Un Mondo Accanto

Posts written by Talos Munera

view post Posted: 21/4/2011, 19:32     Parliamo di libri - Sala libri horror
CITAZIONE (demon quaid @ 21/4/2011, 19:55) 
E' proprio lei, brava!!! :o:

Probabilmente ci sarà una versione del libro sia in Italiano che in Greco :) , il problema è cercare la traduzione esatta con cui è stato pubblicato.

Grazie Demon^^
view post Posted: 21/4/2011, 18:44     Parliamo di libri - Sala libri horror
Trovata!

image

Dora d'Istria, pseudonimo della duchessa Helena Koltsova-Massalskaya, nata Elena Ghika (Bucarest, 22 gennaio 1828 – Firenze, 1888), è stata una scrittrice albanese di origini, romena di nascita, russa e italiana per acquisizione esponente del Romanticismo e del Femminismo, considerata la Mary Shelley dell'Europa orientale.

Nata a Bucarest, nel Regno di Romania, nel 1828, era figlia di un certo nobile Mihai Ghica, appartenente alla prestigiosissima famiglia Ghica, e vantava un legame di parentela con il principe romeno Grigore IV Ghica (1755-1834). Ricevette un'ottima educazione, studiando Letteratura prima a Dresda, in Germania, poi a Vienna, Venezia e Berlino, dove ricevette la laurea per le Lettere greche dall'illustrissimo Alexander von Humboldt.

Tornata a Bucarest nel 1849, sposò il duca russo Alexander Koltsov-Massalski e con lui si trasferì a San Pietroburgo. Tuttavia, ella non apprezzava il forte nazionalismo del marito e il suo attaccamento alla tradizione ortodossa, inoltre detestava la politica da tiranno dello Zar Nicola I, presso la cui corte entrambi risiedevano.

Visse poi in Svizzera, in Grecia, in Turchia e nell'amatissima Italia, dove a lungo visse abitando in una sontuosa villa di Firenze (all'epoca Granducato di Toscana). In Toscana ebbe l'opportunità di entrare a far parte della prestigiosissima Accademia Nazionale dei Lincei. Nello stesso tempo alternò la vita nel Bel Paese a viaggi in Francia, Irlanda e Stati Uniti d'America. Un curioso aneddoto: il 1 giugno 1860 divenne la prima donna a salire fin sulla cima del Monte Bianco.

Come scrittrice, fu conosciuta dal 1855: il saper parlare diverse lingue (oltre al Romeno conosceva l'Italiano, il Tedesco, il Francese, il Latino, il Greco antico e moderno, il Russo e l'Albanese) le ha garantito un'invidiabile fama internazionale.

Aveva a cuore diversi argomenti, tra i quali la Politica, le Scienze naturali, la Religione (particolarmente gli aspetti più filosofici e estetici). Riteneva che la cultura europea occidentale fosse nettamente superiore a quella orientale e che essa dovesse supportarla e influenzarla maggiormente (cine del resto quasi tutti gli altri autori romantici): il fine principale era l'emancipazione culturale, in secundis lo svecchiamento della Poesia e l'apertura verso la Prosa.

Alcuni studiosi hanno notato una scissione del suo gusto, che oscillava tra i Classicismo (aveva infatti letto e apprezzato sia i grandi poeti greci e latini come Pindaro, Lucrezio e Ovidio, sia i contemporanei tra i quali l'italiano Vincenzo Monti) e Romanticismo (particolarmente i tedeschi come Goethe e Novalis, ma anche Victor Hugo e Byron).


view post Posted: 21/4/2011, 17:12     Parliamo di libri - Sala libri horror
CITAZIONE (demon quaid @ 21/4/2011, 18:06) 
Talos devi sapere che quella è una storia di quando avevo 24 anni, quindi di 26 anni fa. In pratica per risalire a quel che tu dici, dovrei innanzitutto tornare in Romania, poi ricordarmi il paese dove c'era la biblioteca, poi la via della biblioteca, poi non si sa se il bibliotecario è ancora vivo, visto che aveva già oltre 50 anni quella volta...insomma troppe cose. Quindi è meglio che lasci perdere. Se dovesse capitarmi di ricordare qualcosa te lo farò sapere, promesso. :0061.gif:

:blink: :blink: Demon... devo scriverlo: ti credevo più giovane!! Non ammazzarmi!!! :gros-yeux20.gif: :gros-yeux20.gif: Non importa, la mia era semplice curiosità :0033.gif:
view post Posted: 21/4/2011, 16:34     Parliamo di libri - Sala libri horror
Ah!!! Ma io avevo capito che ti era stato regalato! Ma il nome in rumeno qual'è? Forse si riesce a recuperare la copertina

SPOILER (click to view)
Non c'è per caso in greco, no?
view post Posted: 21/4/2011, 13:08     Parliamo di libri - Sala libri horror
CITAZIONE (demon quaid @ 21/4/2011, 14:02) 
A parte che come scritto non si trattava del titolo, ma dello scrittore, mi è venuto in mente, ma sono anche andato a fare una ricerca, la scrittrice di quel volume (perchè si trattava di una donna) era Dora D'istria, scrittrice dell'800. Questo libro non risulta nelle sue opere, perchè è attorniato da una leggenda, che narra che questa donna, che non era proprio Rumena, ma Albanese, fosse stata a stretto contatto con il demonio e proprio su suggerimento di esso scrisse l'opera. Ne furono stampate solo 2 copie. Una era di proprietà del bibliotecario, l'altra non si sa che fine abbia fatto.

:gros-yeux20.gif: :gros-yeux20.gif: :gros-yeux20.gif: Stupendooooo Demon puoi scannerizzare la copertina?
view post Posted: 30/3/2011, 15:02     La Lingua Longobarda - Lingue Antiche

La Lingua Longobarda





La lingua dei Longobardi è un idioma germanico usato dal popolo che invase l'Italia nel 568. L'uso di tal lingua declinò rapidamente già nel VII secolo. Gli invasori adottarono in effetti rapidamente i volgari neolatini parlati dalle popolazioni locali. A comprova di ciò l'Editto di Rotari del 643 - che pure era promulgato per i soli Longobardi secondo il principio della personalità della legge - fu composto già in latino, anche se esso contiene numerose parole longobarde, in forma latinizzata o meno. Questi termini si riferivano in genere a istituti giuridici tipici del diritto longobardo, per i quali non esisteva, dunque, un corrispondente vocabolo latino. Le ultime attestazioni dell'uso della lingua longobarda sembrano giungere oltre l'anno 1000

Come lingua estinta assai presto, ben prima di sviluppare un proprio volgare letterario o comunque scritto, è molto difficile inquadrare il longobardo in modo rigoroso; i tentativi di assegnarlo all'area germanica orientale (accentuando le parentele col Gotico e col Burgundo) o a quella occidentale (evidenziando gli apporti dall'Alto tedesco antico) non sono convincenti. Lo stato di conservazione delle testimonianze superstiti e la loro datazione molto alta rispetto alle lingue germaniche occidentali ci consegnano piuttosto una lingua che si colloca a cavallo dei due gruppi. la storia dei longobardi ci mostra un popolo che agli inizi della propria storia documentata ha lungamente condiviso le aree di insediamento e la religione dei Goti (probabilmente usando il gotico come lingua dei riti), poi una volta stanziata in Italia settentrionale ha allacciato contatti sempre più stretti con i parlanti dell'area occidentale. Si può ricordare l'immagine di Scardigli del Longobardo come un pianeta che dopo essere stato lungamente nell'orbita del gotico è stato poi attratto in quella dell'Alto tedesco antico (Scardigli 1978).

