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Torture medievali, Dove non arriva il demonio ci pensa l'uomo

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view post Posted on 10/12/2008, 22:38     +1   -1
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Il diavolo è sicuramente donna.

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Metodologie di messa al palo

Si tratta della tortura per eccellenza nell'antichità, amata soprattutto dai popoli del Mediterraneo, ma venne utilizzata spesso e volentieri anche durante il medioevo.
La morte sopraggiungeva lentamente, dopo un'agonia indescrivibile e che si protraeva per giorni. Si poteva aumentare la sofferenza del condannato in svariati modi, a seconda della malvagità del boia: a volte venivano fratturate le gambe con dei forti colpi, oppure si laceravano il volto, o i seni, con strumenti spinosi o uncinati; in altri casi s'infilavano stecche o bastoni nel condotto uretrale od anale della vittima.
<p align="center">Rogo

Probabilmente si tratta della tortura prediletta da infliggere agli eretici durante il medioevo, e centinaia di presunte streghe e stregoni la subirono.
Il martire veniva appeso molto in alto in modo che al suo orribile spettacolo tutta la popolazione venisse colpita dal terrore, e nel frattempo gli si straziavano i fianchi e le costole con dei pettini e degli uncini sino a renderlo una massa deforme che veniva incenerita.
Alcune vittime patirono terribili sofferenze, come risulta dal resoconto di un rogo scritto da un reverendo nel XVI sec: "Poiché il fuoco" si legge "era stato appicato senz'arte, e poiché il vento era contrario, la strega soffrì una tortura indicibile."
In seguito divenne normale strangolare il prigioniero prima di affidarlo alle fiamme, ma spesso succedeva che l'operazione non riuscisse "in tempo" e che la vittima subisse ugualmente l'orripilante fuoco sul suo corpo.

Liquidi bollenti

La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa.
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato.
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco.

Il toro di bronzo

Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra.
Arrostiti vivi nel toro di bronzo: l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".

Torture mistiche

A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.

Sull'uso del fuoco
In una terribile esecuzione avvenuta in Francia nel 1757, il prigioniero accusato di parricidio subi' le seguenti torture: "fu portato su un'impalcatura eretta per l'occasione e gli vennero bruciate con delle tenaglie roventi il petto, le braccia e i polpacci; la mano destra, con la quale commise il delitto di parricidio, gli fu bruciata nello zolfo; dell'olio bollente, del piombo fuso e della resina e della cera mischiata allo zolfo, gli furono versati nelle ferite; dopo tutto cio' il corpo venne lacerato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo arsi vivi furono sparsi al vento".

Altre modalità d'uso del fuoco:
A. Gettati in una fornace ardente.
B. Bruciati vivi in botti o barili.
C. Bruciati in una stanza infuocata.
D. Mani e piedi posti su un mucchietto arroventato.
E. Costretti fermi da quattro spine fissate nella terra, con un fuoco che arde sotto di essi.
F. Bloccati con delle corde, bagnati da olio e consumati vivi dal fuoco che viene loro piccato.
G. Gettati in un pozzo di carboni ardenti.
H. Pale di ferro per distribuire il fuoco.


Amputazioni

Presso gli antichi popoli dove non vigeva la pena di morte, la mutilazione rappresentava la punizione a cui si ricorreva con più frequenza.
Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di castrazioni o di amputazioni con moventi religiosi, ma non penali.
Col passare dei secoli, la pratica della castrazione come punizione per un reato si è perduta, specie nei paesi civilizzati; se non altro, è resistita come forma di vendetta personale.
Nel medioevo, l'amputazione ha invece dominato i codici penali di quasi tutti gli stati europei: ad esempio, in Inghilterra per molti reati si metteva il colpevole alla gogna e gli s'infliggeva una qualche mutilazione:
Nell'anno 1560 una cameriera fu messa alla gogna per aver somministrato del veleno alla sua padrona.
Oltre a dover subire l'umiliazione della gogna, le fu tagliato un orecchio e fu bruciato un sopracciglio; due giorni dopo fu messa di nuovo alla gogna e le fu reciso l'altro orecchio.
Non era raro, infine, che, subita l'amputazione, dovesse accorrere un chirurgo per fermare il dissanguamento, tanto rozze erano le tecniche di mutilazione.

Segati e lacerati vivi

Segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Si ricorreva alla sega (si tagliavano prigionieri vivi) per reati di disobbedienza militare o ribellione.
Il condannato viene lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome, ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato posto a testa in giù, iniziando a squarciare con la sega al livello dell'inguine e procedendo verso l'addome.
In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato
svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue.
Una bizzarra tortura di cui si avvalsero gli Ugonotti durante le loro persecuzioni nei confronti dei cattolici consisteva nel segare il corpo del prigioniero con una corda: la vittima, ignuda, veniva tirata avanti e indietro col movimento che ricorda proprio quello di una sega, lungo una corda tesa di fibra dura o un cavo metallico; la sofferenza patita era terribile poiché la corda lacerava la carne penetrando fino all'osso.

Sospensioni

Diverse erano le modalità con cui un condannato poteva patire la sospensione: nella figura ne vengono illustrate tre.
Al condannato, appeso per i piedi, viene agganciato un pesante masso al collo; la vittima viene strangolata e tormentata finché la colonna vertebrale non si schianta e va a pezzi.
Il prigioniero viene cosparso di miele ed altre sostanze dolci e viene lasciato in balia di molesti insetti come api, vespe e calabroni.
Il condannato, sospeso per un piede, ha una gamba legata al ginocchio dell'altra mentre l'altra è appesantita da un oggetto metallico.
Non raro era assistere a queste esecuzioni durante l'epoca medievale.
Col passare del tempo le tecniche si affinarono ed in Germania venne eseguita una tortura estremamente diabolica:

Vicino a Lindau un malfattore fu appeso al patibolo con delle catene di ferro e con ai piedi due grossi cani che, essendo tenuti senza cibo, se lo divoravano prima che egli stesso morisse di fame.

Squartamenti e spellamenti

Lo squartamento fu una pratica che durò a lungo.
Essa consisteva nell'aprire l'addome e strappare con violenza le viscere del condannato prima che il corpo venisse fatto a pezzi.
A volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
L'esecuzione più in voga nel medioevo consisteva però nel seguente procedimento: il prigioniero veniva legato con una grossa fune, sia all'altezza delle braccia che delle gambe; le funi erano poi assicurate a una grossa sbarra di legno o di metallo che a sua volta veniva legata a dei cavalli, uno per ogni estremità della vittima. Poi li si costringeva a dare dei piccoli strattoni che l'obbligavano ad implorare pietà. Quando i carnefici si ritenevano infine soddisfatti, frustavano le bestie contemporaneamente, incitandoli in direzioni opposte, in modo da fare a brandelli le membra. Spesso e volentieri il corpo della vittima opponeva resistenza, cosicché i boia lo facevano a pezzi con delle accette, come fa un macellaio con la carne, fino a quando le membra si staccavano dal busto del prigioniero ancora vivo.

Alberi, canne, gogna

La gogna consisteva nell'esporre il prigioniero all'umiliazione pubblica, alla mercé di chiunque.
Il prigionero veniva bloccato alla gogna per il collo e per le mani, ma poteva venire torturato da chiunque desiderasse fargli del male e umiliarlo. Era una punizione particolarmente in voga nel 1500 e veniva applicato anche per reati di piccola entita': una donna fu sottoposta a gogna nel 1555 per aver picchiato il figlio e nel 1566 una donna fu posta alla gogna per aver "procurato prostitute ai cittadini".
Un tipo di gogna di moda nei paesi anglosassoni consisteva nel legare il prigioniero a due legni flessibili, possibilmente degli alberi. Mentre il prigioniero si trovava così bloccato, veniva frustato con uno scudiscio a tre corde, o con un gatto a nove code. In alcuni casi venivano tagliate le corde degli alberi cosicché il condannato dovesse soffrire un dolore estremo mentre si lacerava.
Praticamente ogni città nel basso medioevo era provvista di questo "dispositivo", che di rado rimaneva libero, essendo utilizzato per punire qualsiasi reato considerato "minore".

Bestie

Torturare i condannati con le bestie era un antico supplizio, che nel medioevo andò via via a scomparire, senza mai sparire però del tutto.

A. Imprigionati in una rete ed esposti a un toro selvatico.
B. Lanciati nudi a bestie selvagge.
C. Lasciati divorare ad animali selvatici.
D. Piedi fissati a una grande pietra e punteruoli bollenti attaccati sotto le unghie, il condannato viene lasciato al suo destino: divorato da cani affamati.

Lanciati da un dirupo

Non c'è dubbio che questo tipo di esecuzione fosse comune tra i popoli primitivi ed antichi, che avevano a disposizione precipizi o rocce adatti allo scopo.
Vittime illustri che subirono questo destino furono il matematico Putuanio, l'imperatore Zenone, lo scrittore Esopo, Perillo (l'inventore del toro di bronzo).
Non si ahnno tracce di una sua inclusione nel codice penale in epoca più tarda, anche se è stato detto che nelle persecuzioni del XVI sec. in Piemonte molte vittime andarono incontro a questa morte.
La tortura che spesso si associava a questo tipo di esecuzione consisteva nelle sofferenze che si dovevano sopportare prima di morire. La vittima giaceva impotente, con gli arti fracassati, fino a quando moriva letteralmente di fame. È stato detto che molte di queste vittime arrivavano a divorarsi la carne delle braccia in preda alla disperazione.

Annegamento

Molti popoli antichi compivano sacrifici per ingraziarsi i demoni delle acque, affogando degli uomini.
Sembra che l'annegamento fosse uno dei sistemi prediletti per sbarazzarsi di stregoni e streghe durante le persecuzioni medievali.
Un'altra tecnica, la tortura delle barche, può essere così descritta: si prendevano due piccole barche esattamente della stessa misura e della stessa forma. La vittima veniva fatta stendere dentro una delle due, di schiena, lasciando fuori la testa, le mani e i piedi. Poi si capovolgeva la seconda barca sistemandola sulla prima. In questo modo il corpo del condannato veniva rinchiuso nelle due barche, mentre i piedi, le mani e la testa rimanevano fuori. Poi gli si offriva del cibo e nel caso lo rifiutasse, veniva torturato o punzecchiato in altro modo, fin quando accettava l'offerta. Il passo successivo consisteva nel riempirgli la bocca con una mistura di miele e di latte, e nello splalmargliela sul volto. Poi lo si esponeva ai raggi cocenti del sole, ed in breve tempo mosche ed insetti cominciavano a posarsi sul viso del prigioniero e a pungerlo, fino a portarlo alla pazzia. E nel frattempo, poiché la natura proseguiva il suo corso, all'interno della barca il cumulo degli escrementi emanava un lezzo terribile ed iniziava a marcire. Quando sopraggiungeva la morte e si sollevava la barca superiore, si trovava il cadavere divorato dai parassiti e si vedevano degli sciami di rumorose creature che gli divoravano la carne, e così pareva, crescevano dentro le sue viscere.
Un'altra forma di tortura consisteva nel rinchiudere in un sacco la vittima, assieme a delle bestie come un gatto, un gallo, una scimmia o un serpente ed annegarlo.

