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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 19/7/2010, 11:09 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Cicreo

Nella mitologia greca, Cicreo era il nome di uno dei figli di Poseidone e della ninfa Salamina, figlia del dio del fiume Asopo.

Un serpente faceva flagello dell'isola di Salamina, nessuno del luogo riusciva a stanare la bestia fino a quando Cicreo riuscì a cacciarla ed ucciderla, quando il popolo vide il cadavere del mostro decisero che Cicreo dovesse diventare il re. Ebbe una figlia Cariclo ma non figli maschi, questo fu un problema per la successione ed alla fine scelse Telamone, il figlio di Eaco, suo lontano parente.

Secondo alcuni autori in realtà il serpente era stato cresciuto e allevato dallo stesso Cicreo e alla fine fu un altro eroe, Euriloco. In tale versione l'animale trovò rifugio presso uno dei templi della dea Demetra. Per quanto riguarda il nome della figlia, secondo un'altra tradizione era Glauce che una volta sposata con Atteo ebbe un figlio, lo stesso Telamone che divenne in seguito re.

A Salamina attribuivano grandi onori a Cicreo, si racconta che durante la battaglia navale intercorsa a Salamina il serpente sbalzò fuori dall'acqua e attaccò le navi nemiche. L'oracolo stesso di Delfi decise che quel mostro era in realtà una reincarnazione del mostro collegato all'antico eroe.

Cidippe

Nella mitologia greca ci sono due diversi personaggi di nome Cidippe

* Cidippe era la madre di Cleobi e Bitone.

Cidippe, sacerdotessa di Hera, doveva recarsi a partecipare ad una cerimonia in onore della dea, ma il bue che avrebbe dovuto trainare il suo carro non arrivava. Così i suoi due figli Bitone e Cleobi trainarono loro stessi il carro lungo tutta la strada (45 stadi; circa 8 km). Cidippe fu molto impressionata dalla loro devozione verso di lei e chiese ad Hera di fare ai suoi figli il dono più bello che un dio potesse fare ad un mortale. Hera allora fece sì che i due fratelli morissero all'istante, dato che il miglior dono che potesse fare loro era concedergli di morire senza sofferenze nel momento di massima devozione.

Questa è la versione della leggenda riferita da Erodoto (Storie 1.31), e venne usata dall' ateniese Solone per spiegare a Creso chi fossero state le persone più felici della storia.

* Cidippe era la figlia di Egetoria ed Ochimo.

Sposò il fratello del padre, Cercafo, che ereditò così il regno dell'isola di Rodi.

Secondo una diversa versione della leggenda Ochimo promise Cidippe ad Ocridio ma Cercafo che era innamorato di lei la rapì, e non fece più ritorno sull'isola finché Ochimo non fu diventato molto vecchio..

Cidone

Nella mitologia greca, Cidone era il nome di uno dei figli di Ermes e di Acacallide.

Cidone è diventato famoso per aver fondato una città, nell'isola di Creta che prese il nome da lui, Cidonia. Strabone affermava che tale popolo risiedeva nella parte occidentale della vasta isola

Molti sono i pareri che i mitografi tramandano sulla sua origine, dove diversi popoli ne reclamano la paternità, come ad esempio gli Arcadi, e più precisamente gli abitanti della città di Tegea affermavano che in realtà Cidone fosse figlio di Tegeate, il loro eroe eponimo. Altri racconti invece vedevano come padre il divino Apollo.

Cilice

Cilice è una figura della mitologia greca, figlio di Agenore e di Telefassa.

Suo padre lo inviò assieme ai suoi fratelli alla ricerca di sua sorella Europa rapita da Zeus.

Nel corso delle peregrinazioni, Cilice, divenne l'eroe eponimo e il capostipite dei cilici.

Cilla

Nella mitologia greca, Cilla era la sorella di Priamo e figlia di Laomedonte e Strimo.

Quando suo fratello Priamo salì al potere a Troia, Cilla prese segretamente in nozze un suo compatriota, Timete, che gli generò un figlio chiamato Munippo. Nello stesso periodo la sua cognata Ecuba aspettava anch'ella un bambino da Priamo. Quando quest'ultima ricevette un sogno dagli dei, in cui si vedeva partorire una fascina di serpenti al posto di un bambino, Priamo consultò subito suo figlio Esaco, il quale era un indovino, e gli domandò il significato di quell'incubo. Esaco rivelò che il figlio destinato a nascere avrebbe provocato la fine della città.

