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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 31/10/2010, 13:50 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Termero

Termero era nella mitologia greca un pirata lelego o, secondo Plutarco, [1] un brigante che compiva scorrerie in Asia minore. Aveva l'abitudine di sfidare i suoi prigionieri in una gara di testate, da cui l'antico modo di dire greco una perfidia da Termero; si scontrò con Eracle, che lo uccise con un poderoso colpo di testa. Eracle restituì poi il corpo di Termero ai compagni che fondarono in suo onore la città caria di Termera.

Termine

Dio romano dei confini, proteggeva le pietre e gli altri segni che separavano le proprietà agresti, nonché i limiti dello Stato. La sua introduzione nella religione romana è attribuita al sabino Tito Tazio, come la maggior parte delle divinità agresti. Secondo la leggenda, un tempio dedicato a Termine era stato abolito in occasione dell'erezione del santuario di Giove Capitolino, ma il culto era rimasto come secondario anche nelle nuova costruzione. In suo onore si celebravano, il 22 febbraio, le feste Terminalia, private e pubbliche: queste ultime nel luogo dove la tradizione collocava il più antico confine di Roma, sulla via Laurentina.

Tero

Nella mitologia greca, Tero era il nome della figlie di Filante il figlio di Antioco e di Leipefilene.

Aveva un fratello chiamato Ippote. Particolarità della ragazza era la importante discendenza che aveva grazie alle due famiglie: Ificle da parte della madre, Eracle da parte del padre. In seguito viene sedotta da Apollo e dall'unione nasce un figlio, Cherone, che diventerà un famoso domatore di cavalli.

Tersandro 1

Figlio di Sisifo e di Merope. Egli ebbe due figli, Aliarto e Corono. Questi ebbero dal loro prozio, Atamante, che aveva perduto tutti i suoi figli, il regno di Orcomeno. Ma, più tardi, quando uno dei figli di Frisso, Presbone, ritornò dalla Colchide a reclamare il regno del nonno paterno Atamante, Aliarto e Corono glielo consegnarono e fondarono le due città beote d'Aliarto e Coronea.

Tersandro 2

Tersandro è un personaggio della mitologia greca. Re di Tebe, era il figlio di Polinice e di Argia.

Crebbe in esilio ad Argo. Divenuto adulto radunò i figli dei generali argivi caduti sotto le mura di Tebe (sette contro Tebe) e insieme a questi architettò una vendetta contro l'odiata città. Ebbe così luogo lo scontro conosciuto come guerra degli Epigoni. Convinse Alcmeone, figlio dell'indovino Anfiarao (uno dei sette comandanti argivi), dopo aver scoperto il suo nascondiglio, grazie all'aiuto della madre di quest'ultimo, Erifile. Dopo diversi giorni di assedio, i tebani, guidati dall'ormai centenario Tiresia, si arresero e nominarono Tersandro loro re. Sposò Demonassa, figlia di Anfiarao, da cui ebbe Tisameno. Prese parte alla prima spedizione contro Troia, sfociata nello sfortunato sbarco in Misia dove venne ucciso da Telefo, figlio di Eracle. Secondo altri invece giunse a Troia e fu tra i guerrieri che si nascosero nel cavallo di legno.

Tersicore

Una delle nove Muse, figlia di Zeus e di Mnemosine. Presiedeva alla danza, alla musica e ai cori. Viene rappresentata come una giovane donna vivace, e festevole coronata di ghirlande, tenendo in mano la lira o altri strumenti, al suono dei quali regola i suoi passi secondo le cadenze musicali.

Tersiloco

Nella mitologia greca, Tersiloco è il nome di tre personaggi, tutti legati al contesto della guerra di Troia.

* Tersiloco, un guerriero proveniente dall'antica regione della Peonia, come alleato dei Troiani. Nominato nell'Iliade, venne ucciso da Achille (libro XXI). Nel canto VI dell'Eneide, Enea, disceso vivo nell'Ade con l'aiuto della Sibilla, vede l'anima di Tersiloco, che gli si fa incontro.
* Tersiloco, combattente dalla parte dei Troiani, figlio di Antenore e Teano.
* Tersiloco, guerriero troiano e compagno di Enea nelle sue peregrinazioni. Viene ucciso da Turno nella guerra tra Troiani e Italici.

Tersite

Tersite è un personaggio dell'Iliade di Omero, famoso per la sua bruttezza e la sua codardia, che ha ripreso una figura già esistente nella mitologia greca. Tersite è l'esempio dell'anti-eroe, il contrario del classico eroe bello e forte.

Usurpatore di troni

Dopo la morte di Tideo, durante lo scontro dei Sette contro Tebe, suo padre Oineo dovette reggere il trono di Calidonia senza l’aiuto del figlio. Argia, fratello di Oineo, decise di cospirare contro di lui affiancato dal primogenito Tersite e dagli altri figli. Insieme riuscirono a spodestare Oineo e a dominare sulla Calidonia. Diomede, nipote del re usurpato, tornato dalla guerra degli Epigoni, decise di rivendicare il trono del nonno, affrontando Argia e i suoi figli. Tersite e suo fratello Onchesto, riuscirono a fuggire, mentre gli altri, fra cui lo stesso Argia, morirono nello scontro. Diomede mise dunque sul trono calidone Andremone, perché Oineo era troppo vecchio per continuare a regnare. L’eroe partì infine col nonno verso Argo ma in Arcadia, Tersite e Onchesto tesero un agguato contro i due, uccidendo Oineo.

Il peggiore sotto le mura di Troia


Partì poi per la guerra di Troia. Omero lo descrive come il peggiore fra i guerrieri achei giunti lì: gobbo, zoppo, dalle gambe arcuate, dalla testa ovale. Era un incallito giocatore di dadi, giocava spesso contro Palamede, prima che questi venisse ucciso con inganno da Ulisse. Era un abile oratore, benché non fosse in grado di distribuire bene le parole. Non aveva paura né di Achille né di Agamennone. Quando quest’ultimo volle mettere alla prova i suoi uomini, inventando la storia secondo la quale ormai si erano perse le speranze di conquistare Troia, Tersite fu il primo a incitare i compagni ad andar via, venendo però ferocemente interdetto da Ulisse (Odisseo) che, con un colpo di scettro, lo fece zittire. Di fronte a quelle percosse nemmeno uno come Tersite riuscì più a ribattere.

L’ultima burla di Tersite


Dopo la morte di Ettore, nuovi alleati giunsero a Troia. Fra questi vi era anche la regina delle Amazzoni, Pentesilea, che abile nei combattimenti spedì nell’Oltretomba molti greci. Duellò con Achille e da questi fu uccisa. Quando però il Pelide, spogliandola delle armi, la vide in tutta la sua bellezza, sentì rimorso per aver ucciso una fanciulla così leggiadra. Tersite, osservando la scena cominciò a deridere l’eroe che, in preda al furore, gli saltò addosso e con un pugno lo uccise, lasciandolo sanguinante per terra morente.

