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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 25/9/2010, 17:22 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Licone (mitologia)

Nella mitologia greca, Licone era un guerriero troiano che prese parte alla guerra di Troia, il conflitto scoppiato in seguito al rapimento di Elena, regina di Sparta, da parte dell'amante Paride, figlio di Priamo. Menelao, marito della fanciulla, infatti, avvertito della faccenda da Iri, messaggera degli dei, si decise a dichiarare guerra alla patria di Paride, che attaccò dopo aver radunato un considerevole esercito. Le vicende più salienti di questa guerra vennero raccontate da Omero e raccolte nell' Iliade.

Le origini

Licone viene presentato nell'Iliade come un combattente troiano, entrato in guerra per aiutare il suo esercito contro gli invasori Achei. Stranamente, però, Omero non fornisce altre indicazioni su tale personaggio, dimenticando persino di menzionare il nome di suo padre, o semplicemente del suo ruolo in guerra.

La morte in guerra


È lo scontro con Peneleo, il valoroso capitano beota, che si rivela fatale per l'eroe. Trovatisi nel bel mezzo del campo di battaglia, i due avversari si scagliarono l'uno contro l'altro le loro aste, nel tentativo di uccidersi a vicenda. Questo tentativo si rivelò fallimentare per entrambi, cosicché i duellanti misero mano alla spada e si lanciarono nuovamente uno contro l'altro, tutti e due intenzionati ad uccidere il nemico. Licone fu il primo ad attaccare, riuscendo a colpire l'elmo chiomato del nemico, ma non riuscendo a trapassarlo. Peneleo al contrariò conficcò facilmente la lama della sua spada nella gola del nemico, proprio sotto l'orecchio. Il capo di Licone ciondolò da una parte, tagliato quasi a metà, mentre la sua anima scese nell'Ade.

Licoreo

Figlio di Apollo e della ninfa Coricia. Fondatore della città che prese il suo nome Licorea, situata sulla sommità del Parnaso. Nei suoi pressi approdò l'arca di Deucalione dopo il diluvio. Licoreo ebbe un figlio, Iamo, la cui figlia, Celeno, gemerò ad Apollo Delfo. È per questo che gli abitanti di Delfi erano detti Licorei.

Licurgo 1

Figura mitica di sovrano; secondo alcuni era figlio di Driante, secondo altri invece di Ares. Omero lo colloca in Nisa, e narra che egli scacciò dalle sue terre a colpi di pungolo le Baccanti nutrici di Dioniso insieme ai Satiri del suo seguito, e che lo stesso dio per salvarsi si tuffò nelle onde del mare e si rifugiò nella grotta di Teti, figlia di Nereo. Gli dèi irati vollero che Zeus lo punisse; Zeus lo accecò e gli abbreviò la vita di alcuni anni. La leggenda posteriore collocava Licurgo in Tracia, dove era detto signore degli Edoni, popolazione affine a quella dei Bistoni. Intorno alla sua figura furono elaborate dagli antichi parecchie altre tradizioni. Si disse che Licurgo aveva così agito perché istigato da Era che odiava Dioniso. Presso i tragici Licurgo avrebbe insultato Dioniso insieme con le Menadi, e lo avrebbe messo perfino in ceppi; ma Dioniso si vendicò mettendo Licurgo negli stessi ceppi che egli aveva sofferto e sprofondandolo poi nell'Ade. Secondo altri Ambrosia una delle Menadi, minacciata da Licurgo invocò la Terra dalla quale fu mutata in un ceppo di vite che avvolse Licurgo tra le spire dei suoi tralci, esponendolo così legato alla vendetta delle altre Menadi. Era dovette liberarlo brandendo sopra le Menadi il gladio di Ares.
In leggende più tarde, reso pazzo da Dioniso, Licurgo uccise il proprio figlio Driante scambiandolo per un tralcio di vite da potare. Poiché per l'orrore di tale delitto l'intera Tracia rimase sterile e l'oracolo tracio promise che il malanno sarebbe cessato solo se Licurgo fosse ucciso, il disgraziato, riacquistata la ragione, venne portato dagli Edoni sul monte Pangeo e colà, per volontà di Dioniso, fatto a pezzi da cavalli selvaggi. Secondo un'altra variante Dioniso l'avrebbe fatto sbranare dalle proprie pantere sul monte Rodope. Secondo la leggenda riportata da Igino, Licurgo aveva bandito Dioniso dal suo regno, contestando la sua divinità. Poi, bevve del vino e si ubriacò. In stato di ebrezza tentò di violentare sua madre, ma finita la sbronza e resosi conto di quello che stava per combinare ordinò al popolo di tagliare le viti, perché il vino era una cattiva bevanda in quanto alterava la mente. Egli stesso tentò di tagliare le viti, ma Dioniso gli aveva infuso la follia e colpì con la scure sua moglie col figlio.