La grande ruota

Questo supplizio dalle antiche origini, sembra che si rifacesse a dei significati religiosi. Era particolarmente di moda per punire criminali nel XVIII secolo, ed e' difficile immaginare una pena capitale piu' brutale e ripugnante della grande ruota. Il criminale veniva steso di schiena su una comune ruota di carro e veniva legato stretto ai raggi; successivamente il boia gli fracassava le ossa una a una. Una variante, illustrata in figura, faceva si che il corpo della vittima, legato ad una grande ruota, venisse lanciato per un dirupo irto di rocce appuntite.

Ruote

A. Membra intrecciate ai raggi di una ruota, sulla quale si rimaneva esposti fino alla morte.

B. Legati a una stretta ruota che veniva fatta scorrere su degli aculei, cosicche' il loro corpo venisse orribilmente trafitto.

La vergine di ferro (di Norimberga)

Chi veniva accusato di eresia o di atti blasfemi contro Dio o i Santi, se si rifiutava ostinatamente di confessare la propria colpa, veniva condotto in una cella, il cui lato estremo ospitava numerose lampade, posizionate intorno al recesso, che gettavano una luce variegata sull'aureola dorata, sulla testa della figura e sul vessillo che questa teneva nella mano destra.
Su un piccolo altare, il prigioniero riceveva i sacramenti; in seguito due ecclesiastici lo esortavano insistentemente a confessare in presenza della Madre di Dio. "Vedi" dicevano "quanto amorosamente la Vergine ti apre le braccia! Sul suo petto si scioglierà il tuo cuore duro; lì confesserai!". Tutto a un tratto, la figura cominciava a tendergli le braccia: il prigioniero, sopraffatto dallo stupore, veniva all'abbraccio ed ella se lo portava sempre più vicino, arrivando a stringerselo al petto finché i pungiglioni e gli aculei lo trafiggevano.
Tenuto fermo in quella stretta dolorosa, il prigioniero veniva interrogato e se si rifiutava di confessare, le braccia della statua stringevano sempre più il suo corpo, inesorabilmente e lentamente, ammazzandolo.
La parte anteriore di questo marchineggno, consisteva in due porte che si chiudevano. C'erano una gran quantità di pugnali inseriti sia nella parte interna del petto che dentro alla statua in modo da trafiggere con precisione il fegato, i reni e gli occhi.
Chi subiva l'abbraccio della vergine di ferro dopo essere stata stritolato rimaneva attacato alle punte dei chiodi e delle lame quando la Vergine riapriva le braccia.

Lo stivale

Lo stivale era considerata dai testimoni dell'epoca la tortura piu' violenta e crudele al mondo, cosi' spaventosa che quando qualcuno doveva essere infilato nello stivale, tutti i membri del Consiglio che lo ordinava chiedevano di andarsene. Consisteva in un contenitore di ferro a forma di stivale progettato per racchiudere l'arto nudo, dal piede al ginocchio; tra la gamba e lo strumento venivano inseriti con un martello dei cunei di legno o di metallo. La carne veniva cosi' lacerata e spesso le ossa si schiantavano, frantumandosi in modo spaventoso e disgustoso, mentre il castigo proseguiva finche' la vittima confessava. Era inoltre raro che chi sperimentava questa tortura non rimanesse storpio a vita.

Il pendolo

Tortura dell'inquisizione di Spagna che procura una lenta e tormentosa agonia. La vittima veniva legata su un tavolo molto accuratamente, in modo che potesse muovere solo gli occhi, mentre incombeva su di lei un pendolo grande e pesante con il lato inferiore curvo e tagliente. Ma poi, nell'oscillare avanti e indietro, gradualmente ma in manniera costante, l'asta del pendolo si allungava e il prigioniero in preda al terrore e costretto contro la sua volonta' ad osservare i movimenti della lama che scendeva, sopportava l'orrore di vedere il tagli avvicinarsi sempre di piu' al volto. Alla fine la lama affilata gli squarciava la pelle, continuando inesorabilmente a tagliare fino ad ucciderlo. Ma nella maggior parte dei casi, prima che la lama facesse uscire del sangue, il prigionero cadeva in balia della pazzia.

La culla di Giuda

Si stringe una cintura all'altezza dell'addome della vittima, le si legano piedi e mani e si pone una stecca all'altezza della caviglia in modo che si possano muovere le gambe soltanto simultaneamente.
Dopodiché si cala il prigioniero sul dispositivo piramidale appuntito, posto al di sopra di un cavalletto, e gli si tirano in avanti le gambe in modo che la piramide penetri l'orifizio anale (o la vagina).
Il condannato rimane così in questa scomoda posizione, con tutti i muscoli contratti, finché non sviene.

La Garrote

Il nome di questa tortura è di origine spagnola in quanto perfezionata in Spagna dove divenne la tecnica ufficiale di tortura fino al 1975.
Questo strumento ha un'origine molto antica; rudimentali versioni consistevano in un palo conficcato nel suolo, con una corda che cingeva il collo della vittima.
Nella versione spagnola, questo dispositivo era utilizzato non solo per la tortura, ma anche per l'esecuzione: possedeva un collare metallico con un punteruolo (che penetrava le vertebre cervicali) utilizzato per asfissiare il prigioniero e per fracassargli la spina dorsale.

La pera

Intuibilmente il nome di questo strumento deriva dalla forma.
Il suo impiego consisteva nel porlo nella bocca o nel deretano degli uomini, o nella vagina delle donne, e di aprirlo progressivamente finché possibile.
La pera orale, rettale o vaginale veniva inflitta a uomini macchiatisi di sodomia, donne adultere o persone delle quali si sospettavano rapporti sessuali col demonio.
Questa tortura pertanto rappresentava una sorta di punizione "del contrappasso".

Le sedie dell'inquisizione

Si trattava di sedie munite di pungiglioni ed aculei, cosparsi sullo schienale, sui poggiabraccia, sui poggiapiedi.
Risulta semplice comprendere quale fosse l'effetto sulla vittima seduta su queste poltrone; in un'alternativa, come in figura, erano presenti delle stecche di legno, o di cuoio, che venivano strette per permettere agli speroni di affogare e di penetrare la carne fino a raggiungere l'osso.
Le sedie erano costruite in ferro, e non di rado venivano prima surriscaldate, procurando alla vittima un dolore mostruoso.
Questa metodologia di tortura fu utilizzata dall'Inquisizione fino al 1700 in Spagna, in Italia e fino al 1800 in Germania.

L'artiglio di gatto e il ragno

Non è difficile immaginare a quali scopi questi due dispositivi venissero usati.
Con l'artiglio di gatto si straziavano le vittime, lacerandone la pelle finché non svenivano.
Il ragno veniva utilizzato per stritolare come una morsa i testicoli dei prigionieri.

Maschera d'infamia

Questa tortura infliggeva allo stesso tempo due tipi di tortura: quella psicologica e quella fisica.
Rendeva ridicoli ed umiliava di fronte al pubblico, ma allo stesso tempo provocava un dolore tremendo poiché stringeva la testa e, spesso e volentieri, una pallina al suo interno entrava in bocca in modo tale da impedire di urlare.

Il supplizio dell'eretico

Questo strumento si componeva di due forche, una posta sul torace e l'altra sotto il mento.
Un collare veniva legato intorno al collo del prigioniero e gli si legavano le mani dietro la schiena.
Il condannato risultava così impossibilitato anche del minimo movimento per non pregiudicare i punti vitali, ma infine doveva cedere per stanchezza.

Altre torture

Si vuole infine dare una prova finale di quanto sadismo l'uomo possa scatenare sui suoi simili. La terza e la quarta tortura sono di una schifosità diabolica.

Guanti di ferro: venivano legati ai polsi del prigioniero dei guanti di ferro che tramite una vite venivano gradualmente stretti. Il prigioniero poi veniva fatto salire su dei blocchi di legno e incatenato al soffitto tramite questi "guanti"; rilasciato il supporto di legno, tutto il suo peso gravava sui polsi e i guanti penetravano in profondità la carne gonfiando le braccia.

La prigione dei ratti: i prigionieri venivano rinchiusi in prigioni umide e maleodoranti. Ma non era tutto. Con l'acqua giungevano orde di ratti affamati; dormire significava concedersi a queste bestie fameliche. E così, in questa cella buia e fetida, il prigioniero combatteva da un lato contro i ratti e dall'altro contro il sonno, fino a che, stanco e finito, non lottava più.

Tortura tedesca: si legava un grosso gatto selvatico, chiuso in una gabbia, sull'addome nudo del prigioniero; poi la bestia veniva tormentata e punzecchiata finche preso dalla furia e dalla disperazione strappava con le unghie e con i denti la carne della vittima sotto di sé, rosicchiando fino alle budella.

Tortura olandese: una variante della tortura tedesca, ma più disgustosa. La vittima, spogliata, veniva legata a mani e piedi e posta supina su un piano rigido; un vaso di ferro, pieno di ghiri e ratti, veniva capovolto sullo stomaco del prigioniero. Il passo successivo consisteva nell'appiccare un fuoco a questo contenitore metallico, cosicché le bestie, rese frenetiche dal calore e impossibilitate a scappare, dovessero scavarsi dei tunnel attraverso le viscere del condannato.

Edited by demon quaid - 3/10/2014, 15:48
 
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view post Posted on 11/12/2008, 21:01     +1   -1
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Mi piacciono queste cose, le amo. Potrei raccontare di cose del genere viste in giro per il mondo, anche se ovviamente in disuso. Ad es. in un castello scozzese, c'era una ruota di un carro (questo ce lo raccontò il cicerone del momento), che il proprietario di questo maniero, era solito usare con chi non dava obbedienza.
 
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view post Posted on 28/1/2009, 14:47     +1   -1
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Il diavolo è sicuramente donna.

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Decapitazioni

Per secoli la decapitazione è stato uno dei metodi più diffusi per dare la morte ad un condannato.
La testa viene staccata dal collo con un colpo netto portato a segno con una lama tagliente: una scure oppure una lama fatta scendere lungo un percorso obbligato - come nella ghigliottina.