La rivalutazione della figura di Tersite

Un critico attento alle esigenze degli umili, come Concetto Marchesi, ha in epoca moderna fornito una lettura diversa della figura di Tersite, come rivendicatore dei diritti della massa dei soldati che vedevano la guerra condotta solo negli interessi degli aristocratici. Sulla sua scia molti pensatori hanno scritto in difesa di Tersite.

La figura di Tersite come antieroe sociale

Tersite è definito antieroe perché è tutto il contrario del modello dei greci,cioè era goffo e brutto, anche se ha una funzione simbolica perché rappresenta l'umanità delle persone e non solo degli eroi. Omero intende dare a Tersite la figura sociale dell'antieroe. Egli ha tutte le caratteristiche per esserlo: non rispetta la gerarchia imposta dalla tradizione, non si attiene al codice d'onore degli eroi e delle persone valorose, non è di bell'aspetto (si ricordi che la bellezza, nella Grecia antica, è sinonimo di virtù interiore, e viceversa), al contrario degli eroi, che nell'Iliade erano "καλοι και αγαθοι", cioè "belli e buoni" in senso letterale e, in senso figurato, "splendidi per fattezze e armonia del corpo".

Teseo

Teseo nella mitologia greca era un leggendario re di Atene, figlio di Etra ed Egeo, o di Poseidone, con cui Etra una notte aveva giaciuto.

Teseo fu un eroe - fondatore, come Perseo, Cadmo o Eracle che si batterono tutti, risultandone vincitori, contro avversari che allegoricamente rappresentavano antiche religioni ed istituzioni sociali[senza fonte]. Come Eracle fu l’eroe dei Dori, Teseo fu l’eroe fondatore degli Ioni e venne considerato dagli Ateniesi come il loro grande riformatore, padre della patria e della democrazia in Occidente.

Il suo nome condivide la radice con la parola "thesmos", il termine greco che sta per istituzione. Fu l’artefice del sinecismo (synoikismos, abitare insieme) - l'unificazione politica dell'Attica rappresentata dai suoi viaggi e dalle sue fatiche – sotto la guida di Atene. Una volta riconosciuto come re unificatore, Teseo fece costruire sull'Acropoli un palazzo simile a quello di Micene. Pausania narra che, in seguito al synoikismos, Teseo istituì il culto di Afrodite Pandemos (Afrodite di tutto il popolo) e di Peito, che si celebrava sul lato meridionale dell’Acropoli. Diverse feste ateniesi erano legate a Teseo: le Panatenee, le Oscoforie, le Tesee, le Ecalèsie, le Metagìtnie, le Sinècie.

Nella sua opera Le rane, Aristofane lo indica come l’inventore di molte delle più note tradizioni ateniesi. Se la teoria che sostiene l’antica presenza di un domino minoico sull’area Egea è corretta, allora la figura di Teseo potrebbe essere stata ispirata dalle vicende relative alla liberazione da questa presenza straniera, piuttosto che da un singolo condottiero realmente esistito.

La leggenda di Teseo [modifica]

Egeo, uno degli antichi re di Atene, scelse come moglie Etra figlia di Pitteo re di Trezene, una piccola cittadina che si trova a sud-ovest di Atene, e lì furono celebrate le nozze. La loro prima notte di nozze, Etra camminò sulle acque del mare e raggiunse l’isola Sferia, dove giacque con Poseidone, il dio del mare e dei terremoti. Il fatto di essere frutto di quest’unione mista, diede a Teseo una combinazione di caratteristiche sia divine che mortali. Secondo un’altra versione leggenda, Teseo è figlio di Egeo e Etra stessa. Il re, ubriacato dal padre di Etra, si unì con la donna sull'isola di Samo, in Asia Minore. Questa versione del mito sembra testimoniare l’origine orientale dell’eroe e dei riti a lui dedicati (le Tesee). Dopo che Etra rimase incinta, Egeo decise di tornare ad Atene ma, prima di partire, seppellì un suo sandalo e la sua spada sotto un’enorme roccia dicendole che, quando loro figlio fosse cresciuto, avrebbe dovuto spostare la roccia con le sue forze e prendersi le armi per dimostrare la sua discendenza reale. Ad Atene Egeo si unì a Medea, che era fuggita da Corinto dopo aver ucciso i figli che aveva avuto da Giasone: ad Atene la sacerdotessa ed il re rappresentavano quindi il potere ed il vecchio ordinamento sociale.

Teseo crebbe così nel paese materno. Una volta cresciuto e diventato un giovane forte e coraggioso, spostò la roccia e recuperò le armi del padre. Etra allora gli disse la verità sull’identità di suo padre, e gli spiegò che avrebbe dovuto riportare le armi a corte e reclamare i suoi diritti di nascita. Per recarsi ad Atene, Teseo poteva scegliere tra due opzioni: via mare (il modo più sicuro) o via terra lungo un pericoloso sentiero che costeggiava il golfo Saronico. Su questa strada si apriva una serie di sei entrate al mondo dei morti, ciascuna delle quali era sorvegliata da un demone ctonio che aveva assunto la forma di un ladro o di un bandito. Teseo, giovane coraggioso ed ambizioso, decise di seguire questa via .

Presso la città di Epidauro, sacra ad Apollo ed Esculapio, Teseo affrontò il bandito Perifete che era solito uccidere i viandanti con una grossa clava ricoperta di bronzo. Teseo riuscì a strappare la clava dalle mani di Perirete e la usò per colpirlo a morte. Decise poi di tenersi la clava, arma che lo caratterizza quando viene ritratto nelle decorazioni su vaso.

All’imboccatura dell’istmo di Corinto viveva un ladrone di nome Sini che legava i piedi delle sue vittime alle cime di due alberi di pino che aveva piegato fino a terra e fissato. Lasciava quindi tornare gli alberi alla loro posizione originale e i poveretti finivano squartati. Teseo lo sconfisse e sottopose lui stesso al suo trattamento prediletto. Quindi ne stuprò la figlia Perigune, generando così Melanippo.

Appena a nord dell’istmo, in un paese chiamato Crommione, uccise un enorme e feroce maiale, la scrofa di Crommione che secondo altre versioni della leggenda si chiamava Fea. Un’altra versione ancora dice che non si trattava di un animale, ma di una brigantessa chiamata scrofa a causa delle sue pessime abitudini.

Vicino a Megara un vecchio brigante di nome Scirone costringeva i viaggiatori a lavargli i piedi su una scogliera. Mentre erano chinati con un calcio li buttava giù dalla scogliera, dove venivano immediatamente divorati da un mostro marino (secondo alcune versioni da una testuggine gigante). Teseo gli rese pan per focaccia gettando lui giù dalla scogliera.

Incontrò poi Cercione, il re di Eleusi, che aveva l’abitudine di sfidare i passanti ad un incontro di lotta con lui e, dopo averli battuti, di ucciderli. Teseo sconfisse Cercione nella lotta e alla fine lo uccise.

L’ultimo bandito che affrontò fu Procuste, che aveva un letto sul quale offriva di riposarsi ai viaggiatori che incrociava sulla piana di Eleusi. Quando si stendevano li legava e provvedeva ad "adattarli" al letto o stirando loro le membra con delle carrucole o mozzando loro i piedi e le gambe. Naturalmente Teseo applicò al furfante la stessa procedura che egli stesso applicava alle sue vittime.