Licurgo 2

Re di Nemea, figlio di Fere o di Pronace, aveva avuto da Anfitea, o Euridice, un bambino, chiamato Ofelte. Quando i Sette, nel corso della loro marcia contro Tebe attraversarono Nemea, chiesero a Licurgo di abbeverare le truppe nelle sue terre e il re acconsentì, la schiava Ipsipile li guidò alla sorgente più vicina. Ipsipile era una principessa di Lemno, e allorché le donne di Lemno giurarono di uccidere tutti i loro uomini per vendicarsi di un oltraggio, essa salvò la vita al suo padre Toante. Fu perciò venduta come schiava e ora, in Nemea, era bambinaia del figlio di Licurgo, Ofelte. Un oracolo aveva ordinato di non posare a terra il bambino prima che potesse camminare, ma Ipsipile lo posò a terra per un momento mentre guidava l'armata argiva alla sorgente e subito un serpente si avvinghiò alle membra di Ofelte e lo uccise con un morso. Adrasto e i suoi uomini ritornarono dalla sorgente troppo tardi e non poterono fare altro che uccidere il serpente e seppellire il bambino. Essi istituirono i Giochi Nemei in onore del fanciullo, chiamandolo Archemoro, l'"Inizio del Destino".
Licurgo ed Euridice avrebbero voluto punire Ipsipile con la morte, ma fu salvata dall'intervento dei Sette, soprattutto di Tideo, di Anfiarao e dei giovani Euneo e Toante. Anfiarao provocò il reciproco riconoscimento tra madre e figli grazie a un ramoscello di vite dorato, che portavano i due giovani e che era un dono fatto un tempo da Dioniso al loro nonno Toante. Inoltre, Anfiarao calmò Euridice e ottenne da lei il permesso, per Ipsipile e i suoi figli, di ritornare a Lemno.

Licurgo 3

Figlio d'Aleo, re di Tegea, e di Neera; fratello di Auge (che generò ad Eracle un figlio, Telefo), Cefeo e Afidamante. Quando i fratelli Cefeo e Afidamante partirono per la conquista del Vello d'Oro con la nave Argo, Licurgo restò in Arcadia e regnò al posto del loro padre. Licurgo uccise il re Areito in uno stretto passaggio dove la sua grande mazza di ferro non poteva servire a proteggerlo. Più tardi consegnò le armi di Areito al servo Ereutalione. Poiché il figlio di Licurgo, Anceo, era stato ucciso dal cinghiale Calidonio, al trono gli succedette il nipote Echemo, figlio di Cefeo.
Secondo alcuni Licurgo era padre di Iaso, padre di Atalanta.

Lido

Lido è stato il terzo re della Meonia e l'ultimo re della dinastia Atiade. Dopo il suo regno, la Meonia fu conosciuta con il nome di Lidia.

Chiamato anche Brotea, era figlio di Atis e Dione, nonché fratello di Tirreno, Miso e Care, i capostipiti dei popoli di Etruria, Misia e Caria.

Secondo quanto riporta Erodoto, la Meonia venne chiamata Lidia dopo il regno di Lido.

Linceo 1

Uno dei cinquanta figli di Egitto, sposò Ipermestra, la maggiore delle cinquanta figlie di Danao. Nella strage che le Danaidi compirono dei loro mariti, Linceo fu l'unico a scampare, salvato dalla moglie. Per consiglio di Artemide, Ipermestra salvò la vita di Linceo che aveva rispettato la sua verginità, e lo aiutò a fuggire nella città di Linceia. Ipermestra pregò Linceo di accendere una fiaccola per avvertirla che era giunto in salvo, e gli Argivi ancora oggi accendono dei falò in ricordo dell'episodio. All'alba, Danao seppe che Ipermestra aveva disubbidito ai suoi ordini e la portò in tribunale affinché fosse condannata a morte; ma i giudici la assolsero.
Linceo e Ipermestra poterono riunirsi come marito e moglie. Secondo una versione del mito, Linceo avrebbe poi ucciso Danao e le cognate, vendicando i fratelli, e si sarebbe impadronito del regno di Argo; secondo un'altra si sarebbe invece riconciliato con Danao, ricevendone il regno alla sua morte. Linceo ebbe da Ipermestra un figlio, Abante, padre di Acrisio e di Preto.