Nel caso in cui si proceda al taglio della testa con una lama che affondi lentamente nel collo, la vittima può perdere conoscenza perché il sangue non affluisce più al cervello, per lo stesso orrore suscitato dalla consapevolezza della sua sorte o forse per il dolore che avverte.

Quando invece il taglio della testa è netto e immediato, le facoltà cerebrali non cessano immediatamente.
Vi sono dei secondi terribili in cui il condannato acquista consapevolezza del fatto che la propria testa è staccata dal collo e continua così ad avvertire sensazioni e ad avere pensieri ed emozioni.
E' difficile ricostruire le sensazioni che si avvertono in quegli attimi terribili.

Forse il condannato ode il colpo secco della lama che gli trancia il collo, ha appena il tempo di sentire l'odore del proprio sangue guardando il mondo girare intorno a sé mentre la sua testa cade.

Quando la testa impatta col suolo, avverte il colpo e tenta di gridare ma non ha più aria da poter cacciare fuori dai polmoni per far vibrare le corde vocali.

Egli è impossibilitato a controllare la dilatazione dei polmoni come è impossibilitato a muovere gli arti.
Il suo corpo giace lontano dalla sua testa ed egli non può più controllarlo con la propria volontà.
Osserva per pochi attimi il mondo dalla posizione inconsueta che la sua testa assume.

Realizza di vivere le ultime sensazioni della sua vita e la sua mente resta così, attonita, nell'orribile limbo sospeso tra la impotenza e la morte.

Velocemente il trauma del taglio netto della sua spina dorsale e la deprivazione di ossigeno che soffoca il suo cervello, lo riducono alla incoscienza e velocemente alla morte.

Edited by demon quaid - 1/1/2017, 20:10
 
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view post Posted on 16/5/2010, 23:24     +1   -1
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Gli Strumenti di Tortura





I capi d'accusa erano di quindici specie:

1. Rinnegano Dio;

2. Lo bestemmiano;

3. Adorano il diavolo;

4. Gli consacrano i loro bambini;

5. Spesso glieli sacrificano;

6. Li consacrano a Satana nel ventre materno;

7. Gli promettono di attirare al suo servizio tutti coloro che potranno;


8. Giurano nel nome del demonio e se ne vantano;

9. Non rispettano alcuna legge e commettono perfino incesto;


10. Uccidono le persone, le fanno bollire e le mangiano;

11. Si nutrono di carne umana ed anche di impiccati;

12. Fanno morire la gente con veleni e sortilegi;

13. Fanno crepare il bestiame;

14. Fanno perire i frutti e causare la sterilità;

15. Diventano in tutto schiavi del diavolo.



I sintomi medici sui quali si basavano i giudici dell'inquisizione per stabilire il crimine di stregoneria non lasciavano dubbi:

- Se la malattia è tale che i medici non possono nè scoprirla nè conoscerla.

- Se aumenta invece di diminuire nonostante che siano state tentate tutte le possibili cure.

- Se, sin dall'inizio, si presenta con sintomi e dolori violenti, contrariamente alle malattie comuni che aumentano poco a poco.

- Se è incostante e variabile da giorno a giorno, da ora ad ora, ed inoltre se ha parecchie cose diverse da quelle naturali, sebbene apparentemente si presenti simile a queste ultime.

- Se il paziente non può dire in quale parte del corpo sente il dolore, anche se è molto malato.

- Se emette sospiri tristi e pietosi senza alcuna causa legittima.

- Se perde l'appetito e vomita la carne mangiata; se ha lo stomaco contratto e chiuso o se gli sembra di averci dentro qualcosa di pesante.

- Se sente calori pungenti ed altri spasimi acuti nella regione del cuore, tanto che gli sembra che qualcosa lo roda e lo smembri a pezzi.

- Se è reso impotente al mestiere di Venere.

- Se suda leggermente, anche durante la notte, quando il tempo e l' aria sono molto freddi.

- Se si sente le membra e parti del corpo legate.

- Se si sente ebete e dice sciocchezze, oppure sia preso da malinconia. Se guarda storto. Se gli sembra di vedere qualche fantasma.

- Infine, se quando il prete, per guarirlo dal male, gli applica delle unzioni sugli occhi, sulle orecchie, sulla fronte o su altre parti del corpo, tali parti cominciano a far uscire sudore o mostrano qualche altro cambiamento





Dissanguamento

Era una credenza comune che il potere di una strega potesse essere annullato dal dissanguamento o dalla purificazione tramite fuoco del suo sangue. Le streghe condannate erano 'segnate sopra il soffio' (sfregiate sopra il naso e la bocca) e lasciate a dissanguare fino alla morte.

Il Rogo

Una delle forme più antiche di punizione delle streghe era la morte per mezzo di roghi, un destino riservato anche per gli eretici. Il rogo spesso era una grande manifestazione pubblica. L'esecuzione avveniva solitamente dopo breve tempo dall'emissione della sentenza. In Scozia, il rogo di una strega era preceduto da giorni di digiuno e di solenni prediche. La strega prima veniva strangolata e poi il suo corpo (a volte il suo corpo in stato di semi-incoscenza) era, a volte, scaricato in un barile di catrame prima di venire legato a un palo e messo a fuoco. Se la strega, nonostante tutto, riusciva a liberarsi e a tirarsi fuori dalle fiamme, la gente la respingeva dentro.

Pulizia dell'anima

Era spesso creduto, nei paesi cattolici, che l'anima di una strega o di un eretico fosse corrotta, sporca e covo di quanto di contrario ci fosse al mondo. Per pulirla prima del giudizio, qualche volta le vittime erano forzate a ingerire acqua calda, carbone, perfino sapone. La famosa frase 'sciacquare la bocca con il sapone' che si usa oggi, risale proprio a questa tortura.


Immersione dello sgabello

Questa era una punizione che più spesso era usata nei confronti delle donne. Volgarmente sgradevole, e spesso fatale, la donna veniva legata a un sedile che impediva ogni movimento delle braccia. Questo sedile veniva poi immerso in uno stagno o in un luogo paludoso. Varie donne anziane che subirono questa tortura morirono per lo shock provocato dall'acqua gelida. L'immersione dello sgabello era usato per le streghe in America ,e in Gran Bretagna come punizione per crimini minori; prostitute e recidivi.

La Garròtta

Non è altro che un palo con un anello in ferro collegato. Alla vittima, seduta o in piedi, veniva fissato questo collare che veniva stretto poi per mezzo di viti o di una fune. Spesso si rompevano le ossa della colonna vertebrale.

Impalamento

E' una delle più rivoltanti e vergognose torture concepite dalla mente umana. Veniva attuata per mezzo di un palo aguzzo inserito nel retto della presunta strega, forzato a passare lungo il corpo per fuoriuscire dalla testa o dalla gola. Il palo era poi invertito e piantato nel terreno, così, queste miserabili vittime, quando non avevano la fortuna di morire subito, soffrivano per alcuni giorni prima di spirare. Tutto ciò veniva fatto ed esposto pubblicamente.

La fanciulla di ferro o Vergine di Norimberga

Era una specie di contenitore di metallo con sembianze umane (di fanciulla appunto) con porte pieghevoli. Nella parte interna delle porte erano inseriti delle lame metalliche. I prigionieri venivano chiusi dentro in modo che il loro corpo fosse esposto a queste punte in tutta la sua lunghezza. Naturalmente questa macchina era progettata per non dare subito la morte che sopraggiungeva lentamente fra atroci dolori.


Annodamento

Questa era una tortura specifica per le donne. Si attorcigliavano strettamente i capelli delle streghe a un bastone. Quando l'inquisitore non riusciva ad ottenere una testimonianza si serviva di questa tortura; robusti uomini ruotavano l'attrezzo in modo veloce provocando un enorme dolore e in alcuni casi arrivando a togliere lo scalpo e lasciando il cranio scoperto. Questa tortura era usata in Germania contro gli zingari (1740-1750) e in Russia con la Rivoluzione Bolscevica nel 1917-1918.

Mastectomia

Alcune torture erano elaborate non solo per infliggere dolore fisico ma anche per sconvolgere la mente delle vittime. La mastectomia era una di queste. la carne delle donne era lacerata per mezzo di tenaglie, a volte arroventate. Uno dei più famosi casi che si conosca in cui fu usata questa tortura era quello di Anna Pappenheimer. Dopo essere già stata torturata con lo strappado, fu spogliata, i suoi seni furono strappati e, davanti ai suoi occhi, furono spinti a forza nelle bocche dei suoi figli adulti... Questa vergogna era più di una tortura fisica; l'esecuzione faceva una parodia sul ruolo di madre e nutrice della donna, imponendole un'estrema umiliazione.


Ordalìa del Fuoco

Prima di iniziare l'ordalìa del fuoco tutte le persone coinvolte dovevano prendere parte a un rito religioso. Questo rito durava tre giorni e gli accusati dovevano sopportare benedizioni, esorcismi, preghiere, digiuni e dovevano prendere i sacramenti. Dopodichè si veniva sottoposti all'ordalìa aveva inizio: gli accusati dovevano trasportare un pezzo di ferro bollente per una certa distanza. Il peso di questo peso era variabile: si andava da un minimo di circa mezzo chilo per reati minori, fino a un chilo e mezzo.

Un altro tipo di ordalìa del fuoco consisteva nel camminare bendati e nudi sopra i carboni ardenti. Le ferite venivano coperte e dopo tre giorni una giuria controllava se l'accusato era colpevole o innocente. Se le ferite non erano rimarginate l'accusato era colpevole, altrimenti era considerato innocente. Si poteva aver salva la vita però: corrompendo i clerici che dovevano officiare la prova si poteva fare in modo che ferro e carboni avessero una temperatura sufficientemente tollerabile.


Ordalìa dell'Acqua

In questo tipo di ordalìa l'acqua simboleggia il diluvio dell'Antico Testamento. Come il diluvio spazzò via i peccati anche l'acqua 'pulirà' la strega. Dopo tre giorni di penitenze l'accusata doveva immergere le mani in acqua bollente, alla profondità dei polsi. Spesso erano costrette a immergerle fino ai gomiti. Si aspettava poi tre giorni per valutare le colpe dell'accusata (come per l'ordalìa del fuoco).

Veniva messa in pratica anche un'ordalìa dell'acqua fredda. Alla strega venivano legate le mani con i piedi con una fune, in modo tale che la posizione non fosse certo propizia per rimanere a galla. Dopodichè veniva immersa in acqua; se galleggiava era sicuramente una strega in quanto l'acqua 'rifiutava' una creatura demoniaca, se andava a fondo era innocente ma difficilmente sarebbe stata salvata in tempo.


