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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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view post Posted on 8/7/2010, 14:23     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Callidice

Nella mitologia greca, Callidice era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Callidice, regina di una popolazione che viveva nell’Epiro, la ritroviamo nel racconto di Odisseo, il protagonista dell’Odissea. Tiresia vecchio profeta che sapeva prevedere il futuro una volta incontrato l’eroe di Itaca gli predisse che la sua fine sarebbe giunta lontana dal mare. Secondo quindi un racconto minore il re avrebbe ripreso a navigare incontrò Callidice la sposò ed ebbe un figlio, chiamato Polipete
* Callidice, una delle cinquanta figlie avute da Danao, una Danaide, che sposò Pandione, infatti il mito volle che tutte le cinquanta figlie di Danao andarono in sposa ai cinquanta figli di Egitto
* Callidice, una delle figlie di Celeo, anche se altri autori affermano che fra le figlie di Celeo non vi era nessuna Callidice.

Calliope

Nella mitologia greca Calliope (in Greco Καλλιόπη, ossia "colei che ha bella voce") era la musa della poesia epica, figlia di Zeus e Mnemosine, conosciuta come la Musa di Omero, l'ispiratrice dell'Iliade e dell'Odissea.

Ebbe due figli, Orfeo e Lino il cui padre a seconda delle leggende era Apollo oppure il re della Tracia Eagro. Fu amata da suo padre Zeus, e da lui generò i Coribanti. Era la maggiore e la più saggia delle Muse, nonché la più sicura di sé. Fece da giudice nella disputa su Adone tra Afrodite e Persefone, decidendo che ognuna trascorresse con lui la stessa quantità di tempo. I suoi simboli sono lo stilo e le tavolette di cera.

Viene sempre rappresentata con in mano una tavoletta su cui scrivere. Talvolta ha con sé un rotolo di carta oppure un libro e porta una corona d'oro sul capo.

Callipoli


Nella mitologia greca, Callipoli era il nome di uno dei figli di Alcatoo.

Callipoli aveva un fratello chiamato Ischepoli, questi venne ucciso durante una battuta da caccia mentre era in compagnia di Meleagro, Callipoli appena saputo dell’accaduto subito accorse cercando di avvertire il padre del misfatto. Il genitore era intento ad un sacrificio ad Apollo e venne disturbato dal figlio; egli non comprese il motivo di tale accanimento verso il rito che stava per compiere e punì il figlio uccidendolo. Alcatoo quando apprese la realtà andò in esilio a farsi purificare.


Calliroe 1

Figlia di Oceano e di Teti, unita a Crisaore, figlio della Gorgone e di Poseidone, generò i mostri Gerione ed Echidna. Con Poseidone, ebbe Minia; con Nilo, Chione e con il primo re di Lidia, Mane, generò Coti.

Calliroe 2

Figlia del dio-fiume Acheloo. Sposò Alcmeone, da cui ebbe due figli, Anfotero e Acarnano.
Un anno dopo Calliroe, che temeva di perdere la sua bellezza, rifiutò di accogliere Alcmeone nel suo letto finché egli non le donasse la collana e il manto di Armonia. Per amore di Calliroe, Alcmeone osò ritornare a Psofide e giunto colà ingannò il re Tegeo. Senza far parola del suo matrimonio con Calliroe, inventò una predizione dell'oracolo delfico: secondo tale predizione egli non si sarebbe mai liberato dalle Erinni se non avesse offero la collana e il manto al santuario di Apollo. Tegeo allora convinse la figlia Arsinoe (prima moglie di Alcmeone) a consegnarglieli ed essa obbedì di buon grado, convinta che Alcmeone sarebbe ritornato a lei appena le Erinni lo avessero lasciato libero. Ma uno dei servi di Alcmeone disse tutta la verità sul conto di Calliroe, e Tegeo si infuriò a tal punto che ordinò ai suoi figli di tendere un'imboscata ad Alcmeone e ucciderlo appena fosse uscito dal palazzo. Arsinoe assistette all'assassinio da una finestra e, ignara della doppiezza di Alcmeone, a gran voce rimproverò il padre e i fratelli poiché avevano violato le leggi dell'ospitalità e l'avevano resa vedova, e augurò che morte violenta cogliesse il padre e i suoi fratelli. Per ripicco Tegeo la chiuse in un cofano e la mandò in dono come schiava al re di Nemea.
Frattanto Calliroe, informata di quanto era accaduto a Psofide, pregò perché i fanciulli che essa aveva avuto da Alcmeone diventassero adulti in un sol giorno e vendicassero la morte del padre. Zeus ascoltò le sue suppliche e i fanciulli sbocciarono all'improvviso nella virilità, afferrarono le armi e si recarono a Nemea dove i figli di Tegeo avevavo interrotto il loro viaggio di ritorno da Delfi, li sorpresero e li uccisero; poi, affrettandosi verso Psofide, uccisero anche Tegeo.
Queste disgrazie successero perché Calliroe aveva desiderato di possedere la collana e la veste di Armonia, i doni divini ai quali era congiunta una maledizione.

Calliroe 3

Ninfa, figlia del dio-fiume Scamandro. Sposò Troo, figlio di Erittonio, da cui ebbe quattro figli: Cleopatra; Ilo, fondatore della città di Troia (Ilium); Assaraco, che regnò in Dardania; e Ganimede, il bel fanciullo che Zeus fece suo coppiere.

Calliroe 4

Figlia del re di Libia, Lico. Dopo la guerra di Troia, Diomede, messo a dura prova dall'ira di Afrodite, fu gettato dalla tempesta sulle coste licie. Lico lo fece prigioniero e stava per sacrificarlo ad Ares allorché Calliroe, innamorata dell'eroe, lo liberò. Ma questi l'abbandonò e la giovane, disperata, s'impiccò.

Calliroe 5

Figlia del re di Calidone. Secondo Plutarco, fu preso d'amore per lei Coreso, sacerdote di Dioniso; ma essendo stato respinto, ottenne dal suo dio che tutto il popolo fosse colpito da follia. Per ordine dell'oracolo di Delfi, Calliroe doveva essere sacrificata per placare il dio, ma Coreso si sacrificò in vece sua. La disgraziata fanciulla, commossa da tanto amore, si uccise anch'essa; secondo altri invece fu trasformata in fonte.

Calliroe 6

Secondo Esiodo era figlia dell'Oceano e di Teti, che sposò Crisaore e fu madre di Gerione e di Echidna. Gerione era reputato il più forte tra gli uomini viventi. Era nato infatti con tre teste, sei braccia e tre busti che si riunivano alla vita. Quando Eracle giunse a Orizia a rapire Gerione e le sue mandrie di buoi, si scontrò dapprima col cane Ortro, che uccise, poi col pastore Eurizione, il quale ebbe la stessa sorte. Gerione giunse allora in soccorso dei suoi servitori e dovette combattere con Eracle. Fu vinto e ucciso a frecciate o a colpi di mazza.

Nella mitologia greca Calliroe è la figlia del dio fluviale Acheloo.

Quando Alcmeone, uno degli Epigoni, avendo ucciso la madre Erifile dovette andar via dalla città di Argo, approdò presso la foce del fiume Acheloo. Qui conobbe Calliroe che sposò e da cui ebbe due figli Acarnano e Anfotero.

Calliroe, informata dell'esistenza della collana di Armonia, che il marito aveva donato alla prima moglie, pretese che Alcmeone gliela donasse, costringendolo a tornare dal re Tegeo a Psofi, dove fu ucciso.

La donna allora pregò Zeus di far diventare adulti i due figli, i quali vendicarono la morte del padre.

Callisto

Callisto, nella mitologia greca, era una ninfa del seguito di Artemide.

Zeus, vista la ninfa mentre si riposava in un bosco, se ne innamorò.

Il dio, per sedurre Callisto, consacrata ad Artemide e per questo vergine tenuta alla castità, decise di assumere le sembianze della stessa Artemide (secondo altre versioni Zeus assunse le fattezze di Apollo, fratello di Artemide).

Dopo qualche tempo Artemide, insieme a Callisto e al suo seguito, decise, dopo una battuta di caccia di riposarsi facendo un bagno presso una fonte. Callisto, oramai incinta, sulle prime esitò a spogliarsi per non svelare la perdita della verginità. Sfilatale la veste, la dea scoprì il tradimento.

Scacciata Callisto la trasformò in un'orsa (secondo un'altra versione a trasformare Callisto in orsa fu Era, per vendicarsi del tradimento di Zeus, oppure fu lo stesso padre degli dèi a trasformare Callisto per sottrarla alla vendetta di Era).
Era riuscì a convincere Artemide ad uccidere la ninfa con una freccia. Dopo la morte Zeus trasformò Callisto nella costellazione dell'Orsa Maggiore.

Un'altra versione della morte della ninfa è connessa al figlio Arcade, nato dall'unione con Zeus. Questo, oramai quindicenne, s'imbatté nel corso di una battuta di caccia nell’orsa e, proprio quando stava per ucciderla, intervenne il padre degli dèi, trasformando madre e figlio nelle costellazioni dell’Orsa Maggiore e dell’Orsa Minore. Era, ancora adirata, ottene dal dio Oceano che le nuove costellazioni non potessero mai tramontare.

Quello di Callisto è l'unico mito greco che contenga una seduzione omosessuale fra due donne. Ciò si deve probabilmente al fatto di essere l'unica traccia sopravvissuta di un antichissimo rito arcaico di iniziazione (omo)sessuale fra una donna adulta e una ragazza.

L'indoeuropeista Bernard Sérgent è il principale sostenitore della tesi dell'esistenza di un tale antichissimo rito sessuale d'iniziazione indo-europeo (allo studio del quale ha dedicato due monografie), che aveva lo scopo di trasmettere la fertilità dall'adulto al bambino, facendo "morire" misticamente il bambino, dopo un periodo dedicato all'insegnamento della caccia, e facendolo rinascere come giovane adulto consacrato alla divinità.

Callisto è a sua volta seguace d'una dea cacciatrice (Artemide/Diana - sorella del dio Apollo, protagonista dei miti d'iniziazione omosessuale maschile) e collegata ai riti d'iniziazione in tutta la Grecia, che non partecipa dell'attività sessuale-procreativa tipica dell'età adulta (Artemide è per definizione la giovane vergine, eternamente al confine fra adolescenza ed età adulta).

Elementi del mito arcaico

Nel mito originario, come conseguenza dei suoi rapporti sessuali con Diana, Callisto "diventa" un'orsa per poi essere "uccisa" dalla dea stessa, e rinascere come costellazione dell'Orsa Maggiore. (Per questa contaminazine del mito con la simbologia astrale si ricordi che Artemide è anche la dea-Luna).

Diversi dettagli mantengono tracce del mito arcaico d'iniziazione:

* il nome "Callisto", che in greco significa "la bellissima" (kallistè), è un appellativo sacro di Artemide (in Arcadia esisteva un tempio ad "Artemide Kallisté"). In altre parole, Callisto è Artemide.
* il mito dice che gli abitanti dell'Arcadia discendevano dal figlio nato dall'unione fra Callisto e Giove/Artemide.
* secondo una versione del mito, Callisto ebbe addirittura il rapporto sessuale con Zeus nella forma di un'orsa.
* Callisto (la donna/orsa) è a sua volta figlia di un uomo/animale: suo padre è infatti il re d'Arcadia Licaone (in greco lykos = "lupo"), fondatore del culto di Zeus Liceo ("Giove Lupo"), e trasformato in lupo dallo stesso Giove/lupo come... "punizione" per avere ucciso un bambino sacrificandoglielo.
* nella Grecia classica alla festa di "Artemide Brauronia" due bambine (di non più di dieci anni) si travestivano da orse e partecipavano alla processione così acconciate.

Tutti questi elementi convergono a mostrare che il rito (e il mito connesso) sono il residuo d'un culto di animale totemico: venerandolo i fedeli sperano di acquistare le sue doti (forza, temibilità eccetera) cioè di "diventare" l'animale-totem.[3] (Così va interpretata anche la sopra citata trasformazione di Licaone, adoratore del Lupo, in lupo).

In tale culto Callisto, Diana, la bambina che si affida a lei e l'Orsa sono, misticamente, la stessa persona. Ad Artemide è infatti sacra l'orsa solo perché Artemide, in origine, è essa stessa un'orsa: essa è infatti non solo la temibile "Signora delle belve" (Potnia theron) di cui abbiamo rappresentazioni d'epoca micenea, ma anche l'esatta corrispondente della dea-orsa celtica Arcto, di retaggio indoeuropeo, il cui nome combacia perfettamente con quello greco per l'orso: arktòs.

Ricostruzione del mito arcaico


Il mito originale può quindi essere così ricostruito:

* Una dea-Orsa (figlia di un dio-Lupo) ha fedeli che, venerandola, acquisiscono le sue qualità, "diventando" a loro volta orse.
* Questa trasformazione in orse, cioè in Artemide, avviene attraverso un rito d'iniziazione, nel corso del quale la bambina/aspirante-Artemide/orsa si ritira in un luogo selvaggio (adatto alla caccia) in compagnia di altre aspiranti (in epoca classica identificate come "Ninfe") e riceve un'iniziazione sessuale da parte di Artemide (cioè, nella realtà, da parte di un'adulta già iniziata che impersona la dea).
* In questo rito sessuale l'adulta/Artemide rende feconda (cioè adulta) la bambina/Callisto: nella versione del mito che ci è arrivata la feconda addirittura personalmente! La fecondità si trasmette in questo modo da donna a donna e di generazione in generazione.
* Alla fine di questo rito (anche) amoroso la bambina non solo non può più rimanere fra le ninfe/bambine, ma addirittura non esiste più: è morta in quanto bambina; si è trasformata in un'Orsa, cioè nella "Bellissima" (kallisté/Callisto), cioè in Artemide.
* Lo stesso meccanismo si nota nel mito di Licaone sopra accennato: attraverso il culto del Lupo ("Zeus Liceo") si causa la "morte" del bambino e la sua trasformazione in lupo.

Rilettura patriarcale del mito


Questo mito arcaico fu sottoposto alla rilettura teologica del patrimonio mitico tradizionale che nel II/I millennio a.C. caratterizzò i popoli che abitavano la Grecia. Tale reinterpretazione cercò da un lato di armonizzare il patrimonio di miti religiosi accumulatosi nel corso di secoli, dall'altro di rendere più patriarcale il pantheon, usurpando per quanto possibile nomi e imprese delle dee venerate precedentemente sul suolo greco.

In questa reinterpretazione del mito di Callisto il rapporto sessuale di Callisto venne "spiegato" in modo tale da avvenire sì apparentemente con Artemide, mentre però in realtà il corpo di Artemide, la voce di Artemide, gli attributi di Artemide celano un dio maschio e patriarcale: Zeus, al quale solo viene ora trasferita la capacità di rendere feconda la bambina. Non avendo potuto trasformare Artemide, evidentemente perché il suo culto era troppo radicato, si trasformò insomma in lei Zeus.

Fu così inglobato nel patrimonio mitologico un mito "anomalo" che evidentemente non si riusciva ad estirpare. Restò così possibile, come fecero gli àrcadi, conservare l'Orsa come "totem" (animale divino/antenato), dichiarandosene discendenti, anche in un'epoca in cui si era ormai completamente dimenticato il significato totemico del mito originario.

Calo (mitologia)

Nella mitologia greca, Calo o Talo o Perdice (Perdix) era il nome di uno dei figli di Perdice, nipote di Dedalo.

Dedalo era il famoso inventore all’epoca del mito, a lui si doveva ad esempio la progettazione e la creazione del labirinto di Creta, dove poi visse il Minotauro. Con lui lavorava inizialmente proprio suo nipote Calo, abile come il nonno. Egli dimostrava tanta abilità da suscitare l’invidia del parente e appena ne ebbe l’opportunità lo uccise gettandolo giù dall’Acropoli di Atene, dove poi seppellito.

Nei racconti si afferma che sia stato lui a inventare la sega, il compasso ed altri strumenti.

Camblete

Nella mitologia greca, Camblete o Camblite era il nome di uno dei re della Lidia.

Camblete fu maledetto da Iardano , con un sortilegio molto potente: avrebbe avuto sempre fame per quanto potesse mangiare. Il re da allora iniziò a mangiare ogni cosa gli fosse capitato vicino, a questa furia bulimica non ebbe scampo la moglie, che fu pasto del marito. Dopo l’assassino in preda al rimorso per l’atto compiuto si uccise,


Campe


Campe è una figura della mitologia greca, era la custode del Tartaro.

Aveva l'aspetto di una donna anziana. Gea predisse a Zeus che avrebbe potuto spodestare il padre solo se si fosse alleato con i Ciclopi, che tempo addietro erano stati confinati nel Tartaro dallo stesso Crono. Questi li aveva utilizzati nella guerra contro Urano e in seguito se ne era sbarazzato temendo le loro abilità di fabbri di oggetti magici.

Zeus quindi decise di liberarli e non ci pensò due volte ad uccidere Campe. Liberò così Ciclopi e Giganti Centimani. Secondo un'altra versione Zeus si limitò ad ubriacarla per poi procedere all'apertura della prigione.

Canace


Canace è una figura della mitologia greca, figlia di Eolo, re di Tessaglia, e Enarete, e prediletta di Poseidone.

Aveva sette fratelli (Atamante, Creteo, Dioneo, Macar o Macareo, Periere, Salmoneo e Sisifo) e sette sorelle (Alcione, Arne, Calice, Pisidice, Perimede e Tanagra). Con Poseidone, fu madre di Aloeo, che generò gli Aloadi, Epopeo, Opelo, Nereo, Cefalo, Dia e Triopante.

Fu costretta dal padre a uccidersi come punizione per essersi innamorata di suo fratello Macar/Macareo, da cui ebbe un figlio. Per quanto avesse nascosto la nascita del bimbo al padre, fu un vagito del piccolo a insospettirlo e a determinarne la punizione.

La sua storia fu messa in scena da Sperone Speroni nel 1588 nella sua tragedia in versi Canace.

La storia è anche raccontata da Ovidio nelle sue Heroides , una selezione di 18 poemetti dalla forma di lettere da parte di donne mitologiche e loro amanti ed ex.

Canente


Canente è un personaggio della mitologia greca chiamata così perché tra tutte le ninfe eccelleva nel canto.

Fu amata da Pico, che le fu fedele anche quando venne tentato dalla maga Circe. Quest'ultima per vendicarsi dell'affronto subito trasformò Pico in un picchio. Canente dopo la trasformazione del marito morì consumata dal dolore.

Secondo la leggenda fu la madre di Fauno.

Canopo (mitologia)

Nella mitologia greca, Canopo o Canobo era il nome del pilota di Menelao.

Dopo che Menelao prese parte alla guerra di Troia, iniziò da vincitore il viaggio di ritorno a casa. Durante tale avventura Canopo, l’amato di Teonoe la figlia di Proteo, era sempre al suo fianco, un giorno quando si trovarono in Egitto, il ragazzo venne morso da un serpente e velocemente morì. Divenne una stella e a lui fu dedicata una piccola isola del Nilo. Un'altra versione lo vede al fianco di Osiride.

Canto (mitologia)

Nella mitologia greca, Canto era uno degli Argonauti, prodi avventuri partiti alla conquista del vello d'oro insieme al loro comandante Giasone.

Quando Giasone inviò gli araldi a chiedere aiuto a tutti gli eroi dell'epoca, per la sua impresa pericolosa, uno che rispose all'appello fu il prode Canto.

Durante le avventure degli argonauti, essi si persero alla ricerca del Mediterraneo. Canto allora, nella terra ferma, scorse un bestiame di pecore, si avvicinò con l'intento di rubarne una, mosso dalla fame. Camauro, uno dei pastori garamanzi, era il proprietario di quel gregge, scorse il furto e uccise l'argonauta.

I suoi compagni subito ne vendicarono la morte, seppellendo in seguito i due corpi.

Caone


Nella mitologia greca, Caone il nome di uno dei fratelli di Eleno

Caone, che secondo alcuni mitografi era in realtà solo un amico di Eleno era un suo compagno e viaggiavano insieme. Un giorno si ritrovarono alla corte del re Neottolemo ed Eleno riuscì a succedergli al potere.

Caone secondo alcune versioni fu ucciso incidentalmente in una battuta di caccia, dove venne scambiato per un animale, mentre in un'altra versione più eroica del mito egli decise di sacrificare la propria vita per salvare la gente dal pericolo di un'epidemia che era scoppiata da poco. Infatti fu sacrificato agli dei. Altri autori ancora lo immolano per scongiurare una tempesta.

Dal suo nome vene chiamata una parte dell’Epiro, quella dove vi era una foresta con un tempio sacro a Zeus, in cui un oracolo riusciva a prevedere il futuro alla gente.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:02
 
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view post Posted on 10/7/2010, 11:10     +1   -1
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Caos (mitologia)

Caos è nella mitologia greca la personificazione dello stato primordiale di vuoto buio anteriore alla creazione del cosmo da cui emersero gli dei e gli uomini.

Esiodo, nella sua Teogonia, racconta che in principio c'era Caos, ovvero una voragine senza fine, sterminata e nera. Dal Caos si generarono Gea (la Terra), Tartaro (un luogo infernale situato al di sotto dell'Ade) ed Eros (amore). Dal Caos poi nacquero Notte (l'oscurità della notte) ed Erebo (le tenebre degli Inferi). Dal Caos infine nacque Urano, la personificazione del Cielo infinito. Caos è, per antonomasia, la divinità cosmica più in alto in assoluto insieme ad Eurinome, la Dea di Tutte Le Cose.

Capaneo

Capaneo è un eroe della mitologia greca, figlio di Ipponoo e di Laodice o Astinome, nipote di Megapente.

Secondo la tradizione greca, ripresa da Euripide ed Eschilo, fu fra i sette re che parteciparono all'assedio di Tebe per ridare il potere a Polinice (vedi i Sette contro Tebe). Viene descritto, oltre che come una persona possente dotata di grande forza, come un superbo. La vicenda di Tebe lo vede primo nello scalare le mura della città e, dopo aver sfidato apertamente gli dei a contrastarlo, fulminato da Zeus. La sua sposa, Evadne, si gettò sul suo rogo.

Nella tragedia di Euripide Le Supplici, si fa cenno alla sua modestia e sobrietà di vita, pur dotato di molte ricchezze («Molto ricco egli fu; ma non mai gonfio / di sue ricchezze, né superbo più / d'un poverello», «Il ben, soleva dire ei, non consiste / nell'impinzare l'epa; e il poco basta»).

Nella Tebaide di Stazio, il poeta latino lo descrive nell'atto di sfidare Bacco ed Ercole, protettore dei tebani, ed esorta Zeus ad accorrere con tutte le sue forze, anziché limitarsi a spaventare le fanciulle con i suoi tuoni, venendo quindi poi fermato con il fulmine del dio. Gli attribuisce anche frasi come: «il coraggio è il mio dio...», «La paura primamente creò nel mondo gli dei» .

Considerato prototipo di uomo che ha troppa fiducia in sé, venne da Dante nella Divina Commedia rappresentato nell'Inferno, fra i violenti contro Dio.

Capi


Capi è un personaggio della mitologia greca, figlio di Assaraco e Ieromnene, marito di Temiste. È il padre di Anchise e il nonno dell' eroe troiano Enea. Suo zio Ilio fondò la città di Troia.

Carasso (mitologia)

Carasso è una figura della mitologia greca, appartenente al popolo dei Lapiti. Insieme a molti altri suoi compatrioti, partecipò al banchetto matrimoniale di Piritoo, sovrano lapita, con Ippodamia, futura regina. Nel corso della cerimonia, tuttavia, i Centauri, annebbiati dall'ebbrezza, si scagliarono sulla sposa, provocando un'enorme rissa che vide opposti due popoli, Lapiti e appunto Centauri.

Carcabo

Nella mitologia greca, Carcabo era il nome di uno dei figli di Triope, re di Perrebi.

Triope regnava con malvagità, arrivando ad irritare suo figlio al punto che fu egli stesso a porre fine al suo regno di terrore, lo uccise ma non salì al trono: ritenne invece appropriato andarsene in esilio e trovare la purificazione. Trovò ospitalità e purificazione in Troo re della Troade che gli offrì anche una piccola porzione del regno. Carcabo si stabilì in quel luogo e il suo discendente, Pandoro, fu in seguito un alleato dei troiani nella guerra di Troia. Fondò la città di Zeleia.

Carcino (mitologia)

Carcino è un gigantesco crostaceo della mitologia greca, descritto come un mostro a volte con forma di granchio oppure di gambero.

Secondo il mito, viveva insieme all'Idra di Lerna: durante il combattimento di quest'ultima con l'eroe Eracle, le giunse in aiuto, cercando di ferirlo con le sue chele, ma Eracle lo uccise, rompendogli la corazza con un colpo della clava. Era allora lo trasportò in cielo dove divenne la costellazione del Cancro.

Care (mitologia)

Nella mitologia greca, Care era il nome di colui che creò l'arte inaugurale di trarre auspici dal volo degli uccelli.

Care, cui diede il proprio nome alla Caria intera, viene ricordato, secondo una tradizione, come colui che è riuscito per primo a predire il futuro osservando il volo degli uccelli. Da tale studio vennero in seguito creati i cosiddetti auguri, sacerdoti addetti a tale culto anche nell'antica Roma.

Caria

Figlia di Dione re di Laconia e di Anfitea. Fu una delle amanti di Dioniso, ma morì improvvisamente a Carie e fu trasformata dal dio in un albero di noce. Dioniso mutò in roccia le sorelle di Caria in quanto lo spiavano, cercando di scoprire i fatti del dio, e volevano impedergli di frequentare la giovane amata. Artemide portò la notizia della morte di Caria ai Laconi che costruirono un tempio in onore di Artemide Cariatide, da cui prendono il nome le Cariatidi, figure femminili che fungono da colonne. A Carie, inoltre, le donne ballano ogni anno in onore della dea una danza appresa dai Dioscuri.


Cariclo


Nella mitologia greca, Cariclo era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

* Cariclo, una delle figlie di Apollo, moglie di Chirone (il saggio centauro), con lui allevò diversi eroi per conto degli dei fra cui Giasone
e Achille. Pareri secondari la citano come figlia di Oceano. Dal tale unione nacque Ociroe.
* Cariclo, figlia di Circeo. Divenuta adulta venne data in sposa a Scirone, i due regnavano Megera e da questa unione nacque una figlia, tale Endeide, che fu moglie di Eaco.
* Cariclo, madre dell’indovino Tiresia.

Cariddi

Cariddi nella mitologia greca è un mostro marino.
In principio, Cariddi era una donna, figlia di Poseidone e Gea, dedita alle rapine e famosa per la sua voracità. Un giorno rubò ad Eracle i buoi di Gerione e ne mangiò alcuni. Allora Zeus la fulminò facendola cadere in mare, dove la mutò in un mostro simile ad una lampreda, che formava un vortice marino con la sua immensa bocca, capace di inghiottire le navi di passaggio.
La leggenda la situa presso uno dei due lati dello stretto di Messina, di fronte all’antro del mostro Scilla.

Le navi che imboccavano lo stretto erano costrette a passare vicino ad uno dei due mostri.
In quel tratto di mare i vortici sono causati dall’incontro delle correnti marine, ma non sono di entità rilevanti.

Secondo il mito, gli Argonauti riuscirono a scampare al pericolo, rappresentato dai due mostri, perché guidati da Teti madre di Achille, una delle Nereidi.

Cariddi è menzionata anche nel canto XII dell’Odissea di Omero, in cui si narra che Ulisse preferì affrontare Scilla, per paura di perdere la nave passando vicino al gorgo.

Secondo alcuni studiosi, la collocazione del mito di Scilla e Cariddi presso lo stretto di Messina sarebbe dovuta ad un’errata interpretazione: l’origine della storia potrebbe in realtà avere avuto luogo presso Capo Skilla, nel nord ovest della Grecia.

Oggi Cariddi è collocabile sulla punta messinese della Sicilia, a Capo Peloro.

Cariti

Divinità, figlie di Zeus e di Eurinome, o di Zeus e di Era, chiamate dagli antichi romani Grazie, poiché riferite a tre personificazioni della bellezza armoniosa e della grazia femminile, Eufrosine ("la Gioia"), Aglae ("lo Splendore"), Talìa ("la Floridezza"). Esse accompagnavano volentieri Atena, dea dei lavori femminili e dell'attività intellettuale. Proprio loro, infatti, hanno tessuto con le loro mani la veste di Armonia. Seguivano anche Afrodite ed Eros, oltre che Dioniso. Erano compagne delle Muse, con le quali formavano talvolta dei cori, e presiedevano ai banchetti e a tutte le riunioni esprimenti letizia, giocondità, festa, armonia piacevole. Si rappresentano generalmente come tre giovani, vestite nel periodo più antico, poi, in relazione al culto di Afrodite, nude allacciate con grazia, incoronate di fiori. Vengono anche raffigurate nude, che si tengono per le spalle: due guardano in una direzione, quella di mezzo guarda nella direzione opposta.
Gli ateniesi veneravano due sole Cariti, Auxo ("aumento") ed Egemona ("potere"). A Sparta ne erano conosciute solo due: Cleta e Faenna. Esiodo parla di una grazia chiamata Aglaia ("la lucente") a volte considerata sposa di Efesto al posto di Afrodite. Omero, nell'Iliade, narra le vicende di una Grazia chiamata Pasitea. Era, per far sì che gli dèi potessero aiutare i Greci, volle far addormentare Zeus, e per raggiungere il suo scopo chiese aiuto a Ipno ("il sonno") dandogli in sposa Pasitea per ripagarlo.
Il loro culto era antichissimo presso i Greci, a Orcomeno, ad Atene, a Sparta. In loro onore si celebravano in tutta la Grecia le feste Carisie, con danze notturne, ricompensando con una focaccia chi vegliava più a lungo. Il mito narra che Minosse stava sacrificando nell'isola di Paro, quando gli fu comunicata la morte del figlio Androgeo. Minosse alla notizia si strappò la ghirlanda dalla testa, scacciò i suonatori di flauto, e terminò comunque il sacrificio. Così, si dice, ebbe origine il rito speciale di Paro, che esclude dai sacrifici in onore delle Cariti le corone di fiori e la musica del flauto.

Carmanore

Nella mitologia greca, Carmanore era il nome del padre di Eubolo e di Crisotemi.

Carmanore, un sacerdote che viveva nell’isola di Creta era una persona famosa per la sua ospitalità, infatti si racconta che più volte diede la sua casa anche a divinità, in particolare Apollo.

La prima volta aiutò il figlio di Zeus e Artemide sua sorella quando questi avevano ucciso in precedenza Pitone. Entrambi si erano recati in precedenza in un altro luogo edendo un'epidemia in corso la paura li colse e fuggirono andando proprio nell’isola di Creta. Successivamente diede di nuovò la sua ospitalità ad Apollo, ma questa volta come nido d’amore per la sua nuova amante: Acacallide.

Carme
(mitologia)

Nella mitologia greca, Carme è il nome di un personaggio mitologico, ovvero di una ninfa che si concesse al desiderio amoroso di Zeus.

Carme era una fanciulla di Creta, figlia di Eubulo, a sua volta figlio di Carmanore, il sacerdote cretese che aveva ospitato nel suo letto Apollo e Acacallide, i due amanti che gli avevano chiesto ausilio da Minosse.
Questa Carme fu amata da Zeus, infaticabile divinità alla ricerca del piacere sessuale, e da lui ebbe una figlia, chiamata Britomarti.

Carmenta

Il suo nome primitivo era Nicostrata o Temi, figlia del fiume Ladone. Proprio a Roma le avrebbero dato il nome di Carmenta.
L'arcade ninfa Nicostrata, pur essendo già maritata a Echeno, generò Evandro da Ermete. Essa indusse Evandro ad assassinare il suo presunto padre, e, quando gli Arcadi li bandirono entrambi, venne con lui in Italia, scortata da un gruppo di Pelasgi. Colà, circa sessant'anni prima della guerra di Troia, fondarono la piccola città di Pallanzio, su una collina presso il fiume Tevere, più tardi chiamata Monte Palatino. Quel luogo era stato scelto da Nicostrata, per la sua conoscenza degli oracoli e dei destini, e per farvi risiedere il figlio. Ben presto non vi fu in Italia un re più potente di Evandro. Egli governava più per i suoi meriti personali che per la sua potenza: era particolarmente stimata la sua conoscenza delle lettere che gli era stata infusa dalla madre profetessa. Nicostrata, ora chiamata Carmenta, adattò l'alfabeto pelasgico di tredici consonanti, che Cadmo aveva portato dall'Egitto, all'alfabeto latino di quindici consonanti. Ma altri affermano che fu Eracle a insegnare al popolo di Evandro l'uso delle lettere, e per questo egli viene onorato sullo stesso altare delle Muse. Per spiegare l'esclusione delle donne dal culto d'Eracle all'Ara Maxima, si diceva che, avendo l'eroe invitato Carmenta a prendere parte al sacrificio ch'egli offriva durante la fondazione di questo altare, ella rifiutasse. Irritato, l'eroe proibì da tale momento che le donne assistessero alla celebrazione di quel culto.
Carmenta visse molto a lungo: morì a 110 anni e fu seppellita ai piedi del Campidoglio, non lontano dalla porta Carmentale, così chiamata in ricordo della profetessa.

Carnabone

Nella mitologia greca, Carnabone era il nome di uno dei re dei Geti.

Ai tempi del mito vi era un servitore di Demetra, la dea dell’agricoltura che aveva il compito di far conoscere al mondo intero cosa fosse il grano, il carro che lo trasportava era trainato da due draghi: il suo nome era Trittolemo. Arrivato nei luoghi dove Carnabone viveva egli lo accolse con ospitalità, ma in seguito attacco il messaggero e uccise uno dei due draghi.

Appena Demetra venne a sapere del misfatto accorse salvando il suo aiutante e portando Carnabone negli astri. Lo tramutò proprio nell’intento di uccidere un drago.

Carno


Nella mitologia greca, Carno o Carneio era il nome di alcuni personaggi, differenti l'uno dall'altro.

Il primo era un indovino, proveniente dall'Acarnania, il quale giunse presso l'esercito degli Eraclidi nel momento in cui questi, riuniti a Naupatto, stavano per invadere il Peloponneso. Uno di essi, Ippote, credendolo una spia, ordinò che venisse ucciso.

Alcuni giorni dopo scoppiò un'epidemia di peste che sconvolse l'esercito. L'oracolo, consultato, rivelò che la causa di ciò era l'ira di Apollo, sdegnato per l'uccisione del suo sacerdote. Per punizione, Ippote fu cacciato via, mentre gli Eraclidi tributarono un culto ad Apollo «Carneio».

Un altro Carno era un eroe, di una mirabile avvenenza, figlio di Zeus e di Europa. Apollo lo amò in una delle sue tante relazioni omosessuali.

Caronte

Figlio di Erebo e della Notte, traghettava le anime dei defunti attraverso l'Acheronte nel Tartaro. Sulla barca di Caronte potevano salire solo coloro che erano stati seppelliti e dovevano pagare un obolo. Da tale leggenda derivò l'usanza degli antichi Greci di porre una moneta nella bocca dei cadaveri. Ne erano esentati gli abitanti di Ermione in quanto vi ritrovava la via più breve per accedere all'Ade. Pare che Eracle usò tale via per trascinare Cerbero fuori dall'Ade.
Quando le ombre scendono al Tartaro, il cui ingresso principale si trova in un bosco di bianchi pioppi presso il fiume Oceano, ciascuna di esse è munita di una moneta, che i parenti le hanno posto sotto la lingua. Possono così pagare Caronte, il tristo nocchiero che guida la barca al di là dello Stige. Questo lugubre fiume delimita il Tartaro a occidente e ha come suoi tributari l'Acheronte, il Flegetonte, il Cocito, l'Averno e il Lete. Le ombre prive di denaro debbono attendere in eterno sulla riva, a meno che non riescano a sfuggire a Ermete, la loro guida, introducendosi nel Tartaro da un ingresso secondario, come Tenaro in Laconia o Aorno nella Tesprozia. Un cane con tre teste (o con cinquanta teste, come atri sostengono), chiamato Cerbero, monta la guardia sulla sponda opposta dello Stige, pronto a divorare i viventi che tentino di introdursi laggiù, o le ombre che tentino di fuggire.
Eracle discese al Tartaro da Tenaro in Laconia e Caronte, terrificato dal cipiglio dell'eroe, lo traghettò al di là del fiume Stige senza esitare; per punirlo di questa sua disobbedienza, Ade in seguito lo incatenò per un anno intero.
Si rappresenta Caronte come un vecchio bruttissimo, con una barba irsuta e tutta grigia; ha un mantello a brandelli e un cappello rotondo.


Carope


Nella mitologia greca, Carope o Caropo era il nome di uno dei re della Tracia

Carope, un umile abitante della Tracia, venne a sapere dei complotti che Licurgo tramava, contro il divino Dionisio, il dio del vino. Avvertito la divinità ebbe come ricompensa il trono del regno e divenne anche sacerdote del culto dionisiaco.