Medea e il Toro di Maratona


Quando arrivò ad Atene, Teseo non rivelò subito la propria identità. Medea però lo riconobbe subito come figlio di Egeo e temette che potesse sostituire suo figlio Medo nella successione al trono: tentò così di provocare la morte di Teseo chiedendogli di catturare il Toro di Maratona, uno dei simboli del dominio cretese.

Lungo la strada che portava a Maratona Teseo si riparò da una tempesta nella capanna di una vecchia di nome Ecale che giurò di fare un sacrificio in onore di Zeus se l’eroe fosse riuscito nella sua impresa. Teseo catturò infine il toro ma, tornato alla capanna di Ecale, la trovò morta. In suo onore allora decise di dare il suo nome ad una delle zone dell’Attica, rendendo i suoi abitanti in un certo senso figli adottivi dell’anziana.

Quando tornò trionfante ad Atene ed ebbe sacrificato il toro agli dei, Medea tentò di avvelenarlo, ma all’ultimo momento Egeo lo riconobbe dai sandali e dalla spada e strappò la coppa di vino avvelenato dalle sue mani. Padre e figlio furono così finalmente riuniti.

Il Minotauro [modifica]

Il re di Creta Minosse aveva vinto la guerra contro Atene. Ordinò allora che ogni nove anni (secondo alcune versioni ogni anno) sette giovani e sette giovinette ateniesi venissero inviati a Creta per essere divorati dal Minotauro. Quando venne il momento di effettuare la terza spedizione sacrificale, Teseo si offrì subito volontario per andare ad uccidere il mostro. Promise al padre Egeo che, in caso di successo, al suo ritorno avrebbe issato sulla nave delle vele bianche. Quando arrivò a Creta Arianna, la figlia di Minosse, si innamorò di lui e lo aiutò a ritrovare la via d’uscita dal labirinto dandogli una matassa di filo che, srotolata, gli avrebbe permesso di seguire a ritroso le proprie tracce,e una spada avvelenata. Trovato il Minotauro, Teseo lo uccise e guidò gli altri ragazzi ateniesi fuori dal labirinto.Teseo portò Arianna via da Creta con sé, ma poi la abbandonò sull’isola di Naxos e la ragazza, quando si accorse di ciò che era successo, lo maledisse e pianse talmente tanto che Dioniso per confortarla le donò una corona d'oro, che venne poi mutata dal dio in una costellazione splendente alla sua morte: è la moderna costellazione della Corona Boreale. Al suo ritorno Teseo e il nocchiero della nave si dimenticarono di cambiare le vele nere con quelle bianche come promesso al padre Egeo; egli allora, credendo il figlio morto, si uccise lanciandosi nel mare, che da allora porta il suo nome. Morto il padre, Teseo viene proclamato re di Atene. Il suo primo atto fu di realizzare il "sinecismo", cioè di riunire in una sola città gli abitanti fino ad allora disseminati nella campagna. Atene divenne la capitale dello stato così costituito. Teseo instaurò, nelle linee principali, un governo democratico, al cui modello si richiamerà l'Atene classica.

Piritoo


Il migliore amico di Teseo era Piritoo, principe dei Lapiti. Piritoo aveva sentito raccontare del suo coraggio e del suo valore in combattimento, ma volle verificarlo di persona, così rubò le mandrie di bestiame dell’eroe, portandole via da Maratona: Teseo si mise allora a cercarle. Piritoo lo affrontò armi alla mano pronto a combattere, ma i due rimasero così ben impressionati l’uno dell’altro che anziché combattere si giurarono eterna amicizia e, insieme, parteciparono alla caccia al Cinghiale calidonio.

Nel primo libro dell’Iliade Nestore cita Teseo e Piritoo tra gli eroi più illustri della generazione di eroi che aveva conosciuto in gioventù "gli uomini più forti che la terra abbia mai nutrito, gli uomini più forti che andarono contro i più forti dei nemici, una tribù di selvaggi abitatori delle montagne che essi distrussero completamente". Di questa tradizione leggendaria orale citata da Omero, nell’epica letteraria non è sopravvissuto nulla.

Fedra ed Ippolito


Fedra, la prima moglie di Teseo gli diede due figli, Demofoonte ed Acamante. Mentre questi erano ancora bambini, Fedra si innamorò di Ippolito, il figlio che Teseo aveva avuto in precedenza da Ippolita. Secondo alcune versioni della leggenda, Ippolito aveva preferito diventare devoto ad Artemide piuttosto che ad Afrodite, così la dea della bellezza aveva deciso di punirlo suscitando l’amore di Fedra verso di lui. Ippolito però respinse la donna per mantenere il voto di castità fatto ad Artemide. Secondo la versione della leggenda fornita da Euripide è la nutrice di Fedra a rivelargli la passione per lui della sua padrona, e Ippolito le giura che non dirà a nessuno che è stata lei a farglielo sapere. Fedra allora, decide di impiccarsi, ma prima manda un messaggio a Teseo sostenendo di averlo fatto perché Ippolito l’ha stuprata. Teseo le crede e rivolge contro il figlio una maledizione che Poseidone - il suo vero padre – aveva promesso di realizzare contro tutti i suoi nemici. A causa della sua maledizione un mostro marino terrorizza i cavalli che trainano il carro di Ippolito e questi, imbizzarriti, travolgono il giovane uccidendolo. Artemide rivela a Teseo la verità e promette di vendicare il suo leale e devoto Ippolito comportandosi allo stesso modo nei confronti di un fedele di Afrodite. Secondo un’altra versione della leggenda Fedra dice a Teseo che Ippolito l’ha stuprata e l’eroe uccide il figlio con le sue mani: la donna poi si toglie la vita vinta dal rimorso.

Grazie a questa leggenda si sviluppò anche un culto di Ippolito, associato a quello di Afrodite: le ragazze in procinto di sposarsi gli offrivano ciocche dei loro capelli. I seguaci del culto credevano che Asclepio avesse fatto risorgere Ippolito, che era andato a vivere in una foresta sacra nei pressi di Ariccia nel Lazio.

La morte di Teseo ed altre leggende


Secondo alcune fonti, Teseo partecipò alla spedizione degli Argonauti, anche se Apollonio Rodio nelle Argonautiche sostiene invece che all’epoca della spedizione Teseo si trovava ancora nel mondo dei morti. Insieme a Fedra, Teseo generò Acamante, che fu uno dei guerrieri greci che durante la guerra di Troia si nascosero all’interno del cavallo di legno.

Si dice che Teseo morì ucciso dal re di Sciro Licomede che, accordatosi con Menesteo che aveva usurpato il trono di Atene durante l’assenza dell’eroe, lo gettò con un tranello da una scogliera della sua isola.

Viene poi liberato dagli Inferi da Ercole.

