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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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view post Posted on 12/6/2010, 23:03     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Abante (Celeo)

Abante è un personaggio della mitologia greca, figlio di Celeo e di Metanira.
Secondo il mito mentre Demetra era alla ricerca della figlia Persefone, si fermò presso la sua casa per bere: Abante, vedendola abbeverarsi con tanta avidità, la dileggiò e la dea, infuriata, lo trasformò in lucertola, Nelle metamorfosi di Ovidio la leggenda è attribuita a Steleo o Stellione.

Abante
(Euridamante)


Nella mitologia greca, Abante era il nome di uno dei figli di Euridamante.

Abante era il figlio dell'indovino Euridamante ma non ne aveva ereditato le arti divinatorie. Partecipò alla guerra di Troia insieme al fratello Poliido schierandosi dalla parte del re Priamo.

Abante ingaggiò battaglia insieme al fratello contro l'acheo Diomede, ma entrambi perirono per mano sua. Euridamante in questa occasione, proprio quando si trattava del destino dei suoi figli, non riuscì a prevedere il futuro.

Abante (Melampo)

Abante, è una figura della mitologia greca, figlio dell'indovino Melampo e di Ifianassa, una delle tre figlie di Preto.

Discendeva da un altro Abante il re di Argo. Fu il padre di Lisimaca che sposò Talao e di Idmone l'indovino, anche se alcuni riferiscono che non ebbe tale figlio.

Abante
(Poseidone)

Nella mitologia greca, Abante è figlio di Poseidone e della ninfa Aretusa, divinità di una fonte vicino a Calci. È l'eroe eponimo del popolo eubeo degli Abantidi. Una tradizione più recente ateniese, lo indica come figlio di Calcone e quindi discendente di Metione.

Ebbe due figli: Calcodonte e Caneto.

Fu ucciso involontariamente dal nipote Elefenore, che era accorso in suo aiuto contro un servitore che lo stava maltrattando.


Abarbarea

Nella mitologia greca, Abarbarea era il nome di una delle Naiadi, le ninfe delle acque dolci della terra.

Abarbarea è ricordata nell’Iliade come moglie di Bucolione (il maggiore dei figli del re di Troia Laomedonte) e madre di Esepo e di Pedaso. È anche una delle tre progenitrici dei Tiri, assieme a Calliroe e Drosera. Il lessicografo Esichio di Alessandria, dal canto suo, menziona una classe di ninfe che prendono il suo nome, le cosiddette "Abarbareai" o "Abarbalaiai".

Abari


Abari o Abaride fu un leggendario indovino, taumaturgo e sacerdote di Apollo, forse realmente esistito e collocabile tra il VII e il VI secolo a.C.

Secondo Erodoto (4,36), Pindaro e Platone, Abari proveniva dalla mitica regione dell'Iperborea, situata nell'estremo nord. Qui avrebbe appreso e sviluppato le sue abilità di guaritore. Secondo la leggenda, per aver esaltato in versi il viaggio di Apollo agli Iperborei, fu fatto primo sacerdote di Apollo Iperboreo e avrebbe ricevuto dal dio il dono dello spirito profetico e una freccia d'oro che si portava sempre dietro. Secondo alcune tradizioni anteriori la freccia gli permetteva di volare e grazie ad essa girava per tutta la Grecia guarendo ammalati senza mai toccare cibo.

Platone (Carmide 158C) lo classifica fra "i medici Traci" i quali praticavano una medicina che cercava in primo luogo di curare l'anima per mezzo di "incantamenti" (epodai).

Secondo il lessico Suda, Abari venne in delegazione ufficiale dal paese degli Iperborei ad Atene al tempo della terza Olimpiade. Il Suda attribuisce, inoltre, un certo numero di libri ad Abari, compreso un volume degli Oracoli Scitici in esametri, una teogonia in prosa, un lavoro sulle purificazioni ed un poema su Apollo presso gli Iperborei.

Abaride

Nella mitologia greca, Abaride era il nome di uno degli amici di Fineo.

Fineo, re famoso per la sua capacità di elargire preziosi consigli che rasentavano i poteri divinatori, aveva in Abaride un amico e compagno di battaglie. I due sostennero insieme una feroce lotta con Perseo, famoso per avere combattuto e sconfitto la gorgone Medusa, che con il suo sguardo tramutava in pietra le persone.

Proprio grazie a tale proprietà magica Perseo, usando come arma la testa tagliata del mostro, vinse la sfida con Abaride e Fineo quando i due tentarono di rapire Andromeda.

Abaride era anche uno dei nomi di Abari, il sacerdote di Apollo.

Abaste

Nella mitologia greca, Abaste era il nome di uno dei cavalli di Ade.

Lo spaventoso cocchio di Ade, dio degli inferi, era fatto muovere da quattro cavalli, Aetone, Meteo, Nonio e appunto Abaste.

Abdero

Nella mitologia greca, Abdero è un eroe divino figlio di Ermes ed eponimo della città di Abdera, in Tracia.

Le cavalle di Diomede

Per portare a termine la sua ottava fatica, Eracle decise di portare con sé il suo eromenos Abdero ed altri giovani che lo aiutassero nell'impresa. Lo scopo era catturare le quattro cavalle di Diomede. Queste cavalle avevano la particolarità di essere antropofaghe (cioè di cibarsi di carne umana) ed appartenevano a Diomede re dei Bistoni, una popolazione barbara che viveva in Tracia.

Giunto nei pressi della mangiatoie, Eracle sopraffece ed uccise i guardiani. Fatto ciò portò le cavalle fino al mare, ma venne inseguito da Diomede e i suoi sudditi. Ignaro delle pericolosità della cavalle, le lasciò, quindi, alle cure di Abdero. Mentre Eracle era impegnato a sconfiggere Diomede, Abdero venne perciò divorato dalle bestie. Per vendetta Eracle, catturato Diomede, lo fece divorare vivo dalle sue stesse bestie che divennero così mansuete.

In memoria del suo eromenos, Eracle fondò vicino la sua tomba la città di Abdera ed organizzò degli agoni (in greco ἀγῶνες), giochi atletici che comprendevano il pugilato, il pancrazio e la lotta. Bernard Sergent conclude, quindi, che Abdero fosse ad Abdera insieme ad Eracle, suo erastes, fondatore secondo la mitologia della pederastia greca.

Abia

Nella mitologia greca, Abia era il nome di una delle figlie di Eracle .

Abia, figlia dell’eroe greco Eracle, creò un tempio che dedicò poi a suo padre. La città, chiamata Ira, dove il tempio venne eretto fu una delle città che Agamennone promise ad Achille come compenso per Briseide.

Ablero

Ablero è un personaggio dell'Iliade menzionato nel sesto libro.

Ablero era un guerriero nemico degli Achei, ma di lui Omero non dice altro, né per quanto riguarda la sua stirpe né per quello che concerne il suo popolo di appartenenza.

Ablero fu ucciso in combattimento da Antiloco, che lo trafisse con una lancia.

Abraxas


Nella mitologia greca, Abraxas era uno dei cavalli di Eolo, il dio dei venti.

Eolo possedeva un magico carro con cui volava e al quale erano legati molti cavalli. Tra questi ultimi, solo i maschi erano uniti da una fune. I loro nomi erano, secondo la tradizione più accreditata, Bronte e Sterope. Igino, dal canto suo, sostiene che secondo Omero si chiamavano Terbero ed Abraxas e che in Ovidio prendevano i nomi di Piroide, Eoo, Etone e Flegonte.

Abseo

Nella mitologia greca, Abseo era il nome di uno dei giganti figli di Urano e di Gea

Abseo insieme ai suoi fratelli partecipò alla guerra che i giganti mossero alle divinità dell'Olimpo per scacciarle e impadronirsi del loro regno. Tutti gli dei si opposero a tale tentativo e Zeus con le sue folgori fece sprofondare Abseo, insieme ai suoi compagni, nelle profondità del tartaro.

Acacallide

Nella mitologia greca Acacallide, o Acacallè, (in greco: Ἀκακαλλίς) è una delle figlie di Minosse, re di Creta, e Pasifae. Suoi fratelli sono Arianna, Androgeo, Catreo, Fedra e Glauco.

Quando Apollo e la sorella Artemide si recarono a Tarra per purificarsi, il dio del sole trovò Acacallide nella casa di un suo lontano parente di nome Carmanore e la sedusse.

Minosse, che alla notizia divenne furibondo, esiliò la figlia in Libia, dove, secondo una versione del mito, fu madre di Garamante.

Secondo un'altra versione, la fanciulla si accoppiò con Ermes, da cui ebbe un figlio chiamato Cidone, che diede il proprio nome alla città di Cidonia.

Un'altra tradizione racconta che Acacallide e Apollo ebbero tre figli chiamati Nasso, che diede il nome all'isola così chiamata, Nasso, Mileto , che, una volta cresciuto, fuggì da Creta, cercando di evitare ogni contatto con il nonno, e fondò la città che da lui prese il nome, Mileto[3], e Anfitemi.

Acacarno

Nella mitologia greca, Acacarno era il nome di uno dei figli di Alcmeone e Calliroe.

Insieme agli altri figli avuti dalla coppia decisero di vendicare la morte del padre, ucciso dai figli di Fegeo. Sterminarono per questo lui e tutta la sua progenie.

Acaco

Nella mitologia greca, Acaco (in greco: Ἄκακος) era il nome di uno dei figli di Licaone e di Ftia.

Acaco diventato adulto ebbe l'onore di accudire il divino Ermes durante la sua infanzia, in una grotta nel monte Cilene in Arcadia. Fu anche il fondatore della città di Acacesio nella terra di Arcadia.
Per questo motivo Ermes è detto anche Acacesius.

Academo

Academo, oppure Ecademo o Echedemo fu un eroe greco che, secondo la leggenda, rivelò ai fratelli Diòscuri, Castore e Polluce, il luogo dove era tenuta nascosta la loro sorella Elena (allora appena bambina), rapita da Teseo.

Elena rapita da Teseo. Particolare di un'anfora di Eutimide, V secolo a.C.

I Diòscuri invasero l'Attica con un esercito di Lacedemoni e di Arcadi per liberare la loro sorella Elena, rapita dagli ateniesi. Gli Ateniesi nascosero Elena e i Dioscuri cominciarono a devastare l'Attica, fino a quando Academo non rivelò loro che Elena era nascosta a Afidnes. Per questo motivo i Tindari gli furono sempre riconoscenti e quando i lacedemoni invasero l'Attica risparmiarono i terreni e i possedimenti di Academo — sulle rive del Cefiso nelle vicinanze di Atene — dalle devastazioni.

Quando morì la sua tomba (situata alla periferia di Atene e circondata da un bosco sacro) finì per dare il nome ad un quartiere della stessa città. Nelle sue vicinanze, secondo la tradizione, nel 387 a.C. Platone acquistò un fondo dopo il suo primo viaggio in Sicilia (dove era stato ridotto in schiavitù), e con il denaro raccolto per il suo riscatto vi stabilì la sede delle riunioni dei suoi discepoli dando così inizio alla celebre scuola filosofica, che prese appunto il nome di Accademia.


Acalante

Acalante è un personaggio della mitologia greca. Era una delle figlie di Pierio, ossia le Pieridi.

Insieme alle sorelle tentò di sfidare le Muse al canto: nominate le Ninfe giudici della gara, elessero vincitrici le figlie di Apollo. Le Pieridi, adirate contro le Muse, le attaccarono: dovette intervenire Atena, che le tramutò in uccelli. La tradizione vuole che Acalante sia stata trasformata in cardellino. L'episodio viene descritto nelle Metamorfosi di Ovidio.

Acamante

Acamante è il nome di alcuni personaggi della mitologia greca.

Acamante si può riferire ai seguenti personaggi mitologici:

Acamante
, valoroso guerriero troiano, figlio di Antenore e Teano, fu uno dei più forti combattenti che lottarono nella guerra che scoppiò per il rapimento di Elena. Per la sua figura si consulti la voce Acamante (Antenore).
Acamante, figlio di Teseo e di Fedra, partecipò alla guerra di Troia insieme a Diomede e al fratello Demofonte.
Acamante, lo zio di Cizico, era sempre un guerriero troiano, figlio del re trace Eudoro, il quale venne ucciso nella guerra di Troia da Aiace Telamonio.
Acamante, figlio di Demofonte, a sua volta figlio di Teseo, fu generato dagli amori dell'Acheo con una donna, di nome Fillide.



Acamante (Antenore)

Nella mitologia greca, Acamante è il nome di un valoroso eroe troiano, figlio di Antenore, che affiancò Enea e il fratello Archeloco alla guida dei Dardani, alleati di Priamo. Suo padre era uno dei consiglieri di Priamo a Troia, nonché il più favorevole alla restituzione di Elena e alla pacificazione con gli Achei. Acamante sopravvisse al fratello Archeloco, di cui vendicò la morte, e svolse un ruolo pressocché brillante durante l'avanzata troiana contro le navi avversarie.

Acamante apparteneva ad una nobile famiglia troiana: suo padre Antenore era uno dei più fidi consiglieri del re Priamo, che in più di una occasione aveva dimostrato la sua nobiltà d'animo e il suo spirito pacifista; dapprima salvando Menelao e Odisseo che, giunti a Troia per reclamare Elena, stavano per essere massacrati dai Troiani, istigati da Antimaco, ed infine invitando Priamo alla restituzione della donna al suo legittimo marito, Menelao stesso. La madre di Acamante, Teano, figlia di Cisseo, re di Tracia, era stata eletta sacerdotessa di Atena a Troia ed era, secondo alcune tradizioni, sorella della regina Ecuba. Insieme al già citato Archeloco, Acamante era solo uno degli innumerevoli figli generati da Antenore con la moglie, la cui lista è in parte redatta dalla stessa Iliade; tra i suoi fratelli più valorosi si ricordano Coone, il primogenito, Agenore, Demoleonte e Polibo.

Acantide

Nella mitologia greca, Acantide (o Acantillide) era l'unica figlia di Autonoo e Ippodamia.

Acantide aveva alcuni fratelli chiamati Erodio, Scheneo, Acanto e Anto.

Quando Anto morì travolto da una mandria inferocita, tutta la famiglia pianse la sua morte, tanto da commuovere le divinità che trasformarono tutti i familiari in uccelli. Acantide divenne così un cardellino.

Acanto (mitologia)

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Acanto è un personaggio minore della mitologia greca, probabilmente una ninfa amata da Apollo. Acanto non lo ricambiava, ed Apollo tentò di rapirla: essa reagì duramente, graffiando il volto dio del sole. Di conseguenza il dio tramutò la ninfa nella una pianta spinosa ma amante del sole che porta il suo nome (Acanthus).

Secondo altri pareri, Acanto, era invece l'amante di Elio, e quando la ninfa morì venne trasformata in fiore, e lo continuò ad amare in quella forma.

Acareo

Nella mitologia greca, Acareo fu avversario di Eracle in una gara di pugilato.

Quando Eracle uccise Augia re di Elide e i suoi figli, mise sul trono della città Fileo e celebrò i giochi olimpici, erigendo un altare a Pelope, figlio di Tantalo e costruendone altri dedicati ai dodici dei dell'Olimpo. Eracle allora istituì delle gare di ginnastica ad Olimpia, scegliendo un luogo molto bello, accanto al fiume Alfeo.

Secondo Igino, il suo sfidante nella gara di pancrazio (una sorta di pugilato) fu un altrimenti ignoto Acareo.

Acarnano

Acarnano è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Alcmeone e della sua seconda moglie, Calliroe, e dunque fratello di Anfotero; fu anche uno degli Epigoni.

Suo padre venne ucciso da Tegeo, fratello di Alfesibea, che fu la prima moglie di Alcmeone.

La loro madre pregò affinché diventassero adulti in un sol giorno e vendicassero la morte del loro padre. Zeus diede ascolto alle preghiere e d'incanto ebbero la maggiore età, presero le armi si recarono dal nemico, uccisero Tegeo e i suoi figli.

Nessun dio o re volle purificarli dei loro misfatti, ed essi continuarono il viaggio intrapreso.

I due si trasferirono poi in Epiro. Qui diede il nome alla regione che ancora oggi porta il nome di Acarnania (tuttavia non compare con questo nome nei poemi omerici.

Edited by demon quaid - 24/6/2016, 16:20
 
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view post Posted on 13/6/2010, 13:23     +1   -1
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Acaste

Acaste era nella mitologia greca una ninfa, figlia del titano Oceano e della titanide Teti, una delle Oceanine, citata da Esiodo nella Teogonia al verso 356

Viene menzionata anche come una delle compagne di Persefone quando andava nei boschi a raccogliere fiori.

Ha lo stesso nome una balia dei figli del re Acasto di Argo.

Acasto

Acasto è una figura della mitologia greca, figlio di Pelia, re di Iolco (in Tessaglia), e Anassibia.

Fu il mandante della spedizione degli Argonauti, alla quale si unì contro il volere del padre, e prese parte alla caccia del cinghiale di Calidone. Sostituì il padre Pelia alla regnanza della Tessaglia dopo che il padre fu ucciso da Medea e Giasone. Salito al trono, decise di vendicare la morte del padre: egli era stato convinto da Medea a farsi tagliare a pezzi dalle figlie, in modo da riottenere la giovinezza che aveva perso. tuttavia Medea e Giasone, si sottrassero al castigo fuggendo a Corinto.

In memoria del padre Pelia, istituì dei giochi ginnici: durante questi giochi Peleo, un giovane atleta, fece innamorare Ippolita, moglie di Acasto; una volta respinta, lo accusò di averla tentata. Acasto, evitando lo scontro diretto con un suo ospite, lo invitò a caccia con lui presso il monte Pelio, frequentato da centauri. Il suo intento era di lasciarlo disarmato in quel luogo pericoloso: mentre l'atleta riposava, gli sottraè la spada. che gli sarebbe stata donata da Dedalo. Una volta risvegliatosi, Peleo si ritrovò di fronte ai mostri senz'armi: grazie all'intervento di Ermes inviato da Zeus (o di Chirone secondo altre versioni) il quale gli consegnò una spada con poteri divini, sarebbe riuscito a salvarsi. Tornato in città, si vendicò assassinando Acasto ed Ippolita.

Acate (mitologia)

Acate è nella mitologia greca uno dei compagni di Enea. Durante la guerra di Troia, Acate sembra apparire come l'uccisore di Protesilao, il primo eroe greco a morire sulla costa troiana.


Più volte citato nell'Eneide di Virgilio sin dal primo libro, viene indicato come uno dei fedelissimi di Enea, sempre al suo fianco in tutte le sue peripezie, ed è il capitano di una delle navi con cui Enea e i suoi lasciano Troia. Enea è tanto sicuro della fedeltà di Acate da arrivare ad affidargli le proprie armi.
Nel libro sesto Acate è ricordato per essere colui che conduce Enea all'antro della Sibilla Cumana. Durante la guerra tra Troiani ed Italici, Acate fa da scudiero a Enea, aiutandolo soprattutto nel libro X, allorché il capo troiano viene assalito da sette giovani guerrieri latini, tutti figli di tal Forco. In tale circostanza Acate rimane leggermente ferito dall'asta che uno di questi, Numitore, scaglia contro Enea. Nel libro XII egli si rende anche autore di un'uccisione, quella del rutulo Epulone; Acate lo decapita con la spada.

Acca Larenzia

era una delle primitive figure mitologiche del popolo romano. Si tratta di una antica divinità romana quasi dimenticata, in onore della quale si celebravano il 23 dicembre le feste Larentalie. Intorno a Larenzia fiorirono tradizioni diverse. Licinio Macro faceva di Larenzia la moglie del pastore Faustolo, madre dei dodici fratelli Arvali, che trovò e allevò i gemelli abbandonati Romolo e Remo. Poiché i bambini erano stati allattati da una lupa, Acca Larenzia fu chiamata "lupa", che in latino significa anche "prostituta". Acca è anche chiamata Faula o Fabula, simbolo in latino di "donna di facili costumi". In ricordo dei dodici figli di Acca Larenzia sarebbe stato costituito il collegio dei dodici Fratelli Arvali.
L'altra tradizione, di Valerio Anziate, ne faceva una cortigiana, fortunata ricercatrice di avventure, contemporanea di Romolo o di Anco Marzio. Cattivatosi l'animo di Ercole con la sua bellezza e con i favori a lui concessi, ne ebbe in compenso l'avviso di sposare il primo uomo che avesse incontrato, e fu il ricco etrusco Taruzio. Questi non tardò a morire e Larenzia eredito la sua fortuna, che consisteva in vasti possedimenti nei pressi di Roma. Larenzia lasciò poi per testamento i suoi averi al popolo romano e fu sepolta nel Velabro, la cui vicinanza all'Ara Massima diede occasione che si favoleggiasse di relazioni tra lei ed Ercole.

Accò

Nella mitologia greca, Accò era il nome di una divinità.

Accò era un demone di aspetto femminile che veniva menzionato ai bambini dai genitori come spauracchio per riuscire a farli addormentare.
Interpretazione e realtà storica [modifica]

Vi erano anche altri demoni simili nell’antichità come Gellò, Mormò, e Aliftò; nei tempi moderni tale tradizione ancora resiste, ma il demone viene chiamato Babau oppure Uomo nero

L’origine del nome, seconda la versione più accreditata, avrebbe la stessa radice del verbo akkìzomai (“faccio smorfie”, “ghigno”). Presso i romani divenne Acca (madre, tata) che vide in Acca Laurenzia il personaggio più noto.

Acesida

Nella mitologia greca, Acesida era uno dei nomi che furono attribuiti ai Dattili, figli di Rea.

Secondo una tradizione locale di Elide, menzionata da Pausania, i Dattili erano Eracle, Peonio, Epimede, Giasio e Acesida, il cui nome poteva suonare anche "Ida".

Probabilmente, questi nomi non appartengono ai Dattili Idei della tradizione, ma a giudicare dai loro etimi si tratta di divinità mediche. Acesida, infatti, significa: "figlio di colui che cura".

Secondo il mitografo Robert Graves, che dà molta importanza a questo filone tradizionale, Acesida, il quinto dei Dattili (e nell'interpretazione dello studioso, il "mignolo oracolare" o "dito magico"), sarebbe stato confuso con Achille, chiamato appunto il Pento (dal greco "pemptos", che significa quinto).

Edited by demon quaid - 12/12/2013, 23:17
 
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Aceste (Crimiso)

Aceste o Egeste fu un re siciliano mitologico, figlio del dio fluviale Crimiso e di una donna troiana, Egesta, che era stata inviata qui dal padre per evitare alcune creature pericolose che infestavano la sua città natale.

Allevato in Sicilia, qui apprese i costumi e la lingua dell'isola; quando Troia venne attaccata dai Greci, vi si recò per difendere la città senza però riuscire a evitarne la fine; così, tornando in Sicilia, portò con sé Elimo e le sue tre navi. Si dice anche che quando Egeste fondò Segesta, venne aiutato dai compagni di Filottete; Virgilio riporta la leggenda secondo cui Segeste sarebbe stata fondata da Enea per far riposare i vecchi e le donne, dopo che queste avevano incendiato le navi poco prima di riprendere il viaggio.

Le sue vicende sono narrate in particolare da Virgilio in vari punti dell'Eneide (in particolare nel libro V). Il re siculo accoglie favorevolmente Enea nel suo regno e celebra il rituale di sepoltura per Anchise sul monte Erice. Ospiterà poi un'altra volta Enea quando, lasciata Didone, farà tappa a Drepanon nella sua rotta verso l'Italia.

Achelao

Nella mitologia greca, Achelao era uno dei figli di Antenore, ossia uno degli Antenoridi.

Achelao, figlio del mitico fondatore di Padova, combatté durante la guerra di Troia.

In alcune versioni del mito, con il termine Antenoridi vengono indicati i cittadini di Troia.

Acheloo

Acheloo è una divinità fluviale della mitologia greca. È la più importante delle divinità fluviali greche e corrisponde all'odierno fiume Aspropotamo, il più lungo dei fiumi della Grecia.

