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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 17/7/2010, 12:56 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Ceroessa

Ceroessa è una figura della mitologia greca, figlia di Zeus e di Io, e sorella di Epafo.

Nacque presso Bizanzio, nel Corno d'Oro, da cui prese il suo nome: la radice del nome ricorda infatti quella del corno. Da piccola, fu allevata da una ninfa, lontana dalle gelosie di Era, tanto da divenire una fanciulla tanto avvenente per aspetto.

Poseidone, innamoratosene, la sedusse e le diede un figlio, Bizante, fondatore e primo re della città di Bizanzio. Ebbe anche un secondo figlio, Strombo, che, invidioso del successo del fratello, mosse guerra a lui e ai Bizantini.

Cestrino

Nella mitologia greca, Cestrino è un personaggio poco conosciuto, nato dagli amori di Eleno, figlio di Priamo, e di Andromaca, dopo la caduta di Troia ad opera dei Greci.

Quando scoppiò una guerra tra Achei e Troiani a causa del rapimento di Elena, regina di Sparta, ad opera di Paride, figlio di Priamo, le due fazioni si combatterono ininterrottamente per ben dieci anni.
Grazie ad uno stratagemma dell'eroe acheo Ulisse, la città di Troia venne catturata e tutti i suoi abitanti massacrati oppure fatti schiavi. Tra le donne prigioniere c'era Andromaca, la vedova dell'eroe Ettore, la quale, dopo aver assistito alla morte del figlioletto Astianatte, avuto dal marito, venne assegnata come schiava a Neottolemo, figlio di Achille.

Dopo aver generato all'Acheo ben tre figli, questi fu stanco di lei e decise di affidarla in sposa al cognato di lei Eleno, figlio di Priamo, l'unico troiano risparmiato alla strage a causa del suo tradimento. Andromaca sposò dunque il fratello del suo primo marito e anche da lui ebbe un figlio, Cestrino.

Cete

Cete era, secondo quanto ci racconta Diodoro Siculo, un re egiziano che aveva la facoltà di tramutarsi in qualsiasi essere vivente, animale o vegetale, o cosa inanimata desiderasse.

Possesdeva la cosiddetta "scienza della respirazione" che sarebbe stata all'origine della sua magia.

Per questa sua mistica dote di trasfigurazione é talora da alcune fonti identificato con il dio marino Proteo.

Ceto (mitologia)

Ceto è una divinità della mitologia greca, figlia di Ponto e di Gea, avente sembianze di mostro marino.

È sorella di Nereo, di Taumante, di Forco ed altri dei marini. Sposò il proprio fratello Forco e gli dette numerosi figli: Echidna, Scilla, le Graie, le Gorgoni, il drago Ladone che custodiva i pomi delle Esperidi e le stesse Esperidi.

Come indica lo stesso nome (si pensi alla parola cetaceo), Ceto era raffigurata spesso come un mostro marino dalla foggia di grande pesce o balena.

Chelona

Nella mitologia greca, Chelona era una ragazza molto legata alla propria casa, per questo fu oggetto di un racconto all’origine dei tempi.

Quando si celebrarono le nozze fra il padre degli dei, il sommo Zeus e sua moglie Era, Ermes addetto agli inviti chiese la partecipazione non soltanto di ogni divinità, ma anche di ogni uomo o donna sulla terra. Il giorno prestabilito vennero tutti, eccetto un'unica persona, tale Chelona. La ragazza si era rifiutata di partire preferendo rimane a casa, disprezzando l’evento. Per questo il divino Ermes scese dal cielo e la punì gettandola nel mare, uscì Chelona trasformata in una tartaruga, infatti l’animale non lascia mai la sua casa portandosela sempre con se.