Un esame del corpus dei termini longobardi mostra invece una assimilazione al quadro fonologico del germanico occidentale dell'antico tedesco, visto che tale idioma mostra una delle prime evidenze della cosiddetta seconda rotazione consonantica dell’alto tedesco antico.

Nella sua Historia Langobardorum, Paolo Diacono menziona, ad esempio, il nome di un duca, Zaban, che presenta lo spostamento da /t/ a /ts/. Molti nomi longobardi presentano fenomeni consonantici di tipo occidentale; ad esempio /p/ < /b/. Si veda

* bert > pert: Aripert (Ariperto I e Ariperto II), Godepert (Godeperto);
* berg > perg: Perctarit (Pertarito), Gundperga (Gundeperga, figlia di re Agilulfo);
* brand > prand: Ansprand (Ansprando), Liutprand (Liutprando).

Tale evoluzione ha lasciato nella lingua italiana le due serie diverse di nomi: banca/balcone; panca/palco. Gli ultimi sono individuabili come di origine longobarda proprio in quanto passati attraverso la seconda rotazione consonantica.

Numerose sono le parole della lingua italiana di riconosciuta origine longobarda, come per esempio balcone (*balko), banca (da banka "panka"), bara (da bāra "lettiga"), castaldo (da gastald "fattore"), federa (fĕdera), gnocco (parallelo veneto di nocca), graffiare (da *krapfo "graffa"), grinza (da *grimmizōn "corrugare la fronte"), guancia (*wankja), nocca (da knohha "giuntura"), palco (da balk "trave"), panca (panka), ricco (rīhhi), riga (rīga), russare (hrūzzan), scaffale (da skafa "palco di tavole"), scherzare (skërzôn), schiena (skëna), schiuma (skūma), sguattero (da wàhtari "guardiano"), spaccare (da spahhan "fendere), spanna (spanna), spranga (da spranga "fermaglio"), stamberga (da stainberga "casa di pietra"), stinco (skinkan), stormo (sturm), strale (strāl), stronzo (strunz), stucco (da stuhhi "crosta, intonaco"), tanfo (da tampf "vapore"), tuffare (forse da tauff(j)an "immergere"), zanna (da zann "dente").




Fonte: Rosso Pompeiano forum

Edited by demon quaid - 16/11/2016, 21:56
view post Posted: 26/3/2011, 19:27     [Sanscrito] Yoga Taravali - Lingue Antiche

Yoga Taravali



La famosa cantante Madonna ha estratto da Yoga Taravali un testo in Sanscrito, rinominato Shanti/Ashtangi.

shanti+ashanti



Vunde gurunam caranaravinde
Sandarsita svatma sukhavabodhe
Nihsreyase janngalikayamane
Sansara halahala-moha santyai
Hala hala
Ahahu-purusakaram
Sankha-cakrasi dharinamd ha rinam
Sahasra-sirasam
Vande


Prego ai piedi del loto del Supremo Santone Indiano
Che insegna le buone conoscenza
Mostrando la via per conoscere
Il grande risveglio della felicità
Che è il dottore della giungla
Capace di rimuovere il veleno dell’ignoranza
Dell’esistenza condizionata
A Patanjali, un’incarnazione di Adisesa
Di colore bianco con 1000 teste che emanano raggi
(Nella sua forma c’è il serpente divino, Ananta)
Di forma umana sotto le
Spalle porta una spada (discriminazione)
Una ruota di fuoco
(Disco luminoso, rappresenta il tempo infinito)
E una tromba di Tritone (suono Divino)
A lui, mi inchino




Fonte: Rosso Pompeiano forum

Edited by demon quaid - 16/11/2016, 21:55
view post Posted: 25/3/2011, 11:52     La Lingua Ignota - Lingue Antiche

La Lingua Ignota



300px-Litterae_ignotae



Il Linguaggio sconosciuto (in latino Lingua ignota) è un sistema alfabetico ideato nel XII secolo dalla badessa santa Ildegarda di Bingen del monastero di Rupertsberg, che l'ha utilizzato per fini mistici. Questo particolare linguaggio utilizza un alfabeto di 23 lettere, definite litterae ignotae (lettere sconosciute, in italiano). Ildegarda ha parzialmente descritto la lingua in un'opera intitolata Lingua ignota per simplicem hominem Hildegarden prolata. Di tale opera, tuttavia, sono sopravvissuti solo due manoscritti, entrambi risalenti al 1200: il Codice di Wiesbaden e un codice di Berlino. Il testo è un glossario contenente 1011 vocaboli appartenenti alla Lingua ignota, con traslitterazione per la maggior parte in latino, e in tedesco medioevale; le parole sembrano essere a priori conii, per lo più nomi con qualche aggettivo. Sotto l'aspetto grammaticale, sembra essere una parziale rilessificazione della lingua latina: la Lingua ignota è stata ideata, infatti, adattando un nuovo vocabolario alla grammatica latina preesistente.

Ildegarda_di_Bingen-wiki


Non è del tutto certo per quale scopo Ildegarda abbia ideato la "Lingua ignota", benché ne sia stata ipotizzata una originaria valenza musicale, né si sa se altri abbiano avuto familiarità con essa. Nel XIX secolo alcuni credevano che Ildegarda avesse ideato il suo linguaggio per proporre una lingua universale che unisse tutti gli uomini (per questo motivo santa Ildegarda è riconosciuta oggi come la patrona degli esperantisti). Tuttavia, è generalmente accettato che la Lingua Ignota è stata concepita come un linguaggio segreto, simile alla "musica inaudita" di Ildegarda, della quale ella avrebbe avuto conoscenza per ispirazione divina. Questa lingua, ideata nel XII secolo, può essere considerata come una delle più antiche lingue artificiali conosciute.

In una lettera, il suo amico e prevosto Wolmarus, temendo che Ildegarda potesse morire entro breve tempo, le chiedeva: ubi tunc vox inauditae melodiae? et vox inauditae linguae? (Dov'è ora la voce dell'inaudita melodia? E la voce dell'inaudita lingua? ). Ciò suggerisce l'ipotesi che l'esistenza del linguaggio di Ildegarda fosse noto, ma che, al di fuori della santa, nessuno lo conoscesse e che, pertanto, non se ne sarebbe potuto perpetuare la conoscenza.

L'unico testo oggi esistente della lingua ignota è il seguente passo breve:

O orzchis Ecclesia, armis divinis praecincta, et hyacinto ornata, tu es caldemia stigmatum loifolum et urbs scienciarum.

O, O tu es crizanta etiam in alto sono, et es chorzta Gemma.

Queste due frasi sono scritte per lo più in latino, con cinque parole chiave in Lingua Ignota, (orzchis, caldemia, loifolum, crizanta, chorzta), ma solo una di queste è stata inequivocabilmente trovata nel glossario (loifol "la gente"): è quindi chiaro che il vocabolario fosse più ricco del glossario di 1011 vocaboli (Higley ha trovato delle corrispondenze verosimili con altri due vocaboli ): "Oorzchis Ecclesia, cinta con le armi divine, e ornata di giacinto, tu sei la caldemia delle ferite della loifol, e la città delle scienze. O, O, tu sei il crizanta, e tu sei il chorzta gioiello. Loifol " gente " apparentemente è inflesso in latino, sarebbe loifol-um in congruenza con stigmatum, il genitivo plurale di stigma.