Figlio del titano Oceano e della titanide Teti, primo fra tutti i fratelli fiumi era immaginato in forma di toro, come spesso anche altre divinità fluviali. Compare nel ciclo delle fatiche di Eracle: infatti aspirava alle nozze con Deianira, figlia di Eneo, re degli Etoli, che era stata chiesta in moglie proprio da Eracle; durante la lotta fra i due, Acheloo si trasformò prima in toro, come narra Sofocle, poi in un drago viscido e iridescente ed infine in un uomo dalla testa di bue, ed Eracle gli strappò un corno; l'episodio è narrato da Ovidio nelle Metamorfosi. Allora Acheloo si considerò vinto e gli cedette il diritto di sposare Deianira, ma gli richiese il suo corno, dandogli in cambio un corno della capra Amaltea, la nutrice di Zeus, ossia la cornucopia.

Dalle gocce di sangue cadute dalla sua ferita nacquero le Sirene, chiamate infatti Acheloides dal nome del padre centauro. Secondo un'altra tradizione, queste sarebbero invece nate dall'unione di Acheloo con la musa Melpomene.

Era considerato anche il padre di molte fonti, quali la fonte Pirene di Corinto, la fonte Castalia di Delfi e la fonte Dirce di Tebe. Anche Calliroe, che sposò Alcmeone, è considerata sua figlia, ma la tradizione non ne nomina la madre. Viene nominato anche come protettore delle acque dolci, tanto che Virgilio si riferisce generalmente alle acque come Acheloia pocula.

La spiegazione di questo mito, che si riferisce alla fertilità della pianura bagnata dal fiume Acheloo e agli sforzi per contenerne le acque nell'alveo, fu già data da Strabone. Sin dai tempi più antichi era tenuto in grande venerazione per la vicinanza dell'oracolo di Dodona, che, ad ogni responso, aggiungeva l'obbligo di sacrificare all' Acheloo. Esso perciò veniva invocato anche nei sacrifici, nelle preghiere e nei giuramenti, e forse per questo fu dato il suo nome anche ad altri fiumi minori della Tessaglia e dell'Arcadia.

Achemenide (Odisseo)

Nella mitologia greca, Achemenide era uno dei compagni di Odisseo durante il suo viaggio di ritorno da Troia.

Achemenide fu dimenticato nelle terre dei Ciclopi. Qui visse a lungo nascondendosi e perdendo ogni speranza di venire salvato, finché Enea, tempo dopo, lo trovò e lo portò via con sé.

Secondo un'altra versione del mito, Achemenide fuggì con Enea durante la guerra di Troia.

Achemone

Nella mitologia greca, Achemone era il nome di un titano.

Achemone, insieme ad un suo pari, insultò a lungo Eracle, non credendo alla sua natura divina. L'eroe, allora, decise di punirlo e umiliarlo.

Secondo un'altra versione del mito, Achemone era un ciclope, che assieme al fratello Basala viveva di brigantaggio nell'isola di Pitecusa (nel mar Tirreno). Il giorno in cui i due Ciclopi assalirono Eracle, che si trovava nei pressi a dormire, il forzuto eroe li appese per i piedi all'estremità della propria clava e se li caricò sulle spalle. Eracle, poi, divertito da una loro spiritosa osservazione, li perdonò e li lasciò liberi.

In un'altra versione, Achemone è la madre di Laodamia, avuta con Bellerofonte.

Acheo (mitologia)

Acheo è un personaggio della mitologia greca, eponimo della stirpe degli Achei, popolazione ellenica dell'antica Grecia, le cui vicende storiche si svilupparono intorno al II millennio a.C.

Acheo era figlio di Xuto e Creusa, ed era il capostite degli Achei.

Durante il loro spostamento dalla Tessaglia al Peloponneso, riuscirono a conquistare tutto il territorio, ad esclusione dell'Arcadia.

Secondo Omero, Achei erano nel complesso tutti i Greci dell'antichità, ma venivano chiamati anche Argivi o Danai.

Acheso

Nella mitologia greca, Acheso era il nome di una delle figlie di Asclepio ed Epione; era la divinità che sovrintendeva al processo di guarigione.

Achille

Achille, soprannominato "piè veloce" o "piè rapido", è un personaggio della mitologia greca, nonché uno dei principali eroi leggendari della guerra di Troia e il protagonista dell'Iliade.

La leggenda di Achille è una delle più ricche della mitologia greca e una delle più antiche. Oltre ad Omero, altri poeti e le leggende popolari s'impadronirono del personaggio e s'ingegnarono a completare il racconto della sua vita, inventando episodi per supplire alle lacune dei poemi omerici. In questo modo si formò poco a poco un ciclo di Achille sovraccarico di incidenti e di leggende spesso divergenti, che ispirò i poeti tragici e i poeti epici di tutta l'antichità, fino all'epoca romana.

Achille era figlio del mortale Peleo, re dei Mirmidoni di Ftia (regione nel sud-est della Tessaglia) e della nereide Teti.

Zeus e Poseidone si erano contesi la mano di Teti fino a quando Prometeo (o, secondo altre fonti, Temis) profetizzò che la ninfa avrebbe generato un figlio più potente del padre. Per questo motivo essi dovettero rinunciare alle loro pretese e costrinsero Teti a sposare Peleo. Esiste una versione alternativa data da Le Argonautiche, nella quale Era allude alla resistenza e al rifiuto di Teti alle avance di Zeus, per rispetto al legame matrimoniale Era-Zeus. Nel poema incompleto Achilleide di Publio Papinio Stazio del I secolo, c'è una versione che non si trova in altre fonti, in base alla quale Teti, quando Achille nacque, per renderlo immortale, lo immerse nel fiume Stige, tenendolo per un tallone: il bambino divenne così invulnerabile tranne che nel tallone, che non era stato immerso nell'acqua del fiume (Tallone di Achille). Non è chiaro se questa versione di Stazio fosse nota in precedenza.

In un'altra versione Teti unse il bimbo con l'ambrosia, mettendolo sul fuoco per bruciarne le parti mortali del corpo. Venne però interrotta da Peleo che strappò con violenza il piccolo Achille dalle sue mani: il bambino rimase ustionato a un tallone e Teti, furibonda, abbandonò entrambi. Peleo, con l'aiuto del centauro Chirone, sostituì il tallone ustionato di Achille con l'astragalo (osso del tallone) del gigante Damiso, celebre per la sua velocità nella corsa: da qui l'appellativo di "piè veloce" (podas ôkus) con cui l'eroe viene anche identificato.

Tuttavia nessuna delle fonti antecedenti Stazio fa riferimento alla sua invulnerabilità. Al contrario, nell'Iliade, Omero narra di un Achille ferito: nel libro XXI, l'eroe peonio Asteropeo, figlio di Pelegone, sfida Achille nei pressi del fiume Scamandro. Egli, ambidestro, scaglia due lance alla volta e la seconda colpisce Achille al gomito, facendogli sgorgare del sangue: «sfiora coll'altro il destro braccio dell'eroe, di nero sangue lo sprizza»[4]. Neanche nei poemi epici greci del ciclo troiano dove compare una descrizione della morte dell'eroe, Cypria, Etiopide, la Piccola Iliade e l'Iliou persis (La caduta di Ilio), c'è traccia della sua invulnerabilità o del suo famoso tallone. In alcuni successivi dipinti su vaso che raffigurano la sua morte, una o più frecce trafiggono il suo corpo.

Peleo affidò Achille al centauro Chirone sul Monte Pelio affinché provvedesse alla sua crescita ed educazione.
 
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Aci (mitologia)

Aci è un personaggio della mitologia greca, figlio di Fauno e Simetide.

Secondo il mito, o quanto ci racconta Ovidio, era un pastore bellissimo. Questo pastore si innamorò della ninfa Galatea, a sua volta amata da Polifemo e figlia di Nereo e della ninfa Doride. Accecato dalla gelosia, il ciclope scagliò un masso contro il pastore. Il suo sangue, confluito dalla roccia, fu trasformato per intercessione di Poseidone in un fiume, che fu chiamato proprio Aci e venerato come divinità. Probabilmente il mito s'ispira al modo in cui il fiume sgorga dalla sua sorgente.

La leggenda è descritta da Ovidio nelle Metamorfosi, nel libro XIII; anche Teocrito compose un racconto dedicato all'argomento di Aci e Galatea, nell'Idillio 2.

Acmone

Nella mitologia greca, Acmone era il nome di diversi personaggi, fra cui:

* Acmone, uno dei Dattili

* Acmone, uno dei Cercopi

Acmone, il terzo dei Dattili

Secondo la tradizione più antica, testimoniata da uno scolio al primo libro di Apollonio Rodio, i Dattili erano tre: Celmis, Damnameneo e Acmone. Il nome di quest'ultimo significa, in greco antico, "l'incudine".

Acmone, uno dei Cercopi

Acmone (conosciuto anche come Euribato o Triballo o Aclemone o Atlanto o Atlante), figlio di Oceano e Tia, era insieme al fratello gemello Passalo uno dei più grandi imbroglioni, ladri e impostori della mitologia greca.

Seppure avvertiti dalla madre di prestare attenzione al prode Eracle, da lei chiamato con il curioso soprannome di "Sedere bruciacchiato", essi, trasformatisi in mosconi, davano fastidio ronzando ogni notte vicino al letto dell’eroe, rapinandolo. Una notte, Eracle li fece prigionieri e li diede ad Onfale come schiavi, oppure li uccise, oppure li liberò perché divertito dai loro scherzi.

Secondo un'altra versione del mito, Zeus, infuriato perché avevano tentato di ingannarlo, li avrebbe trasformati in scimmie, deportandoli nell'isola di Pitecusa (in greco, "scimmia"), che da loro prenderebbe il nome.

Aconzio

Aconzio è un personaggio della mitologia greca, generalmente accompagnato a Cidippe.

Proveniente da Ceo, mentre viaggia per Delo in occasione delle celebrazioni dedicate ad Atena, s'infatua di Cidippe, sacerdotessa presso il tempio della dea stessa.

Come racconta Callimaco all'interno degli Aitia, Aconzio, straordinariamente colpito dalla bellezza della giovane, escogita un sistema particolare per farla sua sposa. Presa una mela, vi scrive sopra: "giuro per il santuario di Artemide di sposare Aconzio" e la invia alla fanciulla.

Ella legge quindi ad alta voce la frase, senza tuttavia accorgersi di compiere un giuramento solenne nel tempio della dea. Cidippe viene tre volte promessa in sposa dal padre ad altri uomini ma ogni volta il matrimonio non può essere celebrato a causa della sua salute precaria. Una volta venuta a conoscenza, tramite un Oracolo, del fatto che la dea Atena ha impedito tali matrimoni a causa del voto, il padre della sposa decide di prendere Aconzio come genero. Il mito viene riproposto anche nelle Eroidi di Ovidio.

Acraia

Nella mitologia greca, Acraia era una epiclesi di Era e di Afrodite; era anche una delle tre figlie di Asterione.

Era Acraia

Ad Era Acraia, cioè protettrice delle alture, era dedicato un tempio ad Argo.

Acrisio


Acrisio è un personaggio della mitologia greca, figlio di Abante e Aglaia.

Ebbe una forte rivalità col fratello gemello Preto, che emerse fin dall'infanzia: il motivo del contendere era l'eredità del padre. La lotta durò a lungo, fino a quando Preto non venne sopraffatto, ed Acrisio poté salire al trono della città di Argo.

Secondo il mito, dal matrimonio con Euridice nacque Danae, ma un oracolo predisse che sarebbe morto per mano del figlio di sua figlia. Per evitare rischi, rinchiuse Danae in un appartamento sotterraneo, o forse in una torre di bronzo, ma Zeus se ne innamorò e vi si introdusse sotto forma di pioggia d'oro. Dalla loro unione nacque Perseo, che Acrisio fece rinchiudere con la madre in una cassa poi abbandonata in mare.

Nonostante i molti ostacoli, Perseo e Danae riuscirono a tornare a casa, approdando sull'isola di Serifo. Acrisio, appena apprese la notizia, abbandonò la città, rifugiandosi a Larissa. Infine ciò che era stato predetto si avverò: Perseo fu chiamato a Larissa per partecipare a dei giochi funebri e lanciando il disco, colpì involontariamente Acrisio, che morì.

Secondo un altro mito, Acrisio morì pietrificato per aver guardato la testa della Medusa, portata dal nipote come trofeo dopo la sconfitta delle Gorgoni.

Actea

Actea era il nome di due personaggi della mitologia greca:

* Actea, una delle Nereidi, le cento figlie di Nereo e di Doride. Era un nume della generazione di divinità preolimpiche, precedenti a Zeus, ad Apollo, allo stesso Poseidone. Actea è la ninfa della riva, l’abitatrice della costa del mare.

* Actea, una delle cinquanta Danaidi, figlie di Danao e Pieria che sposò Perifante, figlio di Egitto.

Adamante

Nella mitologia greca, Adamante era il nome di uno dei figli di Asio e nipoti di Irtaco e di Arisbe, figlia di Merope

Secondo l'autore dell' Iliade, Adamante fu figlio di Asio, fratello di Ecuba, e partecipò con lui alla guerra di Troia. Con il padre e con altri valorosi guerrieri, diede l'assalto all'accampamento degli Achei, protetto da Polipete e da Leonteo. Più oltre nella battaglia Adamante, che aveva tentato di attaccare Antiloco, fu respinto dall'intervento di Poseidone in difesa del guerriero acheo. Poiché l'asta scagliata contro Antiloco era rimasta infissa nello scudo di quest'ultimo, il giovane cercò rifugio tra i suoi, ma venne inseguito e raggiunto da Merione, che lo uccise con un colpo di lancia sotto l'ombelico. Ettore, incolpando Paride delle tante uccisioni di giovani Troiani, menzionò anche Adamante, accanto al suo prode padre.

Adamantea

Adamantea è una ninfa nella mitologia greca.

Secondo il mito lei aiutò l'infante Zeus a nascondersi da suo padre, Crono, che voleva divorarlo.

La profezia di Crono

Reagendo ad una profezia di sua madre Gaia, la quale disse che uno della sua progenie lo avrebbe spodestato dalla sua suprema posizione nel pantheon, Crono ha ingoiato tutti i suoi figli appena procreati.

Rhea, la madre di Zeus e sposa di Crono cercando di salvare almeno uno dei suoi figli inganna lo sposo dandogli una pietra con le sembianze del figlio. Lui non si accorge dell'inganno mentre Zeus, viene dato alla ninfa Adamanthea che fugge.

Il nascondiglio sicuro

Crono governa la terra, i cieli e i mari, e non vi è nulla su di essi che gli possa sfuggire a lungo. Preoccupata Adamanthea riesce alla fine ha trovare un nascondiglio agli occhi del supremo. Nasconde Zeus legandolo prima con una corda presa da un albero, e in seguito tenendolo in sospeso dalla terra, dal mare e dal cielo. Diventando così invisibile a suo padre. In seguito sarà proprio Zeus a detronizzare suo padre come disse la profezia.

Ade

divinità greca, terzo figlio di Crono e di Rea, signore degli Inferi, noto più comunemente con il nome di Plutone. La parola Hades con ogni probabilità significava "l'invisibile" o "colui che rende invisibili", in contrasto con Zeus che significava "luce del giorno". Da lui si chiamò "casa di Ade" o semplicemente Ade il regno degli Inferi. Era rappresentato con la testa rivolta indietro, perché, come dio della morte che faceva scomparire ogni essere vivo, rendendolo invisibile, non si doveva contemplare.
I Greci lo consideravano una divinità fredda che applicava le regole del suo regno a tutti senza discriminazione alcuna, ma non lo ritenevano malvagio, né satanico o ingiusto. I morti erano pure ombre che vagavano per sempre nel Tartaro, continuando a dedicarsi a ciò a cui si erano dedicati durante la vita. Nella Prateria degli Asfodeli si riunivano coloro che non erano stati né virtuosi né malvagi, nel Tartaro i malvagi e nei Campi Elisi i virtuosi. Guidate da Ermete le ombre dovevano pagare un obolo a Caronte perché li traghettasse sull'altra riva, e il mostruoso Cerbero badava che non cercassero mai di fuggire. Raggiunta l'altra riva incontravano i giudici dei morti: Minosse, Radamanto ed Eaco. Ma il giudizio finale aveva poca impportanza poiché non era altro che la comclusione naturale di quel che era accaduto in vita, e la maggior parte delle ombre si fermava nella Prateria degli Asfodeli per sempre.

Adimno

Nella mitologia greca, Adimno era il nome di uno dei figli di Eos e di Cefalo

Tale Adimno in origine chiamato Fetonte, ma non quello noto con il nome omonimo figlio di Elio, fu rapito dalla dea della bellezza, Afrodite per tenerselo come schiavo a cui assegnava compiti umili quali di custodia dei suoi santuari.

Edited by demon quaid - 13/12/2013, 22:10
 
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Admeta

Nella mitologia greca, Admeta era la figlia di Euristeo.

Una delle fatiche di Eracle, la nona, consisteva nel recupero della cintura d’oro che Ares aveva donato alla figlia Ippolita, comandante delle amazzoni.

Quando Eracle riuscì nell'impresa, Euristeo fu ben felice di regalare la mitica cintura a sua figlia Admeta.

Ricompensa per le varie fatiche doveva essere la principessa Admeta in persona, come sposa dell’eroe.

Quindi sciogliere la cintura nella camera matrimoniale dove per forza segnare la fine delle avventure.

Admeta probabilmente lottò contro l’eroe, non volendo esserne la sposa senza combattere, e probabilmente si trasformò in tutti i vari mostri che in seguito nelle sue altre fatiche Eracle dovette combattere (cerva, cavalla selvaggia, ecc)

Admeta fra l’altro è anche uno dei tanti nomi dati ad Atena.

Admete


Admete era nella mitologia greca una ninfa, figlia del titano Oceano e della titanide Teti, una delle Oceanine.

Altri nomi

Un'altra Admete citata da Pseudo-Apollodoro, era la figlia di Euristeo.

Entrambe per altri autori (quali Igino nelle sue favole) vengono invece denominate Admeta

Admeto (mitologia)

Admeto è un personaggio della mitologia greca, re di Fere in Tessaglia; fu anche sposo di Alcesti. Figlio di re Fere, da cui la città prende nome, fu uno degli Argonauti e prese parte alla caccia al Cinghiale Calidonio. Era celebre per la sua ospitalità e per il suo senso di giustizia.

Il più famoso dei figli di Admeto fu Eumelo, suo successore, che guidò un contingente da Fere per combattere nella guerra di Troia. Gli si attribuisce un altro figlio, che porta il nome del nonno, il quale accompagnò il fratello nella guerra di Troia.

Quando Apollo venne condannato dagli dèi per aver ucciso i Ciclopi, imponendogli di essere servitore di un umano per nove anni, essi scelsero la casa di Admeto, ed Apollo divenne il suo pastore, curandone anche i cavalli. Apollo rimase così stupito del trattamento benevolo di Admeto che il dio gli fece dono di far partorire a tutte le sue mucche dei gemelli.

Apollo aiutò Admeto ad ottenere la mano della principessa Alcesti, figlia di Pelia re di Iolco. Alcesti aveva così tanti pretendenti che Pelia stabilì per loro un compito apparentemente impossibile: per ottenere la mano di Alcesti avrebbero dovuto legare al giogo di una biga un cinghiale ed un leone. Apollo imbrigliò gli animali, e Admeto guidò la biga fino a Pelia, riuscendo così a sposare Alcesti. Admeto, comunque, si dimenticò di fare sacrificio ad Artemide. La dea, offesa, riempì la camera nuziale di serpenti, e nuovamente Apollo giunse in aiuto di Admeto: gli consigliò di effettuare un sacrificio ad Artemide e, una volta fatto, la dea tolse i serpenti.

L'aiuto più grande che Apollo diede ad Admeto fu di persuadere le Moire a rimandare il giorno della morte di Admeto. Apollo fece ubriacare le Moire, e queste accettarono il rinvio se Admeto fosse stato in grado di trovare qualcuno che morisse al suo posto. Admeto credette inizialmente che uno dei suoi anziani genitori sarebbe stato lieto di prendere il posto del figlio, ma così non fu. Quando questi non si mostrarono disponibili, fu sua moglie Alcesti a scegliere di morire al suo posto. La scena della morte viene descritta nell'Alcesti di Euripide, dove Tanato, il dio della morte, conduce Alcesti negli Inferi. Mentre Alcesti vi discende, Admeto scopre di non voler più vivere. La situazione venne salvata da Eracle, che si riposava a Fere mentre era in cammino alla ricerca delle cavalle di Diomede, mangiatrici di uomini. Venuto a conoscenza della situazione di Admeto, Eracle discese negli Inferi per salvare Alcesti. Lottò quindi con Thanatos fin quando il dio accettò di liberare la donna, che fu ricondotta nel mondo dei mortali.

Adone (mitologia)

Adone è una figura di origine semitica, dove era oggetto di un importante culto nelle varie religioni legate ai riti misterici. È relativamente assimilato alla divinità egizia, Osiride, al semitico Tammuz e Baal Hadad, all'etrusco Atunnis e anche al frigio Attis, tutte divinità legate alla rinascita e alla vegetazione. Soprattutto nell'attuale Siria, era identificato come Adon, stesso termine di Adonai, il Signore ebraico (nome utilizzato al posto del Tetragramma YHWH impronunciabile dai devoti). Alcuni mitologisti hanno pensato che Balder è da leggere come una sua personificazione nella mitologia germanica, associato a sua volta al Baal fenicio.

Il ramo d'oro
Come spiega James Frazer in Il ramo d'oro, opera per ampia parte dedicata al mito di Tammuz, «il culto di Adone fu praticato dalle genti semitiche di Babilonia e Siria e i Greci lo presero da loro agli inizi del settimo secolo avanti Cristo. Il vero nome della divinità era Tammuz: Adone è semplicemente il nome semitico Adon, “signore”, un titolo onorifico con il quale i fedeli si indirizzavano a lui. Nella letteratura religiosa babilonese Tammuz appare come il giovane sposo o amante di Ishtar, la grande dea madre, incarnazione delle energie riproduttive della natura».

Adone è una delle più complesse figure di culto nei tempi classici. Egli ha assunto numerosi ruoli in ogni periodo. Simboleggia la giovanile bellezza maschile ma anche la morte ed il rinnovamento della natura. Dal suo sangue crebbero gli anemoni e ad essi Adone viene associato.

Secondo la tradizione greca, figlio nato dal rapporto incestuoso fra Cinira, re di Cipro (ubriacato per l'occasione), e sua figlia Mirra; uscì dal corpo della madre trasformata in albero di mirra per sfuggir all'ira paterna appena questi scopri d'esser stato ingannato.

Allevato dalle Naiadi, riuscì letteralmente a stregar con la sua sfolgorante bellezza la stessa Afrodite, che lo amò appassionatamente, e poi anche da Persefone. Secondo il racconto dello Pseudo-Apollodoro, Afrodite lo mandò da Persefone in una cassa di legno, affinché quest'ultima lo tenesse al sicuro. Persefone se ne innamorò e lo contese ad Afrodite. Zeus risolse la loro disputa ordinando al ragazzo di passare un terzo dell'anno con Afrodite, un terzo con Persefone e un terzo con la persona di sua scelta.

Secondo altri mitografi durante una battuta di caccia fu ucciso da un cinghiale inviato dal geloso Apollo con l'aiuto di Artemide, o da Ares amante della dea Afrodite. Dal sangue del giovane morente crebbero gli anemoni e da quello della dea, ferita tra i rovi mentre era corsa a soccorrerlo, le rose rosse. Zeus commosso per il dolore di Afrodite concesse ad Adone di vivere quattro mesi nel regno di Ade, quattro sulla Terra assieme alla sua amante e quattro dove preferiva lui.

Adoneo

Nella mitologia greca, Adoneo o Aidoneo era il nome di uno dei re dei Molossi.

Secondo Plutarco Adoneo era lo sposo di Persefone e aveva una figlia Core che per scegliere il suo sposo aveva chiesto ai pretendenti di affrontare il cane Cerbero. Teseo e Piritoo invece di sfidare il cane scelsero di rapire la ragazza e questo fece infuriare il re. Catturati i due, fece sbranare Piritoo dal suo cane e rinchiuse Teseo in una torre. Solo in seguito Teseo fu liberato da Eracle, quando questi passò per caso nelle prigioni.

Plutarco in questo racconto stravolge la storia più famosa di Teseo, che entrò nell’Ade alla ricerca di Persefone dandogli un aspetto più terreno.