Chere

Spiriti femminili della morte, simili alle Furie nell'aspetto e nelle funzioni. Portavano distruzione e dolore al loro passaggio, accecando, facendo invecchiare o uccidendo quelli con cui entravano in contatto. Nell'Iliade la Chere viene descritta mentre porta morti e feriti verso il cancello dell'Oltretomba. E' rappresentata con le unghie lunghe e aguzze, con un lungo mantello chiazzato di sangue degli uomini uccisi. A volte il nome Chere viene usato nell'accezione di "destino", perché Teti offre a suo figlio Achille due Chere tra cui scegliere: vivere a lungo e nell'anonimato, o fermarsi a Troia e morire gloriosamente. Allo stesso modo, Zeus pesa la Chere di Achille e di Ettore su una bilancia, in presenza degli dèi, per sapere chi dei due debba morire nel combattimento che li oppone. Il piatto con la Chere di Ettore scende verso l'Ade e subito Apollo abbandona l'eroe alla sua sorte ineluttabile.
Plutarco, in un passo poetico, le considera come cattivi geni che, simili alle Arpie, insozzano tutto ciò che toccano nella vita degli uomini. Esiodo nella sua Teogonia chiama Chere una figlia della Notte, concepita senza partecipazione maschile, come i suoi fratelli Moros ("destino", "sorte"), Ipnos ("sonno") e Tanatos ("morte") e un buon numero di altre astrazioni personificate.
E' possibile che la tradizione popolare abbia finito con l'identificarle con le anime malvagie dei morti che devono essere placate con sacrifici. Ciò che avveniva, ad esempio, in occasione della festa delle Antesterie. Queste erano antiche feste greche in onore dei morti e di Dioniso, particolarmente celebrate in Atene nei giorni 11, 12, 13 del mese d'antesterione che corrispondeva alla seconda metà di febbraio e alla prima di marzo.

Cherone

Nella mitologia greca, Cherone era il nome di uno dei figli di Apollo e di Tero.

La figlia di Filante venne sedotta dal figlio di Zeus, e, caratteristica del ragazzo, dal padre degli dei aveva discendenza anche dal lato della madre visto che la donna era nipote di di di Antioco, figlio di Eracle.

Crebbe Cherone diventando un abile e forte domatore di cavalli, fu eroe ed eponimo della città della Beozia Cheronea.

Chersidamante

Chersidamante un nome in voga al tempo della guerra di Troia, può identificare tre figure della mitologia greca:

* Chersidamante, figlio di Pterelao, re di Tafo, e fratello di Cromio, Tiranno, Antioco, Mestore ed Evere.
* Chersidamante, citato dallo Pseudo-Apollodoro come figlio illegittimo di Priamo.
* Chersidamante, guerriero troiano, citato nel libro XI dell'Iliade.

Chersidamante è presentato da Omero come uno dei guerrieri troiani che assalì Odisseo, rimasto solo e circondato dai nemici, quando l'eroe giunse in soccorso dell'amico Diomede, ferito da Paride. Odisseo, ormai assediato da una turba di Troiani, resse ai loro attacchi uccidendo dapprima Deiopite, Toone ed Ennomo.

Quindi si fece avanti Chersidamante col suo cocchio, sperando di colpirlo, ma l'eroe greco fu più veloce e con la sua lancia gli traforò lo scudo, conficcandogli la propria asta nell'ombelico. Il cadavere del troiano rotolò a terra sollevando polvere, ma Odisseo, impegnato in una lotta per la sopravvivenza, saggiamente non lo depredò dell'armatura. Si tende a confondere questo Chersidamante con l'omonimo figlio di Priamo.

Chimera

Mostro favoloso, figlia di Tifone e di Echidna. Era stata allevata dal re di Caria, Amisodare, e viveva a Patara.
Secondo la descrizione omerica (Iliade, VI, 181-182) aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda di dragone; dalla sua gola uscivano fiamme e col suo alito (molto pesante) seccava tutta la vita vegetale.
Il re di Licia, Iobate, ordinò a Bellerofonte di ucciderla perché essa si dava a scorrerie nel suo territorio. "Essa è una figlia di Echidna", spiegò Iobate, "e il mio nemico, il re di Caria, se la tiene in casa come un animale domestico". Prima di partire per quell'impresa, Bellerofonte consultò il veggente Poliido, che gli consigliò di catturare e domare l'alato cavallo Pegaso, il favorito delle Muse; codesto animale viveva sul monte Elicona, e colà aveva fatto sgorgare per le Muse la fonte Ippocrene, battendo al suolo il suo zoccolo lunato. Pegaso in quel periodo non si trovava in Elicona, ma Bellerofonte lo rintracciò sull'Acropoli presso un'altra delle sue fonti, la fonte Pirene, e gli passò sopra il capo una briglia d'oro, dono di Atena. Bellerofonte riuscì a sopraffare la Chimera piombandole addosso a cavallo di Pegaso, trafiggendola con le frecce e poi conficcandole tra le mascelle un pezzo di piombo che aveva infilato sulla punta della lancia. L'alito infuocato della Chimera fece sciogliere il piombo che le scivolò giù per la gola bruciandole gli organi vitali.
Nel linguaggio poetico prima, e poi anche in quello comune, la parola chimera è venuta a significare i sogni irrealizzabili, le immaginazioni strane e impossibili; sugli scudi araldici la sua figura significa "illusioni vane".