Cassandra (mitologia)

Cassandra è una figura della mitologia greca. È ricordata da Omero come una delle figlie del re di Troia Priamo e di Ecuba. Avuto da Apollo il dono della preveggenza, prevedeva terribili sventure ed era pertanto invisa a molti. Ancora oggi il suo nome è associato a persone che preconizzano eventi nefasti.

Il dono della profezia

Vi sono diverse versioni sull’origine del dono profetico di Cassandra. Secondo una prima versione, fu portata appena nata, insieme al fratello gemello Eleno, nel tempio di Apollo; lì trascorsero la notte. Al mattino furono ritrovati coperti di serpenti che lambendo loro le orecchie li avevano resi profeti. Secondo un’altra versione, la più famosa, Apollo, per guadagnare il suo amore, le donò la dote profetica ma, una volta ricevuto il dono, Cassandra rifiutò di concedersi a lui: adirato, il dio le sputò sulle labbra e con questo gesto la condannò a restare sempre inascoltata.

Profetessa inascoltata

Ancora bambina, alla nascita di Paride predisse il suo ruolo di distruttore della città, profezia non creduta da Priamo ed Ecuba ma confermata da Esaco, interprete di sogni, che consigliò ai sovrani di esporre il piccolo sul monte Ida. Paride però si salvò e quando divenne adulto tornò a Troia per partecipare ai giochi; durante la competizione, fu riconosciuto dalla sorella, che chiese al padre e ai fratelli di ucciderlo, scatenando la reazione contraria e facendo ritornare il giovane Paride al suo rango originale di principe. Profetizzò sciagure quando il fratello partì per raggiungere Sparta, predicendo il rapimento di Elena e la successiva caduta di Troia. Ritenuta una delle più belle fra le figlie di Priamo ebbe diversi pretendenti, fra cui Otrioneo di Cabeso e il principe frigio Corebo, morti entrambi durante la guerra di Troia, il primo ucciso da Idomeneo, l’altro da Neottolemo (o Pirro, figlio di Achille). Quando il cavallo di legno fu introdotto in città, rivelò a tutti che al suo interno vi erano soldati greci, ma rimase inascoltata. Solo Laocoonte credette alle sue parole e si unì alla sua protesta, venendo per questo punito dal dio Poseidone, che lo fece uccidere da due serpenti marini.

La morte


La città di Troia fu così conquistata dai greci, che le diedero fuoco e massacrarono i cittadini. I membri della famiglia reale si rinchiusero nei templi troiani, ma tutto ciò valse a poco. Priamo morì sull’altare del santuario ucciso da Neottolemo mentre Cassandra, rifugiatasi nel tempio di Atena, fu trovata da Aiace di Locride e stuprata. Trascinata via dall’altare, si aggrappò alla statua della dea, che Aiace, miscredente e spregiatore degli dei, fece cadere dal piedistallo. A causa del suo comportamento furono puniti tutti i principi greci, che non ebbero felice ritorno a casa. Lo stesso Aiace fu punito con la morte da Atena e Poseidone. Cassandra divenne quindi ostaggio di Agamennone e fu portata da lui a Micene. Giunta in città, profetizzò all’Atride la sua rovina, ma quest’ultimo non volle credere alle sue parole, cadendo così nella congiura organizzata contro di lui dalla moglie Clitemnestra e da Egisto, nella quale morì la stessa Cassandra.

Per antonomasia, si attribuisce l'appellativo di "Cassandra" alle persone che pur annunciando eventi sfavorevoli giustamente previsti, non vengono credute, e viene detta "sindrome di Cassandra" la condizione di chi formula ipotesi pessimistiche ed è convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:10
 
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Cassandra

Figlia di Priamo, re di Troia, e della sua sposa Ecuba. Omero la chiama «la più bella tra le figlie di Priamo e di Ecuba».
Il giorno genetliaco di Priamo, durante la festa che si celebrava nel santuario di Apollo Timbreo, i gemelli Cassandra ed Eleno stanchi di giocare si addormentarono in un canto, mentre gli incauti genitori, con le menti annebbiate dal vino, rientrarono a casa senza di loro. Al mattino, quando Ecuba ritornò al tempio, vide che i sacri serpenti stavano leccando le orecchie dei bambini e urlò terrorizzata. I serpenti subito sparirono strisciando in un cespuglio di alloro, ma da quel momento Cassandra ed Eleno ebbero il dono della profezia.
Secondo un'altra versione, Cassandra, quand'era giovane, un giorno si addormentò nel tempio e Apollo, apparsole all'improvviso, promise di istruirla nell'arte della profezia se avesse acconsentito a giacere con lui. Cassandra, dopo aver accettato il suo dono, rifiutò di tener fede ai patti; Apollo allora le chiese un solo bacio e mentre Cassandra lo baciava le sputò nella bocca per far sì che nessuno credesse mai a ciò che essa avrebbe profetizzato. Stranamente anche l'indovino Poliido con quest'atto privò il suo allievo Glauco dell'arte divinatoria che gli aveva appena insegnato.
Cassandra entrava in uno stato di trance estatica prima di fare le sue profezie. La famiglia la considerava folle. Quando Paride venne a Troia, ne riconobbe l'identità anche se era stato abbandonato alla nascita sul monte Ida ed era perciò sconosciuto ai suoi stessi genitori. Annunciò il danno che Paride avebbe fatto recandosi a Sparta (dove rapì Elena) e cercò anche di mettere in guardia il suo popolo quando annunciò che il cavallo di legno conteneva uomini armati, e le sue parole furono confermate dal veggente Laocoonte. Ma i suoi avvertimenti vennero completamente ignorati dai Troiani.
Quando Troia ormai caduta bruciava, Cassandra si rifugiò nel tempio di Atena aggrappandosi al simulacro ligneo che aveva sostituito il Palladio. Il piccolo Aiace, figlio di Oileo, la strappò via rovesciando la statua e la violentò, mentre l'immagine di Atena distoglieva gli occhi sgomenta dall'orrore. In seguito a questo, l'assemblea degli Achei aveva deciso di condannarlo a morte per lapidazione, in modo da espiare il sacrilegio che minacciava l'intera comunità, ma Aiace aveva evitato la morte correndo a rifugiarsi presso l'altare della stessa Atena.
Durante la spartizione del bottino, Cassandra venne presa da Agamennone come concubina. Ella era rimasta vergine, benché non le fossero mancati i pretendenti, in particolar modo Otrioneo, il quale aveva promesso a Priamo di liberarlo dai Greci se gli avesse accordato come premio, dopo la vittoria, la mano di sua figlia. Ma Otrioneo era stato ucciso da Idomeneo. Cassandra avrebbe dato ad Agamennone due gemelli, Teledamo e Pelope. Agamennone la portò con sé a Micene, dove entrambi caddero per mano di Clitemnestra, non prima che Cassandra avesse vaticinato il destino che aspettava tutti loro parlando in piena coscienza dei delitti di cui si era macchiata la casa di Atreo, famiglia di Agamennone, in tempi passati. Ne parla Eschilo nella sua tragedia Agamennone.

Cassifone

Cassifone, secondo la mitologia greca, è la figlia di Ulisse e della maga Circe. Cassifone uccide per sbaglio il padre Ulisse alcuni anni dopo essere riuscito finalmente a tornare ad Itaca. Telemaco, il figlio che Ulisse ha avuto dalla sua sposa Penelope, vendica Ulisse uccidendo Cassifone. Circe e Telemaco si innamorano e si sposano. Circe, venendo a sapere che il suo amato è colui che ha assassinato la figlia, tenta di ucciderlo, ma non ci riesce, anzi, è Telemaco ad uccidere lei per legittima difesa. A questo punto si uccide gettandosi da una altissima vertiginosa scogliera.

Secondo altre versioni, Cassifone sposò il fratellastro Telemaco. Ma, visto che egli aveva ucciso la madre Circe, Cassifone si vendicò uccidendo lui.

Cassiopea (mitologia)

Cassiopea è una figura della mitologia greca.

Sposò Cefeo re di Etiopia e generò Andromeda.

Vantandosi di essere più bella di tutte le nereidi, divinità marine figlie di Nereo, scatenò le ire del dio del mare Poseidone che mandò un serpente mostruoso a devastare l'Etiopia e a divorarne gli abitanti.

Un oracolo rivelò che l'unico mezzo per calmare le ire del mostro era sacrificare lui la figlia Andromeda. Il padre Cefeo fu così costretto al sacrificio ma Perseo la salvò.

Castianira


Nella mitologia greca, Castianira era il nome di una delle amanti di Priamo, re di Troia.

Priamo, marito di Ecuba, aveva molte concubine con cui aumentare la sua già vasta prole, alla fine arrivò ad avere 54 figli, alcuni con Castianira, una donna del regno di Esima.

Fra i suoi figli vi era Gorgitione che morì durante la guerra di Troia.

Catreo


Catreo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Minosse.

Catreo ebbe quattro figli: tre femmine (Erope, Climene e Apemosine), e un maschio, Altemene.

Catreo fu costretto da una profezia ad allontanare i suoi figli da lui, perché uno di loro lo avrebbe ucciso. Altemene e Apemosine salparono per Rodi e non ebbero contatti con il padre per molto tempo.

Quando Catreo si accorse di essere prossimo alla morte e di essere senza un erede, si recò a Rodi per ritrovare Altemene.

Giuntovi nottetempo, vennero scambiati dagli indigeni per pirati e furono attaccati. Altemene, trovatosi di fronte i nemici, dalla distanza scagliò un giavellotto che colpì il padre, uccidendolo.

Quando Altemene si accorse di avere ucciso suo padre, pregò gli dei che gli dessero la morte: subito dopo, il giovane fu inghiottito dalla terra.

Caucone

Nella mitologia greca, Caucone era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto il nome di Caucone ritroviamo:

* Caucone, figlio di Licaone re di Arcadia, si racconta di lui come colui che diede il suo nome ai Cauconi, nel Peloponneso, la sua fine fu la stessa di Licaone, ad opera di Zeus ormai furioso per le gesta del padre, fulmini fecero strage della famiglia.

* Caucone, figlio di Celeno e nipote di Filo, uno dei tanti servitori di Demetra, la dea dell’agricoltura. Si racconta che gli erano attribuiti onore come ad una divinità, soprattutto durante la fondazione della megalopoli. Grazie ai suoi sogni rivelatori salvò la vita ad un generale, tale Epitele.

Cauno


Nella mitologia greca, Cauno era il fratello gemello di Bibli (Byblis o Biblide) e figlio di Mileto .

Vi sono diversi racconti che lo legano a Bibli, non è chiaro se fosse lei ad essere innamorata di lui o il contario: in ogni caso Cauno decise di esiliarsi per allontanarsi da questo amore proibito. Nei suoi viaggi nella Caria fonda una città e la chiama con il suo nome. Si sposa con Pronoe, una ninfa, e da lei ha un figlio tale Egialo.

Cebrione


Nella mitologia greca, Cebrione , in greco Κεβριόνην, era il nome di uno dei figli di Priamo, dei 54 avuti da numerose donne.

Quando Paride, suo fratello prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani, Cebrione difese il fratello e il regno dai nemici nella guerra. Dopo che Teucro con il suo arco uccise Archeptolemo, il secondo auriga, Ettore chiese al fratello di prendere le redini del carro in mano, da allora sarà il suo terzo auriga. In seguito diede consigli a suo fratello su come agire durante la guerra, avvertendo il quest'ultimo che Aiace era sceso in campo e faceva strage di alleati. Divenne uno dei capi del gruppo di Ettore e un altro cocchiere, minore di lui, lo aiutò nel compito.

La morte

Cebrione morì per mano di Patroclo, il quale nel tentativo di uccidere Ettore gli sfondò il cranio colpendolo con un sasso piuttosto grande in mezzo alla fronte, mentre insieme ad Ettore veniva all'attacco contro il giovane scudiero di Achille.


Cecrope 1

Figlio della Madre Terra, metà uomo e metà serpente, fu ritenuto il fondatore di Atene.
Sposò Aglauro figlia di Atteo, ereditò il trono del suocero, ovverosia Atte chiamata poi Attica, dandole il nome Cecropeia. Aglauro gli diede un figlio, Erisittone, che non sopravvisse a Cecrope, e tre figlie, Pandroso, Aglauro e Erse.
Quando Atena e Poseidone lottarono per il possesso dell'Attica, Zeus si interpose nella disputa ordinando che i due dèi si rimettessero al tribunale divino, composto da tutte le divinità olimpiche, che invitarono Cecrope a deporre come testimone. Zeus non espresse il proprio parere, ma mentre tutti gli dèi appoggiavano le pretese di Poseidone, tutte le dee si schierarono dalla parte di Atena. E così per un voto di maggioranza, quello di Cecrope, Atena ottenne di governare sull'Attica, poiché aveva fatto a quella terra il dono migliore. Infatti, Atena aveva fatto crescere sull'Acropoli un ulivo, mentre Poseidone, scagliando il suo tridente nell'acropoli di Atene, era riuscito ad aprire un pozzo d'acqua salmastra.
Cecrope aveva fondato la corte dell'Areopago ad Atene quando Ares, accusato dell'omicidio di Alirrozio, doveva essere giudicato. Il dio venne poi assolto. Fu il primo a riconoscere la supremazia di Zeus tra gli altri dèi, riconobbe i diritti della paternità e istituì la monogamia e la sepoltura dei morti. Divise l'Attica in dodici comunità, costruì templi ad Atene e abolì certi sacrifici cruenti sostituendoli con offerte di focacce d'orzo.
Alla sua morte il regno passò a Cranao (anche lui nato dalla Madre Terra).

Cecrope 2

Ottavo re di Atene, figlio di Eretteo e di Prassitea. Era il maggiore dei figli, ma fu scelto per diventare re non da suo padre, ma alla morte di questi, dall'alleato tessalico Suto. La decisione non fu approvata dal popolo e Suto, condannato all'esilio, morì a Egialo, ora Acaia. Cecrope sposò Metiadusa che gli diede un figlio, Pandione, il quale gli succedette al trono.


Cedalione


Nella mitologia greca, Cedalione era uno degli apprendisti di Efesto.

Quando al cacciatore Orione, diventato cieco, un oracolo profetizzò che andando verso oriente avrebbe recuperato la vista, egli si mise subito in viaggio per mare con la sua barca e arrivò nell’isola dove il dio Efesto aveva la sua fucina.

Appena giunto Orione rapì l’apprendista del dio, lo caricò sulle proprie spalle così da diventarne la guida. Il dio non interferì.

Cedalione guidò il cacciatore nei meandri dell’oceano fino ad arrivare nell’isola più remota, dove Eos innamoratasi di lui e suo fratello Elio in segno di bontà gli restituì la vista.

Cefalo (mitologia)

Cefalo è una figura della mitologia greca.

Figlio di Deioneo e di Diomedea, sposò Procri, figlia di Eretteo. La leggenda di questo personaggio è caratterizzata da storie d'amore e di gelosia. La dea dell'aurora Eos (Aurora nella mitologia romana) ne era follemente innamorata e, mentre Cefalo stava cacciando, lo rapì. Cefalo tuttavia non voleva tradire Procri, ma Eos insinuò il giovane che la stessa Procri era facile a tradirlo appena qualcuno le avesse fatto un regalo e per avvalorare la sua tesi lo trasformò in un'altra persona. Costui ne ebbe conferma quando, presentatosi a Procri con un regalo costoso che la dea gli aveva procurato, la donna accettò le sue avances.

A questa evidenza Cefalo abbandonò la moglie per cadere fra le braccia di Eos. Da questa unione nacque Fetonte. Procri abbandonata a se stessa si recò a Creta dove aiutò Minosse a guarire dal sortilegio che la moglie Pasifae gli aveva lanciato: tutte le volte che si sarebbe avvicinato a una donna il suo corpo avrebbe sprigionato animali disgustosi come serpi e scorpioni. Dopo averlo guarito, Minosse le donò in segno di ringraziamento una lancia che se tirata sarebbe andata sempre a segno e un cane Lelope, molto veloce (doni fatti a sua volta a Minosse da Artemide), purché Procri andasse via da Creta e non creasse gelosie in Pasifae moglie di Minosse. Ritornata ad Atene Cefalo appena la vide con quelle armi pregò la donna di regalargliele. Procri pose come condizione che passasse ancora una notte con lei. I due si riconciliarono e il giorno dopo andarono a caccia insieme.

Sfortuna volle che Cefalo avendo udito un fruscio di rami pensò che vi fosse una preda invece colpì mortalmente Procri. Condannato all'esilio per questo omicidio giunse a Tebe dove in quel momento regnava Anfitrione che lo accolse e gli fece omaggio di un'isola che da allora venne chiamata Cefalonia. Qui pare che un giorno colto dal rimorso della fine di sua moglie si sia gettato in mare da una rupe.

Cefeo (Aleo)

Nella mitologia greca, Cefeo era il nome di uno dei figli di Aleo e di Neera.

Fu re di Tegea e insieme a suo fratello, Anfidamante partecipò al viaggio intrapreso dagli argonauti.[1] Ebbe una prole molto numerosa ed Eracle gli chiese aiuto ottenendolo contro gli Ippocoontidi. Nell'impresa la sorte di tutti loro è infausta: secondo Diodoro Siculo sopravvissero solo 3 dei 20 figli, secondo altri nessuno tornò a casa. Cefeo forse presagiva tale sorte infatti tentennò molto prima di accettare tale alleanza, convinto solo per un regalo avutao dal semidio a sua figlia Sterope.

Cefeo
(Belo)

Nella mitologia greca, Cefeo era il nome di uno dei figli di Belo e di Anchinoe.

Fratello di Egitto, Danao, e forse anche di Fineo, fu re dell'Etiopia, che nella mitologia greca comprendeva i territori dalla Palestina al Mar Rosso.

Sposò Cassiopea, che gli generò Andromeda.

Nella mitologia greca viene citato solo in quanto padre di Andromeda, morì senza eredi maschi e il suo regno andò al nipote Perse figlio di Perseo e Andromeda.

Da Cefo prende nome l'omonima costellazione (Cepheus); la costellazione è situata tra Cassiopea (la moglie) e Andromeda (la figlia); sulla superficie della Luna è stato inoltre battezzato il cratere Cefeo.

Secondo altri non era re dell'Etiopia ma di Babilonia o dell'odierna Giaffa.

Cefeo (Licurgo)

Nella mitologia greca, Cefeo era il nome di uno dei figli di Licurgo.

Fratello di Anceo il piccolo ebbe occasione di cimentarsi insieme al parente durante la lotta del cinghiale di Calidone. Durante la caccia Anceo trovò la morte.

Cefeo (mitologia)

Cefeo è il nome di diversi personaggi della mitologia greca.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Cefeo, uno degli Argonauti che accompagnarono Giasone alla conquista del vello d'oro.
* Cefeo, re dell'Etiopia, che nella mitologia greca comprendeva i territori dalla Palestina al Mar Rosso. Cefeo discendeva da una relazione fra Zeus (Giove) e Io. Sposò Cassiopea, che gli generò Andromeda.
Nella mitologia greca viene citato solo in quanto padre di Andromeda, morì senza eredi maschi e il suo regno andò al nipote Perse figlio di Perseo e Andromeda.
* Cefeo, figlio di Licurgo e fratello di Anceo.

Da Cefo prende nome l'omonima costellazione (Cepheus); la costellazione è situata tra Cassiopea (la moglie) e Andromeda (la figlia); sulla superficie della Luna è stato inoltre battezzato il cratere Cefeo.

Ceice 1

Re di Trachis, amico e parente di Eracle.
Quando Eracle uccise accidentalmente Eunomo, benché Architele lo avesse perdonato per questo incidente, l'eroe decise di espiare la colpa con l'esilio secondo l'usanza e se ne andò, accompagnato da Deianira e dal loro figlio Illo, a Trachis da Ceice. Proprio Ceice rese gli onori funebri a Cicno, figlio di Ares e di Pelopia. Cicno era un uomo violento e sanguinario che attaccava soprattutto i pellegrini che si recavano a Delfi, e questo gli attirò l'odio di Apollo, il quale incitò contro di lui Eracle. Cicno ed Eracle si scontrarono a singolar tenzone e Cicno fu ben presto ucciso, e sepolto da Ceice nella valle dell'Anauro ma, per ordine di Apollo, le acque del fiume in piena spazzarono via la sua pietra tombale.
Dopo la morte di Eracle, i suoi figli, perseguitati dall'odio di Euristeo, si rifugiarono a Trachis, presso Ceice. Ma Euristeo mandò un messaggio a Ceice, chiedendogli l'estradizione degli Eraclidi. Troppo deboli per opporsi a Euristeo, essi lasciarono Trachis, mentre Ceice si diceva desolato di non poterli aiutare.

Ceice 2

Re di Trachine, figlio di Eosforo (la Stella del Mattino) e marito di Alcione. I due erano così felici che Alcione osò assumere il nome di Era e chiamò Zeus il marito. Ciò suscitò l'ira di Zeus e di Era olimpi. Essi scagliarono una folgore sulla nave di Ceice, che era salpato per consultare un oracolo, e Ceice morì annegato. La sua ombra apparve ad Alcione che, sopraffatta dal dolore, si gettò in mare. Alcuni dèi pietosi li trasformarono ambedue in tordi marini.
Ora accade che ogni inverno la femmina del tordo marino trasporta il suo morto compagno fino al luogo della sepoltura e poi, costruito un nido compatto con gli aculei del riccio, lo lancia in mare, vi depone le uova e le cova durante i sette giorni che precedono e i sette che seguono il solstizio d'inverno. In quel periodo Eolo vieta ai venti di spazzare il mare. I marinai chiamano questo periodo di bonaccia "i giorni dell'Alcione," in loro ricordo.
Altri dicono che Ceice fu trasformato in un gabbiano.

Ceira (mitologia)

Nella mitologia greca, Ceira era il nome di una eroina della città di Mileto, figlia di un artigiano, esperto vasaio.

Neleo, figlio di Codro chiese ad un oracolo quale sarebbe stato il suo futuro e il responso fu che doveva creare una città dove una donna le avesse offerto della terra umida, bagnata. Arrivato a Creta incontro la ragazza, allora le chiese della creta e Ceira non capendo gliela offrì: quella fu la terra bagnata che cercava e subito Neleo prese la città.

Celeno
(Arpia)

Nella mitologia greca Celeno era un mostro, una terribile Arpia che Enea incontrò sulle isole Strofadi.

Era una delle tre sorelle Arpie, ciascuna delle quali rappresentava un diverso aspetto della tempesta e il suo nome significava oscurità. Talvolta veniva chiamata anche Podarge (dal piede agile). Secondo la leggenda era l'amante di Zefiro, il vento che viene dall'occidente, e insieme a lui generò Balio e Xanto, i due cavalli parlanti di Achille.

Durante l'incontro con Enea, Celeno diede all'eroe Troiano delle profezie riguardo al viaggio che doveva affrontare; in particolare, che una volta giunti in Italia una terribile fame (dira fames) avrebbe costretto lui e i suoi compagni a mangiare le loro stesse mense (i piatti di farro essiccato su cui di solito si nutrivano).

Come le altre sorelle viene rappresentata come una donna con le ali, o come un uccello dal viso di donna e dagli artigli aguzzi e ricurvi, con i quali fanno razzie, rapiscono i bambini o le anime.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:19
 
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Celeno (Pleione)

Celeno era una delle Pleiadi, chiamate anche "Le sette sorelle". Era figlia di Atlante e di Pleione.

Sposò Poseidone e fu da lui resa madre di Lico, Nicteo, Euripilo e, forse, Tritone. Secondo alcune leggende era anche la madre di Deucalione, avuto da Prometeo.

Celeo (Creta)

Nella mitologia greca, Celeo era un abitante dell’isola di Creta, un famoso ladro ardito, di cui si raccontano le gesta.

Celeo, un giovane ragazzo con i suoi compagni Laio, Cerbero e Egolio decisero di compiere un misfatto: avevano intenzione di rubare le miele in un luogo proibito, proprio dove Rea all’alba dei tempi aveva concepito Zeus, l’entrata era inviolabile da parte di chiunque.

Per l’impresa i ladri decisero di vestirsi di bronzo che doveva servire contro le api che facevano guardia all’alveare dove forniva il sacro miele primo cibo di Zeus.

Entrati nella caverna non trovarono ostacolo alcuno sin quando raggiunsero la culla del dio: qui misteriosamente le loro vestigia caddero, un tuono si sentì minaccioso, anche dopo l’intervento di Temi che cercava di calmare il dio egli non ebbe pietà per i colpevoli, trasformandoli tutti in uccelli, come erano solito fare gli dei: Celeo in cornacchia, mentre i suoi amici in ossifraga e tordo.

Celeo (Eleusi)

Celeo, nella mitologia greca, era il re di Eleusi ed il marito di Metanira, che gli diede Demofoonte (o Trittolemo).

Ovidio narra che Demetra (Cerere) gli apparve nelle vesti di una povera vecchia che cercava la figlia Persefone (Proserpina) e con un bacio ne guarì il figlio morente.


Celeutore


Nella mitologia greca, Celeutore era uno dei figli di Agrio.

Celeutore, insieme ai suoi fratelli decise di regalare il regno di Eneo al loro padre, partirono in guerra andando contro il loro parente (infatti Eneo era in realtà il fratello di Agrio e quindi loro zio). Lo sconfissero e regalarono come desiderarono il trono ad Agrio, ma Diomede che era nipote del vecchio re decise di vendicare il parente e alla fine uccise Celeutore e quasi tutti i suoi fratelli.


Celto
(mitologia)

Nella mitologia greca, Celto (o Galate secondo altre tradizioni) era il nome di uno dei figli di Eracle: a costui, secondo il mito si deve l’origine di tutti i celti.

Celtine o Celtina, figlia del re della Gran Bretagna (Britanno) ai tempi in cui Eracle era giovane, rimase incinta di lui, ella lo convinse con l’inganno ad unirsi con lei infatti l’eroe stava tornando dopo una delle dodici fatiche (quella del bestiame di Gerione che per riuscirci dovette viaggiare per tutta l’Europa conosciuta), ma senza che Eracle se ne accorgesse la ragazza riuscì a nascondere l’intera mandria oggetto della missione. La ragazza acconsentì a rivelare dove avesse nascosto gli animali sono se il semidio si fosse unito a lei. Da tale unione nacque Celto: Eracle prima di lasciare la città diede alla ragazza un arco affermando che se un giorno il futuro figlio sarebbe riuscito a domare con forza quell’arma prodigiosa sarebbe diventato re.

Ceneo

Figlia di Elato, era la fanciulla più bella della Tessaglia, aveva una miriade di pretendenti e puntualmente li rifiutava tutti. Un giorno mentre passeggiava lungo la spiaggia, la Ninfa Ceneide venne violentata da Poseidone. Soddisfatto che ebbe le sue voglie, il dio le chiese di dirgli che cosa desiderasse come dono d'amore. "Trasformami", essa rispose, "in un guerriero invincibile. Sono stanca di essere una donna". Poseidone acconsentì a cambiarle il sesso e la Ninfa divenne Ceneo. Il dio degli abissi marini aveva acconsentito al suo desiderio, e in più le aveva concesso d'esser uomo immune da ferita e che mai potesse soccombere a un'arma. Così mutata in uomo e invulnerabile, guidò gli eserciti in guerra con tale successo che i Lapiti ben presto la elessero loro re; essa generò anche un figlio, Corono, che Eracle uccise molti anni dopo mentre combatteva per il doro Egimio. Inorgoglita della sua nuova condizione, Ceneo piantò una lancia nel bel mezzo della piazza del mercato, dove il popolo si riuniva, e costrinse tutti a sacrificare a codesta lancia come se si fosse trattato di una divinità.
Zeus, venuto a conoscenza della presunzione di Ceneo, istigò i Centauri a commettere un omicidio. Durante le nozze di Piritoo essi dunque assalirono Ceneo, che ne uccise facilmente cinque o sei senza nemmeno rischiare una scalfitura, poiché le armi dei Centauri rimbalzavano sulla sua pelle invulnerabile. I Centauri superstiti, tuttavia, percossero Ceneo sul capo con tronchi d'abete e riuscirono a stenderlo a terra, ricoprendolo poi con una catasta di altri tronchi. Così Ceneo morì soffocato.
Un uccello grigio volò poi fuori dalla catasta e Mopso l'indovino, che era presente, disse di aver riconosciuto in quell'uccello l'anima di Ceneo. Quando ebbero luogo le esequie, si scoprì che il corpo di Ceneo aveva ripreso forme femminili.


Cenis


Cenis o Cenide è una figura della mitologia greca, era una ninfa figlia secondo alcuni di Elato il Magnesio, oppure secondo altri di Corono, un Lapita. Secondo un'altra versione del mito suo padre era Atrace. Appare comunque strettamente connessa con alcune importanti vicende mitiche che riguardano i Lapiti. Nel culto lunare antecedente all'avvento della religione olimpica Cenide impersonava probabilmente il novilunio (il suo nome significa infatti "nuova").

La sua assoluta singolarità nel panorama della mitologia greca sta nel suo mutamento di sesso, che a un certo punto della sua vita la fece diventare un uomo; si tratta probabilmente del più antico caso di cambiamento di sesso ricordato nella cultura occidentale. È indubbiamente significativo come archetipo, sebbene comunque in questa vicenda sia il prodigio soprannaturale a determinare gli eventi.

Infatti Cenis fu amata dal dio Poseidone, che le volle offrire un dono: qualsiasi cosa lei desiderasse. Cenis domandò di essere trasformata in uomo, e di essere invulnerabile; il dio eseguì la richiesta.

Cenis mutò il nome in Ceneo (greco Καινεύς Kaineús, latino Caenus), divenendo un fortissimo guerriero e guidando con successo gli eserciti lapiti in battaglia. Ceneo generò anche un figlio, chiamato anche lui Corono, che fu ucciso molti anni dopo da Eracle durante uno scontro. Ceneo si fece presto prendere la mano, e pieno di orgoglio per il suo successo arrivò a piantare una lancia nel mezzo della piazza del mercato della città in cui risiedeva, e costrinse tutti a venerarla come se fosse stata una divinità. Zeus si indispettì per questo comportamento e decise di punirlo. Quando Ceneo partecipò al matrimonio di Piritoo e Ippodamia, durante il quale si scatenò la celebre lotta tra Lapiti e Centauri (vedi: Storia di Teseo e Piritoo), Zeus indusse i Centauri ad accanirsi contro di lui e ucciderlo. Ceneo ebbe la meglio su molti di loro, perché grazie alla sua invulnerabilità gli attacchi dei Centauri andavano a vuoto; alla fine però venne sotterrato a colpi di tronchi d'albero e finito con terra e pietre, morendo soffocato.

Secondo quanto racconta Ovidio (libro XII delle Metamorfosi), Mopso scorse la sua anima volare via da sotto la catasta d'alberi in forma d'uccello dalle ali fulve, visto solo in quell'occasione.

Al momento del funerale ci si accorse che il corpo di Ceneo aveva ripreso forme femminili.

Centauri

Erano per metà uomini (dalla cintola in su) e per metà cavalli, figli di Issione e di una nuvola creata da Zeus con le sembianze di Era, oppure di Centauro e di Stilbe; abitavano sul monte Pelio, nella Tessaglia ed erano creature brutali e lascive. Tuttavia due Centauri, differenti dagli altri nel carattere, Chirone e Folo, avevano una diversa origine: Chirone era figlio di Crono che in forma di cavallo si era unito alla ninfa Filira; Folo era nato da Sileno e da una ninfa dei frassini, una Meliade. Questi due sono ospitali, benefici, amano gli uomini e non ricorrono alla violenza.
I principali miti associati con i Centauri si riferiscono alla guerra combattuta con i Lapiti, un popolo tessalico che discendeva da Issione, ma era tanto civilizzato quanto i Centauri erano selvaggi. La battaglia scoppiò alle nozze del re dei Lapiti Piritoo con Ippodamia (o Didamia). I Centauri, cugini di Piritoo, sedettero a tavola. Essi tuttavia non erano avvezzi a bere vino e, quando ne fiutarono l'aroma, corsero con i loro corni d'argento ad attingerne negli otri. Si ubriacarono in tal modo che, quando la sposa apparve per salutare gli ospiti, Eurito (o Eurizione) balzò dallo sgabello, rovesciò il tavolo e la trascinò via per i capelli. Subito gli altri Centauri seguirono il suo vergognoso esempio, agguantando bramosi le donne dei Lapiti che capitavano loro a tiro. Piritoo e il suo paraninfo Teseo accorsero in aiuto di Ippodamia, amputarono il naso e le orecchie di Eurizione e, con l'aiuto dei Lapiti, gettarono fuori i Centauri. Si scatenò una lotta furibonda che si prolungò fino al calar della notte. I Centauri subirono un grave rovescio e Teseo li scacciò dal loro territorio di caccia sul momte Pelio, spingendoli nella terra degli Etici presso il monte Pindo.
I Centauri intervengono a più riprese anche contro Eracle. Quando Eracle, alla caccia del cinghiale Erimanzio, venne ospitato dal Centauro Folo, questi gli offrì carni arrostite, mentre lui mangiava unicamente carne cruda, ma non osò aprire la giara di vino che apparteneva a tutti i Centauri, finché Eracle non gli ricordò che Dioniso aveva lasciato la giara nella grotta appunto perché fosse aperta in quella occasione. Il forte profumo del vino fece perdere la ragione ai Centauri. Armati di grossi massi, abeti sradicati, torce e trincetti, si precipitarono verso la grotta di Folo. Mentre Folo, terrorizzato, cercava scampo, Eracle audacemente respinse Ancio e Angrio, i primi assalitori, con un lancio di carboni infuocati, e poi affrontò tutti gli altri, uccidendone parecchi con le sue frecce avvelenate. Una freccia trapassò il braccio di Elato e si conficcò vibrando nel ginocchio di Chirone. Eracle, angosciato, si accovacciò accanto al vecchio amico ed estrasse la freccia, cercando poi di medicare la ferita, ma non servì a niente; Chirone si ritirò ululando per il dolore sul fondo della grotta. Prometeo propose se egli rinunciasse alla sua immortalità per por fine alle sue sofferenze, e Zeus accettò tale richiesta; ma altri dicono che Chirone decise di morire non per il dolore della ferita, ma perché era ormai stanco della sua lunghissima vita.
Folo, mentre dava sepoltura ai suoi compagni morti, estrasse da un cadavere una delle frecce di Eracle e la esaminò: "Come mai", si chiese, "un Centauro così robusto può essere perito per una semplice scalfitura?" Ma ecco che la freccia gli sfugge dalle mani e, forandogli un piede, lo uccide all'istante. Eracle allora desistette dall'inseguire il cinghiale e ritornò a Foloe, dove seppellì Folo con straordinari onori ai piedi del monte che prese il suo nome.
Gli altri Centauri fuggirono a Eleusi in Attica, dove Poseidone li nascose in una montagna. Eurizione venne ucciso da Eracle mentre cercava di usare violenza a Mnesimache, figlia di Dessameno, re di Oleno, a quel tempo ospite di Eracle.
Uno dei Centauri, Nesso, ottenne una terribile vendetta su Eracle per il male che aveva fatto alla sua razza. Quando Eracle sposò Deianira, durante il viaggio verso casa, si trovarono obbligati ad attraversare il fiume Eveno, in Etolia, in quel momento in piena. Nesso si offrì di traghettare Deianira, ma tentò di usare violenza alla fanciulla ed Eracle lo colpì con una delle sue frecce avvelenate. Mentre moriva, fingendo di volersi redimere, Nesso disse a Deianira di prendere un po' del suo sangue e di conservarlo, perché se un giorno Eracle avesse perduto l'amore per lei il modo certo di riconquistarlo era di bagnare con quel sangue una tunica e fargliela indossare. Ma il sangue era avvelenato e quando anni dopo Deianira sospettò il suo sposo di infedeltà e agì come Nesso le aveva consigliato, Eracle andò incontro a un'orribile morte.

Ceo (mitologia)

Ceo è una figura della mitologia greca, era figlio di Urano e di Gea.

Era uno dei titani e fra essi rappresentava l'intelligenza.
Sposò Febe, con la quale generò Leto e Asteria.

Nella Mitologia romana era conosciuto come Polus.

Cerambo

Nella mitologia greca, Cerambo (in greco Κέραμβσς) era un pastore dalle umili origini di cui si raccontano le gesta durante il diluvio di Deucalione.

Cerambo, al tempo della punizione di Zeus, viveva alle pendici del monte Otrys nell’Otride in Tessaglia; quando iniziò la furia divina, per sfuggire all’inondazione, decise di salire sulla montagna più alta: qui rimase ad aspettare, ma le acque si alzarono sempre di più fino a minacciarlo, allora le ninfe del luogo, che gli erano grate per essere state deliziate dal suo bel canto per il quale era famoso in tutta la regione, decisero di offrirgli delle ali, e lo trasformarono in uno scarabeo.

Secondo Ovidio (Metamorfosi 7. 353), Cerambo era figlio di Eusiro, figlio di Poseidone e della ninfa Eidotea.

Terambo, altro abitante dell’Otride, ebbe un destino simile a quello di Cerambo. Fra i due miti simili, quello che appare più verosimile per assonanza è quello di Cerambo (il suo nome in greco antico significava appunto scarabeo).