Secondo Pausania Adoneo era un altro re dei Tesproti. Il nome viene anche citato nell'Iliade e nella Teogonia come un altro nome di Ade, il dio degli inferi
 
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Adranos

Il dio Adranus o Adranòs, padre dei Palici, ha caratteristiche legate ai fenomeni naturali (acqua e fuoco) ed è assimilato in parte e sovrapposto a Efesto (Vulcano per i latini), che aveva le sue fucine nelle viscere dell'Etna.

Le caratteristiche del dio Adranòs, ci sono tramandate da Plutarco ed Eliano. Plutarco lo descrive con in mano una lancia. Eliano specifica che il suo tempio era custodito da non meno di mille cani, di bellezza e dimensioni superiori ai molossi. I cani erano in grado di accogliere i visitatori del tempio, accompagnandoli a casa se ubriachi e sbranarli se ladri, infatti al dio era sacro tale animale. Esichio inoltre lo definisce padre dei Palici, divinità collegate a fenomeni vulcanici, gererati con la ninfa Talia, venerate dai Siculi.

Diodoro Siculo sostiene che nel 400 a.C. Dionisio I (il Vecchio) fondò una città alle falde dell'Etna, vicino a un famoso santuario, e la chiamò Adranòn. Questo tempio, come riportato da Eliano, potrebbe coincidere con quello del dio Adranòs. Plutarco afferma che il suo culto era diffuso in tutta la Sicilia.

Le monete in bronzo pervenuteci (278-270 a.C.), recanti la scritta (etnico) AΔPANOY, che riportano sul diritto la testa elmata di un uomo e sul rovescio un cane con la scritta MAMERTINΩN raffigurano il dio Adranòs e potrebbero riprodurre la statua ospitata nel tempio di Adranòn o in uno degli altri templi siciliani dedicati alla divinità.

Queste monete inoltre testimoniano che il culto, in origine siculo, fu adottato dai campani, mercenari italici installatisi dell'area etnea e della zona del messinese, e fu attivo anche in età ellenistica.

Nelle tavole alesine trovate nella zona di Tusa, ma relative all'antica Alesa, è riportato un tempio dedicato al dio Adranòs (Adranieiòn).

Plutarco cita inoltre un prodigio che accompagnò l'intervento militare di Timoleonte in Sicilia. Racconta che proprio nel giorno della battaglia dello stratega corinzio ed Iceta (344 a.C.) – avvenuto presso Adranòn – le porte del santuario che custodiva la statua della divinità si aprirono da sole e, mentre il volto della statua si rigava di sudore, la punta della sua lancia cominciò a vibrare. Prodigi tutti che persuasero gli adranitani, anche quelli più diffidenti, ad accogliere benevolmente Timoleonte.

La lancia, citata da Plutarco, e i cani, menzionati da Eliano, hanno indotto degli studiosi a ritenere che Adranòs avesse aspetti più simili ad Ares, dio della guerra, che veniva venerato dai Mamertini.

Eliano descrive il tempio del dio Efesto situato nel centro di Aitna-Inessa come una duplicazione di quella del tempio del dio Adranòs, con la sostituzione di Efesto ad Adranòs. Questa somiglianza dei templi è stata intesa come una politica di aggressione dei greci invasori nei confronti dei siculi e l'imposizione dei propri culti che avessero aspetti affini.

Secondo un'altra versione del mito, sotto il nome di Adrano vi era semplicemente uno dei tanti figli di Zeus, il padre degli dei, che fondò la città omonima.

Adranos è stato a lungo ritenuto un dio di provenienza orientale ed il suo nome accostato a quello di Adar o Azar siro, dio del fuoco.

Adrastea (mitologia)

Nella mitologia greca, Adrastea era la ninfa che allevò Zeus quando Rea lo sottrasse alla voracità di Crono e lo nascose a Creta in una grotta.

Era, per taluni mitografi, la figlia di Melisseo e di Ananke e sorella di Ida ed Amaltea. Altri le considerano figlie di Oceano.

Il nome, a volte, era un epiteto della dea Cibele, che ricorda Adrasto, figlio di Talao e di Lisimaca che le aveva dedicato un tempio a Cizico.

"Adrasteia" — "che non si può evitare" fu anche l'appellativo di Nemesi, originariamente dea del frassino, dea giustiziera di qualsiasi hybris, eccesso, superbia o violenza.

La figura mitologica di Adrastea ha analogie con Urdhr - la maggiore delle Norne della mitologia nordica - che presiedeva al destino degli uomini e dimorava all'ombra del sacro albero: il frassino Yggdrasill.

Adrasto 1

Figlio di Talao, re di Argo, e di Lisimaca. In seguito a una faida con altri rami della famiglia reale, discendenti da Melampo e da Preto, fuggi da Argo. Talao fu ucciso da Anfiarao, che discendeva da Melampo, e suo figlio trovò rifugio presso il nonno materno Polibo, re di Sicione, il quale non aveva figli e lo nominò suo erede. Quando divenne re di Sicione, Adrasto si riconciliò con Anfiarao, e gli diede in moglie la sorella Erifile.
Adrasto ritornò sul trono di Argo e, nonostante gli avvertimenti di Anfiarao che era veggente, si impegnò ad aiutare Polinice e Tideo nella riconquista dei loro troni rispettivamente di Tebe e di Calidone. Adrasto notò che i due giovani indossavano pelli di animali, Polinice quella di un leone e Tideo quella di un cinghiale; obbedendo allora a un oracolo che gli aveva ordinato di sposare le sue figlie a un leone e a un cinghiale, diede in moglie ai due giovani le figlie Egiale e Deipila.
Adrasto, sposato con sua nipote Anfitea, ebbe un'altra figlia, Egialea, e due figli, Egialeo e Cianippo.
Adrasto guidò i sette eserciti alleati contro Tebe; è la famosa spedizione descritta da Omero nell'Iliade e da Eschilo nella sua tragedia I Sette contro Tebe, così come da Euripide in Le supplici e in Le Fenicie. La spedizione si rivelò un disastro, e Adrasto fu il solo dei comandanti a salvarsi fuggendo sul suo cavallo alato Arione.
Dieci anni dopo la prima spedizione contro Tebe, Adrasto accompagnò i figli dei campioni, chiamati Epigoni, contro la città e questa volta l'assalto fu vittorioso, ma a prezzo della vita di Egialeo, figlio di Adrasto, il quale, prostrato dal dolore per la grave perdita, morì sulla via di ritorno, a Megara. Suo nipote, Diomede, divenne re di Argo.

Adrasto 2

Padre di Euridice, moglie di Ilo, re di Troia.


Aedona


Aedona detta anche Aedone o Edona è un personaggio della mitologia greca, figlia di Pandareo e di Armotoe, fu sposa di Zeto, re di Tebe.

Il fratello di Zeto, Anfione, aveva invece sposato Niobe, da cui aveva avuto sette figli maschi e sette femmine, mentre Aedone aveva partorito solo un maschio ed una femmina.

Colma d'invidia, Aedone si apprestò a uccidere il primogenito di Niobe: nottetempo giunse nella camera dove dormivano i figli sia suoi che di Niobe, e nel buio, sbagliò letto, e invece di uccidere il figlio della cognata, uccise il proprio, Itilo o Ati.

Zeus, commosso dal pianto di Aedone, decise di trasformarla in un usignolo, che secondo la leggenda, è l'uccello che piange durante la notte.

Aella
(mitologia)

Aella era un'amazzone al servizio di Ippolita.

Aella, durante una delle fatiche di Eracle, fu la prima ad attaccare l'eroe quando questi cercò di impadronirsi della cintura di Ippolita. Sfortunatamente per Aella, Eracle indossava la pelle del leone di Nemea che lo rendeva invulnerabile e quindi non poteva ucciderlo. Invece, dopo una breve battaglia, fu lei a venire uccisa dall'eroe.

Aellopoda

Nella mitologia greca, Aellopoda era una delle Arpie.

Tra le Arpie, Aellopoda era una delle più aggressive e viveva nella caverna di Ditte, sull'isola di Creta.

Si narra che Aellopoda e la sua compagna Ocipeta fossero le Arpie che non davano pace a Fineo, figlio di Agenore: le due creature entravano volando nel suo grande palazzo durante i pasti e, oltre a incutere paura in tutti, rubavano parte del cibo, rendendone immangiabile il resto, sporcandolo e lasciandovi un orrendo fetore.

Quando il re incontrò Giasone, che gli domandò come recuperare il vello d’oro, Fineo pose come condizione per aiutarli che gli Argonauti lo liberassero dai due mostri.

Allora due degli argonauti, Calaide e Zete, iniziarono a dar loro la caccia con le spade.

Secondo alcune fonti antiche, le due Arpie si salvarono fuggendo oltre il mare; secondo altre, vennero raggiunte alle isole Strofadi, dove gli Argonauti ne ebbero pietà, grazie anche all'intervento della messaggera di Era, Iride. Altri, infine, affermano che Aellopoda, separatasi dalla propria compagna, continuò a volare, finché crollò per la stanchezza e annegò nel Tigri, un fiume del Peloponneso, ribattezzato Arpide in suo ricordo.

Aetone

Nella mitologia greca, Aetone era il nome di uno dei leggendari cavalli di Eolo, il dio dei venti.

Eolo aveva un magico carro trainato da diversi cavalli, tutti possenti e magici perché sapevano volare. Uno di questi rispondeva al nome di Aetone.

Secondo una versione minore invece Aetone era il nome di uno dei quattro cavalli di Ade, il dio degli inferi.

Afaia

Nella mitologia greca, Afaia era il nome di diverse figure raccontate nei miti.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Afaia una antica divinità
* Afaia una donna cretese

La dea Afaia

Si racconta che essa era venerata già ai tempi dei Micenei, soprattutto nell’isola di Egina, dove le era consacrato un santuario. In seguito il suo nome venne assimilato a quello di Britomarti e talora a quello di Artemide e a volte ad Atena.

In altri racconti il nome riportato era Afea.

Afaia, una donna che viveva a Creta, venne rapita da un pescatore animato da brutte intenzioni che la portò via lontano fino all’isola di Egina. In tal luogo riuscì in qualche modo a sfuggire al suo rapitore e cercando un luogo sicuro si addentrò in un boschetto, dal quale non ricomparve mai più.

Afaia deriva dal greco e significa “scomparsa”.

Afareo (Caletore)

Afareo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Caletore. Partecipò alla guerra di Troia ed è menzionato come guerriero acheo nell'Iliade di Omero.

Di possibili origini cretensi, Afareo è citato una sola volta nell'Iliade col patronimico di "Caletoride". Omero lo affianca sempre ai compagni Deipiro e Merione, con i quali svolge a più riprese il ruolo di sentinella o di combattente. Nel libro IX, insieme a Trasimede, Ascalafo, Ialmeno, Merione, Deipiro e Licomede, riceve da Nestore l'incarico di comandare le sentinelle lungo l'accampamento greco.

Il giorno successivo, Afareo giunge insieme ad un drappello di uomini valorosi in soccorso al re Idomeneo, minacciato da Enea, e col suo scudo si prepara a difendere il suo signore. Nella confusa battaglia che segue, Afareo, che pavidamente si era gettato su Enea sperando di colpirlo, viene da lui trafitto alla gola con un abile colpo di lancia che gli taglia di netto il capo. Il suo corpo, barbaramente ferito, non venne però privato dello scudo e dell'elmo piumato.

Afareo (Periere)

Afareo è un personaggio della mitologia greca, figlio di Periere e di Gorgofone nonché nipote di Perseo. Discendeva da Eolo, re di Orcomeno.

Fu padre di Idas e Linceo a cui furono promesse Febe e Ilaria, rapite in seguito dai cugini figli di Tindaro e Leda Castore e Polluce, che sfidarono a duello.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 14:37
 
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Afidante

Nella mitologia greca Afidante era, secondo il racconto di Omero, il padre di Eperito .

Al ritorno nella sua patria, l’isola di Itaca, dopo la guerra di Troia, Odisseo, o Ulisse, avendo paura dei Proci, che avevano occupato la sua reggia, finse di chiamarsi Eperito. Quando incontrò suo padre Laerte, continuando la sua messinscena, disse di essere il figlio di Afidante, re di Alibante.

Afidante era in realtà il padre di Aleo e da lui discendevano Auge e Licurgo.

Afidno

Nella mitologia greca Afidno era uno degli amici più fidati di Teseo.

Dopo il rapimento di Elena ad opera del gruppo di Teseo, questi la vinse ad un gioco di fortuna, e per evitare di far infuriare i Dioscuri, che di lei erano i fratelli, cercò di nasconderla ad occhi indiscreti. Usò per questo il suo amico Afidno, che doveva custodirla con la massima cura portandola nel villaggio di Afidna.

In seguito i Dioscuri riuscirono a conquistare Afidna, diventando cittadini onorari, e Afidno divenne loro padre adottivo.

Afrodite

dea greca dell'amore, della bellezza, della fertilità, cui corrisponde la Venere romana. Il significato del nome è molto incerto. I Greci, come Esiodo, lo derivano da Afros, la schiuma, dalla quale nacque, emergendo dalla schiuma del mare, fecondato dai genitali di Urano presso Citera o presso Cipro e portata a terra nell'una o nell'altra isola sopra una conchiglia. Quando Afrodite raggiunse la riva, fu accolta da Eros (Cupido) e forse da altre divinità, mentre al suo passaggio dal suolo sbocciavano fiori. La dea era chiamata Anadyomene ("colei che esce dal mare") e Cypris ("la cipriota").
Afrodite era moglie di Efesto, ma non gli era fedele. Omero racconta che Elio (il sole) avrebbe informato Efesto dell'adulterio di sua moglie con Ares; Efesto colse i due, nudi, nel suo letto nuziale e li imprigionò finché Poseidone non propose una riconciliazione, Dagli amori di Ares e Afrodite nacquero Deimo e Fobo (il terrore e la paura) e Armonia, che a Tebe sposò Cadmo; anche Eros sarebbe loro figlio; ma, secondo altri, Eros apparve sulla terra ancor prima della nascita dei grandi dell'Olimpo. Per punirla di aver schernito gli immortali, Zeus la fece innamorare di un mortale, Anchise. Afrodite ebbe numerose avventure con gli altri dei: dal suo amore con Dioniso nacque Priapo, la divinità fallica, e con Poseidone generò Erofilo. Respinse invece le proposte di Ermete, ma Zeus gli venne in aiuto mandando la sua aquila a rubare il sandalo di Afrodite e poi consegnandoglielo. Per riaverlo, la dea passò la notte con lui e dalla loro unione nacque Ermafrodito, creatura dal doppio sesso.
Afrodite aveva il potere di far innamorare tutti gli dei, o di suscitare in loro un'intensa passione, eccezion fatta per Atena, Artemide ed Estia. Quando Era volle sedurre Zeus per fargli dimenticare la guerra di Troia, indossò la cintura di Afrodite, che rendeva irresistibile chiunque la portasse.
Afrodite amò teneramente Adone a causa del quale litigò con Persefone. Quando Adone fu ucciso dal cinghiale, Afrodite fece nascere dal suo sangue gli anemoni rossi. Amò anche alcuni mortali, tra i quali Anchise, con cui generò Enea, e aiutò gli uomini a realizzare i loro amori. La leggenda più importante che la riguarda è quella del giudizio di Paride, che è all'origine della guerra di Troia. Durante le nozze di Teti e di Peleo, Eris (la Discordia) lanciò in mezzo agli invitati una mela d'oro, sulla quale era scritto: "Alla più bella".
Era, Atena e Afrodite rivendicarono tutte e tre questo titolo e allora Zeus incaricò Paride, il più bello tra gli umani, della decisione. Tutte e tre le dee cercarono di corrompere il giovale, che decise di attribuire la mela d'oro ad Afrodite che gli prometteva l'amore della più bella tra le donne.
Tra gli altri mortali ai quali Afrodite venne in aiuto, troviamo Milanione (o Ippomene) che voleva conquistare Atalanta; Giasone, che aveva bisogno dell'amore di Medea; Paride, che protesse non solo al momento del rapimento di Elena, ma anche negli anni successivi; inoltre fece innamorare Didone di suo figlio Enea. Viceversa puniva gli dei e i mortali che la offendevano o che si vantavano di esserle superiori: la madre di Mirra e le sue tre figlie; Glauco, che fu divorato vivo dalle sue giumente perché non voleva che facessero razza; Pasifae, la moglie di Minosse, re di Creta, che si innamorò d'un toro e diede alla luce il Minotauro; le donne di Lemno, che trascuravano il suo culto e che punì facendole sentire di un odore talmente disgustoso che furono abbandonate dai mariti. Le guarì da questa afflizione soltanto all'arrivo degli Argonauti e su preghiera di Efesto.
Fu inoltre particolarmente crudele verso il figlio di Teseo, Ippolito, che disprezzava la passione amorosa. Fece disperatamente innamorare di lui Fedra, la sua matrigna. Quando si vide respinta, Fedra raccontò allo sposo, Teseo, che il giovane aveva tentato di violentarla, quindi si impiccò. Teseo allora cacciò in esilio il figlio e lo maledisse e Ippolito morì poco dopo di morte violenta.
Afrodite si vendicò anche della musa Clio, che la scherniva per la sua passione per il mortale Adone, facendola a sua volta innamorare di un mortale, Piero. La musa Calliope, che fu giudice tra Persefone e Afrodite, nel corso della contesa a proposito di Adone, fu punita con la morte di suo figlio Orfeo.
Per castigare Eos ("l'aurora"), che aveva ceduto ad Ares, suo amante, la fece innamorare di due giovani mortali, Cefalo e Titone. Per vendicarsi di Elio, che aveva svelato a Efesto la sua avventura con Ares, Afrodite lo fece innamorare di Leucotea. Una volta però un mortale riuscì ad avere la meglio su di lei e Afrodite fu obbligata ad abbandonare il campo di battaglia di Troia, ferita da Diomede.


Agamede

Nella mitologia greca Agamede, fratello di Trofonio, era uno dei figli di Ergino.

Agamede e il fratello gemello erano due celebri architetti.

I gemelli avevano messo una soglia di pietra sopra le fondamenta poste dal dio Apollo per la costruzione del famoso tempio di Delfi.

L'oracolo disse ai due di vivere nel modo più allegro, abbandonandosi a qualunque piacere per sei giorni. Al settimo ciò che avevano desiderato con tutto il cuore sarebbe stato esaudito.

Giunto il settimo giorno, entrambi furono trovati privi di vita nei loro letti.

Da questo episodio nacque il detto: "Muor giovane colui che al cielo è caro".

Agamennone

Agamennone fu una delle figure più importanti della mitologia greca. Figlio del re Atreo di Micene e della regina Erope, era il fratello di Menelao e cugino di Egisto.

Secondo la tradizione più accettata, Agamennone era figlio di Atreo e di Erope e fratello maggiore di Menelao e Anassibia. Suo padre prese in moglie Erope dopo che la sua prima consorte, Cleola, era morta dando alla luce un figlio malaticcio, Plistene.

La guerra di Troia è stata raccontata all'interno dell'Iliade da Omero. Agamennone raccolse le forze greche per salpare verso Troia. Preparandosi a partire da Aulide, che era un porto della Beozia, l'esercito di Agamennone incorse nell'ira della dea Artemide. Ci sono diverse ragioni per quest'ira: nell'opera di Eschilo, Agamennone, Artemide è irata per i giovani uomini che perderanno la vita a Troia, mentre nell'Elettra di Sofocle, Agamennone ha ucciso un animale sacro ad Artemide, per vantarsi in seguito di essere pari alla dea nella caccia. Sfortune comprendenti la peste e la mancanza di vento impediscono all'esercito di salpare; alla fine, l'indovino Calcante annuncia che l'ira della dea può essere propiziata solo dal sacrificio di Ifigenia (figlia di Agamennone). Le drammatizzazioni classiche differiscono su quanto padre e figlia fossero disposti ad accettare questo destino, compresi trucchetti quali il sostenere che era promessa in sposa ad Achille, ma Agamennone alla fine sacrifica Ifigenia. La sua morte tranquillizzò Artemide e l'esercito greco partì per Troia. Diverse alternative al sacrificio umano sono state presentate nella mitologia greca. Altre fonti sostengono che Agamennone era pronto a uccidere la figlia, ma Artemide accettò un cervo al posto di Ifigenia, e la trasportò in fretta a Taurus in Crimea. Esiodo narra che divenne la dea Ecate.

Agamennone era il comandante in capo dei greci durante la guerra di Troia. L'Iliade racconta la storia della discussione tra Agamennone e Achille nell'ultimo anno di guerra. Agamennone prese ad Achille una schiava attraente e preda di guerra, Briseide. Achille, il più grande guerriero dell'epoca, si ritirò dalla battaglia per vendetta e quasi fece perdere la guerra alle armate greche.

Anche se non pari ad Achille in coraggio, Agamennone era un degno rappresentante di autorità reale. Come comandante in capo, egli convocò i principi al concilio e guidò l'esercito in battaglia. Scese in campo egli stesso e compì molte imprese eroiche, uccidendo Bienore ed Oileo (Iliade), Deicoonte, compagno di Enea, Iso (Iliade) e Antifo (due Priamidi), e poi Pisandro e Ippoloco (i due giovani figli del troiano Antimaco), Ifidamante e Coone (due figlioli di Antenore), Elato e Adrasto (Iliade). Prima di uccidere Coone, Agamennone venne ferito al braccio da costui, e fu dunque costretto a ritirarsi nella sua tenda. Il suo errore principale fu il suo arrogante sussiego. Un'opinione sovraesaltata della sua posizione lo portò ad insultare Criseide e Achille, portando così grande disastro sui greci.

Dopo la caduta di Troia, Cassandra, profetessa maledetta e figlia di Priamo, finì nel lotto di Agamennone durante la distribuzione dei premi di guerra.

Dopo un viaggio tempestoso, Agamennone e Cassandra sbarcarono in Argolide o vennero spinti fuori rotta e sbarcarono nella terra di Egisto. Egisto, che nel frattempo aveva sedotto Clitennestra, lo invita ad un banchetto durante il quale viene ucciso. Secondo il resoconto dato da Pindaro e dai tragici, Agamennone venne ucciso dalla moglie mentre era solo nel bagno, dopo che un telo o una rete vennero gettati su di lui per impedirne la resistenza. Clitennestra uccise anche Cassandra. La sua ira per il sacrificio di Ifigenia e la gelosia per Cassandra, si narra, furono i motivi del crimine. Egisto e Clitennestra quindi governarono il regno di Micene per un periodo, ma l'assassinio venne vendicato sette anni dopo dal figlio Oreste.

Aganippe

Nella mitologia greca, si trovano almeno due personaggi di nome Aganippe:

* la Naiade Aganippe, associata con l'omonima fonte situata in prossimità del monte Elicona, sacro alle Muse. L'origine della sorgente è attribuita ad un solco nella terra fatto dallo zoccolo di Pegaso. Si narra che tale fonte avesse il potere di mutare in poeti estrosi coloro i quali vi si fossero abbeverati. Le Muse erano chiamate anche Aganippidi, dal nome della fonte.
* Aganippe moglie di Acrisio e, secondo alcuni, madre di Danae. Il marito Acrisio, figlio di Abante e Aglaia, aveva un fratello gemello di nome Preto. Sebbene Acrisio desiderasse un erede maschio, con Aganippe ebbe soltanto una figlia, Danae. Questa Danae sarà sedotta prima dallo zio Preto, e poi dal sovrano dell'Olimpo Zeus.

Agano (mitologia)

Nella mitologia greca Agano era il nome di uno dei figli di Paride e di Elena

Elena, moglie di Menelao, fu rapita dal principe troiano Paride, del quale divenne compagna: dalla loro unione nacquero diversi figli, fra cui Agano.

Agapenore

Nella mitologia greca, Agapenore era uno dei re dell'Arcadia e figlio di Anceo.

Agapenore, figlio di Anceo il grande, era uno degli eroi che prese parte alla guerra di Troia, senza effettuare azioni di rilievo.

Una volta finita la guerra, al ritorno decise di stabilirsi nell'isola di Cipro, dove era naufragato. In seguito riuscì a fondare la città di Pafo, dove eresse un grande tempio ad Afrodite.

Quest'ultimo morì con i suoi fratelli Bugono, Ideo ed Elena (che portava lo stesso nome della madre) durante la guerra di Troia, per il crollo del tetto della casa dove dormivano.

