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view post Posted: 26/7/2013, 12:52     Radiazione adattativa - Evoluzione

Radiazione adattativa





In biologia, il termine radiazione adattativa o radiazione evolutiva descrive un fenomeno di rapida (in termini geologici) diversificazione di nuove specie a partire da un progenitore comune, ognuna delle quali è adattata ad occupare una specifica nicchia ecologica. Si tratta di un processo evolutivo regolato dalla selezione naturale e da meccanismi di mutazione genetica.
L'esempio più noto di radiazione adattativa tra gli animali è quello che ha avuto per protagonisti i mammiferi placentati in seguito all'estinzione di massa dei dinosauri alla fine del Cretaceo, circa 65 milioni di anni fa. A quell'epoca i mammiferi placentati erano sostanzialmente dei piccoli roditori insettivori. Nel corso del successivo Paleocene (65-56 milioni di anni fa), essi si sono evoluti diversificandosi in forme disparate, dai pipistrelli alle balene ai primati, ed occupando tutte le nicchie ecologiche lasciate libere dalla precedente estinzione.
Un altro esempio fu quello descritto da Charles Darwin nel caso dei fringuelli delle Galàpagos. Le quattordici specie classificate dal biologo britannico sulle Isole Galàpagos, infatti, presentavano molti caratteri simili; ciò fece supporre a Darwin, quindi, che i fringuelli avessero un antenato comune, proveniente dal continente.
Esempi di radiazione adattativa si hanno anche fra le piante: un caso tipico è quello delle Asteraceae hawaiiane appartenenti alla cosiddetta Silversword Alliance, comprendente i generi Argyroxiphium, Dubautia e Wilkesia, di cui è dimostrata la discendenza da un unico progenitore comune.
view post Posted: 23/7/2013, 17:46     Mutazione Genetica - Evoluzione

Mutazione genetica





Tipi di mutazione



Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma o più generalmente di materiale genetico (sia DNA che RNA) dovuta ad agenti esterni o al caso, ma non alla ricombinazione genetica.[1] Una mutazione modifica quindi il genotipo di un individuo e può eventualmente modificarne il fenotipo a seconda delle sue caratteristiche e delle interazioni con l'ambiente.
Le mutazioni sono gli elementi di base grazie ai quali possono svolgersi i processi evolutivi. Le mutazioni determinano infatti la cosiddetta variabilità genetica, ovvero la condizione per cui gli organismi differiscono tra loro per uno o più caratteri. Su questa variabilità, tramite la ricombinazione genetica, opera la selezione naturale, la quale promuove le mutazioni favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli o addirittura letali. Essendo una parte delle mutazioni non favorevoli, gli organismi hanno sviluppato diversi meccanismi per la riparazione del DNA dai vari danni che può subire, riducendo in questo modo il tasso di mutazione.
Le mutazioni vengono distinte dai genetisti in base alla loro scala di azione: l'alterazione può riguardare un singolo gene, porzioni del genoma o l'intero corredo cromosomico.
Se le mutazioni avvengono in una cellula somatica queste, assieme ai relativi effetti, saranno presenti in tutte le cellule da essa derivate per mitosi; alcune di queste mutazioni possono rendere le cellule maligne e provocare il cancro,e sono responsabili di alcune malformazioni congenite. Se le mutazioni sono presenti nelle cellule delle linee germinali o nei gameti sono ereditate dalle generazioni successive e possono eventualmente provocare malattie genetiche ereditarie.

Origine delle mutazioni



Le mutazioni vengono generalmente classificate in due classi a seconda della loro origine.

Mutazioni spontanee




Le mutazioni spontanee sono mutazioni provocate da fattori chimici endogeni e da errori nei processi che si attuano sul materiale genetico; la definizione di mutazione spontanea è di mutazione che avviene in assenza di agenti mutageni noti. Non sono molto frequenti, ma sono comunque inevitabili vista la intrinseca imperfezione di ogni meccanismo molecolare. Gli errori possono essere dovuti a:
Tautomeria - una base è modificata per lo spostamento di un atomo di idrogeno.
Deaminazione - reazione che trasforma una base azotata in una diversa; ad esempio provoca la transizione C → U (che può essere riparata); c'è anche la deaminazione spontanea della 5-metilcitosina in T e la deaminazione che determina A → HX (adenina → ipoxantina).
Depurinazione - idrolisi del legame glicosidico e formazione di un nucleotide privo di base (di solito G o A).
Danni ossidativi - dovuti alla formazione spontanea nella cellula di specie con atomi di ossigeno molto reattive, in grado di attaccare il DNA e causare danni al singolo o al doppio filamento e danneggiamento delle basi azotate.
Errori nei processi di replicazione, della ricombinazione e della riparazione del DNA. Ad esempio può essere dovuta alla DNA polimerasi che aggiunge nucleotidi non corretti; ciò può generare una trasversione se c'è lo scambio di una purina con una pirimidina o viceversa; una transizione se c'è lo scambio di una purina con un'altra purina oppure di una pirimidina con un'altra pirimidina.


Mutazioni indotte




Le mutazioni indotte sono invece prodotte dall'azione di particolari agenti fisici o chimici detti appunto agenti mutageni. È detto mutagenesi il processo che determina una mutazione indotta e mutagenizzato l'organismo in cui è stata prodotta. Si distinguono i danni per mutazioni indotte in:
Sostituzione delle basi con molecole con struttura analoga a quelle comunemente presenti nel DNA ma che formano appaiamenti diversi e quindi errati.
Aggiunta di gruppi sostituenti alle basi azotate: anche in questo caso generando molecole con capacità di appaiamento non corrette.
Danneggiamento delle basi azotate: rompendo legami o aggiungendone di nuovi rispetto alla condizione normale.
Inserzione o delezioni di basi.
I mutageni fisici sono soprattutto radiazioni ionizzanti (raggi X, raggi gamma) e non ionizzanti (raggi UV); gli agenti chimici sono molto numerosi e appartengono a diverse classi di composti. Oltre che per la natura i mutageni differiscono anche per spettro mutazionale, ovvero per il tipo (o i tipi) di mutazione che possono provocare. Spesso una stessa conseguenza può essere causata da mutageni diversi (anche per natura), anche se generalmente i meccanismi con cui essi hanno agito sono profondamente diversi.
Un'importante differenza tra mutageni fisici e chimici è che i primi agiscono indipendentemente dall'organismo; i mutageni chimici invece possono avere effetti diversi in funzione del sistema biologico. Mentre una radiazione, infatti, colpisce direttamente il materiale genetico, un composto chimico può interagire con altre molecole (enzimi, metaboliti, specie reattive...) presenti nella cellula che ne possono variare le caratteristiche.

Mutazioni geniche



Sono le mutazioni che alterano un singolo gene e dunque le più "piccole" che si possono avere. In quanto tali non sono visibili attraverso analisi al microscopio (tranne alcuni casi estremi), ma possono essere riscontrate solo tramite analisi genetiche. Le mutazioni geniche portano alla formazione di nuove forme geniche, ovvero di nuovi alleli, detti appunto alleli mutanti. In quanto tali questi sono rari nella popolazione e si differenziano dagli alleli più diffusi detti invece tipi selvatici. Bisogna però far distinzione anche tra alleli mutanti e morfi. I morfi sono infatti due o più alleli di uno stesso gene con frequenza superiore all'1% (polimorfismo). Alla luce di questo ne deriva che il concetto di mutazione non è assoluto: un gene potrà subire una mutazione; se l'allele mutante però troverà le condizioni per diffondersi nella popolazione e superare la frequenza dell'1% non si parlerà più di mutazione ma di morfo.
Possono essere distinte in tre categorie: mutazioni puntiformi, mutazioni dinamiche e riarrangiamenti genici strutturali.

Mutazioni puntiformi



Una mutazione puntiforme è una variazione di sequenza del DNA che interessa uno o pochi nucleotidi, ma è possibile considerare "puntiformi" anche mutazioni di fino a 50 nucleotidi. Molte mutazioni puntiformi sono probabilmente senza effetto, in tal caso si dice che sono neutre, infatti gran parte del DNA in un genoma eucariotico non codifica prodotti proteici ed è incerto se il cambiamento di una singola base nucleotidica in questa parte silente del DNA possa influire sulla salute di un organismo. Una singola mutazione puntiforme può però avere un notevole impatto sul fenotipo come accade ad esempio nell'anemia falciforme.