Il Forno

Questa barbara sentenza era eseguita in Nord Europa e assomiglia ai forni crematori dei nazisti. La differenza era che nei campi di concentramento le vittime erano uccise prima di essere cremate. Nel diciassettesimo secolo più di duemila fra ragazze e donne subirono questa pena nel giro di nove anni. Questo conteggio include anche due bambini.


La Pera

La Pera era un terribile strumento che veniva impiegato il più delle volte per via orale. La pera era usata anche nel retto e nella vagina. Questo strumento era aperto con un giro di vite da un minimo, a un massimo dei suoi segmenti. L'interno della cavità in questione era orrendamente mutilato e spesso mortalmente. I rebbi costruiti alla fine dei segmenti servivano meglio per strappare e lacerare la gola o gli intestini. Quando applicato alla vagina i chiodi dilaniavano la cervice della povera donna. Questa era una pena riservata a quelle donne che intrattenevano rapporti sessuali col Maligno o i suoi familiari.


La Pressa

Anche conosciuta come pena forte et dura, era una sentenza di morte. Adottata come misura giudiziaria durante il quattordicesimo secolo, raggiunse il suo apice durante il regno di Enrico IV. In Bretagna venne abolita nel 1772.


La Cremagliera

Era un modo semplice e popolare per estorcere confessioni. La vittima veniva legata su una tavola, caviglie e polsi. Rulli erano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni..

La Strappata

Una delle più comuni e anche una delle tecniche più facili. L'accusato veniva legato a una fune e issato su una sorta di carrucola. L'esecutore faceva il resto tirando e lasciando di colpo la corda e slogando, così, le articolazioni.


Lo Squassamento

Era una forma di tortura usata insieme alla 'strappata'. L'accusato qui veniva sempre issato sulla carrucola, ma con dei pesi legati al suo corpo che andavano dai 25 ai 250 chili. Le conseguenze erano gravissime.


Lo Strangolamento

Consisteva nello strangolare le streghe prima di metterle a rogo.


Tormentum Insomniae

Consisteva nel privare le streghe del sonno. La vittima, legata. era costretta a immersioni nei fossati anche durante tutta la notte per evitare che si addormentasse.


Il Triangolo

Altro terribile strumento di tortura analogo alla 'Pera' e all''Impalamento. L'accusato veniva spogliato e issato su un palo alla cui estremità era fissato un grosso oggetto piramidale di ferro. La presunta strega veniva fatta sedere in modo che la punta entrasse nel retto o nella vagina. Alla fine alla poveretta venivano fissati dei pesi alle mani e ai piedi...


Le Turcas

Questo mezzo era usato per lacerare e strappare le unghie. Nel 1590-1591 John Fian è stato sottoposto a questa e altre torture in Scozia. Dopo che le sue unghie vennero strappate, degli aghi furono inseriti nelle sue estremità.


La Ruota

In Francia e Germania la ruota era popolare come pena capitale. Era simile alla crocifissione. Alle presunte streghe ed eretici venivano spezzati gli arti e il corpo veniva sistemato tra i raggi della ruota che veniva poi fissata su un palo. L'agonia era lunghissima e poteva anche durare dei giorni.


La Culla della Strega


Questa era una tortura a cui venivano sottoposte solamente le streghe. La strega veniva chiusa in un sacco poi legato a un ramo e veniva fatta continuamente oscillare. Apparentemente non sembra una tortura ma il dondolìo causava profondo disorientamento e aiutava a indurre a confessare. Vari soggetti hanno anche sofferto durante questa tortura di profonde allucinazioni. Ciò sicuramente ha contribuito a colorire le loro confessioni

Edited by demon quaid - 10/4/2011, 19:57
 
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view post Posted on 28/5/2010, 15:21     +1   -1
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Le mani erano legate dietro la schiena ed attaccate ad una carrucola. Si sollevava l'inquisito e poi lo si lasciava cadere per poi arrestare la caduta a pochi passi dal suolo. In questo modo si slogavano le articolazioni degli arti superiori e nonostante poi ci fosse un addetto al ricollocamento delle ossa, spesso restavano storpiati.




Si turava il naso all'inquisito e lo si costringeva a bere acqua, talvolta fino all'annegamento.




"Mittatur ad ignem" era la formula magica che innescava l'orrore della tortura del fuoco. Si legava il disgraziato/a ad un palo o ad una scala e poi lo si avvicinava e ritraeva dal rogo, in modo da poter eventualmente estorcere una ammissione di colpe o una confessione. Se non dava esito e l'inquisito resisteva lo si bruciava, se confessava c'era il carcere a vita.




L'inquisito a testa in giù veniva ustionato con pinze e ferri roventi.




Tortura perticolarmente adottata nei confronti di presunte streghe. Il corpo appoggiava, tra l'ano e l'organo riproduttivo, su di un cuneo ed ai piedi venivano aggiunte delle zavorre per acuirne lo straziante dolore. Questa pratica poteva durare giorni.





Sedia da tortura con punte e pressa per le gambe.




Sedia da tortura di ferro sotto la quale veniva posto un braciere ardente. Le natiche poggiavano nude sulle punte di ferro arroventato.




Nell'immagine si vedono la ruota, una decapitazione, un'impiccaggione, mutilazioni varie ed un fraticello intento a cogliere ogni variazione dello straziante spettacolo. Ci furono inquisitori che divennero anziani saziando quotidianamente l'anima con queste cose, come Sisto V, ed a volte venivano anche uccisi per risentimento popolare, come nel caso di Pietro da Verona (San Pietro martire) , ma che la chiesa prontamente lo santificò come martire.





L'uso del fuoco.


In una terribile esecuzione avvenuta in Francia nel 1757, il prigioniero accusato di parricidio subi' le seguenti torture: "fu portato su un'impalcatura eretta per l'occasione e gli vennero bruciate con delle tenaglie roventi il petto, le braccia e i polpacci; la mano destra, con la quale commise il delitto di parricidio, gli fu bruciata nello zolfo; dell'olio bollente, del piombo fuso e della resina e della cera mischiata allo zolfo, gli furono versati nelle ferite; dopo tutto cio' il corpo venne lacerato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo arsi vivi furono sparsi al vento".

Altre modalità d'uso del fuoco, e vari altri dispositivi ad esso correlati vengono illustrati dalla miniatura:
A. Gettati in una fornace ardente.

B. Bruciati vivi in botti o barili.

C. Bruciati in una stanza infuocata.

D. Mani e piedi posti su un mucchietto arroventato.

E. Costretti fermi da quattro spine fissate nella terra, con un fuoco che arde sotto di essi.

F. Bloccati con delle corde, bagnati da olio e consumati vivi dal fuoco che viene loro piccato.

G. Gettati in un pozzo di carboni ardenti.

H. Pale di ferro per distribuire il fuoco


Segati e lacerati vivi


Segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Si ricorreva alla sega (si tagliavano prigionieri vivi) per reati di disobbedienza militare o ribellione.
In figura (fig. B) il condannato viene lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome, ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato posto a testa in giù, iniziando a squarciare con la sega al livello dell'inguine e procedendo verso l'addome.
In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue.
Una bizzarra tortura di cui si avvalsero gli Ugonotti durante le loro persecuzioni nei confronti dei cattolici consisteva nel segare il corpo del prigioniero con una corda: la vittima, ignuda, veniva tirata avanti e indietro col movimento che ricorda proprio quello di una sega, lungo una corda tesa di fibra dura o un cavo metallico; la sofferenza patita era terribile poiché la corda lacerava la carne penetrando fino all'osso.


Amputazioni


Presso gli antichi popoli dove non vigeva la pena di morte, la mutilazione rappresentava la punizione a cui si ricorreva con più frequenza.
Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di castrazioni o di amputazioni con moventi religiosi, ma non penali.
Col passare dei secoli, la pratica della castrazione come punizione per un reato si è perduta, specie nei paesi civilizzati; se non altro, è resistita come forma di vendetta personale.
Nel medioevo, l'amputazione ha invece dominato i codici penali di quasi tutti gli stati europei: ad esempio, in Inghilterra per molti reati si metteva il colpevole alla gogna e gli s'infliggeva una qualche mutilazione:
Nell'anno 1560 una cameriera fu messa alla gogna per aver somministrato del veleno alla sua padrona.
Oltre a dover subire l'umiliazione della gogna, le fu tagliato un orecchio e fu bruciato un sopracciglio; due giorni dopo fu messa di nuovo alla gogna e le fu reciso l'altro orecchio.
Non era raro, infine, che, subita l'amputazione, dovesse accorrere un chirurgo per fermare il dissanguamento, tanto rozze erano le tecniche di mutilazione.



La parola “cicogna” riferita a questo strumento di tortura viene citata da Ludovico Antonio Muratori nel suo “Annali d'Italia” (1749) che ne attribuisce l'uso ai tribunali giudiziari ed inquisizionali romani nel periodo 1550-1650; un altro strumento, quasi identico viene mostrato in Inghilterra nella famosa “Torre di Londra” e viene chiamato “la figlia dello spazzino” senza però chiarirci il motivo e l'etimo del termine.
Anche se a prima vista può sembrare uno dei tanti metodi di costrizione e di incatenamento, questo strumento provocava nella vittima, solo dopo pochi minuti, fortissimi crampi prima dei muscoli addominali e rettali, in seguito di quelli pettorali e degli arti; crampi che con il passare delle ore portavano la persona incatenata in questa posizione a stati quasi di pazzia.
Spesso poi il ferro, lacerando la carne al minimo movimento, procurava al condannato infezioni gravissime, quali la setticemia, che portavano inevitabilmente alla cancrena.



Liquidi bollenti


La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa. (fig A)
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato (fig B).
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco.

Il toro di bronzo


Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco sono presenti nella figura: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra (fig. A).
Arrostiti vivi nel toro di bronzo (fig B): l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".


Torture mistiche


A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.