Agastene

Nella mitologia greca Agastene fu lo sposo di Peloride .

Agastene, fiero eroe greco originario dell'Etolia, ebbe un figlio chiamato Polisseno, uno dei pretendenti alla mano della bella Elena. Quando la bella donna venne rapita dai troiani e si organizzò, dopo trattative andate in fumo, la guerra di Troia, molti accettarono di partire sia per scopi personali sia per scopi patriottici. Il figlio di Agastene partì alla volta di Troia con una flotta di 40 navi.

Agastrofo

Nella mitologia greca, Agastrofo era il nome di uno dei figli di Peone.

Durante la guerra di Troia, intercorsa fra l’intera Grecia e il regno di Troia, Agastrofo partecipò come guerriero aiutando il re di Troia, Priamo, e la sua gente. Durante una delle tante battaglie Diomede, guerriero Acheo, abilissimo con la lancia, riuscì a colpirlo con la sua asta all’altezza delle anche, al che subito Ettore cercò di vendicarlo. Dopo la sua morte, il figlio di Tideo cercò di rubargli l’armatura, infastidito da Paride che lo colpì al piede con una delle sue frecce.

Agatirso

Nella mitologia greca, Agatirso fu uno dei figli di Eracle.

Durante la sua decima fatica, Eracle perse la mandria oggetto dell’impresa, e nella ricerca di essa, appena arrivato nella regione boscosa di Ilea l’eroe incontrò uno strano essere. Tale mostro era per metà donna e per l’altra metà serpente e invitò Eracle nella grotta dove dimorava, lei aveva rubato la mandria e voleva anche restituire il maltolto a patto che lui diventasse suo amante per la notte. Il semidio non ebbe altra scelta che accettare malvolentieri al patto e dopo qualche bacio e un abbraccio divenne libero di andarsene.
Al che il mostro rimase incinta di tre gemelli.

Eracle disse al mostro che se uno dei tre pargoli in futuro avrebbe teso l’arco come faceva lui l’avrebbe dovuto eleggere re e quindi partì.

I figli si chiamavano Agatirso, Gelono e Scita. Ma da adulti solo il terzo riuscì nell’impresa e la madre cacciò gli altri due dal regno.

Secondo altri era Zeus il padre dei tre gemelli e quando ebbero l’età per diventare re del luogo, il divino fece cadere dal cielo quattro oggetti, prima Agatirso e poi Gelono accorsero per recuperarli ma divennero subito fuoco, solo quando arrivò il terzo gemello le fiamme si spensero chiarendo a tutti le idee su chi sarebbe diventato re.

Edited by demon quaid - 13/12/2013, 22:13
 
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Agave (mitologia)

Agave è un personaggio della mitologia greca.

Nel mito, Agave è figlia di Cadmo re di Tebe e di sua moglie Armonia. Ha come sorelle Ino, Semele e Autonoe ed è moglie di Echione, dal quale ebbe un figlio, l'eroe Penteo, ucciso da lei stessa.

Quando il figlio divenne re di Tebe, questo si oppose all'introduzione in città del culto di Dioniso (per parte di madre cugino dello stesso Penteo), ritenuto troppo sfrenato e completamente privo di razionalità. Il dio, per vendetta, usò Agave, e le zie di Penteo Autonoe ed Ino, per uccidere il sovrano. Dioniso, consigliò a Penteo di spiare le la madre e le zie, riunite sul monte Citerone a celebrare i riti bacchici, in modo da rendersi personalmente conto di quello che era il nuovo culto.

Penteo, nascosto sotto un pino, venne scoperto dalle invasate che accecate dalla furia dell'estasi dionisiaca, lo scambiarono per un cinghiale e fecero a pezzi il suo corpo. La prima a colpirlo fu la stessa Agave, che presa la sua testa la conficcò su un tirso, portandola come un macabro trofeo fino a Tebe, per mostrala al padre Cadmo. Solo arrivata in città la madre si accorse del tragico inganno. In seguito fuggì da Tebe e vagò per le terre dell'Illiria, fino ad arrivare alla corte del re Licoterse

Agdistis


Nella mitologia greca, Agdistis era il nome di un ermafrodita a cui vengono legate diverse leggende.

Una notte durante il sonno agitato di Zeus, egli fece un sogno in cui giaceva con una donna, il suo seme quindi arrivò fino sulla terra generando Agdistis, un giovane. Subito fu evirato dagli altri dei e divenne quindi una donna, dal membro perso nacque una pianta di mandorlo. La pianta quando crebbe attirò l’attenzione di Sangaride figlia del dio fluviale Sangario, prese una mandorla la nascose nel suo corpo e rimase incinta. Nacque a sua volta Attis, ragazzo di indubbia bellezza che fece innamorare diverse donne fra cui l’ignara Agdistis. Alle vigilie delle nozze di Attis con un'altra donna, Agdistis si presentò alle nozze facendo impazzire suo “figlio” che si evirò, l’ermafrodito si disperò tanto che gli dei concessero al suo corpo l’incorruttibilità.

Secondo altri mitografi, Zeus voleva giacersi con Cibele ma lei non voleva, quindi Zeus cavalcò la terra, nel tentativo di possederla. Nel pieno delle forze, il dio eiaculò su una pietra, la quale fecondata fu chiamata Agdos, perché Cibele era raffigurata da una pietra di una scogliera. La storia prosegue simile a quell’altra, con la differenza che questa volta non era una pianta di mandorle ma di melograno e che a raccogliere il seme era una certa Nana (altri dicono sempre la stessa Sangaride). Attis questa volta era desiderato sia da Agdistis sia da Cibele, la prima lo fece impazzire fino a farlo uccidere, la seconda seppellì il suo corpo. Dal sangue nacquero delle viole, mentre Agdistis ebbe in premio che il corpo del defunto non solo non si corrompesse mai ma anche che i suoi capelli continuarono a crescere.

Agelao

Nella mitologia greca Agelao era il nome di diverse figure.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Agelao, uno dei figli di Eracle e Onfale.
* Agelao, figlio di Damastore, era uno dei Proci, pretendenti di Penelope, moglie di Ulisse.
* Agelao, figlio di Altea ed Elonce (o Oineo), un eroe di guerra che partecipò alla battaglia fra i Calidoni ed i Cureti, morendo durante il combattimento. Secondo un'altra versione fu ucciso dal cinghiale calidonio.
* Agelao, un pastore.
* Agelao, un valoroso guerriero troiano, figlio di Fradmone, ucciso da Diomede.
* Agelao, un guerriero acheo, ucciso da Ettore.

Agelao il pastore.

Agelao lavorava presso Troia dove regnava Priamo. Il re con il consenso di sua moglie Ecuba, decise di esporre presso il monte Ida il figlio Paride alle intemperie e alla furia di animali , in quanto, secondo il responso di un oracolo, sarebbe stato causa del funesto destino riservato a Troia. Agelao, trovandosi per caso da quelle parti cinque giorni dopo l’abbandono del bimbo, si accorse della sua presenza, lo raccolse e lo adottò come uno dei propri.

Agenore (Antenore)

Agénore è un eroe troiano, nella mitologia greca, figlio di Antenore e Teano, era un guerriero troiano nell' Iliade di Omero.

Quando Paride principe troiano, prese con sé Elena, moglie di Menelao re acheo, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani; Agenore, figlio di un valente consigliere troiano, fece immediatamente parte della guerra, difendendo con audacia e valore la patria dai nemici. Egli si distinse ben presto tra i difensori, acquistando grande considerazione nel suo esercito, in particolar modo per Ettore, figlio di Priamo.

Nella guerra di Troia

In seguito alla violazione dei patti tra Greci e Troiani e ad un tentativo fallito di pace, nel decimo anno della guerra, scoppiò nuovamente una violenta mischia, destinata a continuare fino alla caduta di Troia stessa. Scoppiata nuovamente la guerra, Antiloco, figlio di Nestore, uccise Echepolo, un guerriero troiano, trafiggendogli la fronte; quando Agenore vide Elefenore, re degli Abanti, afferrare il morto per portarlo via dalla mischia e spogliarlo delle armi sfregiandone il corpo, poi, con le sue armi, gli si avvicinò, gli fiondò contro la sua lancia che gli trafisse completamente il fianco e lo fece stramazzare morto sulla terra. Ne nacque una nuova violenta rissa che si concluse con la morte dell'acheo Diore, ucciso da Piroo, capo trace, e della stesso Piroo ucciso da Toante, figlio di Andremone, e di altri eroi achei e troiani che stavano lì intorno.

L'eroe troiano ricompare nel libro XI dell'Iliade: insieme ad Ettore e ad altri capi teucri, compresi i suoi due fratelli Polibo e Acamante; lo si descrive alla guida dell'esercito troiano contro i nemici, in una giornata di guerra che occuperà ben sette libri del poema di Omero. Quando i troiani progettarono di attaccare il campo acheo, Ettore, su consiglio di Polidamante, stabilì di dividere l'esercito in gruppi: il primo, composto dai più valorosi e forti, guidato da egli stesso, Polidamante e il suo cocchiere Cebrione; il secondo comandato da Paride, insieme ad Agenore e ad Alcatoo; il terzo da Deifobo ed Eleno, entrambi figli di Priamo; del quarto, infine, era a capo Enea, accompagnato da Sarpedone, Glauco e Asteropeo.

Anche il giovanissimo figlio di Agenore, Echeclo, prese parte alla guerra di Troia, morendo eroicamente per mano di Achille. Probabilmente per cercare di vendicarne la morte Agenore affrontò l'eroe che continuava a fare scempio di troiani e gli scagliò con violenza la lancia sperando di ucciderlo, ma lo scalfì appena alla gambiera che, dopo l'urto, risuonò cupamente. Achille saltò su Agenore per ucciderlo ma Apollo glielo sottrasse di fitta nebbia e lo portò sano e salvo in Troia.

Agenore (Poseidone)

Agenore è una figura della mitologia greca, re di Tiro, figlio di Poseidone e di Libia.

Sposò Telefassa (secondo altre versioni Argiope o Antiope) e da questo matrimonio ebbe alcuni figli: Cadmo, Cilice, Fenice, e due figlie femmine Europa e Asterione. Sua figlia Europa era bellissima, Zeus volle possederla e per questo si celò sotto le sembianze di un toro e la portò via.

Agenore inviò gli altri suoi figli nella sua ricerca, dicendogli di non tornare senza di lei. Nel corso delle loro peregrinazioni, fondarono città ovunque: Fenice fu il capostipite dei fenici, Cilice quello dei cilici, Cadmo si stabilì in Beozia costruendo Cadmea, la rocca di Tebe.

Agenore (re di Argo)

Nella mitologia greca, Agenore era il nome di diversi re della città di Argo.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Agenore re di Argo, figlio di Ecbaso e nipote di un altro Argo. Dalla sua unione con un essere nacque il mostro chiamato Argo, dai cento occhi (o dai molte occhi secondo altre versioni)
* Agenore re di Argo, figlio di Triopa. Tra i suoi discendenti ci furono Crotopo e Psamate.

Agesia

Agesia, o Egesia di Siracusa, era amico e collaboratore del tiranno Ierone, protettore di Pindaro. Come viene narrato nell'Olimpica VI vinse con il carro da mule nel 468 a.C.. Pindaro narra le origini mitologiche della famiglia degli Iamidi a cui Agesia apparteneva; una fanciulla, di nome Evadne cerca di nascondere il frutto del suo amore con il dio Apollo, esponendo il bambino, Iamo, in un bosco, dove viene protetto dagli dei e nutrito dagli animali feroci. Iamo viene in fine ritrovato e da lui deriverà questa gloriosa famiglia.

Aglaia

Aglaia è una figura della mitologia greca, figlia di Mantineo.

Aglea è una delle tre Grazie.

Sposò Abante da cui nacquero due gemelli, Acrisio e Preto e una figlia Idomenea o Eidomene. Dal primo di essi, sposo di Euridice, figlia di Lacedemone, discenderà Perseo.

Aglao

Nella mitologia greca, Aglao era il nome di uno dei figli di Tieste avuti con una Naiade.

Atreo, fratello di Tieste, per la lotta alla successione del regno non si poneva scrupoli di alcun genere. Celebre fu la sua crudeltà quando convinto suo fratello a dialogare e promettendogli la metà del paese, prese Aglao, suo nipote, lo uccise, lo cucinò e lo diede al padre suo come cibo prelibato. Il padre non si accorse subito del maledetto pasto.

A nulla era valso il tentativo di Aglao di nascondersi presso un altare di Zeus, insieme a lui vennero uccisi anche tutti i suoi fratelli, Orcomeno, Callileonte, Tantalo secondo e Plistene secondo.

Aglauro

Una delle tre figlie di Cecrope (fondatore di Atene) e di Agraulo, la figlia di Atteo (il primo re dell'Attica); le altre due si chiamavano Erse e Pandroso. Una sera, mentre le fanciulle ritornavano da una festa sacra portando il cesto di Atena a turno sul capo, Ermete offrì dell'oro ad Aglauro perché gli permettesse di introdursi nella stanza di Erse, la più giovane delle tre sorelle, di cui egli si era ardentemente innamorato. Aglauro si tenne l'oro di Ermete, ma non fece nulla per meritarselo, poiché Atena l'aveva resa gelosa dei successi di Erse. Ermete allora entrò furibondo nella casa, trasformò Aglauro in pietra e fece con Erse quel che più gli garbava. La leggenda di Ermete che seduce Erse pagando Aglauro per ottenerne la complicità, si riferisce senza dubbio alla prostituzione rituale delle sacerdotesse, che avveniva dinanzi a una statua della dea, cioè Aglauro trasformata in pietra.
Dopo che Erse ebbe generato a Ermete due figli, Cefalo e Cerice, fu mossa dalla curiosità di vedere che cosa mai si celasse nel paniere di Atena, e con la madre Agraulo e la sorella Pandroso ne sollevò il coperchio. Qui videro il piccolo Erittonio, nato dal desiderio che Efesto aveva provato per la dea, con una coda di serpente in luogo delle gambe. Madre e figlie lanciarono un urlo d'orrore e, impazzite, si gettarono giù dall'Acropoli.
Venuta a sapere di questa disgrazia, Atena ne fu così addolorata che lasciò cadere l'enorme roccia destinata a fortificare ulteriormente l'Acropoli: e quella roccia diventò il monte Licabetto. Poiché la notizia le era stata portata da un corvo, la dea ne mutò il color delle penne da bianco a nero e proibì per sempre che i corvi si posassero sull'Acropoli.
In seguito Erittonio divenne re di Atene, dove instaurò il culto di Atena e insegnò ai suoi concittadini l'arte di lavorare l'argento.
Un'altra versione della morte di Agraulo racconta che essa, durante un assedio, si gettò giù dall'Acropoli, obbedendo al consiglio di un oracolo, e così salvò Atene dall'assalto nemico.


Agmone

Nella mitologia greca, Agmone era, ai tempi della guerra di Troia, uno dei compagni di battaglia di Diomede .

Agmone, fiero combattente al fianco di Diomede riuscì a sopravvivere alla lunga guerra di Troia. Egli, ritornando dalla guerra, offese, parlando con l’amico, la dea della bellezza Afrodite. Subito la dea risentita di quei giudizi trasformò l’uomo in un cigno.

Agno (mitologia)

Nella mitologia greca, Agno era il nome di una ninfa dell’Arcadia.

Secondo Pausania la nascita di Zeus era avvenuta sul monte Liceo. Agno, ninfa di una fonte quasi magica del monte Liceo, che riusciva ad essere piena d’acqua anche se il caldo era opprimente, fu una delle creature che accudirono il padre degli dei insieme alle altre due ninfe Tisoa e Neda.

Liceo, per salvare la Terra da una siccità che sembrava interminabile, immerse un piccolo ramoscello nella fonte di Agno e pregò gli dei. La pioggia cadde subito copiosa.

Agraulo

Agraulo (o Aglauro) è il nome di due figure della mitologia greca, madre e figlia.

La madre

Agraulo (madre) sposò Cecrope, re di Atene dal corpo umano e dagli arti di serpente. Dalla loro unione erano nate tre figlie: Agraulo I (figlia), Erse e Pandroso.

La figlia

Vi sono diversi miti che narrano di questa figura. Agraulo I fu amata da Ares, dalla loro unione nacque Alcippe.

Aglauro con cui Ares ha generato Alcippe è ricordata in una storia del mito dove si racconta di Ermes che si era invaghito di sua sorella, Erse e chiese umilmente il consenso alla sorella maggiore di lei. Aglauro rifiutò invidiosa della fortuna accorsa all'altra ragazza e il dio infuriato trasformò la donna in pietra. Secondo un altro racconto, Ermes, per quanto innamorato della sorella Erse, approfittò di Agraulo quando seppe che Ares l'aveva abbandonata per Afrodite.

Un altro mito racconta di Atena, che diede ad Aglauro e le sue sorelle Erse e Pandroso una cesta, che non dovevano assolutamente aprire per nessun motivo, anche se dentro vi era Erittonio, generato dall'amore di Efesto con la dea della Terra Gea, o con la stessa Atena. Le due non riuscirono a resistere alla tentazione ma quello che videro le fecero impazzire e si gettarono in mare in preda alla pazzia. Secondo un'altra versione, Agraulo, che nutriva una certa invidia per Erse, amata da Ermes la convinse ad aprire la cassa. Erse alla vista di un essere mezzo umano e mezzo serpente inorridì, e si gettò da una rupe o, secondo un'altra versione, la stessa Atena, per punizione, la fece impazzire, fintanto che si suicidò gettandosi dalla rupe dell'Acropoli.

Infine un altro racconto menziona una sentenza di un oracolo, per il quale la ragazza si doveva sacrificare per salvare la propria terra e quindi si gettò dall’Acropoli di Atene.

L'invidia di Aglauro diventa un pretesto per Ovidio, nelle sue Metamorfosi, per tracciare gli stati d'animo di un individuo a mano a mano che il fuoco della gelosia lo pervade, la punizione che ne segue costituirà il biglietto da visita che Dante affigge nel Purgatorio Divina Commedia all'ingresso del girone degli invidiosi: "Io sono Aglauro che divenni sasso".

Interpretazione e realtà storica

In suo onore nacquero le feste aglaurie o agraulie, durante le quali i giovani ateniesi, all'interno di un bosco sacro dedicato ad Agraulo, giuravano di difendere la propria patria fedelmente.

Pareri secondari

Secondo altri pareri Aglauro si confonde con il nome di sua madre, la figlia di Atteo, e probabile quindi che sia il racconto dei destini diversi e sia le feste potevano essere riferite in parte a sua madre.

Per quanto riguarda il mito collegato ad Ermes vi è un'altra versione dove la donna vorrebbe accettare in cambio di oro di vendere la sorella, ma è Atena ad impedirglielo cambiando le sue parole in invidia.

Edited by demon quaid - 8/12/2014, 14:40
 
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Agreo

Nella mitologia greca, Agreo era il nome di uno dei figli di Apollo.

Apollo, il dio dalle tante virtù, un giorno si innamorò di Eubea, figlia di Macareo, e dalla loro unione nacque Agreo.

Agreo, o Argeo a seconda delle fonti, sarebbe stato anche il figlio di Apollo e della ninfa Cirene, fratello dunque di Aristeo.

Infine Agreo insieme a Nomio era anche uno degli epiteti dello stesso Aristeo, attribuitogli dalle ninfe che lo istruirono.

Agrianome

Nella mitologia greca, Agrianome era il nome di una delle figlie di Persefone , la moglie di Ade, il dio degli inferi.

Agrianome sposò Odoidoco, e dalla loro unione a Naricea, città anche di Aiace, nacque Oileo, uno dei tanti eroi che in futuro quando gli araldi vennero inviati in tutta la Grecia rispose alla richiesta di aiuto, partecipando al recupero del vello d’oro, la missione degli argonauti.

Secondo altri autori Oileo non fu il figlio di Agriamone ma da Apollo e con una ninfa, unione consumata quando Posidone creò le mura di Troia.

Agrio

Nella mitologia greca, Agrio era il nome di diversi personaggi dei miti.

Fra essi si ricordano:

* Agrio il gigante;

* Agrio il centauro;

* Agrio l'Etolo;

* Agrio il figlio di Circe.

Agrio il centauro

Durante la quarta fatica del prode Eracle, l'eroe fu ospite del Centauro Folo, figlio di Sileno. Egli non voleva aprire l'otre di vino in quanto sacro ma il semidio lo convinse a farlo. L'odore era talmente forte da far accorrere altri Centauri, fra cui Agrio che fu cacciato da Eracle con un lancio continuato di carboni infuocati.

Agrio il gigante

Durante la guerra fra i giganti e il monte Olimpo, quando cercarono di prendere il potere a dispetto delle varie divinità, Agrio il gigante fu affrontato dalle Moire e con i loro proiettili infuocati riuscirono ad abbatterlo, in seguito insieme agli altri precipitò nel tartaro.

Agrio l'Etolo

Agrio l'Etolo ebbe un figlio, Tersite, partecipante alla guerra di Troia, il più brutto di tutti i greci.

Agrio il figlio di Circe

Durante il viaggio di Odisseo, incontrò Circe la maga, lei aveva imprigionato tutti i suoi compagni ed alcuni li aveva trasformati in bestie. Circe volle giacere con Odisseo preparandogli una cena squisita ma egli deciso rifiutò, chiedendo in cambio di salvare tutto l'equipaggio, lei acconsentì e rimase incinta di tre pargoli. I loro nomi erano Agrio, Latino e Telegono.

Agrone (mitologia)

Nella mitologia greca, Agrone era il nome di uno dei figli di Eumelo.

Agrone con le sorelle Meropi e Bissa viveva nell’isola di Cos. Egli odiava tutti gli dei tranne uno, Rea la madre terra per via dei raccolti che offriva e che permetteva tranquillamente alla sua famiglia di vivere agiatamente.

Gli dei stanchi delle continue offese decisero di punire la sua famiglia così Artemide, Ermes ed Atena trasformarono Bissa in un gabbiano, Meropi in una civetta, Eumelo in corvo e Agrone in un piviere.

Aiace Oileo

Aiace Oileo, o Aiace di Locride, è un personaggio della mitologia greca, figlio di Oileo e di Eriopide (o, secondo altre tradizioni, della ninfa Rene). Aiace era famoso in tutta la Grecia per l'abilità nel tiro con l'arco e nella corsa, ma anche per rozzezza ed arroganza.

Secondo Strabone, la sua città natale era Narice, nella Locride, come conferma anche Ovidio, definendo Aiace come "l'eroe di Narice". Prima dello scoppio della guerra di Troia, era stato uno dei numerosi pretendenti di Elena.

Aiace si mise alla testa del suo esercito durante la spedizione contro la città di Troia, conducendo un contingente alleato composto da quaranta navi, o, meno probabilmente, da venti. In battaglia si distinse per la sua crudeltà efferata, priva completamente di pietà e dolcezza nei confronti del nemico: con la sua spada troncò la testa al cadavere di Imbrio, guerriero troiano ucciso da Teucro, per poi lanciarla contro gli avversari come se fosse una palla per dimostrare agli altri troiani il suo totale disprezzo.
Sempre con estrema ferocia uccise Satnio e Cleobulo, altri combattenti avversari; e fece strage di nemici in fuga dopo che il re beota Peneleo, suo amico, ebbe trucidato Ilioneo, altro guerriero troiano di cui aveva poi issato la testa in cima alla sua lancia.

Atena decise di punirlo per la sua tracotanza: durante i giochi funebri in onore dell'eroe Patroclo, Aiace scivolò su del letame, e la corsa fu vinta da Ulisse.

Spregiatore degli dei, non esitò a violentare la profetessa Cassandra nei pressi dell'altare di Atena. La stessa Cassandra cercò anche di resistere aggrappandosi alla statua della dea, ma con violenza Aiace trascinò via la ragazza facendo cadere anche la statua. Per questo motivo, Atena punì tutti i combattenti greci rendendo loro difficile il ritorno in patria. Secondo l'Odissea, infatti, Aiace fu vittima di una tempesta sul tragitto verso casa, e la sua nave affondò. Poseidone, tuttavia, ebbe pietà di lui e lo salvò, facendolo naufragare su un isolotto.