Tespio

Nella mitologia greca, Tespio chiamato anche Testio era il nome del Re di Tespi, fra i suoi avi vi era Eretteo

Il suo mito è legato a quello di Eracle. Fra le imprese del semidio vi era quella del leone di Citerone, all'epoca ogni sera fu ospite di Tespio e ogni sera giaceva con una delle sue figlie, almeno così pensava Eracle, infatti avendo 50 figlie fece in modo che per 50 notti giacesse con tutte loro, una per sera, tutte rimasero incinte e tutte partorirono, a loro furono dati il nome di Tespiadi.

Diversi pareri riferisce Pausania in merito, in una versione afferma che in una notte sola il figlio di Zeus giacque con tutte le donne e la più giovane e la più anziana partorirono due gemelli, mentre in un'altra versione sempre da lui raccontata riferisce che una rifiutò l'amore di Eracle e lui gli ordinò di rimanere vergine per tutta la vita.

In seguito un araldo del semidio consegnò a Tespio un messaggio che riguardava i suoi figli dove gli si chiedeva di inviarne la maggior parte a colonizzare la Sardegna, e tale messaggio secondo alcuni era un invito degli dei stessi.

Teti 1

Una Titanessa, figlia di Urano e Gea, fu sposa di Oceano e madre delle ninfe Oceanine e degli dèi fluviali. Quando Zeus cominciò la sua guerra contro i Titani, Oceano e Teti si schierarono al suo fianco e si presero cura di Era per tutti gli anni della guerra. Più tardi, quando Teti litigò con Oceano, la figliastra Era cercò di riconciliarli. Teti era molto affezionata a Era e per amor suo escluse la costellazione di Callisto, l'Orsa Maggiore, dalla corrente dell'oceano così che fosse costretta a girare eternamente intorno alla stella polare per punirla d'aver voluto giacere con Zeus.
La dimora di Teti è posta generalmente nell'estremo Occidente, al di là del paese delle Esperidi, nella regione in cui, ogni sera, il Sole termina il tragitto.

Teti 2

Una delle Nereidi, detta anche Tetide, era perciò figlia di Nereo, il Vecchio del Mare, e di Doride. Fu allevata da Era, come quest'ultima era stata allevata dalla titanide Teti. Promessa sposa di Zeus, dovette rinunciare a tali ambitissime nozze quando un oracolo di Temi predisse che suo figlio sarebbe stato più grande del padre. Altre tradizioni attribuiscono questo oracolo a Prometeo, il quale avrebbe precisato che il figlio destinato a nascere dagli amori di Zeus e Teti sarebbe diventato un giorno padrone del Cielo. Fu perciò data in matrimonio a Peleo, re di Ftia, l'unico mortale che seppe superarla in una lunga ed estenuante lotta in cui essa cercava di sfuggirgli, mutandosi di volta in volta in animale feroce o in acqua, fuoco o altri elementi. Tutti gli dèi presero parte alle nozze di Peleo e Teti e portarono splendidi doni. Ma la dea Eris (la Discordia), che non era stata invitata, decise di far nascere una baruffa tra gli dèi e, mentre Era, Afrodite e Atena conversavano amorevolmente, lasciò cadere una mela d'oro ai loro piedi con scritta "Alla più bella". Quella mela fu la causa prima della guerra di Troia.
Per qualche tempo Teti visse insieme a Peleo come moglie devota e, secondo alcune versioni del mito, gli diede sette figli. Sei non riuscirono a sopravvivere alle prove del fuoco e dell'acqua bollente a cui li sottoponeva la madre per sapere se avevano ereditato la sua immortalità. Ma Peleo riuscì a strapparle il settimo quando già essa aveva reso immortale il suo corpo, salvo il tallone, ponendolo sopra il fuoco e poi ungendolo con ambrosia. L'osso del tallone, appena ustionato, non fu sottoposto all'ultima parte del rito magico, perché Peleo le strappò il bambino, che si era bruciato le labbra e il soprosso del piede destro. Teti, adirata, abbandonò Peleo e tornò a vivere nel seno del mare, con le sorelle. Avendo così Peleo salvato il bambino, chiese al centauro Chirone, abile nell'arte della medicina, di sostituire l'osso bruciato con un altro preso dallo scheletro dissotterrato del gigante Damiso. Secondo un'altra versione dell'infanzia di Achille, Teti immerse il bambino nel fiume Stige per renderlo invulnerabile, ma si dimenticò di immergere anche il tallone per cui l'aveva tenuto sospeso sull'acqua.
Teti era considerata dea benefica e ospitale: insieme alla sorella Eurinome, aveva raccolto e nascosto Efesto fatto precipitare da Zeus dall'alto dell'Olimpo per aver voluto intervenire in favore di Era. Efesto visse con le due Nereidi per nove anni nella loro dimora marina. Quando Era insieme a Poseidone e ad Atena cercò di ribellarsi contro Zeus e di legarlo al letto con corde di cuoio, Teti, prevedendo una guerra civile, si recò nel Tartaro a chiamare il gigante centimane Briareo che, sempre leale a Zeus, sciolse tutti i nodi e liberò il suo padrone. Quando il giovane Dioniso, attaccato da re Licurgo sul monte Nisa, si gettò in mare, Teti lo nascose per qualche tempo nella sua grotta marina, e in cambio di questo favore ricevette un vaso d'oro. Per ordine di Era, Teti con le Nereidi guidò gli Argonauti durante la traversata delle infuocate Simplegadi o Rocce Vaganti.
Madre amorosissima, Teti non si disinteressò del figlio. Quando Achille ebbe nove anni e l'indovino Calcante predisse che Troia non sarebbe caduta senza l'aiuto del giovane Achille, Teti tentò in tutti i modi di tenere il figlio lontano dai pericoli della guerra, arrivando persino a travestirlo da donna e a nasconderlo nell'isola di Sciro tra le figlie del re Licomede. Ma Achille non potè sfuggire al proprio destino, e partì per la guerra. Teti cercò allora di proteggerlo con ogni mezzo. L'aveva avvertito a non sbarcare per primo perché sarebbe stato il primo a morire, e che semmai avesse ucciso un figlio di Apollo, sarebbe morto per mano di Apollo. E un servo chiamato Mnemone lo accompagnava al solo scopo di ricordargli ogni giorno la predizione della madre. Ma Achille, allorché vide Tenete che scagliava massi dall'alto di un promontorio contro le navi greche, raggiunse la riva a nuoto e senza rifletterci sopra lo uccise trapassandogli il cuore. Resosi conto, ma troppo tardi, di quanto aveva fatto, Achille condannò a morte Mnemone che non gli aveva rammentato le parole di Teti. Quando Achille si irritò con Agamennone che gli aveva sottratto la sua concubina Briseide, Teti implorò Zeus di far volgere le sorti della guerra in favore dei Troiani così che i comandanti greci fossero costretti a pregare Achille di tornare a combattere. Confortò il figlio per la perdita di Patroclo e gli recò una nuova armatura che comprendeva anche un paio di preziosi schinieri forgiati da Efesto. Quando Achille venne ucciso, Teti e un gruppo di Nereidi piansero amaramente la sua morte, mentre le nove Muse intonavano il lamento che durò diciassette giorni e diciassette notti. Al diciottesimo giorno il corpo di Achille fu bruciato sul rogo e le sue ceneri, mescolate a quelle di Patroclo, vennero riposte in un'urna d'oro fabbricata da Efesto, dono di nozze di Dioniso a Teti; quest'urna fu sepolta sul promontorio Sigeo che domina l'Ellesponto, e i Greci vi innalzarono sopra un tumulo a cono. Secondo alcuni, Teti rese poi Achille immortale e lo portò a vivere nell'isola di Leuca nel Mar Nero, dove più tardi sposò Elena mentre ella continuò a vivere con Peleo a cui pure conferì l'immortalità.
La figura di Teti appare di frequente nell'arte antica, specie nella pittura vascolare. Gli episodi più volentieri illustrati sono quelli della sua lotta con Peleo, e le nozze.

