti, all'epoca della guerra di Troia, celebre fu la sua sfida contro Licurgo, re dei Pelasgi. L’avversario ben sapendo dell’abilità di Areitoo decise di spingerlo fino in una valle tanto stretta che non poteva utilizzare la sua arma, diventando facile vittima del re.

La mazza poi fu donata dal vincitore a Ereutalione, eroe di Ftia ucciso in seguito da Nestore.

Areitoo di Tracia


Nel libro XX dell' Iliade, Omero narra la morte di Areitoo e del suo signore, il giovane condottiero trace Rigmo, venuto dalla Tracia in soccorso di Troia assediata dai Greci. Areitoo faceva da scudiero e auriga a Rigmo. I due si trovavano sul carro quando vennero assaliti da Achille, che centrò Rigmo con una lancia, facendolo precipitare a terra, privo di vita. Areitoo allora frustò i cavalli per portarsi in salvo, ma Achille lo colpì a morte alla schiena con un'altra lancia, scaraventandolo giù dal carro.

Arene

Nella mitologia greca, Arene era il nome della moglie di Afareo

Arene oltre ad essere la moglie di Afareo re di Messene, era anche la sorellastra di costui, tali matrimoni a quell’epoca non apparivano innaturali e neanche insoliti. Da questa unione nacquero due figli, i gemelli Idas e Linceo dalla famosa vista acuta. I due quando crebbero diventarono abilissimi guerrieri, famosi per le loro continue dispute contro i Dioscuri, che alla fine vedranno entrambi cadere per mano del nemico.

Arene ebbe anche una relazione con Posidone il dio dei mari, e quindi Ida avrebbe discendenze divine.

Areo

Nella mitologia greca, Areo era il nome di uno dei figli di Briante .

Areo era il fratello di Taleo e di Leodoco

Secondo Apollonio Rodio, quando Giasone dovette partire per la conquista del vello d’oro, incarico affidatogli da Pelia quale impresa per riscattare la propria famiglia, Areo fu uno degli eroi che insieme ai fratelli rispose all’appello. Durante il viaggio degli argonauti, questo il nome del gruppo di eroi, non si distinse in maniera particolare.

Areo regnò Preto come ricompensa del re per aver salvato dalla follia le figlie del re.

Ares

Figlio di Zeus e di Era, benché alcuni dicono che Ares e la sua gemella Eris furono concepiti da Era quend'essa toccò un certo fiore. Il tracio Ares ama il fragore della battaglia e sua sorella Eris suscita sempre nuove guerre spargendo voci malvagie e alimentando le gelosie. Ares, come pure Eris, non favorisce questa o quella città, ma combatte ora a fianco degli uni ora a fianco degli altri, così come l'umore gli suggerisce, godendo al vedere carneficine di guerrieri e saccheggi di città. Tutti gli altri immortali, da Zeus ed Era in giù, lo odiano, salvo Eris e Afrodite, che nutre per lui una insana passione, e l'avido Ade, sempre pronto ad accogliere le ombre dei validi e valorosi giovani periti in battaglia.
Ares ostenta un grande disprezzo per la legge e non si è mai presentato in tribunale come accusatore; fu costretto tuttavia a presentarsi come accusato, quando gli dèi gli attribuirono l'omicidio volontario di Alirrozio, figlio di Poseidone. Ares sostenne di essere stato costretto a uccidere Alirrozio che voleva violentare sua figlia Alcippe, ch'egli aveva avuto da Aglauro della famiglia di Cecrope. Secondo il racconto di Pausania, Alirrozio prima di venire ucciso era già riuscito a violentare Alcippe. Poiché non vi erano testimoni dell'incidente, salvo Ares stesso e Alcippe, che naturalmente confermò la versione di suo padre, la corte assolse il dio. Quella fu la prima sentenza pronunciata in un processo per omicidio; la collina su cui si svolse il processo fu chiamata Areopago e ancora porta tale nome.
Ares non era sposato ma ebbe numerose avventure amorose. Così ebbe con Pirene tre figli: Cicno, Diomede di Tracia, le cui giumente divoravano carne umana, e Licaone. Gli si attribuisce anche talvolta la paternità di Meleagro e quella di Driante, che parteciparono alla caccia del cinghiale calidonio. Ma l'avventura più famosa fu quella con Afrodite, sposa di Efesto, che gli partorì Armonia e i gemelli Fobo ("la paura") e Deimo ("il terrore"). La relazione tra Ares e Afrodite fu bruscamente interrotta; Omero nell'Odissea fa raccontare a Demodoco come Elio, il sole, spiasse gli amanti e poi avvertisse Efesto di cosa facessero alle sue spalle. Questi allora forgiò una rete di bronzo, sottile come un velo ma solidissima, e la assicurò in gran segreto ai lati del suo letto; poi dichiarò che avrebbe lasciato l'Olimpo per andare a visitare il popolo di Lemno a lui devoto. Appena Efesto fu partito, Afrodite mandò a chiamare Ares, che si precipitò al palazzo. I due si coricarono nel talamo di Efesto, ma all'alba si trovarono prigionieri della rete, completamente nudi e senza possibilità di scampo. Efesto, ritornato dal suo viaggio, li colse sul fatto e invitò tutti gli dèi a far da testimoni al suo disonore. Le dee per un delicato senso di pudore rimasero a casa, mentre gli dèi accorsero sghignazzando. Annunciò poi che non avrebbe liberato la moglie finché non gli fosse stata restituita la preziosa dote che aveva dovuto pagare a Zeus, padre adottivo della sposa. Zeus era così disgustato che rifiutò di restituire la dote. Poseidone propose allora che Ares, per riavere la libertà, pagasse il valore equivalente alla dote, e qualora non dovesse mantenere la promessa, si dichiarava pronto a pagare il debito in vece sua. Inutile dire che Ares non mantenne la promessa, e alla fine Efesto rinunciò al risarcimento, perché era pazzamente innamorato di Afrodite e non aveva intenzione di divorziare da lei. Così Ares fu rimesso in libertà e ritornò in Tracia, mentre Afrodite andò a Pafo, dove recuperò la propria verginità bagnandosi nel mare.
Soltanto le battaglie e le carneficine rendevano Ares felice: si aggirava per il campo di battaglia accompagnato dai suoi figli gemelli, Fobo e Deimo, e da Enio, la dea della guerra, per stimolare lo spirito guerriero dei combattenti. Ares tuttavia non è sempre stato vittorioso. Atena, assai più abile di lui, l'ha due volte sconfitto in battaglia; e un giorno i giganteschi figli di Aloeo, Oto ed Efialte, lo sopraffecero e lo rinchiusero per tredici mesi in una giara di bronzo che nascosero nella casa della loro matrigna Eribea. Ares sarebbe morto se Ermete non fosse stato informato della vicenda da Eribea, e se non l'avesse costretta a farlo uscire dalla giara. In un'altra occasione Eracle lo costrinse a rifugiarsi impaurito sull'Olimpo.
Durante la guerra di Troia, Ares combattè al fianco dei Troiani, ma ebbe una parte ignominiosa. Aiutato da Atena, Diomede lo ferì gravemente. Ares andò a lamentarsi da Zeus. Più tardi tentò di partecipare ancora alla battaglia nonostante Zeus gliel'avesse proibito; ma Atena insultandolo glielo impedì. Durante la discussione, Ares aggredì la dea lanciandole contro il suo magico scudo (l'egida) il suo giavellotto: Atena non fu ferita, anzi stordì Ares colpendolo con una pietra. Tramortì anche con un pugno Afrodite che tentava di metterlo in sdalvo.
Quando Eracle sulla via per Delfi fu sfidato da Cicno, il figlio di Ares e di Pelopia (da non confondere con l'altro Cicno, avuto con Pirene), il dio stesso prese parte al combattimento. Ma l'eroe, con l'appoggio di Atena, uccise il brigante Cicno e ferì Ares alla coscia e gli avrebbe inferto un altro colpo se Zeus non avesse separato i due contendenti con una folgore. Allorché Eracle mise a sacco e a fuoco la città di Pilo, corse in aiuto di Atena che era impegnata contro Ares, e con la lancia in pugno, al terzo assalto trapassò lo scudo di Ares, stendendo il dio al suolo; infine, con un colpo potente vibrato alla coscia, affondò il ferro nella carne di Ares. Ares dolorante si rifugiò sull'Olimpo dove Apollo versò unguenti sulla ferita che si rimarginò in un'ora; tosto Ares si gettò di nuovo nella mischia, finché una freccia di Eracle non lo colpì alla spalla.
Il culto di Ares era originario della Tracia; si diffuse pure in Grecia, con centro principale a Tebe, dove Ares passava per essere l'antenato dei discendenti di Cadmo. Qui, infatti, possedeva una fonte, chiamata "la sorgente d'Ares" (ora detta fonte Castalia), custodita da un serpente di cui era considerato il padre. Cadmo, quando giunse nel punto dove ora sorge la città di Tebe, avvertì i compagni che bisognava sacrificare ad Atena, e li incaricò di attingere acqua lustrale proprio alla fonte di Ares; ma non sapeva che la sorgente era custodita da un serpente. Il rettile uccise quasi tutti gli uomini di Cadmo, che accorse e gli schiacciò il capo con una pietra. Ares chiese vendetta per l'uccisione del serpente e Cadmo per sentenza divina dovette divenire suo schiavo per otto anni. A espiazione avvenuta, Cadmo sposò Armonia, figlia di Ares e di Afrodite.
Ares ad Atene aveva consacrato soltanto l'Areopago che era il tribunale supremo. Gli animali a lui sacri erano il cane e l'avvoltoio e i suoi attributi la fiaccola e la lancia.




Arestore

Nella mitologia greca Arestore o secondo alcuni Arestoride, era il padre di Argo Panoptes (Argo dai cento occhi).

Arestore a seconda delle varie tradizioni risulta essere padre o fratello di Argo, non il fondatore della città ma del guardiano di Io, che secondo una tradizione minore fu il figlio a chiamarsi per tale discendenza con l’epiteto di Arestoride.

Discendenza

Secondo Igino da Niobe e Zeus nacque Argo il fondatore della città, da Argo e Evadne nacque Perante, da lei e Calliroe nacquero Arestore e Argo.

Aretaone


Aretaone è una figura mitologica dell'Iliade; fu un guerriero troiano.

Aretaone fu ucciso da Teucro in un'azione bellica descritta nel libro VI dell'Iliade relativo all'incontro di Ettore e Andromaca.

Arete (Alcinoo)

Arete è una donna della mitologia greca sposa di Alcinoo, re dei Feaci, legata ad una vicenda narrata da Omero nel libro V dell'Odissea e riguardante uno dei naufragi di Ulisse. In terra dei Feaci Ulisse trova ospitalità e ottiene, grazie all'intermediazione di Arete verso il marito, i mezzi per riprendere il suo viaggio di ritorno a Itaca.

Secondo Esiodo Arete sarebbe una sorella di Alcinoo.

Arete (mitologia)

Nella mitologia greca, Arete era il nome del figlio di Nestore ed Euridice.

Nestore fu uno dei guerrieri più famosi di Troia e durante la guerra che scoppiò a causa del rapimento della bella Elena suo figlio Arete si affiancò a lui.

Areto

Nella mitologia greca, Areto era il nome di uno dei valenti eroi che si unirono a Priamo nella guerra di Troia.

Paride, principe di Troia, rimase come stregato dalla bellezza di Elena, la moglie di Menelao, uno dei tanti re della Grecia. Il figlio di Priamo fu ospite del re e lui rapì la donna. Il marito per l’ingratitudine ricevuta chiese aiuto al fratello Agamennone e dichiarò guerra al popolo di Troia. Areto insieme al suo amico Cromio furono guerrieri che si unirono alle schiere troiane. In una delle battaglie si scontrò con Automedonte sperando di rubargli i cavalli dopo averlo ucciso, ma Areto non riuscì a schivare la veloce lancia scagliata dal nemico, preferì difendersi con il debole scudo che l’arma oltrepassò senza fatica e ferì mortalmente l’alleato troiano. Cromio dovette abbandonare il suo compagno nel campo di battaglia e ritirarsi.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:04
 
Top
view post Posted on 27/6/2010, 11:08     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Aretusa

Aretusa è un personaggio della mitologia greca, figlia di Nereo e di Doride.

Il dio Alfeo, figlio del dio Oceano, si innamorò di lei spiandola mentre faceva il bagno nuda.

Aretusa però fuggì dalle sue attenzioni, scampando sull'isola di Ortigia, a Siracusa, dove la dea Artemide la tramutò in una fonte.

Zeus, commosso dal dolore di Alfeo, lo mutò in fiume a sua volta, permettendogli così, dal Peloponneso, in Grecia, di percorrere tutto il Mar Ionio per unirsi all'amata fonte.

Ancora oggi il mito rivive nell'isola di Ortigia grazie alla cosiddetta Fonte Aretusa, uno specchio di acqua che sfocia nel Porto Grande di Siracusa.

Arge

Arge (o Arges) è un personaggio della mitologia greca, con le fattezze di un ciclope. Era figlio di Urano e di Gea

Secondo Esiodo, Arge aveva due fratelli, Sterope e Bronte, sapeva lavorare il ferro e costruire mura. Prestava all'inizio aiuto al dio Efesto nel preparare i fulmini di Zeus. In seguito Arge divenne una guardia di Zeus e sposò una ninfa ed ebbe dei figli che incontrarono Ulisse molti anni dopo.

La morte

Apollo voleva molto bene a suo figlio Asclepio, quando venne a sapere che Zeus lo uccise si volle vendicare uccidendo a sua volte i tre ciclopi, e quindi Arge. Si racconta che la sua ombra vaga alle pendici del vulcano Etna.

Argenno

Nella mitologia greca, Argenno o Arginno era il nome di uno dei giovani della Beozia, noto per la sua bellezza.

Argenno era un ragazzo dalla grande bellezza. Un giorno egli si trovava nell’Aulide dove tutti i greci erano in attesa per poter partire alla volta di Troia, per via della famosa guerra. Agamennone stanco di aspettare notò fra la folla Argenno e si innamorò perdutamente di lui. Raggiunto il ragazzo presso le rive del fiume Cefiso cercò di sedurlo senza riuscirci, ma il ragazzo cercando di sfuggirgli morì annegando in un fiume. Agamennone dispiaciuto gli eresse in suo nome un tempio solenne dedicato ad Afrodite.

Argeo

Nella mitologia greca, Argeo era il nome di uno dei figli di Frisso, e Calciope.

Argeo dove per alcune fonti si riporta che i suoi genitori siano Perimeda e Licimnio, era uno degli amici di Eracle con cui condivise diverse avventure.

Secondo altri autori invece Argeo era uno dei figli di Frisso che si unì agli argonauti nell’isola di Ares, insieme ad altri suoi fratelli.

La morte

Secondo alcuni morì nella spedizione di Eracle contro Laomedonte, secondo altri, insieme a suo fratello Mela o Melanione, morì nella conquista di Ecalia. Eracle avendo promesso a suo padre di riportarglielo a casa, ne riportò le ceneri.

Altri nomi

Vi è confusione circa il nome confondendolo spesso con un altro figlio di Frisso, e Calciope, Argo.

Argiope

Nella mitologia greca Argiope era una ninfa che abitava sul Parnaso e dalla unione con Filammone aveva generato Tamiri celebre cantore che si vantò di essere superiore alle stesse Muse ma che venne da queste accecato.

Argira


Nella mitologia greca, Argira era il nome di una delle ninfe del Parnasso.

Argira all’inizio si innamorò di Seleno (o Selemno), un giovane pastore, che subito ricambiò l’amore per lei. Dopo diverso tempo la ninfa si stancò dell’uomo e non lo volle più come amante.

L’uomo morì in preda ad un forte dolore, la dea Afrodite ebbe pietà di lui, e lo trasformò in un fiume, così le sue acque potevano mischiarsi a quelle della fonte Argira.

Secondo altri miti Argira fu sposa del pastore, e amava Selemno fino alla sua morte e solo dopo la fine della sua vita fu trasformato in fiume. Fu invece Selemno che con il passare del tempo non nutriva più passione per Argira.

La leggenda di Argira ricorda molto quella di Aretusa.

In entrambi I racconti si narra che bevendo l’acqua del fiume creato dal pastore si dimenticasse l’amore che si provava o ci si abbandonava all’oblio.

Argo 1

Figlio di Agenore e di Gea. Aveva, secondo gli uni, un solo occhio, secondo altri ne aveva quattro; un paio che guardavano in avanti, e l'altro paio indietro. Altre versioni gli attribuiscono, infine, cento occhi ripartiti su tutto il corpo. Dotato d'una grande forza, uccise un toro che devastava l'Arcadia, lo scorticò e si rivestì della sua pelle. In seguito uccise un satiro che rubava le greggi agli Arcadi e così pure Echidna, figlia mostruosa del Tartaro e di Gea ("la Terra"), che mangiava uomini crudi e procreò mostri orrendi a suo marito Tifone. Quando Zeus si innamorò di Io e la trasformò in giovenca, Era ne reclamò la proprietà e la affidò ad Argo, dicendogli: "Lega segretamente questa bestia a un albero di Olivo presso Nemea". Zeus, per liberarla, affidò l'ingrato compito a Ermete. Questi fece addormentare il mostro al suono del suo magico flauto, lo colpì con una pietra, gli tagliò la testa e liberò Io. Era, dopo aver costellato con gli occhi di Argo la coda del pavone (suo uccello preferito) a perenne ricordo di quel turpe assassinio, mandò un tafano a pungere Io spingendola alla fuga.

Argo 2

Figlio di Zeus e di Niobe. Ottenne in retaggio il potere reale sul Peloponneso ch'egli chiamò Argo. Sposò Evadne, figlia di Strimone e di Neera, ed ebbe da lei quattro figli: Ecbaso, Pira, Epidauro e Criaso. Secondo la tradizione, introdusse in Grecia l'arte di arare e seminare il grano.

Argo 3

Figlio maggiore di Frisso e di Calciope, nacque a Colco e qui fu allevato. Ma la lasciò quando si recò ad esigere l'eredità del nonno Atamante. Perseguitati, lui e i fratelli, da Eete, fuggirono in nave ma fecero naufragio sull'isola di Aria. Furono salvati dagli Argonauti che li ricondussero a Eea, Argo intercesse in favore di Giasone presso il re Eete. In seguito, quando Giasone ebbe assolto il compito imposto da Eete, Argo domandò a sua madre, la figlia del re, di proteggere gli Argonauti dalla collera di Eete. Fuggì con i fratelli e con Giasone e Medea sulla nave Argo. Sposò Perimele, figlia d'Admeto, e ne ebbe un figlio, Magnete.

Argo 4

Figlio di Arestore e di Argea, costruì la nave Argo aiutato da Atena stessa che ornò la prua con una figura di buon auspicio, intagliata in una quercia di Dodona sacra a Zeus. In seguito si unì all'equipaggio e partecipò alla spedizione del Vello d'Oro.