Tuttavia Aiace, ancora in preda alla sua arroganza, si convinse di essersi salvato con le sole sue forze, e per vendetta Poseidone fece affondare lo scoglio dove l'aveva lasciato e lo fece annegare.

Aiace Telamonio

Aiace è una figura della mitologia greca, figlio di Telamone, re di Salamina, e di Peribea. Era sposo di Tecmessa, schiava e concubina frigia, e padre di un unico figlio, Eurisace.

Era un leggendario eroe greco. È uno dei protagonisti dell'Iliade di Omero e del Ciclo epico, cioè quel gruppo di poemi che narrano le vicende della Guerra di Troia e quelle collegate a questo conflitto. Per distinguerlo dal suo omonimo Aiace Oileo, viene chiamato con il patronimico di "Telamonio", o, più raramente, "Aiace il Grande".

Nell'Iliade, Aiace viene descritto come il più alto tra gli achei, dotato di una robustissima corporatura, secondo solo al cugino Achille quanto ad abilità nei combattimenti. Ed è giudicato un autentico pilastro dell'esercito greco. Era stato educato dal centauro Chirone, che in precedenza era stato istitutore anche del padre Telamone, di Peleo, padre di Achille, e di Achille stesso. Dopo il cugino, Aiace era il più valoroso guerriero dell'esercito guidato da Agamennone, sebbene non fosse dotato della stessa sagacia di Nestore, Idomeneo e, naturalmente, Odisseo. Si poneva alla testa dei suoi soldati, brandendo un'enorme scure e portando un largo scudo di bronzo, ricoperto con sette strati di pelle di bue. Uscì indenne da tutte le battaglie descritte dall'Iliade ed è l'unico tra i protagonisti del poema a non ricorrere mai all'aiuto di uno degli dei schierati al fianco delle parti in lotta. È l'incarnazione stessa delle virtù della costanza negli impegni e della perseveranza.

Nella Guerra di Troia

Nell'Iliade, Aiace compie molte imprese valorose. Nel quarto libro colpisce con la lancia il giovinetto troiano Simoesio, uccidendolo.

Quindi dimostra tutto il suo coraggio nel corso di due duelli contro Ettore. Nel settimo libro, Aiace viene sorteggiato per scontrarsi con Ettore e si cimenta così in un duello che si protrae quasi per un giorno intero. All'inizio sembra riuscire ad avere la meglio e riesce a ferire Ettore con la sua lancia e a gettarlo a terra, colpendolo con una grossa pietra, ma poi Ettore si riprende e il combattimento continua finché gli araldi, su ordine di Zeus, stabiliscono che lo scontro è pari: i due guerrieri si scambiano doni in segno di rispetto. Il secondo duello tra Aiace ed Ettore (narrato nel XIV libro dell'Iliade) si verifica quando il troiano irrompe nell'accampamento acheo e affronta i greci in mezzo alle loro navi[1]. Aiace scaglia contro Ettore un grosso sasso, che per poco non lo uccide. Nel XV libro, Apollo cura Ettore e gli restituisce le forze. Così, questi torna all'attacco. Aiace riesce intanto a tenere lontano l'esercito troiano praticamente da solo. Nel libro successivo, Ettore disarma Aiace, sebbene non lo abbia ferito, e questi è costretto a ritirarsi, mentre i troiani incendiano una delle navi. Aiace, però, prima che Ettore gli mozzasse di netto la punta dell'asta, e prima che l'incendio divampasse sulla nave di Protesilao, reagì all'atto di appiccare il fuoco alle sue navi, uccidendo molti guerrieri nemici, tra i quali il signore della Frigia, Forci, alleatosi coi troiani.

A causa del suo litigio con Agamennone, Achille non partecipa a questi scontri. Nel IX libro, Agamennone e gli altri capi achei inviano Aiace, Odisseo e Fenice nella tenda di Achille per convincerlo a tornare in battaglia. Sebbene Aiace faccia del suo meglio, la missione fallisce. Durante l'assalto troiano alle navi greche, il compagno di Achille, Patroclo (che aveva tentato di impersonarlo per dare coraggio ai greci), viene ucciso da Ettore, che cerca di prenderne il cadavere e di darlo in pasto ai cani. Aiace, insieme a Menelao, lotta duramente per impedirglielo e alla fine riporta indietro il corpo con un carro all'accampamento e lo consegna ad Achille, che, furioso di dolore, deciderà di tornare a combattere.

Morte

Aiace Telamonio si preparò a contrattaccare i Troiani, allorché, guidati dalla regina Pentesilea e dalle Amazzoni, avanzarono sul campo di battaglia riempiendo la pianura di cadaveri. Sfiorato da un dardo di Pentesilea, che gli aveva appena scalfito l'elmo, l'eroe rinunciò a scontrarsi con la donna, giudicando una preda così facile degna del cugino.

Achille, dopo aver ucciso Ettore in duello, per vendicare Patroclo, in seguito cadrà ucciso per mano di Paride: Aiace e Odisseo combattono contro i troiani per strappare loro il corpo dell'eroe caduto. Aiace, roteando la sua immensa ascia, si occupa di tenere lontani i troiani, mentre Odisseo carica Achille sul suo carro e lo porta via. Durante questa battaglia, Aiace compie sanguinosi prodigi massacrando Glauco, figlio di Ippoloco e sovrano licio, e ferendo Enea e Paride gravemente.

Dopo la cerimonia funebre, entrambi gli eroi reclamano il diritto di tenere per sé le armi di Achille come riconoscimento del loro valore: alla fine, dopo alcune discussioni, è Odisseo a spuntarla e Aiace, infuriato per questo, si accascia a terra esausto. Al suo risveglio, impazzito a causa di un incantesimo lanciatogli da Atena, si lancia contro un gregge di pecore e le massacra, credendo di uccidere i generali achei. Rientrato in sé, si vede coperto di sangue e capisce che cosa abbia in realtà fatto: perduto in questo modo l'onore, preferisce suicidarsi piuttosto che continuare a vivere nella vergogna. E così si trafigge con la spada che Ettore gli aveva donato alla conclusione del loro duello.

Dal terreno intriso del suo sangue spunta un fiore rosso (come era accaduto anche al momento della morte di Giacinto), che porta sulle sue foglie le lettere Ai, che rappresentavano sia le iniziali del suo nome che il dolore del mondo per la sua perdita[2]. Le sue ceneri vennero deposte sul promontorio Reteo, all'ingresso dell'Ellesponto. Questo racconto della morte di Aiace si trova nella tragedia Aiace, scritta da Sofocle, nelle Nemee di Pindaro e nelle Metamorfosi di Ovidio, e del Foscolo in cui l'eroe incarna l'ideale di ribellione nei confronti del tiranno, mentre Omero, nell'Odissea, si mantiene sul vago, riferendo soltanto che la sua morte avvenne a causa della disputa per le armi di Achille: durante il suo viaggio nell'Ade, Odisseo incontrerà l'ombra di Aiace e lo pregherà di parlargli, ma Aiace, ancora risentito nei suoi confronti, rifiuterà e ritornerà silente nell'Erebo.

La famiglia

Aiace era figlio di Telamone, che a sua volta era figlio di Eaco e nipote di Zeus e della sua prima moglie, Peribea. Era anche cugino di Achille, il più forte e famoso degli eroi greci, e fratellastro di Teucro. Molti ateniesi illustri, tra i quali Cimone, Milziade, Alcibiade e lo storico Tucidide sostennero di essere discendenti di Aiace. Anche in Italia il culto di Aiace quale mitico avo di varie famiglie era diffuso. Lo studioso Maggiani ha recentemente mostrato come su una tomba estrusca dedicata a Racvi Satlnei a Bologna (V secolo a.C.) vi sia riportata l'espressione 'aivastelmunsl = della stirpe di Aiace Telamonio', insieme ad una raffigurazione del suicidio di Aiace, come insegna araldica della famiglia etrusca Satlna.

Aicmagora

Nella mitologia greca, Aicmagora era il nome di uno dei figli di Eracle e di Fialo figlia di Alcimedonte

Durante la sua vita Eracle, figlio di Zeus e suo favorito, ebbe diverse donne e innumerevoli figli che in seguito formeranno molte città dando in questo modo una sorte di origine divina ai vari popoli.

Alcimedonte, come spesso accade nel racconto dei miti, era contrario all’unione di sua figlia con l'eroe greco, perché desiderava che rimanesse pura. Fece quindi esporre Fialo e la sua figlia ancora in fasce Aicmagora su una irta montagna. In tal frangente fu o il rumore di una ghiandaia o il pianto della stessa Aicmagora a richiamare l'attenzione di Eracle, egli velocemente riuscì a rintracciarli ed a metterli in salvo.

Alalcomenea

Nella mitologia greca, Alalcomenea era il nome di una delle figlie del re di Tebe Ogigo.

Con le sorelle Aulide e Telsinia, dopo la morte, diventò una divinità protettrice della giusta vendetta, una delle Prassidiche. Si dice anche che Alalcomenea fosse stata una delle nutrici della dea Atena. Il luogo principale di tale culto era ad Aliarto in Beozia.

Alalcomeneo

Nella mitologia greca, Alalcomeneo era il nome di uno degli eroi greci fondatore della città di Alalcomene in Beozia.

Il nome deriva dal verbo greco ajlalkei'n, "respingere un pericolo, un nemico".

Alalcomeneo oltre ad essere il fondatore di tale città compiva anche ruoli religiosi per il culto di Atena.

Secondo un racconto dei miti fu lui l'inventore delle ierogamie, culti cerimonie religiose dove venivano celebrate le nozze fra Zeus ed Era sua moglie; Era stessa chiese consiglio ad Alalcomeneo, stanca dei continui tradimenti del marito e l'uomo le propose di farsi rappresentare da un statua di legno. Tale culto, celebrato all'epoca ogni anno doveva rinforzare chi avesse giurato fedeltà eterna.

Alalcomeneo è considerato il primo uomo della Terra, nato prima della Luna.

Alastor

Alastor ("vendicatore") nella mitologia greca era la personificazione delle lotte familiari. Egli è stato anche associato con i peccati che si tramandano dal padre al figlio. Come un genio o uno spirito della casata nella mitologia romana, egli ha incitato le persone a uccidere e a compiere altri peccati. Egli era un mortale, in origine, figlio di Neleo, re di Pilo. È stato poi abbassato di grado a demone minore dopo che lui e suo fratello uccisero Eracle.

Nella mitologia greca classica Alastor era anche il soprannome di Zeus in qualità di punitore delle malefatte e giudice universale. Non è un caso che la "figura alastoriana" sia di sovente associata al fulmine.

Alastor è anche il nome di uno dei cavalli del Dio Plutone/Ade.
Influenza culturale

Alastor è il nome del cavallo di Filippo di Macedonia, il grande condottiero padre di Alessandro Magno. Celeberrimo per la sua bellezza, indomabilità e velocità, il cavallo venne chiamato così proprio a causa delle sue caratteristiche che ricordavano quelle del temuto spirito della mitologia classica.

Nella demonologia cristiana, Alastor diventa il capo esecutore del re dell'inferno. Egli era molto crudele.
 
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Alastore

Nella mitologia greca, Alastore era il nome di uno dei figli di Neleo.

Alastore, fratello di Nestore, sposò la figlia di Climeno, figlio a sua volta di Sceneo, e di Epicasta, Arpalice di Argo. Il padre prima di maritarla, benché fosse sua figlia, l’aveva sverginata ed era ancora geloso della donna perché innamorata di lei. In seguito decise di portarla via dal marito ma lei trovò il modo di vendicarsi.

Quando cadde il fratello di Aiace durante la guerra di Troia fu uno dei primi ad accorrere e portarlo in salvo, atto non insolito di Alastore che più di una volta prestò aiuto ai feriti in campo.

Al astore significa “vendicatore” ma nei miti non si parla mai di vendetta compiuta da lui.

Alcandre

Nella mitologia greca, Alcandre era il nome della moglie di Polibo, re di Tebe d’Egitto.

Alcandre, insieme al marito, ricevette come ospiti Menelao e sua moglie Elena, i quali, nel viaggio di ritorno dalla guerra di Troia, secondo una versione del racconto si fermarono a lungo in Egitto.

Alcandro

Nella mitologia greca, Alcandro era il nome di diversi personaggi del mito.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Alcandro, eroe troiano compagno di Enea, ucciso da Turno
* Alcandro, guerriero licio compagno di Sarpedone, ucciso da Odisseo dutante la guerra di Troia
* Alcandro, indovino dell’Epiro
* Alcandro, eroe di Sparta

Alcandro indovino dell’Epiro

Alcandro, noto personaggio dell’Epiro con poteri divinatori, era molto fedele a Zeus. Un giorno una banda di predoni assalì la sua casa ed egli non fece altro che pregare il suo dio, che lo trasse in salvo trasformando la sua famiglia in uccelli.


Alcandro eroe di Sparta

Quando Licurgo propose delle leggi che a suo parere avrebbero danneggiato Sparta, Alcandro infuriato rincorse il promotore e gli ferì un occhio con il suo bastone. Licurgo tuttavia riuscì a domare tale avversario fino a renderlo uno dei suoi più grandi alleati.

Alcatoo (Esiete)

Nella mitologia greca, Alcatoo era un eroe troiano, figlio di Esiete, marito di Ippodamia, figlia di Anchise, e cognato di Enea. Partecipò nobilmente alla guerra di Troia e la sua figura è ampiamente descritta nell'Iliade di Omero.

Personalità di spicco nella guerra di Troia, Alcatoo era figlio di Esiete, il caro alunno di Zeus. Viene descritto da Omero come un uomo valoroso ed eroico, ed unico nella città di Troia per la sua avvenenza e il suo coraggio. Alcatoo aveva preso in moglie Ippodamia, figlia maggiore di Anchise, elogiata per la sua bellezza, l'operosità e il sentimento.

Insieme alla moglie, Alcatoo allevò in casa sua il piccolo Enea, figlio di Afrodite ed Anchise, che quest'ultimo gli affidò quando compì quattro anni. Il figlio di Esiete viene descritto nell'Iliade come un guerriero dagli "occhi lucenti" e "dalle belle membra".

Nella guerra di Troia

Durante l'attacco alle mura di difesa all'accampamento greco, nel decimo anno di guerra, Ettore, dopo aver scelto i più validi combattenti del suo esercito, li pone a capo di un gruppo d'attacco; schiera dunque Alcatoo nel terzo squadrone insieme al fratello Paride e ad Agenore. L'eroe è, materialmente, vittima di Poseidone: il dio, infatti, sceso in guerra per aiutare gli Achei nonostante il divieto di Zeus, assiste personalmente il re Idomeneo guidando la sua lancia contro il petto dell'avversario. La lama, trapassata facilmente la corazza di Alcatoo con un secco rimbombo metallico, perforò la carne e ne trafisse il cuore palpitante.

Terrorizzato dal feroce vanto di Idomeneo, Deifobo andò alla ricerca di Enea che trovò fermo nelle ultime schiere dell'esercito, adirato per la scarsa fiducia che Priamo riponeva in lui. Non appena venne a sapere dell'uccisione di Alcatoo, Enea, accecato dall'ira, avanzò gridando verso il suo uccisore il quale, spaventato dal vigore giovanile dell'eroe troiano, si circondò di Afareo, Deipiro, Antiloco, Ascalafo e Merione.

I due temibili guerrieri si affrontarono sul corpo di Alcatoo in un duello senza esito. Omero, tuttavia, non riferisce che sorte ebbe il cadavere, né se venne privato dell'armatura.

Alcatoo (Pelope)

Nella mitologia greca, Alcatoo era il nome di uno dei figli Pelope e di Ippodamia.

Alcatoo era un giovane e forte guerriero che uccise il leone citeronio, per ricompensa riuscì ad ottenere la mano di Evecme, figlia del re di Megara, Megareo. Alla morte del re Alcatoo riuscì a salire al trono del regno.

Appena diventato re con l’aiuto del divino Apollo si dedicò al restauro delle mura della città, distrutte dai continui conflitti avuti con i cretesi.

In onore a tale opera furono creati i giochi Alcathoia.

Alcatoo ebbe diversi figli fra cui Iscepoli, Callipoli, Ifinoe, Automedusa e Peribea.

Vi fu un altro eroe con il nome di Alcatoo che perì in una gara con il cocchio contro Enomao e la sua ombra continuò ad ostacolare gli altri partecipanti a quella folle corsa.

Alceo (mitologia)

Nella mitologia greca, Alceo era il figlio di Androgeo, e uno dei compagni di Eracle

Alceo ebbe da Radamanto in eredità la città di Paro, famosa per il suo marmo. Una volta divenuto re Eracle lo incontrò, proprio quando alcuni suoi compagni furono uccisi da un figlio di Minosse.

Il semidio infuriato per l’accaduto prima uccise tutti e 4 i figli di Minosse e poi minacciò tutta la città, soltanto l’offerta di due uomini come schiavi l’avrebbero placato. Quelle due persone furono Alceo e Steselo, suo fratello.

Alceo era anche un altro nome di Eracle, attribuitogli dai cittadini di Tebe pensando che Era l’avesse allattato e che fosse persino suo figlio.

Con questo stesso nome sono ricordati un figlio di Perseo, padre di Anfitrione e quindi nonno di Eracle e un figlio di quest'ultimo avuto dalla sposa Malide, e che diverrà il fondatore della dinastia lidia.

Alcesti (mitologia)

Alcesti è un personaggio della mitologia greca, figlia di Pelia, re di Iolco, e di Anassibia.

Suo padre Pelia la promise in sposa a chi sarebbe riuscito a mettere al giogo due bestie feroci.

Il re di Fere, Admeto, grazie all'aiuto di Apollo, riuscì nell'impresa e ottenne Alcesti in sposa. Il giovane, infatti, ricevette dal dio del sole un carro tirato da un leone e da un cinghiale. Apollo, una volta compiuta l'impresa, chiese ad Admeto di sacrificarsi per ricambiare l'aiuto ricevuto. Admeto chiede ai suoi genitori di sacrificarsi per lui ma loro rifiutano. Allora, Alcesti decide di sacrificarsi al posto del suo sposo.

Ancora in lutto Admeto ospita Eracle a casa sua e gli racconta la sua storia. Eracle, commosso sia dalla storia, sia dall'ospitalità che gli ha offerto il povero Admeto, decide di scendere negli Inferi, e riporta Alcesti sulla terra.

Alcidice

Nella mitologia greca, Alcidice era il nome della madre di Tiro.

Alcidice, donna giovane e bella, venne data in sposa al re dell'Elide, il superbo ed arrogante Salmoneo. La donna, incinta del marito, nel dare alla luce la bellissima Tirò morì durante il parto. La figlia venne affidata alla matrigna Sidero che la trattò con odio. Dalla discendenza di Alcidice deriva Esone, il padre di Giasone, famoso capo degli argonauti.

Alcimede

Nella mitologia greca, Alcimede era uno dei nomi della figlia di Filaco e di Climene

Alcimede secondo la leggenda fu la sposa di Esone e la madre di Giasone, colui che guidò gli argonauti alla conquista del vello d’oro.

Alcimede era conosciuta anche con i nomi di Alcimeda o Anfinome o Polimela.

Alcimedonte

Nella mitologia greca, Alcimedonte era il nome di un capo mirmidone, figlio di Laerce, ricordato da Omero nei libri XVI e XVII dell'Iliade. Descritto come un ottimo auriga, guidò personalmente il carro di Achille, trainato dagli immortali destrieri Balio e Xanto, fuori dal terribile scontro accessosi per la contesa del corpo di Patroclo.

Alcimedonte fu uno dei guerrieri mirmidoni che scortarono Achille a Troia, unendosi alla sua flotta composta da cinquanta navi.

Nel posthomerica, dopo l'Iliade, si racconta di come l'eroe venne trafitto mortalmente da Enea durante una delle tante battaglie sotto le mura di Troia.

Alcimedonte ebbe una figlia, chiamata Fialo che ebbe con Eracle una relazione amorosa.

Il padre fu talmente contrario a tale unione che fece esporre Fialo e la sua figlia, nata dall'eroe e famosa con il nome di Aicmagora, su una irta montagna. Eracle riuscì a rintracciarle ed a metterle in salvo.

Alcimene

Nella mitologia greca, Alcimene era il nome di uno dei figli di Giasone e di Medea.

Alcimene nato dopo le avventure di Giasone con gli Argonauti, il mitico gruppo di avventurieri impegnati a recuperare il vello d'oro, insieme al fratello Tessalo e al Re di Tebe Tersandro, fu ucciso dalla propria madre Medea, maga conosciuta da Giasone proprio durante i viaggi degli argonauti, solo per far dispetto al padre.

Alcimo

Nella mitologia greca, Alcimo era il nome di diverse figure ai tempi del mito.

Sotto il nome Alcimo ritroviamo:

* Alcimo, padre di Mentore, l'amico al quale Ulisse affidò il figlio Telemaco partendo per Troia.
* Alcimo, uno dei tanti compagni del formidabile Achille, che insieme a lui combatterono nella guerra di Troia.

Alcinoe

Nella mitologia greca, Alcinoe era il nome di una perfida donna greca, figlia di Polibo, re di Corinto.

Alcinoe trattava malissimo una schiava (era comune a quei tempi possederne diverse, soprattutto nelle famiglie ricche e nobili), di nome Nicandra, tanto che una volta si rifiutò di darle il giusto corrispettivo per un lavoro di filatura, ma Atena, dea della giustizia e protettrice della categoria dei filatori, la punì.

Alcinoe allora volle vendicarsi della schiava e riuscì a farla innamorare di un giovane, chiamato Xanto o Zanto, che non corrispose l’amore offertogli e Nicandra cercò la morte gettandosi da una rupe.

Abbandonò il marito Anfiloco e i suoi figli per un altro amore ma una volta finito si gettò in mare.

Alcinoe è anche il nome di una delle ninfe che allevarono Zeus quando era in fasce.



 
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Alcinoo

Alcinoo è una figura della mitologia greca.

Alcinoo, re dei Feaci a Scheria, era figlio di Nausitoo, fratello di Ressenore e discendente di Poseidone. Apollo uccise il fratello che lasciò una figlia, Arete, che si unì in matrimonio con Alcinoo. Da tale unione nacque una figlia di nome Nausicaa. Altri autori indicano come suo padre Feace. Famoso è il suo immenso giardino, pieno di frutti che maturano in ogni stagione magicamente.

Il viaggio di Ulisse

Ulisse giunse naufrago sulle coste dell'isola e Nausicaa lo soccorse e lo invitò alla reggia del padre, il quale, una volta apprese le sue disavventure, gli fornì una nave per riprendere il viaggio.

Il viaggio degli argonauti

Sull'isola giunsero anche Giasone e Medea con gli Argonauti e Alcinoo riservò loro una sincera accoglienza. Durante il viaggio degli argonauti lo ritroviamo come re di grande saggezza e ospitalità. In seguito Giasone e compagni vennero raggiunti dai soldati del padre di Medea con intenti di vendetta, ma Alcinoo ottenne di porre condizioni affinché la donna si consegnasse a loro, condizione poi non verificata grazie all'amicizia della donna con Arete che riuscì a sapere in anticipo la condizione che il re volle porre.

Interpretazione e realtà storica

Il luogo dove regnava Alcinoo si chiamava Scheria, che secondo gli studi maggiormente accreditati doveva trattarsi di Corcira ora chiamata Corfù,[3] tale teoria troverebbe conferma grazie a Tucidide, storico dell'epoca, che collocava i Feaci in quell'isola. [4] Altre ipotesi prevedono invece che l'isola fosse l'odierna Ischia o l'Istria.

Alcione (Pleiadi)

Alcione è una figura della mitologia greca, era figlia di Atlante e di Pleione, la navigante.

Tale Alcione eletta al comando delle sette Pleiadi, guidava, le sorelle una volta diventate stelle, i pescatori.

Al loro sorgere iniziava il periodo più propizio per chiunque volesse pescare mentre al loro tramonto, soffia un vento gelido. Gli Eoli per questo definiscono Alcione una dea e la veneravano in quanto tale, cui pregavano per favorirsi i venti ed evitare le secche.

Secondo Pausania ebbe da Poseidone due figli: Anthas ed Iperete.

Alcione (mitologia)

Alcione è una figura della mitologia greca, figlia di Eolo re dei venti.