Newman (1987) ipotizza la traduzione: "O sconfinata Chiesa, / cinta dalle braccia divine / e ornata di giacinto, / tu sei il balsamo delle ferite delle nazioni / e la città delle scienze. / O, O, tu sei consacrata/ tra un suono nobile, / e tu sei un gioiello risplendente. "

Il glossario è stilato in ordine gerarchico, fornendo anzitutto i vocaboli per Dio e per gli angeli, seguiti da quelli per gli esseri umani e per i rapporti familiari, seguiti dai termini per le parti del corpo, le malattie, i gradi religiosi e civili, gli artigiani, i giorni, i mesi, l'abbigliamento, gli utensili di casa, le piante, e alcuni uccelli e insetti. I termini per i mammiferi sono carenti (a eccezione del pipistrello, Ualueria, elencato tra gli uccelli, e il Grifone, Argumzio, un animale mitologico mezzo mammifero, elencato anche tra gli uccelli).

Le prime 30 voci sono (da Roth 1880):

* Aigonz: Deus (Dio)
* Aieganz: angelus (Angelo)
* Zuuenz: sanctus (santo)
* Liuionz Salvator (Salvatore)
* Diueliz: Diabolus (diavolo)
* Ispariz: Spiritus (Spirito)
* Inimois: homo (essere umano)
* Jur.: vir (uomo)
* Vanix: femina (donna)
* Peuearrez: patriarcha (patriarca)
* Korzinthio: propheta (profeta)
* Falschin: vate (vate)
* Sonziz: apostolus (apostolo)
* Linschiol: martir (martire)
* Zanziuer: confessore (testimone della fede)
* Vrizoil: Virgo (Vergine)
* Jugiza: vidua (vedova)
* Pangizo: penitens (penitente)
* Kulzphazur: attavus (bis-bis-bisnonno)
* Phazur: Avus (nonno)
* Peueriz: Pater (padre)
* Maiz: Maler, mater (madre)
* Hilzpeueriz: nutricus (patrigno)
* Nilzmaiz: noverca (matrigna)
* Scirizin: filius (figlio)
* Hilzscifriz: privignus (figliastro)
* Limzkil: infans (neonato)
* Zains: Puer (ragazzo)
* Zunzial: iuvenis (giovane)
* Bischiniz: adolescens (adolescente)

La composizione nominale può essere osservata in peueriz "padre": hilz-peueriz "patrigno ",maiz " madre ":nilz-maiz " matrigna "! - o piuttosto hilz-maiz? e scirizin "figlio":hilz-scifriz "figliastro", così come phazur: Külz-phazur . Derivati da peueriz "father", peuearrez "patriarch" utilizzati come suffissi.




Grazie a Matrona Malice^^

Edited by demon quaid - 16/11/2016, 21:54
view post Posted: 18/3/2011, 22:01     L'Alfabeto dei Magi - Lingue Antiche

L'Alfabeto dei Magi





Questo altro alfabeto fu inventato probabilmente da Paracelso, alchimistra, astrologo e medico svizzero del XVI° secolo, utilizzato per i talismani angelici, per le malattie e la protezione.

Fonte:sacerdotessediavalon.splinder.com

Edited by demon quaid - 16/11/2016, 21:53
view post Posted: 14/3/2011, 22:42     La Lingua Ebraica - Lingue Antiche

La Lingua Ebraica



image




Originariamente, quella ebraica fu la lingua utilizzata dagli Ebrei quando ancora vivevano in maggioranza nel Vicino Oriente. Si stima che circa 2000 anni fa l'ebraico fosse già in disuso come lingua parlata, venendo sostituita dall'aramaico.

In ebraico furono scritti i libri della Bibbia ebraica (tranne alcune parti dei libri più recenti, come il Daniele, scritte in aramaico), tutta la Mishnah, la maggior parte dei libri non canonici e gran parte dei Manoscritti del Mar Morto. La Bibbia fu scritta in ebraico biblico, mentre la Mishnah fu redatta in una varietà tarda della lingua, detta appunto "ebraico mishnico". Durante il periodo del Secondo Tempio, o poco più tardi (non esiste consenso in merito tra gli accademici), la maggior parte degli ebrei abbandonò l'uso quotidiano dell'ebraico come lingua parlata a favore dell'aramaico, divenuta lingua internazionale del Vicino Oriente. Una ripresa dell'ebraico come lingua parlata si ebbe grazie all'azione ideologica dei Maccabei e degli Asmonei, in un tentativo di contrapporsi alla forte spinta ellenizzante di quell'epoca, e più tardi durante la rivolta di Bar Kokhba, sforzi oramai inutili in quanto l'ebraico non veniva più capito dalla massa. Centinaia di anni dopo il periodo del Secondo Tempio, la Ghemarah venne composta in aramaico, così come i midrashim. Nonostante ciò vi sono indizi secondo i quali ancora nell'VIII secolo d.C. la lingua parlata a Tiberiade dai Massoreti fosse l'ebraico.
Nei secoli seguenti, gli ebrei della diaspora continuarono ad adoperare questa lingua solo per le cerimonie religiose. Nella vita di tutti i giorni, gli ebrei si esprimevano invece in lingue locali o in altre lingue create dagli stessi ebrei nella diaspora, lingue non semitiche come lo yiddish, il ladino, il giudaico-romanesco o il giudaico-veneziano, nate dall'incontro tra l'espressione e l'alfabeto ebraico e le lingue europee; è molto interessante ad esempio una copia di un Aggadà di Pesach scritta in veneziano in caratteri ebraici verso il XVIII secolo.

Inoltre, anche quando l'ebraico non rappresentò più la lingua parlata, esso continuò a fungere di generazione in generazione, durante tutto quello che viene detto il periodo dell'ebraico medioevale, da strumento principale di comunicazione scritta degli ebrei. Il suo status tra gli ebrei allora era analogo a quello del latino in Europa Occidentale tra i cristiani. Ciò soprattutto in questioni di natura halachica: per la stesura dei documenti dei tribunali religiosi, per le raccolte di halakhot, per i commenti ai testi sacri ecc. Anche la stesura di lettere e contratti tra ebrei veniva spesso effettuata in ebraico; poiché le donne leggevano l'ebraico ma non lo comprendevano perfettamente, la letteratura halachica ed esegetica loro destinata nelle comunità ashkenazite veniva scritta in yiddish (si pensi ad esempio al testo Tseno Ureno). Anche le opere ebraiche di natura non religiosa o non halachica, venivano composte nelle lingue degli ebrei, o in lingua straniera. Ad esempio, Maimonide scrisse il suo Mishne Torah in ebraico, mentre la sua famosa opera filosofica La Guida dei Perplessi, destinata agli eruditi del suo tempo, fu composta in giudeo-arabo. E comunque, le opere di soggetto laico o mondano venivano ritradotte in ebraico, se di interesse per le comunità ebraiche di altra lingua, come appunto nel caso della Guida dei Perplessi. Tra le famiglie più famose ad essersi occupate di traduzione dal giudeo-arabo all'ebraico durante il Medioevo furono gli Ibn Tibbon, un famiglia di rabbini e traduttori attiva in Provenza nel XII e XIII secolo.