Linceo 2

Figlio di Afareo, re di Messenia, e fratello di Ida. Partecipò alla caccia di Calidone e alla spedizione degli Argonauti, dove fu utilizzato per la sua vista penetrante.
Linceo fu insieme col fratello Ida in lotta contro i Dioscuri (Castore e Polideuce), sia per il rapimento delle Leucippidi, sia per il possesso di buoi, che i Dioscuri volevano sottrarre agli Afaretidi. Ora, le figlie di Leucippo, le Leucippidi, e cioè Febe, una sacerdotessa di Atena, e Ilaria, una sacerdotessa di Artemide, furono promesse in ispose ai loro cugini Ida e Linceo; ma Castore e Polideuce le rapirono ed ebbero da esse dei figli: il che diede origine a un'aspra rivalità tra le due coppie di gemelli. L'altro episodio della lotta si ricollega alla razzia del bestiame in Arcadia. Un giorno, dopo la morte di Afareo, gli Afaretidi si rappacificarono temporaneamente con i Dioscuri e tutti e quattro unirono le loro forze per razziare del bestiame in Arcadia. L'impresa fu coronata da successo e a Ida toccò il compito di dividere in bottino. Egli distribuì a ciascuno un quarto di bue e stabilì che il primo che avesse divorato la sua parte avrebbe scelto le bestie migliori, e così via, in ordine decrescente di rapidità. Ida fu il primo a divorare la sua parte di bue e mangiò, ininterrottamente, quella del fratello e insieme spinsero il bestiame verso Messene; poi si recarono sul monte Taigeto per sacrificare a Poseidone. I Dioscuri, scontenti, attaccarono la Messenia, paese dei loro cugini, si impadronirono del bestiame conteso e di altri capi per sovrammercato, e si appiattarono nel cavo d'una vecchia quercia per attendere il ritorno dei loro rivali. Linceo li aveva scorti dalla vetta del Taigeto e Ida, precipitatosi giù dalla montagna, scagliò la sua lancia contro l'albero e trafisse Castore. Polideuce uscì fuori dalla quercia per vendicare il fratello, e riuscì a uccidere Linceo con la sua lancia; ma Ida strappò dal sepolcro di Afareo la pietra tombale, gliela scagliò addosso e lo abbattè a terra privo di sensi. A questo punto Zeus intervenne in favore di suo figlio e colpì Ida con una folgore.
Igino invece racconta che Castore uccise Linceo e che Ida, stravolto dal dolore, interruppe la lotta per seppellirlo. Castore allora si avvicinò con fare insolente e distrusse il monumento eretto da Ida, dicendo che Linceo non ne era degno perché si era battuto come una donna. Ida si volse e affondò la spada nel ventre di Castore; ma Polideuce vendicò immediatamente il suo gemello.

Linco

E' un Re scita che ospitò Trittolemo, mandato da Demetra per far conoscere dappertutto la coltivazione del grano. Durante la notte, Linco fu preso dall'invidia e, per attribuirsi il titolo di benefattore, pensò di aggredire Trittolemo con un'arma nel sonno; e stava già per trapassargli il petto, quando Demetra trasformò il re in lince e salvò Trittolemo.

Lino 1

Figlio di Apollo e di Psamate, figlia del re d'Argo Crotopo. La ragazza violata dal dio, per paura dell'ira paterna, quando partorì espose il neonato su una montagma. Il bimbo fu trovato e allevato dai pastori, ma in seguito fu sbranato vivo dai cani del gregge di Crotopo. Dal dolore di Psamate, Crotopo capì che il bambino era figlio di lei e la condannò a morte. Allora Apollo addolorato per la perdita sia del figlio che dell'amante mandò su Argo un mostro, Pene, a rapire i neonati argivi ai loro genitori; finché un giovane del paese, chiamato Corebo, si incaricò di eliminarlo.
Una pestilenza si abbattè allora sulla città, e poiché il contagio pareva non volesse diminuire, gli Argivi consultarono l'oracolo delfico che li consigliò di propiziarsi Lino e Psamate. Essi offrirono dunque sacrifici alle loro ombre, ma la pestilenza continuava a fare strage in città, e allora Corebo si recò a Delfi e confessò di aver ucciso Pene. La Pizia non gli permise di ritornare ad Argo e disse di prendere nel tempio il tripode sacro e di costruire un tempio ad Apollo là dove il tripode gli fosse caduto di mano. Il che accadde sul monte Gerania, dove Corebo fondò dapprima il tempio e poi la città di Tripodisco in cui si stabilì. La sua tomba ancora si mostra sulla piazza del mercato a Megara.