Passato del tempo, Ecuba mise al mondo un bambino, poco dopo la nascita del figlio di Cilla. Esaco convinse Priamo a uccidere i bambini appena nati con le loro madri, ma il re di Troia, non avendo il coraggio di uccidere sua moglie e suo figlio, uccise invece Cilla e Munippo, facendoli seppellire nel santuario di Troo.

Cilla (auriga)

Nella mitologia greca, Cilla o Cillade era famoso per essere l'auriga di Pelope

Cilla regnava su una parte della Troade, fra cui le città vi era proprio una fondata da lui, e che portava il suo stesso nome (Cilla). Rese servizio di auriga a Pelope e lo accompagnò durante il viaggio dalla Licia al Peloponneso, visto che avrebbe dovuto affrontare Enomao in una gara di cocchio. Qui durante un attraversamento di un fiume, annegò miseramente.

Cillaro

Nella mitologia greca, Cillaro era il nome di uno dei centauri di cui si racconta nel mito.

Cillaro, giovane e bello suscitò le voglie bramose di una donna della sua stessa razza di nome Ilonome, la donna non poté mai coronare il suo sogno d'amore in quanto Cillaro durante le tumultuose nozze di Piritoo, nella gran battaglia che ne seguì, contro i Lapiti venne ucciso, alla donna centauro non rimase altro che la morte, e si suicidò.

Cillene

Nella mitologia, Cillene è una naiade (ninfa delle sorgenti) arcade, a volte considerata moglie e a volte madre di Licaone. Nel secondo caso, è designata come moglie di Pelasgo.

Cillene diede il suo nome all'omonimo monte, il più alto nel territorio dell'Arcadia del nord. Ivi nacque Ermes, e forse per questo Cillene viene indicata come sua nutrice nella prima infanzia.

Cimotone


Cimotone, nella mitologia greca, assieme a Marsia e Lino, è figlio di Eagro, un dio fluviale. È fratello quindi o fratellastro di Orfeo, il musico tracio protagonista della storia di amore con Euridice.

Cinghiale calidonio

Nella mitologia greca, il cinghiale di Calidone o calidonio è un cinghiale di straordinaria possanza che compare in diversi miti come antagonista di grandi eroi. Fu mandato da Ares, per gelosia, a uccidere Adone quando costui si innamorò di Afrodite.

Il cinghiale trovò la morte nella caccia calidonia, una battuta di caccia organizzata dal re Oineo di Calidone. Il cinghiale era stato inviato da Artemide a distruggere i campi di Calidone perché Oineo era venuto meno nelle offerte votive. Per liberarsi della belva, Oineo organizzò una caccia in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco; tra gli altri, Castore e Polluce, i Cureti, Ida e Linceo, Admeto e Atalanta.

Cinira e Mirra

Cinira o Teia e sua figlia Mirra o Smyrna sono due personaggi della mitologia greca. La loro unione incestuosa avrebbe generato Adone.

Il mito di Cinira e Mirra è descritto in alcune fonti classiche greco-latine e, pur contemplando degli arricchimenti e delle varianti anche significative, segue sostanzialmente lo schema narrativo descritto nell'opera in lingua greca chiamata Biblioteca, un vasto compendio di mitologia greca attribuito allo Pseudo-Apollodoro scritto probabilmente tra il I secolo e il II secolo d.C. che ha influenzato tutti i mitografi successivi fino all'epoca moderna.

La nascita di Adone


Il brevissimo racconto dello Pseudo-Apollodoro (citando come fonte più antica il poeta epico Paniassi) indica Teia come un re assiro la cui unica figlia, Smyrna, viene punita da Afrodite, adirata per la sua scarsa devozione, facendola innamorare del padre.
La giovane donna, per merito della compiacente nutrice, riesce a giacere dodici notti di seguito con un Teia inconsapevole della sua vera identià, fino a quando non desidera vederla in volto alla luce di un lume per scoprire così l'inganno della figlia, e tramutato il piacere in ira, inseguirla per ucciderla.
Smyrna fugge pregando gli dei di renderla invisibile e costoro, pietosi, la trasformano in un albero dalla resina profumata: la mirra. Dopo nove mesi l'albero si apre e dal suo fusto viene alla luce il bellissimo Adone.