Sostituzione di basi



Le mutazioni per sostituzione di basi determinano lo scambio di un nucleotide con un altro. Sono definite transizioni qualora vi sia un scambio di una purina con altra purina (A > G) o di una pirimidina con un'altra pirimidina (C > T); si dicono invece transversioni quando lo scambio è di una purina con una pirimidina o viceversa (C/T > A/G). In genere le transizioni sono più frequenti delle transversioni.
Le mutazioni puntiformi possono essere di sei tipologie: silenti, missenso, delezioni o inserzioni in frame, inserzioni nonsenso, mutazioni frame-shift o mutazioni di splicing.
Le mutazioni silenti o sinonime si verificano quando la sostituzione di una base azotata in una sequenza di DNA non determina variazione della sequenza amminoacidica della proteina interessata. Se per esempio la tripletta TTT muta in TTC, si avrà una transizione (T > C) in terza posizione della tripletta, ma l'amminoacido codificato a partire dalla tripletta di mRNA corrispondente (UUC) sarà sempre fenilalanina a causa della ridondanza del nostro codice genetico che è degenerato. Le mutazioni silenti sono in prevalenza neutre poiché l'amminoacido non cambia e di conseguenza non cambia neppure la funzionalità della proteina codificata all'interno della quale si trova la tripletta mutata.[2] Molte delle mutazioni responsabili di un alterato processo di splicing si verificano nelle brevi sequenze ESE (Exon Splicing Enhancer) di alcuni esoni, che sono fondamentali per uno splicing corretto, dal momento che vi si legano alcune proteine coinvolte nella regolazione di questo processo. Quando si verificano mutazioni in queste sequenze può verificarsi l'inclusione di introni nell'mRNA maturo, il quale, se venisse codificato, porterebbe a proteine anomale. Mutazioni silenti alle sequenze ESS (Exonic Splicing Silencer) coinvolte anch'esse nel meccanismo di splicing del trascritto primario, possono invece portare all'esclusione di un esone dall'mRNA maturo e di conseguenza alla codifica di proteine tronche da parte dei ribosomi.
Le mutazioni missenso si verificano quando all'interno di una sequenza di DNA viene sostituita una base azotata in modo tale che la sequenza amminoacidica sia modificata. Se per esempio la tripletta TTT muta in TCT con una transizione della base in seconda posizione (T > C), l'amminoacido codificato non sarà più fenilalanina ma serina. Questo tipo di mutazioni può essere neutra e non determinare nessun fenotipo specifico rappresentando semplicemente un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) o una variante privata, ma può anche dare origine a patologie gravi come l'anemia falciforme. Generalmente si può ritenere neutra una mutazione missenso qualora l'amminoacido sostituito sia presente senza mostrare un fenotipo patologico in un determinato numero di individui sotto forma di polimorfismo a singolo nucleotide o di variante privata, oppure qualora l'amminoacido codificato abbia proprietà simili a quello originario (per esempio una sostituzione di acido glutammico con acido aspartico). La mutazione può però dare origine a condizioni patologiche quando l'amminoacido codificato dalla nuova tripletta presenta proprietà molto diverse dal precedente (per esempio la sostituzione di una valina con acido aspartico), qualora non sia stata riscontrata in casi precedenti o in ambito parentale oppure quando si verifica in una regione altamente conservata di una proteina. Spesso infatti anche una singola mutazione in una regione altamente conservata di una proteina le perdere funzionalità.
Le delezioni in frame e le inserzioni in frame determinano rispettivamente l'eliminazione di una tripletta o di un numero di nucleotidi divisibili per 3 oppure l'inserzione di una tripletta o di un numero di nucleotidi divisibili per 3. Sono "in frame" poiché non spostano la cornice di lettura a livello ribosomiale, questo infatti comporterebbe il pressoché totale cambiamento della sequenza amminoacidica di una proteina. Questo tipo di mutazioni determinano l'eliminazione o l'aggiunta di amminoacidi nella proteina codificata a partire dall'mRNA maturo che le contiene. Le conseguenze di queste mutazioni sono molto varie.
Le mutazioni nonsenso si verificano quando una mutazione ad un nucleotide di una tripletta determina la trasformazione di un codone codificante un amminoacido in un codone di stop. Per esempio la tripletta TGC codificante cisteina è sostituita da TGA, che verrà trascritto nell'mRNA come UGA, uno dei tre codoni di stop. La conseguenza è la proteina codificata non viene esportata oppure, se codificata, è tronca, poiché la traduzione si conclude al codone di stop ignorandone le triplette a valle. La conseguenza di questa mutazione è una proteina tronca non funzionale o nociva. Se però il codone di stop si trova ad almeno 50 nucleotidi dalla sequenza di splicing più vicina nell'mRNA, la cellula attiva un meccanismo di protezione noto come NMD (Nonsense Mediated Decay) che degrada l'mRNA mutato. In alternativa, è possibile che si attivi un altro meccanismo noto come NAS (Nonsense-associated Alterated Splicing) che esclude l'esone contenente la tripletta mutata in codone di stop, permettendo l'associazione degli altri esoni in una proteina più corta.
Le mutazioni frame-shift sono dovute a delezione o inserzioni di un numero di nucleotidi non divisibile per 3, questo comporta lo spostamento della cornice di lettura a valle della mutazione e quindi la codificazione di una sequenza amminoacidica non corrispondente a quella del trascritto originario.[3] La conseguenza è la produzione di proteine anomale che hanno solo porzioni di sequenza corrispondenti all'originaria o la mancata esportazione o traduzione dell'mRNA mutato.


Le mutazioni di splicing sono un insieme di quattro tipi di mutazioni che coinvolgono sequenze importanti per lo splicing del pre-mRNA. Una prima tipologia coinvolge il sito donatore di splicing (GT) o il sito accettore (di norma AG). Mutazioni in questi due marcatori iniziale e finale di una sequenza intronica possono portare all'inclusione dell'introne nel trascritto maturo oppure ad uno splicing non corretto. Una seconda tipologia coinvolge brevi sequenze consenso a monte e a valle del sito donatore e del sito accettore, oppure una sequenza consenso del sito di biforcazione (branch-site). Una terza tipologia coinvolge mutazioni in una sequenza ESE o ESS e può essere ascritta anche alle mutazioni silenti. Infine un'ultima tipologia coinvolge mutazioni che creano nuove sequenze consenso all'interno di un introne, e in tal caso questo o sue parti possono venire incluse nel trascritto, oppure in un esone, in tal caso si verifica l'exon skipping.

Mutazioni in regioni regolatrici della trascrizione



Mutazioni puntiformi possono anche verificarsi all'interno della regione regolatrice di un gene. Ciò può determinare conseguenze molto variabili che vanno da nessun effetto fenotipico a cambiamenti dell'espressione genica che danno origine a gravi patologie.

Mutazioni dinamiche



Le mutazioni dinamiche sono dovute alla ripetizione di brevi triplette nucleotidiche all'interno di una regione codificante (in questo caso la tripletta più frequente è CAG che codifica la glutammina) o non-codificante di un gene. La mutazione, che si origina nel corso della replicazione del DNA, provoca una variazione nel numero di queste sequenze ripetute; il nuovo filamento di DNA potrà presentarne in eccesso o in difetto. Il fenomeno che causa la mutazione è detto slittamento della replicazione (replication slippage) ed è dovuto al cattivo appaiamento dei due filamenti complementari. Malattie genetiche associate a questo tipo di mutazione sono la Corea di Huntington e la sindrome dell'X fragile.

Riarrangiamenti genici strutturali



I riarrangiamenti genici strutturali comprendono tutte quelle mutazioni che alterano il genoma variando la struttura dei cromosomi (mutazioni cromosomiche) o il numero dei cromosomi (mutazioni genomiche). Sono definite anche anomalie citogenetiche o anomalie cariotipiche . Queste alterazioni normalmente sono una conseguenza di un errore durante la divisione cellulare, nella meiosi o nella mitosi. A differenza delle mutazioni geniche, che sono riscontrabili solo tramite analisi genetica, queste possono in molti casi essere visibili anche al microscopio, in quanto portano alla formazione di particolari strutture cromosomiche nella fase di appaiamento. Le loro conseguenze possono variare da nessun effetto fenotipico qualora le mutazioni coinvolgano sequenze ripetute a patologie genetiche gravi.

Cromosomi danneggiati: a partire da rotture del doppio filamento di DNA si possono originare le anomalie cromosomiche‎

Mutazioni cromosomiche




Si parla di mutazioni cromosomiche o anomalie cromosomiche quando è la struttura di uno o più cromosomi ad essere alterata. Le mutazioni cromosomiche possono essere di sei tipi: delezioni o duplicazioni, inversioni, traslocazioni, conversioni geniche, trasposizioni e cromosomi ad anello.
Le delezioni e duplicazioni sono dovute ad errori nel processo della ricombinazione omologa, detta anche crossing-over, che si verifica nella meiosi. A causa della presenza di geni che hanno un alto grado di omologia, di pseudogeni o di sequenze ripetute si possono verificare errori nell'appaiamento dei cromosomi, tali che i frammenti di DNA scambiati tra i due cromosomi non sono eguali, per cui si verifica una delezione su uno e una duplicazione sull'altro. Può capitare che durante una ricombinazione non-omologa dovuta ad un riarrangiamento non corretto alcuni geni all'interno di blocchi di DNA siano collocati presso un'area a forte presenza eterocromatica. In questo caso è possibile che questi geni vengano inattivati mediante il fenomeno dell'effetto di posizione. Disturbi associati a questa anomalia sono la sindrome di Wolf-Hirschhorn, che è causata dalla perdita di parte del braccio corto del cromosoma 4, e la sindrome di Jacobsen, originata dalla delezione della parte terminale del cromosoma 11. Alcuni disturbi conosciuti dovuti a duplicazione sono la sindrome di Bloom e la sindrome di Rett.
La traslocazione avviene quando una regione di un cromosoma viene trasferita in un'altra posizione dello stesso cromosoma o di un altro; ci sono due tipi principali di traslocazioni: la traslocazione reciproca e la traslocazione robertsoniana.
L'inversione è una mutazione dovuta all'inversione dell'orientamento di una regione di un cromosoma che causa un'inversione dell'ordine dei geni. Sono dovute alla forte presenza di sequenze duplicate o invertite presso il gene interessato. L'omologia delle due sequenze determina il ripiegamento del DNA e il loro appaiamento. La cellula interviene effettuando una ricombinazione non omologa che determina l'inversione della regione compresa tra le due ripetizioni.
La conversione genica è una mutazione in cui si hanno trasferimenti non reciproci di sequenze di DNA tra geni o alleli, nel primo caso la conversione è interallelica nel secondo caso si dice che è interlocus. Delle due sequenze, quella che rimane invariata è detta donatore, quella che viene modificata è detta accettore.
La trasposizione si verifica quando un elemento trasponibile come LINE o SINE si integra nel genoma dopo essere stata retrotrascritta. Tale mutazione può non avere nessun effetto fenotipico se interessa regioni ripetute, ma può dare origine a patologie quando la trasposizione avviene all'interno di un gene attivamente trascritto.
L'anello si verifica quando le due estremità di un cromosoma si appaiano tra loro, formando un anello. Quest'anomalia può comportare, o meno, perdita di materiale genetico.