L'ebraico entrò nella sua fase moderna con il movimento dell'Haskalah (l'Illuminismo ebraico) in Germania ed Europa Orientale a partire dal XVIII secolo. Sino al XIX secolo, che segnò gli inizi del movimento sionista, l'ebraico continuò a fungere da lingua scritta, soprattutto per scopi religiosi, ma anche per altri vari fini, quali filosofia, scienza, medicina e letteratura. Nel corso di tutto il secolo XIX l'uso che dell'ebraico si fece a fini laici o mondani andò rafforzandosi.

Contemporaneamente al movimento del risorgimento nazionale, iniziò anche l'attività volta a trasformare l'ebraico nella lingua parlata della comunità ebraica in Terra d'Israele (lo yishuv) e per gli ebrei che immigravano nella Palestina ottomana. Il linguista ed entusiasta che diede attuazione pratica all'idea fu Eliezer Ben Yehuda, un ebreo lituano che era emigrato in Palestina nel 1881. Fu lui a creare nuove parole per i concetti legati alla vita moderna, che nell'ebraico classico non esistevano. Il passaggio all'ebraico come lingua di comunicazione dello yishuv in Terra d'Israele fu relativamente rapido. Parallelamente l'ebraico parlato venne sviluppandosi anche in altri centri ebraici dell'Europa Orientale.

Joseph Roth riporta una storiella su Herzl e Ben Yehuda. Questa racconta che, poco tempo prima del Primo Congresso Sionista, in un salotto borghese del Centreuropa, il giornalista, nonché fondatore del Sionismo, Theodor Herzl incontrò il linguista Eliezer Ben Yehuda, un ebreo lituano, che sperava di far rinascere l'antica lingua ebraica, ormai relegata al solo rituale del sabato.
Ognuno dei due, sentendo raccontare l'altro circa la propria utopia, fece finta di coglierne il fascino, ma, appena lasciato l'interlocutore, ben pensò di spettegolare e malignare quanto assurdo e inattuabile fosse il proposito di questi.
A dispetto dei detrattori, entrambi i sogni furono realizzati.

Con la costituzione del governo mandatario britannico nel paese, l'ebraico fu stabilito come terza lingua ufficiale, al fianco dell'arabo e dell'inglese. Alla vigilia della costituzione dello Stato di Israele, essa era già la lingua principale di tutto lo yishuv ebraico, e lingua di studio nei suoi centri di formazione.

Nel 1948, l'ebraico diventò la lingua ufficiale di Israele, insieme all'arabo. Al giorno d'oggi, pur mantenendo un legame con l'ebraico classico, l'ebraico è una lingua che viene usata in tutti i campi della vita, incluse scienza e letteratura. Al suo interno sono confluiti influssi provenienti dallo yiddish, dall'arabo, dal russo e dall'inglese. I locutori di ebraico israeliano sono circa 7 milioni, dei quali la stragrande maggioranza risiede in Israele. Grossomodo una metà sono locutori nativi, cioè di lingua madre ebraica, mentre il restante cinquanta per cento possiede l'ebraico come seconda lingua.

Sulla scorta della tradizione europea, che trova la sua prima espressione nella costituzione dell'Accademia della Lingua Francese, anche in Israele esiste un organo ufficiale che detta lo standard linguistico: l'Accademia della Lingua Ebraica. Sebbene la sua influenza reale sia limitata, essa opera con forza di legge. L'istituto si occupa principalmente di creare nuovi termini e nuovi strumenti lessicali e morfosintattici, attraverso decisioni che sarebbero vincolanti per gli organi istituzionali e le strutture scolastiche statali. Nei fatti, gran parte delle sue decisioni non vengono accolte. Lo sviluppo del settore dei dizionari d'uso corrente nell'Israele degli anni '90, ha prodotto alcuni dizionari e lessici che attestano invece la lingua ebraica israeliana reale, e che rappresentano una fonte di autorità alternativa all'Accademia della Lingua Ebraica.

Gli ebrei ortodossi non accettarono inizialmente l'idea di usare la "lingua santa" ebraica per la vita quotidiana, e tutt'oggi in Israele alcuni gruppi di ebrei ultra-ortodossi continuano ad usare lo Yiddish per la vita di ogni giorno.

Le comunità ebraiche della diaspora continuano a parlare altre lingue, ma gli ebrei che si trasferiscono in Israele hanno sempre dovuto imparare questa lingua per potersi inserire.




Fonte: Rosso Pompeiano forum
view post Posted: 14/3/2011, 17:49     Gli alfabeti dei Templari - Lingue Antiche

Gli Alfabeti dei Templari




image



Tra le croci simboliche annoverate nel gruppo dei simboli templari , ve n'è una che ha un'importanza particolare, la Croce delle Otto Beatitudini, così chiamata perché presenta otto punte, o cuspidi, nella sua periferia esterna. Questa croce, dipinta solitamente nel colore rosso sugli edifici sacri (vedi, ad esempio la Chiesa templare di San Francesco, a Sermoneta, Latina), era comune anche all'Ordine di San Lazzaro ed a quello degli Ospitalieri, ed è rimasta oggi l'emblema ufficiale dei Cavalieri di Malta, eredi degli antichi Ospitalieri di San Giovanni e di Rodi. Questo simbolo deriva direttamente dall'Ottagono, tracciando alcune delle sue diagonali e dei suoi raggi, e pertanto ne eredita tutta la simbologia associata all'Ottonario. Una delle sue caratteristiche fondamentali è che essa si raddoppia in una croce interna più piccola (si veda, in proposito, anche la successiva figura 2, che riporta le linee di costruzione), formata da quattro triangoli isosceli identici, opposti al vertice, che assumono la forma di una croce patente.

È noto che i Templari facessero uso, in alcuni dei loro documenti più delicati, di un alfabeto segreto di 25 lettere (cioè l'alfabeto classico con I = J), ottenute dalla scomposizione degli elementi di questa croce, con l'aggiunta di alcuni punti interni (fig. 1). È ovvio che, dal punto di vista puramente crittografico, un sistema di questo tipo costituisce un cifrario a sostituzione del tipo più semplice, in cui a simbolo uguale corrisponde lettera uguale. Cifrari di questo tipo possono essere rotti semplicemente facendo uso delle frequenze relative delle lettere nella lingua di redazione del documento cifrato, se questa è conosciuta. Vediamo, comunque, nel dettaglio come si ottengono le varie lettere.

image



Si noterà, esaminando la figura 2 riportata sopra, che le lettere A, B, C, D sono formate dagli angoli retti che limitano l’estremità di ogni braccio della croce grande. Le lettere E, F, G, H sono formate dai quattro triangoli che formano la piccola croce interna. Le lettere I (o J), K, L, M sono formate dai quadrilateri ottenuti completando il tracciato di questa piccola croce con quello dei quattro angoli retti periferici. La lettera N è al centro, ripetuta due volte dall’incrocio delle otto diagonali dell’ottagono regolare che circoscrive la figura. Le altre lettere sono costituite dagli stessi elementi presi però con un ordine un po’ differente e aggiungendovi un punto all’interno

Considerando allo stesso modo le altre lettere formate con i quadrilateri definiti come è stato detto prima, si nota che le lettere I o J, K, L, M senza punto interno, corrispondono alle lettere X, Y, W, Z con il punto interno. La figura 2 mostra i gruppi di lettere corrispondenti ad ogni braccio della croce. Sembra che l’ordine in cui sono stati scelti gli elementi da abbinare alle lettere abbia un senso esoterico e che, nel suo insieme, la croce templare sia un pentacolo, ossia uno schema che riassume una dottrina. In tal caso sarebbe affine a quelle figure chiamate “ruote pentacolari ” e di cui la croce gammata e la clavicola di Phu-Hi sono un esempio.