Ceramo

Nella mitologia greca, Ceramo o Ceramico era il nome di uno degli eroi del tempo antico, figlio di Dionisio e di Arianna, ai tempi in cui la ragazza fu abbandonata da Teseo. Il suo nome significa: “essere vasaio”

Ceramo direbbe famoso per due motivi:

* Riuscì a dare il suo nome ad uno dei sobborghi della città di Atena
* Fu lui il primo a creare il mestiere dei vasai, (dal suo nome vengono chiamati i ceramisti).

Cerbero

Cèrbero nella mitologia greca era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso dell'Ade, il mondo degli inferi. È un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto, anziché di peli, di velenosissimi serpenti, che ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era impedire ai vivi di entrare ed ai morti di tornare indietro. In realtà nell'antichità il "nudo suolo" era definito Cerbero (o "lupo degli dei") poiché ogni cosa seppellita pareva essere divorata in breve tempo.

Il nome di Cerbero è entrato nella lingua italiana per esprimere, per antonomasia e spesso ironicamente, un guardiano arcigno e difficile da superare.

Cerbero è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera. Cerbero è un mastino sanguinario e gigantesco che emette dalle fauci dei latrati che scoppian come tuoni. Il suo compito era sorvegliare l'accesso dell'Ade o Averno affinché nessuno dei morti ne uscisse. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle.

Le dodici fatiche di Ercole

Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Eracle è costretto a combatterlo e sconfiggerlo per portarlo a Micene da Eurìsteo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo da solo e senza armi) Eracle lo affronta e arriva quasi a strangolarlo, lottando con lui tutto il tragitto. Dopo di che, lo riporta nell'Ade perché riprenda a farne la guardia.

Araldica

In araldica, il cérbero (nome comune) è una figura immaginaria del tutto corrispondente alla sua raffigurazione mitologica: un cane tricefalo dalle gole spalancate, la coda di drago e con teste di serpente sul dorso. Talune raffigurazioni utilizzano i serpenti come chioma.

In taluni stemmi il cerbero, guardia feroce della città infernale, allude al cognome Medico, che vigila a che nessuno entri nella città dei malati. L’eventuale collare simboleggia la sottomissione del medico alla sua missione.

Amore e Psiche


Nella fiaba di Amore e Psiche contenuta ne l'Asino d'oro di Apuleio, l'eroina (Psiche) è costretta a compiere un viaggio agli inferi e deve affrontare, all'entrata e all'uscita, Cerbero, che nel testo non viene chiamato per nome ma descritto come canis praegrandis, teriugo et satis amplo capite praeditus, immanis et formidabilis, tonantibus oblatrans faucibus mortuos, quibus iam nil mali potest facere, frustra territando ante ipsum limen et atra atria Proserpinae semper excubans servat vacuam Ditis domum ("un cane enorme, con una triplice testa in proporzione, gigantesco e terribile, che con fauci tonanti latra contro i morti, cui peraltro, non può fare alcun male; cercando terrorizzarli senza motivo, e standosene sempre tra la soglia e le oscure stanze di Proserpina, custodisce la vuota dimora di Dite").

Eneide

"L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno profondo"......

Divina Commedia


La figura mitologica di Cérbero è presente anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove esso vigila l'accesso al terzo cerchio dell'Inferno (Divina Commedia), quello di coloro che peccarono di incontinenza riguardo alla gola. Nella rappresentazione dantesca la figura di questo mostro mitologico si fonde con l'ideologia del fantastico di stampo medievale, in cui prevalgono significati simbolici; ne viene fuori una figura nuova, i cui particolari realistici danno una straordinaria vivacità. Viene presentato attraverso tre apposizioni "fiera", "vermo" e "demonio", secondo una lettura classica, fantastica e religiosa. Gli vengono anche attribuite caratteristiche umane, traslitterando parti del corpo bestiale tra cui la barba, le mani e le facce. Viene descritto con gli occhi vermigli per l'avidità, con il ventre largo per la voracità e con le zampe artigliate per afferrare il cibo. Le interpretazioni allegoriche di questo personaggio (delle sue teste) nella Commedia sono due: le tre teste indicherebbero i tre modi del vizio di gola: secondo qualità, secondo quantità, secondo continuo (cioè mangiare in continuazione senza preoccuparsi né della qualità né della quantità); le teste sarebbero il simbolo delle lotte intestine fra fazioni appartenenti a una stessa città,oppure perché vigila nel 3 cerchio.

Cercafo

Nella mitologia greca, Cercafo era il nome di uno dei figli di Elio, il dio venerato soprattutto a Rodi, e della ninfa Roda (da cui il nome dell’isola di Rodi).

Cercafo era uno dei tanti figli degli Eliadi; aveva un fratello chiamato Ochimo che ebbe una figlia di nome Cidippe. Lo zio si innamorò di lei ottenendola come sposa e alla morte del padre della ragazza fu proprio Cercafo a diventare il nuove re di Rodi. Da tale unione nacquero tre figli: Lindo, Camiro e Ialiso, essi una volta morto il loro padre decisero di dividersi il regno in tre parti e ognuno di loro fondò una città, che fu capitale del proprio regno, ad ognuna di esse fu data il nome del regnante, rispettivamente Lindo, Camiro e Ialiso.

Cercione


Cercione ( "coda di cinghiale" ) è un personaggio della mitologia greca.

Figlio di Branco e di Argiope, era il re di Eleusi; dotato di un'enorme forza fisica, aveva l'abitudine di appostarsi sulle strade nei dintorni di Eleusi e sfidare i passanti a lottare con lui. Cercione prometteva di cedere il proprio regno a chiunque l'avesse battuto, ma le sfide si concludevano invariabilmente con la sconfitta e la morte dei malcapitati viaggiatori. Alla fine l'eroe Teseo riuscì ad avere la meglio su di lui, lo uccise, e si impadronì del trono di Eleusi.

La figlia di Cercione, Alope, fece l'amore con Poseidone (o ne fu stuprata, a seconda delle versioni) e diede alla luce Ippotoo. Cercione allora, per vendicare l'onta la seppellì viva, ma Poseidone la salvò trasformandola nell'omonima sorgente che sgorga nei pressi di Eleusi.

Cercira

Nella mitologia greca, Cercira o Corcira era il nome di una delle figle di Metope (o Petope) e di Asopo.

Asopo era il nome di una delle divinità minori, una di coloro che regnava su un fiume omonimo. Cercira crescendo destò le attenzioni del dio dei mari Poseidone, la divinità la rapì mentre lei si trovava nella città di Fliunte, portandola in un'isola, che all’epoca prese il nome da lei: Corcira. La ragazza era famosa per i suoi bei capelli.

In quel luogo divennero amanti e da tale unione nacque un figlio, chiamato Feace o Fearce, e da lui discesero i Feaci.

Cercopi

Erano due fratelli gemelli chiamati Passalo e Acmone, oppure Olo ed Euribato, oppure Sillo e Triballo. Figli di Oceano e di Tia, erano i più raffinati ladri e impostori che l'umanità abbia mai conosciuto, essi vagavano qua e là per il mondo, sempre pronti ad architettare nuove burle.
Tia li aveva ammoniti di stare alla larga da Eracle, e poiché la sua frase: "Miei cari sederini bianchi, ancora non sapete chi sia il grande sedere nero" divenne proverbiale, "sederino bianco" ora significa "codardo, meschino, oppure lascivo".
Essi si accanirono a ronzare attorno al letto di Eracle sotto forma di mosconi, finché una sera egli li agguantò, li costrinse ad assumere il loro vero aspetto e li appese a testa in giù a una pertica che portava sulla spalla. Ora il sedere di Eracle, che la pelle del leone non copriva, era diventato nero come cuoio vecchio perché bruciato dai raggi del sole e dal fiato infuocato di Caco e del toro cretese; e i Carcopi scoppiarono in una risata irresistibile quando, appesi com'erano a testa in giù, se lo videro dinanzi agli occhi. La loro ilarità sorprese Eracle, ma quando ne seppe la ragione sedette su una pietra e rise a sua volta così di cuore che i gemelli lo convinsero a lasciarli liberi.
Benché vi sia una nota città asiatica chiamata Cercopia, il rifugio dei Cercopi e una roccia chiamata "sedere nero" si mostrano presso le Termopili; è dunque probabile che questo episodio si sia verificato in un'altra occasione.
Taluni dicono che i Cercopi furono poi tramutati in pietra perché tentarono di burlarsi di Zeus; e altri ancora, che Zeus punì la loro insolenza trasformandoli in scimmioni dal lungo pelo giallastro e confinandoli in due isole che chiudono la baia di Napoli, Procida e Ischia. I loro discendenti vi presero dimora, e sembra che da ciò derivi il nome che portava questo arcipelago nell'antichità. Lo si chiamava "Le Isole delle Scimmie", le Pitecuse.


Cerebia


Nella mitologia greca, Cerebia era il nome della madre di Ditti e di Polidette.

Cerebia divenne famosa perché i suoi figli ebbero una importante parte nelle vicende di Perseo.

Cerere

Antica divinità italica della vegetazione e della fecondità dei campi, poi assimilata a Demetra. Era una dea indigena, come dimostra il nome la cui etimologia fu discussa, ma è probabile come ritenevano gli antichi, che si debba collegare con creare. La sua festa, le Cerialia celebrate il 19 aprile, era registrata nel calendario decemvirale. Nel testo delle dodici tavole si stabiliva che si impiccassero a Cerere i ladri di messi. Era collegata nel culto con Tellure, divinità pure indigena, personificazione divina del campo coltivato. Le feste di Tellure (o Fordicidia) e di Cerere erano celebrate rispettivamente il 14 e il 19 aprile, con soli quattro giorni d'intervallo. Inoltre nelle Feriae sementivae che ricorrevano in gennaio si offrivano a Cerere spighe di spelta, a Tellure una scrofa gravida. Il flamine sacrificava insieme a Tellure e a Cerere, invocando una sequela di dodici dèi.
In seguito fu assimilata alla dea greca Demetra; ma se il suo culto ne fu rafforzato, venne anche trasformato a tal segno che essa finì con essere onorata con rito straniero, perdendosi la memoria che era invece una divinità latina. Così nel culto degli Arvali, che probabilmente era prestato alla Cerere indigena, trasformata in pieno Cerere in Demetra, finì col prevalere sul suo nome l'epiteto di Dea Dia.
Cerere dal secolo V a. C. ebbe il suo tempio presso il Circo Massimo. Secondo la tradizione, mentre infieriva una carestia, i libri sibillini interrogati ordinarono di placare Demetra, Dioniso e Cora; il dittatore Aulo Postumio iniziò (496 a. C.) la costruzione di un tempio alle divinità indicate; il tempio fu compiuto tre anni dopo da Spurio Cassio. Può darsi che la costruzione del tempio sia dovuta alla plebe stessa quando si diede il suo nuovo ordinamento rivoluzionario. Tuttavia non fu conservato il nome di quelle divinità greche, ma furono equiparate a tre divinità indigene, Cerere, Libero e Libera, che crebbero di importanza nel culto appropriandosi la venerazione di cui quelle già godevano. Questo tempio molto celebre era adorno di statue arcaiche di terracotta e di pitture dovute ad artisti come Damofilo, Gorgaso e Aristide. Data la sua antichità, il tempio era costruito secondo lo stile italico con la trabazione in legno e col rivestimento di lastre fittili. Come quasi tutti questi templi, fu distrutto da un incendio nel 31 a. C., fu ricostruito da Augusto in marmo e inaugurato da Tiberio il 17 dopo Cristo. Nel tempio di Cerere era collocato il tesoro e l'archivio dei plebei. La legge sacrale imponeva che presso questo tempio si vendessero i beni di chi avesse offeso i magistrati plebei.


Cerice


Nella mitologia greca, Cerice era il nome di uno dei figli di Eumolpo.

Dopo che il padre morì divenne lui il nuovo il nuovo sacerdote del culto di Demetra. Nella rappresentazione della cerimonia della divinità successivamente alla sua morte esisteranno delle figure particolari dette appunto “cerici”.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:34
 
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Ceroessa

Ceroessa è una figura della mitologia greca, figlia di Zeus e di Io, e sorella di Epafo.

Nacque presso Bizanzio, nel Corno d'Oro, da cui prese il suo nome: la radice del nome ricorda infatti quella del corno. Da piccola, fu allevata da una ninfa, lontana dalle gelosie di Era, tanto da divenire una fanciulla tanto avvenente per aspetto.

Poseidone, innamoratosene, la sedusse e le diede un figlio, Bizante, fondatore e primo re della città di Bizanzio. Ebbe anche un secondo figlio, Strombo, che, invidioso del successo del fratello, mosse guerra a lui e ai Bizantini.

Cestrino

Nella mitologia greca, Cestrino è un personaggio poco conosciuto, nato dagli amori di Eleno, figlio di Priamo, e di Andromaca, dopo la caduta di Troia ad opera dei Greci.

Quando scoppiò una guerra tra Achei e Troiani a causa del rapimento di Elena, regina di Sparta, ad opera di Paride, figlio di Priamo, le due fazioni si combatterono ininterrottamente per ben dieci anni.
Grazie ad uno stratagemma dell'eroe acheo Ulisse, la città di Troia venne catturata e tutti i suoi abitanti massacrati oppure fatti schiavi. Tra le donne prigioniere c'era Andromaca, la vedova dell'eroe Ettore, la quale, dopo aver assistito alla morte del figlioletto Astianatte, avuto dal marito, venne assegnata come schiava a Neottolemo, figlio di Achille.

Dopo aver generato all'Acheo ben tre figli, questi fu stanco di lei e decise di affidarla in sposa al cognato di lei Eleno, figlio di Priamo, l'unico troiano risparmiato alla strage a causa del suo tradimento. Andromaca sposò dunque il fratello del suo primo marito e anche da lui ebbe un figlio, Cestrino.

Cete

Cete era, secondo quanto ci racconta Diodoro Siculo, un re egiziano che aveva la facoltà di tramutarsi in qualsiasi essere vivente, animale o vegetale, o cosa inanimata desiderasse.

Possesdeva la cosiddetta "scienza della respirazione" che sarebbe stata all'origine della sua magia.

Per questa sua mistica dote di trasfigurazione é talora da alcune fonti identificato con il dio marino Proteo.

Ceto (mitologia)

Ceto è una divinità della mitologia greca, figlia di Ponto e di Gea, avente sembianze di mostro marino.

È sorella di Nereo, di Taumante, di Forco ed altri dei marini. Sposò il proprio fratello Forco e gli dette numerosi figli: Echidna, Scilla, le Graie, le Gorgoni, il drago Ladone che custodiva i pomi delle Esperidi e le stesse Esperidi.

Come indica lo stesso nome (si pensi alla parola cetaceo), Ceto era raffigurata spesso come un mostro marino dalla foggia di grande pesce o balena.

Chelona

Nella mitologia greca, Chelona era una ragazza molto legata alla propria casa, per questo fu oggetto di un racconto all’origine dei tempi.

Quando si celebrarono le nozze fra il padre degli dei, il sommo Zeus e sua moglie Era, Ermes addetto agli inviti chiese la partecipazione non soltanto di ogni divinità, ma anche di ogni uomo o donna sulla terra. Il giorno prestabilito vennero tutti, eccetto un'unica persona, tale Chelona. La ragazza si era rifiutata di partire preferendo rimane a casa, disprezzando l’evento. Per questo il divino Ermes scese dal cielo e la punì gettandola nel mare, uscì Chelona trasformata in una tartaruga, infatti l’animale non lascia mai la sua casa portandosela sempre con se.

Chere

Spiriti femminili della morte, simili alle Furie nell'aspetto e nelle funzioni. Portavano distruzione e dolore al loro passaggio, accecando, facendo invecchiare o uccidendo quelli con cui entravano in contatto. Nell'Iliade la Chere viene descritta mentre porta morti e feriti verso il cancello dell'Oltretomba. E' rappresentata con le unghie lunghe e aguzze, con un lungo mantello chiazzato di sangue degli uomini uccisi. A volte il nome Chere viene usato nell'accezione di "destino", perché Teti offre a suo figlio Achille due Chere tra cui scegliere: vivere a lungo e nell'anonimato, o fermarsi a Troia e morire gloriosamente. Allo stesso modo, Zeus pesa la Chere di Achille e di Ettore su una bilancia, in presenza degli dèi, per sapere chi dei due debba morire nel combattimento che li oppone. Il piatto con la Chere di Ettore scende verso l'Ade e subito Apollo abbandona l'eroe alla sua sorte ineluttabile.
Plutarco, in un passo poetico, le considera come cattivi geni che, simili alle Arpie, insozzano tutto ciò che toccano nella vita degli uomini. Esiodo nella sua Teogonia chiama Chere una figlia della Notte, concepita senza partecipazione maschile, come i suoi fratelli Moros ("destino", "sorte"), Ipnos ("sonno") e Tanatos ("morte") e un buon numero di altre astrazioni personificate.
E' possibile che la tradizione popolare abbia finito con l'identificarle con le anime malvagie dei morti che devono essere placate con sacrifici. Ciò che avveniva, ad esempio, in occasione della festa delle Antesterie. Queste erano antiche feste greche in onore dei morti e di Dioniso, particolarmente celebrate in Atene nei giorni 11, 12, 13 del mese d'antesterione che corrispondeva alla seconda metà di febbraio e alla prima di marzo.

Cherone

Nella mitologia greca, Cherone era il nome di uno dei figli di Apollo e di Tero.

La figlia di Filante venne sedotta dal figlio di Zeus, e, caratteristica del ragazzo, dal padre degli dei aveva discendenza anche dal lato della madre visto che la donna era nipote di di di Antioco, figlio di Eracle.

Crebbe Cherone diventando un abile e forte domatore di cavalli, fu eroe ed eponimo della città della Beozia Cheronea.

Chersidamante

Chersidamante un nome in voga al tempo della guerra di Troia, può identificare tre figure della mitologia greca:

* Chersidamante, figlio di Pterelao, re di Tafo, e fratello di Cromio, Tiranno, Antioco, Mestore ed Evere.
* Chersidamante, citato dallo Pseudo-Apollodoro come figlio illegittimo di Priamo.
* Chersidamante, guerriero troiano, citato nel libro XI dell'Iliade.

Chersidamante è presentato da Omero come uno dei guerrieri troiani che assalì Odisseo, rimasto solo e circondato dai nemici, quando l'eroe giunse in soccorso dell'amico Diomede, ferito da Paride. Odisseo, ormai assediato da una turba di Troiani, resse ai loro attacchi uccidendo dapprima Deiopite, Toone ed Ennomo.

Quindi si fece avanti Chersidamante col suo cocchio, sperando di colpirlo, ma l'eroe greco fu più veloce e con la sua lancia gli traforò lo scudo, conficcandogli la propria asta nell'ombelico. Il cadavere del troiano rotolò a terra sollevando polvere, ma Odisseo, impegnato in una lotta per la sopravvivenza, saggiamente non lo depredò dell'armatura. Si tende a confondere questo Chersidamante con l'omonimo figlio di Priamo.

Chimera

Mostro favoloso, figlia di Tifone e di Echidna. Era stata allevata dal re di Caria, Amisodare, e viveva a Patara.
Secondo la descrizione omerica (Iliade, VI, 181-182) aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda di dragone; dalla sua gola uscivano fiamme e col suo alito (molto pesante) seccava tutta la vita vegetale.
Il re di Licia, Iobate, ordinò a Bellerofonte di ucciderla perché essa si dava a scorrerie nel suo territorio. "Essa è una figlia di Echidna", spiegò Iobate, "e il mio nemico, il re di Caria, se la tiene in casa come un animale domestico". Prima di partire per quell'impresa, Bellerofonte consultò il veggente Poliido, che gli consigliò di catturare e domare l'alato cavallo Pegaso, il favorito delle Muse; codesto animale viveva sul monte Elicona, e colà aveva fatto sgorgare per le Muse la fonte Ippocrene, battendo al suolo il suo zoccolo lunato. Pegaso in quel periodo non si trovava in Elicona, ma Bellerofonte lo rintracciò sull'Acropoli presso un'altra delle sue fonti, la fonte Pirene, e gli passò sopra il capo una briglia d'oro, dono di Atena. Bellerofonte riuscì a sopraffare la Chimera piombandole addosso a cavallo di Pegaso, trafiggendola con le frecce e poi conficcandole tra le mascelle un pezzo di piombo che aveva infilato sulla punta della lancia. L'alito infuocato della Chimera fece sciogliere il piombo che le scivolò giù per la gola bruciandole gli organi vitali.
Nel linguaggio poetico prima, e poi anche in quello comune, la parola chimera è venuta a significare i sogni irrealizzabili, le immaginazioni strane e impossibili; sugli scudi araldici la sua figura significa "illusioni vane".


Chimereo


Nella mitologia greca, Chimereo era il nome di uno dei figli di Prometeo, il gigante e di Celeno la figlia di Atlante.

Fratello di Lico, una volta morto venne seppellito insieme al parente nelle terre di Troia, vi era una leggenda sulle loro tombe. Infatti a Sparta vi era un epidemie di peste, per poter sopravvivere alla malattia si consultò un oracolo, prassi comune a quei tempi. Il consiglio fu quello di offrire un sacrificio sulla tomba dei due fratelli e chi doveva fare l’offerta doveva essere un nobile spartano. Il prescelto fu Menelao che nel viaggio incontro Paride, qui fu il loro primo incontro che porterà alla guerra di Troia.

Chione

Chione ("neve" in greco) è una figura della mitologia greca, figlia di Dedalione.

Amò sia Apollo, sia Ermes. Dal primo dei quali nacque Filammone che divenne famoso per la creazione di alcune forme musicali; dall'accoppiamento con Ermes nacque Autolico famoso per la sua capacità di rubare senza essere sorpreso nonché di essere stato il nonno di Ulisse.

Chione si vantò d'esser più bella della dea Artemide, che, sentitasi offesa, la trafisse con una freccia.

Chirone

Era il più famoso e sapiente dei Centauri, figlio del dio Crono e di Filira, una figlia di Oceano. Perciò appartiene alla stessa generazione divina di Zeus e degli Olimpici.
Nacque metà uomo e metà cavallo perché Crono, desideroso di nascondere la sua passione per Filira alla sposa Rea, per poterla amare si trasformò in stallone. La natura di Chirone era perciò completamente diversa da quella di tutti gli altri Centauri: era saggio e gentile, versato in medicina e in molte altre arti, soprattutto la musica.
Era amico di Apollo il quale gli aveva insegnato ad usare l'arco. E Apollo, quando ebbe da Coronide, figlia di Flegia re dei Lapiti, un figlio che chiamò Asclepio, lo affidò al centauro Chirone, che gli insegnò l'arte della medicina. Asclepio, dicono gli abitanti di Epidauro, imparo l'arte di guarire sia da Apollo sia da Chirone, e divenne così abile nel maneggiare i ferri chirurgici e nel somministrare erbe medicinali che è ora onorato come il padre della medicina.
Chirone, fra le tante cose, insegnò agli uomini la pratica della venerazione agli dèi, l'inviolabilità del giuramento e le leggi. Anche se aveva la forma di Centauro non aveva nulla a che spartire coi figli di Issione e di Nefele. Viveva in una caverna sul monte Pelio, in Tessaglia, insieme alla sposa Cariclo.
Protesse in modo particolare Peleo durante le sue peripezie alla corte di Acasto; lo difese dalla brutalità degli altri centauri, quando venne abbandonato senz'armi sul monte Pelio da Acasto, e gli restituì la spada che questi aveva nascosto sotto un mucchio di letame. Sempre lui dette a Peleo il consiglio di sposare Teti, e gli insegnò come obbligarla a questo matrimonio, impedendole di trasformarsi. Poi, nell'occasione delle nozze, gli regalò una lancia; Atena ne aveva levigato l'asta che era stata tagliata da un frassino sulla vetta del Pelio, ed Efesto ne aveva forgiato la punta. Quando Teti abbandonò Peleo, questi affidò il bimbo al centauro Chirone che lo allevò sul monte Pelio, nutrendolo con midolla di leone e di cinghiale selvatico e grasso d'orso, perché crescesse coraggioso e forte; o secondo altri, con miele e midollo di cerbiatto perché fosse agile e veloce. Chirone inoltre lo istruì nell'arte di cavalcare, cacciare, suonare il flauto e curare le ferite. A sei anni di età Achille uccise il suo primo cinghiale e da quel giorno portò sempre alla caverna di Chirone le carcasse sanguinanti di cinghiali o leoni. Chirone era un celebre medico, e praticava anche la chirurgia. Allorché Achille, bambino, ebbe la caviglia bruciata in seguito a operazioni di magia praticate su di lui dalla madre, Chirone sostituì l'osso mancante con un osso prelevato dallo scheletro del veloce gigante Damiso.
Secondo una tradizione, Aristeo, figlio di Apollo e di Cirene, fu allevato dal centauro Chirone. Poi, le Muse terminarono la sua educazione insegnandogli l'arte di guarire e di far profezie. Anche il figlio di Aristeo, Atteone, fu allevato da Chirone che gli insegnò l'arte della caccia. Un giorno Atteone fu divorato dai propri cani perché rimase a guardare Artemide, mentre, nuda, si bagnava nella fonte sul monte Citerone. La dea, offesa, lo trasformò in cervo e lo fece divorare dalla sua muta di cinquanta cani. La scomparsa del loro padrone rattristò i cani, ma il centauro Chirone modellò una statua d'Atteone tanto somigliante da farli acchetare.
Chirone allevò anche Giasone al quale insegnò la medicina come a tutti i suoi allievi. Il figlio maggiore di Giasone e Medea, Medeio o Polisseno, fu allevato da Chirone sul monte Pelio.
La causa della morte di Chirone fu Eracle, che nella foga della guerra mossa ai centauri, per errore colpì al ginocchio Chirone con una freccia avvelenata col sangue dell'Idra. Eracle, angosciato, si accovacciò accanto al vecchio amico ed estrasse la freccia, mentre Chirone stesso gli porgeva i farmaci per curare la ferita; ma a nulla valsero contro il veleno e Chirone si ritirò ululando per il dolore sul fondo della grotta.; tuttavia non poteva spirare, perché era immortale. Prometeo in seguito propose che egli rinunciasse a tale immortalità per porre fine alle sue sofferenze, e Zeus accettò tale richiesta; ma altri dicono che Chirone decise di morire non per il dolore della ferita, ma perché era ormai stanco della sua lunghissima vita.
Chirone non perse del tutto la sua immortalità, perché Zeus lo pose in cielo nella costellazione del Centauro.

Ciane (mitologia)

Nella mitologia greca, Ciane era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Ciane, figlia di Liparo;
* Ciane, ninfa che abitava a Siracusa, cercò di opporsi al dio dei morti Ade quando prese Persefone rapendola, il dio la trasformò in una fonte;
* Ciane, figlia di Cianippo

Ciane, figlia di Liparo.

Liparo era un re di un popolo italiano, egli fu cacciato dal proprio regno, scelse come residenza delle isole che in seguito portarono il proprio nome. Eolo passò da lui e innamoratosi di Ciane ottenne la ragazza come sposa.

Ciane, figlia di Cianippo.

Ciane una sera fu violentata da un uomo, durante il rapporto la ragazza riuscì a prendergli un anello, il giorno dopo comprese chi fu ad abusare di lei: suo padre ubriaco. Il destino volle che dopo poco scoppiò un'epidemia di peste e consultato l’oracolo questi affermò che l’unico modo per placarlo era il sacrificio di colui che aveva compiuto un incesto, figlia e padre si uccisero.

Cianippo

Nella mitologia greca, Cianippo era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Cianippo, figlio di Egialea e nipote di Adrasto ma secondo altre fonti figlio dello stesso Adrasto, in ogni caso fu un uno dei re di Argo
* Cianippo, figlio di Farace;
* Cianippo, un abitante di Siracusa che un giorno sotto gli effetti dell’alcool violentò la propria figlia, di nome Ciane. La peste arrivò nella città e per salvarsi un oracolo aveva predetto che un individuo che aveva commesso un incesto si sarebbe dovuto uccidere, ed entrambi sia figlia che padre si levarono la vita.
* Cianippo, abitante della Tessaglia, preferiva la caccia a sua moglie, tale Leucone. Alla donna trascurata le sembrava strano tale atteggiamento e pensando che nascondesse un amante lo seguì. Giunta nel bosco fu divorata dai cani da caccia del marito. Cianippo disperato uccise prima i cani e poi se stesso, tutti bruciarono in un rogo.

Cibele

Divinità dei popoli preellenici dell'Asia Minore, che ne trasmisero il culto ai Greci delle colonie d' Asia, poi alla Grecia e infine a Roma. In età storica il suo cilto si trova localizzato a Passinunte, citta della Frigia ai piedi del Monte Agdo e presso i fiumi Gallo e Sangario, e perciò Cibele è consuderata come divinità caratteristicamente frigia. In origine pare non abbia avuto un proprio nome e sia stata comunemente venerata come la Gran Madre e, semplicemente, la Madre; in seguito fu indicata con appellativi derivati dai monti dove aveva sede il suo culto, come Dindymene, Sipylene, Idaia e Cibele stessa (anche se non è più localizzabile il monte da cui è derivato questo nome).
La sua origine orientale e la sua identificazione con l'eterna e misteriosa potenza generatrice della terra spiegano i caratteri orgiastici e sanguinosi del suo culto; crudele e spietata, essa si compiace del furore religioso che incute negli uomini e della violenza (è protettrice anche delle belve e il suo carro è trainato da leoni). Interviene poco nei miti che ci sono stati tramandati. Il solo che possa essere considerato tale è la storia d'Agdisti e d'Atti. I suoi sacerdoti erano chiamati Coribanti e Galli (dal nome del fiume Gallo presso Pessinunte) e, in onore di Atti, erano evirati; i riti del suo culto erano misterici e per parteciparvi bisognava subire una difficile iniziazione; in essi avevano gran parte la danza orgiastica di fonte al simulacro della dea durante la quale i sacerdoti nel loro furore religioso si ferivano a vicenda, e il grande corteo che si concludeva col bagno simbolico della dea.
Dalla Frigia il culto di Cibele si diffuse in Asia Minore e soprattutto in Lidia dove venne a contatto col mondo greco: la prima testimonianza della penetrazione del culto è data, nel secolo VI a. C., da un frammento di Ipponatte; in seguito appare particolarmente diffuso in Beozia e nel Peloponneso; importante la testimonianza di Pindaro, che fu un fervido adoratore della dea. Cibele fu allora avvicinata all'altra Dea Madre conosciuta dai Greci, Rea, il cui culto era derivato dalle genti pre-greche di Creta; tuttavia non si ebbe mai una completa identificazione sebbene spesso i due nomi siano stati confusi anche per la somiglianza degli appellativi (Idaia erano dette Cibele, in riferimento al monte Ida presso Troia, e Rea, in rapporto al monte Ida di Creta). Dopo forti resistenze dovute alla ripugnanza per i riti orgiastici che l'accompagnavano, il culto di Cibele si affermò fra il secolo V e il IV a. C., quando si ha notizia della istituzione dei suoi misteri, delle sue feste (Attideia) e del fissarsi del suo rituale in lingua greca.
A Roma il culto di Cibele fu introdotto durante la seconda guerra punica, nel 205 a. C., per suggerimento dei libri sibyllini; per concessione di Attalo, re di Pergamo, fu trasportata a Roma la "pietra nera" meteoritica di Pessinunte, immagine aniconica della dea, che nel 191 fu accolta in un suo proprio tempio sul Palatino e venerata come antica divinità nazionale in quanto dea dei Troiani da cui i Romani affermavano di discendere. Il culto fu riservato sempre a sacerdoti frigi; i cittadini romani potevano partecipare solo ai ludi Megalenses che si celebravano dal 4 al 10 aprile ogni anno e consistevano in grandi giochi scenici. Augusto diede particolare impulso al culto di Cibele il cui tempio ricostruì e abbellì nell'anno 3 d. C.
La Dea è sempre rappresentata, nelle monete e in generale nei rilievi, seduta in trono fra due leoni col timpano in mano e la corona murale in capo.

Cichiro

Nella mitologia greca, Cichiro era il nome del figlio del re della Caonia.

Vi erano due giovani innamorati, Antippe e un ragazzo di cui il nome non è riportato nelle fonti. Tale coppia di nascosto dai loro genitori (la donna era di origine nobili l’uomo no), si incontrarono in un bosco. Proprio in quel momento passava per caso Cichiro alle prese con una pantera che inseguiva, si avvicinò abbastanza alla coppia per farli insospettire e nascondere, soltanto che il cacciatore pensava che Antippe fosse proprio l’animale a cui stava dando la caccia, lesto scagliò la sua lancia e trafisse la donna. Cichiro pensando che avesse ucciso l’animale si avvicinò e quando comprese cosa avesse fatto fuggì via in preda alla follia, salito sul suo cavallo si diresse contro una roccia e morì.

Ciclopi

Gli antichi mitografi distinguevano tre specie di Ciclopi: i Ciclopi "urani", figli di Urano e di Gaia (il Cielo e la Terra), i Ciclopi "siciliani", compagni di Polifemo, che intervengono nell'Odissea, e i Ciclopi "costruttori".
I Ciclopi "urani" appartengono alla prima generazione divina, quella dei Giganti. Avevano un solo occhio in mezzo alla fronte, ed erano caratterizzati dalla forza e dall'abilità manuale. Si chiamavano Bronte (il tuono), Sterope (il fulmine) e Arge (il lampo). Essi si rivoltarono contro il padre Urano che li cacciò nel remoto Tartaro. Quando Crono detronizzò Urano, su invito di Gea, liberò i Ciclopi; ma non appena ebbe il supremo potere, sentendosi minacciato dalla presenza di questi giganti, li rinchiuse di nuovo nel Tartaro. Zeus, avvertito da un oracolo che avrebbe potuto riportare la vittoria contro i Titani soltanto con l'aiuto dei Ciclopi, li liberò definitivamente. I Ciclopi diedero a Zeus il tuono, il lampo e il fulmine; ad Ade un elmo che rendeva invisibili, e a Poseidone un tridente. Armati in tal modo, gli Dei Olimpici sfidarono i Titani, e li fecero precipitare nel Tartaro.
I Ciclopi divennero i fabbri di Zeus e realizavano per lui le folgori. A questo titolo, incorsero nell'ira di Apollo, il cui figlio, Asclepio, era stato ucciso da Zeus con un colpo di fulmine per aver risuscitato alcuni morti. Non potendo vendicarsi su Zeus, Apollo uccise i Ciclopi, e ciò gli valse, come punizione, un anno di lavori forzati che il dio scontò pascolando le greggi di re Admeto di Fere.
Nella poesia alessandrina, i Ciclopi non sono considerati altro che demoni subalterni, fabbri e artigiani di tutte le armi degli dèi. Fabbricano, per esempio, l'arco e le frecce d'Apollo e della sorella Artemide, sotto la direzione d'Efesto, il dio fabbro. Proprio su invito di Efesto, Artemide si recò a visitare i Ciclopi nell'isola di Lipari e li trovò intenti a martellare un truogolo per i cavalli di Poseidone. Sfacciatamente, la dea disse ai Ciclopi di trascurare per qualche tempo il truogolo di Poseidone e di farle invece un arco d'argento e un bel fascio di frecce; in cambio essa avrebbe loro offerto in pasto la prima preda abbattuta.
Abitano le isole Eolie, oppure la Sicilia. Qui possiedono una fucina sotterranea, e lavorano con gran rumore. Sono proprio l'ansimare del loro fiato e il fracasso delle loro incudini che si sentono rimbombare in fondo ai vulcani siciliani. Il fuoco della loro fucina rosseggia la sera in cima all'Etna. E, in queste leggende legate ai vulcani, essi tendono a confondersi con i Giganti imprigionati sotto la massa delle montagne, e i cui soprassalti agitano talvolta il paese.
Secondo Omero, i Ciclopi sono ritenuti una popolazione di esseri selvaggi e giganteschi, dotati d'un solo occhio e di forza prodigiosa, che vivono sulla costa italiana (nei Campi Flegrei, presso Napoli). Dediti all'allevamento dei montoni, la loro sola ricchezza consiste nel gregge. Sono volentieri antropofagi e non conoscono l'uso del vino, e neppure la coltivazione della vite. Quando Odisseo giunse nella loro terra, il ciclope Polifemo, figlio di Poseidone e della ninfa Toosa, mangiò sei membri dell'equipaggio che aveva rinchiuso nella caverna. Promise a Odisseo di mangiarlo per ultimo; ma l'eroe riuscì ad ubriacarlo, lo accecò con un grosso tronco la cui punta era stata precedentemente arroventata, rubò le sue pecore e se ne andò sbeffeggiandolo.
Si attribuiva a Ciclopi (venuti, si dice, dalla Licia) la costruzione di tutti i monumenti preistorici che si vedevano in Grecia, in Sicilia e altrove, costituiti da grossi blocchi il cui peso e dimensione sembravano sfidare le forze umane. Non si tratta più dei Ciclopi di Urano, ma di tutto un popolo che si era messo al servizio degli eroi leggendari, per esempio, di Perseo per costruire le mura di cinta di Argo, Midea e Micene. Sette giganteschi Ciclopi, chiamati Gasterochiri perché si guadagnano da vivere facendo i muratori, seguirono Preto dalla Licia e fortificarono Tirinto con mura massicce, servendosi di blocchi di pietra così grandi che un paio di muli non avrebbero nemmeno potuto spostarne uno; queste mura venivano chiamate ciclopiche.