Mutazioni del cariotipo




Si parla di mutazione genomiche o anomalie cariotipiche quando un organismo presenta dei cromosomi in più o in meno rispetto al normale.
Se sono presenti interi corredi cromosomici in più o in meno si parla di euploidia aberrante; se invece è solo una parte del corredo in eccesso o in difetto l'anomalia è chiamata aneuploidia.
Nell'uomo e, in generale, in tutti gli organismi diploidi, che hanno dunque coppie di cromosomi omologhi, le forme di aneuploidia più frequenti sono la mancanza di un cromosoma da una coppia (monosomia) o la presenza di un cromosoma in più in una coppia (trisomia) . Più raro è il caso di perdita di una coppia intera (nullisomia).
Un esempio degli effetti di un'anomalia di questo tipo è la sindrome di Down, chiamata anche trisomia 21; gli individui affetti da questa sindrome hanno tre copie del cromosoma 21, invece che due. La sindrome di Turner è invece un esempio di monosomia; gli individui nati con questa anomalia possiedono un solo cromosoma sessuale, quello femminile X. Tra gli organismi aploidi i casi più diffusi di aneuploidia consistono nella presenza di un cromosoma soprannumerario (disomia).

Effetti delle mutazioni su larga scala



Anche per questa categoria di mutazioni le possibili conseguenze sull'organismo sono variabili. In generale ci sarà effetto ogni volta che, nella modificazione del cromosoma o del genoma, si altera anche la sequenza o il numero di uno o più geni. A differenza delle mutazioni geniche in questo caso gli effetti saranno sempre negativi.
Per tutte le mutazioni cromosomiche è necessaria la rottura del doppio filamento in almeno un punto per permettere il successivo riarrangiamento: se la rottura avviene all'interno di un gene al termine del processo la sua sequenza sarà mutata. Ad esempio, in un' inversione, se le fratture sono avvenute in sequenze codificanti, a seguito del diverso orientamento del frammento reinserito, i geni alle estremità avranno parte della sequenza giusta e parte proveniente dall'altra estremità del frammento, quindi sbagliata (i geni interni al frammento invece non saranno mutati ma solo invertiti nell'ordine). La situazione è analoga per le traslocazioni. Le delezioni e le duplicazioni invece avranno ulteriori conseguenze, essendo riarrangiamenti che alterano non la disposizione ma la quantità di materiale genetico. La delezione avrà effetti negativi proporzionali alla dimensione del frammento deleto. La duplicazione aumenta il numero di copie dei geni contenuti nel frammento duplicato: anche questo però ha conseguenze dannose perché determina uno squilibrio genico.
In modo analogo nelle mutazioni del cariotipo si ha un aumento o una diminuzione delle dimensioni del genoma cellulare. L' auploidia aberrante è rara ma comunque letale negli animali (tranne rare eccezioni), può essere anche determinante invece nelle piante. Recenti studi invece hanno ormai dimostrato che l' aneuploidia è una delle dirette cause di molti tumori (e non una conseguenza come si era anche pensato)
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Altre mutazioni



Mutazioni da sistemi di riparazione: paradossalmente mutazioni genetiche possono essere inserite anche da particolari processi di riparazione del DNA. Può capitare infatti che determinati danni del DNA non siamo riconosciuti e riparati da nessun macchinario preposto a questo compito, fino al successivo ciclo di replicazione: se questi danni (come ad esempio i fotoprodotti indotti dalle radiazioni ultraviolette) bloccano l'azione della DNA polimerasi, cioè impediscono di replicare il DNA a valle del danno, determinano la perdita di materiale genetico con conseguenze praticamente sempre letali per la cellula figlia. Si sono allora sviluppati meccanismi di riparazione cosiddetti SOS, che agiscono in questi casi estremi: le polimerasi di questo sistema non si bloccano, ma aggiungono lo stesso nucleotidi davanti al danno; nella gran parte dei casi però l'aggiunta è casuale e quindi con alto rischio di aggiungere nucleotidi non corretti; quindi di provocare mutazioni. Un altro sistema con conseguenze analoghe è il sistema di riparazione delle rotture del doppio filamento di DNA che non sfrutta l'omologia: il cosiddetto NHEJ (non-homologous end joining, giunzione delle estremità non omologhe). Anche qui per riparare la rottura e evitare di perdere il frammento privo di centromero nel successivo ciclo meiotico o mitotico il sistema provoca delezioni delle sequenze adiacenti alla rottura. In entrambi i casi quindi i sistemi evitano un danno molto grande, ma devono pagare come prezzo l'inserimento di mutazioni anch'esse potenzialmente dannose.
Mutazioni condizionali: sono mutazioni che pur presenti hanno un effetto soltanto in determinate condizioni ambientali. I casi più diffuso, tra gli aploidi, sono le mutazioni sensibili alla temperatura; che agiscono cioè solo al di sopra (o di sotto) di determinate soglie di temperatura.
Mutazioni per trasposizione: sono dovute all'inserimento, all'interno della sequenza codificante o di regolazione, di elementi trasponibili o trasposoni. Questi determinano l'inattivazione completa del gene, ma essendo elementi dinamici, possono fuoriuscire dal gene e ristabilire la sua sequenza corretta.

Effetti delle mutazioni geniche



Gli effetti possono essere notevolmente diversi a seconda del tipo di mutazione e della posizione in cui questa si verifica. Una mutazione può non portare a nessuna conseguenza e questo quando interessa DNA che non codifica (o meglio sembra non codificare) nessun prodotto genico (il cosiddetto junk DNA o DNA spazzatura ) . Se la mutazione va invece ad alterare le sequenze codificanti, ovvero i geni, si ha una variazione nel tipo o nella quantità del corrispettivo prodotto genico, che può essere una proteina o RNA funzionale (rRNA, tRNA, snRNA ecc.). Parliamo in questo caso di mutazione biochimica; se la mutazione biochimica porta a una variazione visibile del fenotipo si parla di mutazione morfologica.
Inoltre distinguiamo, sempre in relazione agli effetti, in:
mutazione positiva: porta un vantaggio evolutivo;
mutazione neutra: non risulta in un depotenziamento della capacità riproduttiva dell’individuo;
mutazione disvitale o semiletale: rende più difficoltosa la perpetuazione riproduttiva dell’individuo (il tipico esempio sono le malattie genetiche che debilitano in qualche modo l’individuo, rendendolo meno capace di riprodursi, senza però impedirglielo totalmente);
mutazione subletale: non permette all’individuo di raggiungere l’età riproduttiva;
mutazione letale: porta alla morte dell'individuo in fase embrionale o fetale.
L'efficacia della mutazione, sia positiva che negativa, dipende poi dal tipo di allele mutato così creato; questo potrà essere infatti dominante o recessivo. Nei diploidi se è dominante avrà sempre effetto (sia in un eterozigote che in un omozigote dominante); se è recessivo, essendo aploinsufficiente, per avere effetto ha bisogno che anche l'altro elemento della coppia genica sia mutato (individuo omozigote recessivo). Negli aploidi, che sono emizigoti, la mutazione avrà invece sempre effetto.
Le mutazioni possono essere in alcuni casi pleiotropiche, ovvero possono dar luogo a più effetti: ad esempio nel topo (Mus musculus), un comune allele mutante e dominante in condizioni di eterozigosi determina una variazione del colore del mantello; in omozigosi, cioè quando l'allele mutato è presente in duplice copia, provoca invece la morte dell'animale prima ancora della nascita. Si può presumere quindi che il gene mutato controlli non solo il colore della pelliccia, ma anche qualche altro processo biochimico vitale per l'organismo.

Reversione e soppressione



A differenza di mutazioni su larga scala, quelle puntiformi possono essere soggette a reversione: attraverso altre mutazioni le prime possono scomparire o ne può scomparire l'effetto sull'organismo. Nel primo caso parliamo di reversione in senso stretto: la mutazione revertente può riportare il codone mutato così com'era originariamente (si parla comunemente di retromutazione); oppure la mutazione può alterare sempre il codone mutato trasformandolo in uno diverso da quello iniziale, ma codificante lo stesso amminoacido (reversione di sito). Nel caso in cui la seconda mutazione occorra su un codone diverso si parla di soppressione: la soppressione potrà essere interna se il codone è all'interno del gene mutato o esterna se appartiene ad un altro gene. Un esempio di soppressione interna è una delezione (o un'inserzione) che annulla l'effetto di una inserzione (o delezione) nello stesso gene. Il caso più comune di soppressione esterna è invece la mutazione nell'anticodone di un tRNA che annulla quella avvenuta nel codone complementare.