Sposò Ceice di Trachis e la loro vita fu così felice che un giorno chiamò il marito "Zeus". Il re degli dei si indignò per questo affronto e scatenò una tempesta mentre Ceice era in viaggio per mare, facendolo annegare. La sua ombra apparve ad Alcione che, intuitane la morte, si gettò nelle acque per raggiungerlo.

Gli dèi ne ebbero pietà e trasformarono entrambi in alcioni (un tipo di uccello non bene identificato, probabilmente un martin pescatore o una specie di gabbiano). Il nido dei due sposi, costruito vicino al mare, veniva continuamente distrutto dalle onde. Zeus ebbe nuovamente pietà e placò il mare per sette giorni, prima e dopo il solstizio d'inverno, affinché potessero riprodursi.

Per questo gli alcioni erano consacrati a Teti e considerati un collegamento tra cielo e mare. Divennero anche il simbolo di una rapida pace e di tranquillità.

Alcioneo

Nella mitologia greca, Alcioneo, che significa "forte asino" era il nome di diverse figure mitologiche.

Sotto il nome Alcioneo troviamo:

* Alcioneo, il capo dei giganti;

* Alcioneo, il gigante.

Alcioneo capo dei giganti

Protagonista della rivolta dei giganti contro il regno degli dei, nella Gigantomachia assunse il comando dei rivoltosi. Eracle, coinvolto nella lotta al fianco degli dei, durante la battaglia, scoccò la sua prima freccia contro Alcioneo. Il gigante cadde al suolo per poi subito rialzarsi. Egli era infatti immortale nella sua terra natia. Atena suggerì allora di rapirlo e portarlo lontano, consiglio che Eracle subito eseguì, portandosi sulle spalle il gigante oltre i confini, dove divenne un essere mortale e subito a colpi di clava venne sconfitto.

Alcioneo il gigante

Durante la decima fatica Eracle si trovò di fronte ad un altro gigante di nome Alcioneo, che si era impossessato dell’istmo di Corinto. Il gigante era un mandriano che non tollerò l’intrusione dell’eroe e gli scagliò contro un'enorme roccia, colpendo i nuovi seguaci che spontaneamente si erano radunati attorno ad Eracle e uccidendone un paio. Quando lanciò una nuova gigantesca roccia in direzione dell’eroe, Eracle la respinse con la clava colpendo il gigante, che spirò.

Alcioneo in precedenza aveva rubato per due volte i sacri bovini del dio Elio.

Alcippe (mitologia)

Nella mitologia greca, Alcippe (o Alcippa o Alkippe) era il nome di diversi personaggi.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Alcippe, la figlia di Ares.

* Alcippe, uno dei nomi della madre di Dedalo (gli altri erano Merope ed Ifinoe)

* Alcippe, una delle ancelle di Elena.

* Alcippe, sposo di Eveno, da cui ebbe una figlia Marpessa.

Alcippe la figlia di Ares

Quando Alirrozio, uno dei figli di Poseidone venne ucciso da Ares, lui testimoniò che l'aveva eliminato perché stava per violentare sua figlia Alcippe avuta con Agraulo, della famiglia di Cecrope. Non essendoci altri testimoni e visto che la ragazza confermava quello che disse prima il genitore la corte divina lo assolse.

Alcitoe

Nella mitologia greca, Alcitoe (o Alcatoe) dal greco Ἀλκαθόη, era una delle figlie di Minia.

Alcitoe, figlia della capostipite del popolo dei Minii, che riuscì a costruire un potente impero nella Beozia, aveva diverse sorelle e fratelli, fra cui Leucippe e Arsinoe.

La punizione

Avendo rifiutato insieme alle sorelle di partecipare alla festa del culto di Dioniso, dove doveva unirsi ad altre donne della Beozia, il dio venne a punire le ragazze trasformandosi in continuazione, prima in toro, poi in pantera e leone facendole quasi impazzire. Alla fine Alcitoe insieme alle sorelle venne trasformata dal dio in pipistrello.

Secondo alti mitografi fu Ermes a trasformare le ragazze, che girovagavano impazzite nella montagne, in uccelli.

Alcmaone

Nella mitologia greca, Alcmaone fu uno dei combattenti partecipanti alla guerra di Troia, scoppiata a causa del rapimento di Elena da parte del troiano Paride, moglie del re di Sparta Menelao. Gli avvenimenti di questa guerra sono raccontati specialmente da Omero nell'Iliade.

Le origini e la partenza

Quando Menelao, rivoltosi al fratello Agamennone dopo il rapimento di sua moglie, convocò tutti i capi achei per dichiarare guerra a Troia, Alcmaone fu uno dei soldati arruolato nell'esercito del re. Lasciò dunque il padre Testore nella sua patria e partì alla volta della città.

La morte in guerra

Durante i combattimenti che si susseguirono in seguito all'attacco delle mura dell'accampamento greco, l'eroe Sarpedone, figlio di Zeus, per vendicare la ferita del fedele cugino Glauco, infertale di freccia da Teucro, scagliò la sua lancia contro Alcmaone, trafiggendolo mortalmente al petto. Quando l'eroe gli ritrasse dal corpo la lama, il corpo del guerriero rimbombò quando cadde al suolo, a causa delle armi lucenti che indossava.

Alcmena

Alcmena è una figura mitologica greca, figlia di Elettrione e di Euridice.

Alcmena fu la sposa di Anfitrione, che partì per vendicare l'assassinio del fratello di Alcmena, per mano dei Tafi.

Zeus approfittò dell'assenza del marito per presentarsi ad Alcmena sotto le spoglie di Anfitrione, e insieme a lei trascorse una notte lunga tre giorni. Alcmena, allora, generò due gemelli: Eracle (figlio di Zeus) e Ificlo (figlio di Anfitrione).

Tiresia, frattanto, raccontò il tradimento di Alcmena ad Anfitrione, il quale decise di uccidere la moglie dandole fuoco. Tuttavia l'intervento provvidenziale di Zeus provocò un acquazzone che spense il rogo, e convinse Anfitrione a perdonare Alcmena.

Quando la donna morì, Zeus ordinò che venisse sepolta nelle Isole dei beati.

Secondo Esiodo, Zeus si invaghì di Alcmena, non solo per la sua virtù, ma anche per la sua fedeltà al marito: infatti per sedurla, Zeus non ebbe altra scelta che trasformarsi nell'uomo che ella amava, il marito Anfitrione.

Alcmeone

Alcmeone è un personaggio della mitologia greca, primo figlio di Anfiarao (uno dei Sette contro Tebe) ed Erifile.

Alcmeone fu uno degli Epigoni che guidarono la seconda spedizione contro la città di Tebe. Dopo la vittoria, tornò ad Argo ed uccise la madre, che aveva convinto Anfiarao a partecipare alla spedizione in cui trovò la morte, con il solo fine di impossessarsi della collana dell'eterna giovinezza di Armonia, custodita nei forzieri di Tebe.

Erifile, tuttavia, prima di morire, lanciò un anatema contro il figlio, che fu inseguito senza tregua per molti giorni dalla furia delle Erinni, impazzendo.

Alcmeone giunse quindi alla corte di Tegeo, re di Psofi in Arcadia, che convinse il dio Apollo a cancellare la maledizione. Questi vi riuscì, e poté sposare Alfesibea, figlia di Tegeo. Quando l'eroe di Argo decise di donare la collana di Armonia alla moglie, le Erinni ricomparvero, scatenando una carestia tremenda in Arcadia.

Il consiglio dell'oracolo

Alcmeone fu quindi costretto a ripartire e giunse alla foce del fiume Acheloo. Qui si stabilì su una nuova isola, formatasi dopo un'alluvione. Seguendo il consiglio di un oracolo, andò alla ricerca del dio del fiume Acheloo, in quanto con cui la sua purificazione avrebbe potuto fermare la furia delle Erinni.

Una volta raggiunto il proprio scopo, sposò Calliroe, figlia di Acheloo, che gli diede due figli: Acarnano e Anfotero. Calliroe, però, quando seppe della collana, pretese che il marito gliela donasse, costringendolo a tornare a Psofi.

Alcmeone riuscì a farsela restituire, promettendo che l'avrebbe offerta al santuario di Apollo sull'isola di Delfi, ma quando il re di Psofi seppe i suoi veri intenti, lo fece uccidere dai figli. Alfesibea, per vendicare la morte dell'amato, li uccise.

Altro mito

Un altro mito vede come sposa di Alcmeone Arsinoe, sempre figlia di re Tegeo. In questa versione, però, venuta a conoscenza dell'omicidio da parte del padre lo maledice, venendo per questo venduta come schiava.

Alcone

Nella mitologia greca Alcone, era un eroe cretese e abilissimo arciere.

Alcone, figlio di Eretteo e padre di Falero, un giorno si ritrovò davanti ad un gigantesco serpente che stava attaccando suo figlio. Lo aveva stretto nelle spire e stava per ucciderlo quando Alcone preso il suo arco scagliò tante frecce che colpirono tutte solo l'animale senza neppure scalfire suo figlio.

È ritenuto uno dei compagni di Eracle.

Secondo altre fonti con il nome di Alcone si trovano due distinte figure mitologiche, ma ad ognuna di esse è correlato lo stesso aneddoto.

Alebione

Nella mitologia greca, Alebione o Albione era uno dei figli di Poseidone.

Alebione e suo fratello, Bergione o Bercino, erano due giganti, come molti dei figli del loro padre Poseidone. Il loro nome nei miti lo si incontra durante la decima fatica di Eracle, quando durante il trasporto delle mandrie sottratte a Gerione entrò nella loro terra.

La morte

I due fratelli vivevano tranquillamente in Liguria quando si ritrovarono l’immensa mandria di fronte a loro. Allora di comune accordo decisero di derubare l'eroe di qualche animale, ma Eracle, più abile di loro, prima li scoprì e poi in battaglia li uccise con l’aiuto di Zeus sotto una fitta pioggia di irte pietre.

Secondo un'altra versione i due fratelli vivevano in quella che poi sarà la Francia meridionale. Sotto il nome di Albione si ricorda anche un mitico re della Gran Bretagna ma secondo altri dallo stesso Albione figlio di Posidone deriva il nome dell’isola.

Alectrione

Alectrione è il termine con cui in greco antico si indicava il gallo.

Secondo la mitologia greca Alectrione era un giovane che venne incaricato da Ares di fare la guardia fuori dalla porta della stanza, mentre il dio si concedeva un illecito incontro amoroso con Afrodite. Il giovane però finì per addormentarsi ed Helios, il sole, sorprese la coppia di amanti. Ares, adirato per l'accaduto, trasformò Alectrione in un gallo, animale che da allora non dimentica mai di segnalare al mattino l'arrivo del sole.

Aleno

Nella mitologia greca, Aleno era uno dei fratelli di Diomede .

Quando suo fratello Diomede approdò e si impossessò di alcuni territori della Daunia , si scontrò con il re di quella regione Dauno figlio di Licaone. Essendo ambedue provenienti dall'Arcadia Aleno venne chiamato a far da giudice ed ad esprimere il suo giudizio. Aleno, che era innamorato della figlia di Dauno Euippa , a sorpresa diede torto al fratello.

Diomede infuriato con il parente maledì lui e la regione che governava.

Aleo

Nella mitologia greca, Aleo era il nome di uno dei re di Tegea, figlio di Afidante.

Aleo ebbe in sposa Neera, figlia di Pereo, e dalla loro unione nacquero Auge (mitologia), Cefeo, Licurgo e Afidamante.

Aleo durante uno dei suoi viaggi fu avvertito da un oracolo che i fratelli di sua moglie sarebbero periti per mano di un figlio di sua figlia.

Costrinse quindi la sua unica figlia Auge a diventare sacerdotessa di Atena e quindi a non procreare mai. La donna fu sedotta con l’inganno da Eracle e rimase incinta. Quando Aleo venne a conoscenza dell’accaduto non osò uccidere la figlia per la disubbidienza, ma la spedì da un altro re, Nauplio, con una lettera in cui chiedeva di uccidere la fanciulla.

Aleso (mitologia greca)

Nella mitologia greca, Aleso o Alisco era uno dei figli di Agamennone.

Agamennone fuori dal matrimonio ebbe numerose amanti e figli, fra cui tale Aleso.

Clitennestra ed Egisto organizzarono una strage nel palazzo dove il ragazzo risiedeva appena Agamennone ritornò dalla lunga guerra di Troia ma Aleso fu uno dei pochi a scampare alla morte.

Fuggito, si recò in Italia dove fondò la città di Falerii; partecipò alla guerra di Enea contro i Latini, venuto in Italia per fondare una nuova terra in quel luogo, schierandosi dalla parte di questi ultimi. Durante gli scontri egli, alleato di Turno, uccise abbastanza guerrieri nemici (Ladone, Ferete e Demodoco; Toante colpito da un masso al volto e per finire Strimonio, a cui Aleso troncò di netto il capo facendolo rotolare a terra) e fu infine ucciso da Pallante, che intendeva vendicare tutti i compagni uccisi dall'eroe; quando Pallante scagliò l'asta contro uno dei Latini, Aleso gli fece scudo parandoglisi davanti, e fu così che venne colpito dalla lancia del nemico in pieno petto.

Aleso fu anche il nome di uno dei lapiti, famosi per la loro guerra contro i centauri.


 
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Alessandro (mitologia)

Nella mitologia greca, Alessandro era il nome di uno dei figli di Euristeo.

Tale Alessandro, da non confondersi con il più celebre Alessandro Magno, riuscì a diventare uno dei re degli Achei, discendenti del primo re Acheo. Alessandro fu l’ultimo re di cui si ha notizie nel mito secondo l’ordine di Igino.

Durante la lotta che gli Ateniesi mossero agli Eraclidi uccisero sia Euristeo che molti fra i suoi figli incluso Alessandro.

Interpretazione e realtà storica

Famosi sono gli elenchi di Igino, che spesso vengono citati nelle sue favole, l’elenco dei re degli achei non segue un ordine cronologico inserendo per ultimo tale Alessandro, ma non essendo tale secondo i racconti. Altre fonti che rispettano l’ordine dei tempi, anche se in contrasto con loro, sono Apollodoro e Pausania.

Pareri secondari

Alessandro era anche uno dei nomi di Paride (colui che difende gli uomini).

Alessanore

Nella mitologia greca Alessanore era il nome di uno dei figli di Macaone.

Macaone, figlio di Asclepio, era il padre di Alessanore, che divenne famoso come costruttore di edifici. Fra le sue opere ci fu un santuario eretto in onore del nonno divenuto divinità medica nell’Olimpo; la costruì a Titane, città che sorgeva sul fiume Asopo.

In seguito fu posta all’interno del tempio una statua dello stesso Alessanore.

Alessiroe

Nella mitologia greca, Alessiroe era la madre di Carmanore.

Alessiroe fu una delle amanti di Dioniso, il dio del vino, ma ebbe anche altri uomini fra cui Mindone, da cui ebbe il figlio Sagari.

Discendenza

Entrambi i figli avuti da Alessiroe non ebbero vita facile; Sagari si trasformò nell'omonimo fiume in cui era annegato, mentre Carmanore fu ucciso da un cinghiale; entrambi morirono in giovane età.

Alete

Nella mitologia greca, Alete era il nome di diversi personaggi.

Sotto il nome di Alete troviamo:

* Alete, figlio di Ippote;

* Alete, figlio di Egisto.


Alete figlio di Ippote

Alete discendente di Eracle, essendo nato durante le migrazioni, fu chiamato l’errante, che è il significato del suo nome.

Egli, volendo conquistare Corinto, decise di consultare l’oracolo di Dodona. Questi gli assicurò la vittoria a patto che si verificassero due condizioni: doveva aspettare il giorno in cui qualcuno gli avesse donato una zolla di terra corinzia e il giorno in cui nella città fossero portate delle corone.

Entrambe si verificarono, la prima quando per spregio invece di pane come aveva richiesto, ottenne una piccola zolla di terra da un corinzio, e la seconda grazie alla figlia del re Creonte che si era innamorata di lui e gli apri le porte del palazzo per farlo entrare.

Divenne quindi re e come prima cosa mosse guerra ad Atene, ma fu sconfitto dal re Codro.


Alete figlio di Egisto

Alete usurpò il trono di Micene pensando che Oreste e Pilade fossero stati sacrificati ad Artemide, voce forse diffusa da Eracle. Elettra, avendo molti dubbi in proposito, chiese aiuto all’oracolo di Delfi ma una volta giunta in quella città incontrò Oreste e gli altri. I figli di Agamennone tornarono a Micene e nella rivolta uccisero Alete, ma risparmiarono sua sorella Erigone.

Sofocle aveva creato una tragedia per lui, che è andata perduta.

Aletto

Una delle tre Erinni e il suo nome significa "persecutrice infaticabile". Secondo Esiodo, Crono colse nel sonno Urano e spietatamente lo castrò col falcetto, afferrandogli i genitali con la sinistra (che da quel giorno fu sempre la mano del malaugurio) e gettandoli poi assieme al falcetto in mare presso Capo Drepano. Gocce di sangue sgorgate dalla ferita caddero sulla Madre Terra, ed essa generò le tre Erinni, furie che puniscono i crimini di parricidio e di spergiuro; esse sono chiamate Aletto, Tisifone e Megera.
Secondo un'altra versione le Erinni nacquero dalla Notte, e Aletto era la più spaventova perché non dava tregua alle sue vittime.

Alettore

Nella mitologia greca, Alettore era il nome di uno degli eroi dell’antica Grecia, padre di uno dei partecipanti alla famosa spedizione degli Argonauti.

Alettore secondo Pseudo-Apollodoro ha avuto due figli, uno di nome Leito che ha partecipato senza distinguersi, sempre secondo lo stesso autore, alle avventure degli argonauti, ovvero la spedizione organizzata da Giasone per il recupero del vello d'oro, l’altro di nome Ifi fu amico di Polinice.

La storia narra che Polinice volendo combattere contro Anfiarao, suo mortale nemico, chiese consiglio ad Ifi, ed egli rispose che avrebbe dovuto consegnare ad Erifile, moglie di Anfiarao e sorella del re Adrasto, la collana dell'eterna giovinezza ricevuta in dono da Armonia.

Un'altra sua figlia sposò Megapente.

Alettrione

Nella mitologia greca, Alettrione era il nome di uno degli eroi dell’antica Grecia, fedele soldato di Ares.

Il dio della guerra Ares, soleva incontrare Afrodite sposa di Efesto di nascosto. Per essere avvertito in caso che il sole sorgesse e preso dalla passione non ci facesse caso, portava con se Alettrione, suo soldato, che doveva avvertirlo ogni volta della fine della notte.

La morte

Durante una delle tante notti di guardia Alettrione si sopì in un sonno profondo ed Efesto, la divinità delle invenzioni, sorprese i due amanti. Per punizione Ares trasformò il suo sottoposto in un gallo, animale condannato a cantare sempre quando il sole appare in cielo.

Alevas

Nella mitologia greca, Alevas era il nome di uno dei tanti discendenti di Eracle.

Alevas fu un eroe che governò Larissa e fu considerato il capostipite della famiglia degli Alevadi.

Interpretazione e realtà storica

Le famiglie partite dal discendente di Eracle (oltre agli Alevadi anche gli Scopadi) ebbero molta importanza fino alle guerre contro l’impero di Persia. Nel 480 AC si allearono con Serse.

Alexiare

Nella mitologia greca Alexiare , Alessiare o Alessariete era il nome di uno dei figli di Eracle e di Ebe.

Eracle, il famoso eroe figlio di Zeus che compì le dodici fatiche, appena raggiunse suo padre e tutti gli dei dell’Olimpo, sposò la bella Ebe, coppiera degli dei e dea della giovinezza, che appunto lo fece ringiovanire.

Dalla loro unione nacquero due figli, uno dei quali si chiamava appunto Alexiare e l'altro Aniceto.

Alfeo (mitologia)

Alfeo è nella mitologia greca uno dei numerosi figli del dio Oceano, personificazione del più grande fiume del Peloponneso, che scorre nei pressi della città di Olimpia in Grecia.

La ninfa Aretusa, di cui Alfeo era innamorato, per sottrarsi al suo corteggiamento, fuggì in Sicilia e, nei pressi di Siracusa, grazie ad Artemide, si trasformò in fonte. Il dio, innamorato, al fine di ritornare da lei, pregò Zeus di cambiare il corso del fiume di cui era padrone. Zeus impietosito di Alfeo gli permise di deviare il suo corso passando sotto le acque del mar Ionio per sfociare appunto nei pressi di Siracusa, nell'isola di Ortigia dove avrebbe incontrato di nuovo la ninfa Aretusa.

Si narra anche di una leggenda dove una coppa gettata nel fiume Alfeo sia poi riemersa nella fonte Aretusa

Interpretazione e realtà storica

Tale leggenda si riferisce alla caratteristica principale del fiume Alfeo di scorrere quasi interamente sottoterra.

Alfesibea


Nella mitologia greca, Alfesibea era il nome di una delle figlie di Fegeo, re di Psofi, in Arcadia e sposa di Alcmeone.

Tale Alfesibea, sorella di Adone e figlia del re di Psofi, sposò Alcmeone, quando esso giunse nella sua città in cerca di purificazione per via di un empio omicidio da lui compiuto.

Il matrimonio

Come dono di nozze l’uomo donò alla sposa la collana e il peplo che erano appartenuti ad Armonia, la sposa di Cadmo.

Dopo il matrimonio Alfesibea venne abbandonata dal marito che la ripudiò e, lasciata l’Arcadia, sposò un'altra donna, Calliroe. Quando Alcmeone morì, ucciso per vendetta dai fratelli della donna, la nuova moglie a sua volta si vendicò uccidendoli.

Pareri secondari

Alcuni autori minori confondono il mito di Alfesibea con una delle donne chiamate Arsinoe. In realtà il mito è differente, anche se entrambe le donne sono legate ad Alcmeone.

Alfito

Nella mitologia greca, Alfito (o Alphito) era il nome della dea seminatrice del grano bianco

Alfito aveva il potere di curare la lebbra, la malattia mortale, ma anche di provocarla se lo desiderava.

Di lei si dimenticarono i greci diventando nel periodo tardo solo una filastrocca, un racconto per bambini.

Interpretazione e realtà storica

Alfitomanzia era una particolare forma di divinazione capace di trarre auspici dalla farina d’orzo, tale capacità derivava direttamente dalla dea.

Le lettere della parola irlandese bethluis-non era conducevano ad un incantesimo di Alfito, il cui nome aveva superato i confini greci.

Alia (mitologia)

Nella mitologia greca Alia la Telchina era, secondo una versione del mito, una delle spose di Poseidone, il dio dei mari.

La ninfa Alia era figlia di Ponto e di Talassa. Secondo Apollonio Rodio, ebbe da Poseidone diversi figli fra cui sei maschi ed un'unica femmina, chiamata Rodo.

I sei figli insultarono in continuazione Afrodite, la dea dell’amore, e lei per punizione li fece impazzire tutti. Maltrattarono la madre Alia fino a violentarla e Poseidone infuriato li sprofondò sottoterra facendoli diventare demoni.

Aliarto
(mitologia)

Nella mitologia greca Aliarto, era uno dei figli adottivi di Atamante, e per poco tempo fu uno dei re di Orcomeno.

Aliarto, nipote di Sisifo, figlio di Tersandro e fratello di Corono, dallo zio Atamante, re di Orcomeno, dal quale fu adottato, ebbe come eredità il suo regno.

In seguito non ritenendosi degni di tale ruolo Aliarto e il fratello cedettero la corona a Presbone, il figlio di Frisso, nipote del vecchio re. Quindi decisero di fondare due città, quella fondata da Aliarto si chiamò Aliarto.

Pareri minori

Secondo altri autori minori Aliarto non aveva un fratello ma una sorella chiamata Coronea.

Alice (mitologia)

Nella mitologia greca, Alice era il nome di uno delle figlie di Nereo e di Doride.

Alice era una delle nereidi, le ninfe marine del Mar Mediterraneo che secondo il mito erano cinquanta. Suo padre Nereo, il vecchio del mare, sapeva prevedere il futuro mentre la madre Doride era ritenuta dai latini il mare stesso.

Edited by demon quaid - 17/12/2013, 11:40
 
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view post Posted on 18/6/2010, 22:20     +1   -1
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Alico

Nella mitologia greca, Alico era il nome di uno degli eroi dell’antica Grecia, per la precisione della città di Megara.