Argonauti

Si chiamano così gli eroi che presero parte con Giasone alla conquista del Vello d'Oro sulla nave Argo. Era il vello dell'Ariete alato che condusse Frisso da Orcomeno in Beozia fino alla Colchide in fondo al mar Nero, sottraendolo ai crudeli trattamenti della matrigna Ino. Dopo l'arrivo di Friso in Colchide, il vello era stato appeso nel bosco sacro ad Ares, dov'era sorvegliato notte e giorno da un drago che non dormiva mai. Ci sono giunte numerose versioni della spedizione, ma la più nota è quella di Apollonio Rodio. La storia era conosciuta anche da Omero e da Pindaro.
Esone, padre di Giasone, era il legittimo re di Iolco in Tessaglia, ma fu detronizzato dal fratellastro Pelia. Pelia era stato informato che sarebbe morto per mano di un discendente di Eolo che si sarebbe presentato a lui calzando un solo sandalo. Quando Giasone raggiunse l'età adulta, decise di recarsi a Iolco e di far valere i suoi diritti sul trono. Arrivò mentre Pelia stava sacrificando a suo padre Poseidone. Era odiava Pelia; così per mettere alla prova Giasone che si stava recando a Iolco gli apparve sotto forma di una vecchia e gli domandò di aiutarla ad attraversare un tumultuoso torrente che si trovava sul loro cammino. Malgrado l'ansia di raggiungere Iolco per il sacrificio, Giasone obbedì e nel corso d'acqua perse un dei suoi sandali. Dopo che l'ebbe aiutata a raggiungere l'altra riva, la vecchia scomparve ed egli non seppe mai che si trattava di Era.
Arrivato a Iolco si recò sulla piazza del mercato e domandò dove poteva trovare Pleia. Fu riferito al re che un uomo con un piede scalzo voleva vederlo. Pleia si fece immediatamente accompagnare al mercato e capì che l'oracolo si era realizzato. Giasone con grande sincerità gli rivelò il suo nome e il motivo della sua venuta. Per non macchiare i festeggiamenti con il sangue del nipote, Pleia lo invitò nel suo palazzo e gli disse: "Che faresti se un oracolo ti dicesse che secondo il Fato uno dei tuopi concittadini dovrà ucciderti?" "Manderei quel mio concittadino alla ricerca del Vello d'Oro nella Colchide", rispose Giasone, senza sapere che Era gli aveva messo quelle parole sulle labbra. Se Giasone avesse compiuto questa pia spedizione, disse Pleia, egli gli avrebbe volentieri consegnato lo scettro che era ormai divenuto troppo pesante per un uomo della sua veneranda età. Giasone accettò questa condizione e Pelia gli chiese di portargli il Vello d'Oro, credendo l'impresa impossibile e sperando che sarebbe morto nel tentativo di compierla.
Giasone mandò dunque araldi in ogni corte di Grecia, per convocare volontari disposti a salpare con lui per la Colchide. Indusse inoltre Argo a costruirgli una nave a cinquanta remi: la nave fu messa in cantiere a Pegase e si usò legname stagionato del monte Pelio. Atena stessa ornò la prua dell'Argo con una figura di buon auspicio, intagliata in una quercia di Dodona sacra al padre suo Zeus.
Diversi cataloghi ci hanno conservato la lista degli Argonauti. Queste liste differiscono sensibilmente le une dalle altre, e riflettono le epoche diverse della leggenda. Due, soprattutto sono interessanti, quella di Apollonio Rodio e quella di Apollodoro. Il numero degli Argonauti è relativamente stabile: da cinquanta a cinquantacinque. Un certo numero di nomi è comune alle due liste, e rappresenta la base più sicura della leggenda. Sono, oltre a Giasone che comandava la spedizione, Argo, figlio di Frisso (o, secondo altri, d'Arestore), il costruttore della nave e Tifide (figlio d'Agnate), che la pilotava. Poi, veniva il musico Orfeo che aveva l'incarico di dare la cadenza ai rematori e di servire con i suoi canti d'antidoto alle seduzioni delle Sirene. L'equipaggio contava parecchi indovini: Idmone, figlio d'Abante, Anfiarao, Mopso. Poi venivano i due figli di Borea, Zete e Calaide, i due figli di Zeus e di Leda, Castore e Polideuce, e i loro due cugini, i figli di Afareo, Ida e Linceo. L'araldo della spedizione era Etalide, un figlio di Ermes. Tutti questi eroi svolgono una parte attiva nelle avventure dell'Argo.
L'Argo fu varata dagli eroi, in mezzo a grande affluenza di popolo, sulla spiaggia di Pagase, ed essi s'imbarcarono, dopo un sacrificio ad Apollo. Il figlio di Pelia, Acasto, all'ultimo momento si unì alla spedizione. Il primo scalo degli Argonauti fu Lemno; Afrodite aveva punito le donne di quest'isola facendole sentire di un olezzo insopportabile tanto che i loro mariti le avevavo abbandonate. Allora queste donne avevano ucciso i loro uomini e tutti gli altri maschi che vivevano sull'isola. La loro regina Ipsipile diede ospitalità a Giasone e Afrodite, su richiesta di Efesto, fece sparire l'odore disgustoso; così molti bambini furono generati in tale occasione dagli Argonauti.
Dopo una sosta a Samotracia, attraversarono nottetempo l'Ellesponto, quindi raggiunsero il mar di Marmara sani e salvi. Avvicinandosi al territorio dei Dolioni, fecero scalo ad Arctoneso, che un istmo collegava al continente. Il re dei Dolioni, Cizico, diede loro ospitalità, ma alcuni Giganti a sei braccia, figli della Terra, venuti dall'interno della penisola, attaccarono gli uomini di guardia all'Argo mentre l'equipaggio era altrove. Eracle che era di guardia uccise i Giganti e li ammucchiò sulla spiaggia. Quindi Gli Argonauti, istruiti da Cizico sulla rotta da tenere, ripresero il mare, diretti verso il Bosforo. All'improvviso venti impetuosi li ricacciarono indietro; gli Argonauti ormeggiarono la nave e si accamparono a terra, ma durante la notte dovettero respingere un attacco degli abitanti del luogo. Al mattino si accorsero che i loro assalitori erano dei Dolioni e che Cizico si trovava tra i morti. Celebrarono le sue esequie con giochi funebri e sua moglie Clita, disperata, si impiccò. Una tempesta impediva all'Argo di riprendere il mare, e Mopso, che aveva il dono della divinazione, li informò che Cibele, la dea frigia del monte Dindimo, doveva essere placata. Gli Argonauti si recarono presso il suo altare sulla montagna, innalzarono un simulacro alla dea e danzarono, in assetto di guerra, intorno alla sua statua. Una lieve brezza si alzò e gli Argonauti poterono riprendere il mare.
Quando l'Argo stava per giungere in Bitinia, Eracle ruppe il suo remo, così presero terra e furono accolti dagli abitanti del luogo. Mentre Eracle andava in cerca di un albero che potesse fornirgli un nuovo remo, il suo scudiero Ila andò a prendere dell'acqua a una fonte vicina. Le ninfe della fonte, colpite dalla sua bellezza l'avevano indotto a seguirle in una grotta sott'acqua. Polifemo, uno degli Argonauti, udì il grido del ragazzo nell'istante in cui spariva sott'acqua. Si precipitò in suo aiuto, e, per la strada, incontrò Eracle il quale tornava dalla foresta. Entrambi si misero a cercare Ila nei boschi, gridando il suo nome.
All'alba si levò un vento favorevole, e poiché non si vedeva l'ombra di Eracle e di Polifemo, Giasone diede l'ordine di riprendere il mare. L'Argo raggiunse l'isola di Bebrico, dove regnava l'arrogante re Amico, un figlio di Poseidone, che sfidava tutti gli stranieri al pugilato e li uccideva. Amico andò incontro agli Argonauti e negò loro cibo e acqua se non si fossero misurati con lui. Polideuce, abilissimo nella lotta, subito si fece avanti e infilò i guanti di corregge che Amico gli offriva. Dopo una prolungata serie di assalti, Amico agguantò il pugno sinistro di Polideuce e lo tenne fermo mentre vibrava il destro, ma Polideuce si scostò bruscamente, evitò il colpo e rispose con un destro all'orecchio, seguito da un montante così potente che fracassò la tempia di Amico e lo uccise all'istante. I Bebrici alla vista del loro re ucciso, diedero di piglio alle armi, ma gli esultanti compagni di Polideuce li respinsero con facilità e saccheggiarono il palazzo reale.
Gli Argonauti ripresero il mare il giorno seguente e approdarono a Salmidesso nella Tracia orientale, dove regnava Fineo, figlio di Agenore. Egli era stato accecato da Zeus perché profetizzava il futuro con troppa esattezza, e inoltre un paio di Arpie non gli davano requie: queste odiose creature alate svolazzando rubavano il cibo dalla tavola insozzando quello che rimaneva coi loro escrementi. Il re ospitò gli Argonauti, li informò sul futuro del loro viaggio, quindi li pregò di aiutarlo, sapendo che due di loro, gli alati cognati Calaide e Zete, sarebbero riusciti a cacciare le Arpie. Fu dunque preparato un banchetto e, quando le Arpie arrivarono, Calaide e Zete le misero in fuga inseguendole fino in Acarnia; là Iride, messaggera di Era, intervenne e promise che le Arpie sarebbero ritornate alla loro caverna del Ditte in Creta e mai più avrebbero molestato Fineo. Fineo spiegò a Giasone come navigare sul Bosforo, e gli predisse esattamente quali venti, quale ospitalità e quale sorte l'avrebbero atteso lungo la rotta per la Colchide.
Fineo aveva messo in guardia gli Argonauti anche contro il pericolo delle Rocce Simplegadi (cioè "le Rocce che si urtano") che avvolte dalla nebbia marina insidiavano le navi dirette al Bosforo. Secondo il consiglio di Fineo, Eufemo liberò una colomba perché volasse dinanzi all'Argo. Non appena le rocce ebbero mozzato le penne della coda dell'uccello, per poi separarsi di nuovo, gli Argonauti si inoltrarono nello stretto passaggio vogando a tutta forza, aiutati da Atena e dal suono incoraggiante della lira di Orfeo, e persero soltanto l'ornamento di poppa. Benché la forza della corrente ostacolasse la navigazione, gli Argonauti premettero sui remi ed entrarono sul Mar Nero sani e salvi. Da quel giorno, secondo una profezia, le due rocce rimasero ferme ai due lati dello stretto.
Costeggiando la sponda meridionale, giunsero all'isoletta di Tinia, dove fecero un sacrificio ad Apollo. Di lì fecero vela per la città di Mariandine, dove furono cordialmente accolti da re Lico. Questi aveva già avuto notizia della morte del suo rivale, re Amico, e in segno di gratitudine offrì agli Argonauti il proprio figlio Dascilo perché li guidasse nel loro viaggio lungo la costa. Il giorno seguente, quando già erano sul punto di imbarcarsi, il veggente Idmone fu attaccato e ucciso da un cinghiale inferocito (come aveva lui stesso predetto). Poi anche Tifide si ammalò e morì. Lo sostituì al timone Anceo, e Dascilo, figlio di Lico, entrò a far parte dell'equipaggio.
Da Mariandine gli Argonauti proseguirono verso oriente, finché raggiunsero Sinope in Paflagonia. A Sinope, Giasone reclutò tre uomini per occupare i posti vacanti sulle panche dei vogatori, e cioè i fratelli Deileone, Autolico e Flogio, di Tracia. L'Argo oltrepassò veleggiando il paese delle Amazzoni. Poi doppiò la mitica isoletta di Ares, dove stormi di uccelli volarono sulla nave lasciando cadere piume di bronzo, e una di queste piume ferì Oileo alla spalla. Gli Argonauti si protessero il capo con gli scudi e battendoli con le spade sollevarono un terribile frastuono che mise in fuga gli uccelli. Fineo li aveva inoltre consigliati di approdare all'isola. Quella sera stessa si levò una violenta tempesta e quattro Eoli, aggrappati a un relitto, furono gettati a riva, nei pressi del campo; costoro erano Citisoro, Argeo, Frontide e Melanione, figli di Frisso e di Calciope, che era a sua volta figlia di re Eete della Colchide. Giasone li accolse a bordo con molta cordialità.
Gli Argonauti risalirono il fiume Fasi e gettarono l'ancora davanti alla capitale della regione, la città di Ea. Giasone sbarcò e si recò nel palazzo di Eete, accompagnato da Telamone e da Augia. Era li nascose in una nuvola e Medea, seconda figlia di Eete e dotata di magici poteri, fu la prima a vederli. Afrodite, che si era impegnata ad aiutare Era a realizzare il suo disegno di vendetta, fece nascere in Medea una travolgente passione per Giasone. Giasone espose al re Eete la missione affidatagli da Pelia. Il re non rifiutò di dargli il Vello d'Oro, ma pose come condizione che egli avrebbe aggiogato a un aratro, senza essere aiutato, due tori dagli zoccoli di bronzo che soffiavano fuoco dalle narici. Questi tori mostruosi, doni di Efesto a Eete, non avevano mai conosciuto il giogo. Una volta superata questa prima prova, Giasone avrebbe dovuto ancora arare un campo e seminare i denti di un drago (era il resto dei denti del drago di Ares, a Tebe, che Atena aveva dato a Eete).
Giasone si chiedeva come avrebbe potuto imporre il giogo a quei mostri, quando Medea venne in suo aiuto. Cominciò a fargli promettere di prenderla come moglie se ella gli avesse permesso di superare le prove imposte dal padre, e di portarla in Grecia. Giasone promise e Medea gli dette allora un balsamo magico (poiché ella era esperta in tutte le arti occulte), col quale egli avrebbe dovuto spalmare lo scudo e il corpo prima di lottare con i tori d'Efesto. Inoltre, ella gli rivelò che i denti del drago avrebbero fatto nascere una messe di uomini armati i quali avrebbero tentato di uccidere l'eroe. Egli avrebbe dovuto lanciare da lontano una pietra in mezzo a loro, ed essi si sarebbero scagliati l'uno contro l'altro accusandosi reciprocamente dì aver lanciato questa pietra, e sarebbero morti sotto i propri colpi. Allo spuntar del giorno, Giasone si spalmò sul corpo il balsamo di Medea e quindi, reso forte delle sue formule magiche, riuscì a superare le tre prove imposte da Eete. Protetto dal balsamo che lo difendeva dalle fiamme uscenti dalle narici dei tori, riuscì ad aggiogarli; poi arò il campo e seminò i denti lanciandoli dietro alle spalle. Immediatamente dai solchi nacquero degli uomini armati. Quando gli si fecero incontro, Giasone lanciò una pietra tra loro. Subito gli uomini cominciarono a combattere distruggendosi uno con l'altro. Restò solo da eliminare i pochi sopravvissuti e al crepuscolo la battaglia era finita.
Re Eete rinnegò il patto concluso e minacciò di dar fuoco all'Argo e di uccidere l'equipaggio; ma Medea guidò Giasone e alcuni suoi compagni al sacro recinto di Ares, dove stava appeso il vello, custodito da un orrendo e immortale drago dalle mille spire. Placò il drago con misteriosi incantesimi e gli spruzzò negli occhi gocce soporifiche. Subito Giasone staccò il vello dai rami di quercia e accompagnato da Medea si affrettò verso la baia dove si trovava l'Argo. La nave ripartì in gran fretta, inseguita dalle galere di Eete.
Molti e contrastanti sono i racconti sul ritorno dell'Argo in Tessaglia. Secondo la versione riferita dal poeta Pindaro, la più antica, la nave fece rotta verso l'Oceano probabilmente risalendo il Fasi. Poi costeggiando l'Asia e l'Africa entrò nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra o forse attraverso il mar Rosso. Un'altra versione sostiene che abbiano attraversato l'Europa: la loro nave avrebbe risalito il Don, quindi disceso un altro fiume arrivando così nel mar Baltico, poi bordeggiando la costa ovest dell'Europa sarebbe entrata nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra. Secondo Ovidio gli Argonauti avrebbero seguito lo stesso percorso che avevano fatto all'andata, dopo aver rapito, prima della partenza, il giovane figlio del re, Apsirto, fratellastro di Medea. Durante la traversata del mar Nero, vedendo che le navi di Eete stavano per raggiungerli, Medea pugnalò suo fratello, lo fece a pezzi e ne lanciò in mare le membra. Così, mentre il padre si fermava a ricomporre il corpo del figlio e a celebrargli i funerali, la nave degli Argonauti poteva prendere il largo e sfuggire alla caccia.
Diversa è la versione di Apollonio: Apsirto, inviato all'inseguimento degli Argonauti dal padre Eete, avrebbe bloccato tutte le uscite del mar Nero, compreso il Bosforo, e il delta dell'Ister (il Danubio), dimenticando però il suo braccio più settentrionale. Gli Argonauti utilizzarono questa via di uscita e risalirono l'Ister per tutta la sua lunghezza; scesero quindi un altro fiume e sboccarono nell'Adriatico, dove però li attendeva Apsirto che li aveva preceduti. Gli Argonauti presero terra su un'isola sacra ad Artemide, dove Giasone si incontrò con Apsirto. Costui accettò di lasciare a Giasone il Vello d'Oro, esigendo in cambio che Medea ritornasse in patria. Quando venne a sapere dell'accordo, Medea si infuriò con Giasone, ma quest'ultimo sostenne che il suo incontro con Apsirto altro non era che uno strataggemma. Medea, disposta a divenire complice dell'assassinio del fratello, adescò Apsirto col pretesto di voler essere salvata da Giasone che l'aveva rapita; Giasone comparve e lo colpì alle spalle. Non appena Medea ritornò a bordo dell'Argo, gli Argonauti assalirono i Colchi rimasti senza capo e fuggirono.
Zeus, irritato dall'uccisione d'Apsirto, inviò una tempesta che allontanò la nave dalla rotta. Attraverso la voce della figura oracolare posta sulla prua della nave, rivelò la sua collera, e aggiunse che Giasone e Medea dovevano essere purificati da Circe, per il delitto compiuto. La nave dovette così risalire il fiume Eridano (il Po), scendere il Rodano e arrivare infine nel mar Tirreno, all'isola Eea, regno di Circe (senza dubbio, la penisola del monte Circeo, a nord di Gaeta, tra il Lazio e la Campania). Circe, alla quale essi si presentarono come supplici, li purificò di malavoglia con il sangue di una giovane scrofa. Il loro delitto le fece talmente orrore che rifiutò di offrire ospitalità a Giasone e si limitò ad avere una lunga conversazione con la nipote. L'Argo riprese allora la corsa errabonda, e, guidata dalla stessa Teti, su ordine di Era, attraversò il mare delle Sirene. Qui, i seducenti canti di quelle donne uccelli furono soffocati dai suoni ancor più seducenti della lira di Orfeo. Il solo Bute si gettò in mare e raggiunse a nuoto la riva, ma Afrodite lo salvò, e guidandolo sul monte Erice, oltre il Lilibeo (oggi Marsala), fece di lui il suo amante.
Favoriti dal vento e dal bel tempo, gli Argonauti evitarono le isole vaganti e, dopo aver doppiato Cariddi e Scilla, veleggiarono lungo le coste orientali della Sicilia. Quando l'equipaggio arrivò a Corcira (oggi Corfù), l'isola dei Feaci, trovò ad aspettarlo un gruppo di Colchidesi che avevano il compito di ricondurre in patria Medea. I Colchidesi chiesero al re Alcinoo di consegnar loro Medea. Alcinoo, dopo aver consultato la moglie Arete, rispose: " Se Medea è ancora vergine dovrà ritornare in Colchide; se no potrà rimanere con Giasone". Arete fece sapere di nascosto a Medea la decisione di Alcinoo, e Giasone si affrettò a sposare Medea nella grotta di Macride. Il mattino seguente Alcinoo proclamò il suo verdetto; Giasone dal canto suo dichiarò che Medea era sua moglie e i Colchidesi, non osando rientrare in patria, si stabilirono a Corcira.
Gli Argonauti ripresero il mare, ma giunti in prossimità della Grecia una tempesta li trasportò verso le Sirti, sulla costa libica. Qui, un'enorme ondata sollevò l'Argo oltre le insidiose rocce che si sgranavano lungo la costa e poi subito si ritrasse, e la nave rimase all'asciutto a un miglio circa nell'entroterra, nel mezzo del deserto. La triplice dea Libia, avvolta in pelli di capra, apparve in sogno a Giasone e lo confortò. Giasone allora riprese animo e indusse gli Argonauti a portare la nave in spalla fino al lago Tritonio. Tutti sarebbero morti di sete se non avessero trovato la sorgente che Eracle, diretto al giardino delle Esperidi, aveva fatto sorgere dal suolo poco tempo prima. Grazie a Tritone, il dio del lago, trovarono uno sbocco verso il mare e ripresero il viaggio in direzione di Creta. Ma, durante questa vicenda, persero due compagni, Canto e Mopso. Canto fu ucciso da Cafauro, un pastore garamanzio cui egli cercò di rubare delle pecore; Mopso posò il piede su un serpente libico che lo morsicò al tallone e lo fece morire tra spasimi atroci.
A Creta, non riuscirono a sbarcare per colpa di Talo, la sentinella di bronzo, opera di Efesto, che bersagliò la nave con delle pietre, com'era sua abitudine. Medea blandì il mostro con voce soave e gli promise l'immortalità se beveva una certa pozione; si trattava in verità di un soporifero e mentre il mostro dormiva, Medea estrasse il chiodo di bronzo che turava l'unica vena di Talo: una vena che gli correva dalla nuca alle caviglie. Il sangue ne uscì gorgogliando e il mostro morì. Altri dicono che Talo, stregato dagli occhi di Medea, avanzò barcollando, si ferì il tallone contro una roccia e morì dissanguato. Gli Argonauti approdarono, e passarono la notte sulla riva. L'indomani innalzarono un santuario ad Atena Minoica e ripartirono.
Sul mare di Creta, furono d'un tratto sorpresi da una notte opaca, misteriosa, che fece correre loro i più gravi pericoli. Giasone implorò Apollo, chiedendogli di mostrar loro la rotta in mezzo a quella oscurità. Allora, Apollo illuminò il cielo con un lampo ed ecco apparire a tribordo un'isoletta delle Sporadi, dove poterono gettare l'ancora.
Dettero a quell'isola il nome d'Anafe, e, in segno di gratitudine, Giasone innalzò un altare ad Apollo. Le dodici ancelle feacie di Medea, a lei donate dalla regina Areta come regalo di nozze, risero gaiamente quando, non avendo vittime sottomano, Giasone e i suoi compagni versarono libagioni d'acqua sui tizzoni ardenti dell'altare sacrificale. Gli Argonauti le rimproverarono scherzosamente e poi iniziarono con loro una battaglia amorosa: questa usanza è ancor viva oggi, e si ripete durante la festa di autunno ad Anafe.
Il giorno seguente, gli Argonauti fecero scalo a Egina, e, costeggiando l'Eubea, giunsero a Iolco, avendo compiuto il loro periplo in quattro nesi. Giasone consegnò a Pleia il Vello d'Oro e condusse poi la nave Argo a Corinto, dove la consacrò a Poseidone, come ex-voto.

Argone

Nella mitologia greca, Argone era il nome di uno dei discendenti di Eracle , uno degli Eraclidi.

Sotto la definizione di Eraclidi rientrano tutti i discendenti di Eracle che ancora giovani furono perseguitati da Euristeo, il fratello dell’eroe che l’odiava ritenendolo favorito dalla sorte.

Argone era figlio di Alceo, non l’Alceo figlio di Perseo, ma un altro. L'eroe, uno dei più attivi fra i figli dell'eroe, che più degli altri si disntinse in guerra, alleatosi con i giovani compagni una volta sconfitto Euristeo, decisero il da farsi ed invasero il Peloponneso.

Arianna (mitologia)

Arianna è una figura della mitologia greca, figlia del re di Creta Minosse e di Pasifae.

Il noto mito è raccontato in varie versioni. In una si narra che Arianna si innamorò di Teseo quando egli giunse a Creta per uccidere il Minotauro nel labirinto. Arianna diede a Teseo un gomitolo di lana per poter segnare la strada percorsa nel labirinto e quindi uscirne agevolmente. Arianna fuggì con lui e gli altri ateniesi verso Atene ma Teseo la fece addormentare per poi abbandonarla sull'isola di Nasso (chiamata anche Dia). In ogni modo, durante le loro passioni segrete, Arianna concepì dall'eroe alcuni figli, Demofoonte e Stafilo.

In un'altra versione, Arianna al risveglio vide la nave di Teseo allontanarsi ma il dolore dell'abbandono fu di breve durata poiché giunse Dioniso su un carro tirato da pantere che, conosciutala, volle sposarla. Secondo un'altra variante ancora fu il dio stesso a ordinare a Teseo di abbandonare Arianna per averla in sposa.
Dagli amori di Dioniso e Arianna nacquero Toante, Stafilo, Enopione e Pepareto.

Per le nozze, Dioniso fece dono ad Arianna di un diadema d'oro creato da Efesto che, lanciato in cielo, andò a formare la costellazione della Corona Boreale.

Le varie versioni sono accomunate da un comportamento meschino da parte di Teseo che appare inspiegabile; quindi sembrerebbe che una parte del mito originario sia andata perduta.

Esiste un'ulteriore versione della tradizione secondo la quale Dioniso ordinò ad Artemide di uccidere Arianna sull'isola di Nasso.

Infine c'é un' ulteriore tragica versione, dove si dice che Arianna,sopraffatta dal dolore della perdita del suo amato Teseo si sia gettata nel mare e suicidata.

Arimaspi

Gli Arimaspi sono un popolo leggendario citato da autori greci e latini (tra i quali Plinio il vecchio) abitanti in un territorio posto a nord-est della Grecia. Secondo Erodoto, che cita un poema sugli Arimaspi di Aristea di Proconneso, il loro territorio si trovava tra quelli degli Iperborei e degli Issedoni) probabilmente nel nord della Scizia e quindi tra i monti del Caucaso ed il Mar Nero.

Sono spesso rappresentati mentre combattono con i grifoni (guardiani delle miniere) per il possesso delle miniere d'oro. Avevano la particolarità di avere un unico occhio e per questo venivano chiamati anche uomini monocoli. Fanno parte dei popoli mitologici ciclopi.

Arione

Arione è il nome di almeno tre personaggi della mitologia greca:

* Arione di Metimna, poeta e musico
* Arione, cavallo immortale, chiamato anche Areione, considerato il più veloce della sua razza. Figlio di Demetra, trasformata in giumenta per sfuggire alle avances di Poseidone, e di quest'ultimo, trasformato in cavallo per attirare su di sé l'attenzione della dea. Da Onco passò in proprietà di Eracle e poi di Adrasto il quale grazie a questo cavallo fu unico superstite della disastrosa spedizione dei Sette contro Tebe .
* Arione, re di Mileto, che accolse Esione, dopo che aveva lasciato Telamone, e adottò il figlio Trambulo.

Arione di Metimna

Arione di Metimna (noto anche come Arione di Lesbo) potrebbe essere esistito realmente attorno al VII secolo a.C., definito da Erodoto il primo poeta ditirambico - riguardo al quale è stata narrata una particolare leggenda mitologica.

Figlio di Poseidone e di Onea, inventore del ditirambo (il canto in onore di Dioniso), vince una gara in Sicilia e durante il viaggio di ritorno i marinai della nave che lo riportava in Grecia, avidi dei tesori che si era guadagnato grazie alla sua bravura, lo tradiscono, dandogli però la possibilità di cantare per un'ultima volta. Concluso il canto viene gettato in mare, dove un delfino lo carica sul dorso e lo conduce a Corinto. Lì il tiranno locale Periandro gli concede di mettere a morte il capitano della nave che ha tentato di ucciderlo, arrivato nel frattempo.

Il ricordo di Arione viene perpetuato nella costellazione della Lira, la quale d'altro canto viene ricondotta anche ad Orfeo. Anche il delfino viene ricordato attraverso l'omonima costellazione.

Arisbe

Nella mitologia greca, Arisbe (o Arisba) era la figlia Merope di Percote, il veggente. Fu anche la prima moglie di Priamo.

Arisbe era la figlia di Merope Percosio, il veggente; ebbe per fratelli Adrasto e Anfio. Ella sposò Priamo, quando questi non era ancora re di Troia; subito dopo la nascita del loro figlio Esaco, Priamo la maritò a Irtaco[1] che la rese madre di altri due figli: Asio e Niso, i quali parteciparono alla guerra di Troia con i due zii materni. Nell'Eneide, Irtaco è detto anche padre di Ippocoonte, ma non che Arisbe fosse la madre.

Dopo aver divorziato, Priamo scelse come sposa Hecuba, figlia di Dimante, re della Frigia.

Durante la guerra di Troia

In seguito alla morte di Paride, dopo che Deifobo fu preferito ad Eleno come nuovo sposo di Elena, questi preferì recarsi sul monte Ida per vivere con Arisbe.

Omonimie

Ha lo stesso nome la moglie di Dardano (chiamata anche Bateia) e figlia di Macareus. Nella Troade, esisteva una città chiamata Arisbe, di cui era signore Asio, come ricorda Omero; un'altra città con la stessa denominazione si trovava sull'isola di Lesbo.

Aristeo


Aristeo è una figura della mitologia greca, figlio di Apollo e della ninfa Cirene.

La nascita di Aristeo avvenne in Libia, dove Apollo aveva portato Cirene dopo il rapimento. Ermes assistette al parto e le sue ninfe si presero cura di lui insegnandogli l'arte della pastorizia, come produrre il formaggio, l'apicoltura e la coltura dell'ulivo. Educato dal centauro Chirone nell'arte della guerra e della caccia, egli dedicò la sua vita ad allevare api e a fare il pastore. Una volta diventato adulto, sposò Autonoe e da questa unione nacque Atteone. Si trasferì in Beozia dove apprese dalle Muse l'arte della caccia, la medicina e come custodire le greggi.

Si invaghì della driade Euridice e lo stesso giorno che essa andò in sposa ad Orfeo, il figlio che Calliope ebbe da Apollo, egli tentò di farla sua prima del marito e nell'inseguimento che seguì Euridice riuscì più volte a sfuggirgli, finché accidentalmente calpestò un serpente velenoso che con il suo morso la uccise.
Per vendetta, le altre driadi distrussero le api. Cirene, sua madre, consigliò allora ad Aristeo di placarne l'ira offrendo loro dei capi di bestiame, lasciandoli sul suolo e tornando sul luogo dopo nove giorni. Così fece ed al suo ritorno trovò uno sciame d'api nelle carcasse che lo ripagò ampiamente della perdita subita.

Aristeo venne onorato come un dio in molte località della Grecia per aver insegnato agli uomini l'apicoltura, la produzione del formaggio e la pastorizia.

Venne talvolta assimilato al dio Pan.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:10
 
Top
view post Posted on 28/6/2010, 14:44     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Aristodemo

Nella mitologia greca, Aristodemo era il nome del figlio di Aristomaco.

Aristodemo, un discendente di Eracle, era un prode guerriero. Aveva due fratelli, Temeno e Cresfonte. Un giorno prima di una battaglia gli fu chiesto di consultare l’oracolo come si faceva a quei tempi, per buono auspicio. Aristodemo sicuro di se stesso rifiutò di consultare l’oracolo di Delfi e fu colpito da un fulmine, a Naupatto, come punizione dagli dei.

Aristodemo ebbe due figli, Procle ed Euristene che presero il suo posto in guerra dopo la sua morte.

Aristomaco

Nella mitologia greca, Aristomaco era il nome di uno dei figli di Cleodemo o Cleodeo, discendente di Eracle.

Aristomaco, fiero combattente discendeva da Illo, uno dei figli di Eracle, ebbe come figli Cresfonte, Temeno e Aristodemo.

Aveva deciso a capo di un esercito di invadere e conquistare il Peloponneso, ma durante la guerra viene sconfitto ed ucciso, i suoi figli lo vendicarono ampliando il territorio secondo i suoi voleri.

Aristomene

Nella mitologia greca, Aristomene era uno dei più grandi eroi della Messenia.

Aristomene viene ricordato in una sfida contro i Dioscuri Castore e Polluce, dove una prima volta gli sottrassero lo scudo ed un'altra di notte riuscirono a respingerlo. Si racconta anche che una volta Menelao riuscì a farlo fuggire da un pozzo dove gli Spartani l’avevano gettato.

Armeno (mitologia)

Nella mitologia greca, Armeno secondo una delle versioni del mito era un argonauta compagno di avventure di Giasone:

Armeno, un tessalo del lago Bebe, secondo tale versione rispose all’appello lanciato da Giasone e partecipò come tanti altri eroi al viaggio sino alla Colchide per recuperare il vello d’oro.

All’inizio non si distinse per imprese o atti eroici, ma al ritorno abbandonò i compagni per fondare un vasto regno che poi chiamò il luogo intero a suo nome, Armenia. Armeno in seguito eresse alle porte di una città dei monumenti in onore di chi gli permise di realizzare questo suo sogno, Giasone.

Armonia (mitologia)

Armònia è una figura della mitologia greca, secondo quanto riportato da Esiodo nella sua Teogonia, figlia di Ares e Afrodite.

Il mito narra che Zeus diede Armònia in sposa al fondatore di Tebe, Cadmo, come ricompensa per averlo liberato dal mostro Tifeo. Tutti gli dei scesero a Tebe dall'Olimpo per celebrare le nozze. Secondo il mito queste furono le prime nozze della storia. Fra i doni recati dagli dei, avrà una parte importante nella storia di Tebe la collana forgiata da Efesto che Afrodite mise al collo della sposa, dotandola del potere di dare bellezza a chiunque la portasse.

Dal matrimonio nacquero quattro figlie: Agave, Autonoe, Ino e Semele.

Dopo la morte di Semele, folgorata da Zeus, Armonia e Cadmo se ne andarono da Tebe. Al termine del loro viaggio raggiunsero la costa adriatica laddove ebbero un altro figlio, Illirio.

Armonide


Nell' Iliade, Armonide è il patronimico di Tettone, un artigiano di Troia.

Tettone Armonide era padre di Fereclo, un abilissimo costruttore di navi, veloci e robuste. Una di esse fu utilizzata da Paride per rapire Elena.

Armotoe

Nella mitologia greca, Armotoe era il nome della moglie di Pandareo .

Secondo le vicende narrate nel mito i due sposi fuggiti dalla Grecia, per paura della punizione divina dovuta ai misfatti del marito, riuscirono a trovare nella Sicilia un luogo dove vivere, ma trovarono in seguito la morte.

Da tale unione nacquero le figlie Merope e Cleotera o Camino o Clizia, che rimaste senza genitori furono accudite dalle dee che furono inizialmente benevoli con loro, ma alla fine vennero aspramente punite per le colpe dei loro genitori.

Nacquero anche Aedone e Niobe, la cui prima era gelosa della seconda per vie dei suoi tanti figli.

Arne


Nella mitologia greca, Arne era il nome di una fiera donna di Atene, che tradì la sua gente in favore di Minosse .

Ai tempi di Arne Creta e Atene, due regni abili nella guerra di terra ma anche nella guerra sui mari, si contendevano supremazia e potere sui flutti, la donna, interessata all’offerta che le fece il re di Creta, tradì il suor regno in favore di un uomo che seppe ricoprirla d’oro.

Gli dei infuriati per la sua condotta la trasformarono in una civetta, o secondo altri autori in una gazza ladra, per via del suo amore verso il denaro.

Arne era anche uno dei nomi della madre di Giasone, e un altro nome di Melanippa.

Arnea

Nella mitologia greca, Arnea o Arnacia era il nome di diverse personaggi raccontati nel mito.

Nel mito tale nome lo si riscontra:

* Arnea, figlia di Eolo re della Tessaglia
* Arnea, di Atene, che cercando di tradire la sua patria aiutando Minosse fu tramutata in civetta
* Arnea, dell’isola di Sitone, talmente avida di denaro che fu trasformata in civetta
* Arnea, altro nome di Penelope

Arnea figlia di Eolo

Arnea, una bella donna, suscitò l’interesse di Poseidone che per averla si trasformò in toro. Da questa unione nacque il divino Eolo, re dei venti e Beoto.

Arneo

Nella mitologia greca, Arneo , chiamato anche Iro, era un mendicante di Itaca.

Arneo, dalla sembianze simili ad un piccolo gigante e di appetito superiore al loro era in realtà un mendicante buono ed onesto di Itaca, l’isola di Odisseo (Ulisse) e dei proci. Qui era solito frequentare le mense dei ricchi per ottenere un po’ di cibo.