L’ottonario, simboleggiato dall’ottagono e dalle otto punte della “croce delle Beatitudini”, evoca il doppio quaternario attivo e passivo, che riassume l’equilibrio costruttivo delle forme, dei temperamenti e delle energie cosmiche. L’enneade, rappresentata probabilmente dalle otto punte della stella e dalla N posta al centro, richiamerebbe, secondo l’esoterismo dei numeri, il concetto che il numero nove è quello dell’armonia del trimundio, quello dell’unione della vita animale, di quella spirituale e di quella emotiva; il 9, inoltre, secondo la cabala ebraica, corrisponde alla lettera “teth” (teth) dell’alfabeto. Il suo nome divino è Tehor, che significa "Prudenza". Si può ulteriormente sottolineare che la N centrale ricorda un po' troppo la posizione della stessa in un altro enigmatico simbolo che venne adottato dai Templari, il Quadrato Magico del "SATOR", e che spesso, nei quadrati di origine templare, questa "N" viene rappresentata rovesciata.

Anche il Sigillo di Salomone, nel simbolismo di questa figura, sarebbe richiamato dal raggruppamento per sei delle lettere di ciascun braccio della croce. D’altra parte c’è chi sostiene che la pianta della chiesa del Tempio era stata concepita ispirandosi alla forma di questo pentacolo, e che nelle piante delle chiese templari di forma ottagonale è facilmente inseribile questa figura, le cui linee andranno a cadere in punti importanti al suo interno. Comunque sia, si può dire che questa croce, insieme all’alfabeto segreto, costituisce un corpo di dottrina segreta di origine orientale.




Grazie a Matrona Malice per avermi segnalato questa pagina.

Fonte: cavalieri-templari.it
view post Posted: 11/3/2011, 14:25     La Lingua Greca - Lingue Antiche

La Lingua Greca




image


Per lingua greca o ellenica (dal nome nativo Ελληνικά; greco antico ἡ Ἕλλην διάλεκτος) si intende la lingua parlata dalle popolazioni greche, sia nella Grecia propria sia nei vari territori in cui i Greci si insediarono nel corso dei secoli, in un arco di tempo che va dalla metà del II millennio a.C. al giorno d'oggi.

Lingua con 3500 anni di storia, il greco ha subìto varie evoluzioni nel corso dei secoli. È possibile individuare in esse almeno tre grosse fasi linguistiche: greco antico (dal XIV secolo a.C. sino al V secolo d.C.), greco medioevale o bizantino (dal VI secolo al XV secolo) e il greco moderno o neogreco (dal XVI secolo fino ad oggi); ognuna di queste fasi, a sua volta, ha conosciuto tanto un'evoluzione storica che una diversificazione geografica, con l'esistenza di una serie di dialetti distinti.


Protogreco



Si può cominciare a parlare di lingua greca, anche se solo a livello embrionale, già dal II millennio a.C.: con il nome protogreco si indica la fase più remota di questo idioma, conosciuto solo tramite ricostruzione interna, da cui derivano tutti i dialetti greci di età storica. Si ritiene che questa varietà di lingua fosse parlata all'inizio del II millennio a.C. nella penisola balcanica, ma gli esatti tempi di insediamento dei Greci nella penisola ellenica rimangono discussi.

In questo periodo la distribuzione geografica della lingua ha conosciuto tante e profonde variazioni: originariamente parlata nella Grecia propria e nelle isole greche, si espanse con le ondate successive della colonizzazione greca prima sulle coste dell'Asia Minore, quindi per tutto il bacino del Mediterraneo, penetrando in particolar modo in Sicilia e nell'Italia Meridionale (la Magna Grecia).

Dialetto miceneo



È il greco conosciuto tramite le tavolette provenienti da vari centri della penisola greca (Olimpia, Pilo, Tirinto, Micene, Tebe, Gla) e dell'isola di Creta (Cnosso, La Canea) in lineare B, una scrittura sillabica con cui i Micenei scrivevano la loro lingua. Il miceneo risale ad un'epoca compresa tra il XVIII secolo a.C. e il XII secolo a.C. Tale lingua presenta caratteri propri che rendono impossibile considerarla la comune antenata di tutti i dialetti del I millennio a.C., anche se il suo status (dialetto greco effettivamente parlato oppure linguaggio stilizzato della scrittura) e la sua collocazione nella classificazione dei dialetti greci è discussa. In genere, la si ritiene antenata dell'arcado-cipriota.

Greco arcaico e classico



La caratteristica di questa fase della storia e della lingua greca è un'estrema frammentazione, con un gran numero di varietà locali. I linguisti raggruppano di solito questi dialetti in cinque grossi gruppi: dialetti nord-occidentali, dorico, eolico, beotico, che mostra elementi di contatto tra eolico e dorico, arcadico-cipriota, e ionico, di cui l'attico costituisce una varietà dai tratti peculiari. È da notare che accanto ai dialetti parlati, estremamente diversificati, esistono una serie di "dialetti letterari", forme codificate, di uso panellenico, legate a specifici generi letterari e non alla lingua parlata dall'autore: così esiste una "lingua omerica" (a base ionica ma con elementi eolici), per la poesia epica, una lingua della lirica corale, basata sul dorico e così via.

La scrittura dei predetti dialetti era alfabetica, un adattamento dell'alfabeto fenicio. Questo era privo di segni vocalici perché sottintesi per i fenici, ma poiché una scrittura del greco che non segnasse le vocali sarebbe totalmente incomprensibile, i Greci assegnarono valore di vocale ai segni consonantici a loro superflui. Ad esempio l'alfa, segno greco che rappresenta la vocale a, corrisponde all'alef, segno fenicio dell'occlusiva glottidale.

Le prime attestazioni di scrittura alfabetica in lingua greca risalgono all'VIII secolo a.C., con il graffito dal sito etrusco di Osteria dell'Osa (Gabii) e la coppa di Nestore da Pithecusa, quindi da contesti esterni alla Grecia stessa, a stretto contatto con i commerci orientali. Per diversi secoli coesistettero in Grecia numerose varietà locali dell'alfabeto.

L'alfabeto di Mileto, città ionica dell'Asia Minore, si impose ad Atene nel 403 a.C., sotto l'arcontato di Euclide, arconte eponimo, diventando dialetto Attico, una differenziazione dello Ionico. Questo finisce per diffondersi in tutta la Grecia grazie alla fondazione della Lega di Delo da parte di Atene, dandole sbocchi d'influenza.