Testio

Testio è un personaggio della mitologia greca, figlio di Ares e Demonice, o, secondo altre versioni, di Agenore.

Testio aveva due figlie: Altea che sposò suo zio Oineo e Leda che, per quanto amata da Zeus, sposò Tindaro. I figli maschi di Testio Plessipo e Tosseo parteciparono alla caccia al cinghiale di Calidone ed entrati in contrasto con Meleagro vennero da questi uccisi.

Tra i figli, Pausania il Periegeta ricorda Protoo.

Testore


Tèstore è un personaggio della mitologia greca, veggente e sacerdote troiano, figlio di Idmone l'argonauta e padre di Calcante, Teonoe e Leucippe.

Un giorno la figlia Teonoe fu rapita dai pirati carii. Testore si lanciò al suo inseguimento, ma naufragò sulle coste carie e fu imprigionato da Icaro.

La figlia più piccola, tale Leucippe, una volta cresciuta si recò a Delfi dalla Pizia che le suggerì di andare da Icaro. La ragazza si travestì da sacerdote maschio e Teonoe, che nel frattempo era entrata nelle grazie del suo signore Icaro, divenendone concubina, si innamorò del nuovo arrivato. Leucippa si negò, non volendo farsi scoprire, e per questo Teonoe commissionò la sua uccisione a un prigioniero a caso.

La scelta cadde su Testore stesso.
Introdottosi nella camera di Leucippa, prima di alzare la spada, si presentò a lei raccontandole la sua storia. In tal modo i due scoprirono di essere l'uno il padre e l'altra la figlia. Decisero quindi, di comune accordo, di andare a uccidere la concubina di Icaro, ma, una volta nella sua camera, Teonoe riconobbe il padre.

Icaro, ricolmandoli di doni, li rimandò in patria.

Questo Testore non va confuso con un omonimo guerriero troiano, ricordato nell' Iliade.

Testore
(Iliade)

Testore è il nome di un personaggio della mitologia greca, presente nel sedicesimo libro dell' Iliade di Omero.

Testore era un giovane troiano, figlio di tal Enope. Quando gli Achei dichiararono guerra a Troia, egli combatté per la difesa della sua città.

La morte


Durante una battaglia Patroclo, uno dei più forti capi achei, uccise il fante troiano Pronoo (Iliade) e poi mosse contro Testore, che sul suo cocchio aveva assistito alla scena. Temendo il peggio, Testore si nascose prontamente dentro il carro, sperando che il nemico non l'avesse visto; ma Patroclo, cui nulla era sfuggito, balzò sul mezzo e spinse una lancia nella mascella del giovane troiano, la cui bocca rimase confitta con l'arma, come un pesce preso all'amo; quindi Testore fu scaraventato violentemente al suolo, dove morì.

Teucro 1

Antico re, eponimo della popolazione dei Teucri, abitanti nella Troade. Il mito lo dice figlio di Scamandro e di Idea, una ninfa del monte Ida. Teucro e il padre, alla loro partenza da Creta, avevano consultato l'oracolo che aveva ordinato loro di stabilirsi nel luogo in cui fossero stati attaccati da alcuni "figli del suolo". Ora avvenne che, una notte in cui erano accampati in Troade, le loro armi, i loro scudi e le corde dei loro archi furono rosicchiati da topi. Comprendendo che l'oracolo si era avverato, fondarono in quel punto un tempio ad Apollo Sminteo ("l'Apollo dai Topi"), e vi si stabilirono. Qualunque sia la sua origine, Teucro è l'antenato della famiglia reale di Troia. Accolse Dardano e gli diede una parte del suo regno e sua figlia, Batieia. Da questo matrimonio nacquero: Ilo, Erittonio, Zacinto, e una figlia, Idea, dal nome della nonna materna.

Teucro 2 (Telamone)

Teucro è un personaggio della mitologia greca. Era figlio di Telamone e di Esione, figlia di Laomedonte, e fratellastro di Aiace il Grande. Si distinse nella Guerra di Troia in qualità di infallibile arciere.

Imprese in guerra

Nella battaglia che seguì al duello tra Ettore e suo fratello Aiace, egli realizzò un vero massacro di nemici, che abbatté uno dopo l'altro grazie alle sue frecce: Orsiloco, Ormeno, Ofeleste, Daitore, Cromio, Licofonte, Amopaone e infine il valoroso Melanippo. Furioso per non essere ancora riuscito a colpire Ettore con la sua freccia, ne scoccò un'altra nella sua direzione, ma Apollo deviò il dardo che andò a colpire suo fratello Gorgitione, figlio di Priamo e Castianira.

Teucro difese coraggiosamente anche l'accampamento greco dal feroce assalto dei nemici; quando vide il formidabile Glauco arrampicarsi sulle mura, gli scagliò contro una freccia che lo colpì ad un braccio. Ferito, il capo licio arretrò, sparendo tra le file dei suoi alleati, sperando che l'avversario non si vantasse della sua vittima.
L'amico Sarpedonte, desideroso di vendicare il compagno licio, con una furia incredibile afferrò un parapetto che impediva l'accesso all'accampamento, distruggendolo e aprendo un varco ai suoi compagni. Tuttavia nulla poté l'abile arciere stavolta contro un simile nemico.

Più tardi, Poseidone, uscito dal mare e assunto l'aspetto di Calcante, passò in rassegna i capi achei più forti per incitarli alla battaglia in difesa delle loro navi. Scoppiata nuovamente la mischia, Teucro scagliò la sua lancia uccidendo Imbrio, cognato di Priamo, vendicato immediatamente da Ettore, che uccise l'avversario Anfimaco con un colpo d'asta e lo spogliò delle armi. L'eroe figlio di Telamone si rifece in seguito di questa perdita uccidendo poi Protoone e Perifete, altri temibili guerrieri.

Per i giochi funebri in onore di Achille perse la gara di tiro con l'arco contro Merione. Fu tra i guerrieri che si nascosero nel cavallo di legno. Al ritorno a Salamina fu cacciato dal padre che lo accusò di non aver saputo proteggere Aiace da se stesso e di non essere riuscito a vendicarlo uccidendo Ulisse. Con alcuni fedeli amici si recò a Cipro, dove, aiutato da Belo, si stabilì nell'isola e fondò una città cui diede il nome di Salamina in ricordo della patria. Sposò Eunea, figlia del re di Cipro. Secondo un'altra versione tentò invano di tornare a Salamina e poi si recò in Spagna, dove morì.