Chimereo


Nella mitologia greca, Chimereo era il nome di uno dei figli di Prometeo, il gigante e di Celeno la figlia di Atlante.

Fratello di Lico, una volta morto venne seppellito insieme al parente nelle terre di Troia, vi era una leggenda sulle loro tombe. Infatti a Sparta vi era un epidemie di peste, per poter sopravvivere alla malattia si consultò un oracolo, prassi comune a quei tempi. Il consiglio fu quello di offrire un sacrificio sulla tomba dei due fratelli e chi doveva fare l’offerta doveva essere un nobile spartano. Il prescelto fu Menelao che nel viaggio incontro Paride, qui fu il loro primo incontro che porterà alla guerra di Troia.

Chione

Chione ("neve" in greco) è una figura della mitologia greca, figlia di Dedalione.

Amò sia Apollo, sia Ermes. Dal primo dei quali nacque Filammone che divenne famoso per la creazione di alcune forme musicali; dall'accoppiamento con Ermes nacque Autolico famoso per la sua capacità di rubare senza essere sorpreso nonché di essere stato il nonno di Ulisse.

Chione si vantò d'esser più bella della dea Artemide, che, sentitasi offesa, la trafisse con una freccia.

Chirone

Era il più famoso e sapiente dei Centauri, figlio del dio Crono e di Filira, una figlia di Oceano. Perciò appartiene alla stessa generazione divina di Zeus e degli Olimpici.
Nacque metà uomo e metà cavallo perché Crono, desideroso di nascondere la sua passione per Filira alla sposa Rea, per poterla amare si trasformò in stallone. La natura di Chirone era perciò completamente diversa da quella di tutti gli altri Centauri: era saggio e gentile, versato in medicina e in molte altre arti, soprattutto la musica.
Era amico di Apollo il quale gli aveva insegnato ad usare l'arco. E Apollo, quando ebbe da Coronide, figlia di Flegia re dei Lapiti, un figlio che chiamò Asclepio, lo affidò al centauro Chirone, che gli insegnò l'arte della medicina. Asclepio, dicono gli abitanti di Epidauro, imparo l'arte di guarire sia da Apollo sia da Chirone, e divenne così abile nel maneggiare i ferri chirurgici e nel somministrare erbe medicinali che è ora onorato come il padre della medicina.
Chirone, fra le tante cose, insegnò agli uomini la pratica della venerazione agli dèi, l'inviolabilità del giuramento e le leggi. Anche se aveva la forma di Centauro non aveva nulla a che spartire coi figli di Issione e di Nefele. Viveva in una caverna sul monte Pelio, in Tessaglia, insieme alla sposa Cariclo.
Protesse in modo particolare Peleo durante le sue peripezie alla corte di Acasto; lo difese dalla brutalità degli altri centauri, quando venne abbandonato senz'armi sul monte Pelio da Acasto, e gli restituì la spada che questi aveva nascosto sotto un mucchio di letame. Sempre lui dette a Peleo il consiglio di sposare Teti, e gli insegnò come obbligarla a questo matrimonio, impedendole di trasformarsi. Poi, nell'occasione delle nozze, gli regalò una lancia; Atena ne aveva levigato l'asta che era stata tagliata da un frassino sulla vetta del Pelio, ed Efesto ne aveva forgiato la punta. Quando Teti abbandonò Peleo, questi affidò il bimbo al centauro Chirone che lo allevò sul monte Pelio, nutrendolo con midolla di leone e di cinghiale selvatico e grasso d'orso, perché crescesse coraggioso e forte; o secondo altri, con miele e midollo di cerbiatto perché fosse agile e veloce. Chirone inoltre lo istruì nell'arte di cavalcare, cacciare, suonare il flauto e curare le ferite. A sei anni di età Achille uccise il suo primo cinghiale e da quel giorno portò sempre alla caverna di Chirone le carcasse sanguinanti di cinghiali o leoni. Chirone era un celebre medico, e praticava anche la chirurgia. Allorché Achille, bambino, ebbe la caviglia bruciata in seguito a operazioni di magia praticate su di lui dalla madre, Chirone sostituì l'osso mancante con un osso prelevato dallo scheletro del veloce gigante Damiso.