Nomenclatura



È stata sviluppata una particolare nomenclatura per specificare il tipo di mutazione e il tipo di base o amminoacido cambiato.
Sostituzione di un amminoacido - (ad esempio D111E) La prima lettera rappresenta il codice (ad una lettera) dell'amminoacido originariamente presente; il numero indica la posizione dell'amminoacido a partire dall'estremità N-terminale; la seconda lettera è il codice dell'amminoacido sostituito in seguito alla mutazione. Se la seconda lettera è una X vuol dire che un qualunque amminoacido può sostituire quello iniziale.
Delezione di un amminoacido - (ad esempio ΔF508) Il simbolo greco Δ (delta) indica una delezione; la lettera rappresenta l'amminoacido deleto; il numero è la posizione, sempre dall'N-terminale, dove si trovava l'amminoacido nella sequenza prima della delezione.

Storia





Il naturalista Hugo de Vries.

Il primo a introdurre il termine mutazione nel campo della genetica fu Hugo de Vries, nel 1901, che lo riferiva però alle brusche variazioni nei caratteri di un organismo; in particolare osservando come nella progenie di un ceppo della pianta Oenothera lamarckiana si potevano ottenere alcuni individui inaspettatamente giganti. Il concetto di mutazione così come è inteso oggi, invece, fu usato solo a partire dal 1927.
In generale si può dire, comunque, che le mutazioni genetiche hanno avuto un ruolo essenziale ancora prima, fin dagli albori della genetica; già nei celebri lavori del padre della genetica, Gregor Mendel, infatti, i fenotipi come il colore bianco dei petali o giallo dei semi maturi, usati per formulare le sue leggi, non erano che dovute a mutazioni inattivanti dei corrispettivi geni.


Thomas Hunt Morgan.



Il primo "sfruttamento" consapevole delle mutazioni avviene a partire dagli studi, condotti ai primi del 900 da Thomas Hunt Morgan e il suo cosiddetto fly group, sul moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Morgan e colleghi portarono le prime importanti prove sperimentali della teoria cromosomica dell'ereditarietà, che ipotizzava per la prima volta una stretta connessione tra geni e cromosomi. I ricercatori isolarono in una vasta popolazione di insetti un moscerino dagli occhi bianchi (mentre nel fenotipo selvatico erano rossi). Anche qui il fenotipo particolare era stato provocato da una mutazione spontanea nel gene per il colore degli occhi. Mutazione che aveva prodotto una nuova forma allelica; gli incroci tra individui con alleli diversi hanno permesso di ottenere i risultati sopra detti. Morgan isolò per questi incroci, dopo il caso del moscerino dagli occhi bianchi, ben 83 ceppi ciascuno con mutazioni su geni diversi. Le mutazioni ebbero poi un ruolo sempre più crescente da quando furono scoperti i primi agenti mutageni. La maggior parte degli esperimenti chiave nella storia della genetica fecero uso di mutazioni indotte: nel 1941, nel loro celebre esperimento che portò al dogma un gene-un enzima, Edward Lawrie Tatum e George Wells Beadle fecero ad esempio uso di ceppi di Neurospora crassa mutagenizzati tramite raggi X. In modo analogo Tatum e Joshua Lederberg nel 1946 usarono mutazioni in ceppi di Escherichia coli per dimostrare l'esistenza del processo di coniugazione batterica.
Un importante capitolo nella storia delle mutazioni nella genetica riguarda la disputa sull'origine delle mutazioni nei batteri. Intorno agli anni quaranta infatti alcuni batteriologi misero in dubbio che le mutazioni potessero avvenire nei batteri in modo del tutto spontaneo (come era invece accettato per gli organismi superiori; essi ritenevano piuttosto che le mutazioni erano indotte dalla presenza di particolari condizioni ambientali. Ad esempio, i batteri che sopravvivevano in seguito all'aggiunta di un batteriofago avevano acquisito la resistenza grazie a una mutazione indotta dalla stessa presenza dei fagi (teoria adattativa). Numerosi altri studiosi invece erano convinti che le mutazioni si verificassero così come in tutti gli altri organismi, spontaneamente. Quest'ultima teoria (teoria genetica) fu definitivamente dimostrata da due celebri esperimenti: il cosiddetto test di fluttuazione (o di Salvador Luria e Max Delbruck), sviluppato nel 1943 e la tecnica della piastratura delle repliche ideata da Joshua e Esther Lederberg.

Applicazioni nelle analisi genetiche



Gli studi genetici che fanno uso di mutazioni possono essere distinte in due categorie a secondo dello scopo dello studio e dei dati che si posseggono: studi di genetica diretta e di genetica indiretta. Il primo approccio è usato qualora si voglia determinare i geni che in un organismo siamo correlati a una certa funzione: in questo caso l'organismo viene esposto a mutageni e successivamente il genetista compie la cosiddetta "caccia al mutante", in cui va a ricercare gli individui i cui sono stati alterati i fenotipi correlati alla funzione che si sta studiando. A questo punto si determina la posizione del gene mutato tramite incroci si isola e si analizza in dettaglio: ne si determina la sequenza nucleotidica e si osserva per quale prodotto genico codifica. Nella genetica diretta quindi si parte dal fenotipo per vedere da quale genotipo è causato. Il secondo tipo di studio compie invece il percorso inverso: parte dal genotipo per studiare il fenotipo: si parte in genere da una sequenza di DNA o RNA nota o addirittura da un prodotto genico (di solito una proteina), si mutagenizzano in modo selettivo e si vede che effetti fenotipo causano nell'organismo; si parla in questo caso anche di silenziamento genico.

Mutagenesi sito specifica



Molto importanti sono le tecniche che permettono di ottenere mutazioni sito specifiche; mutazioni cioè indotte in modo selettivo nelle zone di interesse di una sequenza. In questo modo per esempio è possibile inserire una mutazione in un particolare dominio di una proteina e, saggiando le conseguenze, determinarne la funzione.

Test di mutagenesi




I test di mutagenesi sono procedure in cui cellule, tessuti o interi organismi sono esposti all'azione di una sostanza chimica, per verificarne e/o quantificarne la mutagenicità; i sistemi biologici in esame sono quindi studiati, dopo un certo periodo di incubazione, e analizzati per vedere la presenza di eventuali mutazioni. In generale la capacità mutagena di un agente è direttamente proporzionale ai mutanti identificati al termine del test. I test routinari sono svolti su batteri, essendo sistemi più conosciuti e di più facile utilizzo. I test sono però volti a scoprire il danno che una sostanza può creare all'uomo, il quale ha, ovviamente, molte caratteristiche biologiche diverse dai procarioti; per questo si procede a modificare geneticamente i batteri usati nei test per mimare un sistema il più vicino possibile a quello umano, oppure si usano cellule di mammifero (solitamente di roditori). Tra i test più usati ci sono il test di Ames e il test del micronucleo.

Il test di Ames


Colonie del batterio di salmonella
Un esempio di applicazione delle mutazioni in campo biomedico è il test di Ames. Il test, sviluppato negli anni settanta da Bruce Ames, ha lo scopo di determinare la cancerogenicità di una sostanza studiando la sua capacità di indurre mutazioni; in generale infatti una sostanza mutagena è anche cancerogena. È solitamente usata una forma mutata del batterio Salmonella typhimurium, ad esempio un ceppo che non è in grado di crescere in terreno privo di istidina; il ceppo è diviso in due piastre separate con terreni privi dell'amminoacido: uno di essi sarà esposto alla sostanza da testare l'altro no. Se la sostanza ha capacità mutagena ci sarà una certa probabilità che induca delle reversioni della mutazione; annulla cioè l'effetto della prima mutazione con una mutazione, permettendo di nuovo al batterio di sopravvivere anche in assenza di istidina. Sul ceppo non mutagenizzato invece non ci sarà nessuna colonia o molto poche (essendo la reversione per mutazione spontanea molto rara). Più colonie sopravviveranno nel campione mutagenizzato, maggiore sarà stato il numero di retromutazioni e quindi maggiore è la cancerogenicità della sostanza.

Esempi di mutazioni positive



La tolleranza al lattosio, che permette la digeribilità del latte e degli alimenti che lo contengono, è derivata secondo i genetisti da una mutazione favorevole avvenuta circa 10.000 anni fa (8.000 secondo altre fonti) che colpì gli uomini che abitavano la zona del Caucaso. È un chiaro esempio di mutazione favorevole che, in quanto tale, si è presto diffusa rapidamente nella popolazione: ad oggi solo una parte della popolazione umana soffre di intolleranza per questa sostanza. Ulteriori dimostrazioni derivano dal fatto che popoli che abitarono zone lontane dall'origine della mutazione, come Asiatici e Africani, e che non vennero in stretto contatto con i caucasici, presentano oggi una maggiore diffusione dell'intolleranza al lattosio.
Un altro caso che si ritiene essere una mutazione positiva è la delezione di 32 coppie di basi nel gene umano CCR5 (CCR5-32) che conferisce all'uomo la resistenza all'AIDS negli omozigoti, mentre ritarda i suoi effetti negli eterozigoti. La mutazione è mediamente più diffusa tra coloro che hanno discendenza europea; una teoria per spiegare la maggiore diffusione nella popolazione europea della mutazione CCR-32 la mette in relazione con le forme di resistenza alla peste bubbonica sviluppate nella metà del quattordicesimo secolo.
La mutazione dell'apolipoproteina Apo A-1 in Apo A-1 Milano, tale mutazione conferisce agli abitanti di Limone sul Garda (portatori di questa mutazione) un’innata resistenza agli effetti dannosi del "colesterolo cattivo", dei trigliceridi elevati nel sangue e previene la formazione delle placche ateromasiche; Questa proteina mutata ha conferito, inoltre, agli abitanti del paese un'estrema longevità, una dozzina di residenti ha superato i 100 anni (su circa un migliaio di abitanti).