Cicno 1

Figlio di Apollo e della ninfa Iria. Giovane bellissimo, ma capriccioso e duro, tanto che finì per scoraggiare tutti i suoi amici e innamorati. Di tutti quelli che gli facevano la corte, solo Filio rimase. Cicno gli impose tre prove d'amore, una più faticosa e pericolosa dell'altra. La prima fu la cattura e l'uccisione di un leone che Filio superò con l'aiuto dell'amico Eracle. Aveva inoltre catturati vivi alcuni mostruosi uccelli antropofagi, simili ad avvoltoi e sostenuta un'aspra lotta con un toro selvaggio, che guidò poi all'altare di Zeus. Dopo queste tre fatiche Cicno, non contento, pretese anche un bue che Filio aveva vinto come premio a certi giochi funebri. Eracle consigliò a Filio di rifiutare, insistendo invece affinché Cicno tenesse fede ai patti. Cicno allora, disonorato e tutto solo, si gettò in un lago che fu chiamato lago Cicneo. Sua madre Iria lo seguì nella morte, e Apollo, per pietà, trasformò entrambi in cigni.

Cicno 2

Figlio di Poseidone e di Calice figlia di Eolo, fu re di Colone nella Troade. Era stato raccolto bambino sulla spiaggia del mare da alcuni pescatori, i quali gli diedero poi nome da un cigno che avevano visto volare verso di lui.
Più tardi Cicno sposò Procleia, una figlia di Laomedonte, che gli generò un maschio, Tenete, e una figlia, Emitea. Dopo la morte di Procleia, sposò Filonome, figlia di Tragaso. Filonome si innamorò del suo figliastro Tenete, e non essendo riuscita a sedurlo, per vendicarsi lo accusò di aver tentato di usarle violenza. Chiamò il flautista Molpo come testimone e Cicno, credute le loro parole, chiuse Tenete e sua sorella Emitea in un cofano che abbandonò alle onde del mare. Essi approdarono all'isola di Leucofri, che significa "bianco ciglio", e vi furono accolti benevolmente dagli abitanti, che elessero re Tenete e chiamarono Tenedo la loro isola. Quando scoprì la verità, Cicno fece lapidare Molpo, seppellì viva Filonome e, saputo che Tenete scampato alla morte viveva a Tenedo, andò a chiedergli perdono. Ma Tenete, che ancora covava un sordo rancore, tagliò con una scure gli ormeggi della nave di Cicno: di qui la frase proverbiale per descrivere un irato rifiuto: "Scacciare da Tenedo con un'ascia". Alla fine, tuttavia, Tenete si placò e permise che Cicno si stabilisse presso di lui a Tenedo.
Con il figlio Tenete accorse in aiuto di Troia assediata dai Greci. Achille uccise Tenete, ma non potè uccidere Cicno, poiché questi aveva ricevuto dal padre il dono dell'invulnerabilità alle armi umane. Ma Achille, dopo averlo invano assalito a colpi di lancia e di spada, lo percosse furiosamente in viso con l'elsa e lo costrinse a indietreggiare; infine Cicno cadde incespicando in un sasso e Achille gli fu subito addosso: premendogli le ginocchia sul petto lo strozzò con i cinturini dell'elmo. Poseidone tuttavia trasformò l'ombra del figlio in un cigno che volò via.

Cicno 3

Figlio di Ares e della ninfa Pelopia, usava offrire ricchi premi agli ospiti i quali volessero misurarsi con lui in una gara di corsa con i cocchi. Cicno, che vinceva sempre, tagliava le teste degli avversari e ne usava i crani per decorare il tempio del padre suo Ares.
Apollo, irritato con Cicno perché attaccava soprattutto i pellegrini diretti al santuario di Delfi, incitò Eracle ad accettare la sua sfida. Fu convenuto che l'auriga di Eracle fosse Iolao, e l'auriga di Cicno il padre suo Ares. Eracle, benché ciò fosse contrario alle sue abitudini, indossò per l'occasione i lucidi schinieri di bronzo che Efesto aveva fabbricati per lui e la corazza aurea donatagli da Atena. Armato con arco, frecce, lancia, il capo coperto dall'elmo e al braccio lo splendido scudo donatogli da Zeus, pure opera di Efesto, agilmente montò sul suo cocchio.
Atena, discesa dall'Olimpo, avvertì Eracle che, pur avendo ottenuto da Zeus la facoltà di uccidere e spogliare Cicno, non doveva far altro che difendersi da Ares e, anche se vittorioso, non poteva privarlo dei suoi cavalli e della sua splendida armatura. Poi la dea salì sul cocchio accanto a Eracle e a Iolao, scrollò l'egida, e la Madre Terra gemette mentre il cocchio scattava in avanti.
Cicno si scagliò verso gli avversari a tutta velocità, e per la violenza dell'urto tra i due cocchi cadde a terra con Eracle, lancia contro scudo. Subito balzarono in piedi tutti e due e, dopo breve lotta, Eracle trapassò il collo di Cicno. Poi affrontò coraggiosamente Ares che gli scagliò contro la lancia; ma Atena, corrugando sdegnosamente la fronte, la fece deviare. Ares allora si precipitò su Eracle con una spada in mano, ma riuscì soltanto a buscarsi una ferita alla coscia ed Eracle gli avrebbe inferto un altro colpo mentre il dio giaceva al suolo, se Zeus non avesse separato i due contendenti con una folgore. Eracle e Iolao allora spogliarono Cicno della sua armatura e ripresero il viaggio interrotto, mentre Atena trasportava sull'Olimpo Ares svenuto.
Cicno fu sepolto da Ceice nella valle dell'Anauro ma, per ordine di Apollo, le acque del fiume in piena spazzarono via la sua pietra tombale.
Alcuni dicono che Eracle uccise Cicno con una freccia presso il fiume Peneo, oppure a Pagase.

Cicno 4

Figlio di Ares e di Pirene, fu ucciso da Eracle.
Mentre Eracle si accingeva a compiere l'undicesima fatica, quella di cogliere le mele d'oro nel giardino delle Esperidi, sulle rive del fiume Echedoro, in Macedonia, si imbattè con Cicno, figlio di Ares, che lo sfidò a duello. Ares fece da secondo a Cicno e incitò i duellanti. Cicno venne ucciso; ma, allorché Ares accorse a vendicare il figlio e stava per azzuffarsi con Eracle, Zeus scagliò una folgore tra di loro e interruppe il combattimento.

Cicno 5

Re dei Liguri, imparentato con l'auriga Fetonte di cui era anche l'amante. Quando Fetonte venne folgorato da Zeus, Cicno disperato invocò la pietà di Apollo il quale lo trasformò in cigno e lo dotò di una voce melodiosa. Ma poiché Zeus aveva causato la morte di Fetonte, l'uccello volle allontanarsi dal cielo e poiché Cicno aveva pianto la morte dell'amato Fetonte con un canto, da allora i cigni possono cantare un'ultima canzone" per lamentare la loro morte.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:50
 
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Cicreo

Nella mitologia greca, Cicreo era il nome di uno dei figli di Poseidone e della ninfa Salamina, figlia del dio del fiume Asopo.

Un serpente faceva flagello dell'isola di Salamina, nessuno del luogo riusciva a stanare la bestia fino a quando Cicreo riuscì a cacciarla ed ucciderla, quando il popolo vide il cadavere del mostro decisero che Cicreo dovesse diventare il re. Ebbe una figlia Cariclo ma non figli maschi, questo fu un problema per la successione ed alla fine scelse Telamone, il figlio di Eaco, suo lontano parente.

Secondo alcuni autori in realtà il serpente era stato cresciuto e allevato dallo stesso Cicreo e alla fine fu un altro eroe, Euriloco. In tale versione l'animale trovò rifugio presso uno dei templi della dea Demetra. Per quanto riguarda il nome della figlia, secondo un'altra tradizione era Glauce che una volta sposata con Atteo ebbe un figlio, lo stesso Telamone che divenne in seguito re.

A Salamina attribuivano grandi onori a Cicreo, si racconta che durante la battaglia navale intercorsa a Salamina il serpente sbalzò fuori dall'acqua e attaccò le navi nemiche. L'oracolo stesso di Delfi decise che quel mostro era in realtà una reincarnazione del mostro collegato all'antico eroe.

Cidippe

Nella mitologia greca ci sono due diversi personaggi di nome Cidippe

* Cidippe era la madre di Cleobi e Bitone.

Cidippe, sacerdotessa di Hera, doveva recarsi a partecipare ad una cerimonia in onore della dea, ma il bue che avrebbe dovuto trainare il suo carro non arrivava. Così i suoi due figli Bitone e Cleobi trainarono loro stessi il carro lungo tutta la strada (45 stadi; circa 8 km). Cidippe fu molto impressionata dalla loro devozione verso di lei e chiese ad Hera di fare ai suoi figli il dono più bello che un dio potesse fare ad un mortale. Hera allora fece sì che i due fratelli morissero all'istante, dato che il miglior dono che potesse fare loro era concedergli di morire senza sofferenze nel momento di massima devozione.

Questa è la versione della leggenda riferita da Erodoto (Storie 1.31), e venne usata dall' ateniese Solone per spiegare a Creso chi fossero state le persone più felici della storia.

* Cidippe era la figlia di Egetoria ed Ochimo.

Sposò il fratello del padre, Cercafo, che ereditò così il regno dell'isola di Rodi.

Secondo una diversa versione della leggenda Ochimo promise Cidippe ad Ocridio ma Cercafo che era innamorato di lei la rapì, e non fece più ritorno sull'isola finché Ochimo non fu diventato molto vecchio..

Cidone

Nella mitologia greca, Cidone era il nome di uno dei figli di Ermes e di Acacallide.

Cidone è diventato famoso per aver fondato una città, nell'isola di Creta che prese il nome da lui, Cidonia. Strabone affermava che tale popolo risiedeva nella parte occidentale della vasta isola

Molti sono i pareri che i mitografi tramandano sulla sua origine, dove diversi popoli ne reclamano la paternità, come ad esempio gli Arcadi, e più precisamente gli abitanti della città di Tegea affermavano che in realtà Cidone fosse figlio di Tegeate, il loro eroe eponimo. Altri racconti invece vedevano come padre il divino Apollo.

Cilice

Cilice è una figura della mitologia greca, figlio di Agenore e di Telefassa.

Suo padre lo inviò assieme ai suoi fratelli alla ricerca di sua sorella Europa rapita da Zeus.

Nel corso delle peregrinazioni, Cilice, divenne l'eroe eponimo e il capostipite dei cilici.

Cilla

Nella mitologia greca, Cilla era la sorella di Priamo e figlia di Laomedonte e Strimo.

Quando suo fratello Priamo salì al potere a Troia, Cilla prese segretamente in nozze un suo compatriota, Timete, che gli generò un figlio chiamato Munippo. Nello stesso periodo la sua cognata Ecuba aspettava anch'ella un bambino da Priamo. Quando quest'ultima ricevette un sogno dagli dei, in cui si vedeva partorire una fascina di serpenti al posto di un bambino, Priamo consultò subito suo figlio Esaco, il quale era un indovino, e gli domandò il significato di quell'incubo. Esaco rivelò che il figlio destinato a nascere avrebbe provocato la fine della città.

Passato del tempo, Ecuba mise al mondo un bambino, poco dopo la nascita del figlio di Cilla. Esaco convinse Priamo a uccidere i bambini appena nati con le loro madri, ma il re di Troia, non avendo il coraggio di uccidere sua moglie e suo figlio, uccise invece Cilla e Munippo, facendoli seppellire nel santuario di Troo.

Cilla (auriga)

Nella mitologia greca, Cilla o Cillade era famoso per essere l'auriga di Pelope

Cilla regnava su una parte della Troade, fra cui le città vi era proprio una fondata da lui, e che portava il suo stesso nome (Cilla). Rese servizio di auriga a Pelope e lo accompagnò durante il viaggio dalla Licia al Peloponneso, visto che avrebbe dovuto affrontare Enomao in una gara di cocchio. Qui durante un attraversamento di un fiume, annegò miseramente.

Cillaro

Nella mitologia greca, Cillaro era il nome di uno dei centauri di cui si racconta nel mito.

Cillaro, giovane e bello suscitò le voglie bramose di una donna della sua stessa razza di nome Ilonome, la donna non poté mai coronare il suo sogno d'amore in quanto Cillaro durante le tumultuose nozze di Piritoo, nella gran battaglia che ne seguì, contro i Lapiti venne ucciso, alla donna centauro non rimase altro che la morte, e si suicidò.

Cillene

Nella mitologia, Cillene è una naiade (ninfa delle sorgenti) arcade, a volte considerata moglie e a volte madre di Licaone. Nel secondo caso, è designata come moglie di Pelasgo.

Cillene diede il suo nome all'omonimo monte, il più alto nel territorio dell'Arcadia del nord. Ivi nacque Ermes, e forse per questo Cillene viene indicata come sua nutrice nella prima infanzia.

Cimotone


Cimotone, nella mitologia greca, assieme a Marsia e Lino, è figlio di Eagro, un dio fluviale. È fratello quindi o fratellastro di Orfeo, il musico tracio protagonista della storia di amore con Euridice.

Cinghiale calidonio

Nella mitologia greca, il cinghiale di Calidone o calidonio è un cinghiale di straordinaria possanza che compare in diversi miti come antagonista di grandi eroi. Fu mandato da Ares, per gelosia, a uccidere Adone quando costui si innamorò di Afrodite.

Il cinghiale trovò la morte nella caccia calidonia, una battuta di caccia organizzata dal re Oineo di Calidone. Il cinghiale era stato inviato da Artemide a distruggere i campi di Calidone perché Oineo era venuto meno nelle offerte votive. Per liberarsi della belva, Oineo organizzò una caccia in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco; tra gli altri, Castore e Polluce, i Cureti, Ida e Linceo, Admeto e Atalanta.

Cinira e Mirra

Cinira o Teia e sua figlia Mirra o Smyrna sono due personaggi della mitologia greca. La loro unione incestuosa avrebbe generato Adone.

Il mito di Cinira e Mirra è descritto in alcune fonti classiche greco-latine e, pur contemplando degli arricchimenti e delle varianti anche significative, segue sostanzialmente lo schema narrativo descritto nell'opera in lingua greca chiamata Biblioteca, un vasto compendio di mitologia greca attribuito allo Pseudo-Apollodoro scritto probabilmente tra il I secolo e il II secolo d.C. che ha influenzato tutti i mitografi successivi fino all'epoca moderna.

La nascita di Adone


Il brevissimo racconto dello Pseudo-Apollodoro (citando come fonte più antica il poeta epico Paniassi) indica Teia come un re assiro la cui unica figlia, Smyrna, viene punita da Afrodite, adirata per la sua scarsa devozione, facendola innamorare del padre.
La giovane donna, per merito della compiacente nutrice, riesce a giacere dodici notti di seguito con un Teia inconsapevole della sua vera identià, fino a quando non desidera vederla in volto alla luce di un lume per scoprire così l'inganno della figlia, e tramutato il piacere in ira, inseguirla per ucciderla.
Smyrna fugge pregando gli dei di renderla invisibile e costoro, pietosi, la trasformano in un albero dalla resina profumata: la mirra. Dopo nove mesi l'albero si apre e dal suo fusto viene alla luce il bellissimo Adone.

La nascita di Adone dall'albero-donna, allo stesso modo della preziosa gommaresina largamente utilizzata in Grecia, appare qui funzionale al successivo mito di morte e resurrezione rappresentato da Adone morente, azzannato da un cinghiale mentre caccia nel bosco; Adone che feconda la terra col suo sangue e che rinasce ogni primavera, come la vegetazione.

È in questi termini, infatti, che la divinità veniva festeggiata dagli abitanti dell'antica Biblo nella descrizione che ne fa Luciano di Samosata nella sua De Dea Syria.

Il culto di Adone che aveva il suo santuario più grande a Biblo era la diretta trasposizione di quello della divinità mesopotamica Tammuz; una divinità legata al ciclo delle stagioni il cui appellativo Adon, che significa signore, verrà successivamente interpretato dai Greci come nome proprio del dio.

Un narrazione forse contemporanea del mito è quella ci ha lasciato Igino, erudito latino di origine spagnola vissuto a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., in una delle sue Fabulae. Nel racconto di Igino sono presenti due significative varianti e la vicenda, sempre concisa, è descritta in toni più drammatici.

La prima variante è che la causa che scatena l'ira di Afrodite è ora l'ubris della madre Cencrèide che afferma che sua figlia Mirra è più bella della dea dell'amore. La fanciulla, scossa da questo «amore mostruoso», tenta il suicidio, ma senza successo venendo salvata dalla nutrice.

La seconda variante concerne il significato che assume la nascita di Adone. Grazie alla nutrice, Mirra riesce a giacere con il padre per poi scappare nei boschi, «spinta dal pudore», una volta accortasi di essere incinta. Afrodite ne ha pietà e la trasforma nell'albero della mirra da cui, nove mesi dopo, nasce Adone di cui viene detto «che fece scontare [ad Afrodite] le sofferenze della madre»[7]. Il finale della fiaba di Igino è un riferimento al dolore che sconvolgerà anni dopo una innamorata Afrodite per la morte del giovane e bello Adone chiudendo idealmente, in questo modo, il ciclo della colpa all'origine della vicenda.


Le metamorfosi di Mirra
« ...poi, nascondendo il volto con la veste per la vergogna, sospira: "Beata te, mamma, che l'hai sposato!". Non dice altro e geme. Un brivido di gelo corre per il corpo della nutrice, che ormai ha capito, fin dentro le ossa, e sul capo le si rizzano i capelli, arruffando tutta la canizie. »

Un altro autore classico che tratta significativamente del mito è il poeta latino Ovidio che gli dedica una sezione del decimo libro delle Metamorfosi.

Il poema delle Metamorfosi segue lo schema del racconto dello Pseudo-Apollodoro, ma, oltre a introdurne le varianti presenti nel racconto di Igino (significative anche perché riprese attraverso il testo di Ovidio da molti autori successivi), offre un intenso ritratto dei protagonisti, elegantemente tratteggiati in una vicenda di grande pathos drammatico completamente diversa, come stile, dagli scarni e dizionarieschi resoconti precedenti. Ora il protagonista non è più il mito della nascita di Adone (che occupa una parte assai breve del racconto), ma il dramma interiore di Mirra e l'amore morboso che la consuma.

Cinira (Cinyra) è ora un cipriota nativo di Pafo e «se fosse rimasto senza prole, si sarebbe potuto annoverare fra le persone felici». Il riferimento a Pafo attesta, significativamente, della diffusione che aveva avuto il culto di Adone da parte dei Fenici nell'isola di Cipro e di lì in Grecia. Tutte le successive rappresentazioni del mito attesteranno Cipro come luogo della vicenda obliando il primitivo riferimento alla Mesopotamia delle versioni letterarie più antiche. Il luogo dove si svolgono le vicende del poema di Ovidio è la Pancaia (Panchaea), un'isola favolosa sulla costa dell'Arabia citata per la prima volta dallo storico, etnografo e viaggiatore greco di età ellenistica, Evemero.

Ovidio avverte il lettore dell'empietà di cui sta per narrare che, per fortuna, riguarda una terra lontana il cui profumato incenso degli alberi, dice il poeta, non avrebbe dovuto meritare tanta sofferenza per essere prodotto.

Con quel misto di fascino (nell'indugiata e accorata descrizione dei sentimenti della fanciulla alla vicinanza del padre) e riprovazione (nei richiami infiammati al lettore per condannare l'impudicizia della vicenda) che costituisce il tono della sua elegia erotica, Ovidio descrive il tormento crescente di Mirra per un amore tanto intenso quanto impuro.

Il voler mettere fine a questa angoscia conduce Mirra a tentare il suicidio impiccandosi, ma la fanciulla viene salvata in tempo dalla anziana nutrice. A seguito delle insistenze e delle preghiere della balia, Mirra rivela il suo amore straziante per il padre.

La nutrice, dopo aver giurato di aiutarla, propone a Mirra di sostituirsi nel letto alla madre Cencrèide. Questa, infatti, partecipando ai misteri in onore della dea Cerere (festeggiata in quel periodo dell'anno) faceva voto di astenersi dai rapporti sessuali.

È lo stesso Cinira ad ordinare che Mirra venga condotta nel suo talamo, quando apprende dalla nutrice che una giovane e splendida vergine «dell'età di Mirra» spasima per lui, non immaginando che si tratti proprio della figlia. Mirra, turbata fra rimorso e desiderio, ma convinta dalla determinazione dell'anziana nutrice, fa l'amore con il padre.

La vicenda prosegue concordemente alla struttura narrativa già vista.
I due giacciono assieme per diverse notti fino a che Cinira, desideroso di vedere la sua amante, accende una lampada e si accorge della verità. La fanciulla, gravida, abbandona la Pancaia per sfuggire dalle ire del padre che vuole ucciderla.

La fuga, a differenza delle redazioni precedenti del mito, si svolge senza sosta per tutto il periodo della gravidanza fino a che Mirra, già prossima a partorire, giunge, infine, nella lontana terra di Saba. Spossata, la ragazza ammette agli dei la propria colpa e chiede di essere bandita sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Gli dei ascoltano la sua preghiera e Mirra, piangente, viene trasformata in un albero che stilla gocce di pianto profumato dalla corteccia nella descrizione piena di lirismo che ne fa Ovidio.

L'ultimo atto è la nascita di Adone, «creatura mal concepita cresciuta sotto il legno», che cerca di uscire dalla prigione arborea in cui si è tramutata la madre che non ha voce per chiamare Giunone Lucina. La dea, impietosita, accorre comunque vicino all'albero, impone le sue mani sulla corteccia tesa e gonfia e pronunciando la formula del parto vi apre un varco. Dall'apertura esce un bellissimo neonato che viene subito preso in cura dalle Naiadi che lo ungono con le lacrime della madre.

Ovidio conclude il poema con l'immagine di Adone oramai uomo e la stessa formula del racconto di Igino: «che piace persino a Venere e vendica la passione materna».

Cinorta

Nella mitologia greca, Cinorta era il nome di uno dei figli di Amicla e di Diomeda e nipote di Lacedemone.

Cinorta viveva in Laconia con la sua famiglia, fra cui il suo fratello minore Giacinto, divenne famoso per aver fondato la città di Amicla. Il re morì lasciando tutto il suo regno nelle mani del figlio maggiore, di nome Argalo, costui morì di li a poco, senza che avesse avuto tempo per eleggere un successore o avere progenie, in tal caso fu Cinorta ad essere il nuovo re.

Cinosura (mitologia)

Nella mitologia greca, Cinosura (dal greco "coda di cane") era il nome di una ninfa che viveva a Creta.

Secondo il mito, Cinosura, assieme alla sua compagna Elice, è stata una delle nutrici di Zeus. Il padre di Zeus, Crono, aveva deciso di divorare tutti i suoi figli poiché un oracolo gli aveva predetto la morte per mano di uno di essi. Solo Zeus non fu divorato dal padre, grazie anche all'aiuto di Cinosura. Per vendicarsi dell'affronto subito, Crono cercò di catturare le due ninfe; ma Zeus lo impedì trasformando Cinosura, in un tentativo estremo di salvarle la vita, in una costellazione.

Prima della sua scomparsa, Cinosura diede il proprio nome ad una località dell'isola in cui viveva.

Ciparisso


Ciparisso nella mitologia greca era figlio di Telefo e assieme a Giacinto fu uno degli amori omosessuali del dio Apollo.

Apollo donò al ragazzo un cervo, ma Ciparisso lo uccise accidentalemte con un giavellotto.

Ciparisso chiese ad Apollo di permettere alle sue lacrime di scorrere per sempre. Apollo trasformò il ragazzo in un cipresso, la cui resina sul tronco forma gocce simili a lacrime.
 
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Circe
è una figura della mitologia greca. È una maga che compare nell'Odissea (libro X, XI e XII) di Omero e nelle leggende degli Argonauti.

Circe vive nell'isola di Eea ed è figlia di Elio e di Perseide e sorella di Eete re della Colchide e di Pasifae, moglie di Minosse.

Ulisse, dopo aver visitato il paese dei Lestrigoni, risalendo la costa italiana, giunge all'isola di Eeana. L'isola, coperta da fitta vegetazione, sembra disabitata e Ulisse invia in ricognizione parte del suo equipaggio al comando di Euriloco. In una vallata gli uomini scoprono un palazzo dal quale risuona una voce melodiosa. Tutti gli uomini, con l'eccezione di Euriloco, entrano nel palazzo, e vengono bene accolti dalla padrona, che altro non è che la maga Circe. Gli uomini vengono invitati a partecipare ad un banchetto ma, non appena assaggiate le vivande, vengono trasformati in maiali (oppure si dice che i maiali li abbiano partoriti), leoni, cani, a seconda del proprio carattere e della propria natura. Subito dopo Circe li spinge verso le stalle e li rinchiude.

Euriloco torna velocemente alla nave e racconta ad Ulisse quanto accaduto; Ulisse decide di andare dalla maga per tentare di salvare i compagni. Dirigendosi verso il palazzo, incontra il dio Ermes, che gli svela il segreto per rimanere immune agli incantesimi di Circe: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un'erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione.

Ulisse raggiunge la maga, la quale gli offre da bere come aveva fatto con i suoi compagni; ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare il moly con la bevanda, non si trasforma in animale. Ulisse minaccia di uccidere Circe e questa riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai suoi compagni ed anche a tutti gli altri tramutati in bestie feroci.

Ulisse passa con lei un anno, avendo dalla maga un figlio, Telegono e, forse, anche una figlia chiamata Cassifone. Un'appendice della Teogonia di Esiodo racconta che dall'unione di Ulisse e la maga Circe nacquero due figli, Agrio e Latino. I due fratelli regnarono sui Tirreni.

Ulisse è costretto a cedere ai desideri dei suoi compagni, che vogliono tornare a casa, e chiede a Circe la strada migliore per il ritorno: la maga gli consiglia di visitare gli inferi e di consultare l'ombra dell'indovino Tiresia, quindi Ulisse riparte con la sua nave.

Nell'episodio dell'Odissea, sono presenti molte scene tipiche ed epiteti. Infatti questi erano utilizzati dagli aedi per ricordare più facilmente il poema, sempre narrato oralmente, fin quando il tiranno Pisistrato non volle metterlo per iscritto insieme all'Iliade.

Molti elementi rendono magico e fantasioso l'episodio in questione, distinguendolo dagli altri (come la presenza di animali feroci che scodinzolano, o la strega che diventa fata d'incanto). Alla fine Ulisse, non più spinto come alla grotta di Polifemo, dalla curiosità, ma dal dovere di salvare i suoi compagni, riesce a calmare nuovamente le acque, anche se saranno proprio queste ultime la causa della tanta sofferenza, poiché renderanno sempre più tortuoso, con l'aiuto del dio Poseidone, il ritorno (in greco Nostos) dell'eroe ad Itaca, dall'amata e fedele moglie Penelope.

Cirene

Ninfa e vergine cacciatrice figlia di Ipseo, re dei Lapiti, e della ninfa Clidanope.
Cirene disdegnava di filare, di tessere e di dedicarsi a simili compiti domestici e preferiva invece cacciare belve sul monte Pelio per tutto il giorno e metà della notte, con la scusa che gli armenti di suo padre dovevano essere protetti. Apollo la vide un giorno attaccare disarmata un vigoroso leone e, lottando con lui, lo domò. Il dio chiamò re Chirone, il Centauro, perché assistesse alla scena e gli chiese chi fosse la fanciulla e se gli paresse una sposa degna di lui. Chirone rise. Egli sapeva che non soltanto Apollo era a conoscenza del nome della ragazza, ma aveva già deciso di rapirla, forse dopo averla vista pascolare le greggi di Ipseo presso il fiume Peneo, o forse quando le aveva donato con le proprie mani due cani da caccia, come premio per la vittoria in una gara di corsa svoltasi ai giochi funebri in onore di Pelia.
Chirone inoltre profetizzò che Apollo, condotta Cirene oltremare, nel più ricco dei giardini di Zeus, l'avrebbe eletta regina di una grande città.
Apollo infatti condusse Cirene sul suo cocchio d'oro fino al luogo dove sorge oggi la città di Cirene; Afrodite li attendeva per dar loro il benvenuto e subito li condusse nella camera d'un palazzo dorato di Libia. Quella sera Apollo promise a Cirene una lunga vita nel corso della quale avrebbe potuto soddisfare la sua passione per la caccia regnando su una terra fertilissima. Poi la lasciò sulle vicine colline, affidata alle cure di certe Ninfe del mirto, figlie di Ermete; colà essa diede alla luce Aristeo, divinità degli armamenti e degli alberi da frutta; in seguito a una seconda visita di Apollo generò Idmone il veggente. Ma una notte si giacque anche con Ares e gli generò il tracio Diomede, il padrone delle cavalle divoratrici di uomini.
Secondo un'altra versione della sua storia, quando la Libia era terrorizzata da un leone selvaggio, il re Euripilo offrì parte del suo regno a chiunque avesse liberato la terra da quella bestia crudele. Cirene riuscì ad abbattere la belva e fondò una città a cui diede il suo nome.


Cisseo


Cisseo è un personaggio della mitologia greca, padre di Teano (moglie di Antenore).

Secondo l'Eneide Cisseo proveniva dalla Tracia. Sua moglie era Telecleia, una delle figlie del re Ilio di Troia. I mitografi, Omero incluso, non aggiungono altre informazioni sulla sua figura, eccetto Strabone che ipotizza che Cisseo sia legato alla città di Cissus, situata nella Tracia occidentale.

Ecuba, la moglie di Priamo di Troia, viene a volte considerata una figlia di Cisseo, ma generalmente egli è descritta come una frigia, figlia del re Dimante.

Cisseo (Egitto)

Cisseo è un personaggio della mitologia greca, uno dei dodici figli di Egitto e della ninfa Caliadne. Sposò Antelia, una delle dodici figlie di Danao e della ninfa Polisso, dalla quale venne assassinato la prima notte di nozze.

Cisso

Cisso è una figura della mitologia greca.

Era un giovane di grande agilità che si trasformò in edera.

Nonno lo descrive come uno dei satiri al seguito di Dioniso in Lidia, nel periodo della giovinezza del dio. Fu coinvolto in una gara di corsa con un altro satiro, Leneo, e con l'amante di Dioniso, Ampelo, cui il dio assegnò la vittoria. In seguito, poco dopo la morte di Ampelo, Cisso si trasformò in edera, senza spiegazione apparente, mentre stava arrampicandosi sul tronco di un albero, e da allora si avvolge ai filari della vite, come profetizzato dalle tavolette di Armonia.

Secondo Nicolao, Cisso era invece un giovane coreuta di Dioniso. Perse la vita cadendo mentre danzava di fronte al tempio del dio, e fu trasformato in edera perché continuasse a danzare agitato dal vento.

Pausania cita Cisso come una delle epiclesi di Dioniso.

Citerione

Nella mitologia greca, Citerione o Citerone era il nome di uno dei re di Platea, predecessore di Asopo. A lui si deve il nome dell'omonima montagna della Grecia.

Citerione fu partecipe di una disputa fra il padre degli dei Zeus e sua moglie Era. Zeus non era riuscito a sedurre la moglie e chiese consiglio a Citerione come era solito a quei tempi chiedere consigli agli umani che riteneva degni. Il suo consiglio fu quello di creare una statua di donna fatta di legno, Citerione poi diffuse la notizia che era l'amante del dio quindi Era venne e una volta scoperto l'inganno rise e fece pace con il marito.

Citissoro

Nella mitologia greca, Citissoro o Citisoro o Cilindro era il nome di uno dei figli di Frisso e di Calciope o di Iofassa.

Citissoro, nipote di Atamante, in uno dei suoi viaggi trovò il nonno pronto ad essere sacrificato per Zeus, lo liberò facendo arrabbiare il divino padre. Da allora tutti i primogeniti non possono entrare nell’Acaia Ftiotide, altrimenti devono venire subito catturati e sacrificati al dio.

Durante il viaggio degli argonauti, Citissoro insieme ai suoi fratelli durante un viaggio in barca naufragarono incontrando Giasone e compagni. Subito si unirono a loro proseguendo il viaggio.

Cizico (mitologia)

Nella mitologia greca, Cizico dal greco Κύζιχος era uno degli eroi del mito figlio di Oineo e Enete.

Cizico regnava pacificamente sulla popolazione dei Dolioni e prese in sposa Clite o (Clita). Egli dominava l’intera penisola dove si notava fra l’altro l’alto monte Dindimo.

Cleobi e Bitone

Nella mitologia greca, Cleobi e Bitone, erano i figli di Cidippe, una sacerdotessa di Hera della città di Argo.

Quando la loro madre si apprestava a celebrare i riti della dea, i due trainarono il carro al posto dei buoi per cinque miglia, precisamente per (45 stadi, circa 8,3 km/5,1 miglia). La madre, commossa per tanta devozione mostrata, pregò la dea di elargire ai figli il dono più grande che si potesse dare a dei comuni mortali. Per tutta risposta la dea li fece cadere entrambi in un sonno piacevole ed eterno.

Il mito si riferisce ai sacrifici umani che in quel periodo venivano proposti ogni volta che si voleva consacrare un edificio di culto alla dea-luna. Ad Argo infatti venivano scelti due gemelli che dovevano eseguire tale viaggio prima di venire uccisi. In seguito dovevano venire sepolti vicino al tempio per allontanare ogni sorta di spirito malevolo che si potesse solo avvicinare al sacro tempio.

Esso è anche il nome dato convenzionalmente a una coppia di statue arcaiche greche a dimensioni umane, o kouroi, che si trovano ora al Museo archeologico di Delfi, a Delfi in Grecia. Le statue sono datate al 580 a.C. e vengono da Argo nel Peloponneso, anche se furono trovate a Delfi. Il moderno museo a Delfi mostra due Kuroi arcaici identici con il nome di Cleobis e Biton, anche se non vi è prova diretta che connette queste statue con quelle menzionate da Erodoto.

Iscrizioni alla base delle statue le identificano come Kleobis e Bitom e identificano anche Polimede di Argo come lo scultore: qualcosa di insolito in tali età antiche. Le statue sono in quello che viene definito come lo stile tipico del Peloponneso: muscolare e massiccio. Ma non sono intese come rappresentazioni fedeli di Kleobis e Biton, anche supponendo che i fratelli furono figure storiche anziché mitiche. Le statue sono rappresentazioni ideali delle virtù della forza mascolina e della pietà.

Cleobulo (mitologia)

Nella mitologia greca, Cleobulo (o Cleobolo) è il nome di un combattente troiano che prese parte all'omonimo conflitto in difesa della sua patria; come personaggio è menzionato al libro XVI dell'Iliade di Omero.

Cleobulo era uno degli innumerevoli soldati semplici che lottarono per dieci anni sotto le mura della loro città, Troia, in Asia Minore. Omero non ha tramandato nessun dettaglio biografico sul guerriero, per cui, oltre alle notizie desumibili dal contesto bellico, su di lui non si conosce altro. Il suo nome è ricordato più che altro per l'atrocità di cui fu vittima.

A uccidere Cleobulo fu un personaggio crudele e rozzo. Travolto dal tumulto della battaglia, Cleobulo venne immobilizzato da Aiace d'Oileo, il quale gli impedì la fuga afferrandolo con le nude mani. Intrappolato quindi come un cerbiatto, il troiano fu trafitto al collo dal violento colpo di spada inflittogli dall'avversario. Dalla ferita, racconta Omero, scaturì un' abbondante pioggia di sangue che inzuppò l'intera elsa dell'arma.

Cleodoro

Nella mitologia greca, Cleodoro è il nome di un combattente acheo al tempo della guerra di Troia, figlio di Lerno e di Anfiale. È citato tra le vittime del conflitto nel libro X della Posthomerica poema di Quinto Smirneo.

Cleodoro è descritto come uomo dal temperamento mansueto, frutto dell'unione di Lerno e della moglie Anfiale. Sin dalla nascita, avvenuta sull'isola di Rodi, in cui Cleodoro stabilmente risiedeva, il Destino gli aveva riservato una tragica sorte in terra straniera.

Allo scoppio della guerra di Troia, Cleodoro vi partecipò, arruolandosi nel possente esercito che Tlepolemo, re di Rodi, condusse a Troia allo scopo di ottenere la liberazione di Elena. Nei combattimenti finali, avvenuti nel decimo anno del conflitto, il guerriero si scontrò con Polidamante che con un colpo di lancia mozzò i lacci che gli sostenevano lo scudo, adattato solidamante al busto come protezione. Privato così dell'unico strumento di difesa, Cleodoro fuggì nelle file achee per evitare il colpo di grazia che l'aggressore avrebbe immancabilmente vibrato; ciò nonostante, spinto da un estremo atto di coraggio, egli avanzò nuovamente attaccando i nemici con la sola lancia.