Lino 2

Un'altra leggenda nominava un secondo Lino, figlio d'Anfimaro e di una musa (in genere Urania, talvolta Calliope o Tersicore), celebre musico e cantore, a cui venne attribuita l'invenzione della melodia e del ritmo, ritenuto da alcuni studiosi personificazione di un antichissimo canto patetico, detto Lino, che cantava la precoce fine della primavera. Secondo la leggenda tebana, sarebbe figlio di Apollo e della musa Urania o Tersicore e sarebbe stato ucciso dal padre in un impeto d'ira per aver osato cimentarsi con lui.
Aveva composto canti in onore di Dioniso e di altri antichi eroi, e li scrisse in lettere pelasgiche. Scrisse anche un'epopea della Creazione. Lino, insomma, fu uomo di grande saggezza e maestro di Tamiri e di Orfeo. Sul monte Elicona, chi visiti il bosco sacro alle Muse, vedrà un ritratto di Lino inciso sulla parete di una piccola grotta, dove annuali sacrifici a lui offerti precedono i sacrifici alle Muse. Si dice che egli sia sepolto a Tebe e che Filippo, padre di Alessandro Magno, dopo aver sconfitti i Greci a Cheronea, trasportò le sue ossa in Macedonia, obbedendo al suggerimento di un sogno. Ma poi sognò di nuovo e rimandò le ossa di Lino a Tebe.

Lino 3

Si riteneva figlio del dio del fiume Ismeno, insegnò a Eracle i rudimenti delle lettere e della musica. Eracle seguiva le lezioni insieme ad Ificle; ma, mentre questi si mostrava un allievo docile e diligente, Eracle era assai indisciplinato, dimodoché Lino doveva richiamarlo all'ordine e. un giorno, tentò di punirlo. Eracle non volle subire e, in un impeto di collera, afferrò uno sgabello (altri dicono una lira) e con questo colpì tanto forte il suo maestro che lo uccise. Processato per assassinio, Eracle citò la legge di Radamanto che giustificava l'uso della violenza contro un aggressore, e si assicurò così l'assoluzione.

Lirno

Lirno è una figura della mitologia greca, nato, secondo Apollodoro, da Afrodite e da Anchise, il giovane troiano amato dalla dea. È dunque, almeno in questa versione, fratello di Enea.

Fu allevato contemporaneamente al fratello dalla sorellastra Ippodamia, figlia di Anchise. Nulla si sa sul suo conto durante o dopo la guerra di Troia. Una tradizione racconta che morì ancora bambino, per cause ignote; una versione contrastante tuttavia vuole Lirno l'eponimo e il fondatore della città di Lirnesso.

Lisimaca


Lisimaca, nella mitologia greca, era la figlia di Abante e la moglie di Talao, da cui ebbe Adrasto e Idmone.

Lisippe

Nella mitologia greca, Lisippe era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Lisippe, una delle figlie di Preto il re di Argo ed in seguito fu sovrano di Tirinto e e di Stenebea, le sue due sorelle si chiamavano Ifinoe ed Ifianassa. Insieme venivano chiamate le Pretidi. Guarita insieme alle sorelle dalla pazzia da Melampo Ebbe da Biante un figlio, Anassibia;
* Lisippe, una delle figlie di Tespio, ebbe un figlio con Eracle di nome Erasippo.

Lissa (mitologia)

Lissa è il demone della Follia che si impossessa di Eracle e lo rende pazzo, facendogli uccidere moglie e figli. Rappresenta un personaggio abbastanza spietato e colmo di ottime sfaccettature, prime tra tutte la crudeltà che, comunque, pur rappresentando la pura pazzia di Eracle è connotato di un minimo di ragione, come si addice a tutti i demoni: non condivide la scelta di Era e si ribella alla loro decisione, ma essendo costretta ad agire, lo fa, nel modo più terribile, spietato e crudele.