Esempi di mutazioni negative



La fenilchetonuria è una malattia provocata da una mutazione genica che rallenta o blocca la capacità di trasformare l'amminoacido fenilalanina in tirosina. Questo dunque si accumula nell'organismo e se in grado di raggiungere il cervello può provocare danni neurologici.


Un esemplare di gatto Manx
Il daltonismo ha tra le varie cause possibili quelle genetiche, dovute a mutazioni su geni che codificano fotorecettori.
L'albinismo è una disfunzione genetica dovuta alla mutazione del gene per la melanina.
L'anemia drepanocitica o anemia falciforme è una malattia del sangue conseguenza di una mutazione che provoca l'alterazione della struttura e della funzione dei globuli rossi.
Il gatto Manx si è sviluppato a seguito di un'alta frequenza di accoppiamento tra individui della stessa specie. La mutazione riguarda il gene cosiddetto "M" e provoca oltre all'assenza di coda anomalie nella struttura scheletrica. Il gene è dominante ma si manifesta con diversa espressività. Gli individui omozigoti dominanti (M/M) non sopravvivono e muoiono quando sono ancora nello stato di feto nell'utero materno.
Mutazioni per scopi commerciali [modifica]

Mutazioni indotte possono essere alla base di processi per la selezione di organismi mutanti con caratteristiche vantaggiose. Sono pratiche usate principalmente in agricoltura e rivolte a specie vegetali. I vantaggi possono riguardare ad esempio la capacità di crescere in particolari condizioni ambientali, la presenza di frutti più grandi o privi di semi ecc. In molti casi le mutazioni riguardano la variazione nel numero di cromosomi. Esempi sono:
la produzioni di specie con un corredo cromosomico in più del normale e dispari (aneuploidia); le banane che troviamo in commercio, ad esempio, sono triploidi invece di diploidi. Lo scopo è di ottenere piante che siano sterili e per questo con frutti privi di semi.
il raddoppio del corredo cromosomico (euploidia aberrante): ad esempio in molte specie di uva, che è solitamente diploide, si agisce bloccando il processo meiotico generando piante tetraploidi (con 4 corredi). In questo caso la conseguenza favorevole è l'aumento delle dimensioni del frutto (l'acino d'uva) in parallelo con l'aumento del materiale genetico.
Queste metodologie non devono essere confuse con quelle usate in ingegneria genetica e che sono alla base degli organismi geneticamente modificati (OGM).
view post Posted: 23/7/2013, 17:11     Flusso genico - Evoluzione

Flusso genico





Il flusso genico è la diffusione dei geni fra popolazioni, per migrazioni di individui in età riproduttiva, per dispersione di propaguli o, nel caso delle piante, per dispersione dei gameti sotto forma di polline seguiti da riproduzione. Il flusso genico ha due effetti principali sulle popolazioni:
può cambiare le frequenze alleliche della popolazione ricevente;
può contribuire con nuovi geni al pool genico della popolazione ricevente (favorendo la dispersione di alleli unici e fungendo da fonte di variabilità genetica alternativa all'insorgenza di una nuova mutazione, evento generalmente raro).
In definitiva, l'effetto globale del flusso genico è quello di aumentare il polimorfismo di una popolazione e, allo stesso tempo, di ridurre le differenze genetiche medie tra le popolazioni. Questo scambio di geni diventa quindi una forza unificante che tende a prevenire che le popolazioni evolvano tra di loro differenze dal punto di vista genetico.
view post Posted: 23/7/2013, 09:46     Teoria degli equilibri punteggiati - Evoluzione

Teoria degli equilibri punteggiati



La teoria degli equilibri punteggiati è un modello scientifico sviluppato nell'ambito della teoria dell'evoluzione per selezione naturale, elaborato dal biologo, zoologo, paleontologo Stephen Jay Gould e dal paleontologo Niles Eldredge.
Tale teoria sostiene che i cambiamenti evolutivi avvengano in periodi di tempo relativamente brevi sotto l'impulso di forze selettive ambientali; questi periodi di variazione evolutiva sarebbero intervallati da lunghi periodi di stabilità evolutiva, nei periodi di stabilità il fenotipo delle forme di vita sarebbe rimasto sostanzialmente stabile, mentre nei periodi di variabilità i fenotipi delle forme di vita si sarebbero diversificati fino a portare all'attuale biodiversità; il breve secondo Gould è stato a volte frainteso, confondendolo con il termine immediato, bisogna infatti ricordare che il breve di Gould si riferisce alle scale geologiche, pertanto risultano essere brevi i periodi temporali pari od inferiori ad i 200.000/300.000 anni
.
All'interno della teoria dell'evoluzione per selezione naturale, Gould formulò un modello temporale definendolo equilibri punteggiati (o puntati). Tale modello di diversificazione nel tempo degli organismi viventi (speciazione) si contrappose al modello di speciazione definito gradualismo filetico promosso dal darwinismo classico, dove con gradualismo si intendeva però un processo lento e costante.
Il neodarwinismo utilizza un modello temporale di speciazione definito evoluzione graduale ed a velocità non costante; questo modello temporale del corpo teorico dell'evoluzione ha portato alla sostanziale convergenza delle argomentazioni neodarwiniste e degli equilibri, per questo motivo si ritiene che il modello degli equilibri non abbia apportato un sostanziale mutamento all'accezione neodarwinista del tempo evolutivo. Il neodarwinismo, pertanto, permane come la teoria evolutiva attualmente più accreditata in campo scientifico.

Principi della teoria





Equilibri punteggiati, in basso: consiste di lunghi periodi di stabilità intervallati a momenti di rapida differenziazione
Gould e Eldredge basarono la loro teoria sulla allora carenza di testimonianze fossili le quali risultavano poco coerenti con una teoria evolutiva incentrata sulla costanza dell’evoluzione. La teoria degli equilibri punteggiati postulò che le specie rimanessero stabili per lungo tempo e che variassero in brevi periodi.

Punti principali



Le nuove specie sorgono in seguito a una scissione della linea evolutiva.
Vi sono periodi temporali all'interno dei quali le nuove specie si differenziano rapidamente, altri in cui tendono a rimanere stabili.
All'origine della nuova specie si trova una piccola sottopopolazione della forma ancestrale.
La nuova specie si origina in una parte piccolissima dell'ambito di distribuzione geografica della specie ancestrale, in un'area isolata alla periferia di questo ambito (Eldredge, Gould, 1972).
La teoria propose un modello alternativo, volto a confutare l'aggettivazione di costante data al gradualismo filetico.
Tali principi furono:
Le nuove specie si originano dalla trasformazione di una popolazione antenata nelle sue discendenti modificate.
Questa trasformazione è graduale ma a velocità variabile secondo i casi.
La trasformazione avviene quando una popolazione è isolata dal punto di vista riproduttivo.
La trasformazione ha luogo in tutto l'ambito di distribuzione della popolazione antenata, o almeno in gran parte di esso.

Equilibri punteggiati e neodarwinismo



Stephen Jay Gould viene identificato come il padre di questo modello (nonostante egli abbia sempre rifiutato tale attribuzione), ha affermato che questo modello trova applicazione all'interno della formazione di Phyla, in quanto per il darwinismo classico, l'evoluzione procede gradualmente, con il passaggio di una specie all'altra in maniera costante, quasi senza soluzione di continuità, ma i ritrovamenti di strati rocciosi all'interno dei quali si ritrovano moltissime evidenze di evoluzione intervallati da strati rocciosi all'interno dei quali i fossili non mostrano segni evidenti di evoluzione è per Gould la dimostrazione della validità delle proprie argomentazioni. I riscontri paleontologici e geologici derivanti dallo studio delle rocce depostesi negli ultimi 600 milioni di anni della storia della Terra forniscono un supporto al modello degli equilibri punteggiati, in particolar modo rivelando fasi geologiche in cui si osservarono oscillazioni macroscopiche delle temperature medie sulla superficie terrestre, del livello del mare, del tasso di CO2, dell'attività tettonica, della biodiversità e degli impatti meteoritici.
Il primo a sostenere che la velocità dell'evoluzione non fosse costante fu lo stesso Darwin il quale affermava che:
« Molte specie, dopo essere state formate, non sono mai andate incontro a ulteriori mutamenti (...) ed i periodi, durante i quali le specie sono andate incontro a modificazioni, anche se lunghi misurati in anni, probabilmente sono stati brevi in confronto ai periodi in cui hanno mantenuto la stessa forma. »
(Charles Darwin; L'origine delle specie; 1872; 6ª edizione; capitolo XV)

Il punto della discordia emerse in considerazione che con il termine evoluzione graduale alcuni contemporanei di Gould ritenevano la velocità dell’evoluzione come costante.
Per il neodarwinismo il termine velocità evolutiva si riferisce alla costanza o meno dell'evoluzione in relazione al tempo, cioè se l'evoluzione d'una specie è costante o intervalla momenti di stasi a momenti di veloce evoluzione. Con il termine gradualismo ci si riferisce pertanto al lungo periodo necessario a formare una nuova specie ed è stato quindi scelto in contrapposizione all'evoluzione per salti o saltazionismo che invece ipotizza la formazione d'una nuova specie in poche o direttamente in una sola generazione.
La teoria neodarwinista afferma lo stesso concetto di tempo evolutivo della formulazione originaria di Charles Darwin cioè che l'evoluzione è graduale ed a velocità non costante e quindi la coerenza con i fossili è mantenuta e la teoria degli equilibri punteggiati è stata considerata una riproposizione d'una teoria già esistente.