Nel pieno del combattimento, Cleodoro venne colpito a morte da un dardo scagliato erroneamente da Paride, poiché indirizzato a Filottete. La freccia trapassò la mammella del guerriero, traforandone la carne fino ad uscire dalla spalla stessa. Filottete, adirato alla vista della sua morte, reagì scagliando su Paride feroci insulti.

Cleola

Nella mitologia greca, Cleola è il nome della prima moglie di re Atreo.

Di ignota origine, Cleola fu presa in moglie da Atreo, re di Micene, al quale diede un figlio cagionevole di salute, Plistene. La stessa Cleola morì dandolo alla luce, straziata dal parto. In seguito, Atreo si risposò con Erope, figlia di Catreo, mentre il giovane Plistene venne erroneamente ucciso dalle guardie, incaricate di uccidere un suo omonimo, figlio di Tieste.

Cleomede (mitologia)

Nella mitologia greca, Cleomede era il nome di uno dei eroi di Astipalea, si distinse per le sue abilità nelle gare olimpiche dell'epoca, e divenne famoso per essere stato considerato l'ultimo eroe.

Cleomede durante una gara di pugilato, nella 72a gara olimpica uccise senza volerlo il suo diretto avversario, tale Epidauro, nel contesto i giudici di gare pensarono che si fosse avvalso di un qualche trucco e per questo non fu il vicnitore della gara.

Questo peso sulla coscienza e il fatto di essere stato accusato ingiustamente fecero impazzire Cleomede che attaccò un edificio, una scuola, provocandone il crollo e uccidendo decine di bambini. I cittadini volevano lapidarlo ma riuscì a fuggire in un tempio di Atena, qui pensava di essere al sicuro.

Alla fine gli uomini si convincero ad entrare vincendo la soggezione della dea, ma non trovarono il corpo dell'uomo, per questo interrogarono l'oracolo che gli attribuì onori in quanto da considerare un eroe.

Cleopatra
(Borea)

Cleopatra è una figura della mitologia greca, era figlia di Borea e di Orizia.

Cleopatra era sorella di Chione, Emo, Calaide, o Colai, e Zete. Fu la prima moglie di Fineo re dei Traci, dal quale ebbe Plexippo e Pandione.

Innamorato di Idea la sposò e, istigato da lei, accecò i figli e li imprigionò insieme a Cleopatra. Vennero liberati da Calais e Zete o forse dagli Argonauti.

Cleopatra Alcione

Cleopatra Alcione è figlia di Idas e di Marpessa, moglie di Meleagro.

Compare durante la caccia al cinghiale calidonio. In seguito alla morte in battaglia del marito, ella si impiccò insieme alla suocera Altea.

Cleostrato

Nella mitologia greca, Cleostrato era il nome di uno degli eroi di Tespi, città della Beozia, famoso per aver sconfitto un drago che da molto tempo uccideva i giovani della città.

In Tespi vi era l'usanza di sacrificare ogni anno un giovane al drago che imperversava nel luogo, un giorno venne scelto Cleostrato tramite sorteggio, egli grazie all'aiuto del suo amico Menestrato, che gli fabbricò un'armatura di metallo con particolari ganci, riuscì aa affrontare l'orrenda creatura. Cleostrato non era abile con le armi infatti venne subito divorato dal mostro, ma i ganci di ferro (o squame) dilaniarino dall'interno la creatura uccidendola. Cleostrato in ogni caso non sopravvisse allo scontro.

Cleotera

Nella mitologia greca, Cleotera era il nome di una delle figlie di Pandareo e di Armotoe.

Cleotera aveva due sorelle, Edona o Edone e Merope , le ragazze da giovani persero entrambi i genitori e furono allevate dalle dee, Afrodite con l'aiuto di Era e Atena, che le crebbero insegnandole varie abilità. Da adulta, Cleotera, poco prima delle nozze per colpa di una distrazione delle divinità venne rapita dalle erinni.

Nell'Odissea il racconto viene narrato da Penelope.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 20:02
 
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Clesone

Nella mitologia greca, Clesone era il nome di uno dei figli di Lelego.

Aveva un fratello, Policaone, ed ebbe due figlie. I megaresi (gli abitanti del regno del padre Megara) sostengono che furono proprio le sue figlie Cleso e Tauropoli a trovare il corpo di Ino che si era gettato in mare.

Cleta

Nella mitologia greca, Cleta era il nome di una delle più famosi amazzoni, il popolo composto interamente da donne, fra esse ricopriva la carica di nutrice della regina, Pentesilea

Nelle vicende dove Licofrone afferma che Cleta prestava aiuto alla vergine armata, si narra che partita con la regina alla volta di Troia, Pentesilea trovò la morte e Cleta decise allora di tornare in patria, durante il viaggio una tempesta colse impreparata la nave su cui viaggiava e attraccò nell'Italia meridionale fondando la città omonima.

La donna ebbe un figlio, tale Caulone, e morì in uno scontro contro gli abitanti di Crotone.

Climene

Nella mitologia greca, Climene è il nome di sei personaggi mitologici.

Il nome Climene si può riferire ai seguenti personaggi della mitologia:

* Climene, è un Oceanina, che, sposata a Giapeto, generò alcuni Titani.
* Climene è una delle cinquanta Nereidi, figlia di Nereo e Doride.
* Climene, principessa di Orcomeno, figlia di Minia, la quale sposò Filaco, figlio di Deione.
* Climene è una delle figlie del re cretese Catreo e sorelle di Erope.
* Climene è il nome di una prigioniera troiana, assegnata come bottino ad Acamante, figlio di Teseo.
* Climene è infine una ninfa della Misia.

Climene, figlia di Oceano

Climene, una delle cinquanta Oceanine, figlia di Oceano e di Teti, apparteneva alla prima generazione divina. Sposò il titano Giapeto dal quale generò quattro figli: Prometeo, Epimeteo, Atlante e Menezio. Secondo altre versioni sposa di Giapeto e madre dei quattro Titani suoi figli sarebbe stata invece un'altra delle Oceanine, Asia.

Secondo un'altra versione Climene non era la madre di Prometeo, bensì sua moglie, e fu lui a renderla incinta di Elleno, capostipite degli Elleni, e di Deucalione, marito di Pirra. Oppure, secondo una variante del mito, Climene sposò invece Elio, dal quale ebbe Fetonte e le Eliadi. Altra sposa di Elio sarebbe stata anche Perseide, un'altra delle Oceanine.

Climene, figlia di Minia


Climene è una delle figlie di Minia, re d'Orcomeno e di Eurianassa, figlia d'Iperfate. Sposò Filaco, dal quale ebbe due figli, Ificlo e Alcimede, e attraverso di loro divenne nonna di Giasone. Secondo altri, Climene è la seconda moglie di Cefalo, che sposò dopo la morte dell'amata Procri. Infine si diceva che avesse sposato un figlio di Licurgo, di nome Iaso, a cui diede una figlia, la mitica cacciatrice Atalanta.

Climene, figlia di Catreo

Climene, figlia di Catreo, abitava a Creta, fino a quando venne esiliata dal padre, a causa di una profezia, che l'aveva messo in guardia dal fidarsi di uno dei suoi figli. Fu affidata ad un viaggiatore, di nome Nauplio, dal quale ebbe tre figli: Palamede, Eace e Nausimedonte.

Climene, ninfa della Misia

Climene era anche il nome di una ninfa abitante della Misia, la quale fu sposata da Partenopeo, dandogli un figlio di nome Tlesimene.

Climeno

Nella mitologia greca, Climeno era il nome di diversi personaggi.

Fra questi troviamo:

* Climeno, figlio di Sceneo
* Climeno, re di Beotia
* Climeno, figlio di Cardi

Climeno figlio di Sceneo

Climeno l'arcade, uno dei figli di Sceneo si innamorò di sua figlia Arpalice, avuta da Epicasta.

Dopo aver fatto i suoi comodi con lei la fece sposare con Alastore, ma poi la riprese nuovamente con se. Ella per vendicarsi uccise il figlio avuto con lui, che in realtà era anche suo fratello, dopo averlo cucinato lo diede in pasto a Climeno. Lei si trasformò in uccello e suo padre si impiccò.

Climeno figlio di Cardi

Climeno, figlio di Cardi, discendente dei dattili Eracle e Ida, aveva celebrato uno dei primi giochi, solo cinquantanni dopo il diluvio di Deucalione.

In seguito Endimione, uno dei figli di Zeus avuto dalla Ninfa Calica, strappò il trono di Elide a Climeno.

Clini

Nella mitologia greca, Clini era il nome di un ricco babilonese che aveva un grande rispetto per il divino Apollo.

Clini aveva l'onore di accompagnare il dio figlio di Zeus nel suo paese, sua moglie si chiamava Arpe e aveva quattro figli, Licio, Ortigio, Arpaso e Artemiche.

Durante gli incontri con Apollo soleva sacrificare in suo nome asini, una volta il dio si oppose a tale usanza chiedendogli invece di offrire qualche altro tipo di animale, se avesse disubbidito a tale ordine lo avrebbe uccisio. In tale occasione Licio e Arpaso violarono l'ordine portando con loro proprio un asino con l'intento di sacrificarlo, Apollo allora fece impazzire l'animale che fece a pezzi i due figli di Clini.

Clisitera

Nella mitologia greca, Clisitera era il nome di una delle figlie di Idomeneo e di Meda.

Idomeneo pensando al bene di sua figlia decise di fidanzarla al figlio di Talo, di nome Leuco. Egli aveva cresciuto il ragazzo che aveva trovato in un monte, infatti lui fu esposto dal padre quando lo abbandonò. In seguito il re di Creta partì per andare in guerra: infatti la sua presenza era voluta nella guerra di Troia. Quando il padre di Clisitera venne a mancare la vera natura di Leuco si mostrò: infatti egli per prendere subito il trono decise di uccidere sia la moglie che Meda.

Clita

Nella mitologia greca, Clita o Clite era il nome della figlia dell'indovino Merope.

Clita era la moglie del re Cizico, colui che accolse benevolmente gli argonauti durante il loro viaggio. Il fato volle che alla fine per colpa del buio il re affrontò gli eroi alla ricerca del vello d'oro, finendo per essere ucciso. Clita, molto legata al marito quando seppe della sua morte si disperò fino ad impazzire e decise di impiccarsi. Dalle sie lacrime nacque una sorgente, chiamata Clite.

Clitennestra

Clitennestra (o Clitemnestra, o anche Clitemestra) è un personaggio della mitologia greca, figlia di Tindaro, re di Sparta, e di Leda.

Secondo la leggenda Leda si era accoppiata a Zeus camuffato da cigno, ma la stessa notte ebbe un rapporto amoroso anche col marito. Dall'unione col marito Leda generò Clitennestra e Castore (uno dei Dioscuri), dall'uovo che aveva concepito con Zeus nacquero Polluce (l'altro gemello dei Dioscuri) ed Elena. Clitennestra sposò in prime nozze Tantalo (non quello del supplizio), figlio di Tieste e re di Pisa (città del Peloponneso), ucciso da Agamennone che gli aveva mosso guerra. Clitennestra sposa in seconde nozze proprio l'uccisore del marito, Agamennone. Dall'unione dei due nacquero: Elettra, Ifigenia, Crisotemi e Oreste. L'imposizione da parte di altri capi nella guerra contro Troia di un sacrificio ad Artemide e il suo consenso ad immolarne la figlia Ifigenia, anche se poi non si consumò, produsse in Clitennestra un rancore eterno alimentato inoltre dalle insidie del cugino di Agamennone, Egisto, figlio di Tieste. Egisto e Agamennone erano discendenti di un ceppo comune Pelope, sul quale gravava una maledizione che avrebbe colpito i discendenti. Infatti finita la guerra, Agamennone torna a casa con la schiava Cassandra, figlia di Priamo, e qui ad attenderlo trova una congiura ordita da Egisto e Clitennestra che porta all'uccisione dell'Atride e della sua schiava. Agamennone sarà vendicato dai figli, Elettra e Oreste.

Clitennestra è un personaggio di grande rilievo e di forte temperamento, in quanto incarna il rancore femminile dovuto alla gelosia e il sentimento materno di fronte alla possibile immolazione della figlia Ifigenia. Grazie alle opere dei poeti tragici, colpiti dal suo destino e dalla sua gelosia, Clitennestra ricopre un ruolo di rilievo nella mitologia greca, pur avendo episodi limitati nei grandi miti. Essi si servirono di pochi stralci sparsi nell'Odissea per comporre struggenti drammi che vedono protagonista Clitennestra. Tra gli autori che dedicarono a lei la propria opera ci sono Eschilo, Sofocle ed Euripide. Fra gli autori latini vanno ricordati Livio Andronico e Lucio Accio.

Inoltre Martha Graham, considerata una delle madri della danza moderna nel Novecento, usò la storia e i temi del mito di Clitennestra per creare un balletto dall'omonimo titolo.

Clitio

Nella mitologia greca, Clitio era il nome di alcuni dei personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome nel racconto dei miti ritroviamo:

* Clitio, padre di Caletore
* Clitio, fiero guerriero acheo (della Grecia), Dolope suo figlio fu ucciso da Ettore in una delle tante battaglie, non riuscì a vendicarsi.

Clitio padre di Caletore


Clitio, uno dei tanti figlii di Laomedonte, era uno dei consiglieri di Priamo che cercò di persuadere il re a restituire la ragazza al legittimo sposo, tuttavia non fu ascoltato. Il figlio di lui fu uno dei protagonisti dell’attacco alle navi fu lui infatti anche se caduto nel contempo ad accendere il primo fuoco che subito divampò.

Clito (Iliade)

Clito, personaggio dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Clito fu ucciso da Teucro nell'azione bellica descritta nel libro XV dell'Iliade, relativo al Contrattacco dalle navi.

Clito (mitologia)

Nella mitologia greca, Clito era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto il nome di Clito ritroviamo:

* Clito, nipote di Melampo. Eos si innamorò di lui e lo rapì portandolo con sé nella dimora degli dei, ebbe anche un figlio, Cerano, che gli diede un nipote Poliido;
* Clito, marito di Pallene la figlia di Sitone un re della Tracia;
* Clito, (chiamato anche Clitio) padre di Dolopo, uno degli uomini ucciso da Ettore durante la guerra di Troia;
* Clito, (chiamato anche Cleito) figlio di Pisenore, un guerriero troiano, ferito in battaglia da Teucro;
* Clito, uno dei cinquanta figli di Egitto che si sposò una della 50 figlie di Danao, Clite;
* Clito, un re della Calcidica. Ebbe una figlia, Crisonoe che la diede in sposa a Proteo;
* Clito, da cui Poseidone ebbe 10 figli, il primogenito dei quali era Atlante.

Clitodora

Nella mitologia greca, Clitodora era il nome di una delle figlie di Laomedonte.

Clitodora ebbe una relazione con tale Assarco, il cui padre era Troo, discendente di Erittonio, dal quale ebbe un figlio di nome Capi.

Apollodoro, indica invece nomina Ieromneme come moglie di Assarco .

Laomedonte essendo figlio di Ilo che era a sua volta figlio di Troo era di fatto nipote di Assarco che gli era zio e quindi Clitodora sposò lo zio di suo padre secondo tale versione.

Clitore

Nella mitologia greca, Clitore era il nome di uno dei figli di Azano, nipote di Arcade.

In Arcadia fu Clitore il principe più potente una volta succeduto al padre, fra le sue imprese costruì anche una città che portò il suo nome. Alla sua morte lasciò il regno ad Epito, figlio di Elato uno dei suoi fratelli perché egli non ebbe figli. Si dice che era molto fedele a Demetra, anche per il gran numero di templi che aveva eretto nel suo regno.

Clizia (ninfa)

Clizia è una ninfa della mitologia greca. Ripudiata dall'amato, il Sole, viene raffigurata nelle vesti di una fanciulla piangente oppure mentre si compie la sua trasformazione in girasole.

Clizia è una delle giovani amate dal Sole. Il dio però si innamora di Leucotoe, figlia del re Orcamo, e, assunte le sembianze della madre della ragazza, si introduce nella sua stanza e la seduce. Ingelosita e offesa, Clizia riferisce l'accaduto al padre di Leucotoe, che, in preda all'ira, ordina di seppellire la figlia viva in una buca profonda. Disperato, Apollo cosparge il luogo della sepoltura di un nettare profumato; dalla terra inumidita nascerà la pianta dell'incenso. Clizia, ripudiata da Apollo, passa i giorni a seguire con lo sguardo il percorso del carro del Sole, finché, consumata dal dolore, si trasforma in girasole, il fiore sempre rivolto verso il Sole.

Clizia viene raffigurata nel compiersi della metamorfosi oppure il girasole compare vicino alla fanciulla o sul suo capo. In lontananza appare solitamente il carro del Sole. Il fiore, peraltro, compare in alcuni autotratti di Van Dyck a indicare la profonda devozione dell'artista per Carlo I, re d'Inghilterra, presso il quale l'artista soggiornò per un breve periodo.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 20:03
 
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Clizio

Nella mitologia greca, Clizio era il nome di diverse figure del mito

Sotto tale nome si ricorda:

* Clizio, il gigante;
* Clizio, figlio di Eurito che appoggiò il padre che sospettava Eracle del furto del suo bestiame;
* Clizio figlio di Laomedonte;
* Clizio guerriero troiano nell' Eneide;
* Clizio, giovanissimo guerriero latino nell' Eneide, famoso per la sua relazione con Cidone.

Clizio il gigante

Clizio era il nome di uno dei giganti che insieme a tanti della sua specie attaccarono l’olimpo, sede degli dei. Egli fu sconfitto da Ecate che lo bruciò con le sue torce e finito da Eracle che gli sferrò il colpo mortale.

Clizio figlio di Laomedonte

Clizio era uno dei 8 figli avuti dal re di Troia Laomedonte e Strimo. Gli altri figli della coppia erano Titone, Lampo, Ideatone, Podarce, Esione, Cilla, Astioca.

Secondo alcuni autori partecipò alle avventure degli argonauti.

Clizio il troiano

Clizio è nell' Eneide un compagno di Enea, profugo di Troia coi tre figli Acmone, Menesteo ed Euneo. Muore nella guerra tra troiani e italici, per opera di Turno. Questa vicenda è narrata nel libro IX.

Clizio il latino

Per Clizio il latino vedi la voce Cidone e Clizio.

Clonia

Nella mitologia greca, Clonia è il nome di un'Amazzone, il popolo di donne guerriere, discendenti dal dio Ares e dalla ninfa Armonia, le quali abitavano il nord dell'Asia Minore.
Clonia appare, nel poema di Quinto Smirneo, come una delle dodici Amazzoni che facevano parte del contingente, guidato dalla regina Pentesilea, giunto in soccorso a Priamo, nella guerra di Troia.

Arrivo a Troia


Insieme alle altre sue compagne, Clonia figura tra i più preziosi alleati dei Troiani, agli ordini della valorosa regina Amazzone, Pentesilea. Essa viene ricordata nell'elenco delle Amazzoni all'inizio del primo libro del Posthomerica.

Combattimenti nella guerra


Trascorso un certo tempo presso la città di Troia, per ristorarsi e rinvigorirsi prima della nuova battaglia, tutte le Amazzoni, sotto il comando di Pentesilea si diressero verso il campo di battaglia per affrontare gli avversari Achei. La prima ad avventarsi sui nemici fu la stessa regina, la quale massacrò uno dopo l'altro sette guerrieri avversari. Dopo di lei, fu l'Amazzone Derinoe ad attaccare, uccidendo il prode Laogono.

Clonia si gettò dunque sui nemici, e con la sua lancia trafisse Menippo, un valoroso guerriero di Filace, intimo amico di Protesilao, l'eroe acheo che morì dieci anni prima per mano di Ettore.

Alla vista dell'amico morto, Podarce, fratello di Protesilao, balzò sull'Amazzone e la trafisse con la lancia. Colpita a morte, Clonia cadde a terra in un lago di sangue, mentre le sue viscere si spargevano a terra.
Ma Pentesilea, accortasi della morte della compagna, si vendicò a sua volte e scagliò la lancia su Podarce, trafiggendogli il braccio destro. L'eroe precipitò anch'esso a terra, ululante di dolore, e, dopo pochi minuti, spirò a causa della grave perdita di sangue. Non appena gli uomini di Filace videro il loro capitano ucciso, si diedero alla fuga.

Clonio

Nella mitologia greca, Clonio è il nome di un capitano acheo, proveniente dalla Beozia, il quale prese parte alla guerra di Troia, conflitto scoppiato in seguito al rapimento della regina spartana Elena, da parte del giovane troiano Paride, figlio del re Priamo. Gli avvenimenti più importanti legati a questa guerra sono raccontati da Omero nell'Iliade.

Clonio nel "Catalogo delle navi"

Clonio, capitano beota, è nominato solamente due volte nell'Iliade. Nel libro II è ricordato tra i condottieri achei che giunsero in ausilio ai due Atridi, Agamennone e Menelao, per vendicare l'oltraggio subito da quest'ultimo (Menelao, infatti, era il re di Sparta, marito della rapita Elena).

Sebbene fosse al comando degli eserciti provenienti dai più remoti luoghi della Beozia, Clonio non appare come il comandante assoluto dei Beoti. Figlio di Lacrito e di Cleobule, questo era giunto a Troia come alleato degli Achei, conducendo nove navi con sé dalla Beozia. Egli assume il ruolo esclusivo di luogotenente, insieme ad altri capitani beoti, Arcesilao e Protoenore.

Morte in battaglia


Insieme ai suoi compagni provenienti dalla Beozia, Clonio non assume un ruolo particolarmente rilevante nella guerra. Nel poema, infatti, egli non viene mai nominato in rapporto alla sue gesta.
Proprio in battaglia, però, egli perde la vita, ucciso per mano dell'avversario Agenore, figlio di Antenore.

Non si sa se bisogna identificare questo Clonio col capo beota, dato che Omero non ci fornisce altre informazioni sull'identità di questa vittima. Ma, dato che nell'Iliade egli non viene più nominato, né nei poemi successivi, allora molto probabilmente è da identificarlo con questo morto, caduta durante il contrattacco troiano alle navi.

Clori


Clori o Cloride è il nome di tre personaggi della mitologia greca.

Una è la figlia di Anfione di Tebe e di Niobe. Lei e il fratello Amicla furono gli unici figli di Niobe a non essere uccisi da Apollo e Artemide a causa della hybris (superbia) della madre.

La seconda Clori è la figlia di Anfione di Orcomeno, che poi sposò Neleo re di Pilo e fu madre di Nestore. Talvolta viene confusa nelle fonti con la Clori precedente.

La terza è la sposa di Zefiro e madre di Carpo. È la dea dei fiori e venne successivamente identificata con la dea latina Flora.

Cnageo

Nella mitologia greca, Cnageo era il nome di uno dei guerrieri che si distinse in guerra combattento al fianco dei Dioscuri.

Il mito viene raccontato da Pausania: Cnageo, soldato spartano, durante la guerra di Afidna venne sopraffatto e catturato. Prigioniero degli ateniesi il suo destino fu quello di essere venduto come schiavo all'isola di Creta. Qui divenne un seguace della dea Artemide, fino a quando un giorno decise di fuggire portandosi con se una sacerdotessa del culto e una statua della dea. In seguito fondò lui stesso un culto per la dea.

Cocalo

Nella mitologia greca, Cocalo era il nome di un re sicano la cui roccaforte si trovava a Camico, località variamente identificata con Sant'Angelo Muxaro, Agrigento, Palma di Montechiaro, Sutera, Naro.

Cocalo è ricordato per aver dato rifugio a Dedalo quando fuggì insieme al suo figlio Icaro dal labirinto di Minosse. Il re di Creta allora andò alla sua ricerca infuriato della fuga. Sapendo della sua abilità inventoria Minosse andava in giro chiedendo di risolvergli un enigma, dove si chiedeva di passare un filo in una spirale d una conchiglia. Nessuno vi era riuscito e solo Cocalo chiedendo aiuto al suo amico aveva la soluzione: grazie all’aiuto di una formica il filo era riuscito a passare tranquillamente. Minosse intuì immediatamente che vi era lo zampino di Dedalo. Disperato decise di uccidere lo stesso re per salvare la reputazione dell’ospite.

La morte di Minosse viene raccontata in diversi modi, probabilmente avvenne durante il bagno o con l’acqua calda o con la pece bollente.

Sofocle scrisse una tragedia che raccontava della vicenda.

Coirano

Nella mitologia greca, Coirano o Cerano era il nome di un guerriero che si distinse nella guerra di Troia.

Quando Paride figlio di Priamo re di Troia prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani. Fra i tanti eroi che risposero all’appello del fratello di Agamennone Coirano, soldato proveniente dalla città di Licio, era fra questi. Divenne cocchiere di Merione, durante una battaglia vede il prode Idomeneo in difficoltà, la sua arma si è spezzata ed Ettore si sta avvicinando e va incontro al greco per riuscire a salvarlo. Fa salire sul carro l’eroe ma a quel punto il figlio di Priamo scaglia contro la sua lancia, Idomeneo la schiva ma Coirano viene colpito e muore.

Coleno

Nella mitologia greca, Coleno era considerato il primo re dell’ Attica.

Coleno discendente dal dio Ermes venne per la sua condotta esiliato da Anfizione. Girovagando per altri regni alla fine si stabilì e creò un santuario ad Artemide, Pausania stesso ebbe modo di ammirare la statua di legno creata in suo onore. In seguito non si allontanò mai più da quel luogo sino alla sua morte, il luogo in questione era nel demo di Mirrina.

Combe

Nella mitologia greca, Combe era il nome di una delle figlie del dio Asopo , una divinità minore di un fiume.

Sposata con Soco (o Saoco), viveva nel regno di Eubea. Si racconta della sua numerosa prole (alcuni le attribuiscono anche 100 figli), ma la versione più accreditata elenca sette di loro (i cosiddetti coribanti d’Eubea).

Essi erano:

Acmone
Ideo
Dmaneo
Melisseo
Ocitoo
Mimante
Primneo


Stanca della tirannia del marito decide di fuggire rifugiandosi in varie città fino ad Atene, tornò nella patria solo alla morte del marito.

Comete
(mitologia)

Nella mitologia greca, Comete era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Fra i vari personaggi con quel nome ritroviamo:

* Comete, uno dei figli di Stenelo. Diomede il guerriero che poi si distinse nella guerra di Troia chiese al ragazzo di controllare i suoi averi, ma egli grazie all'intervento della dea Afrodite, si innamorò della moglie dell'eroe Egialea. Secondo un'altra versione invece fu Nauplio a convincere la donna a cedere alle attenzioni del ragazzo. In ogni caso Comete cercò di uccidere Diomede al suo ritorno non riuscendoci, ottenendone però l'allontanamento.

* Comete, uno dei figli di Tisameno.

* Comete, figlio di Testio, uno dei partecipanti alla caccia del cinghiale Calidone.

Cometo

Cometo è una figura della mitologia greca, figlia di Pterelao re di Tafo.

Cometo si innamorò perdutamente di Anfitrione che aveva cinto d'assedio la città di cui il padre era re. Per aiutarlo nell'impresa, ella strappò al padre il capello d'oro che donava lui l'immortalità, uccidendolo.

Anfitrione conquistò la città e, saputo di quanto accaduto, uccise la giovane snaturata.

Coone

Nella mitologia greca, Coone era uno dei guerrieri che presero parte alla guerra di Troia tra i difensori della città; il personaggio è presente nell’ Iliade.

Figlio di Antenore, assistette durante una delle tante battaglie allo scontro di Ifidamante, il più giovane dei suoi fratelli, contro Agamennone, che si concluse con la morte di Ifidamante. Coone mosse allora contro Agamennone, deciso a vendicare il fratello minore. Senza farsi vedere si avvicinò al nemico e scagliò la sua lancia che colpì il bersaglio, ferendolo gravemente ad un braccio; Agamennone però si riprese e Coone venne sopraffatto e decapitato.

Copreo

Copreo, era personaggio mitologico greco.

Figlio di Pelope, padre di Perifete, a causa dell'uccisione di Ifito, scappò via dall' Elide e si rifugiò nella città di Micene, presso Euristeo che se ne servì in qualità di araldo per portare ad Eracle la notizia che avrebbe dovuto sottoporsi alle dodici fatiche.

Euristeo in seguito lo inviò come araldo anche presso gli Ateniesi, pretendendo da loro l'espulsione degli Eraclidi dalla città. Durante questa ambasciata, Copreo si sarebbe mostrato tanto insolente che gli Ateniesi lo uccisero. In espiazione di questo fatto, gli efebi ateniesi in alcune feste portavano una veste di colore scuro.

Corebo (mitologia)

Corebo , era un personaggio della mitologia greca.

Come ci narra Pausania, quando nella città di Argo regnava Crotopo, sua figlia Psamate ebbe un figlio da Apollo: Lino. Per vergogna e timore della reazione del padre, lo fece esporre e venne dilaniato da alcuni cani del gregge di Crotopo stesso.

Apollo, adirato, mandò un mostro marino chiamato Pena (in greco antico Ποινὴν, «Punizione»), che strappava i figli alle madri, uccidendoli. Fu proprio Corebo che, volendo fare cosa gradita agli Argivi, affrontò il mostro e lo uccise. Apollo a questo punto mandò una pestilenza che continuò ad affliggere gli abitanti e Corebo si risolse ad andare di sua volontà a Delfi, per chiedere all'oracolo cosa potesse calmare l'ira di Apollo.

La Pizia non gli consentì di rientrare nella città di Argo, ma gli comandò di prendere un tripode dal santuario e di abitare e costruire un tempio ad Apollo proprio nel luogo dove il tripode gli fosse caduto di mano. Il tripode gli cadde di mano proprio sul Monte Geranìa, dove prese dimora e fondò la città di Tripodiskoi, (in greco antico Τριποδίσκους), oggi ritenuto il nucleo antico della città di Megara.

Corebo ha la tomba nell'agorà di Megara, sempre secondo quanto riferisce sempre Pausania, e vi erano scritti versi elegiaci che raccontavano i particolari della storia. Sulla tomba c'è proprio una scultura a ricordare Corebo che uccide la Pena.

Coribanti


I Coribanti erano i sacerdoti di Cibele (divinità nata dall'unione tra Gea e Urano).

Diverse e contrastanti sono le tradizioni legate alle loro origini: ben sei sono le versioni più probabibili ed accettate

Figli di Apollo e Talia, la Musa della commedia.
Nati dall'unione di Saoco e di Combe, una ninfa, figlia del fiume Asopo.
Una tradizione sostiene che erano figli di Crono.
Erano ritenuti anche figli di Helios e di Atena.
Nacquero dall'amore di Zeus e della musa Calliope.
Erano figli di Apollo e di Retia, una ninfa di Samotracia.


Onoravano la loro dea con danze sfrenate e orgiastiche, durante queste rumorosissime feste spesso si infliggevano volontariamente delle ferite. Inventori del tamburo a cornice creavano musica basata sul ritmo ossessivo per curare l'epilessia e per sconfiggere la malinconia di Zeus. Inoltre onoravano il pino in onore di Attis (figlio della dea).

Furono spesso identificati con i Cureti e i Grandi dei di Samotracia.



 
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Corico (mitologia)

Nella mitologia greca, Corico era il nome di uno dei primi re di Arcadia.

Il re Corico aveva due figli Plesippo e Eneto, costoro erano riusciti ad inventare l’arte della lotta e volevano far vedere la loro invenzione al padre. Essi avevano una sorella di nome Palestra, tale donna decise di rivelare la loro scoperta al suo amante, il dio Hermes,che fece sua l’arte chiamandola con il nome dell’amata. (Palestra in greco antico significava la lotta).

I figli si lamentarono con Corico che suggerì di vendicarsi del dio allora lo presero nel sonno e gli tagliarono le mani, a sua volta anche il dio si lamentò con suo padre, il sommo Zeus che prese Corico e consumò la sua rabbia con lui, scorticandolo.

Corinto
(mitologia)

Nella mitologia greca, Corinto era il nome di un uomo che passava per essere erroneamente uno dei figli di Zeus

Corinto era l'eroe dell'omonima città ma nelle sue parti si era diffusa la credenze delle sue origini divine, dove si presumeva che fosse il padre degli dei, Zeus stesso suo padre. Questa credenza dei Corinzi era mal vista dagli altri greci, tanto che arrivavano a creare il proverbio "Corinto, figlio di Zeus" che indicava un qualcosa di ripetitivo, monotono.

Suo padre era Maratone, un essere mortale, con cui viaggiò per poi tornare e diventare re di Corinto, e secondo una versione del mito fu ucciso dai propri sudditi. Il suo successore fu Sisifo che lo vendicò.

Corito

Nella mitologia greca, Corito era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Corito, figlio di Zeus e di Elettra (la figlia di Atlante), secondo una delle versioni da lui discesero Iasione e Dardano. Sempre secondo tale culto egli fondò una città, tale Corito (oggi Tarquinia) e si stabilì in tale dimora, i suoi due figli invece si allentarono, uno per la Troade e l’altro per la Samotracia.

* Corito, re di Tegea. Quando Auge decise di abbandonare suo figlio Telefo su una montagna come era usanza a quei tempi, Corito lo vide e lo portò con se, quindi lo crebbe come se fosse suo figlio. Da Telefo, poi, nacque Tarconte che venne in Etruria e fondò la città di Tarquinia.

* Corito, figlio di Paride e di Enone, una ninfa. Era talmente bello che riuscì a conquistare il cuore di Elena, per questo suo padre lo uccise.

* Corito, secondo Ditti Cretese, era uno dei figli che Paride ebbe da Elena, gli altri due erano Bunomo e Ideo, morirono durante la guerra di Troia per il crollo di un tetto. Ditti Cretese chiama Corito anche la città greca di Corinto. Da questa città (Corito/Corinto), secondo una diffusa tradizione greca e romana, il nobile Demarato poi sarebbe venuto a stabilirsi a Tarquinia dove sposatosi con Tanaquilla divenne il padre di Tarquinio Prisco. Valerio Massimo (III,4,2) disse infine che Tarquinio era nato in una città etrusca chiamata Corinto (Corito-Corneto-Tarquinia).

Coronide
)
Coronide è una figura della mitologia greca, era figlia di Flegias, re dei lapiti.

Secondo il mito, Apollo si innamorò di Coronide mentre ella faceva il bagno in un lago. I due consumarono la loro passione, poi il dio andò via, lasciando un corvo a guardia della ragazza.

Coronide decise di sposarsi con Ischys, e il corvo, quando li vide assieme, volò da Apollo per riferire. Quando scoprì che Coronide era incinta, decise di punire il corvo, tramutandogli le piume da bianche in nere, poiché non aveva allontanato Ischys da Coronide.

Artemide uccise Coronide trafiggendola con un dardo, su richiesta del fratello disonorato. Apollo, però, decise di salvare il piccolo che Coronide aveva in grembo, e chiese ad Ermes di prenderlo dal corpo della madre. Apollo decise di dare al piccolo il nome di Asclepio.

Un’altra versione del mito racconta che Apollo stesso uccise Coronide e, compreso il suo errore, estrasse il feto di Asclepio e lo portò dal centauro Chirone.

Corono

Nella mitologia greca, Corono il lapita, figlio di Caneo era uno degli Argonauti.

Corono il lapita partecipò alla famosa conquista del vello d'oro.

Problemi di confine

Quando sorse una disputa per quanto riguarda i confini, tra i Dori di Estieotide, cui erano governati da re Egimio e i Lapiti del monte Olimpo, alleati in passato con i Driopi, il cui re era Corono. Durante la lotta i dori stavano per avere la peggio, anche per via del loro esiguo numero rispetto agli avversari, allora chiesero ad Eracle un aiuto nella lotta, offrendo come ricompensa nel caso accettasse un terzo del regno.

Cragaleo


Cragaleo nella mitologia greca era il nome di uno dei figli di Driope, un pastore dotato di enorme saggezza.

L’anziano Cragaleo tranquillamente portava a spasso le mandrie quando fu scelto come giudice in una disputa fra dei e semidei, doveva scegliere a chi dovesse andare una città, Ambracia situata nell’Acarnania. Fra i vari pretendenti vi era Eracle che alla fine fu scelto, ma questo scatenò le ira degli altri contendenti fra cui Apollo che lo trasformò in pietra.

Cranao


Cranao è una figura della mitologia greca, era figlio di Cecrope.

Fu il successore di suo padre al trono della città di Atene. Fu bandito dalla città da Anfizione, figlio di Deucalione, il quale fu a sua volta spodestato da Erittonio. Ebbe tre figlie Cranae, sposa di Anfizione, Cranecme e Attide.

Cranone

Nella mitologia greca, Cranone era il nome di uno dei figli di Pelasgo

Cranone era nato nel Peloponneso ma crescendo viaggiò fino alla Tessaglia dove incontrò Ippodamia e si innamorò di lei. Per ottenere la sua mano doveva vincere una gara con il carro, ma durante la sfida rimase ucciso, i cittadini allora per commemorarlo decisero di cambiare nome alla città della Tessaglia da Efira a Cranone.

Crantore

Nella mitologia greca, Crantore era il nome di uno schiavo fedele di Peleo.