Le sue vicende erano raccontate nel Teucer del tragediografo latino Marco Pacuvio.

Teutra

Figlio di Lisippa e re di Teutrania in Misia. Si raccontava che Teutra, mentre cacciava sulla montagna, inseguì un giorno un gigantesco cinghiale che si rifugiò nel tempio di Artemide Ortosia. Teutra era sul punto di forzare l'ingresso allorché il cinghiale implorò pietà con voce umana. Teutra non gli badò nemmeno e lo uccise, offendendo così Artemide in modo tale che essa ridonò la vita al cinghiale, punì Teutra con il tormento della lebbra e lo costrinse a vagare tra valli solitarie. Sua madre Lisippa, con l'aiuto del veggente Poliido e con cospicui sacrifici, riuscì a placare la collera d'Artemide, e Teutra recuperò la salute.
Fu Teutra ad accogliere Auge, figlia di Aleo re di Tegea, allorché la giovane fu venduta da Nauplio. Teutra sposò Auge e ne adottò il figlio, il piccolo Telefo. Un'altra versione raccontava che Auge era stata venduta dopo aver dato alla luce il figlio e che questi era stato esposto sul monte Partenio, dove una cerbiatta lo nutrì col suo latte. Alcuni mandriani lo rinvennero, lo chiamarono Telefo e lo portarono al loro padrone, re Corito. Più tardi, quando Telefo raggiunse l'età virile, si recò a Delfi per avere notizie dei suoi veri genitori. Gli fu detto di recarsi da re Teutra in Misia, dove trovò Auge, ora sposata a Teutra, e da lei seppe che essa era sua madre ed Eracle suo padre. Teutra allora diede in sposa a Telefo sua figlia Argiope, e lo dichiarò erede al trono.

Teutrante

Nella mitologia greca, Teutrante o Teutra, figlio di Leucippe, chiamata anche Lisippa, era il re di Teutrania, in Misia; il suo regno era tanto grande da arrivare a toccare la foce del Caico.

Il cinghiale


Teutrante, da giovane, partecipando ad una battuta di caccia, inseguì un enorme cinghiale. Alla fine, il re stava per ucciderlo quando l’animale iniziò a parlare, implorando pietà in nome di Artemide e poi trovando riparo proprio in un tempio della dea. Teutrante non esitò a finire la bestia.

Artemide, allora, infuriata, lo fece ammalare di lebbra e lo costrinse a vagare in solitudine. Teutrante guarì solo grazie alla madre, Leucippe, che placò la divinità portando con sé il veggente Poliido. Egli riuscì a medicare il re grazie alle pietre "antipate" che si trovavano su quel monte.

La madre, in segno di gratitudine, non solo fece erigere una statua, ma ordinò la creazione di un gigantesco toro d'oro, capace di emulare il suo predecessore, e gridando di essere risparmiato.

Auge e Telefo


Auge, figlia di Aleo e di Neera, fu desiderata da Eracle che la violentò[5]. Da tale unione nacque un bambino, che la madre nascose intimorita nel tempio di Atena. Eracle subito riuscì a trovarlo e lo abbandonò sul monte Partenio[6][7], dove fu allattato da una cerva e poi raccolto da alcuni mandriani, che decisero di chiamarlo Telefo, proprio per via dell'insolita balia. Essi, non sapendo cosa fare del pargolo, lo portarono al loro signore, il re Corito.

La donna fu venduta come schiava grazie a Nauplio a Teutra.

Una volta che Telefo diventò adulto, chiese all'oracolo di Delfi notizie sui suoi genitori: il responso fu di andare a cercare Teutrante in Misia. Quando Telefo venne a corte, Auge era diventata la regina di Teutrania: ella gli rivelò l'identità del padre (Eracle), mentre Teutrante gli diede in sposa la figlia Argiope, rendendolo il proprio erede, anche perché non aveva figli maschi.

Altre versioni del mito


Secondo un'altra versione, Teutra aveva adottato, e non sposato, Auge che cercava rifugio nel suo regno. A Telefo, giuntovi con il suo amico Partenopeo, alla ricerca della madre, furono offerti il regno e Auge come promessa sposa, purché prima sconfiggesse Idas, il figlio di Afareo, uno degli Argonauti, il quale stava preparando un assalto al regno della Misia.

Si racconta anche che Auge fu gettata in mare insieme al figlio: secondo questa versione fu lo stesso Teutra a ritrovare i due e a sposare la donna, adottando il bambino. Anche il luogo di nascita di Telefo è dibattuto.

Teutrante, in seguito partecipò alla guerra di Troia, trovando la morte per mano di Ettore.

Tiberino

Divinità romana, figlio di Giano e di Camesena, avrebbe dato il suo nome al principale fiume del Lazio, sostituendo quello primitivo di Albula. Considerato, secondo talune versioni della sua leggenda, come marito di Ilia (vedi Rea Silvia), ha notevole importanza nelle vicende di Enea e della sua venuta nel Lazio. Le acque del fiume essendo state sempre considerate come purificatrici, il dio Tiberino interviene anche nelle tradizioni relative allo stabilimento del culto di Esculapio nell'isola Tiberina. Un suo culto regolare si faceva risalire a Romolo. La festa era fissata l'8 dicembre, data della dedicazione del tempio nell'isola.

Tiche

Figlia di Zeus e dea del destino. A lei Zeus diede il potere di decidere la sorte di questo o quel mortale. A taluni essa concede i doni contenuti nella cornucopia, ad altri nega persino il necessario. Tiche è irresponsabile delle sue decisioni e corre qua e là facendo rimbalzare una palla per dimostrare che la sorte è cosa incerta. Ma se capita che un uomo, che essa abbia favorito, si vanti delle sue ricchezze né mai ne sacrifichi parte agli dèi, né se ne serva per alleviare le pene dei suoi concittadini, ecco che l'antica dea Nemesi si fa avanti per umiliarlo.
I Romani la identificarono con la dea Fortuna. Ogni città aveva la propria dea Tiche figurata con una corona turrita in capo e con in mano dei simboli di buon augurio. Palamede consacrò la prima coppia di dadi da lui inventati nel tempio della dea ad Argo.