Al ritorno di Odisseo, non lo riconobbe, anzi pensando che fosse un nemico prima lo attacca a parole e poi con i fatti, ed alla fine Arneo ebbe la peggio.

Arpalice

Nella mitologia greca, Arpalice era la figlia di Climeno e di Epicasta.

Climeno l'arcade, uno dei figli di Sceneo, si innamorò perdutamente, preso dalla bellezza di sua figlia Arpalice, avuta da Epicasta.

Lui la violentò. ed in seguito la diede in sposa ad Alastore, per poi riprenderla di nuovo con sè.

Lei stanca dei continui maltrattamenti volle vendetta: uccise il figlio avuto con lui, che in realtà era anche suo fratello, e dopo averne cucinato le carni lo diede come pasto a Climeno. Lei si trasformò in uccello e suo padre si impiccò.

Se non si dovesse trattare di un'opera costruita per il teatro come la morte per impiccagione farebbe suporre, possiamo pensare che ciò fosse un piano del re per ottenere un prolungamento del suo regno anche dopo la scadenza del mandato. Avrebbe quindi prima maritato l'erede sacerdotessa, ad un semplice reggente per poi uccidere il consorte e riprenderla in sede di vedova.

Alastore significa "vendicatore" ma nel mito dove si parla di lui, non si trova alcuna vendetta.

Arpalico

Nella mitologia greca, sotto il nome di Arpalico ritroviamo molti personaggi minori.

Nei miti si racconta di Arpalico come:

* Arpalico, maestro di Eracle in scherma e ginnastica
* Arpalico, figlio di Licaone
* Arpalico, compagno di Enea, ucciso da Camilla.
* Arpalico, figlio dello stesso Arpalico.

Arpalione

Nella mitologia greca, Arpalione era il nome di diversi personaggi raccontati nel mito tutti legati alla guerra di Troia

Sotto tale nome ritroviamo:

* Arpalione, figlio di Pilemene, ucciso da Merione durante la guerra, davanti alle mura di Troia
* Arpalione, eroe della Beozia, fu ucciso da Enea.

Arpie

Esiodo le considera figlie di Taumante e della ninfa oceanica Elettra, quindi sorelle della dea Iride. Sono rappresentate come mostruose donne provviste d'ali oppure come uccelli dalla testa femminile. Hanno artigli aguzzi. Si diceva che abitassero le isole Strofadi, nel Mar Egeo. Più tardi, Virgilio le pone nell'anticamera degli Inferi, con gli altri mostri.
Esistono due diverse tradizioni che le riguardano. Nella prima, l'omerica, erano simili ai venti di tempesta come indicano i loro nomi Aello ("urlo"), Ocipe ("volo veloce"), Celeno ("oscurità") e Podarge ("piè veloce"). Podarge si unì al dio del vento Zefiro, e generò i cavalli immortali Xanto e Balio che passarono poi ad Achille. Si considerava anche madre dei cavalli di Diomede (o dei Dioscuri), Flogeo e Arpago.
Le Arpie avevano una parte nella leggenda di Pandareo. Mentre Afrodite si era ritirata con Zeus sull'Olimpo, per chiedergli di trovare alle figlie di Pandareo mariti adatti, le Arpie rapirono le fanciulle, le nascosero e più tardi le affidarono alle Erinni che le fecero soffrire in punizione dei peccati del loro padre. Ma la leggenda in cui svolgono la funzione più importante è quella che riguarda la piaga di Fineo, il re tracio che diede ospitalità agli Argonauti durante il loro viaggio verso la Colchide. Svolazzando nella sala dove banchettava Fineo, le Arpie si impossessarono del suo cibo e insudiciarono il suo tavolo con i loro escrementi. Fineo fece un accordo con gli Argonauti consentendo di profetizzare il loro futuro se l'avessero liberato da quel flagello. Calaide e Zete, gli alati figli di Borea, si levarono con la spada in mano e inseguirono le Arpie fino alle isole Strofadi nel Mar Egeo dove Iride intervenne e promise che le Arpie sarebbero ritornate alla loro caverna sul monte Ditte a Creta e mai più avrebbero molestato Fineo.
Secondo un'altra tradizione inseguitori e inseguiti non fecero mai ritorno e morirono di fame e il fiume Arpide (il Tigri), nel Peloponneso, ebbe questo nome perché una di loro cercando di fuggire da Calaide e Zete annegò nelle sue profondità.
Enea incontrò l'arpia Celeno alle Strofadi dove gli predisse che i suoi Troiani avrebbero raggiunto la nuova terra soltanto quando la fame li avrebbe spinti a mangiare persino le mense. Insieme alle sue compagne si impossessò del cibo dei Troiani e poiché le loro piume di acciaio erano più dure delle spade, fu impossibile scacciarle.

Arpina

Nella mitologia greca, Arpina o Arpinna era il nome di una delle figlie di Asopo.

Arpinna, figlia di un dio dei fiumi, e sorella di Egina. Ares, il dio della guerra, si invaghì di lei la fece sua e dalla loro unione nacque l’eroe Enomao, il futuro re di Pisa.
Pareri secondari [modifica]

Sui nomi dei genitori di Enomao vi è discordia, alcuni riferiscono Asteria, altri Asterope, altri Euritoe, Alsione o Iperoco.

Arpinna (che significa razziatrice) era anche il nome di una cavalla di Enomao.

Arpiria

Nella mitologia greca, Arpiria era una delle Arpie, creature mostruose metà donne e metà uccello, che tormentava gli esseri umani.

Arpiria e sua sorella Erasia tormentavano Fineo ai tempi in cui gli Argonauti, un gruppo di avventurieri in cerca del vello d’oro, erano andati da lui per chiedere saggi consigli. Il re infastidito dal comportamento dei due mostri, chiese come condizione di essere liberato da loro, subito Giasone, il capo della spedizione ordinò a due suoi alleati, Calaide e Zete di cacciarle e loro muniti di ali fecero il proprio lavoro.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:13
 
Top
view post Posted on 29/6/2010, 08:48     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Arsinoe (mitologia)

Nella mitologia greca, Arsinoe era il nome di diversi personaggi.

Sotto tale nome troviamo:

* Arsinoe madre di Asclepio avuta con Apollo (secondo Esiodo).

* Arsinoe (o Arsippe o Aristippe) Figlia di Minia, una delle tre sorelle che rifiutarono l'invito offerto da Dioniso sotto le mentite spoglie di una donzella. Il dio offeso si trasformò in continuazione in belve facendo impazzire le tre ragazze. Secondo un'altra versione le trasformò in pipistrelli.

* Arsinoe figlia di Tegeo. Si era innamorata di Alcmeone e quando suo padre lo uccise, lei lo maledisse con il risultato di essere venduta come schiava.

* Arsinoe (o Laodamia o Gilissa) nutrice di Oreste. La donna lasciò uccidere il proprio figlio al posto di Oreste, sostituendolo nel luogo dove egli dormiva, quando aveva dieci anni.

Artemide

Figlia di Zeus e di Latona (Leto). Zeus generò Apollo e Artemide in Latona, figlia del titano Ceo e di Febe, trasformando in quaglie se stesso e Latona al momento dell'unione. Ma Era, ingelositasi, incaricò il serpente Pitone di inseguire Latona e decretò che essa non avrebbe potuto partorire in alcun luogo dove brillasse il Sole. Sulle ali del Vento del Sud, Latona giunse infine a Ortigia presso Delo, dove mise alla luce Artemide, che appena nata aiutò sua madre ad attraversare lo stretto e a Delo, tra un olivo e una palma da datteri che crescevano sulle pendici settentrionali del monte Cinto, Latona partorì Apollo dopo nove giorni di travaglio.
Artemide è una delle dodici grandi divinità dell'Olimpo: è la dea dei cacciatori, degli arcieri, e paradossalmente protettrice degli animali selvatici, dei bambini e degli esseri indifesi. Un giorno, mentre era ancora una bambina di tre anni, suo padre Zeus la prese sulle ginocchia e le chiese quali doni avrebbe gradito. E subito Artemide rispose. "Concedimi, ti prego, l'eterna verginità, un arco e delle frecce". Zeus sorrise con orgoglio e disse: "Avrai tutto questo e altro ancora". Artemide lo ringraziò e si recò subito sul Monte Leuco in Creta, e poi nel fiume Oceano, dove scelse molte Ninfe di nove anni come sue ancelle. Dietro invito di Efesto, la dea si recò a visitare i Ciclopi nell'isola di Lipari e li trovò intenti a martellare un truogolo per i cavalli di Poseidone. Artemide disse ai Ciclopi di trascurare per qualche tempo il truogolo di Poseidone e di farle un arco d'argento e un bel fascio di frecce; in cambio essa avrebbe loro offerto in pasto la prima preda abbattuta. Con queste armi Artemide si recò in Arcadia, dove Pan le diede tre cani segugi dalle orecchie mozze, due bicolori ed uno macchiettato e sette agili segugi spartani. Avendo catturato vive due coppie di cerve cornute, Artemide le aggiogò a un cocchio d'oro con redini pure d'oro e le guidò a settentrione verso l'Emo, monte della Tracia. Poi ritornò in Grecia dove le Ninfe Amnisie staccarono le cerve dal cocchio, le strigliarono, le nutrirono e le abbeverarono in truogoli d'oro.
Un giorno il dio-fiume Alfeo, figlio di Teti, osò innamorarsi di Artemide e inseguirla attraverso la Grecia; ma essa giunse a Letrini in Elide (o, secondo altri, all'isola di Ortigia presso Siracusa), dove impiastricciò di fango bianco il proprio volto e quello delle Ninfe, tanto che non fosse più possibile distinguere l'una dalle altre. Alfeo fu costretto a ritirarsi, inseguito dall'eco delle risate di scherno.
Artemide vuole che le sue compagne rispettino la castità come essa stessa la rispetta. Quando Zeus sedusse una di loro, Callisto, figlia di Licaone, Artemide notò che era incinta. Trasformatala in orsa, le scatenò contro i cani e l'infelice sarebbe senz'altro perita se Zeus non l'avesse trasportata in cielo, ponendone l'immagine tra le stelle. Il figlio di Callisto, Arcade, fu salvato e divenne l'antenato degli Arcadi. In un'altra occasione, Atteone, figlio di Aristeo, stava appoggiato a una roccia nei pressi di Orcomeno, quando vide per caso Artemide che si bagnava in un fiume poco lontano e rimase a guardare. Poiché in seguito si vantò con gli amici che la dea gli si era mostrata nuda senza alcun pudore, Artemide lo tramutò in cervo e lo fece divorare dalla sua muta di cani.
Artemide è vendicativa, e uno dei suoi primi atti fu quello di mettere a morte i figli di Niobe che s'era vantata della sua progenie, più numerosa di quella di Latona. Mentre il fratello Apollo uccideva i sei ragazzi che erano a caccia sul monte Citerone, Artemide uccideva le sei figlie intente a filare in una sala del palazzo. Ancora, assieme ad Apollo, uccise il gigante Tizio che aveva tentato di violentare la loro madre Latona: lo crivellarono di frecce e lo precipitarono nel Tartaro a patire una punizione eterna. Quando i giganti Oto ed Efialte tentarono di violentare Artemide ed Era, Artemide apparve loro sotto forma di cerbiatta, e ciascuno degli Aloidi, agguantato un giavellotto, si preparò a colpirla per dar prova della propria abilità. Mentre la dea saettava velocissima tra loro, scagliarono l'arma e si ferirono a vicenda mortalmente. Durante la battaglia tra gli dèi e i giganti, Artemide con le sue frecce uccise Grazione. Le si attribuisce anche la morte del mostro Bufago ("il Mangiatore di Buoi"), mentre egli la inseguiva sul monte Foloe, in Arcadia.
Artemide ha una parte anche nella vicenda di Orione, il cacciatore gigante, di cui si hanno numerose versioni. Secondo una di queste, Orione fu ucciso da Artemide perché l'aveva sfidata imprudentemente a una gara col disco. Secondo altri, Artemide lo avrebbe ucciso perché aveva violentato una delle sue ninfe chiamata Opide. Ma secondo la versione più diffusa, Orione avrebbe cercato di violentare la stessa Artemide. La dea gli mandò contro uno scorpione il quale lo punse e lo uccise. Per aver reso questo servizio ad Artemide, lo scorpione fu trasformato in costellazione, e lo stesso Orione subì una sorte analoga. Per questo la costellazione d'Orione fugge eternamente quella dello Scorpione.
Artemide puniva tutti i mortali che la offendevano o che trascuravano il suo culto. Eneo, re di Calidone in Eolia, aveva trascurato di includere Artemide nei suoi sacrifici annuali ai dodici dèi dell'Olimpo. Artemide, informata da Elio, mandò un enorme cinghiale a uccidere il bestiame e i servi di Eneo e a distruggere i campi coltivati. Per lo stesso motivo fu punito Admeto, re di Fere, in Tessaglia, che aveva trascurato di sacrificare ad Artemide durante la celebrazione del matrimonio: il suo talamo (o la camera nuziale) si riempì di serpenti.
Un episodio delle fatiche d'Eracle racconta come l'eroe avesse ricevuto da Euristeo l'ordine di riportargli ls cerva di Cerinea dalle auree corna, sacra ad Artemide. Eracle, che non voleva né uccidere né ferire l'animale, portò a termine questa fatica senza ricorrere alla forza. Instancabile, egli la inseguì per un anno intero e la catturò presso il fiume Ladone, in Arcadia, ferendola leggermente con una freccia. Poi, gettatasi la cerva sulle spalle, si affrettò verso Micene attraversando l'Arcadia. Altri tuttavia dicono che egli si servì di reti; oppure seguì le tracce dell'animale finché lo trovò addormentato sotto un albero. Artemide andò incontro a Eracle e lo rimproverò aspramente perché aveva maltrattato la cerva a lei sacra; ma Eracle si difese dicendo di esservi stato costretto e fece ricadere la colpa su Euriste0. Lo stesso tema appare nella storia di Ifigenia. Quando la flotta greca si radunò per la seconda volta in Aulide, non potè più ripartire perché Artemide, irritata contro Agamennone, aveva suscitato venti contrari e burrasche. Non si sa con certezza per quale ragione Artemide fosse irritata. Alcuni dicono che, colpito un cervo con una freccia scagliata da grande distanza, Agamennone si vantò dicendo: "Persino Artemide non avrebbe saputo fare di meglio!" oppure che egli uccise una capra sacra alla dea; oppure che il padre di Agamennone, Atreo, non aveva sacrificato ad Artemide un agnello dal vello d'oro che le era dovuto. Calcante vaticinò allora che per placare la collera di Artemide era necessario sacrificare alla dea la figlia di Agamennone, Ifigenia. La fanciulla fu chiamata in Aulide col pretesto di darla in sposa ad Achille, e fu preparato il sacrificio; ma sul punto di essere uccisa Ifigenia venne sostituita sull'altare della dea con una cerva e trasportata nella Tauride, dove venne consacrata sacerdotessa di Artemide, col terribile compito di sacrificare alla dea vittime umane, cioè, secondo i costumi del luogo, tutti gli stranieri che vi giungessero.
I Grerci identificarono con Artemide la Anaita dei Persiani; dai Romani fu identificata con Diana. Molti inni la ricordano nella letteratura: si vedano soprattutto gli inni Omerici e Callimachei; Catullo, Carme 34°, Orazio, Odi, I, 21; Ovidio, Metamorfosi, III.
Artemide ha un posto importante nelle tragedie di Euripide: Ippolito, Ifigenia in Aulide, Ifigenia in Tauride.

Ascalabo

Nella mitologia greca, Ascalabo era il nome di uno dei figli di Misme

La dea Demetra aveva perso sua figlia Persefone, per colpa di Ade, il dio dei morti, e andava alla sua ricerca in tutta la Grecia. Un giorno mentre la madre stava colmando fame e sete incontrò per la strada Ascalafo che rise del suo goffo modo di bere e di nutrirsi. La dea già nervosa per le sorti dell’amata progenie trasformò il ragazzo in una lucertola.

Ascalafo (Acheronte)

Ascalafo è una figura della mitologia greca, era un demone figlio di Acheronte, il fiume degli inferi e di Gorgira o Orfne, che significa oscurità.

Quando Ade concesse a Persefone di ritornare nel mondo dei vivi, le impose un'unica condizione: di non mangiare nulla. Ascalafo la vide rompere il giuramento e testimoniò che Persefone aveva mangiato i chicchi di melograno, legandola per sempre al regno dei morti.

Demetra, infuriata per aver perso per sempre la figlia, si vendicò schiacciandolo sotto un masso, egli tuttavia non morì e venne salvato in seguito da Eracle che riuscì a spostare quell'enorme macigno. Secondo altre leggende venne trasformato in un allocco o in una civetta.

Ascalafo (figlio di Ares)

Ascalafo era figlio di Ares e di Astioche, menzionato nell'Iliade.

Ascalafo, fratello gemello di Ialmeno, fu tra i pretendenti di Elena e partecipò alla guerra di Troia, ponendosi a capo dell'esercito dei Minii, tra cui militavano anche Aspledonte e Orcomeno.

Quando fu ucciso accidentalmente da Deifobo, il padre Ares, che pure parteggiava per i Troiani, avvertito da Atena, minacciò di scendere sul campo di battaglia per vendicarlo.

Secondo altre fonti Ascalafo partecipò alla spedizione degli Argonauti, gli avventurieri reclutati da Giasone per il recupero del vello d'oro. Durante tali avventure, a quanto pare, non si distinse particolarmente.

Ascanio

Nella mitologia greca e romana Ascanio, era figlio di Enea e Creusa, figlia di Priamo.

La figura di Ascanio è del tutto sconosciuta all'Iliade; l'unica volta in cui viene menzionato è in riferimento al suo incarico di conduttore delle truppe che provengono dall'Ascania. Ma in realtà questo Ascanio non possiede alcun collegamento con il figlio di Enea e della troiana Creusa.

Nell'Eneide di Virgilio sono molti i versi dedicati al figlio di Enea. Durante la notte della caduta di Troia viene improvvisamente avvolto da una misteriosa lingua di fuoco che lo lascia indenne: chiaro segno di una protezione da parte degli dei. Enea infatti riesce a fuggire da Troia con il figlio e sbarca nel Lazio, dove è accolto dal Re Latino. Qui però Ascanio, durante una battuta di caccia, uccide accidentalmente la cerva domestica di un giovane cortigiano del re, Almone; troiani e latini passano dalle parole alle armi; Almone viene colpito alla gola da una freccia e si accascia morto al suolo. Scoppia così la guerra, nella quale Ascanio ucciderà Numano, cognato di Turno, re dei Rutuli. La guerra è vinta dai troiani; dopo la morte di Enea, Ascanio fonda Alba Longa. Suoi discendenti saranno Romolo e Remo.

Ascanio veniva inoltre chiamato Iulo (latino: Iulus). Da Iulo secondo la propaganda augustea derivò la gens Giulia, a cui appartenne Gaio Giulio Cesare e che con Ottaviano Augusto assurse al rango di prima Dinastia Imperiale, in seguito divenuta Dinastia Giulio-Claudia. Gli successe il figlio di Enea, Silvio.

Asclepio

Asclepio per i Greci, Esculapio per i Romani, era il dio della medicina. Pindaro racconta che Asclepio era stato generato da Apollo e Coronide figlia di Flegia, re dei Tessali. Quando Apollo divenne l'amante di Coronide, dovendosi recare a Delfi, l'affidò in custodia a un corvo dalle penne bianche. Coronide da lungo tempo nutriva una segreta passione per Ischi, figlio di Elato, e lo accolse nel suo letto, benché fosse già incinta di Apollo. Prima ancora che il corvo fosse partito alla volta di Delfi per riferire lo scandalo, già Apollo aveva divinato l'infedeltà di Coronide e maledisse il corvo perché non aveva accecato Ischi a colpi di becco quando esso si era avvicinato a Coronide. Per questa maledizione le penne del corvo divennero nere e tali rimasero in tutti i suoi discendenti.
Apollo si lagnò poi con la sorella Artemide dell'offesa ricevuta, e Artemide lo vendicò scagliando contro Coronide una delle sue frecce. Quando si vide dinanzi il cadavere dell'amante, Apollo fu preso da tardivi rimorsi, ritrovò la prontezza di spirito e chiamò in aiuto Ermete il quale liberò dal seno di Coronide un bimbo ancora in vita. Apollo lo chiamò Asclepio e lo affidò alle cure del centauro Chirone, che lo educherà all'arte medica e all'uso delle armi. Per quanto riguarda Ischi, taluni dicono che fu ucciso da una folgore di Zeus, altri dalle frecce di Apollo.
Gli abitanti di Epidauro dicono che Flegia era venuto nel paese per raccogliere in segreto informazioni sulla ricchezza del luogo e la forza dell'esercito. Lo accompagnava sua figlia Coronide, che senza che il padre lo sapesse portava già in grembo il frutto dell'amore di Apollo. Ad Epidauro, Coronide segretamente partorì un bimbo che espose sul monte Mirtio. Il piccolo esposto, veniva allattato da una delle capre che pascolavano in quel luogo e un cane gli faceva da guardia. Il giovane Arestanate padrone della capra e del cane, accortosi della loro mancanza si mise a cercarli, così trovò il piccolo. Al vederlo fu preso dal desiderio di prenderlo in braccio, ma quando si avvicinò, fu immobilizzato da una luce abbagliante, quindi ritenendo che si trattasse di un essere divino si ritrasse.
Secondo un'altra versione, la madre di Asclepio sarebbe stata Arsinoe, figlia di Leucippo. Apollo recatosi a Delfi chiese al dio se Asclepio fosse figlio di Arsinoe e perciò concittadino dei Messeni. La pizia così rispose: «O Asclepio, che nascesti quale grande gioia per gli uomini tutti! Di Flegia la figlia ti generò, a me unitasi in amore, la desiderabile Coronide, nella rocciosa Epidauro».
Asclepio imparò l'arte di guarire sia da Apollo sia da Chirone e divenne così abile nel maneggiare i ferri chirurgici e nel somministrare erbe benefiche, che è ora onorato come il padre della medicina. La leggenda dice che egli avrebbe guarito le Pretidi dalla pazzia, i Fineidi dalla cecità ed Eracle dalle ferite. Scopri anche il modo di resuscitare i morti. Infatti, aveva ricevuto in dono da Atena due fiale contenenti il sangue della Gorgone Medusa; con il sangue estratto dal lato destro della Gorgone, egli poteva risuscitare i morti; con il sangue estratto dal lato sinistro invece poteva dare morte istantanea.
Tra coloro che Asclepio strappò al mondo dei morti vi furono Licurgo, Capaneo e Tindareo. Non si sa in quale occasione Ade si lagnò con Zeus perché gli venivano sottratti dei sudditi: forse ciò accadde dopo la resurrezione di Glauco, figlio di Minosse, o di Ippolito, figlio di Teseo; si sa soltanto che Asclepio fu accusato di essersi lasciato corrompere con l'oro e venne ucciso assieme al suo paziente dalla folgore di Zeus. La morte del figlio causò l'ira di Apollo che in un momento di collera uccise i Ciclopi rei di aver forgiato le saette a Zeus. Fatto questo abbandonò per molto tempo l'Olimpo.
In seguito Zeus ridonò la vita ad Asclepio e si adempì cos' la profezia fatta da Evippa, figlia di Chirone, e cioè che Asclepio sarebbe divenuto dio, sarebbe morto, e avrebbe poi riassunto la propria divinità, rinnovando così due volte il proprio destino. L'immagine di Asclepio che regge un serpente guaritore fu posta da Zeus tra le stelle e divenne la costellazione del Serpentario.
Asclepio fu il padre di Podalirio e di Macaone, i medici che assistettero i Greci durante l'assedio di Troia; e della radiosa Igea. Il culto di Asclepio si fissò soprattutto a Epidauro, nel Peloponneso, dove si sviluppò una vera scuola di medicina. Quest'arte era praticata dagli Asclepiadi, o discendenti di Asclepio. Il più celebre è Ippocrate, la cui famiglia si ricollegava al dio.
Gli attributi di Asclepio erano: lo scettro, la verga e il rotolo di libro. Gli erano sacri il serpente, il cane, le oche e il gallo.

Aseo

Nella mitologia greca, Aseo era il nome di uno dei combattenti greci che si distinse nella guerra di Troia.

Quando Paride, uno dei tanti figli di Priamo re di Troia prese con se Elena moglie di Menelao dalla Grecia fuggendo, scoppiò una guerra fra i due popoli. Fra i tanti eroi che risposero all’appello del fratello di Agamennone c’era Aseo, un fiero combattente greco. Ettore nel corso dei tanti anni di guerra fu aiutato da Apollo e Zeus, il secondo un giorno gli diede un consiglio per poter vincere una battaglia: di aspettare che Agamennone si ritirasse dal campo, quando questo avvenne il prode troiano scese in battaglia contro i nemici. Aseo fu il primo fra i tanti greci ad affrontare il domatore di cavalli quel giorno, ma la lotta fu breve e lui il primo a morire.

Asopo (mitologia)

Asopo è una figura mitologica greca sulla quale le fonti antiche danno notizie contraddittorie. Gli dei fluviali dei fiumi Asopo di Beozia e Asopo del Peloponneso sono spesso confusi tra loro e sono ulteriormente duplicati dalla supposizione che fossero in origine personaggi mortali che avrebbero dato il nome ai fiumi.

Asopo di Beozia

All'Asopo di Beozia si riferisce Pausania, che cita come sua figlia, Platea, eponima dell'omonima città della regione e ritiene che si tratti di un antico re della città, successore del re Citerone: egli avrebbe quindi dato il nome al fiume e il suo predecessore al monte Citerone. Sempre Pausania riferisce che il fiume Oeroe che scorre presso Platea è considerato una delle figlie di Asopo, come conferma anche Erodoto.

In diversi punti del suo testo Pausania cita una serie di figlie di Asopo, eponime di varie città. Tespie, avrebbe dato il suo nome alla città di Tespie in Beozia, Salamina, madre del re Cicreo, Tebe e infine Antiope, secondo una versione del mito che la identifica solitamente come figlia di Nitteo.

La poetessa Corinna, contemporanea di Pindaro, in un frammento, narra delle nove figlie di Asopo di Beozia: Egina, Tebe e Platea, rapite da Zeus, Corcira, Salamina e Eubea, rapite da Poseidone, Sinope e Tespie, rapite da Apollo e Tanagra, rapita da Hermes. Asopo viene rappresentato come un mortale, lusingato, quando viene a sapere che fine abbiano fatto le figlie, di essere suocero degli dei. I nove nomi si riferiscono tutti a personaggi eponimi di città, e di queste alcune sono di ambito beotico e altre di ambito peloponnesiaco.

Nella Tebaide di Stazio, Ipseo, uno dei combattenti tebani a difesa della città nella lotta tra Eteocle e Polinice, viene detto figlio del dio fluviale Asopo.

Lo Pseudo Apollodoro lo dice figlio di Oceano e di Teti, ovvero, riportando il parere del mitografo Acusilao, figlio di Poseidone e di Pero, o ancora, secondo altri scrittori non menzionati, di Zeus e di Eurinome. Secondo questa versione avrebbe avuto dalla ninfa Metope due figli maschi, Ismeno e Pelagone, e venti figlie femmine, tra le quali Egina, rapita da Zeus.

Asopo del Peloponneso

In relazione al fiume Asopo del Peloponneso, Pausania cita invece un Asopo, figlio di Poseidone e di una certa Celusa, il quale durante il regno di Arras, primo re di Sicione, avrebbe scoperto il fiume stesso dandogli il proprio nome.