Secondo una tradizione, Aristeo, figlio di Apollo e di Cirene, fu allevato dal centauro Chirone. Poi, le Muse terminarono la sua educazione insegnandogli l'arte di guarire e di far profezie. Anche il figlio di Aristeo, Atteone, fu allevato da Chirone che gli insegnò l'arte della caccia. Un giorno Atteone fu divorato dai propri cani perché rimase a guardare Artemide, mentre, nuda, si bagnava nella fonte sul monte Citerone. La dea, offesa, lo trasformò in cervo e lo fece divorare dalla sua muta di cinquanta cani. La scomparsa del loro padrone rattristò i cani, ma il centauro Chirone modellò una statua d'Atteone tanto somigliante da farli acchetare.
Chirone allevò anche Giasone al quale insegnò la medicina come a tutti i suoi allievi. Il figlio maggiore di Giasone e Medea, Medeio o Polisseno, fu allevato da Chirone sul monte Pelio.
La causa della morte di Chirone fu Eracle, che nella foga della guerra mossa ai centauri, per errore colpì al ginocchio Chirone con una freccia avvelenata col sangue dell'Idra. Eracle, angosciato, si accovacciò accanto al vecchio amico ed estrasse la freccia, mentre Chirone stesso gli porgeva i farmaci per curare la ferita; ma a nulla valsero contro il veleno e Chirone si ritirò ululando per il dolore sul fondo della grotta.; tuttavia non poteva spirare, perché era immortale. Prometeo in seguito propose che egli rinunciasse a tale immortalità per porre fine alle sue sofferenze, e Zeus accettò tale richiesta; ma altri dicono che Chirone decise di morire non per il dolore della ferita, ma perché era ormai stanco della sua lunghissima vita.
Chirone non perse del tutto la sua immortalità, perché Zeus lo pose in cielo nella costellazione del Centauro.

Ciane (mitologia)

Nella mitologia greca, Ciane era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Ciane, figlia di Liparo;
* Ciane, ninfa che abitava a Siracusa, cercò di opporsi al dio dei morti Ade quando prese Persefone rapendola, il dio la trasformò in una fonte;
* Ciane, figlia di Cianippo

Ciane, figlia di Liparo.

Liparo era un re di un popolo italiano, egli fu cacciato dal proprio regno, scelse come residenza delle isole che in seguito portarono il proprio nome. Eolo passò da lui e innamoratosi di Ciane ottenne la ragazza come sposa.

Ciane, figlia di Cianippo.

Ciane una sera fu violentata da un uomo, durante il rapporto la ragazza riuscì a prendergli un anello, il giorno dopo comprese chi fu ad abusare di lei: suo padre ubriaco. Il destino volle che dopo poco scoppiò un'epidemia di peste e consultato l’oracolo questi affermò che l’unico modo per placarlo era il sacrificio di colui che aveva compiuto un incesto, figlia e padre si uccisero.

Cianippo

Nella mitologia greca, Cianippo era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Cianippo, figlio di Egialea e nipote di Adrasto ma secondo altre fonti figlio dello stesso Adrasto, in ogni caso fu un uno dei re di Argo
* Cianippo, figlio di Farace;
* Cianippo, un abitante di Siracusa che un giorno sotto gli effetti dell’alcool violentò la propria figlia, di nome Ciane. La peste arrivò nella città e per salvarsi un oracolo aveva predetto che un individuo che aveva commesso un incesto si sarebbe dovuto uccidere, ed entrambi sia figlia che padre si levarono la vita.
* Cianippo, abitante della Tessaglia, preferiva la caccia a sua moglie, tale Leucone. Alla donna trascurata le sembrava strano tale atteggiamento e pensando che nascondesse un amante lo seguì. Giunta nel bosco fu divorata dai cani da caccia del marito. Cianippo disperato uccise prima i cani e poi se stesso, tutti bruciarono in un rogo.