Greco ellenistico




Le conquiste di Alessandro Magno e la diffusione della cultura greca in una vastissima area favoriscono lo sviluppo di un linguaggio comune, che superi le divisioni dialettali del greco arcaico e classico. Questa lingua comune, o koiné, viene dall'espressione "koinè dialektos" (κοινὴ διάλεκτος), cioè un dialetto che si pone al di sopra delle particolarità dialettali greche, detto anche "Alexandrinè diálektos" (Ἀλεξανδρινὴ διάλεκτος, lingua alessandrina). Si basa sul dialetto attico, privato dei suoi tratti più caratteristici e con aggiunte da parte di altri dialetti (soprattutto della Ionia). Questa lingua rimase in uso per tutta l'età ellenistica e romana, costituendo la lingua franca di tutta la parte orientale dell'Impero Romano. A partire dal II secolo a.C. iniziò l'insegnamento del greco negli insediamenti romani non di lingua greca e si sviluppò fino ad Augusto; poi iniziò a cambiare fino al V secolo d.C. La koiné ellenistica, nella storia dei Greci, non è importante solo per essere il primo dialetto comune e il principale antenato del greco moderno. È importante anche per il suo impatto nella civiltà occidentale come lingua franca nel Mar Mediterraneo. La koiné appunto è anche la lingua originale del Nuovo Testamento della Bibbia cristiana ed anche il mezzo per l'insegnamento e la diffusione del Cristianesimo. Inoltre, fu non ufficialmente la seconda lingua dell'Impero romano. Quando gli stati greci alleati sotto la guida dei macedoni conquistarono e colonizzarono il mondo conosciuto, il loro nuovo dialetto fu parlato dall'Egitto al nord dell'India. Siccome il greco ellenistico prese piede durante il periodo tardo-classico, il simbolico punto di partenza del terzo periodo della lingua greca è stabilito dalla morte di Alessando Magno nel 323 a.C. e la chiusura di questo periodo della lingua greca e il passaggio alla quarta fase della lingua greca, conosciuta come greco medievale, è simbolicamente assegnata alla fondazione di Costantinopoli nel 330 da parte di Costantino I.

Greco medioevale o greco bizantino




Il greco bizantino costituisce la naturale evoluzione della koiné sotto l'impero bizantino, generalizzando i mutamenti fonetici e la semplificazione grammaticale iniziata nel periodo precedente. Caratteristico di quest'epoca è anche il divario tra la lingua parlata e la lingua letteraria, rimasta legata ai modelli classici e fortemente arcaizzante. L'epoca bizantina ha rappresentato una tappa fondamentale per la conservazione e divulgazione dei testi della grecità antica.


(Tutta la mitologia Greca, curiosità clicca qui)


(Ancora altra mitologia., In ordine alfabetico. per saperne di più clicca qui)


(Personaggi importanti, curiosità clicca qui)


(L'Alfabeto Greco, per saperne di più clicca qui)



Fonte: Rosso Pompeiano forum

Edited by SILVIA13l'angelodellamorte - 22/4/2011, 01:05
view post Posted: 9/3/2011, 22:21     La Lingua Latina - Lingue Antiche

La Lingua Latina




Il latino è una lingua indoeuropea appartenente al gruppo delle lingue latino-falische. Veniva parlata a Roma e nel Lazio almeno dagli inizi del I millennio a.C.

image
Il latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato romano e in quanto lingua ufficiale dell'impero si radicò in gran parte dell'Europa e dell'Africa settentrionale. Tutte le lingue romanze discendono dal latino volgare, ma parole di origine latina si trovano spesso anche in molte lingue moderne di altri ceppi: questo perché anche dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, per più di un millennio il latino fu, nel mondo occidentale, la lingua franca della cultura, della scienza e dei rapporti internazionali, e come tale influì sulle varie lingue locali. Quando venne meno questa sua funzione, intorno al XVII ed al XVIII secolo, essa fu assunta dalle lingue vive europee del tempo e, in alcuni ambiti letterari (memorialistica in particolare) e nella diplomazia, dal francese. Quest'ultima, essendo una lingua romanza, continuò a promuovere parole di origine latina negli altri idiomi fino ai primi decenni del Novecento, allorquando si andò gradualmente imponendo in Europa e nel mondo, come lingua franca, l'inglese, che pur essendo di ceppo germanico presenta, soprattutto nel lessico, un gran numero di termini di origine latina, anche indipendentemente dall'influsso francese.

Nel frattempo, in seguito alla scoperta dell'America e alla politica coloniale degli stati europei, alcune lingue romanze (francese, spagnolo e portoghese) unitamente ad altri idiomi dell'Europa occidentale, in cui l'impronta latina era forte, fra cui l'inglese, si erano poi diffuse in gran parte del mondo.

La lingua latina si è sviluppata grazie anche al contributo di tutte le lingue dei popoli con cui è entrata in contatto durante l'epoca romana, ed in particolare con gli idiomi italici, l'idioma etrusco e con quelli parlati nel Mediterraneo orientale (soprattutto il greco).

Attualmente le lingue con maggiore somiglianza al latino sono il sardo per la pronuncia, l'italiano per il lessico, il rumeno per la struttura grammaticale (declinazioni).

Il latino ecclesiastico formalmente rimane la lingua della Chiesa cattolica romana ancora oggi ed è la lingua ufficiale della Santa Sede; la Chiesa cattolica ha usato il latino come principale lingua liturgica fino al Concilio Vaticano II.

Diverse scuole di oggi parlano latino (Schola Nova nel Belgio, Vivarium Novum in Italia).

Il latino è usato per designare i nomi nelle classificazioni scientifiche degli esseri viventi.

Del latino arcaico (fino al III secolo a.C.) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale.

Solo frammenti restano anche dei testi letterari più antichi, quelli di Livio Andronico, Nevio e Ennio, tutti risalenti al III secolo a.C., databili quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione di Roma (secondo Varrone avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le commedie di Plauto, che costituiscono dunque la principale fonte per lo studio della lingua arcaica.

Col II secolo a.C. la letteratura latina si sviluppò, e soprattutto con l'opera di Marco Porcio Catone il Censore nacque una prosa letteraria latina. La lingua aveva però ancora una certa rudezza, e non era priva di influssi dialettali. Pertanto, l'uso del termine "latino arcaico" è esteso fino a considerare tale la lingua latina precedente al 75 a.C. circa.

Fu nel I secolo a.C., con l'estensione della cittadinanza romana agli Italici e i cambiamenti sociali che ne derivarono, che a Roma sorse la preoccupazione per la purezza della lingua. Anche sotto la spinta della speculazione linguistica greca, si avviò un processo di regolarizzazione della lingua. In questi tempi fiorirono letterati come Cicerone, che fu oratore e filosofo, oltre che politico (fu console nel 63 a.C., l'anno della congiura di Catilina); o come Catullo e i poetae novi, che rivoluzionarono la lingua poetica. La scrittura non era ignota neppure a 'rudi' condottieri come Cesare, che fu ammiratissimo per il suo stile terso, e di cui restano due opere ancora studiate e apprezzate: La guerra gallica (Commentarii de bello Gallico) e La guerra civile (Commentarii de bello civili).

I tempi erano ormai maturi perché la letteratura latina sfidasse quella greca, che allora veniva considerata insuperabile. Nella generazione successiva, sotto il principato di Augusto, fiorirono i maggiori poeti di Roma: Orazio, che primeggiò nella satira e nella lirica, emulava i lirici come Pindaro e Alceo, Virgilio, che si distinse nel genere bucolico, nella poesia didascalica e nell'epica, rivaleggiava con Teocrito, Esiodo e addirittura Omero; e poi ancora Ovidio, maestro del metro elegiaco, e Tito Livio nella storiografia.