In merito alla fonte che si trova alle spalle di un tempio dedicato ad Afrodite sull'Acrocorinto, ancora Pausania riferisce che sarebbe stata fatta sgorgare da Asopo su richiesta di Sisifo in cambio del segreto sul luogo in cui Zeus aveva portato la figlia Egina dopo averla rapita; la vicenda è in esplicito riferimento al fiume Asopo del Peloponneso, che scorre tra Fliunte e Sicione. Nel testo si riporta anche che gli abitanti di Fliunte avrebbero attribuito al fiume come figlie, oltre ad Egina, Corcira e Tebe, mentre secondo i Tebani l'eponima della loro città sarebbe stata figlia del fiume Asopo di Beozia.

Le figlie di Asopo insieme al padre e al dio Zeus erano raffigurate in un gruppo scultoreo offerto da Fliunte nel santuario di Olimpia, descritto ancora da Pausania: tra di esse erano Egina, Nemea, Harpina, presa dal dio Ares e madre di Enomao, Corcira, amata da Poseidone, e Tebe, amata da Zeus. Un'altra figlia di Asopo, legata al Peloponneso è riferita essere Cleone, eponima della piccola città omonima, che altri invece riferiscono ad un Cleone figlio di Pelope.

Diodoro Siculo riferisce che Asopo, figlio di Oceano e Teti, avesse la sua sede presso Fliunte e ne cita la moglie Metope. Dalla coppia sarebbero nati due figli, Pelasgo e Ismeno (che avrebbe dato il suo nome ad un fiume della Beozia), e dodici figlie: Corcira, rapita dal dio Poseidone, eponima dell'isola di Corfù e madre di Feace, da cui presero il nome i Feaci, Salamina, anch'essa rapita da Poseidone, eponima dell'isola omonima e madre di Cicreo, primo re dell'isola, Egina, rapita da Zeus, eponima dell'isola omonima e madre di Eaco, Pirene, Cleona, Tebe, Tanagra, Tespie, Asopide,, Sinope, amata dal dio Apollo, eponima della città omonima e madre di Siro, re del popolo dei Siri e infine Enia e Calcide. Poco dopo nel testo è menzionata anche una tredicesima figlia di Asopo, Harpina, che ebbe dal dio Ares il figlio Enomao. Lo Pseudo Apollodoro cita come figlia di Asopo anche Ismene, moglie di Argo e madre di Iaso.

Aspalide


Nella mitologia greca, Aspalide era il nome della figlia di Argeo .

Aspalide sorella di Astigite, aveva grazie alla sua bellezza suscitato le voglie di un ricco signore del luogo, Melisteo. Non riuscendo a resistere Melisteo inviò dei soldati nel cuore della notte per rapirla, ma la ragazza riuscendo a scoprire cosa stesse per accadere scelse di uccidersi impiccandosi.

La ragazza venne vendicata dal fratello e al sui corpo gli furono attribuiti onori divini.

Assaone

Nella mitologia greca, Assaone era il nome del padre di Niobe .

Secondo una tradizione minore Niobe era sposata con Filotto, una volta che questi morì Assaone si fece prendere dal desiderio e cercò di possedere la figlia, lei rifiutò tale unione e suo padre giurò vendetta. Chiese ai figli di lei, i suoi nipoti, di cenare a casa sua ma una volta giunti da lui Assaone li uccise con il fuoco. Niobe venendo a conoscenza del misfatto si uccise e dopo di lei si uccise anche suo padre.

Tutto nacque per colpa di Niobe che offese Latona, quello che accadde fu il modo di vendicarsi della dea.

Assarco


Nella mitologia greca, Assarco o Assaraco era il nome di uno dei figli di Troo o Tros e Calliroe

Tros, il leggendario fondatore di Troia ebbe un figlio Assarco che prese il suo posto sul trono di Troia, al comando di tutti i dardani. Per via della sua discendenza i romani vennero chiamati anche domus assaraci.

Fu re di Troia, ed ebbe come moglie Ieromnene, che diede vita a Capi o Capys, padre di Anchise, che generò Enea.

Assarco ebbe due fratelli Ilo il giovane, Ganimede dalla famosa bellezza, e una sorella, Cleopatra la giovane.
Tuttavia, secondo un'altra tradizione, Ganimede non era fratello di Assarco, ma suo figlio, che egli avrebbe generato con Ieromnene.

Assione (mitologia)

Nella mitologia greca, Assione era il nome di uno dei figli di Fegeo

Assione, un re arcade, aveva una sorella tale Alfesibea (o Arsinoe), quando la ragazza venne abbandonata dal suo sposo Alcmeone, il re deciso a vendicare l’onore della parente lo uccise.

Assione fu anche uno dei 54 figli di Priamo, avute con diverse donne del suo harem.

Astarbea

Nella mitologia greca, Astarbea era il nome della moglie di Pigmalione

Astarbea, regina di Tiro, voleva sbarazzarsi della sua famiglia. Innanzitutto si dedicò al marito, prese del veleno e glielo somministrò, ma, forse per la quantità esigua egli continuava a vivere e la morte tardava a sopraggiungere, la donna quindi si infuriò arrivando a strangolare l'uomo. Giunse il turno del figlio Balcazzare ma fu egli ad avere la meglio ed uccise Astarbea.

Asteria

Asteria è un personaggio della mitologia greca, figlia della titanide Febe e del titano Ceo.

Asteria fu la sposa del titano Perse, e gli diede una figlia che chiamarono Ecate.

Per sfuggire all'amore fedifrago di Zeus, Asteria si trasformò in una quaglia, ma la fuga precipitosa la fece precipitare nel mar Egeo. Zeus ne fu addolorato e trasformò Asteria in un'isola, che si chiama anche Ortigia, ovvero "isola delle quaglie". Su quest'isola Leto (sorella di Asterio) trovò asilo e vi partorì Apollo e Artemide. E siccome per la nascita di Apollo, dio del Sole, l'isola fu tutta circonfusa di luce, fu, da allora, chiamata Delo, che in greco significa "la chiara, la luminosa", in coerente simmetria con l'altro nome, Asteria, che significa "stella".

Asterio

Nella mitologia greca, Asterio (o la variante Asterione) era il nome di diversi personaggi.

Sotto tale nome troviamo:

* Asterio, figlio di Comete, un pelopide che diventò uno dei prodi argonauti;
* Asterio minore, figlio di Androgenea, una delle amanti di Minosse;
* Asterio o Asterione, il vero nome del Minotauro;
* Asterio il gigante;
* Asterio re di Creta.

Asterio re di Creta

Asterio o Asterione, "signore delle stelle", uno dei re dell'isola Creta, era il figlio di Tettamo che a sua volta era figlio di Doro, il padre si sposò con la figlia di Creteo l'eolio mentre Asterio ebbe come moglie Europa.

Si sposò con Europa dopo che era stata sedotta da Zeus. Adottò i tre figli che Europa aveva avuto da Zeus: Minosse, Sarpedonte e Radamante nominandoli quindi suoi eredi.

Asterodea


Nella mitologia greca, Asterodea era il nome di una delle ninfe.

Asterodea era una ninfa del Caucaso, fu la prima moglie di Eete, re della Colchide e quindi la vera madre di Medea, la strega che aiutò Giasone nel recupero del vello d’oro e Calcione, e di Calciope la vedova di Frisso. Asterodea morì prima che gli argonauti potessero giungere al palazzo e il re si risposò con Idia.

Asteropeo

Nella mitologia greca, Asteropeo era il nome di un giovane condottiero dei Peoni, il quale partecipò alla guerra di Troia, schierandosi dalla parte dei Troiani.

Tale conflitto era scoppiato a causa del rapimento di Elena, regina spartana, da parte di Paride, principe troiano; la vendetta del re di Sparta, Menelao, non si fece attendere, dato che schierò un immenso esercito per mettere a ferro e fuoco l'ingrata città. Le vicende più importanti di questa guerra sono raccontate da Omero nell' Iliade.

Le origini di Asteropeo, valoroso alleato dei Troiani, sono dettagliatamente narrate da Omero nel libro XXI dell' Iliade. Figlio di Pelegone, egli discendeva direttamente dal fiume Assio, un lungo corso d'acqua che, percorreva la Macedonia, sboccando infine nel golfo di Salonicco.
Pelegone, padre di Asteropeo, era infatti figlio di questo fiume e di una ninfa, Peribea, figlia maggiore di un certo Acessameno.

Nella guerra di Troia

In seguito allo scoppio di tale conflitto, Asteropeo, ormai divenuto un fiero guerriero dei Peoni, si arruolò nelle loro file, schierandosi pertanto a fianco di Ettore e compagni. Egli faceva parte delle truppe guidate da Pirecme o Pirecmo, signore della Peonia, distinguendosi per l'animo eroico e generoso. Fu in assoluto uno degli eroi più valorosi di parte filotroiana.

Imprese in battaglia dell'eroe e sua morte

Il giovane capo peone partecipò attivamente alla guerra, spingendosi sempre nelle file avanzate degli alleati, insieme ad altri eroi, esperti nella battaglia, quali Sarpedone e Glauco, condottieri della Licia. Tentò invano di vendicare la morte dell'intimo amico Apisaone, ucciso da Licomede, un eroe acheo; scagliò quindi la sua lancia contro i Greci, ma quelli, stretti intorno a Patroclo, si erano riparati sotto i loro scudi a mo' di muro, e l'arma del nemico quindi mancò il bersaglio. Quindi combatté senza paura contro Achille, il guerriero invincibile, sulle rive del fiume Scamandro,ove riuscì a ferire Achille al gomito, ma dovette infine arrendersi alla sua lancia che lo colpì mortalmente al ventre e fece spargere tutte le sue viscere sul terreno; Achille afferrò Asteropeo che ancora agonizzava e lo gettò nello Scamandro dove finì annegato e spolpato dai pesci. Così il grande guerriero, che si vantava di essere nipote del fiume Assio, spirò nelle acque di un altro fiume. Alcuni compagni di Asteropeo, che si trovavano lì nei pressi, tentarono allora la fuga; ma vennero tutti trafitti dalla lancia di Achille, e i loro cadaveri anch'essi gettati nello Scamandro.

Benché non sia detto esplicitamente nel testo, le anime di Asteropeo e dei suoi compagni furono costrette a vagare senza pace per l'eternità: secondo l'antica credenza greca, i morti insepolti non potevano giungere ai cancelli dell'Ade. Solo uno di essi, Tersiloco, scampò a questa sorte: Virgilio nel sesto libro dell'Eneide afferma che la sua anima raggiunse l'oltretomba, per cui il poeta latino si rifà a qualche fonte non arrivata a noi secondo la quale il corpo di Tersiloco fu recuperato.

Astianatte

Astianatte è un personaggio della mitologia greca, figlio di Ettore, l'eroe troiano che combatté nella guerra di Troia, distinguendosi come il campione tra i suoi compatrioti, e di Andromaca, figlia del re Eezione.

Alla nascita, il padre gli impose il nome di Scamandrio, quasi lo considerasse un dono del fiume Scamandro, ma i Troiani, memori delle imprese di Ettore, lo chiamavano Astianatte (che significa «signore della città»).

Fu ucciso da Neottolemo, che lo gettò dalle mura di Troia su consiglio di Ulisse, affinché la stirpe di Priamo non avesse discendenza.

Secondo altre versioni del mito, il piccolo fu salvato da un'ancella, e, una volta diventato adulto, avrebbe rifondato la città di Troia.

Secondo l'Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo (Libro III, Canto V), Andromaca avrebbe sostituito Astianatte con un altro bambino, che fu ucciso dai Greci al posto suo, lasciando il vero figlio nascosto in un bosco. Successivamente Astianatte sarebbe stato portato da un amico di Ettore in Sicilia, dove prima di essere assassinato dal greco Egisto, concepì con la Regina di Saragozza un figlio, Polidoro, dalla cui stirpe nacque il famoso Ruggero.

Astidamia



Astidamia è un personaggio della mitologia greca. Con questo nome vengono indicate alcune eroine mitologiche greche.

* Astidamia, figlia di Pelope e Ippodamia, aveva sposato Alceo re di Tirinto e da questa unione era nato Anfitrione.

* Astidamia, figlia di Amintore re di Dolopia. Secondo quanto scrive Pindaro la ragazza avrebbe sposato Eracle generandoTlepolemo.

* Astidamia,o Ippolita, moglie di Acasto re di Iolco da cui aveva avuto una figlia Sterope. Più che eroina questa Astidamia era un'amante non corrisposta. L'amante era Peleo al quale, per vendicarsi, la donna inventò accuse di ogni sorta. Alla fine Peleo finisce per uccidere Acasto e Astidamia, quest'ultima fatta a pezzi.

* Astidamia, figlia di Forbante, sorella di Augia re di Elide. Il personaggio ha avuto una certa parte durante una delle fatiche di Eracle "la pulizia delle stalle di Augia". L'ira scatenata da Eracle per non essere stato ricompensato del suo lavoro da Augia causò la morte di quest'ultimo mentre Astidamia riuscì a salvare il figlio Lepreo che aveva osato attaccare l'eroe. Racconta Aeliano che, dopo essersi riconciliato con Ercole, Lepreo propose di fare una gara di tiro con l'arco, che vinse Ercole. Allora Lepreo disse: "Facciamo a chi scaglia l'asta più lontano" e perse; "Facciamo a chi mangia prima un bue" e perse; "Facciamo a chi beve più vino" e perse ancora. Esasperato, Lepreo propose di fare la lotta ed Ercole lo uccise.

Astigite

Nella mitologia greca, Astigite era il nome del figlio di Argeo .

Aspalide la sorella di Astigite, aveva grazie alla sua bellezza suscitato le voglie di un ricco signore del luogo, Meliteo, che inviò dei soldati per portarla da se, la donna preferì uccidersi che lasciarsi rapire.

Astigite scoprì l’accaduto, dopo la disperazione decise di vendicare l’amata sorella. Indossati gli abiti della sorella si fece catturare senza opporre resistenza ed una volta giunto alla residenza del ricco proprietario lo uccise, riuscendo a prendere il suo posto sul trono.

Astilio


Nella mitologia greca, Astilio era il nome di uno dei tanti centauri; ma, a differenza degli altri, egli era dotato di arti magiche.

Astilio era dotato di enormi capacità di indovino, soprattutto per uno della sua razza. Fu lui a predire la morte di Ippodamia proprio nel giorno delle sue nozze.

Astimedusa

Nella mitologia greca, Astimedusa era il nome, secondo una versione del mito, della seconda moglie di Edipo .

Secondo tale versione, Edipo dopo la morte di Giocasta sposò Astimedusa. Una volta sposati la donna gelosa dei due figli del marito, Eteocle e Polinice, fece in modo che i due litigassero con il padre. Infatti accusando i due ragazzi di fronte ad Edipo, affermando che i ragazzi le fossero avversi, che non l’avevano accettato come madre e altre calunnie varie il marito maledì i suoi figli.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:19
 
Top
view post Posted on 30/6/2010, 12:21     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Astinoo

Nella mitologia greca, Astinoo era il nome di diversi personaggi legati ognuno al mito della guerra di Troia.

Durante la guerra combattuta fra i due regni di Grecia e di Troia ritroviamo sotto tale nome:

* Astinoo, figlio di Protiaone;
* Astinoo, guerriero troiano ucciso in battaglia da Diomede con un colpo al petto grazie alla sua arma di bronzo rifinito.

Astinoo figlio di Protiaone

Durante una delle tante battaglie fra i due eserciti, Astinoo era in prima fila a combattere per i troiani. Polidamante, un eroe al servizio dell’esercito di Priamo, in quel frangente rimase senza cocchiere, e quindi anche se combatteva a piedi se ne avesse avuto bisogno gli era stato precluso ogni via di fuga. Appena vide libero Astinoo subito gli affidò le sorti dei suoi cavalli e lui fu ben felice di servirlo.

Quando Neottolemo, l'eroe figlio di Achille, giunse in Troade per aiutare gli Achei contro i troiani, egli assunse il comando dei Mirmidoni e con essi riuscì a massacrare quasi tutti gli eroi troiani. Sotto la sua lancia cadde sia Euripilo, nipote di Priamo giunto in soccorso dei Troiani, e anche Agenore, il valoroso figlio di Antenore. Insieme a loro venne inoltre ucciso anche Astinoo.

Astioca


Nella mitologia greca, Astioca era il nome di diversi personaggi.

Tra i personaggi che il mito chiama con il nome di Astioca:

* Astioca, figlia di Simoento, sposa di Erittonio, che era appena salito al potere. Dalla loro unione nacque Troo (o Tros), il mitico fondatore di Troia;

* Astioca, figlia di Laomedonte;

* Astioca, (o Astioche), una Danaide;

* Astioca, figlia di Fileo;

* Astioca, madre di Ascalafo, nato dall’unione con Ares, il dio della guerra;

* Astioca, figlia di Priamo, la quale andò in sposa a Telefo.

Astioca figlia di Laomedonte

Laomedonte con la consorte Strimo ebbe cinque figli e tre figlie, Esione, Cilla e appunto Astioca. Essa, divenuta adulta, sposò Telefo, che si era dichiarato neutrale durante la guerra di Troia. Astioca si fece corrompere e mandò a combattere il figlio Euripilo, che poi fu ucciso da Neottolemo.

Secondo alcune versioni del mito, dopo la guerra di Troia, Astioca venne fatta prigioniera dai Greci, ma, mentre i nemici si accampavano su un'isola, lasciando le prigioniere troiane nelle navi, Astioca per vendicarsi diede fuoco alle navi achee. Per punizione, gli Achei la crocifissero sul monte Seteone, dove subirono la stessa sorte anche altre due donne ribelli, Setea e Medesicasta, quest'ultima figlia illegittima di Priamo.

Astioca figlia di Fileo

Astioca fu fatta prigioniera da Eracle, l’eroe delle dodici fatiche, e con lei ebbe un figlio, Tlepolemo.

Secondo un'altra versione del mito, Telefo sposò Laodice, un'altra figlia di Priamo.

In altri miti Tleptolemo era il figlio di Astidamia.

Astioche

Nella mitologia greca, Astioche è il nome di alcune eroine mitologiche.

Il nome di Astioche è portato da sette differenti personaggi:

* Astioche, moglie del re Erittonio.
* Astioche, figlia di Attore
* Astioche, moglie di Ificlo e madre di Protesilao e Podarce
* Astioche, figlia di Laomedonte e Strimo, sorella di Priamo
* Astioche, principessa, figlia di Filante
* Astioche, una delle Niobidi, uccisa da Artemide
* Astioche, ninfa marina, amata da Pelope

Astioche, figlia di Attore

Astioche era una figlia di Attore, e dunque discendente di Frisso. Fu amata dal dio Ares e da lui ebbe due figli, Ascalafo e Ialmeno.

Astioche, figlia di Laomedonte

Astioche era stata generata da Laomedonte e da Strimo, ed era sorella di Podarce, Titone, Lampo, Clizio, Icetaone.

Astioche, ninfa marina

Astioche era una ninfa dell'acqua, e dall'unione con Pelope (figlio di Tantalo) ebbe numerosi figli, tra i quali Crisippo, che venne ucciso dai fratelli Tieste e Atreo.

Astiope

Astiope è un personaggio della mitologia greca, figlia del fiume Simoenta. È la sposa di Erittonio e la madre di Troo. Fa parte degli antenati dei re troiani.

Astipilo



Astipilo, personaggio dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Astipilo fu ucciso da Achille nell'azione bellica descritta nel libro XXI dell'Iliade relativo alla Battaglia del fiume.

Astrea (divinità)

Astrea nella mitologia greca era una vergine stellare simboleggiante la Giustizia.

Astrea era ritenuta figlia di Zeus e di Temi secondo una tradizione, secondo un'altra invece era figlia di Asteo e di Eos.

Scesa tra i mortali nell'età dell'oro, diffuse i sentimenti di giustizia, come fece la madre prima di lei, e di bontà; ma poi, disgustata dalla degenerazione morale del genere umano, dapprima si rifugiò nelle campagne, e poi al principio dell'età del ferro risalì definitivamente in cielo, dove splende sotto l'aspetto della costellazione della Vergine. In seguito venne identificata con la dea Diche. Astrea aveva anche una sorella Pudicizia che lasciò la terra insieme alla sorella.

Si credeva inoltre che fosse madre di Ipno (dio del Sonno).

Astreo

Nella mitologia greca Astreo è un titano, figlio di Crio ed Euribia.

Da lui e dalla moglie Eos (l'aurora) nacquero i venti, Zefiro, Borea, Noto ed Apeliote, e le stelle.

Atalanta (mitologia)

Atalanta è una figura della mitologia greca, figlia di Iasio o Iaso, re dell'Arcadia, e di Climene.

Il padre desiderava un maschio e, com'era costume in questi casi, la abbandonò sul monte Pelio. Artemide inviò un'orsa, che se ne prese cura allattandola e allevandola. Qualche tempo dopo fu trovata da un gruppo di cacciatori che la crebbero.

La propensione per la caccia si manifestò presto quando affrontò e uccise con l'arco i centauri Ileo e Reco che avevano tentato di possederla. In seguito chiese di far parte degli Argonauti ma Giasone, che temeva la presenza di una donna sulla nave Argo, rifiutò. Altra prova di destrezza nella caccia la diede partecipando alla battuta per la cattura del cinghiale calidonio che riuscì a ferire per prima. Meleagro, in segno di onore, le fece dono della pelle della preda.
Atalanta e Peleo si contendono la pelle e il trofeo del cinghiale calidonio

L'eco dell'impresa la rese famosa tanto che il padre infine la riconobbe. Le insistenze del padre affinché si sposasse incontrarono la sua contrarietà: infatti un oracolo le aveva predetto che una volta sposata avrebbe perduto le sue abilità.

Atalanta, che era una ninfa, per accontentare il padre, sicura dei propri mezzi, promise di sposarsi solo con chi l'avesse battuta in una gara di corsa. La posta era altissima: ciascun pretendente che non ne fosse uscito vincitore, sarebbe stato ucciso.

Nessuno riuscì a batterla finché non arrivò Melanione (o Ippomene) che, profondamente innamorato, volle cimentarsi nella rischiosissima impresa chiedendo aiuto ad Afrodite. La dea diede allora a Melanione tre mele d'oro tratte dal Giardino delle Esperidi ed egli, seguendone il consiglio, lasciò che cadessero una a una durante la corsa. Atalanta ne risultò irresistibilmente attratta e si fermò ogni volta a raccoglierle perdendo così terreno prezioso e, infine, la stessa gara.

Tempo dopo i due sposi incorsero nelle ire di Afrodite, offesa per averli scoperti ad amarsi in un tempio dedicato a Cibele. Per punirli decise di trasformarli in leoni perché i greci ritenevano che i leoni non si accoppiassero tra loro.

Secondo alcune leggende, Atalanta era madre di Partenopeo, avuto da Meleagro o da Melanione.

Atalanta era descritta come provocante ma fermamente virtuosa. Cacciatrice infaticabile, venne talvolta assimilata ad Artemide.

Atamante

Atamante è una figura della mitologia greca. Figlio di Eolo, a sua volta figlio di Elleno, e di Enareta, fu un re beota.

Si narra che Atamante, figlio di Eolo e fratello di Sisifo e di Salmoneo, per ordine di Era sposò Nefele, una dea delle nubi figlia di Zeus. Nefele generò ad Atamante due figli, Frisso e Leucone, e una figlia Elle. Atamante, tuttavia, urtato per il disprezzo che Nefele gli dimostrava e, innamoratosi di Ino, figlia di Cadmo e Armonia, condusse questa segretamente nel suo palazzo ai piedi del monte Lafistio, dove essa generò Learco e Melicerte. Ino prese in odio i figli di primo letto e, architettando un malvagio disegno, pretese che essi venissero sacrificati quale unico modo per salvare la Beozia dalla siccità e dalla carestia che si erano abbattute (ma che in realtà lei stessa aveva causato sterilizzando con il fuoco le sementi). Nefele, accortasi dell'intrigo, chiese aiuto a Era che le inviò Ermes con un ariete alato dal vello d'oro col quale essi scamparono alla morte, ma, attraversando lo stretto di mare per raggiungere la Colchide, Elle cadde. Quel tratto di mare da allora si chiama Ellesponto. Secondo le Metamorfosi di Ovidio, Era, gelosa di Semele, figlia di Cadmo (fondatore di Tebe), giacché amata da Zeus, dopo averne causato la morte (l'aveva infatti indotta a supplicare Zeus di mostrarsi in tutta la sua gloria) infierì contro un altro tebano, Atamante, marito della sorella di Semele, Ino,facendolo impazzire. Ermes gli aveva infatti affidato Dioniso per sottrarlo alla gelosia della regina dell'Olimpo, che lo aveva però ritrovato. Egli, nella sua pazzia credette di vedere una leonessa e dei leoncini (secondo altri, dei cervi) invece di sua moglie e dei suoi due figli, così cominciò a dar loro la caccia, afferrò il figlio Learco e lo sfracellò contro uno scoglio; successivamente scagliò Melicerte, il secondo figlio, in mare. La madre, per cercare di salvare almeno Melicerte si tuffò e annegò insieme a suo figlio. Afrodite, madre di Armonia e quindi nonna di Ino, impietositasi pregò Poseidone di collocare i due tra gli dei marini, dando a Ino il nome di Leucotòe (chiamata Matùta a Roma) ed a Melicerte quello di Palèmone (Portùnno, a Roma). Atamante venne invece mutato in fiume.

Dante Alighieri segue fedelmente la versione ovidiana nel trentesimo canto dell'Inferno nella Comedia.

Secondo un'altra versione Atamante, messo a conoscenza delle trame ordite dalla moglie, si indignò a tal punto da uccidere i figli avuti con lei.

Ate

Ate è una figura della mitologia greca.

Frequentemente induce al peccato di ὕβρις (hýbris), la tracotanza che nasce dalla mancanza di senso della misura.

Ate non tocca il suolo: cammina leggera sul capo dei mortali e degli stessi dei, inducendoli in errore.

La seguono, senza riuscire mai a raggiungerla, le Litai, le rugose Preghiere, che si prendono cura di coloro cui Ate ha nuociuto nel suo cammino. Quando qualcuno si rivela sordo alle Preghiere, queste si rivolgono al padre Zeus perché faccia perseguitare da Ate chi le ha respinte.

Secondo Omero è la figlia di Zeus. A lei Agamennone attribuisce la responsabilità degli eventi che portarono alla disputa con Achille. Lo stesso Agamennone narra che Zeus, quando suo figlio Eracle stava per nascere da Alcmena, si vantò con gli dei Olimpi che il suo prossimo discendente avrebbe regnato su tutti i vicini; sollecitato da Era, il dio ne fece giuramento, non sospettando che sulla sua testa si era in quel momento posata Ate. Era fece in modo che Euristeo, figlio di Stenelo, nascesse prima di Eracle, e questi fu dunque costretto a servire per molti anni il fratellastro. Quando Zeus scoprì l'accaduto, prese Ate per le trecce e la scagliò sulla terra, giurando che non avrebbe mai più rivisto l'Olimpo.

Stando allo Pseudo-Apollodoro, Ate atterrò su una collina in Frigia, in una località che assunse il nome della dea. Nello stesso luogo Zeus scaraventò anche il Palladio, e Ilo vi fondò Troia.

Per Esiodo, Ate è figlia di Eris, dea della Discordia, e strettamente imparentata a un'altra delle sue figlie, Ingiustizia.

Ate ed Eris sono talora confuse. Secondo alcuni non fu Eris, ma Ate, infuriata per non essere stata invitata alle nozze di Peleo e Teti, a lasciare scivolare durante il banchetto una mela d'oro recante la scritta "alla più bella". La mela della discordia generò una disputa fra Era, Atena e Afrodite, poi risolta in favore di quest'ultima con il giudizio di Paride, ponendo le premesse per la guerra di Troia.

Secondo Nonno, Ate fu indotta da Era a convincere il giovane Ampelo, amato da Dioniso, a cavalcare un toro per impressionare il dio; Ampelo fu disarcionato e si ruppe il collo.