Dopo essere stato sconfitto da Peleo Amintore gli diede Crantore come schiavo e ne fece suo scudiero. Gli fu fedele sino alla famosa battaglia contro i centauri. Qui durante lo scontro uno dei mostri, tale Demolente, lanciò contro un albero dopo averlo sradicato, Crantore fu l’unico a non riuscire a scansarsi in tempo, scatenando la furia di Peleo che fece strage dei centauri.

Creonte 1

Re di Corinto, figlio di Liceto. Alcmeone affidò Anfiloco e Tisifone, i figli avuti da Manto, a Creonte perché li allevasse. Ma poiché crescendo Tisifone si rivelò fanciulla di straordinaria bellezza, la moglie di Creonte rosa dalla gelosia la vendette come schiava e, Alcmeone, che non sapeva chi essa fosse, la comprò e la fece servire in casa propria, ma fortunatamente si astenne dall'incesto. Più tardi, scoperta la sua identità, si recò a riprendere anche Anfiloco.
Giasone e Medea, cacciati da Iolco, giunsero a Corinto. Creonte li accolse e diede loro una dimora perché potessero vivere in pace. A quanto narra Euripide, la popolazione di Corinto cominciò a temere Medea che oltre a essere una straniera era anche una maga. Anche Giasone si stancò di lei perché, in quanto straniera, non poteva dargli un figlio che divenisse il legittimo erede al trono. Creonte gli offì la mano di Glauce (o Creusa), sua figlia, ed esiliò Medea. Medea prima di partire donò a Glauce l'abito nuziale. Ma allorché indossò il vestito, Glauce fu avvolta da un fuoco misterioso che la divorò e Creonte, nel tentativo di aiutarla, venne anch'egli bruciato. Secondo un'altra versione, Medea avvelenò Creonte e distrusse il suo palazzo, abbandonando i suoi figli nel tempio di Era. Gli uomini di Creonte si vendicarono uccidendole i figli e raccontando che erano morti per sua mano.

Creonte 2

Figlio di Meneceo, sposò Euridice (o Enioda) e da lei ebbe molti figli. Quando re Laio di Tebe, marito di Giocasta, si recò a Delfi, Creonte, fratello della donna, governò al suo posto. Più tardi, allorché Laio venne ucciso non lontano da Delfi, all' incrocio fra la strada di Dauli e quella di Tebe dal figlio Edipo, Creonte divenne reggente. La Sfinge (un mostro mezzo leone e mezzo donna), inviata da Era contro Tebe per punire la città dell'uccisione di Laio, tormentava i Tebani e soprattutto poneva enigmi ai passanti e divorava coloro che non sapevano risponderle. Allora Creonte offrì il regno e la mano di Giocasta a chiunque fosse riuscito a risolvere l'enigma della Sfinge e a liberare il paese da quella costante minaccia. Edipo risolse l'enigma e la Sfinge, avvilita, si gettò giù dal monte Ficio sfracellandosi nella vallata sottostante. Poi chiese il regno e la sposa promessi, all'oscuro del fatto che Giocasta era la sua vera madre. Alcuni anni dpo, un'altra piaga, una grande pestilenza si abbattè su quella terra, e l'oracolo di Delfi dichiarò che Edipo ne era la causa, perché era colpevole di parricidio e di incesto. Giocasta, apprendendo la verità, disperata si tolse la vita; Edipo si accecò, e ancora una volta, Creonte divenne reggente di Tebe. Secondo alcuni cacciò Edipo dalla terra, secondo altri consentì al povero cieco di restare a Tebe fino a quando, alcuni anni dopo, i figli di Edipo, Eteocle e Polinice, succeduti a Creonte, lo scacciarono definitivamente. I due fratelli decisero di governare ad anni alterni, ma Eteocle, che salì al trono per primo, non volle abbandonarlo allo scadere del suo tempo, si rifiutò di cedere il trono a Polinice, e aiutato da Creonte lo fece allontanare dalla città.
Durante la guerra dei Sette contro Tebe, Polinice guidò l'esercito degli Argivi e nel combattimento perse la vita proprio contro il fratello Eteocle. Uno dei figli di Creonte, Megareo morì durante l'assedio e un altro, Meneceo, per obbedire a un oracolo si offrì in sacrificio ad Ares e così assicurò la vittoria ai Tebani. Creonte diede al corpo di Eteocle onorata sepoltura, ma ordinò che Polinice fosse lasciato all'esterno della città, poiché aveva portato le armi contro la patria. Antigone, figlia di Edipo e promessa al figlio minore di Creonte, Emone, cercò di recuperare il corpo del fratello per potergli dare sepoltura, ma venne sorpresa dai soldati che la condussero da Creonte il quale decretò che venisse sepolta viva e la rinchiuse nella tomba dei Labdacidi. La giovane si uccise ed Emone, disperato per la crudeltà del padre che aveva portato alla morte la sua promessa sposa, si tolse la vita con la propira spada. Euridice, moglie di Creonte, sconvolta per la morte dell'unico figlio che le era rimasto, decise di porre fine ai suoi giorni.
Secondo un'altra leggenda, allorché Edipo, bandito da Tebe, si rifugiò in Attica, nel santuario di Colono, Creonte, che dapprima l'aveva cacciato, cercò di farlo tornare a Tebe. Infatti l'oracolo di Delfi aveva rivelato che il luogo dove Edipo fosse vissuto e morto, avrebbe goduto di speciale fortuna. Edipo rifiutò di tornare e Teseo, re di Atene, scacciò Creonte. Teseo comparve ancora a Tebe dopo il fallimento dell'attacco dei Sette e costrinse Creonte a dare agli Argivi onorata sepoltura.
In gioventù Creonte aveva purificato Anfitrione colpevole d'aver ucciso il suocero Elettrione, e l'aveva anche aiutato nella guerra contro i Teleboi e i Tafi, però a patto che egli liberasse i Tebani dalla volpe Teumessia. Anfitrione si era fermato a Tebe per essere purificato, e proprio a Tebe sua moglie Alcmena aveva dato alla luce Eracle. Creonte diede Megara, sua figlia, in sposa a Eracle, ma durante l'assenza dell'eroe, Lico invase Tebe, uccise Creonte e si impossessò del trono. Eracle si trovava nel Tartaro, ma ritornò e uccise l'usurpatore, e colto da un eccesso di follia uccise anche i figli avuti da Megara. Secondo un'altra versione del mito, Creonte venne ucciso da Teseo il quale aveva attaccato Tebe per punirlo d'aver proibito che i corpi degli Argivi fossero sepolti.
Esistono molte varianti sulla sorte di Creonte, oltre alle tre tragedie tebane di Sofocle (Edipo re, Edipo a Colono e Antigone), vedi anche i Sette contro Tebe di Eschilo, Le Fenicie ed Eracle di Euripide.

Creontiade

Nella mitologia greca, Creontiade era il nome di uno dei figli di Eracle e di Megara, figlia di Creonte, il re di Tebe.

Eracle durante la sua pazzia uccise Creontiade, i suoi fratelli e alcuni dei suoi cugini.

Cresfonte

Nella mitologia greca, Cresfonte era il nome di uno dei figli di Aristomaco, era un discendente di Eracle, e per questo faceva parte degli Eraclidi.

Eracle aveva avuto tanti figli e nipoti durante la vita e molti di essi una volta cresciuti si allearono con il nome di Eraclidi. Si disntise in lotta con i suoi fratelli Temeno e Aristodemo riuscendo a conquistare grazie al loro esercito la penisola del Peloponneso. Una volta che la terra fu libera la divisero fra i tre fratelli ma Cresfonte desiderava la parte meno ricca che doveva andare all'ultimo, la Messenia. I tre dovettero buttare un sasso in un'anfora colma d'acqua e poi una volta pescati si comprendeva a chi dovesse andare una parte del regno, per essere sicuro di uscire per ultimo Cresfonte gettò una zolla di terra che si sciolse subito nell'acqua. Ebbe come moglie Merope la figlia di Cipselo, venne ucciso dal suo stesso popolo in rivolta contro il suo sistema di governo.

Creso

Creso fu il trentesimo e ultimo sovrano della Lidia, su cui regnò dal 560/561 a.C. fino alla sconfitta subita, intorno al 547 a.C., ad opera dei Persiani.


La vita


Nato nel 596 a.C., quinto sovrano della dinastia dei Mermnadi, era figlio del re Aliatte II. Dopo la morte del padre avvenuta nel 560 a.C., Creso ebbe una breve lotta con il fratello, prima di conquistare il trono.

Rapporti con le città greche della Ionia

Creso proseguì la politica del padre tendente ad estendere l'influenza della Lidia sulle città greche della costa anatolica, migliorando però un quadro di rapporti politici, già sostanzialmente buono, in cui l'egemonia e i modesti tributi imposti alle città ioniche erano ampiamente ripagati dai notevoli vantaggi commerciali derivanti dall'apertura garantita sugli ambiti mercati dell'entroterra.

Creso accumulò quindi ingenti ricchezze, al punto che nella cultura greca e in quella persiana il suo nome acquistò il significato di "ricco" per antonomasia, dando origine ad espressioni quale "ricco come Creso" o "ricchissimo quanto Creso".

I buoni rapporti con la Grecia si manifestavano negli onori e nelle donazioni tributate al santuario di Delfi e nei rapporti amichevoli intrattenuti con la Lega peloponnesiaca. Il ricco re progettò e finanziò con generosità la costruzione dell'Artemision di Efeso, menzionato, in un epigramma di Antipatro di Sidone, fra le sette meraviglie del mondo antico e dimostrò la sua ospitalità accogliendo nella sua corte eminenti personaggi come il politico ateniese Solone.

La politica di Creso fece della Lidia l'ultimo bastione difensivo per i greci della Ionia contro l'avanzata persiana in Asia Minore.

La guerra contro Ciro il Grande


Nel 547 a.C. circa i Medi, stanziati ai confini sud-orientali della Lidia, furono conquistati dai Persiani e Creso si preparò all'inevitabile campagna militare contro Ciro il Grande di Persia alleandosi con Amasis II d'Egitto, Nabonido di Babilonia e Sparta.

Prima di partire per la guerra, il re lidio si rivolse all'oracolo di Delfi, ottenendo dalla Pizia, com'era consuetudine, un'ambigua risposta: "Se Creso attraverserà il fiume Halys cadrà un grande impero".

Creso, sicuro della vittoria, sferrò il suo attacco. I due eserciti si scontrarono proprio presso l'Halys, nell'Anatolia centrale, in una battaglia rivelatasi inconcludente. Sopraggiunto ormai l'inverno Creso, secondo consuetudine, ritirò il proprio esercito, ma fu sorpreso dalla manovra di Ciro il quale, contravvenendo all'uso, lo attaccò presso Sardi (capitale della Lidia), sconfiggendolo e imprigionandolo. Fu così che il suo regno cadde nelle mani dei Persiani avverando l'oscura profezia della Pizia.
La morte [modifica]
Creso attende il rogo offrendo una libagione. Anfora a figure rosse da Vulci (500-490 a.C.)

Non si sa con esattezza la data di morte di Creso, anche se essa viene tradizionalmente collocata al 546 a.C., quindi dopo la conquista persiana.

La "Cronaca di Nabonido" afferma che Ciro "marciò contro la Lidia, uccise il suo re e se ne impossessò..."; tuttavia, si ipotizza che nell'iscrizione in caratteri cuneiformi la parola che starebbe per "Lidia" sia corrotta e che quindi sarebbe stata mal interpretata.

Secondo le Storie di Erodoto, Creso, prigioniero, fu posto su una grande pira per ordine di Ciro, che voleva vedere se forze soprannaturali si sarebbero manifestate per salvarlo dal rogo. Creso appiccò il fuoco invocando Apollo ma accadde che, nel cielo fino ad allora sereno, giunsero improvvise pioggia e vento a spegnere le fiamme. Ciro si convinse allora della bontà di Creso e lo nominò suo consigliere, funzione che mantenne anche con Cambise, figlio di Ciro.

Creteo

Nella mitologia greca, Creteo era il nome di uno dei figli di Eolo e di Enarete.

Si sposò con Tiro, da lui discesero Esone, Fere ed Amitaone. Tiro ebbe in passato una relazione con il dio Poseidone dal quale nacquero due figli, Pelia e Neleo. Creteo fondò Iolco, la città dove Pelia e Giasone in seguito si contesero il regno e da cui partì la famosa spedizione degli Argonauti.

Cretone (mitologia)

Nella mitologia greca, Cretone era il nome di uno dei personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Cretone era figlio di Diocle, nipote di Ortiloco e fratello gemello di Orsiloco, (ai tempi era sovente cambiare il nome dei figli di una sola lettera rispetto a quello del padre) proveniva da Fere, grande città del tempo (anche se esistevano due città con lo stesso nome ma situate in luoghi diversi), e si schierò contro troia, al fianco di Agamennone. Anche se era un guerriero esperto dovette arrendersi contro Enea che lo uccise insieme a suo fratello in una delle tante battaglie.

Visto che i gemelli discendenti dal dio del fiume Alfeo ed essendo tale mito ripetuto più volte in vari racconti si presume doveva essere collegato ad una sorte di leggenda o realtà del luogo importante, ma mai giunta a noi.

Creusa 1

Naiade tessala, figlia della Terra. Fu amata dal dio fiume Peneo che le dette due figli, Ipseo, re dei Lapiti, e Stilbe, ai quali si aggiunge talvolta Andreo.

Creusa 2

Figlia minore d'Eretteo, re di Atene, e di Prassitea. Apollo si giacque segretamente con Creusa moglie di Suto, in una grotta sottostante i Propilei di Atene. Quando nacque il figlio di Creusa, Apollo lo trasportò a Delfi, dove egli divenne servo in un tempio e i sacerdoti lo chiamarono Ione. Suto non aveva eredi e, dopo molti indugi, decise di chiedere all'oracolo delfico come potesse assicurarsene uno. Con suo grande stupore si sentì rispondere che la prima persona che avesse incontrato uscendo dal santuario sarebbe stato suo figlio. Quella persona fu Ione e Suto pensò di aver fecondato qualche Menade durante le orge dionisiache svoltesi a Delfi molti anni prima. Ione non poteva certo contraddirlo e lo riconobbe come padre. Ma Creusa si irritò al vedere che Suto aveva ora un figlio mentre essa era rimasta sterile, e tentò di uccidere Ione offrendogli una coppa di vino avvelenato. Ione, tuttavia, libò dapprima agli dèi, e una colomba calò dal cielo per assaggiare il vino versato. Subito la bestiola morì e Creusa cercò asilo presso l'altare di Apollo. Quando l'infuriato Ione tentò di strapparla dall'altare, le sacerdotesse intervennero e gli spiegarono che egli era figlio di Creusa e di Apollo, benché Suto dovesse continuare a credere d'averlo generato in una Menade. Anzi, fu promesso a Suto che avrebbe avuto da Creusa Doro e Acheo.
I suoi tre figli furono i progenitori delle stirpi greche, gli Ioni, gli Achei e i Dori.

Creusa 3

Figlia di Priamo e di Ecuba e moglie di Enea, madre di Ascanio.
Secondo Virgilio, nella fuga da Troia e nella confusione della città in fiamme, Enea smarrì Creusa e ritornò indietro a cercarla, ma per strada incontrò l'ombra della moglie che gli narrò di essere stata rapita da Cibele e lo scongiurò di continuare il viaggio che lo avrebbe portato a fondare un nuovo regno nel Lazio, dove avrebbe trovato un'altra sposa.

Creusa 4

Figlia del re di Corinto, Creonte, che talvolta è chiamata Glauce. Il padre pensò di maritarla a Giasone, che ripudiò Medea. Questa, per vendicarsi, preparò un vestito che inviò come regalo di nozze alla rivale. Creusa, imprudentemente, accettò il vestito, ma, allorché lo indossò, fu avvolta da un fuoco misterioso che la divorò.


Criaso


Nella mitologia greca, Criaso era il nome di uno dei figli di Argo e Evadne

Di lui racconta Apollodoro, che rimane fra le varie versioni la più importante, racconta di sua madre la figlia del dio mare Strimone e dei suoi fratelli: Ecbaso, Pira e Peranto (o Epidauro).

Crimiso (mitologia)

Nella mitologia greca, Crimiso (chiamato anche Cremiso o Criniso a seconda delle traduzioni) era una divinità minore che risiedeva nella Sicilia, uno delle divinità dei fiumi di cui si raccontano le gesta.

Si racconta che trasformato in un animale un orso, o secondo altri racconti, un cane si unì a Egesta o Segesta, in ogni caso ebbe un figlio Aceste. Egli divenuto adulto fu il fondatore della città di Aceste. Altri ancora parlano dell'unione con la figlia di Fenodamante e narrano della figlia avuta da Crimiso venne chiamata Egesta che fondò la città di Segesta.

Crini


Nella mitologia greca, Crini era il nome di uno dei sacerdoti di Apollo, il dio figlio di Zeus, che aveva creato un tempio in suo onore a Crise, città della Misia.

Crini inizialmente aveva fatto adirare il dio che era venuto nella sua città, per questo la divinità gli maledì il raccolto, e orde di topi lo devastarono in continuazione. Apollo fu poi accolto dal capo dei pastori, tale Orde, che riuscì con i suoi modi a tranquillizzarlo. Il dio per ringraziarlo decise di liberare personalmente il luogo della maledizione ma impose che Crini diventasse suo seguace e di fondere quel tempio.

Crisami


Nella mitologia greca, Crisami era uno dei re di Cos.

Crisami possedeva molte pecore che amava, fra tutte la più bella fu rapita da un'anguilla gigantesca, un mostro marino che infestava le acque vicine. Il re non si perse d'animo, affronto l'orribile creatura e vinse uccidendola. Al che la notte stessa il suo sonno fu tormentato da uno strano sogno, una voce gli diceva che doveva seppellire il mostro. Crisami non volle dare retta al sogno e ciò lo portò alla morte.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 20:09
 
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Vampiro di dracula

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Crisantide

Nella mitologia greca, Crisantide era il nome di una donna che viveva nell' Argolide, di lei si narra in una versione della storia di Demetra

Vi sono diversi racconti sul mito del rapimento di Persefone ad opera di Ade, uno di essi racconta che la donna fu rapita nel Peloponneso. In tale episodio, la dea era ospite di Pelasgo e Crisantide le raccontò del rapimento.

Crisaore


Crisaore è un personaggio minore della mitologia greca.

Si tratta di un gigante armato di spada d'oro, da cui il nome Crisaore.

Esistono due miti differenti sulla sua origine. Secondo una versione, egli nacque da un'avventura amorosa di Poseidone con la gorgone Medusa sotto gli occhi della casta Atena; quest'ultima, inorridita dallo spettacolo, trasformò i bei capelli di Medusa in serpenti. In base alla seconda versione, invece, Crisaore nacque assieme a Pegaso dal sangue di Medusa quando Perseo la uccise mozzandole la testa.

Crisaore si unì a Calliroe, figlia di Oceano e Teti o di Poseidone. Dalla loro unione nacquero il gigante Gerione e la madre di mostri Echidna.

Crise


Crise è una figura della mitologia greca, padre di Criseide.

Era sacerdote del dio Apollo. Gli achei rapirono sua la figlia Criseide, così Crise invocò il dio che, infuriato per il sacrilegio, si schierò coi Troiani battendosi contro gli Achei.

Crise è anche il nome del figlio che Criseide ebbe da Agamennone.

Crise è inoltre una figlia di un tale Pallante, che si dice fosse andata in sposa a Dardano, il capostipite dei troiani, ma solo una leggenda ateniese racconta questo fatto, non trovando altri riscontri in altri miti.

Criseide


Criseide è il patronimico utilizzato da Omero nell'Iliade per denominare la fanciulla Astinome. Criseide fa parte della mitologia greca, è figlia di Crise sacerdote d'Apollo.

Criseide è una figura importante nella storia dell'iliade: è lei che involontariamente causa l'allontanamento di Achille da Agamennone. Achille tornerà a combattere solo perché il suo migliore amico Patroclo morirà in guerra, ucciso in leale duello da Ettore, Patroclo si stava spacciando per Achille, e quando Ettore tolse l'elmo a Patroclo, rimase deluso di non aver ucciso il grande campione greco. Quando Achille venne a sapere della morte di Patroclo, si disperò, e poi decise di tornare in battaglia e di uccidere Ettore, e così sarà.

Da Agamennone ebbe un figlio, che chiamò Crise (come suo padre).

Crisippo (mitologia)

Crisippo è una figura della mitologia greca, secondo il mito tebano, fu il figlio bastardo di Pelope e della ninfa Astioche, a cui faceva da istruttore nell'arte di guidare il cocchio.

Costui abitava nella reggia del padre quando, esule da Tebe durante il regno di Anfione e Zeto, venne invitato come ospite Laio. Questi, non appena lo vide, fu preso da una violenta passione per Crisippo, lo rapì e ne fece il suo amante. Per la vergogna, nonostante fosse ancora un ragazzo, Crisippo si tolse la vita. La vendetta di Pelope fu terribile: egli maledisse Laio affinché non avesse figli o, se ne avesse avuti, rimanesse ucciso da colui che aveva generato.

Una variante della storia, appartenente alla mitologia di Micene, coinvolgeva nella morte di Crisippo la brama di potere dei due fratelli Atreo e Tieste, i quali, temendo che Pelope avesse intenzione di privilegiarlo nella successione, lo uccisero, istigati dalla madre Ippodamia.

Euripide compose una tragedia, intitolata Crisippo, ma non sappiamo quale delle due versioni privilegiasse, visto che oggi è quasi interamente perduta.

Criso

Nella mitologia greca, Criso era il nome di uno dei figli di Foco e Asteria e discendente di Eaco, ricordato per essere il fondatore di Crisa.

Discendente da parte di madre di Deucalione aveva un fratello gemello, Panopeo con cui litigava fin dall'infanzia (nel mito si racconta che già dal grembo materno i due litigassero). Insieme ad Antifazia, figlia di Naubolo ebbe un figlio Strofio, da tale discendenza si arriva a Pilade, cugino di Oreste.

Crisopelea


Nella mitologia greca, Crisopelea era il nome di una delle ninfe, una delle amadriade, il suo mito è collegato a quello di Arcade.

Crisopelea viveva nella terra di Arcadia el bosco della regione, precisamente in una quercia. L'albero non resistette alle intemperie e stava quasi per cadere in un torrente, qui Arcade vide la ninfa che lo supplicava di un intervento. L'eroe decise di creare una piccola diga e la quercia si salvò. In seguito i due si unirono in matrimonio, da tale unione nacquero due figli: Elato e Afidante.

Crisotemi


Crisotemi o Crisotemide è un nome attribuito a diverse figure della mitologia greca.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Crisotemi, probabilmente figlia di Agamennone, re di Argo, e di Clitennestra (da come ce la presenta Sofocle) non è partecipe all'omicidio di Agamennone da parte di Clitennestra. Era sorella (a seconda delle versioni letterarie) di Oreste, Ifigenia o Ifianassa, Elettra o Laodice. Crisotemi non si ribellò né progettò alcuna vendetta contro la madre per i suoi illeciti rapporti con Egisto e per aver ucciso suo padre. È citata nell'Iliade, nell'Elettra di Sofocle, nell'Elettra di Euripide e nell'Epitome dello Pseudo-Apollodoro (2, 16).
* Crisotemi, una delle Danaidi, moglie di Asteride;
* Crisotemi, un'amante di Apollo che lo rese padre di una bambina a cui venne dato il nome Parteno, ma che morì piccola e fu messa in cielo da Apollo, diventando la costellazione della Vergine;
* Crisotemi, la moglie di Stafilo, che la rende madre di Parteno, Molpadia e Reo;
* Crisotemi, una ragazza di Creta, figlia di Carmanore e inventrice degli agoni musicali di cui lei stessa fu la prima vincitrice. Secondo Pausania (10, 7, 2) era madre del musicista Filammone.

Criteide

Nella mitologia greca, Criteide era il nome di una ninfa, secondo una delle versioni del mito, sarebbe la madre di Omero

Vi sono alcuni racconti che mostrano come sia diventata la madre del poeta:

* Sposa di Mele (un dio del fiume), e da tale unione nacque il poeta
* Figlia di Apelle, dopo la morte del padre e non volendo prestare ascolto allo zio, tale Meone, si unì a Femio e da lui ebbe Omero, proprio quando stava andando verso il fiume Mele.
* Figlia di Io, la ragazza venne rapita e venduta come schiava dai pirati a Smirne, qui destò l'attenzione del re di Lidia, Meone che la sposò. Anche in questa versione partorì innanzi al fiume ma morì nel travaglio.

Croco (mitologia)

Nella mitologia greca, Croco era il nome di un giovane ricordato per il suo amore infelice con una ninfa.

Croco era innamorato di una ninfa chiamata Smilace, ma non era corrisposto, gli dei allora tramutarono Croco in una pianta e in seguito anche la ninfa. Secondo altre fonti i due morirono insieme amandosi.

Crocone

Nella mitologia greca, Crocone figlio di Trittolemo, era il nome di uno dei re degli Eleusi di cui si raccontano le gesta.

Crocone era fratello di Cerone, entrambi avevano antiche tradizioni di sacerdoti di Demetra, l'antica dea del grano e dell’agricoltura, che celebravano lui e i suoi discendenti (i cosiddetti Croconidi). Fra le due schiere, quella di Crocone era la più importante. Fra i suoi compiti da officiante doveva legare una benda agli iniziati al culto sia al braccio destro che alla gamba sinistra.

Si sa che abitava in quella che fu definita la sua reggia. Sposato con la figlia di Celeo, tale Sesara, ebbe da lei diverse figle, la più famosa, chiamata Meganira fu sposa di Arcade.

Della sua tomba era andato alla ricerca il geografo Pausania senza successo.

Cromi


Nella mitologia greca, Cromi (o Cromio) fu un capitano misio schieratosi a favore dei Troiani nella guerra di Troia. È citato unicamente al libro II dell'Iliade, occupandovi una parte ridottissima (appena un verso).

Omero non dice altro su di lui, se non che condivideva il suo ruolo di capitano con l'indovino Ennomo, oriundo, come lui, della Misia. Secondo autori successivi, Cromi era fratello di Ennomo, essendo entrambi figli di un tale Arsinoo.

Non si sa quale fu la sua sorte nella guerra: a differenza del fratello, ucciso da Achille nonostante le sue arti augurali, Cromi sembra sopravvivergli, a meno che non sia da identificare in un omonimo guerriero ucciso da Odisseo.

Cromio

Nella mitologia greca, Cromio era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’Iliade.

Il nome era popolare a quei tempi e quindi per differenziarli per quanto possibile si usavano il luogo di provenienza, quasi tutti quelli con tale nome perirono in battaglia.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Cromio, figlio di Priamo ucciso da Diomede insieme a suo fratello Echemmone anche se erano su un carro
* Cromio, prode guerriero troiano, ucciso da Teucro.
* Cromio, fiero guerriero della Licia ucciso dalla furia di Odisseo (Ulisse) in una delle battaglie
* Cromio, robusto combattente di Pilo, cui Nestore fece un accorato appello sul comportamento in battaglia poi non fu più menzionato il suo nome nel racconto.
* Cromio, fedele alleato dei troiani, grazie al discorso di Ettore, prese tanto coraggio da sfidare Automedonte ma dopo vedendo il compagno morto decise di arretrarsi.

Crono

I latini lo identificarono con Saturno, era il più giovane dei Titani. Sua sposa fu Rea (Opi per i romani), nota anche col nome di Cibele, dal nome della dea frigia chiamata Madre degli déi o Grande Madre. Figlio di Urano (il cielo) e di Gea (la terra).
Su istigazione di Gea irata con Urano per aver rinchiuso nel Tartaro i Titani (altri loro figli), ...Il grande Crono fe' cuore, l'accorto pensiero, ed alla sacra madre si volse con queste parole: "O madre, io ti prometto di compier l'impresa: ad effetto la recherò: ché nulla del tristo mio padre m'importa: ché egli ai nostri danni rivolse per primo la mente...
Crono spietatamente, col falcetto di selce datogli da Gea, evirò Urano e gettò i genitali assieme al falcetto in mare presso Capo Drepano. Gocce di sangue sgorgate dalla ferita caddero sulla Madre Terra, ed essa generò le tre Erinni, furie che puniscono i crimini di parricidio e di spergiuro; esse sono chiamate Aletto, Tisifone e Megera. Le Ninfe del frassino, chiamate Melie, nacquero anch'esse da quel sangue.
I Titani in seguito liberarono i Ciclopi dal Tartaro e affidarono a Crono la sovranità sulla terra. Non appena ebbe il supremo potere, tuttavia, Crono esiliò nel Tartaro Ciclopi e Titani, unitamente ai Giganti dalle cento braccia, e presa in moglie sua sorella Rea governò sull'Elide. Ma era stato profetizzato sia dalla Madre Terra, sia da Urano morente, che uno dei figli di Crono l'avrebbe detronizzato. Ogni anno, dunque, egli divorava i figli generati da Rea: prima Estia, poi Demetra ed Era, poi Ade ed infine Poseidone.
«E mano a mano che ciascuno veniva dal sacro utero alle ginocchia della madre, tutti li ingoiava il grande Crono, mirando che nessun altro che lui degli illustri Uranidi avesse tra gli immortali dignità regale» (Esiodo, Teogonia, 453).
Rea era furibonda. Essa partorì Zeus, il suo terzo figlio maschio, a notte fonda, sul Monte Liceo in Arcadia, e dopo averlo tuffato nel fiume Neda, lo affidò alla Madre Terra. Costei portò Zeus a Litto, in Creta, e lo nascose nella grotta Dittea sulla collina Egea. Colà Zeus fu custodito dalla ninfa dei frassini Adrastea e da sua sorella Io, ambedue figlie di Melisseo, e dalla capra Amaltea. Il bimbo si cibava di miele e succhiava il latte di Amaltea in compagnia di Pan suo fratellastro. Zeus fu grato alle tre ninfe per la loro bontà e quando divenne signore dell'universo, immortalò tra le stelle l'immagine di Amaltea, come costellazione del Capricorno.
Attorno alla dorata culla di Zeus bambino, che era appesa ai rami di un albero affinché Crono non potesse trovare suo figlio né in cielo né in terra né in mare, montavano la guardia, armati, i Cureti figli di Rea. Essi battevano le spade contro gli scudi e gridavano per coprire i vagiti del piccolo, perché Crono non potesse udirli nemmeno da lontano. Rea infatti, dopo il parto, aveva avvolto una pietra nelle fasce e l'aveva data a Crono, sul monte Taumasio, in Arcadia; Crono la inghiottì, convinto di divorare il suo figliolo Zeus. Col passare del tempo tuttavia, Crono cominciò a sospettare la verità e si mise a inseguire Zeus, che trasformò se stesso in serpente e le sue nutrici in orse: ecco perché brillano in cielo le costellazioni del Serpente e delle Orse.
Zeus crebbe tra i pastori dell'Ida, rifugiandosi in un'altra caverna; raggiunta la maturità si rivolse a Meti la Titanessa, che viveva presso il fiume Oceano, e Meti gli consigliò di recarsi da sua madre Rea e di chiedere che gli venisse affidato l'incarico di coppiere di Crono. Rea fu ben lieta di aiutare il figlio a compiere vendetta; gli fornì dunque l'emetico che, secondo il consiglio di Meti, egli doveva mescolare alle bevande di Crono. Crono, dopo aver molto bevuto, vomitò dapprima la pietra, poi i fratelli e le sorelle maggiori di Zeus. Essi balzarono in piedi illesi e, in segno di gratitudine, chiesero a Zeus di guidarli nella guerra contro i Titani, che si erano scelti il gigantesco Atlante come capo. Infatti ormai Crono non era più nel fior dell'età.
La guerra durò dieci anni, ma infine la Madre Terra profetizzò la vittoria di suo nipote Zeus, se egli si fosse alleato a coloro che Crono aveva esiliato nel Tartaro. Zeus allora si avvicinò silenziosamente a Campe, la vecchia carceriera del Tartaro, la uccise, le tolse le chiavi e, dopo aver liberato i Ciclopi e i giganti centimani, li rianimò col cibo e le bevande degli dèi. I Ciclopi diedero a Zeus la folgore, arma invincibile; ad Ade un elmo che rende invisibile, e a Poseidone un tridente. I tre fratelli tennero poi un consiglio di guerra; Ade si indrodusse segretamente nella dimora di Crono per rubargli le armi e, mentre Poseidone lo minacciava col tridente per sviare la sua attenzione, Zeus lo colpì con la folgore. I tre giganti centimani stritolarono sotto una pioggia di sassi i Titani supestiti e un improvviso urlo del dio Pan li mise in fuga. Gli dèi si lanciarono all'inseguimento. Crono e tutti i Titani sconfitti, a eccezione di Atlante, furono esiliati nelle isole britanniche all'estremo occidente (oppure, come altri dicono, nel Tartaro) sotto la sorverglianza dei giganti centimani, e non turbarono più la pace dell'Ellade. Ad Atlante, come loro capo, fi riservata una punizione esemplare: doveva infatti sostenere sulle sue spalle il peso del cielo.
Zeus stesso pose a Delfi la pietra vomitata da Crono e la pietra è ancora là.
Secondo una diversa tradizione, Crono non fu affatto un tiranno, ma un re benevolo che governò in un'era di benessere e dopo la sua deposizione se ne andò a governare le Isole dei Beati nell'oceano occidentale. Quest'aspetto di Crono lo collega a Saturno, il dio romano con cui spesso veniva identificato. Alcuni autori greci associano il nome di Crono, pur erroneamente, con la parola chronos ("tempo") e di conseguenza lo descrivono come un vecchio con una falce, Padre Tempo. La fonte più antica su Crono è quella di Esiodo nella sua Teogonia.

Croto

Nella mitologia greca, Croto era il nome di uno dei figli di Pan e di Eufeme

Pan era una divinità con forma caprina e si unì alla nutrice delle muse Eufeme, da tale unione nacque Croto, che abitava insieme alle fanciulle sull'Elicona. Tutta la sua infanzia la trascorse con loro, fino alla maturità, dove divenne abile cacciatore. Le muse allora chiesero al padre degli dei, Zeus, di farlo diventare una stella in cielo, decise in tal senso diventando la costellazione del Sagittario.

Il suo nome è ricordato anche per una particolarità: Si racconta che il gesto dell'applauso fu inventato da lui.

Crotone (mitologia)

Nella mitologia greca, Crotone , figlio di Eaco era il nome dell'eroe famoso per avere dato il nome alla città omonima situata nell'Italia meridionale.

Eracle, di ritorno da una delle sue fatiche (quella che lo vide occupato contro Gerione), si riposò a casa di tale Crotone. La mandria di cui il semidio era incaricato di occuparsi fu rubata da un ladro; subito Eracle, insieme a Crotone, andò a stanarlo nel luogo dove abitava, ma nella seguente colluttazione oltre al ladro morì Crotone, ucciso proprio dal figlio di Zeus.

Crotopo


Nella mitologia greca, Crotopo era il nome di uno dei figli di Agenore, re di Argo.

Crotopo viveva tranquillamente con i suoi figli, Stenela e Psamate che la rese nonno a sua insaputa di Lino, grazie all'unione avuta con Apollo, il figlio di Zeus. La donna decise di abbandonare suo figlio in un bosco dove in seguito fu divorato da belve feroci, in seguito pentendosi di tale misfatto decise di rivelare tutto a suo padre. Crotopo non volle credere alle parole della figlia, su chi realmente fosse il padre di quel bambino, quindi decise la sua morte.

Apollo infuriato di aver perso figlio e amante scatenò nel regno di Crotopo una carestia. Venne interrogato l'oracolo, proprio quello sacro al figlio di Zeus, esso sentenziò non soltanto di tributare al più presto sacrifici in onore dei due morti, ma anche che il re dovesse lasciare il regno. Crotopo allora seguì l'ordine dirigendosi verso Megaride. Alla sua morte Apollo si vendicò gettandolo nel Tartaro.

Cteato

Nella mitologia greca, Cteato era il nome di uno dei figli di Attore fratello di Augia e di Molione figlia di Molo.

Secondo la leggenda nato da un uovo di argento, Cteato, in coppia con suo fratello Eurito, venivano chiamati i Molionidi. Nestore li aveva sfidati e vinti ma decise di risparmiare la loro vita. Sposato con la figlia di Dessameno, Terefone ebbe un figlio tale Talpio. Fu ucciso durante lo scontro contro Eracle per salvare il regno di Augia, anche dopo una momentanea vittoria sul semidio.

Ctimene

Nella mitologia greca, Ctimene era il nome della figlia di laerte e di Anticlea, sorella di Ulisse.

Crebbe con il fratello maggiore e in seguito allevata insieme ad Eumeo, di origini umili. Il suo compagno fu proprio uno degli amici più fidati del fratello, tale Euriloco, anche se in realtà egli si chiamava Same.

Ctonia

Nella mitologia greca, sotto il nome di Ctonia , in greco Χὗουια ritroviamo diverse figure ben distinte fra loro.

Sotto tale nome troviamo:

* Ctonia, figlia di Foroneo;

* Ctonia, Figlia di Eretteo;

* Ctonia, figlia di Alcioneo.