Cenni storici



Il modello degli equilibri punteggiati ebbe origine come una estensione del concetto di Ernst Mayr di rivoluzioni genetiche riguardo alle speciazioni allopatriche ed in particolar modo riguardo alle speciazioni parapatriche.
Per quanto le prime basi del modello furono proposte ed ipotizzate da Mayr Ernst nel 1954, gli storici della scienza riconoscono nello scritto del 1972 di Niles Eldredge e Stephen Jay Gould il documento fondante questo nuovo indirizzo di ricerca paleobiologica.
Il modello degli equilibri punteggiati differisce dall'ipotesi originaria di Mayr in quanto Eldredge e Gould posero in particolare rilievo i periodi di stasi; al contrario Mayr poneva in rilievo l'apparente "saltuarietà morfologica", cioè la percezione di un'improvvisa comparsa di nuove strutture anatomiche (punctuational patterns), la quale si riscontrava durante l'analisi dell'anatomia dei fossili presenti in strati geologici successivi.
Mayr si disse concorde con quanto riportato da Eldredge e Gould, ammettendo che la presenza dei periodi di stasi evolutiva, periodi di stasi sostenuti dai due paleontologi, erano "inaspettati dai biologi evolutivi" e che il modello degli equilibri punteggiati "aveva un impatto notevole sulla paleontologia e la biologia evolutiva".
Precedentemente allo scritto congiunto del 1972, Eldredge pubblicò uno scritto nel 1971 sul Journal of Evolution, in cui suggeriva che se l'evoluzione graduale fosse stata costante si sarebbero dovute ritrovare successioni di fossili che dimostrassero tale costanza dell'evoluzione, ma molto raramente le successioni di fossili ritrovati confermavano tale gradualismo e costanza nella trasformazione di una specie in un'altra, pertanto egli riteneva che il probabile meccanismo preferito dall'evoluzione fosse quello proposto da Ernst Mayr, giudicandolo come un possibile modo per risolvere la questione sulla costanza o meno dell'evoluzione.
Eldredge e Gould presentarono il loro lavoro ed i loro risultati durante il congresso annuale della Società Geologica Americana (Geological Society of America) nel 1971. Il congresso concentrò la sua attenzione sulla possibilità degli studi moderni di dare nuova vita ai vari aspetti della paleontologia ed agli studi sull'evoluzione. Tom Schopf, responsabile dell'organizzazione del congresso, assegnò a Gould il tema della speciazione. Gould richiamò l'attenzione sulla pubblicazione del 1971 di Eldredge sostenendo che costui aveva presentato le uniche idee nuove ed interessanti sulle implicazioni paleontologiche, per questo motivo chiese a Schopf che egli potesse presentare il lavoro congiuntamente a Eldredge.
Riguardo l'elaborazione del modello, secondo Gould, le idee vennero principalmente da Eldredge; Gould coniò il termine equilibri punteggiati (punctuated equilibrium) e scrisse la maggior parte degli articoli, in particolare quello del 1972, ma Gould riteneva che in Eldredge si dovesse identificare il primo autore negli articoli scientifici firmati Eldredge e Gould.

Interpretazioni distorte della teoria degli equilibri punteggiati



Il modello degli equilibri punteggiati è stato a volte frainteso o male interpretato.

Dati negativi



Un'obiezione frequente a questo modello fu che questo si basasse sull'assenza di fossili transitori, e tuttavia l'assenza di tali fossili non potrebbe essere qualificata scientificamente come una prova significativa in quanto l'evento della fossilizzazione si verifica molto raramente ed in alcuni casi ricerche successive hanno permesso di effettuare ritrovamenti di fossili ascrivibili e specie transitorie.
Gould sottolineò che il modello degli equilibri punteggiati non si appoggia unicamente su dei dati negativi, come l'assenza di fossili transitori, ma anche su dei dati positivi, come l'esistenza dei periodi di stasi, i periodi di stasi sono caratterizzati da lunghi periodi di tempo dove in una specie non si osserva nessun cambiamento morfologico rilevante. Secondo un aforisma celebre di Stephen Jay Gould, "stasis is data" (la stasi è un dato), nonostante la tendenza dei paleontologi a trascurare la semplice assenza di cambiamento quando l'osservano in un fossile, l'assenza di cambiamento costituisce un dato reale e positivo.

Forme intermedie



Il modello degli equilibri punteggiati è talvolta frainteso, intendendolo come la negazione dell'esistenza di fossili di forme intermedie e quindi presentandolo come una spiegazione a questa assenza.
Gould fece notare che il modello degli equilibri punteggiati riguarda unicamente la formazione delle nuove specie con l'assenza di forme intermedie tra specie differenti. La specie è una dei pioli più bassi della classificazione tassonomica del mondo vivente, le specie intermedie tra gruppi più ampi, per esempio tra rettili e mammiferi o tra dinosauri ed uccelli, sono al contrario numerose. "Le forme intermedie mancano abitualmente al livello delle specie, ma abbondano tra gruppi più ampi", scrive Gould.

Mostro promettente o Mostro di belle speranze

Una parte delle obiezioni formulate contro il modello degli equilibri punteggiati consiste nel suo avvicinamento al modello del "mostro promettente". Questo differente modello dell'evoluzione fu elaborato inizialmente negli anni 1930 dal genetista Richard Goldschmidt, e suppone che una sola mutazione di grande ampiezza potrebbe dare nascita ad una nuova specie, addirittura ad un nuovo "grande gruppo" di esseri viventi, permettendo la comparsa, in una sola tappa ad un nuovo piano di organizzazione tassonomica.
Il modello degli equilibri punteggiati afferma invece che la formazione delle nuove specie è geologicamente istantanea, nel senso che passando da uno strato al successivo si osserva "istantaneamente" la comparsa di una nuova specie, gli strati geologici impiegano però migliaia di anni a formarsi quindi, l'effettiva evoluzione di una nuova specie può implicare una durata reale di alcune migliaia di anni, ed implicare un numero significativo di piccole mutazioni, piuttosto che una sola mutazione di grande ampiezza. La teoria del mostro promettente mirava a spiegare la nascita dei grande gruppi caratterizzati da innovazioni evolutive radicali. Il modello degli equilibri punteggiati si accentra al contrario sul fenomeno di speciazione e sulla distinzione fra tempo geologico e successioni degli strati, un fossile che rimane imprigionato in uno strato formatosi in milioni di anni, anche se negli strati precedenti non vi fosse traccia di organismi simili a quello fossilizzato, non significherebbe che tale specie si sia evoluta istantaneamente, bensì in milioni di anni, o comunque in un numero di milioni di anni pari a quelli che lo strato geologico ha necessitato per formarsi.
Il punto comune tra il modello degli equilibri punteggiati ed il modello del mostro promettente consiste nella supposizione di un cambiamento evolutivo veloce. Gould si è dichiarato favorevole ad una forma moderata della teoria del mostro promettente, ma queste dichiarazioni erano, nel loro contesto, senza rapporto diretto coi suoi lavori sul modello degli equilibri punteggiati.

Abusi ideologici



Dalle correnti creazioniste proviene una storpiatura strumentale delle obiezioni sollevate dal modello degli equilibri punteggiati contro le imperfezioni del modello sviluppato nella teoria sintetica dell'evoluzione, tali storpiature mediaticamente vengono impiegate al fine di screditare l'insieme delle teorie dell'evoluzione conseguenti alle ipotesi formulate da Darwin. Tuttavia il modello degli equilibri punteggiati ed i lavori scientifici che ad esso sono legati non rimettono in causa i fondamenti della teoria dell'evoluzione di Darwin e non discutono la validità ed il ruolo della selezione. Il modello degli equilibri punteggiati non ammette la confusione tra modelli scientifici che si basano sulla ricerca, sulla sperimentazione e sulla verifica continua, con atteggiamenti di natura fideista.