Cibele

Divinità dei popoli preellenici dell'Asia Minore, che ne trasmisero il culto ai Greci delle colonie d' Asia, poi alla Grecia e infine a Roma. In età storica il suo cilto si trova localizzato a Passinunte, citta della Frigia ai piedi del Monte Agdo e presso i fiumi Gallo e Sangario, e perciò Cibele è consuderata come divinità caratteristicamente frigia. In origine pare non abbia avuto un proprio nome e sia stata comunemente venerata come la Gran Madre e, semplicemente, la Madre; in seguito fu indicata con appellativi derivati dai monti dove aveva sede il suo culto, come Dindymene, Sipylene, Idaia e Cibele stessa (anche se non è più localizzabile il monte da cui è derivato questo nome).
La sua origine orientale e la sua identificazione con l'eterna e misteriosa potenza generatrice della terra spiegano i caratteri orgiastici e sanguinosi del suo culto; crudele e spietata, essa si compiace del furore religioso che incute negli uomini e della violenza (è protettrice anche delle belve e il suo carro è trainato da leoni). Interviene poco nei miti che ci sono stati tramandati. Il solo che possa essere considerato tale è la storia d'Agdisti e d'Atti. I suoi sacerdoti erano chiamati Coribanti e Galli (dal nome del fiume Gallo presso Pessinunte) e, in onore di Atti, erano evirati; i riti del suo culto erano misterici e per parteciparvi bisognava subire una difficile iniziazione; in essi avevano gran parte la danza orgiastica di fonte al simulacro della dea durante la quale i sacerdoti nel loro furore religioso si ferivano a vicenda, e il grande corteo che si concludeva col bagno simbolico della dea.
Dalla Frigia il culto di Cibele si diffuse in Asia Minore e soprattutto in Lidia dove venne a contatto col mondo greco: la prima testimonianza della penetrazione del culto è data, nel secolo VI a. C., da un frammento di Ipponatte; in seguito appare particolarmente diffuso in Beozia e nel Peloponneso; importante la testimonianza di Pindaro, che fu un fervido adoratore della dea. Cibele fu allora avvicinata all'altra Dea Madre conosciuta dai Greci, Rea, il cui culto era derivato dalle genti pre-greche di Creta; tuttavia non si ebbe mai una completa identificazione sebbene spesso i due nomi siano stati confusi anche per la somiglianza degli appellativi (Idaia erano dette Cibele, in riferimento al monte Ida presso Troia, e Rea, in rapporto al monte Ida di Creta). Dopo forti resistenze dovute alla ripugnanza per i riti orgiastici che l'accompagnavano, il culto di Cibele si affermò fra il secolo V e il IV a. C., quando si ha notizia della istituzione dei suoi misteri, delle sue feste (Attideia) e del fissarsi del suo rituale in lingua greca.
A Roma il culto di Cibele fu introdotto durante la seconda guerra punica, nel 205 a. C., per suggerimento dei libri sibyllini; per concessione di Attalo, re di Pergamo, fu trasportata a Roma la "pietra nera" meteoritica di Pessinunte, immagine aniconica della dea, che nel 191 fu accolta in un suo proprio tempio sul Palatino e venerata come antica divinità nazionale in quanto dea dei Troiani da cui i Romani affermavano di discendere. Il culto fu riservato sempre a sacerdoti frigi; i cittadini romani potevano partecipare solo ai ludi Megalenses che si celebravano dal 4 al 10 aprile ogni anno e consistevano in grandi giochi scenici. Augusto diede particolare impulso al culto di Cibele il cui tempio ricostruì e abbellì nell'anno 3 d. C.
La Dea è sempre rappresentata, nelle monete e in generale nei rilievi, seduta in trono fra due leoni col timpano in mano e la corona murale in capo.

Cichiro

Nella mitologia greca, Cichiro era il nome del figlio del re della Caonia.