Atena

Secondo i Pelasgi, la dea Atena nacque presso il lago Tritonide in Libia, dove fu raccolta e nutrita da tre ninfe di quella regione, che vestivano pelli di capra. Ma i sacerdoti di Atena narrano che Zeus inseguiva voglioso la titanessa Meti che per sfuggirgli assunse diverse forme, ma infine fu raggiunta e fecondata. Un oracolo della Madre Terra disse che sarebbe nata una figlia e che, se Meti avesse concepito una seconda volta, sarebbe nato un figlio destinato a diventare il padrone del cielo. Zeus allora, dopo aver indotto Meti a giacere accanto a lui, improvvisamente la inghiottì. Quando giunse il tempo del parto, Zeus fu colto da un terribile dolore di capo, e urlò tanto da destare gli echi del firmamento. Subito accorse Ermete, che indovinò la causa della pena di Zeus. Egli indusse dunque Efesto o, come altri sostengono, Prometeo, a munirsi di ascia e di maglio per aprire una fessura nel cranio di Zeus, ed ecco balzar fuori Atena, là sulle rive del fiume Tritone, tutta armata, con un potente grido che risuonò in cielo e sulla terra.

Dea della guerra, non gode delle sanguinose battaglie, come invece accade ad Ares e a Eris, ma preferisce appianare le dispute e far rispettare la legge con mezzi pacifici. Non porta armi in tempo di pace e qualora ne abbia bisogno le chiede in prestito a Zeus. La sua misericordia è grande. Se nei processi che si svolgono all'Areopago i voti dei giudici sono pari, essa di solito aggiunge il proprio per ottenere l'assoluzione dell'accusato. Ma se si trova impegnata in guerra non perde mai una battaglia, sia pure contro lo stesso Ares, perché più esperta di lui nell'arte strategica. Infatti, un giorno che Ares, sul campo di battaglia davanti a Troia, combatteva al fianco di Ettore e attaccava Diomede, Atena, resa invisibile dall'elmo magico di Ade, riesce a sviare il colpo di lancia del dio e lo fa ferire da Diomede. Ares emette un grido spaventoso e fugge verso l'Olimpo, dove Zeus lo fa curare. Un'altra volta, nella mischia degli dèi, che si svolge sotto Troia, Atena lotta contro Ares e lo sopraffà stordendolo con un colpo di pietra. Ma non solo nel ciclo troiano si manifesta questo antagonismo fra Ares e Atena. Quando Eracle dette battaglia a Cicno, figlio di Ares, questi volle difenderlo, e Atena dovette intervenire direttamente per far deviare la lancia di Ares. Eracle, approfittando di una mancanza della guardia del dio, lo ferì alla coscia, e Ares fuggì, vergognosamente, verso l'Olimpo.

Come non conobbe madre, così non conosce nè amore nè nozze. Molti dèi, Titani o Giganti avrebbero volentieri sposato Atena, ma essa rifiutò tutte le loro proposte. In una certa occasione, durante la guerra troiana, non volendo chiedere in prestito le armi a Zeus che si era dichiarato neutrale, pregò Efesto di fabbricarle un'armatura. Efesto rifiutò di essere pagato, dicendo astutamente che si sarebbe assunto l'incarico per amore; Atena non afferrò il significato di quella frase e, quando si recò nella fucina di Efesto, il dio all'improvviso si volse e cercò di usarle violenza. Atena si divincolò, ma Efesto, preso dal desiderio bagnò la gamba della dea. Disgustata, essa s'asciugò con della lana, e lanciò quella sozzura al suolo. Dalla terra così fecondata nacque Erittonio, che la dea considerò come proprio figlio. Lo allevò all'insaputa degli altri dèi e volle renderlo immortale. Lo rinchiuse in un cofano, sotto la custodia di un serpente, e lo affidò alle figlie del re d'Atene, Cecrope. Una sera, mentre le fanciulle ritornavano da una festa sacra portando il cesto di Atena a turno sul capo, spinte dalla curiosità, lo aprirono e qui videro il bambino circondato da un serpente. Le ragazze, terrorizzate, impazzirono e si uccisero, buttandosi dalla sommità dell'Acropoli. Venuta a sapere di questa disgrazia, Atena ne fu così addolorata che lasciiò cadere l'enorme roccia destinata a fortificare ulteriormente l'Acropoli: e quella roccia diventò il monte Licabetto. Poiché la notizia le era stata portata da un corvo, la dea ne mutò il colore delle penne da bianco a nero e proibì per sempre che i corvi si posassero sull'Acropoli. Erittonio si rifugiò nell'egida di Atena, dove essa lo allevò con tanta cura che alcuni lo credettero veramente suo figlio.

Tra Poseidone e Atena si accese una contesa per il possesso dell'Attica, e ciascuno cercava di fare a questo paese il più bel regalo possibile per accrescere i suoi titoli. Poseidone scagliò il suo tridente nell'Acropoli di Atene, dove subito si aprì un pozzo d'acqua marina che ancora si vede. Atena agì in modo più gentile, piantando un olivo accanto al pozzo. Poseidone, furibondo, la sfidò a duello, e Atena avrebbe accettato se Zeus non si fosse interposto nella disputa ordinando che i due dèi si rimettessero al suo giudizio. Poseidone e Atena si presentarono dunque al tribunale divino, composto da tutte le divinità olimpiche. Zeus non espresse il proprio parere, ma mentre tutti gli dèi appoggiavano le pretese di Poseidone, tutte le dee si schierarono a favore di Atena. E così, per un voto di maggioranza, Atena ottenne di governare sull'Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore.

I legami tra Atena e Atene sono confermati dalle leggende di Erittonio e del giuramento di Oreste. Della prima si è già parlato, rimane ora quella di Oreste. Oreste, perseguitato per mare e per terra dalle instancabili Erinni, dopo l'uccisione di sua madre Clitennestra, arrivò ad Atene. Tosto entrò nel tempio di Atena sull'Acropoli, sedette e abbracciò il simulacro. Ma Atena, che aveva udito le suppliche di Oreste dallo Scamandro, il territorio troiano di recente acquisito al suo culto, giunse in gran fretta ad Atene e, raccolti i più nobili tra i cittadini e i giudici, ordinò all'Areopago di giudicare Oreste. La votazione dei giudici si chiuse alla pari e allora Atena, che presiedeva il tribunale, si dichiarò dalla parte di Oreste. Prosciolto dunque con onore, Oreste ritornò in Argolide e giurò di essere un fedekle alleato di Atene fino all'ultimo dei suoi giorni.

Atena aiutò numerosi eroi tra i quali Perseo, Bellerofonte, Eracle, Giasone. Aiutò Perseo perché voleva la morte della bella gorgone Medusa che si era accoppiata con Poseidone in uno dei suoi templi: per questo motivo le aveva dato un aspetto così spaventoso da trasformare in pietra tutti quelli che la guardavano. Quando Perseo promise al re Polidette di portargli la testa della Gorgone, le Ninfe gli consegnarono sandali alati, una bisaccia e l'elmo di Ade che aveva la proprietà di rendere invisibile chiunque lo metteva, mentre Ermes lo armò di una roncola d'acciaio durissimo e Atena gli donò un lucidissimo scudo. Perseo volò fino alla terra degli Iperborei, dove trovò le Gorgoni addormentate. Fissò lo sguardo sull'immagine di Medusa riflessa nello scudo, Atena guidò la sua mano e con un solo colpo di roncola decapitò Medusa; allora, con sua grande sorpresa, vide balzar fuori dal cadavere il cavallo alato Pegaso e il guerriero Crisaore, i due esseri generati da Poseidone. Portata a buon termine l'impresa, Perseo donò la testa della Medusa ad Atena, che la fissò alla sua egida; ma altri dicono che quell'egida fu fatta con la pelle di Medusa, che Atena le strappò di dosso.

Atena modesta quanto Artemide, è molto più generosa. Quando un giorno, Tiresia la sorprese per caso intenta a fare il bagno, essa gli posò le mani sugli occhi e lo accecò, compensandolo tuttavia col dono della chiaroveggenza. Si dice che in una sola occasione Atena diede prova di incontrollata invidia. Aracne, una principessa di Colofone in Lidia, era così esperta nell'arte della tessitura che nemmeno Atena poteva competere con lei. Quando le mostrarono un mantello dove Aracne aveva intessuto scene d'amore tra gli olimpi, Atena lo scrutò attentamente per scoprirvi degli errori, e non trovandone alcuno lo lacerò furibonda. Allora Aracne, avvilita e atterrita, si impiccò a una trave. Atena la trasformò in un ragno e tramutò la corda in una ragnatela; Aracne vi si arrampicò salvandosi la vita.

Dea guerriera, armata della lancia e dell'egida (una specie di corazza in pelle di capra), ebbe una parte importante nella lotta contro i Giganti. Uccise Pallante ed Encelado. Scorticò il primo, e con la sua pelle si fabbricò una corazza. Quanto ad Encelado, lo inseguì fino in Sicilia e l'immobilizzò lanciandogli addosso l'isola intera. Eracle combattè al fianco di Atena nella lotta contro i Giganti, è il mortale il cui aiuto è necessario per soddisfare la condizione imposta dai Destini alla morte dei Giganti. D'altronde Atena cominciò con l'amarlo, nel momento in cui l'eroe fu sul punto d'intraprendere le sue fatiche. Sempre lei gli dette le nacchere di bronzo, opera di Efesto, con le quali egli spaventò gli uccelli del lago Stinfalo, che si alzarono in volo, permettendogli così di abbatterli a frecciate. In compenso, Eracle offrì a lei i pomi d'oro delle Esperidi, allorché Euristeo glieli rese.

Prima della guerra, Atena era onorata a Troia nella forma di una statua di legno caduta dal cielo e chiamata Palladio. Si riteneva che la città non potesse essere vinta fin tanto che avesse posseduto questo idolo. Ma dopo che Paride, sull'Ida, le aveva rifiutato il premio della bellezza, Atena divenne ostile ai Troiani, e fu la più strenua protettrice dei Greci a Troia. I suoi favoriti erano Diomede, Odisseo, Achille, Menelao. Quando però Aiace, figlio d'Oileo, violentò Cassandra che abbracciava la statua di Atena e la fece cadere, la statua della dea volse altrove gli occhi per non assistere al tremendo oltraggio. Atena tolse ai Greci la sua protezione, fatta eccezione per Odisseo che amava teneramente e che aiutò a ritornare in patria. La sua azione è costante, e lei interviene con metamorfosi, sotto la forma di diversi mortali, per portare aiuto all'eroe. Manda anche sogni, per esempio a Nausicaa, per suggerire di andare a lavare la biancheria un certo giorno in cui lei sa che Odisseo deve approdare nell'isola dei Feaci. Dota il suo protetto di una bellezza soprannaturale, per commuovere con più certezza la giovane in quell'incontro che deve procurare ad Odisseo una nave per tornare in patria. In altre occasioni, spinge Zeus in favore dell'eroe. Lei provoca l'ordine dato da Calipso di rilasciare Odisseo e di fornirgli i mezzi per riprendere il mare.

Era una delle maggiori divinità celesti del Pantheon greco, luminosa al pari di Apollo, benché da lui assai diversa. Le sue statue, i Palladii, la presentano armata di elmo, scudo e lancia, donde l'epiteto di Promachos e gli altri simili sotto i quali era venerata in molte località, come Stenia (la forte), Agelia (che dà la vittoria); è essa stessa la vittoria (Nike), è protettrice della città (Polias).
Accanto al valore guerriero, Atena personifica anche la saggezza e la prudenza; dea dell'intelligenza protegge le opere di pace, dell'agricoltura, delle industrie. Le si attribuiva l'invenzione di cose utili: i numeri, i carri, le macchine, la navigazione; erano sotto la sua protezione i tribunali; le erano sacri il serpente, la civetta, il gallo, l'olivo, il fico, l'acanto.

Nel culto ateniese si vedono espressi i due aspetti della Dea: quello antico naturistico, e quello più recente etico; per il primo aveva il tempio dell'Eretteo, per il secondo il Partenone con la statua di Atena Promachos. Feste solenni si celebravano per Atena in vari tempi: le Oscoforie alla vendemmia, le Procaristerie al principio della primavera, le Plinterie nel mese di targelione (maggio-giugno), le Panatenee nel mese di ecatombeone (luglio-agosto). Erano soprattutto giochi ginnici, gare poetiche e musicali, con la solenne processione (raffigurata nel fregio fidiaco del Partenone), nella quale si portava sull'acropoli il nuovo peplo preparato dalle donne ateniesi.

Ati (mitologia)

Nella mitologia greca, Ati era il nome di uno dei figli di Eracle e di Onfale

Figlio del mitico eroe capace di fronteggiare le dodici fatiche e della regina della Lidia che ebbe Eracle come schiavo, Ati fu il padre di Lido e Tirreno e quindi capostipite dei tanti sovrani della Lidia che dopo di lui vi furono. I loro figli come era usanza a quei tempi presero l’epiteto di Atiadi.

Atinnio

Nella mitologia greca, Atinnio o Atimnio era il nome di uno dei tanti figli di Zeus avuto da una certa donna chiamata Cassiopea o Fenice.

Atinnio nel mito lo si confonde con Mileto. Fu lui a far nascere la rivalità fra Minosse Sarpedone e Radamanto

Il nome Atimnio significa mai sazio di eroici elogi.

Atlante

Gigante, figlio di Giapèto e dell'oceanina Asia (secondo altri dell'oceanina Climene). E' fratello di Prometeo, Epimeteo e Menezio. Appartiene alla generazione divina anteriore a quella degli Olimpici, quella degli esseri mostruosi e smisurati. Partecipò col fratello Menezio alla sciagurata guerra dei Giganti contro gli dèi olimpi. Zeus uccise Menezio con una folgore e lo mandò nel Tartaro, ma risparmiò Atlante che condannò invece a portare il Cielo sulle spalle per l'eternità.
Prima che Zeus lo condannasse a quella triste pena, ebbe il tempo di avere molti figli: con Pleione, le Pleiadi e le Iadi e il figlio Iante; con Esperide, le Esperidi. Dione è talvolta collocata tra le figlie di Atlante.
Il Titano aveva saputo da un oracolo che un giorno un figlio di Zeus sarebbe venuto a rubare le mele d'oro nel giardino delle Esperidi, custodite dal drago Ladone. Per questo motivo Atlante rifiutò di dare ospitalità a Perseo, che per vendicarsi gli mostrò la testa di Medusa, e lo trasformò così nel monte Atlante.
Atlante tenne sempre il Cielo sulle spalle, salvo per il breve periodo in cui Eracle lo alleviò di quel peso. Eracle, durante il compimento della sua undicesima fatica, si era recato a cercare le mele delle Esperidi. Nereo gli aveva consigliato di non coglierle con le proprie mani, ma di servirsi di Atlante, alleggerendolo nel frattempo dell'enorme peso che gravava sulle sue spalle. Appena giunto al giardino delle Esperidi, Eracle chiese dunque ad Atlante di fargli questo favore, e chinò le spalle per accogliere il peso del globo celeste; Atlante si allontanò e ritornò poco dopo con tre mele colte dalle sue figlie. Egli assaporava la gioia della recuperata libertà. "Porterò io stesso le mele a Euristeo", disse, "se tu reggerai il Cielo sulle tue spalle per due o tre mesi ancora". Eracle finse di acconsentire, ma poiché Nereo l'aveva avvertito di non accettare una simile proposta, pregò Atlante di sostenere il globo per pochi minuti soltanto, affinché egli potesse fasciarsi il capo. Atlante, tratto in inganno, posò a terra le mele e riprese il suo carico; subito Eracle raccattò i frutti e si allontanò con un ironico saluto.

Atlantide

Secondo una leggenda antichissima riferita a Solone dai sacerdoti egizi, era una grande isola dell'Occidente. Platone ne riporta la leggenda nel Crizia e nel Timeo. Ad occidente delle Colonne d'Ercole, di fronte alla catena dell'Atlante, sorgeva un'isola più grande della Libia e dell'Asia Minore prese insieme, popolatissima e fertilissima; i suoi principi avevano esteso il dominio nell'Asia e nell'Africa ed erano stati sconfitti soltanto dagli Ateniesi. Per l'empietà degli abitanti, uno spaventoso terremoto, accompagnato da piogge torrenziali e da straripamenti del mare, distrusse l'isola nello spazio di un giorno e di una notte. La leggenda pare sia molto antica, giacché si dice che un episodio della guerra cogli Atlantidi fosse raffigurato nel peplo che si portava al Partenone nelle feste Panatenaiche.

Atrace

Nella mitologia greca, Atrace era il nome di uno dei figli di Peneo e di Bura

Atrace era il padre di Ippodamia e (forse) di Ceneo la donna che diventò uomo per suo volere, da lui presero l’epiteto di Atracidi come si usava a quei tempi.

Fondò una città che prese il suo nome nella Tessaglia.

Atreo

Atreo è una figura della mitologia greca, figlio di Pelope e di Ippodamia, fratello di Tieste e padre di Agamennone e Menelao.

Atreo, insieme a suo fratello Tieste, uccise il fratellastro Crisippo, attirandosi la maledizione paterna. Atreo e Tieste si rifugiarono presso i Danaidi che regnarono a Micene (Steleno e poi Euristeo) e successero a essi dopo che furono sterminati dagli Eraclidi. La rivalità tra i fratelli nacque dalla contesa per il titolo regale e fu esasperata dall'adulterio di Aerope, moglie di Atreo, col cognato. Divenuto finalmente re di Micene, Atreo prima bandì Tieste, poi, richiamatolo, si vendicò dell'adulterio facendo con l'inganno mangiare al fratello i tre figli da lui avuti con una ninfa.

Fuggito a Sicione, Tieste generò da Pelopia, propria figlia, Egisto; poi Pelopia sposò lo zio Atreo, che allevò anche Egisto (senza conoscerne né il padre né la madre) finché non lo inviò a uccidere Tieste; ma il giovane, scoperto che la vittima designata era suo padre, uccise lo zio e patrigno.

Agamennone e Menelao erano figli di Atreo e Aerope o, secondo un'altra versione, di Plistene, figlio di Atreo a lui premorto.

Il nome può risalire dalle parole greche ateirés = "indomabile", àtreston = "intrepido", o ateròn = "accecato dal male".

Atride

Atride è il patronimico dei figli di Atreo. Agamennone era maggiore di età e perciò era detto Atride maggiore, mentre Menelao era l'Atride minore. Già la vita di Atreo era stata costellata da lutti: Atreo, insieme a suo fratello Tieste, uccise il fratellastro Crisippo, attirandosi la maledizione paterna. La rivalità tra i fratelli nacque dalla contesa per il titolo regale e fu esasperata dall'adulterio di Aerope, moglie di Atreo, col cognato. Divenuto finalmente re di Micene, Atreo prima bandì Tieste, poi, richiamatolo, si vendicò dell'adulterio facendo con l'inganno mangiare al fratello i tre figli da lui avuti con una ninfa.

A anche la sorte degli Atridi non fu felice. Agamennone e Menelao erano figli di Atreo e Aerope o, secondo un'altra versione, di Plistene, figlio di Atreo a lui premorto.

Atreo venne assassinato da Egisto, figlio di Tieste, che prese possesso del trono di Micene e regnò congiuntamente a suo padre. Durante questo periodo Agamennone e Menelao si rifugiarono da Tindaro, re di Sparta. Qui i due sposarono le figlie del sovrano, rispettivamente Clitennestra ed Elena. Agamennone e Clitemnestra ebbero quattro figli. Tre bambine: Ifigenia, Elettra, Crisotemi, e un bambino, Oreste.

Menelao succede a Tindaro a Sparta, mentre Agamennone, con l'aiuto del fratello, scaccia Egisto e Tieste, recuperando il regno del padre. In seguito estese il suo dominio per mezzo di conquiste e divenne il principe più potente di Grecia.

Gli Atridi hanno un ruolo centrale nell'Iliade di Omero. Agamennone è il capo della spedizione dei Greci a Troia mentre Menelao è lo sposo di Elena la cui fuga con Paride è la cagione della guerra.

Atropo


Nella mitologia greca, Atropo era una delle tre Moire (o Parche, nella mitologia romana), figlia, secondo una versione, della Notte o, secondo un'altra, di Zeus e di Temi (o Mnemosine).

Atropo con le sorelle

Atropo, la più anziana delle tre sorelle, è colei che non si può evitare, l'inflessibile; rappresenta il destino finale della morte d'ogni individuo poiché a lei era assegnato il compito di recidere, con lucide cesoie, il filo che rappresentava la vita del singolo, decretandone il momento della morte.

Eaco è il giudice che controlla nel tartaro se le persone vi entrano contro il volere di Atropo.

Atteo

Nella mitologia greca, Atteo era il primo re dell’Attica, una delle più grandi regioni ai tempi dell’antica Grecia.

Atteo era il padre di Agraulo, e dal suo nome si diede origine ad una parte dell’Attica chiamata Aktaia.

Atteo era anche l’epiteto che si utilizzava per chiamare diverse figure dell’olimpo, fra cui Zeus, il padre degli dei.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:32
 
Top
view post Posted on 1/7/2010, 13:48     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Atteone

Atteone o Ateone (Actaeon) è una figura della mitologia greca, figlio di Aristeo e di Autonoe, allevato dal centauro Chirone, che gli insegnò l'arte della caccia.

Secondo il mito, nel corso di una battuta di caccia, Atteone provocò l'ira di Artemide, quando la sorprese mentre faceva il bagno insieme alle sue compagne. La dea, per impedire al cacciatore di proferir parola intorno a quello che aveva visto, trasformò il giovane in un cervo spruzzandogli dell'acqua sul viso. Atteone si accorse della sua trasformazione solo quando scappando giunse ad una fonte, dove poté specchiarsi nell'acqua. Intanto il cacciatore venne raggiunto dalla muta dei suoi 50 cani, resi furiosi da Artemide, che, non riconoscendolo, sbranarono il loro vecchio padrone. I cani, una volta divorato Atteone, si misero alla ricerca del loro padrone per tutta la foresta, riempiendola di dolorosi lamenti. Più tardi giunsero nella caverna di Chirone il quale donò loro un'immagine del loro padrone per attenuare il loro dolore.

Alcune versioni raccontano che a far impazzire i cani sarebbe stato l'intervento di Lyssa.

Secondo un'altra versione, la punizione provenne da Zeus, perché aveva cercato di insidiare Semele.

Attide

Nella mitologia greca, Attide era il nome di una delle figlie di Cranao

Cranao, uno dei re di Atena nei tempi antichissimi, all’epoca di quando il mondo intero fu sommerso dal diluvio di Deucalione, ebbe tre figlie, una di esse si chiamò Attide. Da tale donna avrebbe preso il nome la regione dell’Attica.

Le sue sorelle si chiamavano Cranae e Cranecme.
Interpretazione e realtà storica [modifica]

Attide significa “dea della costa scoscesa”. Dubbi sulla sua divinità vengono anche da Marziale che chiamò Procne e Filomela una volta trasformate in uccelli con il nome di Attide.

Attis

Attis è il paredro di Cibele, il servitore eunuco che guida il carro della dea.

Il centro principale del suo culto era Pessinunte, nella Frigia, da cui attraverso la Lidia passò approssimativamente nel VII secolo a.C. nelle colonie greche dell'Asia Minore e successivamente nel continente, da cui fu esportato a Roma nel 204 a.C.

Secondo la tradizione frigia, conservata in Pausania ed in Arnobio, il demone bisessuale Agdistis sarebbe nato dallo sperma di Zeus caduto sulla pietra, mentre il dio cercava di accoppiarsi con la Grande Madre sul monte Agdos.

Gli dei dell'Olimpo spaventati dalla forza e dalla ferocia dell'essere lo evirarono: dalle gocce del sangue fuoriuscito dalla ferita nacque un albero di mandorlo (o di melograno).
La figlia del fiume Sakarya(Sangarios), Nana, colse un frutto dall'albero e rimase incinta.
Tempo dopo nacque il figlio che venne chiamato Attis, in quanto fu allattato da una capra (in frigio attagos), dopo essere stato cacciato sulle montagne per ordine di Sakarya.

Attis crebbe e fu mandato a Pessinunte per sposare la figlia del re. Durante la celebrazione del matrimonio, Agdistis, innamorato del giovane, fece impazzire Attis, che si recise i genitali sotto un pino. Cibele, madre degli dei, ottenne che il corpo del giovane rimanesse incorrotto.

Culto nella Roma antica


In epoca imperiale il ruolo di Attis, la cui morte e resurrezione simboleggiava il ciclo vegetativo della primavera, si accentuò gradualmente, dando al culto una connotazione misterica e soteriologica.

Ad Attis erano dedicate un ciclo di festività che si tenevano tra il 15 e il 28 marzo, che celebravano la morte e la rinascita del dio. Tra queste vi erano il Sanguem e l'Hilaria. Tracce di questi culti, che presero il nome di Attideia, sono presenti anche in colonie greco-romane (per esempio quella di Egnazia in Puglia).

Attore (mitologia)

Attore è un personaggio della mitologia greca, figlio di Mirmidone, oppure di Forba o di Elio.

Attore fu il re di Fere, ebbe dalla sposa Egina un figlio di nome Menezio, argonauta e nonno di Patroclo.

Auge (mitologia)

Nella mitologia greca, Auge era il nome di uno dei figli di Aleo re di Tegea e di Neera. Gli altri figli si chiamarono Cefeo, Licurgo e Afidamante.

Auge era una sacerdotessa di Atena per volere del padre a cui l’ oracolo di Delfi, dove si trovava di passaggio durante un viaggio, gli aveva predetto infauste notizie se lei avesse avuto un figlio. Eracle si innamorò di lei e fece ubriacare la donna abusando in seguito di lei. La donna anche se non per colpa sua rinnegò quindi i giuramenti di fede fatti alla dea, e generò un figlio da Eracle, chiamato Telefo. In seguito l’eroe dovette riprendere le sue avventure e Auge fuggendo dalle ire della dea e del paresi reco a Tetra. Qui ritrovò suo figlio scomparso tempo addietro e andò in sposa a Teutrante.

Augia

Augia è un personaggio della mitologia greca. Era il re dell'Elide, nel Peloponneso; alcuni autori lo indicano come figlio di Elio.

Augia aveva ricevuto dal padre Elio moltissimo bestiame. Grazie all'origine divina, gli armenti erano immuni dalle malattie, pertanto crescevano indefinitamente. Augia non puliva mai le stalle e le scuderie, tanto che il letame che continuava ad accumularsi creava seri problemi nei dintorni; allo stesso tempo il cielo era oscurato dagli sciami di mosche attirate dalla sporcizia. La sesta impresa delle fatiche di Eracle consistette nella pulizia delle stalle in un solo giorno, su ordine di Euristeo. Eracle propose al re Augia che avrebbe ripulito lo sterco dalle sue enormi stalle prima del calar del sole. In cambio gli chiese un decimo di tutto il suo bestiame. Il re incredulo accettò la scommessa e i due giurarono sul loro accordo. Allora Eracle aprì due brecce nei muri delle stalle, e deviò il corso dei vicini fiumi Alfeo e Peneo e le acque impetuose invasero le enormi stalle e i cortili spazzando via lo sterco fino alle valli del pascolo. Così Eracle compì la sua sesta Fatica ripulendo l'intera terra dell'Elide senza nemmeno sporcarsi.
Allora Eracle chiese al re Augia la ricompensa promessa, ma questi rifiutò sostenendo di essere stato da lui ingannato: non Eracle bensì i fiumi avevano ripulito dallo sterco il suo regno. Eracle chiese che la controversia fosse sottoposta a giudizio che però fu a suo svantaggio e venne scacciato dall'Elide. Infine Euristeo non considerò valida la fatica poiché Eracle ne avrebbe ricevuto un compenso.
Secondo un'altra versione, la lite che seguì alla mancata ricompensa per il lavoro svolto portò alla guerra: Eracle vinse e Augia fu ucciso.