I famosi dioscuri, Castore e Polluce (o Polideuce) avevano una sorella, Elena, che fu rapita. Alico porse il suo aiuto ai fratelli ed insieme riuscirono a liberarla

La morte

Durante uno scontro contro Teseo ebbe la peggio finendo per essere ucciso.

Alie

Nella mitologia greca, le Alie erano un gruppo di donne che combatterono come alleate del dio Dioniso.

Quando Perseo, il famoso figlio di Zeus che uccise la gorgone Medusa, si trovava ad Argo, la capitale dell’Argolide, le donne chiamate Alie (il cui nome significa “Donne del mare”), originarie del mar Egeo, si unirono con il dio del vino Dioniso in una lotta durissima contro di lui e i cittadini della città.

Alla fine le donne furono tutte uccise e i loro corpi seppelliti nella città di Argo.

Alie era anche il nome di una delle ninfe Nereidi.

Alimede


Alimede (il cui nome significa "delle acque salate, del mare"), era una delle cinquanta Nereidi, secondo la mitologia greca.

Nereo, figlio di Ponto e di Gea sposò l'Oceanina Doride. dalla quale ebbe fra le tante figlie anche Alimede.

Alimede era una ninfa del Mar Mediterraneo, perché viveva in un mare veniva chiamata nereide mentre quelle che vivevano negli oceani venivano denominate Oceanine e quelle che provenivano dalle sorgenti Naiadi. Alimede era di carattere docile e gentile.

Raffigurazione

Anche se a volte veniva raffigurata come una bellissima fanciulla in alcuni luoghi della Grecia veniva rappresentata come una figura metà umana e metà con sembianze di pesce.

Alio

Nella mitologia greca Alio era il nome di uno dei figli di Alcinoo e di Arete e discendeva da Poseidone, il dio dei mari.

Alcinoo, re dei Feaci, famoso insieme a sua moglie per aver sottratto Medea dagli abitanti della Colchide che la volevano riportare, contro la sua volontà, da suo padre Eete, ma soprattutto noto per aver dato ospitalità a Ulisse, in viaggio di ritorno dalla guerra di Troia, aveva avuto dalla moglie Arete, oltre alla più famosa Nausicaa, un figlio, il tranquillo Alio.

Alirrozio

Alirrozio è una figura della mitologia greca, figlio di Poseidone e di Eurite.

Fu protagonista di due differenti leggende contrastanti. Nella prima tentò di abusare Alcippe, figlia di Ares, e il dio lo uccise. Poseidone pretese quindi un giudizio da parte dell'Areopago degli dèi sull'accaduto, ma questi diedero ragione al dio della guerra.

Nel secondo mito Alirrozio è geloso di Atena in quanto ella aveva ottenuto l'Attica, che a suo parere doveva essere destinata al padre Poseidone. Egli tentò quindi di tagliare l'ulivo che la dea aveva donato alla regione, ma l'ascia gli sfuggì, recidendogli la testa.

Aliterse

Nella mitologia greca, Aliterse era il nome di un indovino figlio di Mentore.

Aliterse viveva nell’isola di Itaca, famosa per gli sposi Odisseo (detto anche Ulisse) e Penelope. Essi avevano un figlio Telemaco. Quando Ulisse dovette partire per combattere al fianco degli Achei contro Troia Telemaco era ancora un fanciullo. Durante l’assenza di Odisseo, più lunga del previsto perché alla fine della guerra fu protagonista di molte avventure (definite Odissea) prima di far ritorno alla sua casa, il giovane figlio con la madre cercarono di proteggersi dalle pretese dei Proci che volevano impossessarsi del regno e contemporaneamente prendere in sposa la devota Penelope. In molte occasioni fu Aliterse a tenerli lontano predicendo il ritorno dell’eroe e la loro sconfitta. Puntualmente ciò che l’indovinò aveva predetto si avverò.

Inoltre aveva chiesto agli abitanti dell’isola di non ribellarsi ad Odisseo e così fecero.

Almo

Nella mitologia greca Almo era il nome del figlio di Sisifo.

Almo riuscì ad ottenere da Eteocle re di Orcomeno una parte del suo regno che governò con saggezza. Fondò la città di Almone.

Discendenza

Ebbe due figlie: Crisogone, che andò in sposa a Poseidone, divinità dei mari e Crise, che invece andò in sposa ad Ares, divinità della guerra.

Aloadi

Nella mitologia greca, con il nome Aloadi (o Aloidi) vengono indicati due giganti gemelli, dall'aspetto mostruoso, i cui nomi erano Oto ed Efialte. Essi sono il frutto di uno dei tanti amori avuti da Poseidone con ninfe del mare. Loro madre fu Ifimedea o Efimedea.

Ifimedea, figlia di Triope e sposa di Aloo, si era innamorata di Poseidone e come atto d'amore si recava tutte le mattine sulla riva del mare per farsi bagnare fino al grembo. Fu così che si unì a Poseidone e da questa unione nacquero due fratelli gemelli Oto ed Efialte. Il nome Aloadi venne loro da Aloo, che pare fosse anch'egli figlio di Poseidone. Per la loro statura vennero considerati Giganti, pur essendo ad essi posteriori e non avendo nessun legame con loro. Secondo la descrizione di Omero, erano di grande bellezza, e crescevano ogni anno di uno stadio in altezza e di un cubito in larghezza.

Come i Giganti, anche gli Aloadi vollero sfidare gli dei. Ancora in tenera età imprigionarono il dio della guerra Ares in un vaso di bronzo, dove rimase rinchiuso per tredici mesi, fino a quando Ermes non lo liberò. A nove anni, ancora più sfrontati, decisero di scalare il cielo mettendo il Monte Ossa sopra il Monte Pelio, per raggiungere un'altezza pari a quella del Monte Olimpo.

La morte

Gli Aloadi non avevano paura di nessuno poiché era stato predetto che non sarebbero mai rimasti uccisi né da uomini né da dei.

Oto voleva rapire Era, mentre Efialte voleva per se Artemide. La dea stessa, su consiglio di suo fratello, andò incontro ai due trasformata in cerbiatto. I due giganti, desiderosi di mostrarsi abili nella caccia, scagliarono contemporaneamente una lancia contro l'animale. La dea schivò abilmente la morte ma non altrettanto fecero i due fratelli che si colpirono a morte reciprocamente adempiendo la sentenza dell'oracolo.

Aloeo

Nella mitologia greca, Aloeo (o Alòo) era uno dei figli di Canace e nipote di Eolo.

Aloeo, fatto re di Asopia in Beozia da suo padre, sposò Ifidemia, già madre di due figli, Efialte e Oto, avuti da Poseidone. Dopo tale moglie ne ebbe un'altra chiamata Eribea

Progenie

I suoi giganteschi figli, chiamati Aloidi, ogni anno crescevano di un cubito in larghezza e uno stadio in altezza e a nove anni attaccarono il monte Olimpo.

Efialte voleva per sé Era, mentre suo fratello decise che avrebbe fatto sua Artemide.

Prima vinsero il dio Ares in Tracia, rinchiudendolo per molti mesi in un'urna di bronzo, da cui fu infine liberato da Ermes.

Non avevano paura di nulla, poiché era stato profetizzato che non sarebbe stati uccisi né da dei né da uomini.

Artemide si trasformò in un cervo bianco e andò loro incontro; volendo far vedere chi dei due fosse il più abile, i due fratelli presero un giavellotto e finirono per colpirsi ed uccidersi a vicenda.

Secondo una versione del mito riportata da Diodoro Siculo Aloeo avrebbe chiesto ai suoi figli di salvare la madre Ifidemia e la sorella Pancrazie dai Traci che le avevano fatte prigioniere. La loro spedizione verso Nasso, l'isola dove si trovavano le donne, fu un successo ma poi litigarono per la spartizione dell'isola e si uccisero a vicenda.

Alone

Alone era un eroe greco, abile medico di Atene

Alone era un eroe risanatore, allievo del centauro Chirone insieme ad Asclepio.

Alope

Nella mitologia greca Alope era la figlia di Cercione e una delle amanti di Poseidone.

Il re Cercione, uno dei tanti figli di Efesto, aveva una figlia, chiamata Alope, che venne sedotta da Poseidone e senza che il padre lo venisse a sapere ebbe da lui un figlio. La giovane madre, per paura del genitore, chiese alla nutrice di portare il pargolo con sé e di esporlo su una montagna.

Due pastori trovarono il bambino, e volendolo entrambi per sé, dopo una lunga discussione decisero di rivolgersi al re, perché come giudice decidesse il da farsi.

Cercione volle vedere il bambino e riconobbe subito il panno in cui era avvolto, che era stato preso da uno degli abiti di sua figlia.

La punizione

La nutrice, chiamata per delucidazioni, confessò tutto e il re ordinò che sua figlia venisse murata viva e il bambino, chiamato Ippotoo, fosse esposto di nuovo alle intemperie della montagna.

Quando in seguito Teseo uccise Cercione, trovò Alope morta e decise di seppellirla lungo la via che porta da Eleusi a Megara.

Poseidone ebbe pietà per il corpo della sua vecchia amante, trasformandolo in una sorgente, che fu chiamata Alope.

Alpo (mitologia)

Nella mitologia greca, Alpo era il nome di uno dei Giganti, figlio di Rea, dea della terra.

Alpo era dotato di molteplici forti braccia e in testa aveva cento vipere. Viveva in Sicilia terrorizzando chiunque osasse avvicinarsi alle gole dei monti Peloritani. Prima uccideva i malcapitati schiacciandoli con un sasso e poi banchettava con ciò che ne rimaneva. La sua casa non era avvicinata nemmeno dalle ninfe né dallo stesso Pan.

La morte

Un giorno Dioniso venne a fargli visita, ma subito il gigante usò tutte le braccia per lanciargli contro fusti di alberi e difendersi con una grossa pietra, ma venne sopraffatto e scaraventato in mare.

 
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Als (mitologia)

Nella mitologia greca, Als era il nome di una delle compagne di Circe.

Als (il mare), ritenuta di origine etrusca, era molto simile alla sua amica maga.

Nell’Odissea si narra che Odisseo, meglio conosciuto con il nome di Ulisse, incontrò nel regno dei morti il veggente Tiresia che gli profetizzò che la morte gli sarebbe giunta dal mare e sarebbe stata serena e in vecchiaia.

La leggenda di Als nacque in una versione minore del mito, secondo la quale Ulisse, ritornato nell’isola di Circe, sarebbe stato accolto da tale maga che l'avrebbe trasformato in un cavallo tenendolo con sé fino alla morte in tarda vecchiaia.

Altea (mitologia)

Altea, figlia di Testio, fu la moglie di Eneo, con il quale ebbe Meleagro.

Quando Altea diede alla luce Meleagro, le fu predetto dalle Moire, che il figlio sarebbe morto nel momento in cui l'ultimo tizzone del camino si fosse consumato. Per salvaguardare la vita del bimbo, Altea prese il tizzone dal fuoco e lo conservò in segreto in un cofano.

Divenuto grande, Meleagro partecipava alle spedizioni di caccia insieme ai fratelli della madre. In particolare, ad una battuta di caccia al cinghiale di Calidone, Meleagro, che aveva conquistato la pelle dell'animale, la regalò ad Atalanta.

Per questo fatto entrò in contrasto con i figli di Testio e li uccise. Altea, accecata dall'ira per la morte dei fratelli, afferrò il tizzone a lungo conservato gettandolo nel fuoco, e quando questo fu consumato si compì la profezia: Meleagro morì.

Solo a quel punto Altea si rese conto del gesto compiuto e, pentita per il folle gesto, si tolse la vita.

Ebbe anche altri figli fra cui Deianira e Gorga.

Altemene

Altemene è una figura della mitologia greca, figlio di Catreo, re di Creta e discendente di Minosse.

Catreo aveva avuto quattro figli: tre femmine (Erope, Climene e Apemosine), e un maschio, Altemene. Altemene, avendo appreso dall'oracolo di Delfi che suo padre sarebbe stato ucciso da un figlio, dubitando della sorella Apemosine che era stata violentata da Ermes, la uccise. Per le altre due sorelle trovò una soluzione più facile: le diede in sposa a principi stranieri e le mandò via da Creta. Secondo un'altra versione fu Catreo ad allontanare i propri figli da lui e, mentre Altemene e Apemosine salparono per l'isola di Rodi, con le altre due non ebbe contatti per molto tempo.

Quando Catreo si accorse di essere prossimo alla morte e di essere senza eredi, si recò a Rodi alla ricerca di Altemene. Giuntovi nottetempo, i suoi Cretesi vennero scambiati dagli indigeni per pirati e furono attaccati. Altemene, credendo di trovarsi di fronte a nemici, da lontano scagliò un giavellotto che colpì il padre, uccidendolo. Quando Altemene si accorse di avere ucciso suo padre, pregò gli dei che gli dessero la morte: subito dopo, il giovane fu inghiottito dalla terra.

Amaltea (mitologia)

Amaltea è un animale della mitologia greca.

Fu la capra che allattò Zeus sul monte Ida a Creta (in altre versioni viene identificata in una ninfa e non in una capra).
Diventato il re degli dei, Zeus, per ringraziarla, diede un potere alle sue corna: il possessore poteva ottenere tutto ciò che desiderava.
Da qui la leggenda del corno dell'abbondanza, o cornu copiae, detto anche Corno di Amaltea.

Alla sua morte Zeus la pose, insieme ai suoi due capretti, tra gli astri del cielo; consigliato da Temi, Zeus prese la sua pelle e se ne vesti come di una corazza, durante la lotta contro il padre: questo rivestimento è conosciuto come egida.

Amarinceo

Nella mitologia greca Amarinceo è uno dei figli di Pizio.

Amarinceo, generale degli Elei, fu un grande amico del re dell'Elide Augia, che affiancò nel governo quando Eracle, che lo odiava per non aver rispettato i patti dopo la pulizia delle stalle compiuta come quinta fatica, gli fece guerra.

La morte

Amarinceo fu ucciso durante una guerra successiva da Nestore e seppellito a Buprasio.

Amataone

Nella mitologia greca, Amataone era uno dei re di Pilo.

Giasone il prode guerriero che fu a capo della spedizione degli argonauti, prima di andare a parlare con Pelia, l’usurpatore del trono, chiese aiuto e protezione.

Amataone riconobbe nel giovane la discendenza reale e gli prestò la protezione necessaria per affrontare il suo nemico.

Nel mito celtico il suo mito è collegato alla discesa negli inferi, inoltre rubò i cani di Arawn e Annwm con i quali riuscì ad indovinare il nome segreto del dio Bran.

Ambrosia (ninfa)

Nella mitologia greca, Ambrosia era il nome di una ninfa, figlia di Oceano.

Secondo un'altra versione Ambrosia era una delle dodici figlie di Atlante e di Pleione e una delle cinque sorelle che alla morte dell’unico fratello, Iante, piansero talmente tanto che furono trasformate in stelle.

Il loro nome fu Iadi, in latino Sicule.

Secondo altre versioni del mito alla ninfa fu affidato da bambino Dioniso, il dio del vino, e in seguito venne inseguita da Licurgo e uccisa, ma si trasformò in una vite e tenne prigioniero l’assassino fino al ritorno del dio.

Ambrosia è anche il cibo preferito dagli dei.

Amice

Nella mitologia greca, Amice era la figlia del re di Cipro Salamino.

La ragazza una volta cresciuta decise di fuggire dall’isola in cerca di nuove terre da conquistare e città da fondare. Nei suoi viaggi arrivò ad Antiochia, dove riuscì a portare numerosi compatrioti fondando una colonia e trascorrendovi diversi anni. Un giorno conobbe Caso, uno dei figli di Inaco, che aveva avuto una vita simile alla sua; anch'egli infatti, provenendo da un'isola (nel suo caso Creta), aveva fondato una colonia nelle vicinanze. I due decisero di sposarsi. Quando la donna morì la seppellirono in una città con il suo nome, Amice.

Amicla

Nella mitologia greca Amicla era il nome di una delle figlie di Niobe e Eurota

Amicla, sposa di Acrisio, aveva una sorella di nome Melibea (o Cloride), altre cinque sorelle e sette fratelli. Niobe disprezzava Latona per aver avuto solo due figli, i divini Apollo e Artemide. Per tutta risposta la dea mandò I figli a sterminare tutti I figli di Niobe, risparmiando solo Melibea e Amicla, che in particolare aveva recitato una preghiera propiziatoria per salvarsi.

Amicla fu la sposa di Diomede, dal quale ebbe un figlio, Giacinto, e una figlia, Euridice. Secondo altre fonti altri figli furono Enesimo, Alconte, Leucippo, Ippocoonte, Cinorta.

Secondo altri racconti fu soltanto Amicla a salvarsi. A volte viene indicato come un uomo.

Amico (Poseidone)

Nella mitologia greca Amico era il nome di uno dei re di Bebrico; ottimo pugile, viene ricordato soprattutto per il suo incontro con gli Argonauti.

Amico, figlio di Poseidone, era fratello di Migdone, il re dei Bebrici che fu ucciso da Eracle durante una delle sue imprese. Appena l’eroe se ne andò Amico prese il potere riconquistando le terre che erano state del fratello.

La morte

Quando gli Argonauti approdarono sulla sua terra Amico, con tono arrogante, vantandosi di essere un ottimo pugile, sfidò il migliore fra loro, Polluce. All’inizio il dioscuro procedeva con cautela, ma quando capì i punti deboli dell’avversario iniziò a combattere sul serio, rompendo la sua guardia, uncinando la mascella e rompendogli il naso con un potente sinistro.

Amico, reso furioso dal dolore, agguantò l’avversario e stava per colpirlo con un montante destro quando fu anticipato dall'avversario che gli fracassò la tempia uccidendolo.

Dopo la morte

I suoi soldati insorsero contro gli argonauti ma vennero subito sconfitti. Giasone, il loro comandante, per scusarsi con Poseidone sacrificò 20 tori.

Amimone

Amimone è una figura della mitologia greca, è una delle cinquanta figlie del re Danao (Danaidi).

Quando il padre giunse a Lerna, nel golfo di Nauplia, incaricò la figlia Amimone di procurarsi dell'acqua per un sacrificio.

Mentre svolgeva il compito, la giovine svegliò involontariamente un satiro, che cercò di abusare di lei. La fanciulla invocò l'aiuto di Poseidone, che intervenne scagliando il proprio tridente in direzione del satiro, mancandolo. Il tridente si conficcò in una roccia e Poseidone concesse ad Amimone di estrarlo. Da quel punto sgorgò l'acqua della fonte Amimone. Questa è l'origine del fiume di Lerna. Dall'unione tra Amimone e Poseidone nacque Nauplio.

In seguito Amimone andò in sposa a Linceo, suo cugino figlio di Egitto, e rifiutò di obbedire a suo padre quando ordinò alle proprie figlie di ucciere i loro mariti. Questa parte della storia, oltre al nome del personaggio (Amimone significa "senza colpa") la rendono identica ad Ipermnestra, che probabilmente è la stessa persona.

Aminia

Aminia è una figura della mitologia greca, legata al mito di Narciso. Secondo Conone, Narciso aveva molti innamorati che lui costantemente respingeva fino a farli desistere. Solo il giovane Aminia non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere di Narciso, si trafisse davanti alla sua casa, avendo prima invocato il dio per ottenere una giusta vendetta.

Aminio

Nella mitologia greca Aminio fu uno dei tanti uomini ad innamorarsi di Narciso.

Aminio non riuscì a rimanere impassibile davanti alla bellezza di Narciso, l’uomo tanto bello quanto innamorato solo di se stesso, e si dichiarò a lui.

La morte

Narciso rifiutò il suo amore ma in dono gli diede una spada. Il ragazzo respinto vide in quel regalo una facile strada per porre fine alle sue sofferenze e si uccise, ma prima maledisse Narciso per la sua crudeltà. Dal suo nome deriva il fiume Aminio che si unisce all’Alfeo.

Aminta (mitologia)

Nella mitologia greca, Aminta era il nome di uno dei pastori dell’antica Grecia, autore di un famoso furto.

Sileno, il più famoso dei Sileni, strani esseri dotati di poteri, era un semplice pastore. Quando egli stanco della caccia si mise a dormire con sonno profondo, Aminta insieme ad altri pastori partecipò al furto della sua zampogna.
 
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view post Posted on 20/6/2010, 21:32     +1   -1
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Amintore (mitologia)

Amintore è una figura della mitologia greca, era il re dei Dolopi.

Costrinse in esilio presso Peleo il figlio Fenice, accusandolo di volergli sottrarre l'amante.

Amintore fu poi ucciso da Eracle a cui aveva rifiutato il passaggio sopra i propri territori.

Amisodaro

Nella mitologia greca, Amisodaro era il nome di un licio, padre di Atimnio e di Maride.

Amisodaro, ricco cittadino della Licia, ebbe due figli, Atimnio e Maride, che divennero durante la guerra di Troia compagni in armi del grande Sarpedone. La guerra era scoppiata per via di un capriccio di amore voluto da Paride, che rapì Elena moglie di Menelao. I due giovani persero la vita mentre combattevano in battaglia, per mano di un'altra coppia di fratelli, Antiloco e Trasimede.

Il nome di Amisodaro è legato anche alla Chimera. Tale mostro, dotato di tre teste, una di leone, una di capra e una di serpente, fu infatti tenuto a bada proprio dal saggio e tranquillo Amisodaro che lo nutriva, quando gli era possibile, per evitare che facesse danni maggiori agli abitanti della Licia. Fino al giorno in cui Bellerofonte uccise quella creatura spaventosa.

Amitaone

Amitaone è un personaggio della mitologia greca, discendente di Eolo, re di Orcomeno. Amitaone era infatti uno dei figli di Creteo, re di Jolco, che aveva sposato la bellissima Tiro dopo che costei era stata posseduta da Poseidone che per averla aveva assunto le sembianze del fiume Enipeo, tanto desiderato da Tiro. I figli avuti con Creteo erano appunto Esone , Fere e Amitaone.

Essendo succeduto a Creteo sul trono di Jolco il primogenito Esone, Amitaone abbandonò la sua terra per la Messenia. Amitaone sposò Idomenea che gli diede due figli Melampo e Biante.

Amore e Psiche

«Vi erano in una città un re e una regina. Questi avevano tre bellissime figliole. Ma le due più grandi, quantunque di aspetto leggiadrissimo, pure era possibile celebrarle degnamente con parole umane; mentre la splendida bellezza della minore non si poteva descrivere, e non esistevano parole per lodarla adeguatamente »

La storia di Amore e Psiche viene messa per iscritto da Apuleio, scrittore latino del II secolo.

L'asino d'oro

L'unico romanzo latino a noi giunto completo è Le metamorfosi, conosciuto anche come L'asino d'oro, opera parzialmente autobiografica di Apuleio in undici libri, nella quale il protagonista narra la sua trasformazione in asino. Nel testo l'autore aggiunge varie sottotrame nate da leggende popolari.

Tra le più note v'è senza dubbio Amore e Psiche, in due libri, che tratta la storia dei due personaggi omonimi. La favola, come il resto de Le metamorfosi, ha un significato allegorico: Cupido - identificato con il corrispondente greco Eros, signore dell'amore e del desiderio -, unendosi a Psiche - ossia l'anima - le dona l'immortalità. Tuttavia questa, per giungervi, dovrà affrontare quattro durissime prove, tra cui quella di scendere agli Inferi per purificarsi.

Anche la posizione centrale della favola nel testo originale aiuta a capire lo stretto legame che lega questo racconto nel racconto con l'opera principale; è infatti facile scorgervi una "versione in miniatura" dell'intero romanzo: come Apuleio anche Psiche è una persona simplex et curiosa; inoltre, entrambi compiono un'infrazione, alla quale seguirà una dura punizione. Solo in seguito a molte peripezie potranno raggiungere la salvezza.

Psiche

Il nome Psiche allude al significato mistico della storia. E riconduce alle prove che la donna dovrà affrontare nel corso della storia, simbolo delle iniziazioni religiose al culto di Iside.