Vi erano due giovani innamorati, Antippe e un ragazzo di cui il nome non è riportato nelle fonti. Tale coppia di nascosto dai loro genitori (la donna era di origine nobili l’uomo no), si incontrarono in un bosco. Proprio in quel momento passava per caso Cichiro alle prese con una pantera che inseguiva, si avvicinò abbastanza alla coppia per farli insospettire e nascondere, soltanto che il cacciatore pensava che Antippe fosse proprio l’animale a cui stava dando la caccia, lesto scagliò la sua lancia e trafisse la donna. Cichiro pensando che avesse ucciso l’animale si avvicinò e quando comprese cosa avesse fatto fuggì via in preda alla follia, salito sul suo cavallo si diresse contro una roccia e morì.

Ciclopi

Gli antichi mitografi distinguevano tre specie di Ciclopi: i Ciclopi "urani", figli di Urano e di Gaia (il Cielo e la Terra), i Ciclopi "siciliani", compagni di Polifemo, che intervengono nell'Odissea, e i Ciclopi "costruttori".
I Ciclopi "urani" appartengono alla prima generazione divina, quella dei Giganti. Avevano un solo occhio in mezzo alla fronte, ed erano caratterizzati dalla forza e dall'abilità manuale. Si chiamavano Bronte (il tuono), Sterope (il fulmine) e Arge (il lampo). Essi si rivoltarono contro il padre Urano che li cacciò nel remoto Tartaro. Quando Crono detronizzò Urano, su invito di Gea, liberò i Ciclopi; ma non appena ebbe il supremo potere, sentendosi minacciato dalla presenza di questi giganti, li rinchiuse di nuovo nel Tartaro. Zeus, avvertito da un oracolo che avrebbe potuto riportare la vittoria contro i Titani soltanto con l'aiuto dei Ciclopi, li liberò definitivamente. I Ciclopi diedero a Zeus il tuono, il lampo e il fulmine; ad Ade un elmo che rendeva invisibili, e a Poseidone un tridente. Armati in tal modo, gli Dei Olimpici sfidarono i Titani, e li fecero precipitare nel Tartaro.
I Ciclopi divennero i fabbri di Zeus e realizavano per lui le folgori. A questo titolo, incorsero nell'ira di Apollo, il cui figlio, Asclepio, era stato ucciso da Zeus con un colpo di fulmine per aver risuscitato alcuni morti. Non potendo vendicarsi su Zeus, Apollo uccise i Ciclopi, e ciò gli valse, come punizione, un anno di lavori forzati che il dio scontò pascolando le greggi di re Admeto di Fere.
Nella poesia alessandrina, i Ciclopi non sono considerati altro che demoni subalterni, fabbri e artigiani di tutte le armi degli dèi. Fabbricano, per esempio, l'arco e le frecce d'Apollo e della sorella Artemide, sotto la direzione d'Efesto, il dio fabbro. Proprio su invito di Efesto, Artemide si recò a visitare i Ciclopi nell'isola di Lipari e li trovò intenti a martellare un truogolo per i cavalli di Poseidone. Sfacciatamente, la dea disse ai Ciclopi di trascurare per qualche tempo il truogolo di Poseidone e di farle invece un arco d'argento e un bel fascio di frecce; in cambio essa avrebbe loro offerto in pasto la prima preda abbattuta.
Abitano le isole Eolie, oppure la Sicilia. Qui possiedono una fucina sotterranea, e lavorano con gran rumore. Sono proprio l'ansimare del loro fiato e il fracasso delle loro incudini che si sentono rimbombare in fondo ai vulcani siciliani. Il fuoco della loro fucina rosseggia la sera in cima all'Etna. E, in queste leggende legate ai vulcani, essi tendono a confondersi con i Giganti imprigionati sotto la massa delle montagne, e i cui soprassalti agitano talvolta il paese.
Secondo Omero, i Ciclopi sono ritenuti una popolazione di esseri selvaggi e giganteschi, dotati d'un solo occhio e di forza prodigiosa, che vivono sulla costa italiana (nei Campi Flegrei, presso Napoli). Dediti all'allevamento dei montoni, la loro sola ricchezza consiste nel gregge. Sono volentieri antropofagi e non conoscono l'uso del vino, e neppure la coltivazione della vite. Quando Odisseo giunse nella loro terra, il ciclope Polifemo, figlio di Poseidone e della ninfa Toosa, mangiò sei membri dell'equipaggio che aveva rinchiuso nella caverna. Promise a Odisseo di mangiarlo per ultimo; ma l'eroe riuscì ad ubriacarlo, lo accecò con un grosso tronco la cui punta era stata precedentemente arroventata, rubò le sue pecore e se ne andò sbeffeggiandolo.
Si attribuiva a Ciclopi (venuti, si dice, dalla Licia) la costruzione di tutti i monumenti preistorici che si vedevano in Grecia, in Sicilia e altrove, costituiti da grossi blocchi il cui peso e dimensione sembravano sfidare le forze umane. Non si tratta più dei Ciclopi di Urano, ma di tutto un popolo che si era messo al servizio degli eroi leggendari, per esempio, di Perseo per costruire le mura di cinta di Argo, Midea e Micene. Sette giganteschi Ciclopi, chiamati Gasterochiri perché si guadagnano da vivere facendo i muratori, seguirono Preto dalla Licia e fortificarono Tirinto con mura massicce, servendosi di blocchi di pietra così grandi che un paio di muli non avrebbero nemmeno potuto spostarne uno; queste mura venivano chiamate ciclopiche.