Aulide

Nella mitologia greca, Aulide era il nome di diversi riferimenti mitologici:

Sotto tale nome ritroviamo:

* Aulide, una città dell'antica Grecia, situata in Beozia, dove secondo il mito gli eroi achei si radunarono per salpare alla volta della guerra di Troia. Il suo nome moderno è Avlida.

* Aulide, una delle tre figlie del re di Tebe Ogige, sorella di Alalcomenea e Telsinia, note come Prassidiche.

Aura (mitologia)

Aura (o Aula), figlia di Peribea, è una ninfa della mitologia greca. Il nome deriva dalle sue movenze, veloci come il vento.

Secondo il mito viveva nei boschi dedicandosi unicamente al combattimento con cinghiali e leoni, restia e avversa alle tentazioni amorose. Orgogliosa della sua verginità arrivò a trasformare un giovane in un cervo solo perché questi aveva osato guardarla.

Su di lei si abbatté, tramite Nemesi, la collera di Artemide. La dea era adirata con Aura per un commento fattole sul suo corpo durante un bagno nelle cascate del Sangario. Nemesi fece in modo che l’attenzione di Dioniso si posasse sulla ninfa.

Per possederla il dio fu costretto a trasformare l’acqua della fonte nella quale Aura beveva in vino. Dopo aver bevuto Aura si stese all’ombra di un albero addormentandosi. Dioniso allora si avvicinò, allontanò la faretra e l’arco e, dopo averle legato mani e piedi, la violentò. Terminato si allontanò da lei dopo averle sciolto gli arti e rimesso la faretra al suo posto.

Aura si risvegliò, vide le sue nudità e, grazie ad un sogno avuto in precedenza nel quale vedeva Eros offrire una leonessa a Afrodite e Adone, mentre lei stava in mezzo ai due, capì. Si sentì allora invadere da una furia tremenda, scese a valle travolgendo e uccidendo chiunque le si ponesse davanti, fino a quando il suo passo si fece più pesante sotto il peso della gravidanza. Allora le apparve Artemide sorridente, ironica, a rivelarle il nome del padre.

Nacquero due gemelli, verso i quali la ninfa avvertiva un forte odio. Li offrì ai venti del cielo affinché li portassero via; provò a farli mangiare da una leonessa mettendoli in una tana. Ma in questa entrò una pantera che li accudì allattandoli, mentre due serpenti all’entrata facevano da guardia.

Allora ne prese uno in braccio lo lanciò in aria e una volta ricaduto a terra si gettò su di lui come a sbranarlo. Artemide, atterrita da tanta violenza, si precipitò a salvare l’altro gemello, Iacco, e lo portò via consegnandolo a Dioniso.

Infine Aura, ancora in preda ad una furia cieca, si suicidò gettandosi nelle acque del Sangario.

Ausia

Nella mitologia greca, Ausia era il nome di una delle ninfe dell’antichità.

Ausia fu l’amata sposa di Proteo, figlio di Oceano e di Teti, la nereide. Dall'essere capace di cambiare forma a suo piacimento ebbe una figlia, chiamata Mera, dalla quale deriva il nome del fiume omonimo.

Ausone

Nella mitologia greca, Ausone o Ausonio era il nome di uno dei figli di Ulisse .

Figlio del mitico eroe protagonista dell’Odissea, chiamato anche Odisseo che ebbe secondo i diversi miti o dalla maga Circe o dalla principessa Calipso.

Ausone in seguito ebbe un figlio chiamato Liparo.

Aussesia

Nella mitologia greca, Aussesia è la protagonista di una drammatica vicenda consumatasi a Trezene.

Stando ad una vicenda raccontata da Pausania, Aussesia e la coeatenea Damia erano due fanciulle cretesi giunte a Trezene al tempo in cui la città era oppressa da un tumulto. Trovatesi per caso nel mezzo di una rissa, vennero barbaramente lapidate dalla folla. Gli abitanti di Trezene, compresa l'innocenza delle giovani e la gravità del loro delitto, tributarono a queste ultime un culto riparatore e celebrarono una festa in loro memoria. Lo storico Erodoto ha proposto l'identificazione di Aussesia e Damia nelle divinità Demetra e Persefone.

Austro


Nella mitologia greca, Austro (o Noto od Ostro) era il nome di uno dei figli di Eos e di Astreo , ed era uno dei quattro venti, quello del sud.

Austro portava con se caldo e pioggia, viveva nel profondo sud e possedeva un fiato talmente ardente che con esso bruciava intere città e vascelli.

Austro veniva rappresentato come un anziano eternamente pregno d’acqua, altissimo con il viso che arrivava fin sopra le nubi.

Autoleone

Nella mitologia greca, Autoleone (o Autoleonte) era il nome di uno dei famosi guerrieri che si distinse nella guerra di Troia.

Autoleone condottiero di Crotone. Di lui si racconta un episodio nell'Iliade. Durante la guerra contro i locresi aveva invaso la zona che in vita apparteneva ad Aiace d'Oileo, e rimase dal suo spettro ferito.

Per riuscire a guarire Autoleone cercò riuscendoci di placare la rabbia del morto, dovendo offrire un sacrificio nell'isola di Leuce, grazie al consiglio di un oracolo che aveva ricevuto.

Autolico


Autolico è un personaggio della mitologia greca.

Nel mito, Autolico, fratello gemello di Filammone è figlio del dio Ermes e di Chione figlia di Dedalione, figlia di Eosforo. Era il padre di Anticlea, che aveva sposato Laerte. Ulisse erediterà la sua proverbiale astuzia proprio da questi antenati. Autolico ereditò dal padre Ermes, il dio dei ladri, il dono di riuscire a rubare a chiunque senza mai venire scoperto. Soltanto Sisifo, figlio di Eolo, non il dio dei venti, era considerato superiore a lui nell'arte dell'inganno, tanto da irritare lo stesso Zeus che lo condannò ad una dura fatica.

Altre imprese


Autolico è citato nell'Iliade (libro X) per aver rubato l'elmo di cuoio di Amintore, che fu poi dato al nipote Ulisse. Nell'Odissea (libro XIX) cura Ulisse ferito alla coscia durante la caccia al cinghiale. Viene annoverato anche fra i partecipanti della spedizione intrapresa dagli argonauti.

Autolita


Nella mitologia greca, Autolita era il nome di una delle mogli di Metaponto.

Metaponto ebbe diverse mogli, la prima fu Teano, la seconda Arne e la terza Autolita. Da tale unione nacquero i gemelli Eolo (non il dio dei venti) e Beoto.

Automedonte

Automedonte, figlio di Dioreo (Iliade, XVII), era il cocchiere di Achille durante la guerra di Troia. Si occupava dei cavalli immortali Balio e Xanto. Il suo nome è diventato sinonimo di cocchiere o vetturino.

Automedonte viene citato soprattutto nel brano de "I cavalli di Achille" quando Zeus si rivolge ai cavalli che erano fermi come una stele funeraria.

Automedusa

Nella mitologia greca, Automedusa era la prima moglie di Ificle.

Alcatoo, figlio di Ippodamia, ebbe da diverse compagne innumerevoli figli e figlie, tra cui Automedusa.

Dall'unione di Ificle, fratello di Eracle, e Automedusa, nacque Iolao, che diventò, in seguito, amico e cocchiere di Eracle. La storia dell'amore tra Ificle e Automedusa è testimoniata da molte attendibili fonti. Tra queste apporta una variante molto interessante Platone che nel "Simposio" narra di come Automedusa si fosse perdutamente innamorata di Ificle, malgrado questi fosse molto più grande di lei, per i grandi occhi cerulei. Platone definisce l'amore tra i due "Sublime incanto di anime amanti".

Autonoe
(Cadmo)

Autonoe è un personaggio della mitologia greca, figlia di Cadmo e di Armonia. Fu moglie di Aristeo, da cui ebbe un figlio, Atteone.

Secondo il mito, durante una crisi estatica, Autonoe uccise Penteo, con Agave e Ino, poiché lo credeva una belva feroce.

Autonoo


Nella mitologia greca, Autonoo era il nome di uno dei combattenti greci che si distinse nella guerra di Troia.

Quando Paride, uno dei tanti figli di Priamo re di Troia portò via con se Elena sposa di Menelao dalla Grecia dove viveva, scoppiò una guerra fra i due popoli. Fra i tanti eroi che risposero all’appello del fratello di Agamennone c’era Autonoo, un fiero combattente greco. Ettore per consiglio degli dei doveva aspettare nel corso di una battaglia che Agamennone si ritirasse momentaneamente dal combattimento quando questo accadde il massacratore iniziò la sua battaglia e uccise molti nemici fra cui Autonoo, che cadde morto nella polvere.

Auxesia

Nella mitologia greca, Auxesia era il nome di una divinità dedita alla fertilità, alla crescita.

Il suo nome dervia dal greco áuxo, ovvero crescere

Si tratta di una divinità venerata a Epidauro con Damia, si racconta anche della festa chiamata Lithobolia (festa del lancio delle pietre.
I due nomi della divinità vengono anche considerati degli appellativi sia di Demetra, che di Bona e di Persefone.

Aventino (mitologia)

Nella mitologia greca, Aventino era il nome di uno dei figli di Eracle e di Rea

Aventino, uno dei tanti figli che Eracle ebbe, diventò re degli albani. Si unì successivamente a Turno nella guerra contro Enea.

Axto


Axto è un personaggio minore del mito di Minosse e del Minotauro.

Mentre Pasifae si trovava nella vacca di bronzo costruita per lei da Dedalo perché potesse unirsi al toro-Zeus, fu vista da un contadino che lavorava nei campi, Axto.

Costui venne catturato e portato al cospetto del re, il quale lo fece torturare per tre giorni, fino a quando Axto rivelò ciò che aveva visto.






 
Top
view post Posted on 2/7/2010, 11:47     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


B



Babi

Nella mitologia greca, Babi era il nome di uno dei figli di Meandro .

Babi, figlio di una delle divinità minore dei fiumi, in quanto nell’antica Grecia si credeva che ogni fiume avesse origini divine, fratello di Marsia,famoso per essere tanto abile nel suonare il flauto da sfidare il divino Apollo, quando il dio si vendicò della presunzione di Marsia stava per far esplodere la sua rabbia anche contro Babi, ma fu salvato dalle sue capacità scarsissime con il flauto.

Bacchiade


Nella mitologia greca, Bacchiade era il nome di uno dei figli di Prumnide .

Bacchiade discendente da Eracle, l’eroe famoso per le sue innumerevoli avventure, o di Dionisio il dio del vino, riuscì a creare una delle più importanti stirpe di eroi che diedero grande lustro alla città di Corinto, dove regno con giustizia per molti anni. I suoi discendenti presero il nome di bacchiadi.

Corinto era una città famosa all’epoca greca, maestosa e piena di potere, i mitografi gli vollero donare un alone di divinità alla loro stirpe affermando una loro discendenza dal dio o dal più famoso degli eroi. Questo artifizio era molto comune ai quei tempi.

Baio (mitologia)

Nella mitologia greca, Baio era il nome di uno degli amici di Ulisse

Ulisse chiamato anche Odisseo, re di Itaca non voleva partecipare alla guerra di Troia, usando uno stratagemma, ma una volta scoperto fu costretto a partire con la sua flotta, al comando di essa vi era il prode Baio.

Tale Balio si perse durante la guerra e non tornò con Ulisse evitando in tal modo le avventure dell’Odissea. Una volta che riprese la via del mare, non cercò il ritorno a casa, anche pensando erroneamente che il suo padrone fosse morto negli anni trascorsi. Balio fondò nei suoi viaggi diverse città, fra cui Balio nella Campania (Italia).

Baleazarre

Nella versione di Fénelon di un noto mito greco, Baleazarre (Baléazar) era il nome di un figlio di Pigmalione e Astarbea

Astarbea, regina di Tiro, ambiziosa e folle uccise avvelenando e poi strangolando il proprio marito. Già in precedenza aveva cercato di uccidere Baleazarre, corrompendo i marinai che dovevano condurlo a Samo, perché lo facessero annegare. Sfuggito alla morte, fece poi ritorno in patria e vendicò il padre, imprigionando Astrea che, condannata alla morte sul rogo, preferì avvelenarsi. In seguito a ciò, Baleazarre divenne re, amato dalla popolazione per la sua mitezza e giustizia, che contrastava con la malvagità e la violenza del padre e della madre.

Baleo


Nella mitologia greca, Baleo era il nome di uno dei compagni di Eracle che lo aiutò nelle sue imprese.

Eracle durante il compimento delle sue dodici fatiche fu aiutato da tantissimi amici che vedevano in lui un compagno ed un eroe su cui contare. Uno di loro fu Baleo, abile guerriero che aiutò il semidio durante la cattura della mandria di Gerione. Durante il lungo viaggio Baleo morì in una delle isole che dopo presero il nome da lui, le Baleari.

Bargilo


Nella mitologia greca, Bargilo era il nome di uno dei compagni di Bellerofonte .

Bargilo, eroe greco di cui si racconta nel mito, compagno di Bellerofonte in molte avventure fu ucciso in una di queste dalla furia del cavallo alato Pegaso da un suo calcio poderoso.

Bellerofonte non dimentico della lealtà dell’amico decise di onorarlo dando il nome di una delle città da lui fondate il suo nome nella Caria, quella città si chiamò Bargilia.

Basala


Nella mitologia greca, Basala era il nome di uno dei Cercopi, i dispettosi ladri dell’epoca del mito.

Basala insieme al suo fratello furono celebri ladri che si divertivano per lo più a prendersi gioco dei grandi eroi compiendo burla, compiendo dispetti e rubando cose di cui andavano fieri.

Un giorno decisero di prendersi gioco del famigerato Eracle, e anche se furono avvertiti del pericolo, continuarono nella loro impresa.

Trasformatosi in zanzare davano fastidio continuo all’eroe che non riusciva a riposare e nel frattempo diedero un'occhiata anche alle sue armi che portava sempre con se. Prima che il furto fosse compiuto Eracle riuscì a catturarli e a farli assumere la loro forma originale. Alla fine non riuscì a punirli come aveva inizialmente desiderato e li lasciò fuggire via, Zeus quindi li trasformò in scimmie.

Batea (mitologia)

Nella mitologia greca, Batea o Batia o Baticia era il nome di una delle principesse della Frigia.

Batea, figlia di Teucro, diventò la moglie di Dardano, dalla dubbia origine secondo cui in una delle versioni del mito fu il capostipite della razza troiana.

Dall’unione nacquero due figli, Ilo ed Erittonio.

Baticle

Nella mitologia greca, Baticle era il nome di un prode guerriero acheo, il quale decise di partecipare alla guerra di Troia, conflitto scoppiato a causa del rapimento della regina di Sparta Elena da parte del suo amante troiano Paride, figlio di Priamo. Per vendicare questo oltraggio, Menelao, legittimo sovrano di Sparta e marito tradito, chiamò in causa tutti i sovrani più potenti della Grecia, compreso il fratello Agamennone, e dichiarò guerra alla città di Troia.
Gli avvenimenti più importanti di questo conflitto sono raccontati da Omero nell'Iliade.

L'unico poema da cui possiamo trarre le vicende legate alle origini di questa figura è esclusivamente l'Iliade di Omero. Figlio di un anziano mirmidone, chiamato Calcone, Baticle aveva abitato l'Ellade, la piccola regione della Tessaglia che apparteneva al regno di Achille e di suo padre Peleo. Era dunque un Mirmidone, ossia un illustre abitante di quella regione.
Qui viveva pacificamente tra gloria e ricchezza, tale da suscitare l'invidia di numerosi Mirmidoni, suoi compatrioti.

La morte in guerra

Baticle prese parte alla guerra di Troia, agli ordini diretti del suo capitano, l'eroe Achille; insieme alle truppe dei Mirmidoni, eseguì numerose imprese agli ordini dei suoi superiori. Il guerriero accompagnò i suoi compatrioti in tante imprese belliche, ed egli stesso venne ingaggiato da Achille per accompagnare il suo amico Patroclo in battaglia, allorché quest'ultimo volle indossare l'armatura e combattere alla maniera dell'eroe greco.

Nel corso della battaglia che ne seguì, Patroclo giunse all'uccidere persino Sarpedone, fortissimo figlio di Zeus e capo dei Lici, alleati dei Troiani. Addolorato e sdegnato per la morte del suo amico, Glauco, cugino di Sarpedone volle vendicarlo e scagliò la sua lancia nel folto dei nemici achei. La sua lancia non volò vana, ma colpì proprio l'eroe Baticle, trafiggendolo in pieno petto e spegnendone l'ardore.

La morte di Baticle provocò molto sconforto nei cuori degli Achei, di fronte alla perdita di un uomo tanto caro. Merione, volendo vendicarne la morte, trafisse a sua volta il prode Laògono, cogliendolo tra la mascella e l'orecchio, cosicché la sua anima defunta scese nell'Ade.

Batone

Nella mitologia greca, Batone era il nome di uno dell’Auriga di Anfirao .

Batone colui che guidava la biga del grande eroe discendeva allo stesso modo del padrone da Melampo. Durante i feroci combattimenti fra Anfirao ed i suoi nemici, il più feroce di essi stava per ucciderlo davanti alle mura di Tebe quando Zeus decise di intervenire facendolo sprofondare nell'Ade da vivo.

Batone, fedele servitore del padrone e orgoglioso di servirlo lo seguì anche in quest’avventura morendo con lui da vivo, dopo la sua morte ebbe un altare in attica.

Batto 1

Figlio di Polinnesto, discendente di Eufemo, uno degli Argonauti. Sua madre è Fronime, originaria di Creta. Batto è considerato fondatore della colonia di Cirene in Libia.
La matrigna di Fronime istigo Etearco, re di Creta, contro sua figlia mettendone in dubbio la moralità. Il re, tramite ricchi doni, ottenne da Temisone, un mercante di Tera, la promessa che avrebbe gettato in mare dalla sua nave Fronime. Temisone tenne fede alla promessa, ma legò una corda attorno alla giovinetta e dopo averla buttata in mare la issò nuovamente sulla tolda della nave. Essendosi così sdebitato verso Etearco, Temisone portò Fronime a Tera dove diventò la concubina di Polinnesto. Fronime diede alla luce Aristotele, secondo altri Aristeo, che fu soprannominato Batto perché balbettava. Quando Batto raggiunse la maggiore età, accompagnò Grinno, re di Tera, in un viaggio a Delfi; l'oracolo intimò a Grinno di fondare una colonia in Libia. Ma costui si disse troppo vecchio per un viaggio così faticoso e chiese all'oracolo di affidare a Batto questo compito. Per sette anni nulla fu fatto per ottemperare all'ordine e per tutto questo tempo non cadde pioggia su Tera. Consapevoli che la siccità era la punizione divina della loro inattività, le popolazioni dell'isola inviarono un'ambasciata nell'isola di Creta a informarsi se qualcuno sapeva dove si trovasse la Libia. Trovarono un uomo di nome Corobbio, un mercante di tinture la cui nave era stata trascinata da un uragano fino all'isola di Platea sulla costa libica. Lo assoldarono immediatamente e il mercante guidò un gruppo di coloni fino a Pletea; Batto tuttavia non si unì alla spedizione.
La colonia di Platea non prosperava e quando Batto si recò a Delfi per sapere come poteva guarire dalla balbuzie, l'oracolo gli ordinò di fondare una città in LIbia se voleva parlare normalmente. Le popolazioni di Tera inviarono Batto assieme ad un gruppo di coloni che però, una volta in vista della costa africana, fecero ritorno a Tera. Ne furono però scacciati a colpi di frecce e rispediti a Pletea dove si unirono ai coloni della prima ora.
La miseria tuttavia non lasciò Platea e quando i coloni ne domandarono il motivo all'oracolo di Delfi, fu loro risposto che la costa della Libia non era stata raggiunta. Batto, capita finalmente la lezione, guidò i suoi compagni di avventura ad Aziris, una località vicino a Platea ma sul continente, e lì si installarono. Tirarono avanti per sei anni senza raggiungere un grande benessere, poi gli autoctoni consigliarono loro di stabilire la colonia più a ovest, vicino a una sorgente sacra ad Apollo. Giunti là la profezia si compì e la colonia cominciò a prosperare; giunsero centinaia di nuovi coloni da ogni parte della Grecia. Batto, divenuto re della nuova città, si liberò della balbuzie quando incontrò un leone nella campagna intorno a Cirene. Lanciò un grido verso il felino che fuggì, e da quel momento Batto riuscì a parlare normalmente.
Questa versione ci giunge attraverso Erodoto. Pindaro vi fa riferimento in due odi Pitiche dedicate ad Arcesilao, discendente di Batto.

Batto 2

Vegliardo che, vicino a Menalo in Arcadia, vide Ermete il quale, nato soltanto il giorno prima, pascolava già una mandria appena rubata ad Apollo. Ermete lo vide e gli offrì una giovenca come prezzo del suo silenzio; Batto rispose che sarebbe restato muto come una pietra. Più tardi Ermete tornò a trovare Batto e, fingendo di cercare i suoi buoi, chiese se non avesse visto passare una mandria, promettendogli una ricompensa se l'avesdse aiutato a ritrovarla. Il vecchio non ebbe alcuno scrupolo di raccontare quanto aveva visto. Così Ermete lo trasformò in pietra come appunto lui stesso gli aveva suggerito con le sue parole.

Bauci

Moglie del vecchio e povero Filemone, abitava in un piccolo villaggio della Frigia. I due coniugi erano poveri contadini e vivevano insieme fin dal giorno del loro matrimonio. La vecchia coppia ospitò cortesemente Zeus ed Ermes che viaggiavano in incognito per quelle zone e sino a quel momento non avevano trovato altro che corruzione ed inospitalità.
I due vecchietti si adoprarono di preparare per i loro ospiti quanto possedevano, privandosi anche della loro unica oca e del pochissimo vino che avevano. Ma si accorsero che il boccale, a cui si era attinto tante volte, si riempiva da solo; turbati dal prodigio, Bauci e il timido Filemone furono presi dal terrore e con le mani alzate al cielo si misero a pregare, chiedendo venia per la povertà del cibo e della mensa. C'era un'unica oca, e loro erano pronti ad immolarla per quegli ospiti. Dopo aver consumato, nella capanna dei due vecchi, un pasto molto povero, i due visitatori si fecero riconoscere e condussero i due vecchi su una montagna, dicendo loro di guardarsi intorno. Filemone e Bauci videro allora tutto il paese sommerso dal diluvio, che aveva risparmiato la loro capanna, mutata in un bel tempio. Zeus chiese loro di formulare un desiderio che sarebbe stato appagato subito. Bauci e Filemone chiesero d'essere sacerdote e sacerdotessa e di custodire il tempio per i giorni che restavano loro da vivere, e di morire nello stesso istante affinché il sopravvissuto non avesse a patire il dolore per la morte dell'altro. Il desiderio fu esaudito: finché ebbero vita, custodirono il tempio. Ma un giorno mentre, sfiniti dallo scorrere degli anni, stavano davanti alla sacra gradinata, narrando la storia del luogo, Bauci si mutò in un tiglio, e Filemone in una quercia.

Baubo

Nella mitologia greca, Baubo o Baubò era il nome della sposa di Disaule, una antica divinità, definita dea dell'oscenità.

Non si hanno molte informazioni riguardanti la divinità, si può supporre che gli antichi greci si ispirarono a culture precedenti, soprattutto a quelle nelle quali erano presenti dee primitive, per così dire, archetipiche della sfera sessuale e della fertilità. Rammenta le divinità femminili neolitiche, misteriose nella loro incompiutezza corporale, talvolta manifestata da mutilazione negli arti e altre volte nel capo, ma indicanti segni di fertilità.

Demetra disperata per aver perso la figlia Persefone catturata e offerta come sposa al dio Ade, la cercava in continuazione triste e travestita in tutte le terre. Baubo, una vecchia, un giorno le apparve alla casa di Metanira e Celeo offri da bere alla dea e mostrò alzandosi in piedi il suo posteriore alla dea. Di fronte a tale spettacolo Demetra rimase impassibile ma Iacco, un bambino che accompagnava la dea rise di gusto riuscendo così a strappare alla madre di Persefone un sorriso, che fu il primo da quando la dea perse la figlia.

Secondo un'altra versione Baubo era una donna magica molto particolare, perché era priva di testa e parlava tramite la vagina. Intrattenne Demetra, disperata per la perdita della figlia, ballando in un modo alquanto esilarante e raccontando storie licenziose, e inoltre collaborò, assieme alla anziana Ecate ed al sole Elio, alla ricerca di Persefone, che alla fine fu rintracciata consentendo così al mondo di rifiorire nuovamente.

Baubò ebbe due figlie, Protonoe e Nisa , ed un figlio Eubuleo.

Bebricio


Nella mitologia greca, Bebricio era il nome di uno dei mitici re di Spagna ai tempi di Eracle.

I bebrici oltre ad essere la popolazione della Bitinia cui a capo vi era Amico, all’epoca indicava anche un popolo che si trovava ai lati nei Pirenei, Bebricio era uno dei re di quel popolo, il più famoso. Bebricio si ritrovò nel suo regno Eracle durante una delle sue fatiche, quando da solo stava facendo transitare l’immensa mandria di Gerione dopo averlo sconfitto. Bebricio non si intromise nell'impresa dell'eroe greco, lasciandolo passare tranquillamente.

Bellerofonte


Bellerofonte è un personaggio della mitologia greca, un eroe la cui impresa più grande fu quella di uccidere la Chimera, un mostro che Omero descrisse con la testa di un leone, il corpo di una capra e la coda di serpente.

Esiodo e altri autori tragici hanno immaginato che l'eroe fosse seduto a cavallo di Pegaso, ma nell'Iliade di Omero viene raffigurato senza il celebre cavallo alato.

Pindaro, nelle Olimpiche, (la versione maggiormente nota) lo affianca nuovamente a Pegaso, assegnando a taluni personaggi nome diverso rispetto alle versioni dei suoi contemporanei.

A seconda delle versioni, Bellerofonte era uno dei discendenti della famiglia reale che a quell’epoca dominava Efira, l’odierna città di Corinto. In realtà il suo vero nome, ovvero quello che gli venne imposto alla nascita, era Ipponoo, ma egli non poté conservarlo a lungo a causa del crimine che avrebbe commesso di lì a pochi anni.

Il nome di suo padre, secondo la versione più comune ed accettata, e anche quella riferita da Omero, è Glauco, il figlio di Sisifo, il quale aveva ricevuto alla morte dal padre il potere sulla città. Infatti Sisifo, il quale fu non solo il primo re di Corinto ma anche il suo fondatore, era stato punito dalle divinità a causa del suo comportamento di sfida e privo di timore degli dei.

Sua madre si chiamava invece Eurimede o Eurinome, a seconda delle leggende, e passava per essere la figlia del re di Megara, Niso, il re al quale Atena aveva conferito tutta la sua arte, lo spirito e la saggezza.

Diversa è l’ipotesi che dà invece Igino nelle sue Fabulae; egli infatti aggiunge nell’elenco dei figli di Poseidone anche il nome dell’eroe Bellerofonte, che il dio avrebbe avuto dalla stessa Eurinome, moglie di Glauco e figlia di Niso.

La stessa genealogia è riportata da Esiodo in suo frammento sui Cataloghi delle Donne: secondo il poeta greco il dio del mare giacque con la fanciulla nella casa del figlio di Sisifo, e qui la rese incinta dell’eroe.

Bellerofonte di Corinto, resosi colpevole dell'omicidio del fratello Deliade, giunse ospite presso Preto, re di Tirinto, sacerdote in grado di purificare le anime. Stenebea, moglie di Preto, si invaghì di lui, venendo però rifiutata.