Lisso (mitologia)

Lisso è un personaggio della mitologia greca, uno dei dodici figli di Egitto e della ninfa Caliadne. Sposò Cleodora (o Cleodore), una delle dodici figlie di Danao e della ninfa Polisso, dalla quale venne assassinato la prima notte di nozze.

Litierse

Litierse, figlio di Mida e principe di Frigia, è un personaggio della mitologia greca, noto per la sua esperienza e superiorità nella mietitura.

Secondo la leggenda egli sfidava chiunque transitasse per la Frigia a batterlo nella sua abilità; se avessero perso sarebbero stati uccisi dal principe; venne sconfitto da una sola persona, che lo uccise: Eracle.

Locro


Locro è una figura della mitologia greca, ed è figlio di Zeus e di Mera, ella stessa figlia del re di Argo, Preto, e di Antea.

Mera, che era una delle compagne vergini di Artemide, era stata amata da Zeus ed era rimasta incinta di Locro. Quando il bambino venne alla luce, Artemide si vendicò, trafiggendo irritata la fanciulla con una freccia.

Dopo la morte della madre, Locro si stabilì in Beozia, dove, insieme ai gemelli Anfione e Zeto, anch'essi figli di Zeus e quindi suoi fratellastri, innalzò le mura della città di Tebe.

Lotofagi

I Lotofagi (in greco antico Λωτοφάγοι lotophágoi, da λωτός lotós "loto, frutto del Nordafrica" e φαγεῖν phageîn "mangiare") sono un popolo mitico presente nell'Odissea. Il loro paese dovrebbe andar ricercato sulle coste della Cirenaica. Una tradizione — oggigiorno sostenuta e amplificata dall'industria del turismo — individua in Djerba, nel sud tunisino, l'"isola dei Lotofagi". Diverse carte nautiche antiche riportano l'isola col nome di Lotophagitis.

Nel IX libro dell'Odissea, si narra come Ulisse approdasse presso questo popolo dopo nove giorni di tempesta, che colse lui e i suoi uomini presso Capo Malea, spingendoli oltre l'isola di Citera. I Lotofagi accolsero bene i compagni di Ulisse e offrirono loro il dolce frutto del loto, unico loro alimento che però aveva la caratteristica di far perdere la memoria (l'oblio), per cui Ulisse dovette imbarcarli a forza e prendere subito il largo per evitare che tutto l'equipaggio, cibandosi di loto, dimenticasse la patria e volesse fermarsi in quella terra (nell'Odissea non si dice se fosse su un'isola o sulla terraferma). Molte e svariate sono state le proposte di identificazione di questa pianta, peraltro in gran parte simbolica. La più comune vuole che si tratti del giuggiolo di Barberia (Zizyphus lotus), dai cui frutti si può ottenere una bevanda alcolica dagli effetti inebrianti.

Lupercali

Festa dell'antico calendario romano in onore di Fauno Luperco: cadeva il 15 febbraio. Tre ne erano i momenti principali: 1° sacrificio di una capra e di un cane, innanzi alla grotta lupercale che si apriva nel lato sud-ovest del Palatino verso il Velabro; 2° un rito, che sembra di iniziazione, di due giovani sodali luperci, appartenenti ai due collegi dei Quinziali e dei Fabiani, alla propria confraternita: il rito consisteva nel macchiarli in fronte con il sangue del coltello servito alla mattazione delle vittime e ad astergerli con un fiocco di lana intriso di latte, dopo di che i due giovani dovevano emettere uno scoppio di risa rituale; 3° corsa dei luperci nudi e armati di strisce (februa) ritagliate nella pelle del capro sacrificato, durante la quale percuotevano le donne che si offrivano al colpo per ottenere fecondità. A questa corsa circumambulatoria del Palatino, forse in origine rito sacromagico per salvaguardare il gregge dai lupi (Luperci, da lupum arceo), si aggiunse poi il culto di Fauno, dio pastorale venerato con il titolo di Luperco divenendo, attraverso il sodalizio dei Luperci, una festa pubblica purificatoria di tutta la città. La corsa durò fino al 494 dopo Cristo.

Edited by demon quaid - 28/12/2014, 16:20
 
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