*Ctonia, figlia di Foroneo [modifica]

*Ctonia, sorella di Climeno, fonda con le proprie forze un tempio che dedica alla divinità Demetra, nella città di Ermione.

Ctonio

Ctonio è un personaggio della mitologia greca, uno dei dodici figli di Egitto e della ninfa Caliadne. Sposò Brice, una delle dodici figlie di Danao e della ninfa Polisso, dalla quale venne assassinato la prima notte di nozze.

Cureti


I Cureti era un mitico gruppo di personaggi della religione greca facente parte del corteggio di Rea moglie di Crono.

Indicati come popolo dell'Etolia nel IX libro dell'Iliade di Omero, sono più spesso collegati al mito della nascita di Zeus per il quale la madre Rea al momento di partorirlo, per paura che anche l'ultimo dei suoi figli potesse essere inghiottito da Crono, fuggì a Creta e qui vi trovò i Cureti, cacciati dalla loro terra, l'Eubea, dal padre e approdati su quest'isola insieme alla madre Calcide . Quando Rea partorisce Zeus essi sono pronti a proteggere il bambino dalla famelicità di Crono. Le loro danze e il frastuono delle lance battute contro gli scudi riescono a camuffare i vagiti del piccolo Zeus all'accanita ricerca del padre.

Demoni cretesi risalenti all'epoca pre-ellenica, hanno uno stretto legame con la vegetazione; furono piu volte identificati con i Coribanti. Nel mito greco, con le loro numerose danze in armi, proteggono Zeus bambino da Kronos.

Pare siano stati fulminati poi dallo stesso Zeus adulto.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 20:17
 
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Dada (mitologia)
Nella mitologia greca, Dada era il nome della moglie di Samone, re di Creta.

Samone in battaglia al fianco di Scamandro rimase ucciso, lasciando Dada lontano dalla propria casa. La donna chiese aiuto e compagnia ad un araldo, voleva raggiungere una città vicina. Lungo il viaggio l'uomo abusò di lei, Dada in preda alla vergogna per l'accaduto si uccise con una spada. Gli uomini del regno vennero a sapere del misfatto sfogandosi con il colpevole, uccidendolo.

Dafni
(mitologia)

Dafni è una figura della mitologia greca, figlio della ninfa Dafnide e del dio Ermes, nato in un bosco di alloro vicino alla vallata del fiume Irminio nel ragusano.

Famoso per la sua bellezza, di lui si presero cura Apollo, Pan e Artemide e dagli stessi apprese molte cose, fra le altre a comporre poesie bucoliche. Ne divenne un pastore esperto e fu amato dalla ninfa Achenais.

In una versione della sua leggenda, si narra della sua infedeltà, tanto che la ninfa, ingelosita, lo accecò.

Dafni concluse i propri giorni intonando tristi pastorali, di cui è considerato l'inventore. Morì buttandosi da una rupe, ma il dio Dioniso lo salvò trasformandolo in pietra.

È famoso il romanzo Amori pastorali di Dafni e Cloe dello scrittore greco Longo Sofista tradotto da Annibal Caro.

Dafne

Ninfa dei monti e sacerdotessa della Madre Terra, amata da Apollo.
Secondo la localizzazione del suo mito è detta figlia del fiume Ladone (in Arcadia), o di Amicla (Laconia), o del fiume Peneo (Tessaglia). Amante della caccia, non viveva nelle città, ma passava il tempo a percorrere le montagne. Votata al culto di Artemide, e perciò alla verginità, rifiutò l'amore di Apollo, che acceso di desiderio, cercò di prenderla con la violenza. Dafne fuggì, e quando si accorse che il dio stava per raggiungerla, invocò in aiuto la Madre Terra che in un baleno la trasportò in Creta, dove essa divenne Pasifae. La Madre Terra fece poi crescere un lauro là dove si trovava Dafne, e Apollo intrecciò una corona con le sue foglie per consolarsi.
Il tentativo di usare violenza a Dafne non fu fatto d'impulso; da molto tempo Apollo l'amava e aveva artatamente provocato la morte del suo rivale Leucippo, figlio del re di Elide Enomao. Leucippo s'innamorò di Dafne e per poterla frequentare si travestì da fanciulla lasciandosi crescere i capelli in onore del fiume Alfeo. Si chiamò Eno e chiese il permesso di cacciare con Dafne la quale acconsentì. Ma Apollo, scoperto l'inganno grazie all'arte divinatoria, consigliò le Ninfe montane di bagnarsi nude per accertarsi che il loro gruppo fosse composto di sole donne: l'inganno di Leucippo fu così scoperto, e le Ninfe lo fecero a pezzi.

Daita


Nella mitologia greca, Daita con il fratello Tieste erano due abitanti dell'isola di Lesbo di cui si raccontano le gesta.

I due fratelli vengono ricordati per aver tenuto cura di un uovo, da cui naccque un uomo devoto al dio del divertimento Dioniso. Il ragazzo si chiamava Enorco ed eresse un tempio.

Damasco (mitologia)

Nella mitologia greca, Damasco , uno dei figli di Hermes e di Alimede, una ninfa, era il nome dell'eroe della città omonima.

La leggenda viene raccontata in diversi modi: nella forma più conosciuta l'eroe una volta in viaggio nella Siria decise di fondare una città e darle il nome del figlio. A volte è un compagno di Dionisio che mancandogli di rispetto fu scorticato vivo (e in seguito la città costruita dove lui venne torturato).

Damasene


Nella mitologia greca, Damasene era il nome di uno dei figli di Gaia, la dea della terra.

Damasene era un gigante che, nato già con le sembianze adulte e armato, fu allevato dalla dea della discordia Eris, crescendo ancora in forza e altezza. La ninfa Moria, il cui fratello Tilo (o Tilone) era stato vittima di un feroce drago (o serpente) che infestava la zona, chiese aiuto al gigante, che vendicò Tilo uccidendo la bestia. Secondo la versione che vedeva il serpente come nemico, alla morte del mostro venne usata un'erba speciale per farlo resuscitare e la ninfa usando la stessa erba faece tornare in vita il fratello-

Damaso (Iliade)

Damaso è il nome di un personaggio dell' Iliade di Omero.

Damaso era un giovane troiano che partecipò alla difesa di Troia assediata dagli Achei dopo che il principe Paride rapì Elena, consorte del re spartano Menelao.

La morte


Valoroso guerriero, Damaso fu ucciso durante uno scontro da Polipete, che con un colpo di lancia gli spappolò il cervello.

Dameto

Nella mitologia greca, Dameto era il nome di uno dei re della Caria.

Nel suo regno arrivò Polidario, il giovane medico che aveva soggiornato a Troia in precedenza e stava cercando di tornare in patria, finendo vittima di un nubifragio. Il re lo accolse felice in quanto aveva una figlia malata di un male che sembrava incurabile ma l'uomo riuscì facilmente a guarirla. Dameto in segno di riconoscenza gli diede in moglie sua figlia, Sirna.

Damia


Nella mitologia greca, Damia era il nome di una divinità dedita alla fertilità.

Si tratta di una divinità venerata in molte zone della Grecia e a Taranto insieme con la dea Auxesia. Entrambi questi nomi vengono anche considerati degli appellativi sia di Demetra, che di Bona e di Persefone.

Damiso


Nella mitologia greca, Damiso era il nome di uno dei giganti, famoso per essere collegato ad Achille

Damiso fra tutti i giganti conosciuti veniva considerato il più veloce, alla sua morte venne sepolto nella città di Pallene. Chirone quando ebbe Achille come allievo notò che gli mancava un osso del piede, (bruciato durante la cerimonia per renderlo invincibile) e decise di prenderlo proprio da quel gigante. Quando l'osso fu unito all'eroe egli accquistò la sua leggendaria velocità.

Damocle

Spada di Damocle, dipinto di Richard Westall del 1812. In questa rappresentazione, i ragazzi del racconto di Cicerone sono diventati delle vergini.

Damocle è il protagonista di un racconto aggiunto tardivamente alla cultura greca classica.

La figura appartiene più propriamente alla leggenda che alla mitologia greca. L'aneddoto sembra essere contenuto per la prima volta nell'opera perduta dello storico Timeo di Tauromenio, Storia di Sicilia. Cicerone lo riprese dopo averlo letto, probabilmente, nell'opera di Diodoro Siculo. Ne fece uso nelle sue Tusculanae Disputationes .

La spada di Damocle

Secondo il racconto di Cicerone, Damocle è un principe particolarmente adulatore alla corte di Dionigi I, tiranno di Siracusa nel IV secolo a.C.. Nell'aneddoto Damocle sostiene in presenza del tiranno che egli sia una persona estremamente fortunata, potendo disporre di un grande potere e di una grande autorità. Dionigi gli propone, allora, di scambiare con lui i rispettivi ruoli per un giorno, in modo da poter assaporare tale fortuna. Damocle accetta. La sera si tiene un banchetto, durante il quale inizia a tastare con mano i piaceri dell'essere un uomo potente. Solo al termine della cena nota, sopra la sua testa, la presenza di una spada affilata, sostenuta da un esile crine di cavallo. Dionigi l'aveva fatta sospendere sul capo di Damocle perché capisse che la sua posizione di tiranno lo esponeva continuamente a grandi minacce per la sua incolumità. Immediatamente Damocle perde tutto il gusto per i cibi raffinati che sta assumendo, nonché per le bellissime ragazze che gli stanno intorno e chiede al tiranno di voler terminare lo scambio, non volendo più essere così fortunato.

La spada di Damocle è una metafora utilizzata molto frequentemente in riferimento a questo racconto. Essa rappresenta l'insicurezza e le responsabilità comportate dall'assunzione di un grande potere. Da una parte c'è il timore che il ruolo di potere possa essere portato via all'improvviso da qualcun altro, dall'altra che la sorte avversa ne renda molto difficile il suo mantenimento.

In genere tale espressione viene usata per indicare un pericolo incombente e/o inevitabile.

Edited by demon quaid - 13/12/2014, 12:03
 
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Danae

Danae è una figura della mitologia greca, figlia di re Acrisio di Argo e di Euridice (nessuna relazione con l'Euridice di Orfeo) oppure di Aganippe. Danae era la madre di Perseo, che ebbe da Zeus. Le viene talvolta attribuita la fondazione della città di Ardea in Lazio.

Contrariato dalla mancanza di un erede maschio, Acrisio chiese ad un oracolo se le cose sarebbero cambiate. L'oracolo gli disse di andare fino alla fine della Terra, dove sarebbe stato ucciso dal figlio di sua figlia. Danae era senza figli, così il padre la rinchiuse in una torre di bronzo (o una caverna), ma Zeus andò da lei in forma di pioggia d'oro e la mise incinta. Poco dopo nacque suo figlio Perseo.

Infelice, ma deciso a non provocare l'ira degli dei uccidendo la sua discendenza, Acrisio abbandonò i due in mare, dentro una scatola di legno. Il mare venne calmato da Poseidone, su richiesta di Zeus, e madre e figlio sopravvissero. Arrivarono a terra sull'isola di Serifo, dove vennero raccolti da Ditti, fratello di Re Polidette, che allevò il ragazzo fino all'età adulta.

Successivamente, dopo che Perseo ebbe ucciso Medusa e salvato Andromeda, la profezia dell'oracolo si avverò.

Perseo partì verso Argo, ma venuto a sapere della profezia si recò invece a Larissa, dove si svolgevano dei giochi atletici. Per caso Acrisio si trovava lì, e Perseo lo colpì accidentalmente con il suo giavellotto (o con un disco), avverando la profezia. Troppo imbarazzato per tornare ad Argo, cedette il regno a Megapente, figlio di Proteo (fratello di Acrisio) in cambio del regno di Tirinto. Perseo fondò anche Micene e Midea.

Secondo una più tarda leggenda italica, Danae, liberata dal figlio, giunse in Italia, fondò Ardea, sposò Pilumno e da queste nozze nacque Dauno antenato di Turno.

Danaidi

Le Danaidi, figure della mitologia greca, erano le cinquanta figlie di Danao (che le aveva avute in parte da Polisso, in parte da Pieria), protagoniste di mitologiche vicende da cui sarebbe derivata l'origine del popolo dei Danai, cioè i Greci. Queste vicende si intrecciano con l'antagonismo fra i due fratelli Egitto e Danao, il primo re d'Egitto e padre di 50 figli maschi, il secondo re di Libia.

Le 50 figlie di Danao, rifiutandosi di maritarsi coi propri cugini, fuggirono col padre ad Argo. I giovani le inseguirono e le costrinsero al matrimonio. Danao diede ad ognuna l'ordine di uccidere il proprio marito. Tutte obbedirono eccetto Ipermnestra, che aveva sposato Linceo. In seguito Danao fece sposare le 49 figlie con principi e gente del luogo dando origine ai Danai. Linceo non tarderà a vendicare i suoi fratelli uccidendole tutte e risparmiando dalla morte la sola Ipermnestra.

La condanna

Negli inferi, le Danaidi, furono condannate da Giove a riempire d'acqua una gran botte che aveva il fondo bucato. Così quanta acqua ci mettevano e tanta ne usciva. Viene usato come modo di dire la botte delle Danaidi paragonando le amministrazioni o le famiglie sprecone che non riescono a mettere niente da parte e che quanto più riscuotono tanto più spendono.

La leggenda delle Danaidi fu d'ispirazione per la tragedia Le Supplici di Eschilo.

Danao

Figlio di re Belo, che regnava a Chemmi nella Tebaide, e di Anchinoe. Aveva altri due fratelli, Egitto e Cefeo.
Egitto ebbe in sorte il regno d'Arabia, ma conquistò anche la terra dei Melampodi e la chiamò Egitto dal proprio nome. Cinquanta figli gli nacquero da varie donne. Danao, inviato a governare la Libia, ebbe cinquanta figlie, chiamate Danaidi e anch'esse nate da madri diverse. Alla morte del padre, Cefeo si prese la parte meridionale del regno, mentre Danao ed Egitto litigarono per via dell'eredità. Egitto, dimostrandosi conciliante, propose al fratello un matrimonio in massa tra i cinquanta principi suoi figli e le cinquanta principesse figlie di Danao. Ma Danao, che sospettava una losca trama, non volle acconsentire e, quando un oracolo confermò i suoi timori e disse che Egitto aveva in animo di uccidere tutte le Danaidi, si preparò a fuggire dalla Libia.
Con l'aiuto di Atena costruì una nave per sé e per le sue figlie (il primo vascello a due prore che solcasse i mari) e tutti assieme salparono per la Grecia, passando da Rodi. Colà Danao dedicò una statua ad Atena in un tempio innalzato alla dea dalle Danaidi, tre delle quali morirono durante il soggiorno nell'isola; da loro presero il nome le città di Lindo, Ialiso e Camiro.
Da Rodi fecero vela per il Peloponneso e sbarcarono presso Lerna, dove Danao annunciò che per volontà divina egli era stato prescelto quale re di Argo. Benché il re argivo, Gelanore, ridesse delle sue pretese, il popolo si riunì la sera stessa per discutere della faccenda. Gelanore non avrebbe perduto il trono, nonostante le dichiarazioni di Danao, se gli Argivi non si fossero attardati a discutere fino all'alba, quando un lupo scese arditamente dalle colline, attaccò una mandria che pascolava presso le mura della città e uccise un toro. Gli Argivi videro nell'episodio un presagio: se si fossero opposti alla volontà di Danao, egli avrebbe conquistato la città con la forza. Indussero dunque Gelanore a cedergli il trono. Danao, convinto che il lupo fosse stato Apollo sotto false spoglie, gli dedicò ad Argo il famoso tempio di Apollo Licio ("Apollo dal Lupo").
Quando Danao giunse in Argolide, il paese soffriva per una prolungata siccità, poiché Poseidone, irritato per il verdetto di Inaco che assegnava quella zona a Era, aveva prosciugato tutti i fiumi e tutti i torrenti. Danao mandò le sue figlie in cerca d'acqua, con l'ordine di placare l'ira di Poseidone con ogni mezzo possibile. Una delle Danaidi, mentre cacciava un cervo in una foresta, disturbò inavvertitamente il sonno di un Satiro, il quale balzò in piedi e cercò di usarle violenza. Ma Poseidone, invocato dalla fanciulla, si precipitò sul Satiro con il suo tridente. Il Satiro, chinandosi, schivò il colpo, il tridente si conficcò in una roccia e Poseidone stesso si giacque con Amimone. Saputo poi che Amimone andava in cerca di acqua, il dio le disse di estrarre il tridente dalla roccia, e dai tre buchi lasciati dalle punte subito sgorgarono tre zampilli. Codesta fonte, ora detta di Amimone, è la sorgente del fiume Lerna che non si prosciuga mai, nemmeno durante la grande calura estiva.
Egitto mandò allora i suoi figli ad Argo, ordinando loro di non tornare in patria prima di aver punito Danao e tutta la sua famiglia. Danao fu quindi costretto a cedere al loro volere e i giovani si portarono le loro spose le quali, segretamente istruite dal padre, durante la notte li uccisero. Soltanto uno sopravvisse: per consiglio di Artemide, Ipermestra salvò la vita di Linceo che aveva rispettato la sua verginità, e lo aiutò a fuggire nella città di Lincea. Ipermestra pregò Linceo di accendere una fiaccola per avvertirla che era giunto in salvo, e gli Argivi ancora oggi accendono dei falò in ricordo dell'episodio. All'alba, Danao seppe che Ipermestra aveva disubbidito ai suoi ordini e la portò in tribunale affinché fosse condannata a morte; ma i giudici la assolsero. Linceo e Ipermestra poterono così riunirsi come marito e moglie e Danao, che voleva sposare le sue altre figlie il più presto possibile, indisse una gara di corsa nella via ora chiamata Afeta: il vincitore avrebbe avuto il diritto di prima scelta, e così via fino all'ultimo arrivato. Tutti i discendenti da questi connubi ebbero il titolo di Danai; e gli Argivi ricordano l'episodio celebrando la cosiddetta Gara Imenea.
Secondo un'altra tradizione, Linceo per vendicare i fratelli, uccise Danao e gli succedette al trono e uccise anche tutte le sue figlie, esclusa Ipermestra. Le Danaidi vennero punite nel Tartaro per il loro crimine e costrette per l'eternità a riempire d'acqua una giara bucata.

Dardano

Dàrdano è una figura della mitologia greca, etrusca e romana. Era figlio di Zeus, o del re etrusco Corito (secondo la tradizione virgiliana), e di una pleiade di nome Elettra figlia di Atlante.

Al verso 216 del libro XX dell'Iliade Omero dice che Dardano fondò Dardania, e che poi i suoi discendenti fondarono Troia. Secondo la tradizione greca, egli veniva dall'isola di Samotracia; ma secondo la versione etrusca narrata da Virgilio (Eneide, III 94 ss.; 154 ss.; VII 195-242; VIII 596 ss.; IX 9 ss.), egli era giunto a Samotracia proveniente dalla etrusca città di Corito Tarquinia. Sarà questo il motivo per cui, dopo la rovina di Troia, gli dèi Penati della città imporranno ad Enea di ricondurre in Italia, a Corito-Tarquinia, i superstiti Troiani. Enea sbarcherà con i suoi alla foce del Tevere etrusco (come Virgilio chiama più volte il fiume), sul confine fra l'Etruria e il Lazio vetus, ma lui stesso, di persona, si recherà a Corito-Tarquinia, in Etruria, antica madre di Dardano e della stirpe troiana.

Secondo alcune tradizioni, quando Dardano giunse in Asia Minore sposò Batiea, figlia del re del paese, Teucro, o, secondo altre fonti, Arisbe.

Dall'unione di Dardano con la sua sposa nacque Erittonio che sposerà Astiope. Dai discendenti Pandione e Troo, a quest'ultimo la mitologia accredita la derivazione del nome Troia alla cittadella. Lo stesso quindi è il capostipite della stirpe troiana di Priamo. Dall'altra stirpe, quella di Pandione, sarà generato Teseo. Dardano è considerato un civilizzatore sul piano religioso: a lui si deve infatti il culto del Palladio nella cittadella di Troia, e l'introduzione del culto di Cibele in Frigia.

Dardano
(Biante)

Dardano è il nome di un guerriero dell' Iliade, menzionato nel libro XX.

Dardano era un giovane troiano, figlio di Biante e fratello di Laogono. Il padre gli aveva dato questo nome in onore dell'omonimo fondatore di Troia.

La morte

Scoppiata la guerra di Troia, Dardano partecipò in difesa della città insieme al fratello. I due combattevano su un carro. Caddero entrambi vittime dell'ira di Achille, esplosa dopo che Ettore aveva ferito mortalmente il suo compagno d'armi Patroclo. Achille uccise dapprima Laogono con una lancia e poi ferì mortalmente Dardano con la spada, lasciandolo agonizzante sul terreno.

Darete


Darete è il nome di un personaggio mitologico troiano che compare sia in Omero che in Virgilio.

Nell'Iliade

Nel quinto canto dell'Iliade Darete è il sacerdote di Vulcano, ricco ed onorato, padre dei due giovani guerrieri Fegeo e Ideo. Questi furono i primi troiani ad affrontare Diomede, che combattendo col favore della dea Atena era dotato di forza eccezionale. Durante il combattimento Fegeo venne ucciso, mentre Ideo si mise in salvo grazie all'intervento di Vulcano, il quale, pur essendo divinità avversa ai Troiani, volle evitare la rovina totale della famiglia del suo sacerdote.

Nell'Eneide

Nel quinto libro dell'Eneide Darete fa parte invece del seguito di Enea. È il primo a presentarsi alla gara di pugilato nei giochi indetti da Enea in Sicilia per commemorare l'anniversario della morte del padre Anchise. Darete è un pugile, considerato imbattibile. Nella gara di lotta infatti nessuno si presenta a raccogliere la sfida da lui lanciata ma, solo quando egli arrogantemente pretende di ricevere il premio senza aver combattuto, si fa avanti uno sfidante sicano, Entello, più anziano di Darete, che dispone di forza straordinaria e di grande esperienza ed è stato allievo del mitico Erice, l'eroe eponimo del monte Erice ucciso da Ercole. Darete ha la peggio, vomitando denti misti a sangue, ma viene salvato da Enea che interrompe il combattimento decretando la vittoria di Entello. Egli diventa esempio di arroganza punita. Darete muore nel dodicesimo libro del poema, nella guerra contro gli Italici, per mano di Turno.

Darete il frigio

Stando alla tradizione, il Darete troiano, sacerdote di Efesto a Troia, era l'autore di un poema incetrato sulle vicende della guerra di Troia, e realizzato prima dell'Iliade di Omero (Eliano, Variae Historiae, XI, 2.). Un'opera in latino, forse una traduzione dell'originale greco, era intitolata Daretis Phrigii de excidio Trojae Historia che venne letta nel Medioevo, venne riscritta da Cornelio Nepote, dedicandola a Sallustio.

Dascilo

Nella mitologia greca, Dascilo era un nome riferito a diversi personaggi del mito

Sotto tale nome ritroviamo:

* Dascilo figlio (o nipote) di Tantalo e padre di Lico, re di Paflagonia
* Dascilo, figlio di Lico

Dascilo, figlio di Lico


Come si usava a quell’epoca si era soliti dare il nome del proprio padre al proprio figlio, questo è il caso di Dascilo figlio di Lico.

Durante l’avventura degli argonauti, i famosi eroi unitisi a Giasone per il recupero del vello d’oro, arrivarono all’isola dove Lico regnava. Poco prima gli avventurieri avevano ucciso uno dei rivali del re e lui per ringraziarli gli offrì l’aiuto di Dascilo il figlio che ben conosceva la Colchide, luogo dove si apprestarono ad andare.

Dattili


Nella mitologia greca, vengono chiamati Dattili alcuni figli di Rea.

Secondo alcuni mentre stava partorendo Zeus, Rea presa dal dolore mosse le sue dita al suolo, schiacciandole con tanta forza che uscirono fuori i Dattili. Cinque maschi dalla mano destra e conseguenzialmente, cinque femmine dall'altra mano.

Alcuni dicono che vivevano sul monte Ida molto tempo prima rispetto alla nascita di Zeus.

Altri che la ninfa Anchiale li diede alla vita nella grotta del Ditte.

Vita


I fratelli dattili erano bravissimi fabbri, infatti furono i primi a scoprire il ferro, in un monte a loro vicino, il Berecinzio. Invece le loro sorelle stabilitesi a Samotracia, avevano maestria nell'arte della magia ed iniziarono Orfeo al mistero della dea.

I nomi sono tenuti in segreto.

Dauno

Re eponimo dei Dauni, figlio di Licaone e fratello di Enotrio, Peucezio e Japige. Sua figlia andò in sposa a Diomede per via del suo apporto nella guerra contro i Messapi. Secondo l'Eneide, Dauno è il padre di Turno.

Dauno
(Licaone)

Dauno era un personaggio della mitologia greca.

Era figlio di Licaone, re dell'Arcadia. Come Diomede e altri personaggi della guerra di Troia che abbandonarono la Grecia per trovare fortuna altrove, Dauno è entrato a far parte della mitologia italica, in particolare quella pugliese, essendo l'eroe eponimo della popolazione dei Dauni. Insieme ad altri fratelli, tra cui Iapige e Peucezio Dauno sbarcò sulle coste della Puglia scacciò gli Ausoni e qui fondò nuove città. Si scontrò con Diomede ma poi diede a questi in moglie la figlia Euippa. La Daunia , l'attuale regione settentrionale della Puglia (provincia di Foggia), deriva il suo nome da Dauno.

Decelo

Nella mitologia greca, Decelo era l'eroe di Decelea, famoso per essere un amico dei Dioscuri.

All'epoca in cui i Dioscuri erano alla ricerca della loro sorella Elena, rapita in precedenza da Teseo, entrarono nella città di Decelea. Qui incontrarono Decelo che detestava Teseo, sia per il suo carattere ma anche per le sue mire espansionistiche che minacciavano la sua città, appena ne ebbe l'occasione rivelò ai fratelli dove era nascosta la sorella. In seguito alla liberazione fu concessa alla città intera la liberazione da ogni tributo a Sparta.
Dedalione

Dedalione, figura della mitologia greca, era uno dei quattro figli nati dall'unione di Borea, l'impetuoso vento del nord, e Orizia, una delle tre figlie di Erittonio (o Eretteo).

Nelle leggende è tratteggiato il suo carattere violento e bellicoso.

Ebbe anche una figlia, Chione, che, innamoratasi di Apollo e poi di Hermes, destò la gelosia di Artemide che la uccise trafiggendola con una freccia. Dedalione, sconvolto, si mise a vagare senza meta. Un giorno, giunto sulla sommità di un monte, tentò il suicidio gettandosi nel vuoto, ma l'intervento di Apollo lo trasformò in un falco.

Dedalo

Dedalo è un personaggio leggendario della mitologia greca, grande architetto, scultore ed inventore, noto per essere il costruttore del famoso labirinto del Minotauro.

Figlio di Mezione, Dedalo era probabilmente originario di Atene, dove era un apprezzato scultore. In seguito all'omicidio del suo assistente e nipote Talo, che avrebbe ucciso perché geloso della sua maestria, fu accolto a Creta dal re Minosse.
Durante questo suo soggiorno al palazzo, lo scultore attirò il desiderio di una schiava del re di Creta, di nome Naucrate, la quale s'innamorò perdutamente della sua maestria e della sua bellezza. Dedalo si unì alla giovane, che gli diede un figlio, Icaro.

A lui è attribuita la costruzione della mucca di legno nella quale Pasifae, moglie di Minosse, si accoppiò con il toro sacro inviato da Poseidone. Dall'unione nacque il Minotauro, che fu rinchiuso per ordine di Minosse nel labirinto costruito da Dedalo.

Essendo a conoscenza della struttura del labirinto, Dedalo, una volta finita la sua opera, vi fu rinchiuso con il figlio Icaro. Per scappare Dedalo costruì con delle penne due paia d'ali e le attaccò ai loro corpi con la cera. Durante il volo Icaro si avvicinò troppo al sole ed il calore fuse la cera, facendolo cadere in mare.

Fuggito da Creta, Dedalo si recò in Sicilia, dove trovò rifugio presso il re Cocalo. Minosse, per cercare di riacciuffare il fuggitivo, escogitò un piano: promise una forte ricompensa a chiunque avesse trovato il modo di far passare un filo tra le volute di una conchiglia. Dedalo riuscì nell'impresa, legando un filo ad una formica che, introdotta nella conchiglia i cui bordi aveva cosparso di miele, passò tra gli orifizi per trovare il miele.

Minosse giunse in Sicilia e pretese la consegna di Dedalo, ma le figlie del re Cocalo aiutarono Dedalo ad ucciderlo.

Dedalo visse ancora molti anni in Sicilia fino a quando decise di andare con Iolao, nipote di Eracle, in Sardegna dove si stabilirono.

Dedalo nell'Eneide


Virgilio ricorda Dedalo nel VI libro dell'Eneide, quando Enea giunge al "tempio immane" della Sibilla cumana. Fu appunto Dedalo a costruire il tempio, a consacrarlo a Febo e ad incidere sui battenti la storia del mito che lo riguardava, dalla morte di Androgeo fino ai "ciechi passi" di Teseo lungo il filo d'Arianna. Solo del figlio Icaro manca la storia, perché il padre fu fermato due volte dal troppo dolore nel raffigurare l'evento: bis patriae cecidere manus ("due volte caddero le mani paterne").

Edited by demon quaid - 13/12/2014, 12:08
 
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Deianira

Deianira è una figura della mitologia greca, era figlia di Oineo, re di Calidone, e di Altea. In una versione diversa, era nata dagli amori di quest'ultima e Dioniso, il dio della vite, il quale la concepì durante una sua visita all'amico Oineo.

Eracle per averla in sposa sfidò e sconfisse il dio fluviale Acheloo.

Dopo il matrimonio, durante il trasferimento in Tessaglia, giunsero presso la sponda di fiume in piena. Deianira era titubante, mentre Eracle era certo di poter superare l'ostacolo senza difficoltà.

In quel mentre giunse un centauro chiamato Nesso, che spiegò d'essere il traghettatore del fiume. I due, non avendo motivo di dubitare, accettarono l'invito, ma non appena furono approdati sull'altra sponda Nesso rapì Deianira e fuggì al galoppo. Eracle puntò l'arco e scoccò una freccia, colpendo il centauro al cuore.

Il centauro, prossimo alla morte, sussurò a Deianira di conservare il suo sangue, perché, miscelato con olio profumato, sarebbe potuto divenire un filtro magico che, cosparso sulle vesti di Eracle, l'avrebbe indotto a non guardar più alcun'altra donna.

Deianira versò il sangue in un'ampolla e lo tenne con sé; si congiunse ad Eracle e proseguirono il viaggio.

Tempo dopo, in Deianira crebbe il timore che la principessa Iole avesse possibilità di sottrarle il marito. Ricordandosi dell'episodio di Nesso cosparse una veste col suo sangue e la diede allo schiavo Lica affinché la consegnasse all'ignaro marito. Ma ignorava che il centauro fosse stato ucciso con le frecce avvelenate col sangue dell'idra di Lerna. Se ne accorse quando vide che una goccia di sangue, che cadde dal vestito cominciò a bruciare; allora tentò di salvare Eracle, ma egli aveva già indossato l'abito. L'eroe morì bruciato tra atroci dolori e la vendetta del centauro fu compiuta.

Deianira, ingannata e disperata, si uccise anch'ella.

Deicoonte


Deicoonte è il nome di due personaggi della mitologia greca, figli rispettivamente di Eracle e di Pergaso.

Deicoonte fu uno dei tre figli nati dall'unione di Eracle e Megara, figlia del re Creonte; gli altri due erano Terimaco e Creontiade. Stava praticando esercizi militari insieme ai suoi fratelli e a due dei suoi cugini, quando Eracle, fatto impazzire da Era, scambiandoli per nemici, li uccise tutti a colpi di spada e gettò i loro cadaveri nel fuoco.
Deicoonte, figlio di Pergaso [modifica]

Deicoonte, figlio del dardano Pergaso, fu uno dei più impavidi guerrieri che difesero Troia dagli assalti degli achei. Inseparabile compagno di Enea, era onorato dai Troiani al pari dei figli di Priamo poiché amava schierarsi sempre nelle prime file. Agamennone, dopo aver incitato i suoi guerrieri all'attacco, gli traforò lo scudo con la sua lancia, mentre la sua lama penetrò facilmente nel ventre dell'avversario.

Accecato dalla vendetta, Enea uccise due fortissimi gemelli, Cretone e Orsiloco.

Deidamia

Deidamia è una figura della mitologia greca, figlia di Licomede re di Sciro.

Sposò Achille mentr'egli era alla corte del padre, dove era stato celato dalla madre Teti sotto spoglie femminili affinché non partisse per la guerra di Troia; dal loro matrimonio nacque Neottolemo o Pirro. La fanciulla fu abbandonata dall'eroe incinta del bambino, a causa dell'astuto stratagemma messo a punto da Ulisse per ottenere la partecipazione di Achille al conflitto. Deidamia concesse la partenza del figlio Neottolemo una volta che i capi achei lo reclamarono e, al termine della guerra di Troia, fu maritata ad Eleno, figlio di Priamo. Talune tradizioni attribuiscono la maternità di Neottolemo alla figlia di Agamennone, Ifigenia.

Deifobo

Nella mitologia greca, Deifobo è un figlio di Priamo e di Ecuba ed è un principe troiano. Durante la guerra di Troia, che scoppiò a causa del rapimento della regina di Sparta, Elena, da parte di Paride, suo fratello, Deifobo si distinse e fu tra i figli di Priamo, a parte Ettore e Paride, quello che si mise più in evidenza.

Prima della guerra di Troia


Secondo Apollodoro, Deifobo è il terzo figlio maschio di Priamo ed Ecuba, dopo Ettore e Paride, ovvero il loro sesto figlio. Sin da fanciullo mostrò un carattere piuttosto rude, ma soprattutto ben predisposto all'arte della guerra.

Durante i giochi funebri in memoria del fratello più grande, ucciso ancora neonato, Deifobo vi prese parte insieme ai suoi fratelli e si distinse in numerose gare, ma, quando un misterioso giovane riuscì a sorpassarlo nella gara di cocchi, il troiano, sdegnato, si accordò con i fratelli per uccidere il nuovo arrivato.

Mentre venivano appostate numerose guardie alle uscite dello stadio, Deifobo si armò insieme al fratello maggiore Ettore e, con la spada sguainata, si avventò contro il vincitore delle gare, il quale aveva ottenuto come premio ben tre corone. Il giovane, spaventato, si rifugiò sull'altare di Zeus, e allora un pastore, di nome Agelao, svelò a Priamo l'identità dello sconosciuto: egli era Paride, fratello di Deifobo, il quale era stato allevato sul monte Ida a causa di oscure predizioni che lo avevano tormentato sin dalla nascita. Da allora, nonostante alcune opposizioni, il giovane principe troiano venne accolto nella reggia dove si riappacificò con Deifobo e gli altri suoi fratelli.

Guerra di Troia

I primi anni di guerra


Quando Paride rapì la giovane Elena, moglie del re di Sparta Menelao, Deifobo prese parte alla guerra contro gli Achei. Quando le navi dei nemici s'appostarono presso la costa della Troade, l'eroe, insieme all'esercito troiano, avanzò contro di loro per impedire lo sbarco. Qui, secondo alcuni autori, riuscì a trafiggere con un giavellotto l'eroe Protesilao.

Deifobo ricomparve nuovamente durante i primi anni di guerra, quando, assediata la roccaforte di Troia dai nemici, tentò di portare aiuto al fratello Troilo, minacciato da Achille. Sua sorella Polissena, sfuggita all'ira dell'eroe greco, riuscì a portare la notizia della morte del fratello; armatisi, Ettore, insieme al cugino Enea e ai fratelli Polite e Deifobo giunse sul luogo dell'assassinio, ma oramai era troppo tardi, anche per vendicare la sua morte.

Combattimento contro l'accampamento acheo

Nel corso della guerra, insieme con il fratello Eleno, Deifobo guidò un gruppo di guerrieri e col titolo di comandante è ricordato specialmente nell'Iliade di Omero. Giunse coi suoi uomini fino alle fortificazioni difensive dell'accampamento nemico, che erano state appena costruite, ma qui, avanzando, fu preso di mira da Merione, consigliere di Idomeneo, il quale gli scagliò contro una lancia sperando di colpirlo; tuttavia l'arma non lo ferì, trapassò leggermente lo scudo del troiano, senza riuscire neanche a penetrarlo. Deifobo continuò a combattere valorosamente, ma quando vide soccombere sotto i suoi occhi il giovane condottiero troiano Asio, ucciso da Idomeneo, si coprì con lo scudo e scagliò l'asta aldilà delle file nemiche, trafiggendo Ipsenore, un guerriero acheo. Vantandosi della sua impresa, il troiano atterrì con le sue crudeli parole i guerrieri achei, ma Idomeneo, per incoraggiare i suoi uomini, uccise con un giavellotto Alcatoo, cognato di Enea.