Assetata di vendetta, la donna istigò il marito ad uccidere Bellerofonte, raccontandogli di essere stata sedotta da costui. Le leggi greche dell'ospitalità (la Xenia) impedivano però l'uccisione di un commensale; pertanto Preto inviò Bellerofonte da Iobate, re di Licia (e padre di Stenebea), con la scusa di consegnargli una lettera (che ne richiedeva, in realtà, l'uccisione). Anche Iobate però ospitò Bellerofonte, e per le solite leggi, non se la sentì di assassinarlo direttamente richiedendo, invece, al giovane di uccidere la Chimera, un mostro che sputava fiamme, con la testa di leone, il corpo di caprone e la coda di serpente.

Su consiglio di Polido, Bellerofonte rubò Pegaso a Zeus, con l'aiuto della dea Atena che gli diede una briglia d'oro, per mezzo della quale riuscì a domare il cavallo. Grazie a Pegaso, riuscì a gettare del piombo nella gola della Chimera, che, fondendosi, soffocò il mostro.

Iobate tentò nuovamente di mantenere la richiesta della missiva e chiese a Bellerofonte di combattere contro i Solimi e le alleate Amazzoni. Per mezzo di Pegaso, mise in fuga i nemici lanciando loro sassi.

Bellerofonte tornò da Iobate che, con ammirazione, gli mostrò il messaggio di Preto. Bellerofonte raccontò al re la verità. Il licio gli diede in sposa l'altra figlia, Filonoe, e divenne erede al trono.

L'orgoglio si impossessò di Bellerofonte: il forte desiderio di raggiungere l'Olimpo portò l'eroe ad essere disarcionato da Pegaso. Gli dei infatti, infastiditi dalla sua vanità, mandarono un tafano a pungere Pegaso. Bellerofonte sopravvisse alla lunga caduta, ma rimase solo e infermo fino alla morte.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:38
 
Top
view post Posted on 3/7/2010, 12:51     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Belo

Belo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Poseidone e Libia. Egli fu re dell'Egitto, padre di Egitto e Danao, e (solitamente) fratello gemello di Agenore.

Secondo Apollodoro (o meglio Pseudo-Apollodoro) Egitto e Danao erano fratelli gemelli e la loro madre era Anchinoe, figlia del dio-fiume Nilo.[1] Apollodoro sostiene che fu Euripide ad affermare che Belo ebbe altri due figli di nome Fineo e Cefeo. Belo regnò in Egitto, mentre Agenore regnò su Sidone e Tiro, in Fenicia. Egitto regnò sull'Arabia e poi assoggettò il territorio dei Melanpodi, e lo chiamò Egitto dal proprio nome, mentre Danao regnò sulla Libia.

Quando Belo morì i due figli Danao ed Egitto scatenarono una guerra per la successione al trono. Danao con le sue cinquanta figlie abbandonò l'Egitto per approdare nel Peloponneso dove fondò il regno di Argo.

Un altro Belo era re di Tiro, padre di Pigmalione, Barca, Didone ed Anna. Era figlio di Fenice e di conseguenza discendente di Giove. È nota la sua impresa di conquista dell'isola di Cipro dove fondò un regno.

Belone (mitologia)

Nella mitologia greca, Belone era il nome di un inventore secondo quando racconta Igino nelle sue Fabulae.

Belone scoprì l’uso dell’ago e lo diffuse nel mondo, tanto che come afferma sempre nel passo lo stesso termine “ago” deriva in greco dal suo nome.

Bentesicima

Nella mitologia greca, Bentesicima era il nome di uno dei figli di Posidone e di Anfitrite

Posidone, il dio dei mari, ebbe in un'altra relazione un figlio di nome Eumolpo da una donna figlia di Borea. La ragazza timorosa della possibile furia del padre gettò nelle acque il frutto della sua passione e il dio, guidando il flusso delle acque a suo piacimento, fece in modo che il pargolo giunse a Bentesicima che lo allevò benché in realtà fosse suo fratellastro dandogli una volta cresciuto una delle sue figlie in moglie, anche se non fu molto grato del gesto.

Bentesicima, regnante nell’antica Etiopia, aveva due fratelli Tritone e Roda.

Bentesicima era soltanto uno degli aspetti di Anfitrite, la più pericolosa.

Beoto

Beoto è un personaggio della mitologia greca e fratello di Eolo re dei venti, re eponimo della Beozia.

Come accade per altre personalità della mitologia greca, definire l'ascendenza di Beoto è difficile. Secondo la tradizione più diffusa Posidone e Melanippe-Arne, la figlia di Eolo il capostipite degli Eoli, ebbero due gemelli, Beoto ed Eolo. Pausania lo dice figlio di Itono, l'uomo-salice, re di Itone nella Ftiotide e Igino gli dà come madre tale Antiope, che prima di questo autore era personaggio sconosciuto, ed Elleno per fratello.

I gemelli furono allevati da un mandriano, tale Ippote, poiché Posidone non volle far sapere a Eolo di essere suo genero.

Nel frattempo Metaponto, re di Icaria, aveva minacciato di ripudiare sua moglie Teano, poiché era sterile. Teano allora si fece dare da Ippote i due gemelli, fingendo che fossero suoi. Metaponto ci credette. Sennonché nacquero a Teano davvero altri due gemelli, che però furono i meno amati da Metaponto. Teano, gelosa, tentò di uccidere Beoto ed Eolo con del veleno; ma questi, una volta accortisi, lo diedero da bere ai fratellastri.
Teano si trafisse il petto al vedere i suoi pargoli uccisi dallo stesso seno che li allattava.

Eolo e Beoto si rifugiarono dapprima da Ippote, ma poi, quando Metaponto seppe da Posidone com'erano andate veramente le cose, sposò Melanippe e adottò i due gemelli.

Dopo un periodo felice, Metaponto decise di ripudiare Melanippe e sposare tale Autolita, che i gemelli uccisero rosi dalla vergogna. Dovettero quindi scappare. Beoto tornò da suo nonno Eolo che gli affidò la parte meridionale del proprio regno, la Beozia, dove sorsero i Beoti.

Beroe


Nella mitologia greca, Beroe era il nome di diverse figure di cui si raccontano all’epoca grazie ai vari mitografi.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Beroe, nutrice di Semele, una ninfa;
* Beroe, il nome di una delle nereidi;
* Beroe, uno dei tanti nomi di Amimona;
* Beroe, moglie di Dorico;
* Beroe, fondatrice di Berea, in Tracia, ed è figlia di Afrodite e di Adone.

Beroe nutrice di Semele


Zeus un giorno decise di sedurre Semele, la cui nutrice era Beroe. Il padre degli dei decise di trasformarsi proprio in Beroe per potersi avvicinare senza destare sospetti.

Anche sua moglie Era si trasformò in Beroe e chiese a Seleno di far rivelare la sua vera forma al primo finto Beroe.

Beroe moglie di Dorico


Beroe era un donna anziana che viveva a Troia. Iride, una delle tante dee, decisa a non voler far ritornare in patria Enea la sfruttò per bruciare completamente grazie all’aiuto delle donne del luogo, la sua flotta.

Bia (mitologia)

Bia nella mitologia greca è la personificazione della potenza e della violenza.

Figlia di Stige, una delle Oceanine, e del Titano Pallante, è la sorella di Cratos (la potenza), di Zelos (l'ardore) e di Nike (la vittoria).

Con i fratelli si alleò con Zeus nella lotta contro i Titani. Viene citata insieme a Cratos da Eschilo nel Prometeo incatenato, dove viene incaricata di incatenare Prometeo ad una rupe. È la guardia del corpo del padre degli dei.

Biante (mitologia)

Nella mitologia greca, Biante (mitologia) era il nome di uno dei figli di Amitaone e di Idomene , figlia di Fere.

Biante aveva un fratello con cui lavorava sempre insieme, Melampo, con il quale un giorno decise di rubare la mandria di Filaco. Tale mandria gli serviva per sposare Pero la figlia di Neleo, senza la quale non avrebbe mai acconsentito alle nozze. Biante infatti si era innamorato della ragazza, e grazie al fratello riuscì a sposarla ancora vergine.

In seguito Biante aiuto Melampo, in un'altra impresa a catturare e a far rinsanire un gruppo di ragazze che erano impazzite, alla fine visto la morte di Pero, Biante trovò nuova moglie in una delle ragazze che guarì, Ifianassa.

Biante di Priene fu anche il nome di uno dei sette savi dell’epoca greca. Viveva all’epoca in cui Aliatte era il re della Lidia e anche quando gli successe suo figlio Creso. Si presume fosse vissuto intorno al VI sec. AC.

Biblide (mitologia)

Nella mitologia greca, Biblide era il nome di uno dei figli di Mileto e di Ciane.

Biblide una volta cresciuta provò un'attrazione innaturale per suo fratello Cauno, non riuscendo a resistere ai suoi sentimenti si confessò e cercò di prendere con la forza il parente che rifiutava il suo amore. Cauno fuggì inseguito dalla sorella, scappò per mari e per monti. Biblide lo inseguì in tanti paesi fra cui la Lidia, ma alla fine cadde esausta in lacrime per non aver ricevuto l’amore sperato. Gli dei ebbero pietà della donna e la trasformarono in una fonte.

Nella fontana greco-romana che sorge a Gallipoli appare su una facciata in un bassorilievo una scena che riguarda Biblide.

Bisalte

Nella mitologia greca, Bisalte era il nome di uno dei figli di Elio e di Gea.

Bisalte era un re a seconda dei vari miti della Macedonia o della Tracia, ebbe una figlia di nome Teofane. Dall’unione di quest’ultima da Posidone, entrambi durante il concepimento in forma animale, nacque l’ariete dal vello d'oro, obiettivo in seguito di Giasone e gli Argonauti.

Bitone

Bitone e Cleobi, due giovani argivi, erano i figli di Cidippe, sacerdotessa di Era.
Cidippe aveva mandato i buoi al pascolo ed essi, poiché erano morti, non erano tornati in tempo per il momento in cui bisognava iniziare la processione che conduceva al tempio di Giunone sull'Acropoli. Se la processione non fosse avvenuta nel momento esatto, la sacerdotessa sarebbe stata messa a morte. Bitone e Cleobi, indossati i finimenti, si sottoposero al giogo in luogo dei buoi e condussero la madre Cidippe e gli arredi sacri sul carro sino al tempio, per una distanza di circa cinque miglia. Commossa per tanta devozione filiale, Cidippe invocò la dea affinché conceddesse ai due giovani il dono migliore che concedere si possa ai mortali. Quando furono celebrati i riti, Bitone e Cleobi si addormentarono nel tempio, per non svegliarsi mai più.
Da questo, Cidippe capì che per noi poveri mortali nulla è meglio della morte, e perciò si suicidò.

Bizante

Nella mitologia greca, Bizante o Bisante era il nome di uno dei figli di Posidone, ed è considerato il mitico fondatore di Bisanzio.

Posidone, il dio dei mari, figlio di Zeus, ebbe tanti figli durante la sua esistenza, uno di essi fu l’eroe greco Bizante. Egli si pose a capo di varie spedizioni finché riuscì, dopo quella di Megaresi, a fondare una colonia che presto si allargò fino a creare Bisanzio
Interpretazione e realtà storica [modifica]

I mitografi moderni sono riusciti a datare l’evento che pose l’inizio della fondazione di Bisanzio, ponendolo intorno alla metà del secolo VII AC.

Bize (Mitologia)

Nella mitologia greca, Bize era il nome di uno delle figlie di Erasino .

Erasino, una delle divinità minori dell’antica Grecia, un dio fluviale ebbe una figlia tale Bize, che una volta cresciuta fu ben felice di ospitare in casa sua, che si trovava ad Argo, Britomarte, una ninfa che stava fuggendo dall’ amore di Minosse re di Creta. La donna dopo quella sosta riprese la sua tragica fuga ringraziando Bize.

Bona dea

E' una divinità romana poco conosciuta, che veniva identificata con Fauna. Con Fauno costituiva una delle più antiche coppie della mitologia indigena del Lazio; al tempo stesso proteggeva la pastorizia e i boschi e prediceva l'avvenire. Dal suo culto erano esclusi gli uomini, mentre a quello di Fauno non potevano partecipare le donne.
Secondo una versione suo padre, Fauno, voleva unirsi incestuosamente a lei e per ottenere lo scopo la fece ubriacare. Ciononostante si rifiutò di unirsi al padre che la fece flagellare con verghe di mirto. Allora, per realizzare il suo desiderio, il padre si trasformò in serpente e riuscì a unirsi a lei. Per questo motivo il vino e il mirto sono esclusi, quanto meno col loro vero nome, dal suo culto.
Un'altra versione fa di Bona Dea la moglie di Fauno, una moglie abile in tutte le arti domestiche e molto pudica, al punto da non uscire dalla propria camera e da non vedere altro uomo che suo marito. Un giorno, trovò una brocca di vino, la bevve e si ubriacò. Suo marito la castigò a tal punto con verghe di mirto ch'ella ne morì. Preso dai rimorsi, egli le tributò onori divini. A Roma, Bona Dea aveva il santuario sotto l'Aventino, e qui, in un bosco sacro, le donne e le ragazze celebravano ogni anno misteri "della Bona Dea", dai quali erano esclusi gli uomini. Si racconta che Ercole abbia un giorno domandato invano del vino ad alcune donne che trovò intente nella celebrazione dei misteri della "buona dea". Per quel rifiuto proibì a sua volta alle donne di assistere ai propri riti al Grande Altare che aveva eretto a Roma.

Borea

Nella mitologia greca Borea è la personificazione del Vento del nord, figlio del titano Astreo e di Eos, dea dell'aurora, e fratello di Noto, Apeliote e Zefiro.

Viene raffigurato come un uomo barbuto alato, con due volti e con la chioma fluente.

Borea si innamorò di Orizia, figlia del re Eretteo e la rapì. Da lei ebbe Calaide e Zete, che parteciparono alla spedizione degli Argonauti alla ricerca del vello d'oro, e Cleopatra.

In ricordo del presunto aiuto dato da Borea nella Battaglia di Capo Artemisio agli Ateniesi per sconfiggere la flotta persiana, furono istituite le Boreasmi, feste in suo onore.

Nella mitologia romana equivale ad Aquilone.

Boreadi

I due figli gemelli, Calaide e Zete, di Borea e di Orizia, figlia d'Oretteo re di Atene. I due giovani erano alati: secondo alcuni, le ali erano attaccate ai talloni, secondo altri uscivano dai fianchi, come negli uccelli. Calaide era "colui che soffia dolcemente", e Zete "colui che soffia forte".
Parteciparono alla spedizione degli Argonauti, e svolsero una funzione importante quando la nave Argo approdò a Salmidesso nella Tracia orientale, dove regnava il veggente Fineo, figlio di Agenore. Qui Giasone chiese a Fineo come avrebbe potuto impossessarsi del Vello d'Oro, e il re rispose: "Prima liberami dalle Arpie!". Questi demoni alati, infatti, lo tormentavano in tutte le maniere, sottraendogli il cibo o sporcandolo man mano ch'egli tentava di mangiare. Calaide e Zete, dunque, si levarono con la spada in mano e inseguirono le Arpie nell'aria facendole fuggire lontano, al di là del mare. Alcuni dicono che essi raggiunsero le Arpie alle isole Strofadi, ma risparmiarono le loro vite quando Iride, messaggera di Era, intervenne e promise che le Arpie sarebbero ritornate alla loro caverna del Ditte in Creta e mai più avrebbero molestato Fineo.
Un'altra variante della leggenda vuole che quando gli Argonauti passarono dalla corte di Fineo, i Boreadi punirono Fineo, il quale aveva ucciso i figli avuti dalla loro sorella Cleopatra. Anche sulla loro morte le tradiizioni sono discordi: secondo alcuni, non poterono affrontare le Arpie, e morirono sulla via del ritorno; ma per lo più si racconta che parteciparono a tutta la spedizione degli Argonauti, e si trovarono presenti ai giochi funebri dati in onore di Pelia. Qui ottennero il premio nella corsa. Ma, ben presto, furono uccisi da Eracle, che non perdonava loro d'aver consigliato agli Argonauti di abbandonarlo in Misia, allorché si era attardato nella ricerca d'Ila. Mentre tornavano dai funerali di Pelia, l'eroe li scoprì, nell'isola di Teno, e li uccise. Innalzò loro due stele che vibravano ogni volta che il Vento del nord soffiava sull'isola.


Boro
(mitologia)

Nella mitologia greca, Boro era il nome di diversi personaggi legati ognuno al mito della guerra di Troia.

Durante la guerra combattuta fra i due regni di Grecia e di Troia ritroviamo sotto tale nome:

* Boro, abitante della Meonia e padre del guerriero Festo che in battaglia venne ucciso da Idomeneo;
* Boro, figlio di Periere e marito di Polidora la donna che dal dio Spercheo ebbe Menestio.

Nella mitologia greca spesso apparivano casi di padri putativi dove in realtà i figli nascondevano origine divine e quindi spesso tradimenti. Menestio era dunque il nipote di Achille.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:44
 
Top
view post Posted on 4/7/2010, 12:47     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Branco (mitologia)

Nella mitologia greca, Branco era il nome di diversi personaggi all’epoca del mito.

Vi sono diverse versioni della storia Branco:

* Secondo la leggenda che vede Branco come figlio di Apollo, egli nacque da una donna che, già incinta, disse di aver sognato che il sole le entrava dalla gola e le usciva dal ventre. Una volta divenuto grande il fanciullo avrebbe incontrato il padre che, dopo averlo abbracciato, gli diede uno scettro e una corona.
* Un'altra leggenda vuole che Branco fosse un capraro o comunque un pastore, di cui Apollo si era invaghito e a cui aveva dato il dono di profetizzare. In seguito il giovane mortale eresse ad Apollo un tempio a Didimo.
* Branco, marito di Argiope e padre di Cercione.

Branga

Nella mitologia greca, Branga era il nome di una delle divinità dei fiumi, fratello di Olinto

Nell’antica Grecia si credeva che ogni fiume anche il più piccolo fosse governato da un dio, nella Tracia, grande regione della Grecia vi era un fiume e il suo dio Branga. Olinto durante una battuta di caccia venne ucciso e suo fratello per celebrare la morte del parente gli eresse un tumulo. Branga non si sentì tuttavia soddisfatto e costruì vicino al luogo della morte una città che chiamò in onore di Olinto.

Bremusa

Nella mitologia greca, Bremusa è il nome di un'Amazzone che faceva parte del contingente con il quale Pentesilea, regina delle Amazzoni, prestò soccorso ai Troiani dopo la morte di Ettore. È ricordata da Quinto Smirneo nel libro I del Posthomerica.

Bremusa era una delle dodici fanciulle guerriere che accompagnarono la loro sovrana Pentesilea, figlia di Ares, presso la città di Priamo, allorché la regina dovette purificarsi per l'omicidio involontario della sorella Ippolita. Pentesilea e il suo contingente di Amazzoni pervennero a Troia nel momento in cui in città vi era lutto per la morte di Ettore, abbattuto da Achille. Alla loro vista, l'anziano Priamo avvertì un leggero sentimento di sollievo che lo distrasse dalla perdita del figlio e provvide a ricompensare Pentesilea con grandi doni.

Nella guerra di Troia


Dopo una notte di riposo nella reggia del sovrano, Pentesilea condusse le Amazzoni in campo aperto per affrontare gli Achei e ricacciarli verso le loro navi. Nello scontro che seguì, la regina delle Amazzoni fece strage di avversari ma perdette una dopo l'altra tutte le compagne che facevano parte del suo contingente.

Bremusa, che pure si batteva con valore nella mischia, venne trafitta alla mammella destra dalla lancia di Idomeneo, che la privò così della vita; lanciando un ultimo gemito, l'Amazzone si accasciò al suolo rendendo l'anima, come, riporta Quinto Smirneo, un albero di frassino che è abbattuto dalla scure di un boscaiolo che cade con un secco rimbombo.

Brento

Nella mitologia greca, Brento era il nome di uno dei figli di Eracle e di Balezia

Eracle l’eroe che compì le dodici fatiche, ebbe nella sua vita molte compagne e con loro ebbe molti figli. Fra essi, chiamati eraclidi vi fu Brento.

Brento, come altri figli dell’eroe decise di viaggiare alla volta dell’Italia diventando l’eroe e il fondatore di Brindisi.

Brento a volte viene confuso con Bretto eroe dei Bretti.

Briareo

Uno dei Titani, figlio di Gèa (la terra) e di Urano (il cielo). Talvolta è detto figlio di Poseidone. Aveva cento braccia tutte armate e dalle bocche delle sue cinquanta teste vomitava fiamme e fumo.
Briareo, con i fratelli Gige e Cotto, partecipò alla lotta contro i Titani come alleato degli Olimpici. Una volta che questi ultimi vinsero e i Titani furono rinchiusi nel Tartaro, Briareo e i suoi due fratelli furono incaricati di sorvegliare i Titani nella loro prigione sotterranea.
Quando Era, Poseidone, Apollo e tutti gli altri olimpi, a eccezione di Estia, si ribellarono contro Zeus e lo legarono al letto con corde di cuoio, annodate cento volte, cosicché non si potesse più muovere, la nereide Teti, prevedendo una guerra civile sull'Olimpo, andò a chiamare il centimane Briareo che rapidamente sciolse tutti i nodi, servendosi di tutte le sue mani, e liberò il suo padrone. Poiché la congiura contro di lui era stata organizzata da Era, Zeus appese la dea al cielo fissandole due bracciali d'oro ai polsi, e le legò un'incudine a ogni caviglia. Briareo fu ricompensato da Zeus con la mano di Cimopole; gli fu anche richiesto di fare da arbitro in una contesa per il possesso di Corinto: attribuì a Elio Corinto e a Poseidone il resto della città.
Omero nell'Iliade lo chiama anche Egeone.

Brise

Nella mitologia greca, Brise (o, alternativamente, Briseo) era un sacerdote di Apollo (o di Dioniso, secondo altre versioni) residente a Lirnesso, una città dell'Asia Minore. È conosciuto soprattutto per essere il padre di Ippodamia, la quale proprio da lui ricevette il patronimico di Briseide.

Brise era un sacerdote di Apollo al tempo della guerra di Troia e abitava a Lirnesso, un'antica città dell'Asia Minore, a quel tempo governata dai fratelli Minete ed Epistrofo, figli di Eveno. Era il fratello di Crise, un sacerdote troiano, ed anche era padre di due figli: Ippodamia e un certo Eezione (da non confondere con l'eroe omonimo). Una tradizione contrastante, riportata da Ditti Cretese, afferma che Brise era il re dei Lelegi, in Caria, e che da una moglie di cui non si conosce il nome aveva avuto un'unica figlia, Ippodamia.

La morte


Il sacerdote viveva tranquillamente nella sua città, fino al tempo dello scoppio della guerra di Troia, nel momento in cui Enea, l'eroe troiano, inseguito da Achille, trovò rifugio a Lirnesso. L'eroe greco, inesorabile e deciso a uccidere il nemico, assediò la città e, in poco tempo, grazie al suo contingente di Mirmidoni, la conquistò e fece strage degli abitanti. Minete, il marito di Ippodamia, venne ucciso brutalmente dall'eroe, mentre il fratello Epistrofo subiva la sua stessa tragica sorte. Brise stesso oppose invano resistenza ad Achille ma, alla vista della sua casa ridotta in macerie, disperato, decise di impiccarsi. La figlia Ippodamia, presa in ostaggio dall'eroe, divenne in seguito la sua schiava preferita.

Briseide

Briseide è il patronimico usato da Omero nell'Iliade per Ippodamia, nativa di Lirnesso, figlia di Briseo, sacerdote troiano di Zeus.

Durante la guerra di Troia, Achille la catturò e la prese come schiava e amante, dopo aver ucciso il marito di lei, Minete, re di Cilicia.

A sua volta Agamennone catturò la cugina Criseide, figlia di Crise, sacerdote di Apollo, ma quando il dio scatenò una pestilenza sul campo degli Achei, i capi greci lo costrinsero a rendere Criseide. Agamennone accettò, ma volle in cambio Briseide.

Lo scambio provocò l'ira furibonda (l'ira funesta) di Achille, che abbandonò gli scontri. Agamennone tentò di restituire la schiava, insieme a del denaro, ma Achille non volle sentire ragioni.

Briseide diede ad Agamennone un figlio, che fu chiamato Aleso.

Britomarti

Nella mitologia greca, Britomarti (letteralmente "dolce fanciulla") di Cortina figlia di Latona, aiutava Artemide nella caccia, ed era una delle donne di cui era innamorato Minosse. Tuttavia nella versione più comune, Britomarti è figlia di Zeus e di Carme.

Britomarti era una delle compagne di Artemide, le teneva i cani al guinzaglio e con la sua inventiva creò le reti per cacciare.

Minosse, re di Creta, aveva avuto molte amanti nel corso della sua vita. La sua preferita era Britomarti. La ragazza fuggì dal re nascondendosi in un bosco pieno di querce, ma per nove mesi le diede la caccia per monti e per valli, fino a quando disperata si gettò a mare e venne salvata da un gruppo di pescatori.

Era considerata la dea della fertilità cretese. Essa appare anche collegata al culto della Luna, e viene identificata dai mitografi come una variante del mito della Dea Madre. La sua figura venne in seguito a confondersi con quella di Artemide, la dea della caccia.

Brizo

Nella mitologia greca, Brizo o Brizò era il nome delle divinità del sonno.

Brizo era il nome di una divinità minore del sonno venerata dalle donne di Delo. La dea forniva indicazioni precise in sogno sulla pesca e sulla navigazione. Per via di questa particolarità si pensava che fosse anche una dea protettrice della navigazione.

Come doni alla dea le donne offrivano piccole creazioni manuali, dei piccoli modelli che raffiguravano delle imbarcazioni. Il suo significato è “colei che placa”.

Bromie

Nella mitologia greca, Bromie o Brome era il nome di una delle ninfe della Nisia.

Dionisio, il dio del vino, quando era un pargolo venne affidato alle cure delle ninfe, fra cui Bromie. In seguito divenne una delle Iadi, una stella nel cielo.

Bromio

Bromio è un personaggio della mitologia greca, uno dei dodici figli di Egitto e della ninfa Caliadne. Sposò Erato, una delle dodici figlie di Danao e della ninfa Polisso, dalla quale venne assassinato la prima notte di nozze.

Brotea

Nella mitologia greca, Brotea era il nome di uno dei figli di Tantalo.

Brotea era un abilissimo cacciatore ma era tanto fiducioso nelle proprie abilità che poco ringraziava gli dei, in particolare Artemide, la dea della caccia. La sorella di Apollo si infuriò e punì Brotea facendolo impazzire, allora l’uomo si convinse di essere invulnerabile al fuoco e si gettò dentro il primo incendio che gli si parò davanti, morendo.

Bucolione

Nella mitologia greca, Bucolione era il nome del primo figlio di Laomedonte, re di Troia.

La madre di Bucolione nascose a Laomedonte la nascita del figlio, il quale, dunque, crebbe senza conoscere la propria identità. Fu un umile pecoraio.

Ebbe due gemelli, Pedaso ed Esepo, dalla naiade Abarbarea, che gli si unì in amplesso amoroso, mentre pascolava il suo gregge. I due parteciparono alla guerra di Troia, dove trovarono la morte per mano di Diomede.

Bucolo

Nella mitologia greca, Bucolo era il nome di diversi personaggi di cui si racconta nel mito, fra cui uno dei figli di Colono di Tanagra

Bucolo uccise insieme ai suoi fratelli Eunosto per colpa della loro sorella Ocna. La sorella non riuscendo ad ottenere l’amore del ragazzo si inventò che da lui fosse stata maltrattata e lamentandosi con i suoi parenti ottenne l’omicidio dell’amato. Bucolo fu catturato dal padre del morto, Elieo e lo cacciò insieme agli altri che commisero il misfatto.