Cicno 1

Figlio di Apollo e della ninfa Iria. Giovane bellissimo, ma capriccioso e duro, tanto che finì per scoraggiare tutti i suoi amici e innamorati. Di tutti quelli che gli facevano la corte, solo Filio rimase. Cicno gli impose tre prove d'amore, una più faticosa e pericolosa dell'altra. La prima fu la cattura e l'uccisione di un leone che Filio superò con l'aiuto dell'amico Eracle. Aveva inoltre catturati vivi alcuni mostruosi uccelli antropofagi, simili ad avvoltoi e sostenuta un'aspra lotta con un toro selvaggio, che guidò poi all'altare di Zeus. Dopo queste tre fatiche Cicno, non contento, pretese anche un bue che Filio aveva vinto come premio a certi giochi funebri. Eracle consigliò a Filio di rifiutare, insistendo invece affinché Cicno tenesse fede ai patti. Cicno allora, disonorato e tutto solo, si gettò in un lago che fu chiamato lago Cicneo. Sua madre Iria lo seguì nella morte, e Apollo, per pietà, trasformò entrambi in cigni.

Cicno 2

Figlio di Poseidone e di Calice figlia di Eolo, fu re di Colone nella Troade. Era stato raccolto bambino sulla spiaggia del mare da alcuni pescatori, i quali gli diedero poi nome da un cigno che avevano visto volare verso di lui.
Più tardi Cicno sposò Procleia, una figlia di Laomedonte, che gli generò un maschio, Tenete, e una figlia, Emitea. Dopo la morte di Procleia, sposò Filonome, figlia di Tragaso. Filonome si innamorò del suo figliastro Tenete, e non essendo riuscita a sedurlo, per vendicarsi lo accusò di aver tentato di usarle violenza. Chiamò il flautista Molpo come testimone e Cicno, credute le loro parole, chiuse Tenete e sua sorella Emitea in un cofano che abbandonò alle onde del mare. Essi approdarono all'isola di Leucofri, che significa "bianco ciglio", e vi furono accolti benevolmente dagli abitanti, che elessero re Tenete e chiamarono Tenedo la loro isola. Quando scoprì la verità, Cicno fece lapidare Molpo, seppellì viva Filonome e, saputo che Tenete scampato alla morte viveva a Tenedo, andò a chiedergli perdono. Ma Tenete, che ancora covava un sordo rancore, tagliò con una scure gli ormeggi della nave di Cicno: di qui la frase proverbiale per descrivere un irato rifiuto: "Scacciare da Tenedo con un'ascia". Alla fine, tuttavia, Tenete si placò e permise che Cicno si stabilisse presso di lui a Tenedo.
Con il figlio Tenete accorse in aiuto di Troia assediata dai Greci. Achille uccise Tenete, ma non potè uccidere Cicno, poiché questi aveva ricevuto dal padre il dono dell'invulnerabilità alle armi umane. Ma Achille, dopo averlo invano assalito a colpi di lancia e di spada, lo percosse furiosamente in viso con l'elsa e lo costrinse a indietreggiare; infine Cicno cadde incespicando in un sasso e Achille gli fu subito addosso: premendogli le ginocchia sul petto lo strozzò con i cinturini dell'elmo. Poseidone tuttavia trasformò l'ombra del figlio in un cigno che volò via.