Tideo

Figlio di Eneo, re di Calidone, e di Peribea. Lo zio Agrio, che aveva usurpato il trono di Eneo, lo esiliò da Calidone con l'accusa di omicidio, benché Tideo affermasse che si trattava di un incidente. Molte sono le versioni su chi effettivamente uccise, se il fratello Olenia, lo zio Alcatoo, fratello di Eneo, oppure gli otto figli di Mela, un altro zio. Dopo il gesto criminale, Tideo trovò rifugio alla corte di re Adrasto ad Argo, dove ebbe una disputa con un altro rifugiato, Polinice di Tebe. Adrasto li riconciliò e diede loro in spose le sue figlie: Deipile a Tideo e Argia a Polinice, perché un oracolo gli aveva detto di darle a un leone e a un cinghiale e Tideo aveva sullo scudo l'insegna di un cinghiale e Polinice quella di un leone.
Adrasto decise di aiutare i due principi a riconquistare i rispettivi regni. Disse però che dapprima avrebbe marciato su Tebe, che era più vicina, e anche Tideo partecipò alla spedizione contro Tebe, guidata dai sette campioni. Nel corso della loro marcia attraversarono Nemea, dove regnava Licurgo. Gli chiesero il permesso di abbeverare le truppe nelle sue terre e Licurgo acconsentì. La schiava Ipsile li guidò alla sorgente più vicina, dopo aver posato a terra il piccolo Ofelte, figlio di Licurgo, che venne ucciso dal morso di un serpente che gli si avvinghiò alle membra. Quando Adrasto e i suoi uomini ritornarono dalla sorgente non poterono fare altro che uccidere il serpente e seppellire il bambino. Istituirono poi i Giochi Nemei in onore del fanciullo, chiamandolo Archemoro che significa "colui che dà inizio a sciagure".
Giunto sul Citerone, Adrasto inviò Tideo come suo araldo ai Tebani, con la richiesta che Eteocle rinunciasse al trono in favore di Polinice. Quando tale richiesta fu respinta, Tideo sfidò i capi tebani a singolar tenzone ed emerse vittorioso da ogni scontro. Tornando verso il fiume Asopo, fu attaccato da cinquanta uomini che gli tesero un'imboscata. Tideo li uccise tutti, fuorché Meone che tornò a Tebe a raccontare gli eventi. Gli Argivi si avvicinarono alle mura della città e ciascuno dei campioni si piazzò dinanzi a una delle sette porte. Tiresia il veggente, consultato da Eteocle, predisse che i Tebani sarebbero stati vittoriosi se un principe di sangue reale si fosse volontariamente offerto in sacrificio ad Ares; allora Meneceo, figlio di Creonte, si uccise dinanzi alle porte. La profezia di Tiresia si avverò: i Tebani ripresero coraggio, fecero una furibonda sortita, uccisero altri tre dei sette campioni e uno di loro, che si chiamava Melanippo, ferì Tideo al ventre. La dea Atena che amava Tideo si avvicinò a lui con l'intento di dargli l'immortalità, ma Anfiarao capì l'intenzione della dea e, carico di odio per Tideo che aveva convinto Adrasto a quella fallimentare spedizione, staccò rapidamente la testa dal corpo di Melanippo e la gettò a Tideo che spaccò il cranio del nemico e ne divorò il cervello. Atena, disgustata, si allontanò e Tideo morì come un comune mortale.
Da Deipile, Tideo aveva avuto un figlio, Diomede.

Tieste

Tieste è un personaggio della mitologia greca figlio di Pelope e di Ippodamia e fratello gemello di Atreo. Poiché un oracolo gli aveva predetto che dall'unione incestuosa con la figlia Pelopia sarebbe nato il vendicatore di Atreo, Tieste, cercando di non farsi riconoscere, violenta la figlia. Il figlio che nasce si chiama Egisto. La vita di Tieste è contrassegnata dai rapporti di ostilità con Atreo. Insidia la moglie di Atreo e questi si vendica uccidendo i figli di Tieste e offrendone le carni in pasto al padre. La causa di tanta ostilità fu la maledizione che pendeva sul capo del loro padre Pelope che troverà il suo epilogo nella uccisione di Agamennone, figlio di Atreo, da parte di Egisto e nell'assassinio di quest'ultimo da parte di Oreste figlio di Agamennone.

Tifide


Tifide di Sife (anche Tiphys o Tifi) era nella mitologia greca, uno degli argonauti: il timoniere della nave.

Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio, viene descritto come abilissimo pilota della Beòzia, cui Atena insegnò l'arte della navigazione.

All'epoca in cui Giasone mandò gli araldi in cerca di avventurieri per il recupero del vello d’oro, cercava fra gli altri anche qualcuno che potesse guidarli, come timoniere della nave Argo attraverso la Colchide, Tifide accettò l’invito diventando la guida di tutti gli Argonauti.

Le avventure degli Argonauti


Come timoniere era di fatto lui che decideva in che direzione proseguire, come quando da Atene partirono alla volta del Bosforoe, incappati in un forte vento improvviso proveniente dal nord a loro contrario, Tifide, vedendo che non riuscivano ad avanzare, decise di cambiare direzione cercando di tornare alla penisola ma approdando davanti a re Cizico che li attaccò credendoli pirati. In seguito quando Giasone decise di abbandonare Eracle su un'isola, molti Argonauti cercarono di far cambiare idea a Tifide ma senza risultato alcuno.

La morte


Il destino non gli permise di giungere nella Colchide con gli altri Argonauti, perché morì a causa di una misteriosa malattia alla corte del re Lico. Gli furono resi solenni onori funebri e gli altri argonauti, dopo avergli alzato un tumulo, scelsero chi doveva prendere il suo posto al comando del timone. La scelta cadde infine su Ancèo, che si dimostrò molto abile.

Tifone

Gigante mostruoso della mitologia greca, che contese a Zeus il dominio del mondo.
Quando Zeus sconfisse i Titani e li rinchiuse nel Tartaro o quando gli dèi dell'Olimpo sconfissero i Giganti, Gea (la Madre Terra) per vendicarsi giacque con Tartaro nella grotta di Coricia in Cilicia e generò il più giovane dei suoi figli, Tifone: il mostro più grande che mai vedesse la luce del sole. Dalle cosce in giù era tutto un groviglio di serpenti e le sue braccia che, allargate coprivano cento leghe in ogni direzione, avevano innumerevoli teste di serpenti in luogo di mani. La sua orrenda testa d'asino toccava le stelle, le sue ampie ali oscuravano il sole, fiamme uscivano dai suoi occhi.
Quando si lanciò all'assalto dell'Olimpo, gli dèi fuggirono terrorizzati in Egitto dove si travestirono da animali: Zeus divenne un ariete, Apollo un corvo, Dioniso un caprone, Era una vacca bianca, Efesto un bue, Artemide un gatto, Afrodite un pesce, Ares un cinghiale, Ermete un ibis e così via. Soltanto Atena non si mosse e rimproverò Zeus per la sua codardia finché il sommo dio, riassumendo le sue vere sembianze, scagliò da lontano dei fulmini contro Tifone e, lottando a corpo a corpo, l'abbattè con il medesimo falcetto di cui s'era servito per castrare Urano. Ferito e ululante, Tifone si rifugiò sul monte Casio, e colà il mostro, che era soltanto ferito, avvolse Zeus nelle sue mille spire, gli strappò il falcetto e dopo aver tagliato i tendini delle sue mani e dei suoi piedi lo trascinò nella grotta di Coricia. Nascose i tendini di Zeus in una pelle d'orso e li affidò alla custodia di Delfine, sua sorella, un mostro per metà donna e per metà serpente.
La notizia della sconfitta di Zeus sparse il panico tra gli dèi, ma Ermete e Pan si recarono segretamente alla grotta di Coricia, dove Pan terrorizzò Delfine con un improvviso orribile urlo, mentre Ermete abilmente sottraeva i tendini per rimetterli nelle membra di Zeus che ritornò sull'Olimpo e, salito su un carro trainato da cavalli alati, inseguì di nuovo Tifone scagliando folgori. Tifone era andato sul monte Nisa, dove le tre Moire gli offrirono frutti effimeri facendogli credere che gli avrebbero ridonato forza, mentre invece lo predisponevano a sicura morte. Tifone raggiunse poi il monte Emo in Tracia e, accatastando le montagne l'una sull'altra, le fece rotolare verso Zeus che, protetto da una cortina di folgori, riuscì a salvarsi mentre le montagne rimbalzavano indietro su Tifone, ferendolo in modo spaventoso. I fiumi di sangue sgorgati dal corpo di Tifone diedero al monte Emo il suo nome. Il mostro volò poi in Sicilia, dove Zeus pose fine alla sua fuga schiacciandolo sotto il monte Etna, che da quel giorno sputa fuoco.
Si attribuisce a Tifone la paternità di vari mostri ch'egli generò da Echidna, figlia di Calliroe e di Crisaore, e cioè Cerbero, il cane infernale a tre teste; l'Idra, serpente acquatico dalle molte teste che viveva a Lerna; la Chimera, capra che sputava fiamme, con la testa di leone e la coda di serpente; la Scrofa di Crommione; l'avvoltoio che torturò Prometeo; Ladone, il drago che sorvegliava i pomi d'oro delle Esperidi; Ortro, il cane a due teste di Gerione, che giacque con la propria madre e generò in lei la Sfinge di Tebe e il Leone Nemeo.