La nascita di Adone dall'albero-donna, allo stesso modo della preziosa gommaresina largamente utilizzata in Grecia, appare qui funzionale al successivo mito di morte e resurrezione rappresentato da Adone morente, azzannato da un cinghiale mentre caccia nel bosco; Adone che feconda la terra col suo sangue e che rinasce ogni primavera, come la vegetazione.

È in questi termini, infatti, che la divinità veniva festeggiata dagli abitanti dell'antica Biblo nella descrizione che ne fa Luciano di Samosata nella sua De Dea Syria.

Il culto di Adone che aveva il suo santuario più grande a Biblo era la diretta trasposizione di quello della divinità mesopotamica Tammuz; una divinità legata al ciclo delle stagioni il cui appellativo Adon, che significa signore, verrà successivamente interpretato dai Greci come nome proprio del dio.

Un narrazione forse contemporanea del mito è quella ci ha lasciato Igino, erudito latino di origine spagnola vissuto a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., in una delle sue Fabulae. Nel racconto di Igino sono presenti due significative varianti e la vicenda, sempre concisa, è descritta in toni più drammatici.

La prima variante è che la causa che scatena l'ira di Afrodite è ora l'ubris della madre Cencrèide che afferma che sua figlia Mirra è più bella della dea dell'amore. La fanciulla, scossa da questo «amore mostruoso», tenta il suicidio, ma senza successo venendo salvata dalla nutrice.

La seconda variante concerne il significato che assume la nascita di Adone. Grazie alla nutrice, Mirra riesce a giacere con il padre per poi scappare nei boschi, «spinta dal pudore», una volta accortasi di essere incinta. Afrodite ne ha pietà e la trasforma nell'albero della mirra da cui, nove mesi dopo, nasce Adone di cui viene detto «che fece scontare [ad Afrodite] le sofferenze della madre»[7]. Il finale della fiaba di Igino è un riferimento al dolore che sconvolgerà anni dopo una innamorata Afrodite per la morte del giovane e bello Adone chiudendo idealmente, in questo modo, il ciclo della colpa all'origine della vicenda.


Le metamorfosi di Mirra
« ...poi, nascondendo il volto con la veste per la vergogna, sospira: "Beata te, mamma, che l'hai sposato!". Non dice altro e geme. Un brivido di gelo corre per il corpo della nutrice, che ormai ha capito, fin dentro le ossa, e sul capo le si rizzano i capelli, arruffando tutta la canizie. »

Un altro autore classico che tratta significativamente del mito è il poeta latino Ovidio che gli dedica una sezione del decimo libro delle Metamorfosi.

Il poema delle Metamorfosi segue lo schema del racconto dello Pseudo-Apollodoro, ma, oltre a introdurne le varianti presenti nel racconto di Igino (significative anche perché riprese attraverso il testo di Ovidio da molti autori successivi), offre un intenso ritratto dei protagonisti, elegantemente tratteggiati in una vicenda di grande pathos drammatico completamente diversa, come stile, dagli scarni e dizionarieschi resoconti precedenti. Ora il protagonista non è più il mito della nascita di Adone (che occupa una parte assai breve del racconto), ma il dramma interiore di Mirra e l'amore morboso che la consuma.

Cinira (Cinyra) è ora un cipriota nativo di Pafo e «se fosse rimasto senza prole, si sarebbe potuto annoverare fra le persone felici». Il riferimento a Pafo attesta, significativamente, della diffusione che aveva avuto il culto di Adone da parte dei Fenici nell'isola di Cipro e di lì in Grecia. Tutte le successive rappresentazioni del mito attesteranno Cipro come luogo della vicenda obliando il primitivo riferimento alla Mesopotamia delle versioni letterarie più antiche. Il luogo dove si svolgono le vicende del poema di Ovidio è la Pancaia (Panchaea), un'isola favolosa sulla costa dell'Arabia citata per la prima volta dallo storico, etnografo e viaggiatore greco di età ellenistica, Evemero.

Ovidio avverte il lettore dell'empietà di cui sta per narrare che, per fortuna, riguarda una terra lontana il cui profumato incenso degli alberi, dice il poeta, non avrebbe dovuto meritare tanta sofferenza per essere prodotto.

Con quel misto di fascino (nell'indugiata e accorata descrizione dei sentimenti della fanciulla alla vicinanza del padre) e riprovazione (nei richiami infiammati al lettore per condannare l'impudicizia della vicenda) che costituisce il tono della sua elegia erotica, Ovidio descrive il tormento crescente di Mirra per un amore tanto intenso quanto impuro.