Storia

Psiche, una bellissima fanciulla che però non riusciva a trovare marito,diventa l'attrazione di tutti i popoli vicini che le offrono sacrifici e la chiamano Venere. Venere saputa l'esistenza di Psiche, che portava gli uomini a tralasciare e dimenticare la vera Venere, invia suo figlio Amore perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro della terra, perché Psiche sia coperta dalla vergogna di questa relazione. I genitori di Psiche, intanto, consultano un oracolo che gli risponde:
«Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un'alta cima brulla. Non aspettarti un genero da umana stirpe nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l'aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui.»

Psiche viene così portata a malincuore sulla cima di una rupe e li viene lasciata sola.
Ma il dio si innamora della mortale, e con l'aiuto di Zefiro, la trasporta al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvengano al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fa sua.
Ogni notte Eros va alla ricerca di Psiche, ogni notte i due bruciano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.
Psiche è dunque prigioniera nel castello di Cupido, legata da una passione che le travolge i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, che Cupido le aveva detto di evitare, con una spada e una lampada ad olio decide di vedere il volto del suo amante, per sapere se costui fosse realmente o no un mostro, come le era stato detto da un oracolo.
È questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cade dalla lampada e ustiona il suo amante:
« … colpito, il dio si risveglia; vista tradita la parola a lei affidata, d'improvviso silenzioso si allontana in volo dai baci e dalle braccia della disperata sposa»

Il dio vola via, ma Psiche riesce ad aggrapparglisi alla gamba, anche se presto sfinita, si lascia cadere. Questa straziata dal dolore tenta più volte il suicidio, ma gli dei che la incontrano la fermano impedendoglielo. Psiche inizia così a vagare per le varie città alla ricerca del suo sposo, si vendica delle avare sorelle, e cerca di procurarsi la benevolenza degli dei, mettendo in ordine qualunque tempio incontri sul suo cammino. Arriva però al tempio di Venere e a questa si consegna sapendo della sua ira che spera così di placare.
Venere sottopone Psiche a diverse prove: nella prima, deve suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali; disperata, non prova nemmeno ad assolvere il compito che le è stato assegnato, ma riceve un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che provarono pena per l'amata di Cupido. La seconda prova consisteva nel raccogliere la lana d'oro di un gruppo di pecore. Ingenua, Psiche fece per avvicinarsi alle dette pecore, ma una verde canna la avverte e la mette in guardia: le pecore diventano infatti molto aggressive con il sole e avrebbe dovuto aspettare la sera per raccogliere la lana rimasta tra i cespugli. La terza prova consisteva nel raccogliere dell'acqua da una sorgente che si trovava nel bel mezzo di una cima tutta liscia e a strapiombo. Qui viene però aiutata dall'aquila dello stesso Giove.
L'ultima e più difficile prova consiste nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina un po' della sua bellezza. Psiche medita addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si anima e le indica come assolvere la sua missione. Durante il ritorno, mossa dalla curiosità, apre l'ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina, che in realtà altro non è che il sonno più profondo. Questa volta verrà in suo aiuto Amore, che la risveglia dopo aver rimesso a posto la nuvola soporifera uscita dalla ampolla e va a domandare aiuto a suo padre.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente, Psiche e Amore ricevono l'aiuto di Giove.
Mosso da compassione il padre degli dei fa in modo che gli amanti si riuniscano: Psiche diviene una dea e sposa Amore. Il racconto termina con un grande banchetto al quale partecipano tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fa da coppiere, le tre Grazie suonano e il dio Vulcano si occupa di cucinare il ricco pranzo.
Più tardi nascerà la figlia, concepita prima delle prove di Psiche, durante una delle tante notti di passione dei due amanti. Questa sarà chiamata Voluttà, ovvero Piacere.

Ampelo

Ampelo è una figura della mitologia greca.

Era un giovane amato da Dioniso. Morì accidentalmente, cadendo dal dorso di un toro imbizzarrito o da un albero sul quale si era arrampicato per cogliere un grappolo d'uva, a seconda della versione del mito che si vuole accreditare. Nella prima variante, riportata da Nonno, Ampelo fu poi trasformato in vite, recando agli uomini il dono dionisiaco del vino. Stando a Ovidio, invece, Dioniso lo tramutò nella stella Vindemiatrix (in latino «vendemmiatrice»), della costellazione della Vergine.

Secondo Nonno, Ampelo fu il primo amore di Dioniso. Il giovane, tenuto all'oscuro della natura divina del suo compagno, era coetaneo del dio e lo superava in bellezza. I due vivevano fra satiri e sileni presso il fiume Pattolo, in Lidia o forse in Frigia (Nonno confonde spesso le due regioni turche). Lo stesso Dioniso era incerto sulle origini del fanciullo: poteva appartenere alla stirpe dei satiri, tanto che aveva la coda, ma più probabilmente era figlio di Selene, dea della luna, ed Elio, il sole.

Il dio era perdutamente innamorato di Ampelo, e di lui gelosissimo, ma temeva continuamente per la sua vita, presentendone un destino simile a quello di Ila, Giacinto e Ganimede, tutti giovinetti amati da divinità o semi-divinità, sottratti prematuramente alla vita terrena.

I due compagni si confrontavano quotidianamente in una varietà di giochi, dalla lotta alla caccia, che Dioniso volentieri lasciava vincere al suo favorito. In occasione di una gara di corsa cui parteciparono Ampelo e due satiri, Cisso e Leneo, il dio intervenne per rallentare i rivali e garantire la vittoria all'amato.
Per colpire l'attenzione del suo amante, Ampelo si cimentava cavalcando tigri, orsi e leoni. Il dio, gli raccomandò però di guardarsi, nei suoi giochi, dalle corna del toro.

Dioniso aveva infatti ricevuto un segno dell'imminente morte del giovane: al dio era apparso un drago cornuto, che scagliava un cerbiatto adagiato sul proprio dorso contro le pietre di un altare, uccidendolo. Intuendo nella apparizione un presagio del destino che attendeva il giovane, il dio fu sul punto di piangere per la futura perdita, ma alla vista del sangue che arrossava la pietra dell'altare, e che preannunciava il dono del vino, eruppe in un riso di gioia. Su richiesta di Era, matrigna di Dioniso, la dea Ate, l'Errore, che si trovava in Frigia da quando Zeus furibondo ve l'aveva scagliata, si presentò ad Ampelo sotto le spoglie di un giovane satiro e gli consigliò di provare a cavalcare un toro, persuadendolo che con ciò si sarebbe guadagnato la predilezione del dio e la possibilità di guidarne il cocchio, che era stato affidato a Marone.

Ampelo si accostò a un toro che si abbeverava presso il Pattolo; dalle fauci dell'animale colava sul corpo del giovane un rivolo d'acqua, simbolo della fatica cui i buoi sarebbero stati costretti per irrigare le vigne. Ampelo ornò il capo del toro di narcisi e anemoni, fiori germogliati in seguito alla morte di Narciso e Adone, entrambi giovani cari agli dei; infine gli montò in groppa. Mentre galoppava sul dorso del toro, vedendo la luna, si prese gioco di Selene, che per punizione mandò un tafano a pungere il toro. L'animale, imbizzarrito, disarcionò Ampelo, lo trafisse con le corna e lo scagliò contro delle rocce, finché la testa non si staccò dal corpo.

Dioniso, disperato, asperse la ferita con l'ambrosia, il nettare degli dei, la cui dolcezza si sarebbe poi trasfusa nel vino. Eros, per consolarlo, raccontò al dio affranto la storia di un altro bellissimo fanciullo, Calamo, tramutatosi in canna a seguito di un amore sfortunato.

Frattanto le Ore, personificazione divina delle quattro stagioni, si recavano presso loro padre, Elio, custode delle profetiche tavolette di Armonia. Una di loro, Autunno, avrebbe presto avuto il capo adorno di tralci di vite, poiché era giunto il tempo del vino, previsto nell'ultima raffigurazione della terza tavoletta, che segnava l'avvento di una nuova era del mondo: vi era infatti rappresentata la Vergine, segno zodiacale di transizione fra l'estate e l'autunno, con in mano un grappolo d'uva.
I lamenti di Dioniso giunsero a commuovere Atropo, una delle Moire, filatrici del destino di ogni creatura. Costei diede nuova vita al corpo di Ampelo, che subito mise radici e si trasformò in un tralcio vite, scampando così all'Ade. Il dio strinse fra le mani un grappolo d'uva, e dal nuovo frutto stillò un succo che aveva la stessa dolcezza dell'ambrosia, e che donava l'ebbrezza: il vino aveva fatto la sua prima comparsa sulla terra.

Cisso, il satiro con cui Ampelo aveva gareggiato, si sarebbe trasformato nell'edera che si avvolge alla vite, mentre Calamo, la canna, l'avrebbe sostenuta contro il vento.

Ovidio, oltre a precisare che Ampelo era figlio di un satiro e di una ninfa, racconta una versione diversa del mito: Dioniso e il suo favorito vivevano sui monti Ismari, in Tracia; il dio aveva affidato ad Ampelo un rampicante che pendeva dalle foglie di un olmo. Il giovane, arrampicatosi sull'albero per cogliere il frutto del rampicante, perse l'equilibrio e morì nella caduta: la pianta prese così il nome di Ampelo, «vite». Dioniso, addolorato, tramutò il giovane nella stella Vindemiatrix.

La Vindemiatrix, appartiene alla costellazione della Vergine; la sua apparizione a oriente, subito prima dell'alba, segnalava un tempo l'inizio del periodo della vendemmia, a settembre; a causa della precessione degli equinozi oggi sono le stelle della costellazione del Leone a comparire in quella posizione all'inizio dell'autunno.

Per un altro mito sulla nascita del vino, vedi Eneo e Stafilo.

Ampice

Nella mitologia greca, Ampice dal greco Ἄμπυξ era il figlio di Pelia, padre di Mopso l’argonauta.

Ampice, uno dei tanti figli di Pelia il lapita, scelse come moglie la ninfa Cloride e da lei ebbe un figlio, Mopso, veggente e profeta, futuro Argonauta. Per tale discendenza Mopso è anche detto Ampycides

Contro i centauri

Ampice era uno dei lapiti che cercò di rapire Piritoo il giorno del matrimonio, quando cerca di rapire la sposa si imbatte nei centauri, combattendoli fino allo stremo.

Amulio

Figlio di Proca e fratello minore di Numitore. Prima di morire, Proca aveva diviso in due parti l'eredità reale: il regno a Numitore e i tesori ad Amulio. Quest'ultimo, con l'appoggio delle ricchezze che gli toccò in sorte, cacciò dal trono di Albalonga, nel Lazio, il fratello Numitore e obbligò la sua figlia, Rea Silvia, a diventare vestale, perché Numitore non avesse eredi. Ma Rea Silvia venne sedotta da Marte e diede alla luce due gemelli. Amulio la cacciò in prigione e ordinò ai suoi servi di annegare i neonati nel Tevere. I bambini, Romolo e Remo, furono salvati dai servi che gettarono la culla nel fiume in piena. Poco dopo furono trovati da Faustolo e allevati come pastori. Quando i gemelli furono cresciuti, rubarono degli oggetti ai briganti locali per darli ai pastori; ma i briganti con una trappola acciuffarono Remo e lo portarono da Amulio.
I briganti dichiararono che aveva razziato le terre di Numitore; fu allora consegnato a suo nonno che ben presto scoprì la sua identità. Andò poi a cercare anche Romolo, e i gemelli venuti a conoscere le loro origini, punirono Amulio uccidendolo e ridiedero il potere al loro nonno Numitore.
Secondo il poeta Nevio, Amulio sarebbe stato un buon vecchio che avrebbe accolto con gioia il ritrovamento di Romolo e Remo.

Anapo (mitologia)

Nella mitologia greca, Anapo era il nome di una divinità fluviale.

Anapo ai tempi in cui Persefone fu scelta da Ade, dio degli inferi, come sua sposa e decise di rapirla per portarla nel suo regno infernale vedendo la povera ragazza decise di opporsi. In suo aiuto venne anche la ninfa Ciane, ma anche unendo le forze soccombetterò innanzi al divino avversario. I due furono tramutati e Anapo divenne un fiume della Sicilia.

Anassagora (mitologia)

Nella mitologia greca, Anassagora era uno dei re di Argo, figlio di Megapente.

Quando le donne argive impazzirono, per colpa di Dionisio, la loro furia venne scatenata durante il regno di Anassagora. Questi ben felice di vedere Melampo e suo fratello, il compagno Biante riuscire a portarle alla ragione, grazie alle loro tecniche mediche. Pieno di gratitudine Anassagora donò a loro due terzi del suo regno, tenendosi quindi per se solo il rimanente tezzo.

Discendenza

Da Anassagora discendono la stirpe dei Anassagoridi, suo figlio continuò ad essere re di Argo al posto del padre. Il suo regno, prolungato nel tempo ebbe una vita più prospera e lunga dei regni di Melampo e Biante.

Anassarete

Anassarete è una figura della mitologia greca, donna cipriota famosa per la sua freddezza.

Tale Anassarete era una bellissima ragazza che viveva nell’isola di Cipro. Era amata perdutamente da un giovane, Ifi, che fece di tutto per cercare di conquistarla. Lei non solo non ricambiò il suo sentimento, ma trattò Ifi con tanta freddezza, che egli decise di uccidersi. Ifi sperava che con quel gesto estremo, almeno dopo la morte, avrebbe vinto il carattere gelido della donna, ma Anassarete ancora una volta mostrò un cuore senza amore.

Secondo il mito, che viene narrato da Ovidio ne Le metamorfosi, la dea Afrodite, che aveva assistito a tutta la vicenda, decise di trasformare la ragazza in una statua di pietra, così come di pietra era il suo cuore.

Anassibia

Anassibia, o Anasibia, è il nome di vari personaggi della mitologia greca.

1. Figlia di Bia e Ifianassa, nipote di Melampo. Sposò Pelia, con il quale ebbe Acasto, Pisidice, Pelopia, Ippotoe e Alcesti
2. Moglie del guerriero Nestore
3. Figlia del miceneo re Atreo e di Erope nonché probabile madre di Pilade
4. Ninfa di cui si era invaghito il dio Apollo e che la dea Artemide rese invisibile affinché scampasse, nascosta nel suo tempio, alle attenzioni del dio.

Anatto

Nella mitologia greca, Anatto era il nome di uno dei giganti, stirpe famosa per la loro lotta agli dei dell'olimpo.

Anatto, figlio di Urano e di Gea, la madre terra, era il re della Caria, chiamata in passato Anattoria. Non era interessato come i suoi fratelli all'assedio del regno degli dei ma semplicemente gli interessava regnare il proprio paese.

Discendenza

Suo figlio Asterio successe a lui al comando del suo regno, ma fu sconfitto e ucciso da Mileto.

Anceo (Poseidone)

Anceo è una figura mitologica greca, figlio di Tegeo e del dio Poseidone.

Partecipò alla spedizione degli argonauti, guidando la nave "Argo" dopo la dipartita di Tifi. Una volta conclusasi la missione, ritornò al suo paese, Tegea.

Un indovino gli predisse che non sarebbe vissuto per lungo tempo. Infatti, piantò delle viti nella sua terra e il veggente gli predisse "che non sarebbe riuscito neanche ad assaggiarne i frutti".
Difatti, mentre si apprestava a bere il vino del suo raccolto, un servitore lo avvisò che un cinghiale stava devastando la vigna. Anceo si recò sul posto, ma venne incornato e ucciso dal corposo suino, che, celato dietro le siepi, improvvisamente gli balzò addosso.

Anceo il piccolo

Nella mitologia greca, Anceo il piccolo era uno dei partecipanti alla spedizione degli argonauti.

Anceo, è il cugino del più famoso Anceo figlio di Poseidone, che per distinguerlo dall'altro viene soprannominato il piccolo.

Figlio di Licurgo, quando Giasone inviò i suoi araldi in cerca di eroi per il suo viaggio lui rispose all'appello, senza però distinguersi, all'ombra del più famoso parente.

Morte
La caccia al cinghiale calidonio

Quando Meleagro si dimenticò di Artemide nelle sue offerte sacrificali, la dea inviò il cinghiale calidonio, per punirlo. Di nuovo gli araldi vennero inviati e di nuovo Anceo rispose all'appello.

Durante la caccia alla cui inizialmente si era rifiutato perché partecipava una donna, Atalanta, decise poi di intervenire gridando senza alcuna paura, affermando che il modo di cacciare degli altri non fosse quello giusto, volle provare per far vedere agli altri come si agisce, scagliando la sua lancia contro il mostro. Come risultato il cinghiale lo colpì in pieno sventrandolo, cadde a terra dove morì dopo pochi attimi.

Confusione

Molti testi riportano il nome Anceo senza riportarne il soprannome creando confusione per chi cerca informazioni al riguardo di uno o dell'altro.

Anche le morti sono simili, perché entrambi muoiono per colpa di un cinghiale.

Anchiale

Nella mitologia greca Anchiale era il nome di una delle ninfe.

Anchiale, ninfa dell’isola di Creta, secondo una versione del mito raccontata da Apollonio Rodio, avendo stretto nelle proprie mani la terra di Oasso, nella grotta di Ditte, aveva creato i dattili, Tizia e Cileno. Secondo altre tradizioni i dattili erano stati creati da Rea, in numero di dieci come il numero delle dita da cui prendono nome.

Anchialo

Nella mitologia greca, Anchialo era il nome di un guerriero acheo che accompagnò gli eserciti di Agamennone e Menelao nella guerra di Troia, citato al libro V dell'Iliade. Perse la vita negli scontri nel corso del decimo anno di guerra.

Guerriero valoroso ed esperto, Anchialo tentò col compagno Meneste un coraggioso assalto ad Ettore: saliti su un solo cocchio, affrontarono l'eroe, protetto da Ares, cadendo entrambi trafitti dalla sua lancia. Furono gli unici eroi a disobbedire all'eroe Diomede, il quale, sconfortato dalla presenza di Ares tra i Troiani, aveva appena imposto ai suoi uomini di non avanzare di fronte alla pressione del nemico.

La loro morte suscitò lo sdegno di Aiace Telamonio, il quale, postosi in difesa dei loro cadaveri, trafisse a sua volta il troiano Anfio finché, travolto dala furia degli avversari, fu costretto a retrocedere. Non si sa quale fu la sorte dei corpi di Meneste ed Anchialo.

Anchinoe

Nella mitologia greca, Anchinoe era il nome delle figlie del dio fluviale Nilo.

Anchinoe si innamorò di Belo, fratello gemello di Agenore che a sua volta era il figlio di Libia e il dio dei mari Posidone, dalla loro unione nacquero i gemelli Egitto, il conquistatore delle terre che dopo chiamò con il suo nome e Danao, colui che ebbe le cinquanta figlie conosciute come le manaidi, mentre l’altro gemello ebbe cinquanta figli, ma anche Cefeo, la persona che contrastò le nozze di Perseo, il famoso figlio di Zeus che uccise la gorgone Medusa con Andromeda, la ragazza incatenata che era offerta in sacrificio.

Anchise

Anchise è una figura della mitologia greca.
Il nome significa "curvo", "storto", e si collega alla sua storia, nella quale Zeus lo rende zoppo.

Eroe di Troia, figlio di Capi e di Temisto, era cugino di Priamo in quanto ambedue discendenti da Dardano.

Da un amore con Afrodite nacquero Enea e Lirno (o Liro). Afrodite si innamorò di Anchise mentre egli si recava a pascere le sue mandrie nei pressi di Troia. La dea per convincerlo a corrispondere il suo amore aveva assunto le vesti di una principessa frigia. Quando lei stava per procreare l'eroe troiano gli rivelò la vera identità e gli preannunziò che il nuovo arrivato avrebbe avuto fama eterna. Dopo la caduta di Troia il figlio se lo portò a spalla mentre la città era in fiamme. Anchise infatti, punito per aver amato una divinità, secondo alcune fonti leggendarie era diventato cieco, oppure paralitico, secondo altre.

Più tardi, dopo la spiacevole storia con Afrodite, il giovane decise di sposarsi con una certa Eriopide, dalla quale ebbe numerose figlie, la maggiore delle quali si chiamava Ippodamia. Ma Anchise non disdegnò nemmeno la compagnia di alcune schiave, dalle quali ebbe altri figli, tra cui Elimo ed Echepolo.

Durante il viaggio verso l'Italia, morì a Trapani dove il figlio gli diede onorata sepoltura sul monte Erice dove c'era un tempio consacrato ad Afrodite. Oggi, sulla spiaggia dove egli morì si può vedere la stele che ricorda lo storico evento. La stele, detta appunto stele di Anchise, si trova presso la contrada Pizzolungo facente parte del Comune di Erice. Enea sceso nell'aldilà incontra il padre che gli dà le profezie sulla grandezza di Roma.

L'amore di Afrodite per Anchise è narrato nell'Inno omerico ad Afrodite. Secondo la leggenda, Anchise, ubriaco, osò vantarsi del suo amore con la dea durante una festa: Zeus, per punirlo, lo colpì con un fulmine e lo rese zoppo.

Ancio

Nella mitologia greca, Ancio era il nome di uno dei Centauri.

I centauri erano creature mitiche, con forma per metà umana (la parte superiore del corpo) e per metà cavallo (la parte inferiore).

Ancio, uno di questi, uno dei più fieri e coraggiosi della sua razza, mentre stava in compagnia presso la grotta di Folo sentì un odore irresistibile. Si trattava dell’inebriante odore di un ottimo vino, e il centauro decise e convinse i suoi compagni nel lottare per averlo.

Appena diretto nella grotta si ritrovò Eracle, figlio di Zeus famoso per le sue dodici fatiche, ospite di un altro centauro, un certo Folo figlio di Sileno, a difendere il proprio vino. La lotta fu inevitabile ma Ancio, anche se con il suo gruppo erano armati di ogni arma disponibile, venne respinto dall’eroe greco.

Ancuro

Nella mitologia greca, Ancuro era il nome di uno dei figli di Mida.

Un giorno vicino alla città capitale del regno di Ancuro, si era aperto un piccolo baratro. Tale voragine lentamente si ampliava minacciando di travolgere e inghiottire la città intera.

Ancuro volendo evitare il disastro che si stava preannunciando si rivolse all’oracolo.

Il responso dell’oracolo

L’oracolo rispose che per richiudere tale orifizio bastava che il re ci gettasse quello che aveva di più prezioso. Allora Ancuro iniziò a gettargli dentro monete, oro e gioielli ma nulla, la voragine anzi si ingrandiva. Il re gettò tutto quello di prezioso che aveva, ma l’abisso si parava innanzi a lui sempre minaccioso. Alla fine il sovrano perse pazienza e speranza e si gettò nel vuoto, in quell’ enorme vuoto nero. Subito dopo la voragine si rinchiuse su di lui.

Andremone

Nella mitologia greca, Andremone era il nome di diverse figure su cui si raccontano i miti.

Sotto tale nome si ricorda:

* Andremone, sposo di Gorge (o Gorga), la figlia di Oineo regnante in una delle regioni dell’Etolia, suo figlio Toade (o Toante) partecipò alla guerra di Troia partendo con 15 navi
* Andremone, figlio di Ossilo, che ebbe in sposa Driope che ebbe dal divino Apollo Anfisso
* Andremone figlio di Codro che, secondo Pausania, avrebbe guidato i Cari alla vittoria contro gli Ioni con la conquista della città di Lebedo.

Androclea

Nella mitologia greca, Androclea era il nome di una delle figlie di Antipeno, l’altra era Alcide .

Quando Eracle si schierò dalla parte dei tebani per la loro dipendenza dopo averli armati e preparati consultò l’oracolo per essere sicuro della vittoria, questi gli profetizzo vittoria certa se la persona, con i più alti fasti di nascita del luogo, avesse sacrificato la propria vita.

A quel tempo non vi erano dubbi, la persona prescelta era Antipeno, discendente diretto di Sparta. Questi era un codardo ed indugiava con scuse sul suo destino di agnello sacrificale.

In vice sua Androclea con sua sorella decisero di levarsi la vita per la salvezza del regno.

Dopo la morte

In seguito alla morte di Androclea lei insieme a sua sorella furono elette a gran voce dal popolo eroine nel tempio di Artemide.

Interpretazione e realtà storica

L'oracolo di Tebe era solito chiedere in sacrificio esseri umani per le sue profezie, sempre di stirpe nobile, in tal caso Androclea si sarebbe gettata dalla roccia insieme alla sorella, stessa sorte toccò alle figlie di Eretteo.

Edited by demon quaid - 17/12/2013, 11:49
 
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