Bucolo significa bovaro.

Bufago


Nella mitologia greca, Bufago era il nome di uno dei figli di Giapeto e di Tornace.

Bufago , il cui nome significa mangiatore di buoi, sposò Promne e curò, a dispetto dei suoi modi di fare quasi incivili, Ificle il fratello di Eracle, quando venne ferito in battaglia, anche se la sua morte avvenne lo stesso. In seguito il suo carattere divenne ancora più insopportabile arrivando ad importunare anche le divinità fra cui Artemide che infuriata lo uccise.

Bugono

Nella mitologia greca, Bugono o Bunomo era il nome di uno dei figli di Elena e di Paride

Dopo il rapimento della bella Elena ad opera di Paride, uno dei principi troiani, i due amanti ebbero diversi figli fra cui Bugono.

Bugono insieme ai suoi fratelli era ancora in fasce quando scoppiò la guerra di Troia, dove i greci reclamavano la donna, durante le varie battaglie la città fu scossa e durante una di essere il soffitto della casa dove Bugono risiedeva non resistette agli urti crollando e uccidendo l’infante.

Buli

Nella mitologia greca, Buli era il nome di una ragazza della Tessaglia di cui si racconta nel mito.

Buli ebbe un figlio, di nome Egipio che sedusse una donna, ma il figlio di costei, Neofrone decise di vendicarsi. L’uomo riuscì a sedurre Buli e la portò proprio dove Egipio si incontrava solitamente con la sua amante. I due non si riconobbero e si amarono, quando compresero cosa ebbero fatto cercarono di uccidersi ma il padre degli dei li trasformò prima che potessero compiere tale gesto in uccelli.

Buno


Nella mitologia greca, Buno era il nome di uno dei regnanti di Corinto, figlio di Ermes e di Alcidamia.

Eete, futuro re dell’intera Colchide regnava all’inizio su Corinto, grande città, ma lui stanco di quel luogo si mosse in cerca di gloria e conquiste.

Buno, uno degli uomini fidati di Eete fu posto come provvisorio reggente della città, una carica che Eete non ricoprì mai più, emigrato per sempre nella Colchide.

Busiride

Nella mitologia greca, Busiride era il nome di uno dei figli di Posidone e Lisianassa.

Busiride, figlio del dio dei mari e fratello di Anteo, era uno dei più crudeli re dell’antico Egitto, che usava divertirsi, con la scusa della devozione al padre degli dei, trovando ogni anno un forestiero da sacrificare a Zeus. Il divino non ha mai amato in realtà i sacrifici umani e suo figlio Eracle pose fine alla tirannia di Busiride uccidendolo.

Bute (figlio di Borea)

Bute, fu figlio di Borea.

Cacciato dal fratello Licurgo, occupò l'isola di Stromboli. Durante una festa di Dionisio in Tessaglia, violando i doveri della xenia, l'ospitalità rituale dei greci, rapì Coronide, e la costrinse a sposarlo. Per punirlo, Coronide ottenne da Dionisio di farlo impazzire. Si getto così in un pozza ed annegò.

Bute l'apicoltore

Nella mitologia greca, Bute l’apicoltore, figlio di Pandione, e Zeusippe, era uno degli Argonauti.

Omonimia


Spesso Bute viene confuso con Bute figlio di Borea.

Bute era uno dei quattro figli di Pandione, re di Atene. Gli altri erano: il suo gemello Eretteo, Procne e Filomela. Era considerato il più grande apicoltore dell’antichità.

Quando il padre morì, Bute scelse di officiare come sacerdote di Atena e Poseidone, mentre il potere andò al suo fratello. In seguito sposò la figlia di suo fratello Eretteo, Ctonia.

Da lui derivò la stirpe sacerdotale dei Butadi.

Gli Argonauti


Durante la spedizione degli Argonauti, quando Giasone, recuperato il vello d'oro stava per fare ritorno, si trovò ad affiancare l’isola delle sirene.

Già il canto magico delle creature stava per ammaliare l’equipaggio quando Orfeo, il mitico cantore, intonò una melodia ancora più affascinante.

Fra tutti, il solo Bute si gettò in mare ma venne tratto in salvo da Afrodite che, per ingelosire il bell’Adone, passò molte notti con lui sul Lilibeo, facendo di lui il suo amante. Da lui ebbe Erice, futuro ottimo pugile e re della Sicilia. Bute ebbe anche un'altra figlia, Didamia.

Buzige

Nella mitologia greca, Buzige era il nome di diversi personaggi del mito.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Buzige (o Budea), principessa beota, madre di Ergino;

* Buzige, il legislatore ateniese.

Buzige, il legislatore ateniese

Buzige era un inventore che creò il giogo con il quale per primo riuscì a domare i tori, diventò un legislatore e fra le leggi che stilò ci fu quella del divieto di uccidere gli animali che potevano essere preziosi per l’agricoltura, quali tori e buoi.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 15:51
 
Top
view post Posted on 6/7/2010, 20:50     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


C




Caanto

Nella mitologia greca, Caanto era il nome di uno dei figli di Oceano, ed era anche il fratello di Melia.

Il divino Oceano non trovando più sua figlia ordinò a Caanto di ritrovarla. Lui si mise alla ricerca trovandola alla fine a Tebe in compagnia del dio Apollo, la sorella era infatti diventata una delle sue amanti. Spaventato nel dover affrontare un abitante dell’olimpo cercò di trovare un altro modo per separare i due amanti: decise quindi di bruciare il recinto cercando di distrarre il figlio di Zeus ma non poté sfuggire all’ira della divinità e trovò la morte per mano di una freccia.

Il luogo dove si svolse la vicenda prese successivamente il nome Imenio e si costruì un santuario. Caanto su seppellito vicino alla sorgente di Ares, proprio a Tebe.

Cabarno


Nella mitologia greca, Cabarno era un abitante della città di Paro caro a Demetra.

La divina Demetra aveva una figlia chiamata Persefone che non riusciva più a ritrovare, si mise alla sua ricerca nel mondo intero fin quando arrivata in un'isola Cabarno riuscì ad informarla della verità. Infatti egli aveva le prove che sua figlia era stata rapita in precedenza da un altro dio, Ade, la divinità degli inferi. La dea fu molto grata per l’informazione rendendo Cabarno suo sacerdote.

Da Cabarno discendono i Cabarni, i sacerdoti di Paro che dovevano presenziare alle cerimonie in favore della dea, inoltre secondo altre fonti il nome della stessa isola cambiò nome in Kabarnis.

Cabeiro

Nella mitologia greca, Cabeirò o Cabeiro o Cabiro era il nome di una delle figlie di Proteo e di Anchinoe.

Viveva a Lemno, isola frequentata dal dio dell'ingegno Efesto. La divinità si innamorò di lei e la fece sua amante. Da tale unione nacque un figlio, tale Cadmino e dalla sua progenie discesero i Cabiri, divinità adorate in tempi antichi in vari luoghi.

Cabiri

Antiche divinità minori e misteriose onorate in Grecia, ma non elleniche. Alcuni considerarono i Cabiri di origine fenicia, ma questa teoria non è confermata dalle recenti ricerche; pare nel vero l'ipotesi della loro origine frigia. Si discusse sulla loro natura: Dèi della fertilità, o divinità sotterranee, o Dèi del mare protettori dei marinai che li invocavano nelle tempeste. La loro natura sotterranea è confermata dal rito fallico e dalla presenza di fosse sacrificali a Samotracia e a Tebe. Il centro del loro culto era Samotracia dove erano celebrati dei misteri; influenze orfiche si rilevarono a Tebe; il culto però si trova anche in altre isole come Lemno e in Asia Minore, a Pergamo e a Mileto. E' inesatta la notizia di Pausania che il loro culto a Tebe fosse fondato da Atene. I Greci li assimilarono ai Coribanti e ai Cureti, e nell'età ellenica ai Dioscuri. Presso i Romani furono assimilati a Dardano e a Enea, ai Penati, alla triade Giove, Minerva e Mercurio. A Samotracia furono protetti dai Tolomei e poi da Roma. Il loro numero variava, ma la tradizione ci conservò quattro nomi: Axiero, Axiocersa, Axiocerso e Cadmilo. Avevano figlie e sorelle, le Cabiridi; in loro onore si celebravano le feste Cabirie.

Caco

Enorme e orribile pastore con tre teste, figlio di Efesto e di Medusa. Era il terrore della foresta dell'Aventino e sputava fiamme da ciascuna delle sue tre bocche. Crani e membra umane erano inchiodati alle travi di sostegno della grotta, e il suolo biancheggiava delle ossa delle sue vittime.
Quando Eracle giunse sulle rive dell'Albula, in seguito chiamato Tevere, fu accolto da re Evandro, un esule dall'Arcadia, che regnava a Palanteo, la futura Roma (allora semplice villaggio di pastori sul Palatino). Alla sera attraversò il fiume a nuoto, spingendosi dinanzi a sé la mandria, e si sdraiò sulla riva erbosa per riposare. Mentre Eracle dormiva, Caco rubò due dei più bei tori della mandria e quattro manzi, che trascinò nella sua grotta tirandoli per la coda, costringendoli così a camminare all'indietro per non lasciare tracce.
Alle prime luci dell'alba, Eracle si destò e subito s'accorse che alcuni capi di bestiame erano spariti. Dopo averli cercati invano, fu costretto a riprendere il cammino col resto della mandria, ma ecco che uno dei manzi rubati muggì lamentosamente. Eracle, seguendo quel muggito, giunse alla grotta di Caco, ma la trovò sbarrata da un masso che dieci coppie di buoi avrebbero a mala pena smosso. Eracle lo spostò come se si trattase di un ciottolo e, senza arretrare dinanzi al fumo e alle fiamme che Caco stava ora vomitando, lo agguantò e gli maciullò il viso.
Con l'aiuto di re Evandro, Eracle poi innalzò un altare a Giove Inventore, cui sacrificò uno dei tori ricuperati, e in seguito organizzò anche il proprio culto. Il re Evandro lo ringraziò per aver liberato il paese da un devastare come Caco e gli promise che il Cielo l'avrebbe ricompensato accordandogli onori divini.
I Romani tuttavia raccontano questa storia in modo da rivendicarne la gloria: secondo loro non fu Eracle che uccise Caco e offrì sacrifici a Zeus, ma un mandriano gigantesco chiamato Garano o Recarano, alleato di Eracle.

Cadmo

Cadmo è una figura della mitologia greca, figlio di Agenore re di Tiro e di Telefassa e fratello di Europa. È considerato il fondatore della città greca di Tebe

Quando la sorella Europa venne rapita da Zeus, il padre Agenore lo inviò coi fratelli Fenice e Cilice, alla sua ricerca, ordinando di non tornare prima d'averla trovata.

Cadmo iniziò recandosi presso l'oracolo di Delfi per avere consiglio. L'oracolo gli suggerì di interrompere la ricerca, poiché sarebbe stato il fondatore di una nuova città. Avrebbe dovuto seguire una vacca e, quand'essa si fosse fermata, lì edificare la città.

Dì lì a poco Cadmo e i suoi compagni incrociarono una vacca diretta ad oriente e la seguirono. L'animale si fermò solo al centro della Beozia: qui Cadmo decise di edificare la città. Nel frattempo volle sacrificare la vacca alla dea Atena, ma nel mentre i suoi compagni stavano per attingere l'acqua d'una sorgente lì vicina, il drago che la custodiva li attaccò.

Cadmo accorse e riuscì ad uccidere il mostro, ma i suoi compagni erano tutti morti. Rimasto da solo, Cadmo decise di portare a termine comunque il sacrificio. Atena, per riconoscenza, gli comparve e gli suggerì di seminare i denti del drago. Cadmo lo fece e d'un tratto da ogni dente spuntò un uomo armato (gli spartani)

Cadmo lanciò astutamente dei sassi tra di loro, che credendosi assaliti si scagliarono l'uno contro l'altro. Ne sopravvissero solo cinque, che aiutarono Cadmo a costruire la "Cadmea", la rocca della nuova città di Tebe.

Cadmo sposò Armonia, figlia di Ares e Afrodite, e al matrimonio fu presente l'intero Olimpo.

Dall'unione tra Cadmo e Armonia nacquero quattro bambine: Ino, Agave, Autonoe e Semele. Una di loro, Agave, sposò Echione (uno degli sparti) ed il loro figlio, Penteo, in seguito ereditò il regno del nonno Cadmo.

In vecchiaia Cadmo e Armonia, quando Dioniso distrusse la casa reale (vedi Menadi), furono esiliati in Illiria dove furono trasformati in serpenti.

* Al suo nome è in qualche modo collegata l'origine di un'antica espressione proverbiale: vittoria cadmea
* Cadmo è anche il nome di un famoso boia al tempo di Orazio (Satire 1, 6, verso 39)
* Nell'Universo fumettistico della DC Comics esiste un progetto che porta il nome di Cadmo: il Progetto Cadmus. Il nome deriva dal personaggio di Cadmo, in quanto negli stabilimenti del Progetto vi si creano dei cloni umani geneticamente modificati con DNA alieno per poterne svilupparne i poteri metaumani.

Cafauro

Nella mitologia greca, Cafauro era un pastore figlio di Garamante e di una ninfa lacustre.

Cafauro discendente di Acacallide e Apollo, pascolava come sempre con il suo gregge in Libia, quando Canto, un argonauta che come gli altri durante le loro avventure erano rimasti senza cibo, affamato cercò di sottrargliene un paio. Lui si accorse del tentativo del furto e attaccò l’affamato uccidendolo. Gli altri argonauti appena si resero conto dell’omicidio subito vendicarono l’amico uccidendo il pastore.

Cafira

Nella mitologia greca, Cafira o Cafeira era il nome di una delle figlie di Oceano.

Cafira insieme ai Telchini ebbe come compito quello di badare a Poseidone, il dio dei mari, all’alba dei tempi quando era ancora in fasce. La moglie del padre degli dei Era diede questo compito alla ragazza che lo nutrì e lo fece crescere nell’isola di Rodi dove viveva.

Caieta

Nella mitologia classica, Caieta era la nutrice di Enea.

Caieta era famosa per aver badato a Enea sin dalla tenera età, l’eroe era molto affezionato alla donna e anche dopo la morte gli riservò ogni sorta di riguardo. La donna venne con lui quando fuggì da Troia quando era in guerra con gli Achei. Secondo una delle versioni del mito vi era un luogo con il suo nome, una delle mete degli argonauti.

La morte


Caieta appena giunse in Italia trovò la morte. Si narra molto della sua fine, alcuni autori arrivano a descrivere il rito funebre della cremazione, ricordando che sulla tomba vi era una piccola frase come epitaffio alla memoria.

Caistro

Nella mitologia greca, Caistro era il nome di uno dei figli di Achille e dell'amazzone Pentesilea.

Nella geografia antica, Caistro era un fiume della Lidia che nasceva nel monte Tmolo e si gettava nel mar Egeo. Corrisponde all'odierno fiume turco Küçük Menderes

Caistro, a volte nominato solo come un fiume dove si radunano molti uccelli a volte come una divinità legata ai fiumi, viene legato al mito di Achille nominandolo come suo figlio. Caistro ebbe anche un figlio da Derceto, tale Efeso e una figlia chiamata Semiramide.

Calaide

Nella mitologia greca, Calaide (in greco Calais) è il fratello gemello di Zete, figlio di Borea e Orizia.

Ai due fratelli, ai quali era stato predetto che sarebbero morti allorché non avessero raggiunto chi inseguivano, quando divennero adulti spuntarono le ali e furono scelti da Giasone per partecipare alla missione del recupero del vello d'oro.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 18:52
 
Top
view post Posted on 7/7/2010, 12:30     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Calamo

Càlamo è una figura della mitologia greca, figlio di Meandro, una divinità fluviale.

Era un bellissimo giovane, la sua storia viene narrata nelle Dionisiache di Nonno da Eros, che cerca così di consolare Dioniso della morte del suo amato Ampelo.

Calamo era innamorato di un suo coetaneo, Carpo (dal greco antico καρπóς, «frutto»), anch'egli bellissimo. Durante una gara di nuoto nel fiume Meandro, Carpo fu trascinato indietro da un vento contrario, e affogò. Disperato, anche Calamo si lasciò annegare nelle acque del suo stesso padre.

Calamo rinacque poi come canna palustre, e gli fu assegnato il compito di sostenere la vite contro il vento, mentre Carpo divenne un frutto del suolo.

Calcante

Calcante, figlio di Testore, nella mitologia greca era un grande veggente originario di Argo, che aveva ricevuto da Apollo il dono della profezia: "Come augure Calcante non teme alcun rivale" (Iliade). Calcante predisse che, per avere venti favorevoli e adatti a spingere verso Troia la flotta greca che si era radunata in Aulide, Agamennone avrebbe dovuto sacrificare sua figlia Ifigenia in modo da placare l’ira di Artemide che da Agamennone stesso era stata offesa.

Nell’Iliade, Calcante annunciò agli Achei che Criseide, schiava e concubina di Agamennone doveva essere restituita a suo padre Crise per spingere Apollo a fermare la pestilenza che aveva mandato loro come punizione: questa profezia fu la causa scatenante della lite tra Achille ed Agamennone che è l’argomento principale del poema omerico.

Calcante morì di vergogna a Colofone in Asia Minore, poco dopo la fine della guerra di Troia (evento narrato nei cicli dei Nostoi e nella Melampodia), per essere stato sconfitto dal profeta Mopso in una gara di divinazione. Un’altra versione dice che Calcante sia invece morto per il troppo ridere quando, una volta giunto il giorno per il quale aveva previsto la propria morte, la sua profezia non sembrava realizzarsi.

Calciope 1

Figlia d'Euripilo, re dell'isola di Cos. Eracle, tornando da Troia, approdò sulla spiaggia di Cos. Qui sposò Calciope (della quale era innamorato) che lo rese padre di Tessalo.

Calciope 2

Figlia di Eete, re della Colchide. Sposò Frisso, da cui ebbe quattro figli: Argo, Melanione, Frontide, Citisoro. Questi erano naufragati mentre navigavano verso la Grecia, poiché volevano far valere i loro diritti al trono di Orcomeno, un tempo occupato dal loro nonno Atamante. Giasone li accolse a bordo. Quando Calciope vide Citisoro e i suoi fratelli già di ritorno e, udita la loro storia, si profuse in ringraziamenti benedicendo Giasone che li aveva salvati.

Calciope 3

Figlia di Ressenore, fu la seconda moglie di Egeo, re di Atene, la prima essendo stata Meta, figlia di Oplete. Egeo, proprio perché nessuna delle due gli diede dei figli, attribuendo tale sventura alla collera di Afrodite, si recò a consultare l'oracolo di Delfi. Al ritorno, quando giunse a Trezene, il vecchio compagno Pitteo inviò la figlia Etra nell'isola di Sferia, dove Egeo passò la notte con lei. Prima di lasciare Trezene, Egeo mise i suoi sandali e la sua spada sotto un masso, come prova della sua relazione con Etra. Dalla loro unione nacque Teseo.

Calco (mitologia)

Nella mitologia greca, Calco era uno dei re dei Dauni, popolo italico abitante nel sud della penisola.

Ulisse durante il suo ritorno in patria dopo la guerra di Troia, in quella che poi prese nome Odissea, arrivò nell’isola della maga Circe. Calco re di una popolazione vicina alla maga si era innamorata di lei ma la donna preferiva Ulisse a lui. Calco non si diede per vinto e la maga approfittò del suo potere per trasformarlo in un maiale, rinchiudendolo in seguito nelle stalle a far compagnia agli amici di Ulisse anch’essi tutti trasformati.

La liberazione


Il popolo dei dauni iniziava a preoccuparsi per l’assenza prolungata del re, inviò una delegazione dalla maga che la intimarono a restituire il loro sovrano con le sue originali sembianze. La donna accettò con una condizione: non avrebbe più dovuto mettere piede sul suolo della donna.

Calcodonte

Calcodonte è una figura della mitologia greca, era figlio di Abante.

Generò Elefenore.

Calcone
(mitologia)

Calcone è un personaggio della mitologia greca, eroe originario di Ciparisso, sul Parnaso.

Un oracolo aveva consigliato a Nestore di darlo come consigliere e scudiero a suo figlio Antiloco. Durante il combattimento fra Achille e la regina delle Amazzoni, Pentesilea, Calcone, che amava quest'ultima, corse in suo aiuto. Fu ucciso da Achille e il suo cadavere fu crocifisso dai Greci quale castigo per il suo tradimento.

Caletore

Nella mitologia greca, Caletore era il nome di un guerriero troiano, di nobile stirpe, figlio di Clitio, il fedele consigliere e fratello di Priamo, re di Troia. Egli prese parte alla guerra di Troia, le cui origini furono dovute a Paride, cugino di Caletore, il quale, per un capriccio amoroso, decise di rapire la giovane regina di Sparta, Elena. Offeso per l'oltraggio il marito di quest'ultima, Menelao, re di Sparta, chiamò in aiuto il fratello Agamennone e chiese l'appoggio di tutta la Grecia per attaccare la città rivale. Le vicende più importanti di questo conflitto furono poi raccolte e raccontate da Omero nell'Iliade.
Indice

La battaglia presso le navi achei, col particolare di Aiace Telamonio che uccide Caletore, 1795, disegno tratto dall'Iliade di John Flaxman.

Caletore, ricordato nell'Iliade come un'illustre combattente troiano, era figlio di Clitio, figlio di Laomedonte e fratello di Lampo, Icetaone, Titone e del re Priamo. Attraverso il padre, egli era dunque cugino del valoroso eroe Ettore e di Paride, dato che entrambi erano figli di Priamo.

Il nome di sua madre è tuttavia sconosciuto; le poche notizie che riferisce Omero non specificano il suo nome, né tantomeno precisano se egli fosse figlio unico dell'anziano troiano, o avesse altri fratelli. L'unico testo a parlare di questo personaggio è pertanto solo l'Iliade.

Imprese in guerra e morte


In seguito allo scoppio della guerra, che vide il fronteggiarsi di due temibili eserciti rivali, Caletore accompagnò i suoi compatrioti nelle mischie più cruente, senza tuttavia mai allontanarsi dal cugino Ettore, il quale si rivelava la vera salvezza per le file troiane.

Durante l'avanzata dei Troiani verso l'accampamento e le navi achee, Caletore fu uno dei primi ad abbattersi sui nemici per appiccare fuoco ai loro navigli. Fu il primo tra i tutti i Troiani a gettare la sua fiaccola su una delle navi achee, ma il grande Aiace Telamonio, postosi in difesa di queste ultime insieme al fratello arciere Teucro, trafisse il nemico al petto con la sua lancia. Il giovane Caletore, colpito mortalmente, non poté più avanzare, ma crollò all'indietro lasciando andare la fiaccola, la quale rotolò per terra tra i suoi compagni.

Poi, furibondo per la perdita di Caletore, scagliò la sua lancia contro il suo assassino, Aiace, ma l'eroe acheo riuscì ad evitarla, cosicché questa si piantò nella testa di Licofrone, suo scudiero, il quale cadde a terra morto, dalla poppa della nave.

Caliadne

Caliadne (anche Caliadna) era, nella mitologia greca, una naiade del fiume Nilo, probabilmente una delle figlie del dio-fiume Nilo. Egli fu una delle mogli di Egitto, da cui ebbe dodici figli maschi: Euriloco, Fante, Peristene, Ermo, Driante (o Dria), Potamone, Cisseo, Lisso, Imbro, Bromio, Polittore e Ctonio. Questi sposarono le dodici figlie della ninfa naiade Polisso, sorella di Caliadne, le quali, durante la prima notte di nozze, assassinarono i loro rispettivi mariti nel sonno.

Calice (ninfa)

Nella mitologia greca, Calice è il nome di una ninfa, ritenuta comunemente figlia di Eolo e di Enarete. È sorella degli Eoliani, tra cui Sisifo, Atamante e Canace.

La fanciulla Calice sposò un figlio di Zeus, chiamato Etlio, re dell'Elide, dal quale ebbe un unico figlio, il bellissimo Endimione.
Secondo un'altra versione della leggenda, Calice fu amata da Zeus stesso e da lui ebbe il figlio Endimione, che quindi aveva ereditato la sua avvenenza sia dal padre, una divinità, che dalla madre, una ninfa.

Calidno


Nella mitologia greca, Calidno era il nome di uno dei figli di Urano.

Secondo alcune tradizioni avute nel periodo tardo, Calidno fu il primo re di Tebe, a lui si devono le mura costruite intorno alla città per proteggerle e le alti torre da cui si avvistavano probabili nemici in avvicinamento.

Calidone (mitologia)

Nella mitologia greca, Calidone era il nome di uno dei figli di Eolo e di Pronoe, fratello di Pleurone.

Dal suo nome si deve la città di Calidone, in Etolia. Calidone conobbe la figlia di Amitaone, tale Eolia e i due si sposarono. Da tale unione nacquero due figli che si chiamarono Epicasta e Protogenia. La stirpe si diffuse grazie ad Ares, il dio della guerra figlio di Zeus, che si accoppiò con Protogenia portando alla nascita di Ossilo. Epicasta generò invece due semplici umani, Portaone e Demonice da un lontano partente di Agenore.

Calipso

Nella mitologia greca Calipso è una ninfa, il cui nome deriva dal verbo greco kalyptein («Colei che nasconde»); ma sulla sua genealogia le fonti sono discordi:

* Alcuni la considerano figlia di Atlante e di Pleione: la leggenda accettata da Omero.
* Figlia di Elio (il Sole) e di Perse, quindi sorella di Eete e di Circe.
* Secondo Esiodo, era una delle Oceanine, figlie del titano Oceano e della titanide Teti.
* Infine appare anche nell'elenco delle Nereidi, le figlie di Nereo e di Doride.

Secondo il racconto dell'Odissea di Omero era invece figlia di Atlante e viveva sull'isola di Ogigia, che gli autori pongono nell'Occidente mediterraneo e che è simile alla penisola di Ceuta, di fronte a Gibilterra ma anche una grotta in riva al mare, nell'isola di Gozo, viene indicata come la dimora di Calipso. Un giorno Ulisse, scampato al vortice di Cariddi, approdò sull'isola e Calipso se ne innamorò. L'Odissea racconta come ella lo amò e lo tenne con sé per dieci anni (si dice anche sette, o anche un anno) offrendogli invano l'immortalità, che l'eroe insistentemente rifiutava. Ulisse conservava in fondo al cuore il desiderio di tornare ad Itaca, e non si lasciò sedurre.

Calipso abitava in una grotta profonda, con molte sale, che si apriva su giardini naturali, un bosco sacro con grandi alberi e sorgenti che scorrevano attraverso l'erba. Ella passava il tempo a filare, tessere, con le schiave, anch'esse ninfe, che cantavano mentre lavoravano.

Le lacrime di Ulisse vennero accolte da Atena, la quale, dispiaciuta per il suo protetto, chiese a Zeus di intervenire. Il dio allora mandò Ermes per convincere Calipso a lasciarlo partire e lei a malincuore acconsentì. Gli diede legname per costruirsi una zattera, e provviste per il viaggio. Gli indicò anche su quali astri regolare la navigazione.

Le leggende posteriori all'Odissea attribuiscono a Ulisse e Calipso un figlio, chiamato Latino, più spesso considerato come figlio di Circe; talvolta, si racconta ch'essi avessero avuto due figli, Nausitoo e Nausinoo, i cui nomi ricordano la nave. Infine si attribuisce loro come figlio anche Ausone, l'eponimo dell'Ausonia.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 18:55
 
Top
94 replies since 12/6/2010, 23:03   25142 views
  Share