Quando Idomeneo oltraggiò Deifobo, canzonandolo per come aveva fatto ben tre vittime rispetto ad egli che aveva ucciso solo Ipsenore, il figlio di Priamo tentennò per il contrattacco, ma andò invece a chiamare Enea, il quale era fermo nel bel mezzo della battaglia, a causa del rancore che portava contro Priamo, il quale non considerava il suo valore. Spronato da Deifobo, l'eroe dardano entrò in battaglia in compagnia sua e di altri troiani e qui compì una grande strage. La battaglia riprese, e stavolta Deifobo scagliò la lancia in direzione dell'odioso Idomeneo, ma ancora sbagliò, facendo però un'altra vittima eccellente, Ascalafo, figlio di Ares, che colpì trapassandogli la spalla robusta. Il dio della guerra sarebbe intervenuto per vendicare la morte del figlio, ma Zeus lo vietò, dato che il suo comando era che nessuna divinità intervenisse nel campo di battaglia. Deifobo cercò allora di possedere l'elmo della sua vittima, tuttavia Merione gli trapassò con la lancia il suo braccio, e gli impedì di impossessarsene. L'eroe troiano sarebbe sicuramente morto se Polite, suo fratello, non fosse intervenuto afferrando Deifobo per la vita e conducendolo in salvo verso Troia, seppure perdeva molto sangue dalla ferita. Più tardi, Ettore, deciso ad incendiare tutte le navi achee, si domandò dove fosse finito il fratello, ma quando vide che nessuno lo raggiungeva, avanzò contro i Danai da solo.

L'inganno di Atena


Quando Achille tornò in battaglia deciso a vendicare la morte del suo amico Patroclo, Ettore, temendo la foga dell'eroe, scappò per evitare uno scontro; dopo aver fatto tre giri di corsa intorno alle mura della sua città, la dea Atena assunse le sembianze di Deifobo e gli andò incontro, e lo incitò a non temere Achille, ma a fermarsi e ad affrontarlo.

Ettore, pensando di parlare con suo fratello, ascoltò il consiglio e diede ragione alla dea, poi tornò indietro e parlò con Achille affinché il duello potesse iniziare. Per primo, il troiano scagliò la sua lancia contro Achille. Mancato il bersaglio si rivolse a Deifobo chiedendo di dargli un'altra lancia, ma questi era svanito nel nulla. A quel punto Ettore comprese che gli dei lo avevano ingannato ed abbandonato ed andò incontro alla morte per mano del figlio di Peleo.

Dopo la morte di Ettore, Priamo, suo padre, volle raggiungere Achille nella sua tenda per chiedere la restituzione del cadavere. Camminando nel palazzo reale, il vecchio re scorse gli altri suoi figli oziosi nella reggia e, sdegnato, iniziò a rimproverarli duramente, prendendosela anche con Deifobo, dato che anziché lottare o fare qualcosa per aiutare il loro padre, erano tutti intenti al non far nulla, nello sfarzo e in una calda accoglienza.

La morte di Achille

Secondo alcune tradizioni, il giorno in cui venne per domandargli il corpo del figlio ucciso, Achille chiese a Priamo di dargli in sposa la propria figlia minore, Polissena; il re accettò ma a patto che gli Achei avessero rinunciato alle loro pretese e abbandonato la Troade. Sapendo ciò, Polissena decise di vendicarsi: chiese ad Achille il segreto della sua invulnerabilità, e quando l'eroe, perdutamente innamorato della fanciulla, acconsentì a rispondere, la troiana raggiunse i fratelli Paride e Deifobo per riferire tutto ciò che aveva saputo dal suo futuro marito.

Su richiesta di Polissena, Achille si recò nel tempio di Apollo Timbreo a piedi nudi e senza armi per innalzare un sacrificio agli dei, all'inizio del loro matrimonio. Per fingere di conciliare questa unione, Deifobo strinse l'eroe in un abbraccio apparentemente amichevole e proprio allora incitò Paride, nascosto dietro la statua del dio Apollo, a scagliare la sua freccia, che colpì l'eroe al tallone, unico punto vulnerabile, ferendolo a morte.

Tra gli spasimi, Achille afferrò un tizzone da un focolare acceso lì vicino, e con quello si abbatté sui Troiani là riuniti, massacrandoli tutti insieme, inclusi i servi e i sacerdoti del tempio. Deifobo e Paride riuscirono invece a fuggire, scampando alla strage e lasciando l'eroe nel tempio, dove morì alcuni minuti dopo. Questa uccisione a tradimento suscitò lo sdegno di numerosi troiani, soprattutto di Eleno e di Enea, tanto che da allora Deifobo e Paride persero l'appoggio di qualsiasi loro concittadino.

Il matrimonio con Elena


Quando anche Paride venne ucciso per mano dell'arciere Filottete, Priamo offrì Elena al «più valoroso» dei suoi figli; Deifobo ed Eleno si presentarono al suo cospetto, per reclamare la fanciulla e affermando la loro superiorità in battaglia. Priamo stesso decise di affidare la donna a Deifobo, non solo perché era il più grande, ma anche perché si era dimostrato più valoroso di tutti gli altri suoi fratelli. Il matrimonio fu stabilito, ma Elena, secondo la maggior parte dei racconti, diversamente da quanto accaduto con gli altri suoi due mariti, non si era mai innamorata di Deifobo e decise che piuttosto preferiva tornare da Menelao. La scelta di Priamo venne criticata dalla maggior parte dei Troiani.

Una notte la figlia di Zeus fu sorpresa da una sentinella mentre cercava di calarsi giù dalle mura della città con una corda. Elena venne quindi trascinata a forza da Deifobo, il quale la sposò ugualmente nonostante andasse contro la sua volontà. Lo sdegno che scoppiò tra i troiani fu così forte che Eleno, disgustato dal comportamento del fratello, abbandonò la sua città rifiutandosi di difenderla anche se fosse caduta per mano dei nemici.

La sera stessa in cui il cavallo di Troia fu trascinato in città, Deifobo accompagnò Elena presso l'enorme costruzione di legno, e qui la fanciulla, quasi volesse divertire il compagno, iniziò a gridare i nomi dei guerrieri Achei attorno al cavallo, imitando le voci delle loro mogli, per vedere se le forze nemiche si fossero appunto nascoste al suo interno. Menelao ed Odisseo dovettero trattenere a forza i loro compagni per impedire loro di rispondere ai richiami.

La fine di Deifobo

In piena notte, quando fu dato il segnale nell'esercito acheo, Elena lasciò nel letto Deifobo e si apprestò a portare via di casa tutte le sue armi, per impedire qualsiasi sua resistenza. Aspettò poi con fiducia l'arrivo di suo marito Menelao, mentre il figlio di Priamo dormiva inconsapevole di ciò che avrebbe fatto sua moglie o tantomeno dell'intervento dei Greci.

Durante il successivo saccheggio di Troia, Menelao, insieme ad Odisseo (oppure con Agamennone), raggiunse ansioso la casa di Deifobo e qui trovò Elena che vegliava sul troiano addormentato e ubriaco. Dopo che Menelao ebbe colpito Deifobo con la spada, Elena gli si gettò tra le sue braccia e fuggì con lui. Altre versioni affermano invece che Deifobo si svegliò all'improvviso, ma venne prontamente ucciso da Menelao (o da Odisseo o da entrambi; o ancora da Elena, per dimostrare la sua fedeltà al primo marito, che immerse la spada nella schiena del troiano; ma per i più comunque Elena ne festeggiò la morte). Il corpo di Deifobo venne orrendamente fatto a brandelli da Menelao.

Gli episodi riguardanti Deifobo si trovano nel libri XII, XIV e XXII dell'Iliade.


Nell'Eneide di Virgilio Deifobo appare ad Enea nel corso del suo viaggio nell'Oltretomba: ha parti del volto e le mani mutilate. Gli racconta la storia della propria morte, gli rivela il tradimento di Elena che aveva sottratto la sua spada e indicato a Menelao la sua camera da letto: è lei ad aprirne le porte e a chiamare i Greci, a cui si unisce anche Ulisse, insieme al quale fanno strazio del suo corpo. Dopo aver narrato ad Enea queste tristi vicende di morte, invoca gli dèi (Di, talia Grais instaurate...) perché gli concedano vendetta sui Greci. La Sibilla sollecita Enea a continuare il cammino, e Deifobo si allontana per tornare nelle tenebre (reddarque tenebris).

Vittime di Deifobo

1. Ipsenore, guerriero acheo, figlio di Ippaso e fratello di Demoleonte.
2. Ascalafo, capitano sovrano dei Mini, figlio del dio Ares e di Astioche, fratello di Ialmeno.
3. Licone, nome di un guerriero acheo.
4. Alcimo, intimo amico di Achille e del suo cocchiere Automedonte.
5. Driante, guerriero acheo.

Deifonte


Nella mitologia greca, Deifonte era il nome di uno dei figli di Antimaco, discendente di Eracle.

Cresciuto sposa la figlia di Temeno, Irneto, i due erano lontani parenti. Temeno in seguito alla guerra fatta dai figli e discendenti vari di Eracle (gli Eraclidi) ebbe come ricompensa per i suoi sforzi Argo e chiese l'aiuto di Deifonte per amministrare il regno. I suoi figli erano gelosi di tanta premura verso uno sconosciuto e cercarono di uccidere il loro padre in un agguato, egli non morì all'istante, ferito riuscì a dare il suo regno a Deifonte ed avverirlo della congiura in atto. I figli impauriti fuggirono dal regno, per poi tornarci con alleati. Deifonte fuggì con moglie e con Agreo, un parente di Temeno che non ha mai provato alcuna ostilità per lui. Si stabilirono a Epidauro ma gli uomini lo raggiunserò, rapendo Irneto. Cerine e Falce furono i colpevoli, ma prima che Deifonte potesse ucciderli essi tolsero la vita alla moglie di lui.

Deileonte


Nella mitologia greca, Deileonte o Deileone, era il nome di un compagno di avventura di Eracle.

Deileonte figlio di Deimaco, nato nella Tessaglia durante le fatiche di Eracle si unì a lui nella lotta contro le amazzoni, riportando facile vittoria.

Deileonte dopo l’avventura con Eracle si separò da lui, perdendo la strada. Quando insieme ai suoi fratelli risiedeva a Sinope fu raggiunto da Giasone, il comandante dei soldati scelti per il viaggio per il recupero del vello d’oro. Egli chiedeva aiuto in quanto erano morti diversi argonauti durante la spedizione e lo stesso Eracle, annoverato fra gli avventurieri, risultava disperso. Deileonte fu ben felice di unirsi al gruppo.

Deimaco

Nella mitologia greca, Deimaco era uno dei re di Tricca, in Tessaglia.

Egli è il padre di Deileone, Flogio e Autolico, e secondo altre versioni anche di Enarete. Alcuni suoi figli furono compagni di Ercole.

Deino

Nella mitologia greca, Deino o Dino era il nome di una delle figlie di Forco e di Ceto. faceva parte del gruppo delle Graie ed aveva come sorelle anchele Gorgoni.


Le altre due si chiamavano Enio e Penfredo, insieme erano chiamate anche Forcidi per via della discendenza dal padre. Di lei racconta Esiodo nella sua Teogonia che insieme a Enio erano calve dalla loro nascita e che indossava un vestito, un (Peplo) di croco.

Deioco

Nella mitologia greca, Deioco è il nome di un guerriero acheo, menzionato nel libro XV dell'Iliade.

Deioco era molto probabilmente un fante dell'esercito acheo al tempo della guerra di Troia. Dopo aver assistito alle stragi seminate Ettore nelle file greche, fuggì insieme ai suoi compagni sotto la pressione avversaria, avvilito, tra l'altro, dalla presenza di Apollo. Mentre cercava di mescolarsi tra i compagni, fu intravisto da Paride che vibrò nella sua direzione un colpo di lancia, cogliendolo di spalle, sotto la schiena. Il troiano si precipitò a spogliare Deioco dell'armatura ma, su invito di Ettore, abbandonò il cadavere nella pianura e proseguì la sua avanzata verso le navi achee.

Deioneo

Nella mitologia greca il nome Deioneo o Deione corrisponde a diverse figure mitologiche.


Sotto tale nome ritroviamo:

* Deioneo, figlio di Eolo e di Enareta. Fratello di Atamante, Sisifo, Salmoneo, Macareo, Creteo e Canace.
* Deioneo, re della Focide, sposò Diomedea, dalla cui unione nacquero vari figli, tra i quali Cefalo e Dia.

Deipile

Deipile (o Deifile) è una figura della mitologia greca, era figlia di Adrasto.

Sposò Tideo e dal loro matrimonio nacque Diomede.

Deipilo

Nella mitologia greca, Deipilo era il nome di uno dei figli di Polimestore e di Iliona, la figlia maggiore di Ecuba a Priamo.


Polimestore sposò una delle tante figlie di Priamo, il re di Troia. Ricevette come dono di nozze un valido aiuto, il fratello della moglie, Polidoro, che anche se ancora piccolo, doveva difenderlo dall'imminente guerra di Troia. Iliona temendo suo marito decise di scambiare suo figlio con suo fratello. Polimestore all'insaputa dei suoi parenti ottenebrato da promesse da parte dei greci decise di uccidere Polidoro non sapendo dello scambio alla fine uccise Deipilo.

Con il nome di Deipilo vi era anche uno dei tanti soldati greci, citato da Omero nel rapimento dei cavalli.

Deipiro

Nella mitologia greca, Deipiro era il nome di uno dei personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re del regno di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Deipiro, schierato dalla parte di Agamennone era all’inizio della guerra una sentinella, lui incitava il suo esercito nelle situazioni più pericolose come quando verso la fine della guerra i troiani arrivarono alle mura che difendevano la base dei greci presso le navi, tale pratica era comune dei guerrieri più ben visti e forti come Teucro prima di lui. Durante un'altra battaglia prestò soccorso ad Idomeneo rimasto solo contro Enea, forte guerriero troiano, ma durante tale battaglia altri eroi amici del protagonista dell’Eneide arrivarono fra cui il grande Eleno che con un colpo alla testa uccise Deipiro, trafiggendogli la tempia destra con il pesante ferro della spada.

Delfo (mitologia)

Nella mitologia greca, Delfo era il nome di uno degli eroi della città di Delfi di cui è il leggendario fondatore.

Non è chiara la sua discendenza, alcuni lo vedono come figlio di Poseidone e Melanto (figlia di Deucalione), che per giacere con lei il dio dei mari si trasformò in un delfino. Altri autori invece scrivono di lui come figlio di Apollo e di una donna non bene identificata (Celeno, Melenide, Melene o Tia)

Edited by demon quaid - 13/12/2014, 12:10
 
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Deliade

Nella mitologia greca, Deliade è il figlio di Glauco ed Eurimede.

È protagonista del mito di Bellerofonte. Deliade, ovvero secondo alcune versioni Bellero, ne era infatti il fratello: egli venne però accidentalmente ucciso proprio da Bellerofonte (da qui deriverebbe il nome "uccisore di Bellero"). La vicenda dell'uccisione di Deliade è riferita nella Biblioteca di Apollodoro, secondo cui egli sarebbe anche identificabile, a seconda delle differenti tradizioni, come Pirene o come Alcimene.

Demetra

Figlia di Crono e di Rea, sorella di Zeus. Il nome molto probabilmente significa "Madre Terra": infatti Demetra è la dea madre per eccellenza, la dea della terra produttrice, che presiede all'agricoltura, vigila il sereno lavoro degli uomini, lo aiuta e lo rende più facile con i suoi insegnamenti. Divinità caratteristicamente greca, si distingue dalle altre "dee madri", come Rea e Cibele, perché mentre queste esprimono lo sfrenarsi selvaggio delle forze misteriose della natura prive di termini e di norme, essa rappresenta l'ordinata e regolare generazione della terra, sottoposta a certe leggi e al lavoro dell'uomo.
Ancor giovane e spensierata essa generò a Zeus, suo fratello, al di fuori di ogni vincolo coniugale, il lussurioso Iacco e la bella Core. Ebbe un altro figlio, Pluto, dal Titano Iasio, o Iasione, di cui si innamorò durante la festa per le nozze di Cadmo e Armonia, Riscaldati dal nettare che scorreva come fiume al banchetto, i due amanti sgusciarono fuori dal palazzo e si unirono "su un campo a maggese rivoltato tre volte". Al loro ritorno Zeus indovinò quel ch'era accaduto dall'aspetto dei due e, furibondo contro Iasio perché aveva osato toccare Demetra, lo colpì con la sua folgore. Ma altri dicono che Iasio fu ucciso da suo fratello Dardano, oppure fatto a pezzi dai propri cavalli.
Demetra ha un animo gentile ed Erisittone, figlio del re Triopa, fu uno dei pochi uomini che essa trattò con durezza. Alla testa di venti compagni, Erisittone osò invadere il bosco sacro che i Pelasgi avevano dedicato alla dea a Dozio, e cominciò ad abbatere alberi sacri per costruirsi una nuova sala per i banchetti. Demetra assunse l'aspetto della Ninfa Nicippa, sacerdotessa del bosco, e gentilmente ordinò ad Erisittone di desistere. Ma quando costui la minacciò con la sua ascia, Demetra gli si rivelò in tutto il suo splendore e lo condannò a soffrire la fame in perpetuo, per quanto mangiasse. A Pandareo di Creta, invece, che rubò il cane d'oro di Zeus e la vendicò così per l'uccisione di Iasio, Demetra concesse di non soffrire mai di mal di stomaco, quale che fosse la quantità di cibo mangiato.
Demetra perdette tutta la naturale gaiezza quando le fu rapita la figlia Core, in seguito chiamata Persefone. Ade si innamorò di Core e si recò da Zeus per chiedergli il permesso di sposarla. Zeus temeva di offendere il fratello maggiore con un rifiuto, ma sapeva d'altronde che Demetra non l'avrebbe mai perdonato se Core fosse stata confinata nel Tartaro; rispose dunque diplomaticamente che non poteva né negare né concedere il suo consenso. Ade si sentì allora autorizzato a rapire la fanciulla mentre essa coglieva fiori in un prato. Demetra cercò Core per nove giorni e nove notti, senza mangiare né bere e invocando incessantemente il suo nome. Riuscì a sapere qualcosa soltanto da Ecate, che un mattino all'alba aveva udito Core gridare "Aiuto! Aiuto!" ma, accorrendo in suo soccorso non vide più traccia di lei.
Il decimo giorno Demetra, accompagnata dal piccolo Iacco, giunse sotto l'aspetto di una vecchia a Eleusi, dove re Celeo e sua moglie Metanira l'accolsero ospitalmente, invitandola a rimanere presso di loro come nutrice di Demofonte, il principino appena nato. La balia asciutta, la vecchia Baubo, la indusse con un trucco a bere acqua d'orzo profumata alla menta; poi cominciò a gemere come se avesse le doglie e inaspettatamente tirò fuori di sotto le sottane il figlio di Demetra, Iacco, che balzò tra le braccia della madre e la baciò. Per essersi fatto beffe di Demetra, sorpresa a bere con troppa avidità, Abante, il figlio maggiore di Celeo, fu trasformato in lucertola dalla dea infuriata. Pentita e un po' vergognosa per l'accaduto, Demetra decise di fare un favore a Celeo rendendo immortale Demofonte. La notte stessa lo tenne alto sopra il fuoco per bruciare tutto ciò che in lui era mortale. Metanira entrò per caso nella stanza prima che la cerimonia fosse finita e ruppe l'incantesimo; così Demofonte morì. "La mia casa è la casa della sventura!" gridò Celeo, piangendo l'amara fine dei suoi due figli, e per questo in seguito fu chiamato Disaule. "Asciuga le tue lacrime, Disaule", disse Demetra rivelando la sua divinità, "ti rimangono tre figli, tra i quali Trittolemo, cui io farò tali doni che scorderai la duplice perdita".
Frattanto, l'esilio volontario di Demetra rendeva la terra sterile, e l'ordine del mondo ne era sconvolto. Zeus capì che se non avesse fatto nulla per placare la sorella, la razza umana si sarebbe estinta e gli dèi avrebbero smesso di ricevere sacrifici. Un'unica soluzione si presentava ormai a Zeus. Egli affidò dunque a Ermete un messaggio per Ade: "Se non restituisci Core, siamo tutti rovinati"; e un altro a Demetra: "Potrai riavere tua figlia, purché essa non abbia ancora assaggiato il cibo dei morti". Poiché Core aveva rifiutato di mangiare sia pure una briciola di pane dal giorno del suo ratto, Ade fu costretto a restituirla a Demetra. Ma nel momento in cui Core si preparava a partire per Eleusi, uno dei giardinieri di Ade, chiamato Ascalafo, confessò che aveva visto la giovane cogliere una melagrana nell'orto e mangiarne sette chicchi. A Eleusi, Demetra abbracciò felice la figlia; ma, udita la storia della melagrana, ricadde in un profondo abbattimento e disse che non sarebbe più tornata sull'Olimpo. Zeus indusse allora Rea, che era madre sua nonché di Ade e di Demetra, a interporre i suoi buoni uffici, e si giunse così a un compromesso: Core avrebbe trascorso ogni anno tre mesi in compagnia di Ade, come regina del Tartaro e col titolo di Persefone, e gli altri nove mesi in compagnia di Demetra. Così, ogni primavera, Persefone fugge dal soggiorno sotterraneo e sale al Cielo dalla madre, per rifugiarsi di nuovo fra le ombre al momento della semina.
Demetra acconsentì finalmente a risalire sull'Olimpo. Prima di lasciare Eleusi, iniziò ai misteri Trittolemo, Eumolpo e Celeo, unitamente a Diocle, re di Fere, che l'aveva assiduamente aiutata nelle sue ricerche. Ma punì Ascalafo per aver riferito l'episodio della melagrana imprigionandolo in una fossa chiusa da un masso pesantissimo; Ascalafo fu in seguito liberato da Eracle, e Demetra allora lo trasformò in un barbagianni.
A Trittolemo la dea diede semi di grano, un aratro di legno e un cocchio trainato da serpenti e lo mandò per il mondo a insegnare agli uomini l'agricoltura. Ma prima lo istruì personalmente nella pianura Raria. E a Fitalo, che l'aveva trattata con cortesia sulle rive del Cefiso, donò un albero di fico, il primo che si vedesse nell'Attica e gli insegnò a coltivarlo.
Al nucleo centrale della leggenda di Demetra, il cui significato era rivelato solo agli iniziati dei Misteri di Eleusi, si aggiunsero in varie epoche miti secondari, come quello della violenza che subì da Poseidone. Durante la peregrinazione in cerca della figlia, Demetra, stanca e scoraggiata, non volendo unirsi con un dio o con un titano, si trasformò in giumenta e cominciò a pascolare tra gli armenti di un certo Onco, che regnava a Onceo in Arcadia. Essa non riuscì, tuttavia, a trarre in inganno Poseidone, che si trasformò a sua volta in stallone e la coprì, e da quella orrenda unione nacquero una figlia, di cui non era lecito pronunciare il nome, e il cavallo Arione. Tutti i miti, anche se contraddittori, sono comunque concordi nel non attribuire un marito a Demetra, che generò i suoi figli al di fuori di ogni vincolo coniugale.
Le feste in onore di Demetra erano inizialmente proprie delle campagne: le erano sacre le feste della semina e del raccolto, come nell'Attica le Proerosie, che avvenivano nella seconda metà di ottobre per la semina, le Procaristerie, primaverili, per invocare un buon raccolto, e le Aloe, per ringraziare la dea dopo il raccolto. Alla figura di Demetra legislatrice erano collegate le feste Tesmoforie celebrate solennemente dalle donne di Atene durante il mese di ottobre. Particolare importanza avevano le feste e i misteri eleusini in onore di Demetra nel suo aspetto di divinità legata alla terra.

Demifonte

Nella mitologia greca, Demifonte era il nome di uno dei re della città di Eleonte che si trovava nel Chersoneso di Tracia.

Da un oracolo del luogo aveva ricevuto l'ordine di sacrificare ogni anno una giovane donna per far cessare la carestia che da tempo faceva strage fra la sua gente, la donna doveva essere scelta fra i nobili del paese. Fra di essi vi era uno, Mastusio che si oppose, allora il re prese con la forza la figlia di quest'ultimo e la sacrificò. Per vendicarsi il nobile uccise le figlie del re e gli fece bere il loro sangue, una volta accortosi del misfatto uccise il nobile.

Demodice

Nella mitologia greca, Demodice chiamata anche Biadice era il nome della zia di Frisso.

La donna era andata in moglie a Creteo il fratello di Atamante ma segretamente amava il ragazzo e lo voleva per se. Egli rifiutò il suo amore ed ella in preda alla rabbia mentì al marito riferendo che Frisso aveva tentato di farle violenza. Il re subitò convocò il fratello e una volta raccontatogli l'accaduto gli chiese di uccidere il ragazzo, ma fu salvato da sua madre, Nefele in questa versione del mito regalò al figlio e ad Elle, sua sorella, il mitico ariete magico con i quale fuggì volando.

Demofonte (Teseo)

Demofonte (o Demofoonte, secondo altre versioni) è un personaggio della mitologia greca, figlio dell'eroe Teseo e Fedra, oppure di Teseo e di Arianna. Era fratello di Acamante.

partecipò alla guerra di Troia e sottrasse ad Ulisse e Diomede il Palladio che essi avevano rubato dal tempio di Atena nella cittadella di Troia per riconsegnarlo ad essa. Fu amato da Fillide.

Demofoonte

Demofoonte è una figura della mitologia greca, figlio di Metanira e di Celeo, regnanti su Eleusi.

Fu allevato, insieme al fratello Trittolemo, dalla dea Demetra che decise di renderlo immortale per riconoscenza verso i genitori di lui che la stavano accogliendo con dovizia nonostante le sue mentite spoglie di vecchia signora.

Ogni giorno lo cospargeva d'ambrosia ed ogni notte lo poneva sul fuoco per espellere ogni residuo di mortalità. Una notte la regina scoprì i riti e gridò per l'orrore, fu allora che la dea si fece riconoscere e tranquillizzò la donna.

Alla fine Demofoonte non divenne immortale, ma Demetra, per riconoscenza, garantì onore eterno alla città e rivelò a Trittolemo i misteri della terra e della coltura del frumento.

La vicenda di Demofoonte, ampiamente modificata, venne messa in versi da Pietro Metastasio, il quale fornì il libretto per l'omonima opera seria di Nicolò Jommelli; la prima intonazione dell'opera venne composta da Jommelli a Parma nel 1743, la quarta per il Teatro San Carlo di Napoli nel 1770.

Demoleonte

Nella mitologia greca, Demoleonte (o Demoleone) è il nome di un guerriero troiano, citato nell'Iliade, il quale prese parte al conflitto della guerra di Troia, scoppiato a causa del rapimento di Elena, la regina di Sparta, da parte di Paride, principe troiano, figlio del re Priamo.
Per vendicare questo oltraggio, il re di Sparta, Menelao, riunì un immenso esercito, guidato dal supremo fratello Agamennone e dichiarò guerra alla città avversaria. Le vicende più importanti del conflitto furono raccontate da Omero nell'Iliade.

Le origini

Demoleonte, valoroso combattente troiano (Omero lo descrive infatti come un "nobile difensore in battaglia"), era uno degli innumerevoli figli di Antenore, il saggio consigliere di Priamo, e quasi sicuramente di Teano, la sacerdotessa d'Atena a Troia. Nel poema non viene detto chi è la madre, ma risulterebbe normale immaginare che essa sia proprio Teano, dato che tra i figli di Antenore solo Pedeo è detto illegittimo.

La morte in guerra


Questo personaggio non appare quasi mai nei combattimenti; l'unica volta in cui viene ricordato, nell'Iliade, è nel libro XX, in riferimento alla sua morte. L'eroe Achille, allontanatosi per un certo periodo dalla battaglia a causa di una discordia scoppiata con Agamennone per via di una schiava, decise di ritornarvi deciso a vendicare la morte del suo intimo amico Patroclo, ucciso da Ettore.
Furibondo e accecato dal dolore, l'eroe seminò una grande strage di Troiani, alla ricerca dell'odiato rivale Ettore.

Nel corso dei suoi massacri, l'eroe intravide anche il giovane figlio di Antenore in fuga sul suo cocchio, e, spinto dal desiderio di vendetta, gli scagliò addosso la sua lancia, trafiggendolo alla tempia, cosicché il cervello ne fu interamente spappolato.

Demonice

Nella mitologia greca, Demonice era il nome di una dei figli di Epicasta e di Agenore.

Figlia di due parenti (infatti i genitori erano cugini) era sorella di Portaone.

Demuco

Demuco è un personaggio della mitologia greca.

Demuco era un giovane ed eroico guerriero, uno dei figli del troiano Filetore. Omero lo celebrò come tale nel libro XX dell' Iliade.

La morte

Scoppiata la guerra, Demuco combatté valorosamente per la difesa della sua città: ma egli era destinato a non sopravvivere al padre Filetore. Al decimo anno di guerra venne infatti assalito dall'eroe greco Achille che intendeva vendicare la morte dell'intimo amico Patroclo per mano dell'eroe troiano Ettore: colpito dapprima con la lancia al ginocchio fu poi finito con la spada (probabilmente alla gola).

Dercino

Nella mitologia greca, Dercino ma anche Bergione o Bercino secondo le varie traduzione arrivate a noi, era il nome del fratello di Alebione, figlio del dio dei mari Poseidone, oggetto di un racconto che lo vede coinvolto con Eracle, nel tempo del mito viveva nella

Dercino viveva come pastore con suo fratello in una città della Liguria quando Eracle passò innanzi a lui con le mitiche greggi di Gerione (il pascolo era per una delle sue dodici fatiche, con il quale attraversò l'Europa ) non resistette alla tentazione e lo attaccò insieme al parente, finendo con l'essere ucciso.

Derinoe

Nella mitologia greca, Derinoe è il nome di una delle Amazzoni che combatterono nella guerra di Troia insieme alla regina Pentesilea come alleate dei Troiani. È citata nel Posthomerica, tardivo poema di Quinto Smirneo.

Compagna d'armi di Pentesilea, giunse a Troia, richiamata da Priamo, dopo la morte di Ettore. Quinto Smirneo la ricorda come una delle dodici Amazzoni che scortarono la regina in Frigia; è descritta inoltre come una fanciulla nobile e prode, simile per aspetto ad una dea.

Tra le compagne, Derinoe fu una di quelle che più si distinsero in battaglia, uccidendo con la sua lancia Laogono. Cadde per mano di Aiace d'Oileo, che la trafisse con la spada in un punto compreso tra la spalla e la gola.

Despena

Despena è una figura della mitologia greca.

Generata da Demetra e da Poseidone Despena (il cui nome non si poteva pronunciare al di fuori dei Misteri di Eleusi) era sorella del cavallo Arione.

Poiché era venerata esclusivamente dai seguaci dei misteri non abbiamo molte notizie sul suo conto.

Dessameno

Nella mitologia greca, Dessameno era il nome di uno dei re della città di Oleno che si trovava in Acaia, di cui si raccontano le gesta.

Durante il suo regno Eracle, il figlio di Zeus si ritrovò nel suo regno quando Augia lo cacciò dalla sua casa. Dessameno si mostrò molto cortese con l'ospit promettendo anche la mano di sua figlia, Mnesimache, all'eroe. Il semidio partì per le sue avventure, in seguito un centauro venne da Dessameno e lo obbligò a consegnargli la figlia che divenne la sua fidanzata, al ritorno di Eracle uccise il centauro e prese la ragazza in moglie come promesso. Dessameno aveva anche altre due figlie: Teronice e Terefone, mogli dei Molionidi.
Significato del nome [modifica]

Il nome Dessameno significa "accogliente".

Dessicreone

Nella mitologia greca, Dessicreone era il nome di un mercante dell'isola di Samo, di cui nel mito si raccontano le gesta.

Durante uno dei suoi tanti viaggi era capitato nell'isola di Cipro, qui era nell'intento di ripartire caricando la nave di mercanzia come era solito fare quando Afrodite si avvicinò a lui rivelandosi e chiedendogli, senza darne spiegazioni, di caricare la nave con solo acqua e di salpare immediatamente. Dessicreone accettò il consiglio e subito si mise all'opera, preso il largo la sua e tante altre navi vicine ebbero dei problemi di navigazione dovuta ad un'improvvisa bonaccia. Tutti i naviganti pagarono a caro prezzo l'acqua del mercante, e lui per ringraziare dell'affare la dea della bellezza appena tornato in patria fece erigere una statua alla dea.

Deucalione (Iliade)

Deucalione è il nome di un personaggio dell'Iliade di Omero, citato nel XX libro del poema.

Deucalione era un guerriero troiano vissuto al tempo del re Priamo. Omero non fornisce particolari sulla stirpe di questo personaggio.

La morte

Quando Paride, figlio di Priamo, rapì Elena, sposa di Menelao re di Sparta, scoppiò una guerra tra Greci e Troiani. Anche Deucalione prese parte ai combattimenti, senza mai riuscire a uccidere qualche nemico. Memorabile fu invece la sua morte, avvenuta ad opera di Achille quando questi era in preda all'ira per la morte dell'amico Patroclo, ucciso da Ettore, figlio maggiore di Priamo e capo assoluto dell'esercito troiano.

Rientrato in battaglia per vendicare la morte del suo intimo amico Patroclo, Achille trafisse alcuni guerrieri troiani tra cui il figlio più giovane del vecchio re Priamo, Polidoro, che sperava di mettersi in salvo grazie all'agilità delle sue gambe. Affrontò poi il condottiero troiano che aveva tentato di colpirlo con la sua lancia, pieno di ansia di vendetta, per vendicare a sua volta la morte del suo fratellastro ucciso poco prima dall'eroe greco, ma Apollo fece scendere sul campo di battaglia una cortina di nebbia che permise al Priamìde di mettersi in salvo. Accecato ancora di più dall'ira, Achille si scagliò su tutti quei nemici che incontrò durante il suo cammino verso Troia - dove presumeva fosse stato trasportato Ettore dallo stesso dio Apollo per sottrarlo alla sua furia - facendo una grande strage; tra le sue vittime vi fu anche Deucalione che raggiunto ad un gomito dalla lancia nemica, tra i tendini, rimase con l'arto completamente intorpidito e non poté fare altro che aspettare da parte del nemico il colpo di grazia. Così avvenne: Achille con la spada tagliò di netto al troiano la testa che volò lontanissima insieme con l'elmo e cadde rotolando tra i combattenti che fuggivano. Dal busto di Deucalione, rimasto privo del capo, schizzò fuori di getto la polpa midollare che colò al suolo.

Deucalione (Minosse)

Deucalione è una figura della mitologia greca, figlio di Minosse e di Pasifae.

Fu re di Creta fino alla morte; a lui successe il figlio Idomeneo. Amico di Teseo partecipò alla caccia di Calidone.

Deucalione (Prometeo)

Deucalione è una figura della mitologia greca, figlio del titano Prometeo e sposo di Pirra (figlia di Pandora e di Epimeteo, fratello di Prometeo) con la quale concepì numerosi figli tra i quali Anfizione, Elleno e Protogenia che significa "la prima generata".

Quando Giove decise di distruggere la stirpe umana, considerata corrotta e oramai abbruttita, con un grande diluvio, decise di risparmiare soltanto i pii Deucalione e Pirra. Costruita un'arca, su consiglio del padre di Deucalione, i due navigarono per 9 giorni fino ad approdare sulle montagne della Tessaglia. Placata la tempesta e ritirate le acque Zeus mandò loro Ermes che si offrì di esaudire un desiderio. I due chiesero che la terra si ripopolasse: Zeus, accolta la richiesta, ordinò ai due di gettarsi alle spalle le ossa della loro madre. Deucalione capì che il dio intendeva le pietre della terra. Dalle pietre gettate da Deucalione nacquero gli uomini, da quelle lanciate da Pirra le donne della nuova stirpe umana.

In un'altra versione del mito i due superstiti si limitarono a consultare un oracolo, che suggerì loro di velarsi il capo e di gettare dietro le spalle le «ossa della grande madre».

Deucalione e Pirra


Il mito di Deucalione e Pirra è la variante greca del mito del diluvio universale, avvenimento menzionato in quasi tutti i culti e le religioni asiatici, europei ed africani. Deucalione e Pirra, rispettivamente figli di Prometeo e Epimeteo, erano due anziani coniugi senza figli. Gli dei permisero loro di salvarsi dal diluvio che si sarebbe abbattuto sulla terra in modo che facessero rinascere l'umanità. Su ciò che avviene dopo il diluvio esistono due versioni, che comunque portano allo stesso epilogo.

Secondo una prima versione essi hanno, come premio per la loro virtù, diritto ad un desiderio, ed essi chiedono di avere con loro altre persone. Zeus consiglia allora ai due superstiti di gettare pietre dietro la loro schiena, e queste non appena toccano terra si mutano in persone, in uomini quelle scagliate da Deucalione, in donne quelle scagliate da Pirra.

Secondo un differente racconto l'idea di gettare pietre deriva da una profezia dell'oracolo di Temi, che indicava ai due di lanciare dietro di loro "le ossa della loro madre". Essi comprendono allora che l'oracolo si riferisce alla Terra, ricordiamo che entrambi sono figli di Titani, e agiscono di conseguenza.

Il mito è spesso collocato nell'Epiro, sull'Etna o in Tessaglia.

Edited by demon quaid - 13/12/2014, 12:13
 
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