Edited by demon quaid - 10/4/2011, 20:00
 
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Metodologie di messa al palo
Si tratta della tortura per eccellenza nell'antichità, amata soprattutto dai popoli del Mediterraneo, ma venne utilizzata spesso e volentieri anche durante il medioevo.
La morte sopraggiungeva lentamente, dopo un'agonia indescrivibile e che si protraeva per giorni. Si poteva aumentare la sofferenza del condannato in svariati modi, a seconda della malvagità del boia: a volte venivano fratturate le gambe con dei forti colpi, oppure si laceravano il volto, o i seni, con strumenti spinosi o uncinati; in altri casi s'infilavano stecche o bastoni nel condotto uretrale od anale della vittima.
I Romani solevano lasciare i corpi a marcire sulla croce finché non rimanessero solo le ossa nude, mentre gli Ebrei li toglievano non appena sopraggiungeva la morte e li seppellivano il giorno stesso. Alcuni tipi di crocifissione e messa al palo, della figura:

A. Sospensione per una gamba
B. Sospensione a due gambe
C. Crocifissione a testa in su.
D. Crocifissione a testa in giu.
E. Torturato appeso per entrambe le braccia con pesanti oggetti appesi ai piedi.
F. Donne sospese per i capelli.
G. Torturati appesi per un solo braccio, con pesanti pietre appese ai loro piedi.






Rogo
Probabilmente si tratta della tortura prediletta da infliggere agli eretici durante il medioevo, e centinaia di presunte streghe e stregoni la subirono.
Il martire veniva appeso molto in alto in modo che al suo orribile spettacolo tutta la popolazione venisse colpita dal terrore, e nel frattempo gli si straziavano i fianchi e le costole con dei pettini e degli uncini sino a renderlo una massa deforme che veniva incenerita.
Alcune vittime patirono terribili sofferenze, come risulta dal resoconto di un rogo scritto da un reverendo nel XVI sec: "Poiché il fuoco" si legge "era stato appicato senz'arte, e poiché il vento era contrario, la strega soffrì una tortura indicibile."
In seguito divenne normale strangolare il prigioniero prima di affidarlo alle fiamme, ma spesso succedeva che l'operazione non riuscisse "in tempo" e che la vittima subisse ugualmente l'orripilante fuoco sul suo corpo.






Liquidi bollenti
La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa. (fig A)
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato (fig B).
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco.




Il toro di bronzo
Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco sono presenti nella figura: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra.
Arrostiti vivi nel toro di bronzo (fig B): l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".
Infine, viene illustrata una persona fritta sulla griglia.





Torture mistiche
A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.




Sull'uso del fuoco
In una terribile esecuzione avvenuta in Francia nel 1757, il prigioniero accusato di parricidio subi' le seguenti torture: "fu portato su un'impalcatura eretta per l'occasione e gli vennero bruciate con delle tenaglie roventi il petto, le braccia e i polpacci; la mano destra, con la quale commise il delitto di parricidio, gli fu bruciata nello zolfo; dell'olio bollente, del piombo fuso e della resina e della cera mischiata allo zolfo, gli furono versati nelle ferite; dopo tutto cio' il corpo venne lacerato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo arsi vivi furono sparsi al vento".

Altre modalità d'uso del fuoco, e vari altri dispositivi ad esso correlati vengono illustrati dalla miniatura:
A. Gettati in una fornace ardente.
B. Bruciati vivi in botti o barili.
C. Bruciati in una stanza infuocata.
D. Mani e piedi posti su un mucchietto arroventato.
E. Costretti fermi da quattro spine fissate nella terra, con un fuoco che arde sotto di essi.
F. Bloccati con delle corde, bagnati da olio e consumati vivi dal fuoco che viene loro piccato.
G. Gettati in un pozzo di carboni ardenti.
H. Pale di ferro per distribuire il fuoco.




Amputazioni
Presso gli antichi popoli dove non vigeva la pena di morte, la mutilazione rappresentava la punizione a cui si ricorreva con più frequenza.
Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di castrazioni o di amputazioni con moventi religiosi, ma non penali.
Col passare dei secoli, la pratica della castrazione come punizione per un reato si è perduta, specie nei paesi civilizzati; se non altro, è resistita come forma di vendetta personale.
Nel medioevo, l'amputazione ha invece dominato i codici penali di quasi tutti gli stati europei: ad esempio, in Inghilterra per molti reati si metteva il colpevole alla gogna e gli s'infliggeva una qualche mutilazione:
Nell'anno 1560 una cameriera fu messa alla gogna per aver somministrato del veleno alla sua padrona.
Oltre a dover subire l'umiliazione della gogna, le fu tagliato un orecchio e fu bruciato un sopracciglio; due giorni dopo fu messa di nuovo alla gogna e le fu reciso l'altro orecchio.
Non era raro, infine, che, subita l'amputazione, dovesse accorrere un chirurgo per fermare il dissanguamento, tanto rozze erano le tecniche di mutilazione.




Segati e lacerati vivi
Segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Si ricorreva alla sega (si tagliavano prigionieri vivi) per reati di disobbedienza militare o ribellione.
Il condannato viene lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome, ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato posto a testa in giù, iniziando a squarciare con la sega al livello dell'inguine e procedendo verso l'addome.
In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue.
Una bizzarra tortura di cui si avvalsero gli Ugonotti durante le loro persecuzioni nei confronti dei cattolici consisteva nel segare il corpo del prigioniero con una corda: la vittima, ignuda, veniva tirata avanti e indietro col movimento che ricorda proprio quello di una sega, lungo una corda tesa di fibra dura o un cavo metallico; la sofferenza patita era terribile poiché la corda lacerava la carne penetrando fino all'osso.




Sospensioni
Diverse erano le modalità con cui un condannato poteva patire la sospensione: nella figura ne vengono illustrate tre.
Nella fig. A al condannato, appeso per i piedi, viene agganciato un pesante masso al collo; la vittima viene strangolata e tormentata finché la colonna vertebrale non si schianta e va a pezzi.
Nella fig. B, il prigioniero viene cosparso di miele ed altre sostanze dolci e viene lasciato in balia di molesti insetti come api, vespe e calabroni.
Nella fig. C invece il condannato, sospeso per un piede, ha una gamba legata al ginocchio dell'altra mentre l'altra è appesantita da un oggetto metallico.
Non raro era assistere a queste esecuzioni durante l'epoca medievale.
Col passare del tempo le tecniche si affinarono ed in Germania venne eseguita una tortura estremamente diabolica:

Vicino a Lindau un malfattore fu appeso al patibolo con delle catene di ferro e con ai piedi due grossi cani che, essendo tenuti senza cibo, se lo divoravano prima che egli stesso morisse di fame.




Squartamenti e spellamenti
Lo squartamento fu una pratica che durò a lungo.
Essa consisteva nell'aprire l'addome e strappare con violenza le viscere del condannato prima che il corpo venisse fatto a pezzi.
A volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
L'esecuzione più in voga nel medioevo consisteva però nel seguente procedimento: il prigioniero veniva legato con una grossa fune, sia all'altezza delle braccia che delle gambe; le funi erano poi assicurate a una grossa sbarra di legno o di metallo che a sua volta veniva legata a dei cavalli, uno per ogni estremità della vittima. Poi li si costringeva a dare dei piccoli strattoni che l'obbligavano ad implorare pietà. Quando i carnefici si ritenevano infine soddisfatti, frustavano le bestie contemporaneamente, incitandoli in direzioni opposte, in modo da fare a brandelli le membra. Spesso e volentieri il corpo della vittima opponeva resistenza, cosicché i boia lo facevano a pezzi con delle accette, come fa un macellaio con la carne, fino a quando le membra si staccavano dal busto del prigioniero ancora vivo.
Nella fig. A, invece, al prigioniero viene tolta la pelle con uno strumento appuntito, come un pungiglione.




Alberi, canne, gogna
La gogna consisteva nell'esporre il prigioniero all'umiliazione pubblica, alla mercé di chiunque.
Il prigionero veniva bloccato alla gogna per il collo e per le mani, ma poteva venire torturato da chiunque desiderasse fargli del male e umiliarlo. Era una punizione particolarmente in voga nel 1500 e veniva applicato anche per reati di piccola entita': una donna fu sottoposta a gogna nel 1555 per aver picchiato il figlio e nel 1566 una donna fu posta alla gogna per aver "procurato prostitute ai cittadini".
Un tipo di gogna di moda nei paesi anglosassoni consisteva nel legare il prigioniero a due legni flessibili, possibilmente degli alberi. Mentre il prigioniero si trovava così bloccato, veniva frustato con uno scudiscio a tre corde, o con un gatto a nove code. In alcuni casi venivano tagliate le corde degli alberi cosicché il condannato dovesse soffrire un dolore estremo mentre si lacerava.
Praticamente ogni città nel basso medioevo era provvista di questo "dispositivo", che di rado rimaneva libero, essendo utilizzato per punire qualsiasi reato considerato "minore".

Nella fig. B invece, alla vittima s'inseriscono canne taglienti o chiodi sotto le unghie; una variante di questa tortura era quella di accendere delle candele, attaccate con la cera alle unghie stesse.




Bestie
Torturare i condannati con le bestie era un antico supplizio, che nel medioevo andò via via a scomparire, senza mai sparire però del tutto.

A. Imprigionati in una rete ed esposti a un toro selvatico.
B. Lanciati nudi a bestie selvagge.
C. Lasciati divorare ad animali selvatici.
D. Piedi fissati a una grande pietra e punteruoli bollenti attaccati sotto le unghie, il condannato viene lasciato al suo destino: divorato da cani affamati.




Lanciati da un dirupo
Non c'è dubbio che questo tipo di esecuzione fosse comune tra i popoli primitivi ed antichi, che avevano a disposizione precipizi o rocce adatti allo scopo.
Vittime illustri che subirono questo destino furono il matematico Putuanio, l'imperatore Zenone, lo scrittore Esopo, Perillo (l'inventore del toro di bronzo).
Non si ahnno tracce di una sua inclusione nel codice penale in epoca più tarda, anche se è stato detto che nelle persecuzioni del XVI sec. in Piemonte molte vittime andarono incontro a questa morte.
La tortura che spesso si associava a questo tipo di esecuzione consisteva nelle sofferenze che si dovevano sopportare prima di morire. La vittima giaceva impotente, con gli arti fracassati, fino a quando moriva letteralmente di fame. È stato detto che molte di queste vittime arrivavano a divorarsi la carne delle braccia in preda alla disperazione.