Il periodo classico della lingua latina è ben conosciuto: il latino, a differenza degli idiomi continuatori, è una lingua di tipo fondamentalmente SOV (soggetto-oggetto-verbo), con cinque declinazioni e quattro coniugazioni verbali. La declinazione dei nomi ha sei casi, tre diretti (nominativo, accusativo, vocativo) e tre obliqui (genitivo, dativo, ablativo). Rispetto all'indoeuropeo ha perso il locativo (che sopravvive in poche formule, ma è assimilato per lo più da genitivo e in qualche caso l'ablativo) e lo strumentale (completamente perso ed acquisito dall'ablativo). Anche il modo verbale ottativo si perse e così pure la diatesi media (sopravvissuta parzialmente in quei verbi detti deponenti) e il duale (di cui restano solo minime tracce). Inoltre nel latino il concetto d'aspetto non aveva grande importanza: sia l'aoristo che il perfetto indoeuropei si fusero in un unico tempo, chiamato dai grammatici latini perfectum. Invece venne conservato l'originario sistema di tre generi: maschile, femminile e neutro.

Il latino usava una grafia derivata da un alfabeto greco occidentale (quello di Cuma), che a sua volta derivava da quello fenicio; da alcune caratteristiche dell'alfabeto latino sembrerebbe trasparire peraltro un'intermediazione da parte dell'alfabeto etrusco (ad esempio, l'originaria mancanza in latino di una distinzione grafica tra velare sorda e sonora, entrambe notate con lo stesso segno 'C', per cui si veda più sotto; tale distinzione, presente nell'alfabeto greco, è invece assente in quello etrusco)[2]. Originariamente le lettere avevano un'unica forma, corrispondente alla nostra maiuscola; le minuscole furono introdotte in un secondo tempo.

Queste erano le lettere:

A B C D E F (G) H I (K) L M N O P Q R S T V X (Y) (Z)
a b c d e f (g) h i (k) l m n o p q r s t u x (y) (z)

La lettera 'G', come detto, inizialmente non esisteva in latino: una piccola conseguenza di questa assenza era rimasta anche nel periodo classico nelle abbreviazioni "C." per Gaius e "Cn." per Gnaeus. La G latina venne creata a metà del III secolo a.C. da Spurio Carvilio, modificando il segno C. Le ultime due lettere vennero aggiunte alla fine dell'età repubblicana per trascrivere i grecismi che contenevano i fonemi /y/ e /z/, inesistenti nel latino classico.

Nel latino classico non esisteva distinzione grafica tra 'U' e 'V'. Questo era dovuto al fatto che non esisteva una distinzione nei suoni [u] e [v]. Il latino possedeva esclusivamente [u], [uː] e [w]. Il suono della fricativa labiodentale sonora [v] si sviluppò solo in un secondo momento; i Latini utilizzavano dunque un solo carattere, 'V' per la maiuscola, 'u' per la minuscola. L'introduzione dei caratteri 'U' e 'v' risale al Medioevo, ed è opera dell'umanista Pierre de la Ramée, come anche l'introduzione della lettera 'J', 'j' con valore di 'I' semivocalica [j]. I caratteri 'U', 'v', 'J' e 'j' sono perciò noti come lettere ramiste.

In Italia prevale una pronuncia del latino consolidata dalla Chiesa cattolica e che si rifà ad una pronuncia più tarda di quella classica. All'estero invece prevale la cosiddetta pronuntiatio restituta, ovvero una pronuncia che si ritiene essere molto simile a quella del latino classico, della quale queste sono le principali caratteristiche:

* non esistendo il suono [v] fricativo, il segno grafico 'V' è pronunciato come [u] o [w] (u semivocalica): ad esempio VVA (uva) è pronunciato ['uwa]; idem VINVM (vino), pronunciato [winum] e via dicendo.
* la 'T' seguita da 'I' si pronuncia [t]: ad esempio GRATIA (grazia) si pronuncia ['gratia].
* i dittonghi 'AE' e 'OE' si pronunciano [ae] e [oe]: ad esempio CAESAR (Cesare) si pronuncia ['kaesar].
* la lettera 'H' impone aspirazione ad inizio parola (forse non nel corpo) e 'PH', 'TH' e 'CH', traslitterazioni delle lettere greche φ, θ e χ, si devono pronunciare come una [p], [t] o [k] seguita da aspirazione; successivamente la pronuncia di 'PH' suonerà [f], e analogamente 'PPH', traslitterazione del gruppo greco πφ, non si pronuncerà più [ppʰ], ma [f:].
* la 'Y' è la trascrizione dell'omonimo segno greco; per tale motivo va pronunciata [y] (come una u francese o una ü tedesca oppure anche come u lombarda).
* il gruppo 'VV' (cioè 'UU') seguito da consonante si pronuncia [wo] oppure come una sola [u] nel gruppo 'QVV' (o 'GVV'), dove la prima 'V' non fa sillaba, oppure [uo] dove le due vocali sono intese come due vere e proprie vocali: ad esempio EQVVS (cavallo) si pronuncia ['ekwos] oppure ['ekus]. Anche le grafie, a quanto dicono varie fonti (Quintiliano e Velio Longo, ad esempio), attestano questa situazione: il gruppo 'VV' era anche scritto 'VO' fino a tutta l'epoca augustea; il gruppo 'QVV' (e di conseguenza 'GVV') nel I secolo d.C. aveva la doppia grafia 'QVO', pronunciata [kwo], e 'QVV', pronunciata [ku].[3].
* la lettera 'S' si pronuncia sempre [s], cioè sorda, come nella parola italiana semplice e come avviene ancora oggi nello spagnolo o nei dialetti meridionali d'Italia: ad esempio ROSA si pronuncia ['rɔsa].
* le consonanti 'C' e 'G' presentano soltanto suono velare, cioè si pronunciano sempre [k] e [g], e mai [tʃ] e [dʒ], per cui ad esempio ACCIPIO si pronuncerà [ak'kipio] e non [at'tʃipio].
image


Questo il sistema fonologico del latino classico (tra parentesi quadre gli allofoni) in SAMPA:

Vale la pena osservare che la Chiesa cattolica ha acquisito il latino parlato dal popolo, e non ha inventato una nuova pronuncia: non a caso infatti la pronuncia ecclesiastica è più vicina all'italiano moderno, poiché le modifiche nella fonetica latina, sebbene non riflettute nella scrittura, si sono conservate nella lingua oralmente fino ai primi scritti in italiano. Inoltre, come succede anche oggi per tutte le lingue parlate in vastissimi territori, la pronuncia di certi suoni può essere diversa da località a località. Quindi non si può escludere a priori che la pronuncia ecclesiastica e la pronuntiatio restituta coesistessero nello stesso periodo in regioni diverse o anche negli stessi luoghi, però in ceti diversi della popolazione e molto più probabilmente in epoche diverse.