<p align="center">Podarcis sicula





Podarcis sicula. Lucertole della specie P. sicula depositate sullo scoglio di Hrid Pod Mrčaru nel 1971 si sono evolute in 36 anni, in modo da disporre di un nuovo organo di digestione, la valvola ileo-cecale, assente dalla specie di origine.
Nel 2004, una squadra scientifica guidata da Duncan Irschick ed Anthony Herrel si è recata sullo scoglio dalmata di Hrid Pod Mrčaru nel mare Adriatico per osservare una specie di lucertola conosciuta sotto il nome di "lucertola delle rovine". Questa lucertola fu introdotta sull'isola nel 1971 dalla squadra del professore Eviatar Nevo, un specialista dell'evoluzione che non aveva più potuto seguire l'osservazione di questa specie a causa dei conflitti iugoslavi.
Questi studiosi, 36 anni dopo l'introduzione di questo rettile sull'isola, osservarono dei notevoli cambiamenti morfologici nella colonia di Podarcis sicula (lucertola delle rovine) presente sull'isola. L'analisi del DNA mitocondriale effettuata sulle lucertole isolane ha dimostrato che si trattava sempre di lucertole appartenenti alla stessa specie Podarcis sicula, ma che differenze morfologiche notevoli tendono a distinguere questa popolazione. Gli esemplari studiati sono più grandi dei loro simili del continente, la loro mascella risulta più potente, il loro regime alimentare si è modificato, le lucertole continentali sono essenzialmente insettivore, le lucertole sull'isola sono diventate principalmente erbivore, e sono apparsi al livello degli intestini strutture che permettono di facilitare la digestione delle erbe (la valvola ileo-cecale). Questa scoperta è ritenuta in linea con il modello di evoluzione graduale ed a velocità non costante promossa dal neodarwinismo.
view post Posted: 23/7/2013, 09:26     Deriva genetica - Evoluzione

Deriva genetica





In genetica delle popolazioni, per deriva genetica si intende la componente dell'evoluzione di una specie dovuta a fattori casuali, e che può essere quindi studiata con metodi statistici. Questo effetto può far divenire un allele e il fenotipo da esso rappresentato più comune o più raro col passare di generazioni successive. In definitiva la deriva può sia rimuovere l'allele dal pool genetico, sia rimuovere tutte le altre varianti. Dato che la selezione naturale è la tendenza di alleli con effetti positivi a divenire più comuni nel tempo (e di quelli con effetti negativi a divenire meno comuni), la deriva genetica è la tendenza fondamentale di ogni allele di variare casualmente in frequenza nel tempo per una variazione statistica sola, così che lungo questo processo non siano comprese tutte le distribuzioni, ma neanche nessuna.
La probabilità influisce sulla comunità o rarità di un allele, perché nessun carattere garantisce la sopravvivenza né un numero dato di figli. Questo perché la sopravvivenza può dipendere da fattori non strettamente genetici (come la possibilità di "essere nel posto sbagliato nel momento sbagliato"). In altre parole, anche quando gli individui devono affrontare le stesse situazioni, avranno differenti risultati nel superarli. Può accadere dunque che una successione rara di fattori probabilistici - più che la semplice selezione naturale - possa portare un carattere a predominare, causando l'evoluzione di una popolazione o di una specie.
Un importante aspetto della deriva genetica è che la sua velocità si pensa dipenda fortemente dalla grandezza della popolazione. Questa è una conseguenza della legge dei grandi numeri. Quando più individui portano un particolare allele, e tutti affrontano uguali situazioni, il numero di figli che generano collettivamente di rado differirà dal valore previsto, che è, in media, il numero di individui per i tempi di vita dell'individuo. Ma con un piccolo numero di individui, una rottura fortuita per uno o due causa una deviazione sproporzionalmente più grande dal risultato previsto. Perciò piccole popolazioni derivano più rapidamente di quelle più grandi. Questa è la base per l'effetto del fondatore, un meccanismo proposto riguardo alla speciazione.
Per definizione, la deriva genetica non ha direzioni preferite. Un allele neutro (con effetto né positivo né negativo) si può stimare che aumenti o diminuisca in ogni generazione data con uguale probabilità. Dato un tempo sufficientemente lungo, comunque, la matematica della deriva genetica stima che l'allele scomparirà o sarà presente nel 100% della popolazione, dopo il quale tempo non vi è variazione casuale nel gene associato. Perciò la deriva genetica tende ad eliminare varianti di un gene da una popolazione lungo il tempo, al punto che tutti i membri di una specie dovrebbero infine essere omozigoti per quel gene. Riguardo a questo, la deriva genetica è un processo opposto alla mutazione genetica che introduce nuove varianti nella popolazione secondo i suoi propri processi casuali.

Dalla prospettiva della Genetica delle popolazioni, la deriva è un "effetto esemplare". Per rendere l'idea: in media, le monete danno testa o croce con eguale probabilità. Però pochi lanci consecutivi con poca probabilità daranno un numero eguale di teste e croci. I numeri non saranno probabilmente uguali neanche per un numero di lanci consecutivi molto alto, ma la discrepanza nel numero sarà molto piccola (in termini percentuali). Per esempio, dieci lanci danno almeno 70% teste circa una volte ogni sei tentativi, ma la probabilità di cento lanci consecutivi che diano almeno il 70% di testa è solo una su 25.000 circa.
In modo analogo, nella riproduzione di una popolazione, se un allele ha una frequenza p, la teoria della probabilità impone che (se non vi è selezione naturale in corso) nella generazione seguente, una frazione p della popolazione erediterà quell'allele particolare. Comunque, come nel caso dei lanci della moneta sopracitati, le frequenze alleliche nella popolazione reale non sono variazioni di probabilità; piuttosto, sono un modello casuale, e sono perciò soggetti alle stesse oscillazioni statistiche.
Quando gli alleli di un gene non differiscono considerevolmente, in media il numero di portatori in una generazione è proporzionale al numero di portatori nella generazione precedente. Ma la media non è mai corrispondente, poiché ogni generazione genera la successione una sola volta. Dunque la frequenza di un allele tra i figli spesso differisce dalla sua frequenza nella generazione dei genitori. Nella generazione dei figli, l'allele potrebbe perciò avere una frequenza p' leggermente differente da p. In questa situazione, si dice che le frequenze alleliche abbiano subito la deriva. Si noti che la frequenza dell'allele in generazioni successive sarà ora determinata in base alla frequenza p, il che sta a significare che la deriva è un processo privo di memoria e può essere visto come un processo di Markov.
Come nell'esempio del lancio della moneta, la grandezza della popolazione in riproduzione (la grandezza effettiva della popolazione) governa la forza dell'effetto di deriva. Quando la grandezza effettiva della popolazione è piccola, la deriva genetica sarà più forte.
Gli alleli in deriva hanno di solito un periodo di vita finito. Quando la frequenza di un allele deriva verso l'alto o verso il basso nel corso delle generazioni successive, deriva infine fino ad un punto fisso - che può essere sia il raggiungimento di una frequenza zero, con conseguente scomparsa dalla popolazione, sia il raggiungimento della frequenza del 100%, e in tal caso diviene l'unico allele nella popolazione per quel determinato gene. Successivamente a questa seconda ipotesi, la frequenza dell'allele può variare unicamente con l'introduzione di un nuovo allele grazie ad una nuova mutazione.
Il tempo di vita di un allele è governato dalla grandezza effettiva della popolazione. In una popolazione molto piccola, solo poche generazioni potrebbero bastare per portare la deriva genetica ad un punto fisso. In una popolazione più grande, ci vorrebbero invece più generazioni. In media, un allele raggiungerà un punto fisso in 4Ne generazioni, dove Ne è la grandezza effettiva della popolazione.
Secondo il principio di Hardy-Weinberg, che afferma che le frequenze alleliche in un pool genetico non cambieranno nel tempo, una popolazione deve essere grande a sufficienza per evitare che la deriva genetica cambi la frequenza allelica nel corso del tempo. Questo perché la legge è instabile in una popolazione piccola.

Deriva e selezione



La deriva genetica e la selezione naturale raramente si verificano isolatamente l'una rispetto all'altra: entrambe le forze sono sempre in gioco nella popolazione. Comunque, il grado in cui gli alleli subiscono l'effetto della deriva e della selezione varia a seconda delle circostanze.
In una popolazione ampia, dove la deriva genetica si verifica con molta lentezza, anche una debole selezione su un allele porterà la sua frequenza verso l'alto o verso il basso (a seconda che l'allele sia ad effetto positivo o negativo). Comunque, se la popolazione è molto piccola, la deriva avrà il predominio. In questo caso, effetti di selezione deboli potrebbero non vedersi del tutto dato che i piccoli cambiamenti in frequenza che essi produrrebbero sarebbero oscurati dalla forte deriva.

Deriva genetica nelle popolazioni



La deriva può avere effetti intensi e spesso bizzarri sulla storia dell'evoluzione di una popolazione. Questi effetti possono risultare contrari alla sopravvivenza della popolazione.
Nel cosiddetto "collo di bottiglia" di una popolazione, quando la popolazione improvvisamente si contrae in dimensione ridotta (si crede che ciò sia avvenuto anche nella storia dell'evoluzione umana), la deriva genetica può manifestarsi in cambiamenti improvvisi e drammatici nella frequenza allelica che si verificano indipendentemente dalla selezione. In questi casi, molti adattamenti positivi potrebbero essere eliminati anche se la popolazione più tardi dovesse nuovamente crescere molto.
Analogamente, le popolazioni che migrano possono osservare l'effetto del fondatore, che si verifica quando pochi individui con un allele raro nella generazione originale possono produrre una popolazione che ha frequenze alleliche che sembrano essere in contraddizione alla selezione naturale. Gli effetti del fondatore sono spesso ritenuti responsabili delle alte frequenze di malattie genetiche.
view post Posted: 23/7/2013, 09:18     Adattamento - Evoluzione

Adattamento





« La storia della vita sulla Terra, lo sappiamo, è la storia dell'adattamento all'ambiente. Attraverso una serie di mutazioni e di selezioni, le specie vegetali e animali si sono continuamente adattate all'ambiente in trasformazione, trovando ogni volta le soluzioni giuste per sopravvivere nei climi più diversi. Chi non s'adattava si estingueva. »
(Piero Angela)


Il termine adattamento in biologia si riferisce alla facoltà degli organismi viventi di mutare i propri processi metabolici, fisiologici e comportamentali, consentendo loro di adattarsi alle condizioni dell'ambiente nel quale vivono. In particolare, l'adattamento è riferito alle modificazioni di una struttura anatomica, un processo fisiologico o un tratto comportamentale di un organismo che si è evoluto in un certo periodo di tempo come effetto della selezione naturale, in maniera tale da aumentare il successo riproduttivo di tale organismo (nelle determinate condizioni ambientali in cui l'organismo si trova). L'adattamento può aumentare l'efficienza nel procurarsi o utilizzare le risorse fondamentali quali aria, luce, acqua e nutrimento, permettere di sopportare determinate condizioni fisiche difficili quali basse o elevate temperature e l'assenza di luce o aumentare la capacità di difendersi da un predatore.


Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per adattamento si intende l'adeguamento di un organismo, una specie o di un sistema ambientale al modificarsi delle condizioni esterne.
view post Posted: 23/7/2013, 08:13     Il demone - Sala libri horror



Trama:

E' una città malinconica, Levran. Un freddo centro metropolitano fatto di cemento, di traffico, pervaso da un sottile senso di straniamento e abbandono. In questo grigiore diffuso e spento si consuma l'esistenza di Desdemona, una giovane donna anticonformista e indipendente, che la vita ha reso forzatamente adulta prima del tempo. La sua solitudine si interrompe, inaspettatamente, il giorno in cui uno sconosciuto le salva la vita sul ciglio della strada; l'identità del misterioso soccorritore è un'incognita, come il filo sottile che lo lega a Desdemona, eppure la ragazza si lascia avvincere dall'indecifrabile fascino emanato dall'uomo, finendo in un gioco, forse, molto più grande di lei. Dalla penna dell'esordiente Delia Tannino, una vicenda di coraggio e amicizia; una storia che attinge al surreale e all'immaginifico per indagare e svelare un universo di sentimenti che ci popolano e ci possiedono ben oltre i confini del reale, anche oltre la morte.

Commento:

A metà strada tra horror e fantasy, nonostante demoni, vampiri e oscure presenze, Il demone è un romanzo che parla di amicizia, amore e bontà, per quanto l'inizio possa dare un'impressione diversa.
Capitolo dopo capitolo, infatti, risulta sempre più difficile distinguere tra bene e male, perché nulla è solo come appare. Dietro la facciata di ciascuno, infatti, diavolo oppure angelo, si nasconde sempre dell'altro. Un passato tormentato e doloroso non basta certo a giustificare tutto, può però aiutare a comprendere certe scelte... Fin dove si può arrivare per amore? Quanto può cambiarci il dolore?
Mentre le avventure e i misteri si susseguono senza sosta, mentre l'amicizia tra i protagonisti cresce e in Rabies riemergono sentimenti che credeva sepolti, nuove inaspettate possibilità prendono forma.
Pur se con qualche ingenuità nella trama, il romanzo è davvero piacevole e avvincente, i personaggi principali hanno una discreta caratterizzazione e lo stile è molto scorrevole. Buone anche le scene descrittive di battaglie e scontri vari, che risultano dettagliate e credibili, in considerazione del genere letterario di cui si parla.
Per nulla scontato l'epilogo, i cui contenuti si iniziano a percepire, correttamente, solo nelle ultime pagine; il finale e la scelta di Desdemona, fanno riemergere quella voglia di buoni sentimenti che, anche tra uno scontro e l'altro, si percepisce fin dall'inizio.
Davvero un bell'esordio.
(Maria Guidi) - See more at: www.librierecensioni.com/libri2/il-...h.KVKz3f4S.dpuf

Edited by demon quaid - 25/6/2014, 21:56
view post Posted: 23/7/2013, 08:08     La mente nera - Sala libri horror




Trama:

Esiste una linea di demarcazione tra i vari livelli di realtà? O è solo un falso confine creato dalla nostra paura irrazionale, dalla nostra presunzione di sapere spiegare tutto, dal delirio di onnipotenza dell'uomo che si vede depositario, creatore e gestore della Verità? Questo è il messaggio del testo che leggerete e questo è il dubbio che l'autore sa sottilmente, implacabilmente insinuare nella mente del lettore, riuscendo a coinvolgerlo in un'altalena di emozioni spesso così intense, da essere percepite fisicamente, come se le parole prendessero vita per percorrere la pelle srotolandosi in gelide onde roventi.

Commento:

Dopo due romanzi molto diversi tra loro - Apokalypsis. L'apocalisse dei demoni e Il treno va, per la terra degli angeli - Salvatore Palmieri torna alla sua principale passione, l'horror, cimentandosi però in una raccolta di racconti che, di lunghezza ed argomenti differenti, hanno un fattore comune: quello di risvegliare le paure, consce ed inconsce, del lettore!
Le storie che il giovane autore ci regala sono di genere diverso l'una dall'altra e non c'è, quindi, un appiattimento o un calo d'interesse mentre si va avanti con la lettura, ma piuttosto un coinvolgimento sempre differente, di storia in storia.
Ecco allora la presenza di mostri e fantasmi che nascondono, però, quelli che sono i veri mostri nella realtà; ecco tornare la paura del buio, che ha caratterizzato l'infanzia di quasi tutti noi e si risveglia, a causa del terrore palpabile del piccolo protagonista di Paura; ecco ancora la follia di La stanza degli ospiti e ancora demoniache presenze, sogni reali e vicende da incubo, storie che mescolano fantasia e realtà coinvolgendo pienamente il lettore (anche quando egli non vorrebbe!), grazie anche alle inquietanti foto di Raffaella Dagnese che arricchiscono il volume.
In questo libro si nota una maggiore maturità dell'autore, il cui stile risulta più fluido e scorrevole, con scenari e protagonisti delineati in modo nitido, cosa non facile se si considera che si tratta di racconti. Permane una certa ridondanza in alcuni passaggi che, forse, si potevano evitare alleggerendo il romanzo ma, nel complesso, si tratta di un libro davvero interessante per coloro che amano il genere horror e mistery. Che altro dire?
Un consiglio: leggetelo.
Un suggerimento: non fatelo prima di andare a letto!
(Maria Guidi) - See more at: www.librierecensioni.com/libri2/la-...h.7mUUHxWR.dpuf

Edited by demon quaid - 25/6/2014, 21:55
view post Posted: 23/7/2013, 08:02     Phantoms - Sala cinema horror



Un film di Joe Chappelle. Con Peter O'Toole, Rose McGowan, Joanna Going, Liev Schreiber, Ben Affleck



Fanta-horror con buoni effetti speciali notturni. Due sorelle decidono di trascorrere una vacanza nel paesino di montagna degli anziani genitori. Giunte al Paese scoprono che la popolazione è stata sterminata da una forza misteriosa e assassina. Insieme ad alcuni poliziotti e a un eccentrico scienziato iniziano a indagare e scoprono che la forza omicida è un'antica creatura, responsabile addirittura della scomparsa dei dinosauri! L'orribile essere si risveglia di tanto in tanto dal letargo millenario e divora le persone per prenderne la memoria ed i sogni. Il gruppetto affronterà in un duello finale il mostro sconfiggendolo grazie ad un batterio per la raffinazione del petrolio. Difatti la struttura molecolare della creatura è composta da idrocarburi! Buoni gli effetti, ma la storia non convince.
view post Posted: 23/7/2013, 07:56     La piccola bottega degli orrori - Sala cinema horror



Un film di Roger Corman. Con Jack Nicholson, Jonathan Haze, Jackie Joseph, Mel Welles, Dick Miller.



La piccola bottega degli orrori è la storia di un ingenuo e ambizioso commesso del negozio di fiori Mushnik, in un sobborgo umido e malfamato di New York. Seymour (Jonathan Haze) è un appassionato di botanica ma soprattutto di piante strane, come quella trovata un giorno per caso al mercato da un vecchio cinese, da lui ribattezzata 'Audrey 2', in onore della sua collega Audrey, di cui è segretamente innamorato, anche se la ragazza è legata al violento dentista Orin. La bizzarra piantina - "la pianta non identificata più stupefacente d'America" - attira molti nuovi clienti al negozio di fiori, che sembrava ormai sull'orlo del fallimento, ma lo strano vegetale comincerà ben presto a manifestare ingordi appetiti antropofagi... la pianta può infatti realizzare tutti i desideri di Seymour, ma a patto che le sia garantita una congrua dose di sangue umano. Da questa impellente necessità di cibo nasce la battuta-tormentone della commedia, quell'Ho fame!, più volte pronunciata dalla pianta parlante, diventata negli anni Sessanta una sorta di ritornello per i ragazzi americani, un modo per ironizzare su tutta una produzione di film dell'orrore che il pubblico soprattutto giovanile seguiva per il piacere masochistico di vivere un incubo. Il film venne realizzato nel 1960 da Roger Corman, con uno dei budget più economici della storia del cinema, di appena 30.000 dollari, girato in appena tre giorni con una scenografia già esistente, affidando la parte di uno dei protagonisti all'allora sconosciuto Jack Nicholson. Dalla black comedy di Corman fu tratto in seguito un omonimo fortunatissimo musical off Broadway, da cui derivò a sua volta la versione cinematografica realizzata nel 1986 da Frank Oz.
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