Il voler mettere fine a questa angoscia conduce Mirra a tentare il suicidio impiccandosi, ma la fanciulla viene salvata in tempo dalla anziana nutrice. A seguito delle insistenze e delle preghiere della balia, Mirra rivela il suo amore straziante per il padre.

La nutrice, dopo aver giurato di aiutarla, propone a Mirra di sostituirsi nel letto alla madre Cencrèide. Questa, infatti, partecipando ai misteri in onore della dea Cerere (festeggiata in quel periodo dell'anno) faceva voto di astenersi dai rapporti sessuali.

È lo stesso Cinira ad ordinare che Mirra venga condotta nel suo talamo, quando apprende dalla nutrice che una giovane e splendida vergine «dell'età di Mirra» spasima per lui, non immaginando che si tratti proprio della figlia. Mirra, turbata fra rimorso e desiderio, ma convinta dalla determinazione dell'anziana nutrice, fa l'amore con il padre.

La vicenda prosegue concordemente alla struttura narrativa già vista.
I due giacciono assieme per diverse notti fino a che Cinira, desideroso di vedere la sua amante, accende una lampada e si accorge della verità. La fanciulla, gravida, abbandona la Pancaia per sfuggire dalle ire del padre che vuole ucciderla.

La fuga, a differenza delle redazioni precedenti del mito, si svolge senza sosta per tutto il periodo della gravidanza fino a che Mirra, già prossima a partorire, giunge, infine, nella lontana terra di Saba. Spossata, la ragazza ammette agli dei la propria colpa e chiede di essere bandita sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Gli dei ascoltano la sua preghiera e Mirra, piangente, viene trasformata in un albero che stilla gocce di pianto profumato dalla corteccia nella descrizione piena di lirismo che ne fa Ovidio.

L'ultimo atto è la nascita di Adone, «creatura mal concepita cresciuta sotto il legno», che cerca di uscire dalla prigione arborea in cui si è tramutata la madre che non ha voce per chiamare Giunone Lucina. La dea, impietosita, accorre comunque vicino all'albero, impone le sue mani sulla corteccia tesa e gonfia e pronunciando la formula del parto vi apre un varco. Dall'apertura esce un bellissimo neonato che viene subito preso in cura dalle Naiadi che lo ungono con le lacrime della madre.

Ovidio conclude il poema con l'immagine di Adone oramai uomo e la stessa formula del racconto di Igino: «che piace persino a Venere e vendica la passione materna».

Cinorta

Nella mitologia greca, Cinorta era il nome di uno dei figli di Amicla e di Diomeda e nipote di Lacedemone.

Cinorta viveva in Laconia con la sua famiglia, fra cui il suo fratello minore Giacinto, divenne famoso per aver fondato la città di Amicla. Il re morì lasciando tutto il suo regno nelle mani del figlio maggiore, di nome Argalo, costui morì di li a poco, senza che avesse avuto tempo per eleggere un successore o avere progenie, in tal caso fu Cinorta ad essere il nuovo re.

Cinosura (mitologia)

Nella mitologia greca, Cinosura (dal greco "coda di cane") era il nome di una ninfa che viveva a Creta.

Secondo il mito, Cinosura, assieme alla sua compagna Elice, è stata una delle nutrici di Zeus. Il padre di Zeus, Crono, aveva deciso di divorare tutti i suoi figli poiché un oracolo gli aveva predetto la morte per mano di uno di essi. Solo Zeus non fu divorato dal padre, grazie anche all'aiuto di Cinosura. Per vendicarsi dell'affronto subito, Crono cercò di catturare le due ninfe; ma Zeus lo impedì trasformando Cinosura, in un tentativo estremo di salvarle la vita, in una costellazione.

Prima della sua scomparsa, Cinosura diede il proprio nome ad una località dell'isola in cui viveva.

Ciparisso


Ciparisso nella mitologia greca era figlio di Telefo e assieme a Giacinto fu uno degli amori omosessuali del dio Apollo.

Apollo donò al ragazzo un cervo, ma Ciparisso lo uccise accidentalemte con un giavellotto.

Ciparisso chiese ad Apollo di permettere alle sue lacrime di scorrere per sempre. Apollo trasformò il ragazzo in un cipresso, la cui resina sul tronco forma gocce simili a lacrime.
 
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