Annegamento
Molti popoli antichi compivano sacrifici per ingraziarsi i demoni delle acque, affogando degli uomini.
Sembra che l'annegamento fosse uno dei sistemi prediletti per sbarazzarsi di stregoni e streghe durante le persecuzioni medievali (fig. A).
Un'altra tecnica, la tortura delle barche, può essere così descritta: si prendevano due piccole barche esattamente della stessa misura e della stessa forma. La vittima veniva fatta stendere dentro una delle due, di schiena, lasciando fuori la testa, le mani e i piedi. Poi si capovolgeva la seconda barca sistemandola sulla prima. In questo modo il corpo del condannato veniva rinchiuso nelle due barche, mentre i piedi, le mani e la testa rimanevano fuori. Poi gli si offriva del cibo e nel caso lo rifiutasse, veniva torturato o punzecchiato in altro modo, fin quando accettava l'offerta. Il passo successivo consisteva nel riempirgli la bocca con una mistura di miele e di latte, e nello splalmargliela sul volto. Poi lo si esponeva ai raggi cocenti del sole, ed in breve tempo mosche ed insetti cominciavano a posarsi sul viso del prigioniero e a pungerlo, fino a portarlo alla pazzia. E nel frattempo, poiché la natura proseguiva il suo corso, all'interno della barca il cumulo degli escrementi emanava un lezzo terribile ed iniziava a marcire. Quando sopraggiungeva la morte e si sollevava la barca superiore, si trovava il cadavere divorato dai parassiti e si vedevano degli sciami di rumorose creature che gli divoravano la carne, e così pareva, crescevano dentro le sue viscere.
Un'altra forma di tortura consisteva nel rinchiudere in un sacco la vittima, assieme a delle bestie come un gatto, un gallo, una scimmia o un serpente ed annegarlo.




La grande ruota
Questo supplizio dalle antiche origini, sembra che si rifacesse a dei significati religiosi. Era particolarmente di moda per punire criminali nel XVIII secolo, ed e' difficile immaginare una pena capitale piu' brutale e ripugnante della grande ruota. Il criminale veniva steso di schiena su una comune ruota di carro e veniva legato stretto ai raggi; successivamente il boia gli fracassava le ossa una a una. Una variante, illustrata in figura, faceva si che il corpo della vittima, legato ad una grande ruota, venisse lanciato per un dirupo irto di rocce appuntite.




Ruote
A. Membra intrecciate ai raggi di una ruota, sulla quale si rimaneva esposti fino alla morte.

B. Legati a una stretta ruota che veniva fatta scorrere su degli aculei, cosicche' il loro corpo venisse orribilmente trafitto.




La vergine di ferro (di Norimberga)
Chi veniva accusato di eresia o di atti blasfemi contro Dio o i Santi, se si rifiutava ostinatamente di confessare la propria colpa, veniva condotto in una cella, il cui lato estremo ospitava numerose lampade, posizionate intorno al recesso, che gettavano una luce variegata sull'aureola dorata, sulla testa della figura e sul vessillo che questa teneva nella mano destra.
Su un piccolo altare, il prigioniero riceveva i sacramenti; in seguito due ecclesiastici lo esortavano insistentemente a confessare in presenza della Madre di Dio. "Vedi" dicevano "quanto amorosamente la Vergine ti apre le braccia! Sul suo petto si scioglierà il tuo cuore duro; lì confesserai!". Tutto a un tratto, la figura cominciava a tendergli le braccia: il prigioniero, sopraffatto dallo stupore, veniva all'abbraccio ed ella se lo portava sempre più vicino, arrivando a stringerselo al petto finché i pungiglioni e gli aculei lo trafiggevano.
Tenuto fermo in quella stretta dolorosa, il prigioniero veniva interrogato e se si rifiutava di confessare, le braccia della statua stringevano sempre più il suo corpo, inesorabilmente e lentamente, ammazzandolo.
La parte anteriore di questo marchineggno, consisteva in due porte che si chiudevano. C'erano una gran quantità di pugnali inseriti sia nella parte interna del petto che dentro alla statua in modo da trafiggere con precisione il fegato, i reni e gli occhi.
Chi subiva l'abbraccio della vergine di ferro dopo essere stata stritolato rimaneva attacato alle punte dei chiodi e delle lame quando la Vergine riapriva le braccia.




Lo stivale
Lo stivale era considerata dai testimoni dell'epoca la tortura piu' violenta e crudele al mondo, cosi' spaventosa che quando qualcuno doveva essere infilato nello stivale, tutti i membri del Consiglio che lo ordinava chiedevano di andarsene. Consisteva in un contenitore di ferro a forma di stivale progettato per racchiudere l'arto nudo, dal piede al ginocchio; tra la gamba e lo strumento venivano inseriti con un martello dei cunei di legno o di metallo. La carne veniva cosi' lacerata e spesso le ossa si schiantavano, frantumandosi in modo spaventoso e disgustoso, mentre il castigo proseguiva finche' la vittima confessava. Era inoltre raro che chi sperimentava questa tortura non rimanesse storpio a vita.




Il pendolo
Tortura dell'inquisizione di Spagna che procura una lenta e tormentosa agonia. La vittima veniva legata su un tavolo molto accuratamente, in modo che potesse muovere solo gli occhi, mentre incombeva su di lei un pendolo grande e pesante con il lato inferiore curvo e tagliente. Ma poi, nell'oscillare avanti e indietro, gradualmente ma in manniera costante, l'asta del pendolo si allungava e il prigioniero in preda al terrore e costretto contro la sua volonta' ad osservare i movimenti della lama che scendeva, sopportava l'orrore di vedere il tagli avvicinarsi sempre di piu' al volto. Alla fine la lama affilata gli squarciava la pelle, continuando inesorabilmente a tagliare fino ad ucciderlo. Ma nella maggior parte dei casi, prima che la lama facesse uscire del sangue, il prigionero cadeva in balia della pazzia.




La culla di Giuda
Si stringe una cintura all'altezza dell'addome della vittima, le si legano piedi e mani e si pone una stecca all'altezza della caviglia in modo che si possano muovere le gambe soltanto simultaneamente.
Dopodiché si cala il prigioniero sul dispositivo piramidale appuntito, posto al di sopra di un cavalletto, e gli si tirano in avanti le gambe in modo che la piramide penetri l'orifizio anale (o la vagina).
Il condannato rimane così in questa scomoda posizione, con tutti i muscoli contratti, finché non sviene.





La Garrote
Il nome di questa tortura è di origine spagnola in quanto perfezionata in Spagna dove divenne la tecnica ufficiale di tortura fino al 1975.
Questo strumento ha un'origine molto antica; rudimentali versioni consistevano in un palo conficcato nel suolo, con una corda che cingeva il collo della vittima.
Nella versione spagnola, questo dispositivo era utilizzato non solo per la tortura, ma anche per l'esecuzione: possedeva un collare metallico con un punteruolo (che penetrava le vertebre cervicali) utilizzato per asfissiare il prigioniero e per fracassargli la spina dorsale.




La pera
Intuibilmente il nome di questo strumento deriva dalla forma.
Il suo impiego consisteva nel porlo nella bocca o nel deretano degli uomini, o nella vagina delle donne, e di aprirlo progressivamente finché possibile.
La pera orale, rettale o vaginale veniva inflitta a uomini macchiatisi di sodomia, donne adultere o persone delle quali si sospettavano rapporti sessuali col demonio.
Questa tortura pertanto rappresentava una sorta di punizione "del contrappasso".




L'artiglio di gatto e il ragno
Non è difficile immaginare a quali scopi questi due dispositivi venissero usati.
Con l'artiglio di gatto si straziavano le vittime, lacerandone la pelle finché non svenivano.
Il ragno veniva utilizzato per stritolare come una morsa i testicoli dei prigionieri.





Maschera d'infamia
Questa tortura infliggeva allo stesso tempo due tipi di tortura: quella psicologica e quella fisica.
Rendeva ridicoli ed umiliava di fronte al pubblico, ma allo stesso tempo provocava un dolore tremendo poiché stringeva la testa e, spesso e volentieri, una pallina al suo interno entrava in bocca in modo tale da impedire di urlare.




Il supplizio dell'eretico
Come desumibile dalla figura, questo strumento si componeva di due forche, una posta sul torace e l'altra sotto il mento.
Un collare veniva legato intorno al collo del prigioniero e gli si legavano le mani dietro la schiena.
Il condannato risultava così impossibilitato anche del minimo movimento per non pregiudicare i punti vitali, ma infine doveva cedere per stanchezza.




Altre torture
Si vuole infine dare una prova finale di quanto sadismo l'uomo possa scatenare sui suoi simili. La terza e la quarta tortura sono di una schifosità diabolica.

Guanti di ferro: venivano legati ai polsi del prigioniero dei guanti di ferro che tramite una vite venivano gradualmente stretti. Il prigioniero poi veniva fatto salire su dei blocchi di legno e incatenato al soffitto tramite questi "guanti"; rilasciato il supporto di legno, tutto il suo peso gravava sui polsi e i guanti penetravano in profondità la carne gonfiando le braccia.

La prigione dei ratti: i prigionieri venivano rinchiusi in prigioni umide e maleodoranti. Ma non era tutto. Con l'acqua giungevano orde di ratti affamati; dormire significava concedersi a queste bestie fameliche. E così, in questa cella buia e fetida, il prigioniero combatteva da un lato contro i ratti e dall'altro contro il sonno, fino a che, stanco e finito, non lottava più.

Tortura tedesca: si legava un grosso gatto selvatico, chiuso in una gabbia, sull'addome nudo del prigioniero; poi la bestia veniva tormentata e punzecchiata finche preso dalla furia e dalla disperazione strappava con le unghie e con i denti la carne della vittima sotto di sé, rosicchiando fino alle budella.

Tortura olandese: una variante della tortura tedesca, ma più disgustosa. La vittima, spogliata, veniva legata a mani e piedi e posta supina su un piano rigido; un vaso di ferro, pieno di ghiri e ratti, veniva capovolto sullo stomaco del prigioniero. Il passo successivo consisteva nell'appiccare un fuoco a questo contenitore metallico, cosicché le bestie, rese frenetiche dal calore e impossibilitate a scappare, dovessero scavarsi dei tunnel attraverso le viscere del condannato.



Edited by demon quaid - 10/4/2011, 20:05
 
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Il volantino del processo di Anna Eberlehrin



Nel 1669 per l'esecuzione della presunta strega Anna Eberlehrin a Augsburg, vi fu un processo molto meticoloso, con esecuzione pubblica ed un volantino estremante preciso in cui erano rappresentate le varie fasi del processo e dell'esecuzione fu divulgato. Di seguito il volantino che "pubblicizzava" il processo di Anna Eberlehrin.



L'esecuzione pubblica di Anna Pappenheimer.



Nell'esecuzione pubblica di Anna Pappenheimer, ella prima subì la tortura della strappata ovvero fu legata ad una carrucola e le sue articolazioni slogate in seguito ad un potente contraccolpo dato con una corda dall'esecutore, le furono strappati i seni con una tenaglia rovente che furono fatti ingerire a forza ai suoi due figli adulti.
 