Il latino divenne importante come lingua ufficiale dell'Impero romano, usato come lingua franca in particolare nella sua parte occidentale. In quella orientale, tale idioma realizzò notevoli progressi fra il I e il IV secolo nella penisola balcanica (in Dacia, ricostituitasi come provincia nella seconda metà del III secolo a sud del Danubio, in Mesia, e persino in Macedonia settentrionale, dove nasceranno nel V secolo due imperatori bizantini di madrelingua latina) e in alcune zone d'Asia (fra cui Berytus, sede di una delle più prestigiose scuole di diritto del mondo romano, Eliopoli e le sei colonie italiche di Pisidia)[5]. Tuttavia non riuscì a scalzare la koinè dialektos (κοινὴ διάλεκτος) come lingua di cultura e d'uso nel Mediterraneo orientale, neppure a Costantinopoli, città nella quale il latino, piuttosto diffuso soprattutto fra le classi più elevate fino al 450 circa, andò sempre più retrocedendo davanti al greco che divenne, nel terzo decennio del VII secolo, la lingua ufficiale dell'Impero Romano d'Oriente, o Impero bizantino, che perdurerà fino al 1453.

Anche in epoca imperiale si ebbero scrittori importanti: tra tutti si possono ricordare Seneca, Lucano, Petronio, Quintiliano, Stazio, Giovenale, Svetonio. Al di là delle differenze stilistiche, questi autori, vissuti tra il I e il II secolo, mantennero per lo più invariata la lingua letteraria classica.

Diverse furono le cose in epoca più tarda: nel pieno II secolo da un lato nacque una moda culturale letteraria che, scavalcando gli ormai classici augustei, guardava alla latinità arcaica; e dall'altro, con autori come Apuleio, cominciò ad acquistare sempre più importanza il latino volgare, la lingua parlata che diventerà la base delle odierne lingue derivate dal latino, appunto lingue neolatine. Nel tardo impero, accanto ad autori più legati alla tradizione classica, come Ausonio e Claudiano, emersero le grandi figure dei Padri della Chiesa come Tertulliano, Ambrogio, Girolamo e, soprattutto, Agostino d'Ippona. Nel IV secolo visse anche uno dei massimi storici latini (ma di origine greco-siriana): Ammiano Marcellino.

image



Con la caduta dell'impero romano, il latino venne ancora usato per secoli come unica lingua scritta nel mondo che era stato romano. Nelle cancellerie dei re, nella curia romana, nella liturgia della Chiesa cattolica, nella produzione dei libri l'unica lingua era il latino; ma era un latino sempre più corrotto e sempre più influenzato dal linguaggio parlato. Infatti in un periodo difficilissimo da stabilire tra il tardo impero e l'alto Medioevo il latino volgare aveva incominciato a differenziarsi dando origine prima al protoromanzo e poi alle prime fasi di quelle che sono le attuali Lingue romanze (fra cui anche l'italiano).

Una reazione si ebbe intorno all'800 con il rinascimento carolingio, quando Carlo Magno riunì intorno a sé i maggiori dotti dell'epoca, come il longobardo Paolo Diacono e l'anglo Alcuino di York, cui diede il compito di riorganizzare la cultura e l'insegnamento nel territorio del suo impero. La cosciente operazione di recupero, restituendo la correttezza al latino, ne sancì però definitivamente la natura di lingua artificiale, e la separazione dalla lingua parlata. Non è un caso che immediatamente dopo, per la prima volta, fu scritta consapevolmente una lingua romanza, ormai individuata come entità diversa dal latino: il francese del giuramento di Strasburgo, dell'842.

Dopo il Mille nacquero le università (la prima fu quella di Bologna), e l'insegnamento, per persone che giungevano da tutta l'Europa, era rigorosamente in latino: un latino certo che non poteva più dirsi la lingua di Cicerone o di Orazio. I dotti delle università elaborarono un latino particolare, detto scolastico, adatto a esprimere i concetti astratti e ricchi di sfumature elaborati dalla filosofia dell'epoca, chiamata appunto scolastica.

Il latino non era dunque più la lingua di comunicazione che era stata nel mondo romano; nondimeno era una lingua viva e vitale, tutt'altro che statica. Col tempo però anche questo fu visto come una depravazione della gloriosa lingua della Roma classica. Nel XIV secolo in Italia sorse un movimento culturale che, parallelamente alla riscoperta e rivalutazione del mondo classico e pagano, favorì un rinnovato interesse per il latino antico: esso prende il nome di Umanesimo. Cominciato già col Petrarca, ebbe i suoi maggiori esponenti in Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Marsilio Ficino e Coluccio Salutati. La lingua classica divenne oggetto di studi approfonditissimi che segnarono di fatto la nascita della disciplina chiamata filologia classica.

In età moderna, il latino fu ancora usato come lingua della filosofia e della scienza, sia in Italia che all'estero (Thomas More, Erasmo da Rotterdam, Thomas Hobbes, Christophe de Longueil ecc.) e in latino scrissero anche i primi scienziati moderni come Copernico e Newton (Galilei invece preferì l'italiano) fino almeno al XVIII secolo, quando anche in questo ruolo il latino fu sostituito dalle varie lingue nazionali (francese, inglese, tedesco ecc.).

Strano, ma vero: la maggior parte dei documenti (libri, manoscritti, epigrafi, ecc.) prodotti in lingua latina non risalgono al periodo classico, i cui testi ammontano a circa 600 unità, bensì ai periodi successivi, cioè il Medioevo e l'età moderna. Studi recenti hanno, infatti, rivelato l'esistenza di un patrimonio letterario che conta oltre 18000 testi accertati, la maggior parte dei quali resta tuttora inedita.

image



* Il latino è a tutt'oggi materia di studio nelle scuole medie e nei licei classici, scientifici, linguistici, sociopsicopedagogici italiani, spagnoli, francesi e rumeni.
* Esiste una radio finlandese che trasmette regolarmente un notiziario in latino.
* Esistono riviste latine (Melissa ...) o scuole latine (Vivarium Novum, Schola Nova ...).
* A Catania il Circulus Latinus Catinensis è promotore di un telegiornale settimanale interamente in latino dal nome Nuntii Latini Italici, che può essere visto e ascoltato sul web.
* Il latino è ancora lingua ufficiale della Santa Sede, benché lo Stato della Città del Vaticano utilizzi come lingua corrente l'italiano, riservando l'uso del latino ai documenti ufficiali.
* Esistono proposte per rendere il latino lingua ufficiale per scopi amministrativi dell'Unione europea (e non solo): ciò avrebbe anche il vantaggio di non dare la preferenza ad una lingua che appartenga a qualche Stato.
* I motti ufficiali dell'Unione europea e degli Stati Uniti d'America sono in latino: rispettivamente In varietate concordia e E pluribus unum.
* La Svizzera, per evitare 'preferenze' fra le sue tre lingue ufficiali (e le sue quattro lingue nazionali), è ancora chiamata ufficialmente Confoederatio Helvetica (o Helvetia), sebbene il latino in questo caso non sia utilizzato a scopi amministrativi.
* Molti gruppi musicali del genere gothic metal, symphonic metal (ad esempio gli Elend o i Dark Sanctuary) o black metal usano spesso frasi, o anche interi testi di canzoni, in latino. Alcune strofe in latino si trovano anche nella celebre A Song for Europe del gruppo glam rock Roxy Music.





Fonti: Rosso Pompeiano forum


Edited by SILVIA13l'angelodellamorte - 21/4/2011, 15:37
127 replies since 16/1/2011