Timbreo


Timbreo, personaggio dell'Iliade, fu un re asiatico alleato dei troiani.

Nel poema Timbreo è presentato come re, anche se non viene nominato il popolo su cui comanda. Stranamente questo condottiero non è citato nel Catalogo Troiano del libro II.

La morte


Timbreo fu ucciso da Diomede nell'azione bellica descritta nel libro XI dell'Iliade relativo alle Gesta di Agamennone.

Timete

Nella mitologia greca e nella mitologia romana, Timete è il nome di differenti personaggi, non sempre ben distinti, ma altrettanto conosciuti. La maggior parte di queste figure mitologiche hanno però fatto parte alla guerra di Troia, la guerra che scoppiò a causa del rapimento di Elena da parte del principe troiano Paride, innamorato di lei.

All'interno della mitologia greca, esistono tre personaggi con lo stesso nome, ma non sempre ben distinti l'uno dall'altro.

*
Il più antico personaggio che porta tale nome è un re di Atene, il quale succedette al nonno Demofonte, figlio di Teseo, e dominò per parecchi anni sull'Attica;
* Il Timete più conosciuto è però il Troiano che, dopo aver subito un grave torto dal re Priamo, suo cognato, decise di vendicarsi tradendo i suoi compatrioti per andare dalla parte degli Achei (i Greci);
* Timete, piuttosto mal confuso con l'omonimo precedente, ritenuto figlio di Laomedonte e dunque fratello di Priamo.

Nella mitologia romana, ovvero nella tradizione raccontata da Virgilio nell'Eneide, Timete è anche il nome di altri personaggi:

*
Timete, un guerriero troiano, ricordato col patronimico "Icetaonio", il quale difende l'accampamento dagli attacchi dei nemici Rutuli guidati dal re Turno.
* Timete, anch'esso un guerriero troiano, ucciso in combattimento proprio per mano di Turno.

La presa del potere


Il più antico personaggio con questo nome era figlio di Ossinte, re d'Atene, il quale era a sua volta figlio di Demofonte, figlio di Teseo. Ossinte, mentre regnava sulla sua città, si era sposato ed aveva infatti avuto due figli: Afeida, il maggiore, e Timete.
Alla morte del re, Afeide, essendo il primogenito, gli succedette al trono ma Timete, invidioso e desideroso di possederlo con la forza, uccise il fratello e governò al suo posto.

Durante il suo lungo governo sulla città, Timete si trovò in disaccordo con la popolazione vicina dei Beoti i quali reclamavano come loro possedimento la città di Enoe. Non volendo concederla, il re preferì dichiarare loro guerra cosicché per lungo tempo Attica e Beozia si combatterono ferocemente, ma senza esito.
Di fronte a questi risultati, entrambe le regioni decisero di stabilire la contesa attraverso il duello tra i re dei rispettivi paesi.

L'abbandono e l'esilio


Avendo paura di misurarsi con Xanto, il valoroso re di Tebe, Timete dichiarò ufficialmente che avrebbe lasciato il trono in favore di qualsiasi persona che fosse riuscito a battere Xanto al suo posto. L'eroe Melanto, discendente di Neleo, accettò la proposta e, grazie all'aiuto degli dèi, riuscì a sopraffarre il nemico e ad ucciderlo. Come stabilito dai patti, Timete conferì al vincitore il potere regale e si preparò per andare in esilio.

Timete, il troiano

Timete è anche il nome di un abitante della città di Troia; secondo alcuni era figlio di Laomedonte, re di Troia, e quindi fratello di Priamo, ma la tradizione più comune fa di Timete non il fratello di quest'ultimo, bensì il cognato.

Matrimonio con Cilla


Questo Timete, infatti, aveva sposato una sorella di Priamo, Cilla, e i due avevano appena generato segretamente un bambino, chiamato Munippo.
Poco prima della nascita del piccolo, Ecuba, moglie di Priamo, aveva fatto un incubo in cui presagiva di partorire un figlio che avrebbe causato la fine di Troia.
Passato del tempo, Ecuba mise al mondo un bambino, poco dopo la nascita del figlio di Cilla. Esaco convinse Priamo a uccidere i bambini appena nati con le loro madri, ma il re di Troia, non avendo il coraggio di uccidere sua moglie e suo figlio, uccise invece Cilla e Munippo, facendoli seppellire nel santuario di Troo.

La vendetta

Furibondo per l'offesa ricevuta, Timete covò odio sino alla fine nei confronti di Priamo e, secondo alcuni mitografi, decise di tradirlo appoggiando segretamente i piani dei Greci.
Omero non fa riferimento all'episodio, ma fa apparire Timete nel Consiglio degli Anziani che Priamo radunava costantemente a Troia[4]. Durante i dieci anni di guerra, il troiano sembra non aver tentato di vendicarsi dei torti subiti da Priamo, ma, anzi, pare averlo appoggiato nelle sue decisioni.

La vera vendetta di Timete si consumerà il giorno in cui gli Achei, fingendo di ritirarsi dalla guerra, abbandonarono sulle coste della Troade un enorme cavallo di legno, opera di Epeo con l'aiuto di Atena.
Timete fu dunque il primo ad esortare i suoi compatrioti a collocare tale simulacro nella rocca, ma Enea stesso, che racconta tale avvenimento alla regina Didone, a posteriori avanza il dubbio che egli, messosi d'accordo con i Greci, spingesse i Troiani a introdurre il cavallo in città per vendicare la morte dei suoi famigliari.

Ignota fu la sua fine dopo la caduta di Troia. D'ora in poi i mitografi non lo ricordano più, ma l'unica cosa certa fu che il suo spirito di vendetta venne comunque appagato il giorno della caduta della città.

Edited by demon quaid - 7/12/2014, 15:29
 
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