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Il Sambenito.



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L'eretico o la strega che abiurava e che si rimetteva alla fede cristiana era costretto ad indossare il sambenito, un abito scapolare, consistente in due pezzi di tela che ricadevano davanti e dietro e con un'apertura per la testa. Generalmente era di colore giallo con disegni che ricordavano le fiamme eterne dell'inferno, in modo da far sì che il graziato ricordasse vita natural durante la magnanimità della Chiesa e che tenesse bene a mente ciò da cui la Chiesa lo avesse salvato. Era di uso comune far camminare l'eretico tra la gente della città a piedi nudi e con un copricapo a forma di cono in testa (coroca), a monito per tutti.
 
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In questo topic, continueremo a postare notizie e immagini sulle torture. Ovviamente come potrete riscontrare da soli, è facile che talvolta possano anche capitare gli stessi argomenti, solo che vengono postati in modi diversi e questo potrebbe aiutare a capire ancora meglio le tecniche che venivano usate a quei tempi.

Scorticamento

La pelle del condannato veniva tolta a strisce con svariati strumenti.

Allungamento o Cremagliera

Si trattava di un modo semplice per estorcere confessioni. Il condannato veniva posto su una tavola e legato ai polsi e alle caviglie con corde che venivano tirate da parti opposte con argani; in questo modo era "tirato" fino alla morte. In alcune varianti, dei rulli venivano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni.
Taglia lingua
La lingua del condannato veniva recisa con strumenti di vario tipo.



Mutilazione



Si utilizzavano diverse armi con le quali il carnefice eseguiva la condanna alla mutilazione, riservata solitamente agli indigenti che non avevano i mezzi per pagare forti multe. In alcuni casi il carnefice cavava gli occhi, tagliava orecchie e nasi. Ai ladri colti in flagranza era tagliata la mano sinistra la prima volta e, in caso di recidiva, la mano destra.


Cintura spinata



Si trattava di un collare munito internamente di aculei. Era utilizzato come punizione per coloro che violavano la disciplina ecclesiastica o familiare, agli ubriachi, alle donne litigiose e alle prostitute. Si restava prigionieri del collare e oggetto del pubblico dileggio fino ad un periodo massimo di sei settimane. Spesso il reo era obbligato a portare sul petto un cartello sul quale era indicato il motivo della condanna.
Veniva anche utilizzato come strumento di esecuzione. l'erosione fino alle ossa della carne del collo, della mascella e delle spalle, la cancrena dilagante, la setticemia febbrile, portavano al collasso letale in breve tempo.
Di solito la sua immagine era infissa ai muri delle chiese, dei cimiteri, alle porte delle prigioni o nelle piazze frequentate dai mercanti.

Cintura di contenzione



Queste strumento veniva applicato alla vita delle vittime, i cui polsi si serravano negli appositi anelli ai fianchi. L'imprigionato veniva così sottoposto alle torture oppure abbandonato a morire.

Pinze e tenaglie arroventate



Le tenaglie roventi erano per lo più adoperate per amputare e contemporaneamente cauterizzare le ferite, così da evitare il rapido dissanguamento delle vittima.
Tutto quello che era asportabile veniva rimosso per mezzo di pinze roventi, a cominciare dalla lingua, per continuare con gli occhi e via di seguito senza, naturalmente, tralasciare i genitali.
Spesso le torture rendevano storpi e sciancati per il resto della loro vita coloro che le avevano subite, se era loro concesso di vivere. Più spesso, quelli che alla fine confessavano anche colpe che non avevano commesso, preferendo la condanna al protrarsi dei tormenti, venivano condotti al rogo legati a una scala, che svolgeva le funzioni di barella, perché ridotti a un insieme di membra slogale, spezzate e piegate, e incapaci di articolare un solo movimento.



La sega


In un primo momento il condannato veniva lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato appeso a testa in giù, con le gambe divaricate, iniziando a tagliare in due verticalmente, partendo dai genitali fino ad arrivare alla testa. In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue. Talvolta la vittima rimaneva cosciente finché la sega arrivava allo sterno stando a testimonianze del primo Ottocento. Inoltre segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Venivano puniti con la sega coloro che si erano macchiati di ribellione, coloro che avevano disubbidito agli ordini militari, coloro che venivano accusati di stregoneria, oltre agli omosessuali a cui venivano devastati i genitali.
La Bibbia ci insegna (II Samuele 12, 31) che Davide, re giudeo e santo cristiano, sterminò le popolazioni della città di Rabba e di tutte le altre città degli Amminiti, assoggettando chicchefosse "alla sega, ai rastrelli di ferro, alle scuri di ferro e alla fornace di mattoni". Questa specie di beneplacito poco meno che divino ha contribuito molto al diletto che la sega, la mannaia ed il rogo hanno da sempre suscitato in ambienti benpensanti. In Spagna, "la sierra" costituiva un metodo di esecuzione militare fino a tutto il Settecento. In Catalogna durante le campagne peninsulari di Napoleone e di Wellington nel 1808-14, i guerriglieri catalani assoggettarono alla sega decine e forse centinaia di ufficiali francesi, spagnoli ed inglesi. Nella Germania luterana la sega attendeva i capi dei contadini ribelli, ed in Francia anche le streghe ingravidate da Satana.


Lingua di capra


Tormento particolarmente diabolico. L'innocuo animale, tenuto a digiuno per diversi giorni, veniva condotto al cospetto dell'accusato, al quale si erano spalmate di sale le piante dei piedi. La capra, affamata, cominciava a leccare la pelle salata e spesso non si fermava finchè la sua lingua ruvida, dopo aver consumato la pelle e lo strato muscolare, non arrivava all'osso!

Il pendolo


Uno dei tormenti prediletti dagli inquisitori, e al quale raramente gli accusati sfuggivano, era la sospensione alla corda. Consisteva nel ripiegare le braccia del malcapitato dietro la schiena, legargliene una ai polsi e sollevato da terra per mezzo di una carrucola. Già da solo questo era un supplizio. La pena però non si esauriva qui, perché, quando la vittima era stata sollevata ad una certa altezza, si allentava improvvisamente la tensione in modo da lasciarla cadere con uno strappo, ma non fino a farle toccare terra. Il risultato è che l'omero fuoriesce dalle sue legature con la scapola e con la clavicola, una distorsione questa che crea orrende deformazioni del torace e della schiena, spesso permanenti. Il supplizio era particolarmente gradito agli accusatori perché la corde era si pericolosa, in quanto un inquisito vi poteva morire o uscirne irrimediabilmente disarticolato ma, nelle mani di un abile carnefice, che sapesse dosare gli strappi, il sistema era molto efficace per far confessare anche i più reticenti. E, nel caso di un accusato particolarmente cocciuto, presentava l'innegabile vantaggio di potervi inserire degli optional, come per esempio acqua gelida sulla schiena, sui muscoli e i nervi stirati e contratti. Se nemmeno l'acqua gelata sul suppliziato appeso aveva ragione sulla sua testardaggine nel rifiutarsi a confessare, si provvedeva ad appendergli ai piedi dei pesi, così da rendere più dolorosi gli strappi in caduta e, se ancora persisteva nel suo "errore", gli si poteva sempre accendere il fuoco sotto le piante dei piedi. Alcune varianti potevano essere le seguenti:
1- al condannato, appeso per i piedi, viene agganciato un pesante masso al collo; la vittima veniva strangolata e tormentata finché la colonna vertebrale non si schiantava.
2- il prigioniero veniva cosparso di miele ed altre sostanze dolci e lasciato in balia di molesti insetti come api, vespe e calabroni.
3- il condannato, sospeso per un piede, ha una gamba legata al ginocchio dell'altra mentre l'altra è appesantita da un oggetto metallico.
Vicino a Lindau, in Germania, un malfattore fu appeso al patibolo con delle catene di ferro e con ai piedi due grossi cani che, essendo tenuti senza cibo, se lo divoravano prima che egli stesso morisse di fame.

Corsetto del secondino


Veniva portato dalle guardie carcerarie. Si tratta di un corsetto di cuoio sul quale venivano applicate delle punte. In questo modo i secondini potevano entrare nelle celle dei carcerati senza il timore di venire aggrediti.



Ferri per marcare


Si tratta di una serie di strumenti in ferro utilizzati per bruciare la vittima e imprimergli nelle carni determinati simboli.


Anelli spaccatesta


Collocati intorno alla testa, gli aculei, sotto forza della stringitura a vite, intaccavano l'osso cranico, atto questo che, con la forza bilaterale congiunta ad aculei grossi, portava all'incrinamento e al distacco della calotta cranica.

Crocifisso simulato


Crocifisso con pugnale: crocifisso "simulato" che serviva per l'eliminazione dell'eretico.

Mordacchia con punta o briglia dei muti o delle comari


Secondo la tradizione, la mordacchia era adoperata per punire le donne litigiose e calunniatrici. Più probabile, invece, la tesi che la briglia fosse utilizzata per le donne accusate di stregoneria.

Impiccagione in gabbia


La vittima, spesso nuda, veniva rinchiusa in una gabbia ed appesa. Moriva di fame e di sete, di gelo e di scottature solari; spesso era stata anche torturata e mutilata. Il cadavere in putrefazione rimaneva appeso fino al distacco delle ossa.


Decapitazione con spada o mannaia


É forse il più antico dei supplizi capitali, quello universalmente conosciuto ed usato in ogni parte del mondo. L'esecuzione con questo strumento era riservata solo ai condannati nobili, mentre i plebei venivano giustiziati con procedure che comportavano lunghe agonie. Un boia, generalmente incappucciato, tagliava la testa del condannato con un'accetta. Molto diffusa in Inghilterra nel 1500-1600. Lo shock provocato alla colonna vertebrale poteva comportare l'immediata perdita dei sensi, ma potevano rendersi necessari parecchi colpi per provocare il distacco della testa. L'accetta usata per l'ultima decapitazione, avvenuta nel 1747, può essere vista alla Torre di Londra.

Spezzamento con la ruota ferrata


Questo supplizio, utilizzato soprattutto in Germania ed in Francia, consisteva in due fasi: la prima pubblica, per fornire gli opportuni esempi, in cui alla vittima venivano spezzati degli arti, la seconda in cui, legata la persona alla ruota e issata su un palo, veniva lasciata in balia di volatili e roditori.