Cicno 3

Figlio di Ares e della ninfa Pelopia, usava offrire ricchi premi agli ospiti i quali volessero misurarsi con lui in una gara di corsa con i cocchi. Cicno, che vinceva sempre, tagliava le teste degli avversari e ne usava i crani per decorare il tempio del padre suo Ares.
Apollo, irritato con Cicno perché attaccava soprattutto i pellegrini diretti al santuario di Delfi, incitò Eracle ad accettare la sua sfida. Fu convenuto che l'auriga di Eracle fosse Iolao, e l'auriga di Cicno il padre suo Ares. Eracle, benché ciò fosse contrario alle sue abitudini, indossò per l'occasione i lucidi schinieri di bronzo che Efesto aveva fabbricati per lui e la corazza aurea donatagli da Atena. Armato con arco, frecce, lancia, il capo coperto dall'elmo e al braccio lo splendido scudo donatogli da Zeus, pure opera di Efesto, agilmente montò sul suo cocchio.
Atena, discesa dall'Olimpo, avvertì Eracle che, pur avendo ottenuto da Zeus la facoltà di uccidere e spogliare Cicno, non doveva far altro che difendersi da Ares e, anche se vittorioso, non poteva privarlo dei suoi cavalli e della sua splendida armatura. Poi la dea salì sul cocchio accanto a Eracle e a Iolao, scrollò l'egida, e la Madre Terra gemette mentre il cocchio scattava in avanti.
Cicno si scagliò verso gli avversari a tutta velocità, e per la violenza dell'urto tra i due cocchi cadde a terra con Eracle, lancia contro scudo. Subito balzarono in piedi tutti e due e, dopo breve lotta, Eracle trapassò il collo di Cicno. Poi affrontò coraggiosamente Ares che gli scagliò contro la lancia; ma Atena, corrugando sdegnosamente la fronte, la fece deviare. Ares allora si precipitò su Eracle con una spada in mano, ma riuscì soltanto a buscarsi una ferita alla coscia ed Eracle gli avrebbe inferto un altro colpo mentre il dio giaceva al suolo, se Zeus non avesse separato i due contendenti con una folgore. Eracle e Iolao allora spogliarono Cicno della sua armatura e ripresero il viaggio interrotto, mentre Atena trasportava sull'Olimpo Ares svenuto.
Cicno fu sepolto da Ceice nella valle dell'Anauro ma, per ordine di Apollo, le acque del fiume in piena spazzarono via la sua pietra tombale.
Alcuni dicono che Eracle uccise Cicno con una freccia presso il fiume Peneo, oppure a Pagase.

Cicno 4

Figlio di Ares e di Pirene, fu ucciso da Eracle.
Mentre Eracle si accingeva a compiere l'undicesima fatica, quella di cogliere le mele d'oro nel giardino delle Esperidi, sulle rive del fiume Echedoro, in Macedonia, si imbattè con Cicno, figlio di Ares, che lo sfidò a duello. Ares fece da secondo a Cicno e incitò i duellanti. Cicno venne ucciso; ma, allorché Ares accorse a vendicare il figlio e stava per azzuffarsi con Eracle, Zeus scagliò una folgore tra di loro e interruppe il combattimento.

Cicno 5

Re dei Liguri, imparentato con l'auriga Fetonte di cui era anche l'amante. Quando Fetonte venne folgorato da Zeus, Cicno disperato invocò la pietà di Apollo il quale lo trasformò in cigno e lo dotò di una voce melodiosa. Ma poiché Zeus aveva causato la morte di Fetonte, l'uccello volle allontanarsi dal cielo e poiché Cicno aveva pianto la morte dell'amato Fetonte con un canto, da allora i cigni possono cantare un'ultima canzone" per lamentare la loro morte.

Edited by demon quaid - 10/12/2014, 19:50
 
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