Squartamento


L'eviscerazione era un metodo di esecuzione largamente diffuso.
L'addome veniva inciso e un capo degli intestini agganciato ad un ferro e lentamente avvolto sul tamburo del legno. La vittima rimaneva cosciente per lunghe ore e alcune volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
Una variante era lo squartamento coi cavalli cui fu sottoposto Robert-François Damiens nel marzo 1757, per avere attentato alla vita di Luigi XV. L'esecuzione più in voga nel medioevo consisteva però nel seguente procedimento: il prigioniero veniva legato con una grossa fune, sia all'altezza delle braccia che delle gambe; le funi erano poi assicurate a una grossa sbarra di legno o di metallo che a sua volta veniva legata a dei cavalli, uno per ogni estremità della vittima. Poi li si costringeva a dare dei piccoli strattoni che l'obbligavano ad implorare pietà. Quando i carnefici si ritenevano infine soddisfatti, frustavano le bestie contemporaneamente, incitandoli in direzioni opposte, in modo da fare a brandelli le membra. Spesso e volentieri il corpo della vittima opponeva resistenza, cosicché i boia lo facevano a pezzi con delle accette, come fa un macellaio con la carne, fino a quando le membra si staccavano dal busto del prigioniero ancora vivo.

Il piffero del baccanaro


Strumento di ferro (anche di ottone e legno) a forma di tromba, trombone, flauto dolce, oboe, ecc di probabile origine olandese conosciuto già nel seicento come risulta da alcune stampe dell’epoca.
Veniva altresi usato per coloro che disturbavano le funzioni religiose oppure per punire i musicisti “rei” di cattive esecuzioni.
L'anello di ferro veniva serrato dietro il collo della vittima e le sue dita, dopo essere stati inseriti sotto gli archetti dell'apposita morsa in atteggiamento di suonatore, venivano strette a forza di vite secondo il piacere del boia, fino allo stritolamento totale.
Essenzialmente questo supplizio era una specie di berlina, con tutte le solite conseguenze penose e talvolta fatali, inflitta per delitti e peccati relativamente minori: litigiosità, bestemmia del primo grado, turpiloquio, disturbo della pace pubblica, e così via - vedi Maschere d'Infamia ed il Ceppo di Gogna.
In Italia, veniva spesso riservato a chi faceva baldoria e baccano davanti alla chiesa durante le funzioni; il termine "piffero del baccano" si riscontra in alcuni documenti bolognesi del primo Settecento. Nella Repubblica Veneziana, pesanti pifferi ferrosi e qualche grado di schiacciamento delle dita attendevano chi aveva fatto denuncia anonima infondata contro altri al Consiglio dei Dieci, "spinto da malizia, stizza o invidia".



Ghigliottina


Macchina per decapitazione, così chiamata dal nome del fisico francese Joseph-Ignace de Guillotin, che ne propose l’adozione nel 1789: siccome la decapitazione era considerata il metodo di esecuzione meno doloroso e più umano, Guillotin suggerì la costruzione di una macchina apposita.
Essa consiste di due travi parallele issate verticalmente, incavate al centro e unite in alto da una traversa, e di una lama obliqua, legata con una fune alla traversa. Il condannato pone il collo in una struttura tipo gogna dalla quale passerà la lama obliqua; liberata la fune, la lama svincola lungo le due travi e cade sul collo del prigioniero, tagliandoli di netto la testa, che cade nel cesto posto davanti alla ghigliottina.
Versioni diverse e rudimentali erano usate già nel '300 per l'esecuzione di nobili.

Edited by demon quaid - 18/7/2013, 21:24
 
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Aquila di sangue





L' aquila di sangue è stato un metodo di tortura e di esecuzione che è a volte menzionato nelle saghe norrene.

Consisteva nel separare le costole della vittima dalla spina dorsale, rompendole in modo tale da farle assomigliare ad un paio di ali insanguinate, ed estrarre i polmoni dalla cassa toracica Del sale era spruzzato sulle ferite Vittime di questo metodo di esecuzione sono menzionate nella poesia scaldica e nelle saghe norrene, e si ritiene che anche il Re Aelle II di Northumbria, Halfdan figlio del Re Haraldr Hárfagri di Norvegia, Re Edmondo, Re Maelgualai di Munster, e forse l'arcivescovo Ælfheah abbiano subito questa tortura. L'atto di effettuare questo supplizio è descitto come "tagliare l'aquila di sangue".

Edited by demon quaid - 3/10/2014, 15:52
 
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Questa foto mostra una tortura ad una donna. La cosa da notare, è che queste cose venivano fatte anche in presenza di suore. Era una cosa piuttosto normale a quei tempi.



Lo schiacciapollici era una semplice morsa, in genere dotata di aculei o borchie sulle superfici interne. I pollici delle vittime erano posti tra le due barre e venivano lentamente pressati, spesso fino ad arrivare allo spappolamento. A volte le barre avevano delle punte sui lati che infilzavano la base delle unghie, causando un fortissimo dolore.

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Di questo strumento esisteva una versione più grande e atroce, basata sullo stesso principio: lo spaccaginocchia. Si trattava di una tortura spesso mutilante, che riduceva chiunque sopravvivesse a un rudere umano. Veniva usato per la lacerazione di gomiti o ginocchia e consisteva in due travi di legno dotate di punte acuminate che, tramite l’avvitamento di due lunghe viti in ferro, scorrevano fino a congiungersi.

Il torturato veniva infilato con l'arto, fino all'altezza del ginocchio o del gomito, all'interno dell'attrezzo che, stringendosi, arrivava a fracassarlo completamente.

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La “mordacchia” detta anche “bavaglio di ferro” è uno strumento di tortura tipico del tempo dell’Inquisizione (quella riprodotta è una copia ottocentesca di un esemplare tedesco di metà Cinquecento). Non serviva però all’inquisizione, cioè a strappare ai torturati la confessione di un qualche crimine, ma agli inquisitori e più in generale agli sbirri perché potessero conversare tranquilli senza dover ascoltare le grida, spesso fastidiose e protratte, dei prigionieri. Consta di una “scatola” di ferro che viene forzata in bocca alla vittima e di un collare che permette di stringerla. Spesso i condannati al rogo venivano condotti a morte così imbavagliati in particolare durante i fastosi ed affollati autodafé per evitare che gli eretici o le streghe disturbassero con le loro grida l’esecuzione della musica sacre. Secondo le cronache del tempo anche Giordano Bruno andò al patibolo indossando una mordacchia munita di due lunghi aculei di cui uno perforava la lingua, mentre l’altro spaccava il palato.

Edited by demon quaid - 1/1/2017, 20:17
 
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Il soffio





Si dice che per uccidere una strega bisognasse "tagliarla sul soffio", ossia la parte di viso che intercorre tra il labbro superiore ed il naso. Oltre a far fuoriuscire copiosamente il suo sangue, gli inquisitori erano convinti che da quel punto svanisse dal corpo della strega anche il suo male.

La squassata





La vittima (in genere una donna) veniva legata con le mani dietro la schiena. Alla sua chioma veniva assicurato un palo in legno alle cui estremità ruotavano due uncini in ferro. La strega veniva sollevata ad un'altezza stabilita e lasciata cadere fino a pochi centimetri da terra. Le lesioni di questa tortura provocavano il distacco dello scalpo. La squassata alle braccia invece provocava lo slogamento degli arti.

Edited by demon quaid - 26/10/2012, 00:17
 
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view post Posted on 22/5/2012, 21:26     +1   -1
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La tortura cinese Chi Ling



Chi Ling - esecuzione con arma da taglio (un grosso e tagliente coltello), praticata in Cina fino a quando non fu bandita nel 1905. In sede di esecuzione, al criminale venivano lentamente tagliate le braccia, le gambe e il torace, fino a quando finalmente veniva decapitato o pugnalato al cuore. Si racconta che per questa esecuzione ci voleva qualche giorno per finirla, per cui le sofferenze erano immani.

Un giornalista e politico, Henry Norman, descrive così l'esecuzione:

Il criminale veniva fissato ad una rozza croce e il carnefice, armato con un coltello affilato, iniziava a tagliare afferrando le parti più carnose del corpo, come le cosce o le mammelle. Dopo di che rimuoveva le articolazioni e le escrescenze del corpo una per una, il naso le orecchie e le dita dei piedi. Poi le arti venivano tagliate ai polsi e alle caviglie, ai gomiti e alle ginocchia, le spalle e fianchi. Infine, la vittima veniva pugnalato al cuore e decapitato..
 
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La tortura del fuoco





Prima di iniziare l'ordalìa del fuoco tutte le persone coinvolte dovevano prendere parte a un rito religioso. Questo rito durava tre giorni e gli accusati dovevano sopportare benedizioni, esorcismi, preghiere, digiuni e dovevano prendere i sacramenti. Dopodiché si veniva sottoposti all'ordalìa: gli accusati dovevano trasportare un pezzo di ferro rovente per una certa distanza. Il peso era variabile: si andava da un minimo di circa mezzo chilo per reati minori, fino a un chilo e mezzo. Un altro tipo di ordalìa del fuoco consisteva nel camminare bendati e nudi sopra i carboni ardenti. Le ferite venivano coperte e dopo tre giorni una giuria controllava se l'accusato era colpevole o innocente. Se le ferite non erano rimarginate l'accusato era colpevole, altrimenti era considerato innocente. Si poteva aver salva la vita, però, corrompendo i clerici che dovevano officiare la prova: si poteva fare in modo che ferro e carboni avessero una temperatura sufficientemente tollerabile.

Tortura dell'acqua fredda e calda





In questo tipo di ordalìa l'acqua simboleggia il diluvio dell'Antico Testamento. Come il diluvio spazzò via i peccati anche l'acqua 'pulirà' la strega. Dopo tre giorni di penitenze l'accusata doveva immergere le mani in acqua bollente, alla profondità dei polsi. Spesso erano costrette a immergerle fino ai gomiti. Si aspettava poi tre giorni per valutare le colpe dell'accusata (Come per l'ordalìa del fuoco). Veniva messa in pratica anche un'ordalìa dell'acqua fredda. Alla strega venivano legate le mani con i piedi con una fune, in modo tale che la posizione non fosse certo propizia per rimanere a galla. Dopodiché veniva immersa in acqua; se galleggiava era sicuramente una strega in quanto l'acqua 'rifiutava' una creatura demoniaca, se andava a fondo era innocente ma difficilmente sarebbe stata salvata in tempo.

La tortura del sonno





Questa tortura riguarda prevalentemente le streghe. In pratica era la classica "gogna", che serviva a tenere le presunte streghe sveglie, e si usavano tutti mezzi possibili. Venivano costrette a vere e proprie immersioni nei fossati, che si protrevano anche per tutta la notte a volte.
 
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view post Posted on 25/7/2012, 22:49     +1   -1
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