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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 20/8/2010, 11:47 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Elettra (pleiade)

Elettra è una figura della mitologia greca, figlia di Atlante e Pleione.

Era una delle Pleiadi, insieme con le sette sorelle, Maia, Taigete, Alcione, Celeno, Sterope e Merope. Insieme a loro, Elettra abitava l'isola di Samotracia.

Gli amori con Zeus


Elettra, insieme a due delle sue sorelle, fu amata da Zeus; dalla loro unione nacque Dardano, il capostipite della dinastia di Troia, il quale abbandonò la terra in cui la Pleiade l'aveva dato alla luce per recarsi in Troade. Il figlio secondogenito che ebbe da Zeus era Iasione, il quale da adulto fu amante della dea Demetra. Infine ebbe anche una figlia, Armonia che il padre degli dèi assegnò come sposa all'eroe Cadmo.

Talvolta le si attribuiva un quarto figlio che avrebbe sempre avuto da Zeus, Emazione, che, al contrario dei suoi fratelli, rimase in Samotracia e qui vi regnò fino alla sua morte.

La vicenda del Palladio


La leggenda di Elettra si ricollegava anche al sacro Palladio. Zeus, colpito da un violento amore per lei, volle violentarla ma la fanciulla fuggì e cercò asilo gettandosi presso il prezioso simulacro. Tuttavia a nulla servì poiché Zeus riuscì nel suo intento e rese incinta la giovane. Del sangue vaginale caduto, segno della perduta verginità, cadde sulla statua, profanandola. Adirata, la dea Atena, proprietaria del simulacro, scaraventò il Palladio e la stessa Elettra sulla terra. Oppure fu lo stesso Zeus, irato per l'opposizione di Elettra, a gettarla indignato sulla terra.

Secondo altre leggende fu proprio Elettra a donare il sacro simulacro a suo figlio Dardano, il quale la pose all'interno della città che fondò, come protezione per l'intera rocca.

La fine

Al termine della guerra di Troia, Elettra, che aveva assistito dall'alto del cielo a tutte le gesta dei discendenti del suo illustre figlio, si consumò di dolore alla vista della mitica città di Troia in fiamme. Per la disperazione fu tramutata, insieme alla sue sorelle, in stella, nell'attuale costellazione delle Pleiadi.

La leggenda italica

La versione della leggenda che davano le popolazioni italiche era ben diversa; la Pleiade Elettra, moglie del re etrusco Corito, (secondo alcune leggende figlio di Zeus e della stessa Elettra) diede al marito due figli: Dardano e Iasione.

Elettrione


Elettrione è un personaggio della mitologia greca, figlio di Perseo, marito di Euridice. Ebbe dieci figli e una figlia, di nome Alcmena.

Quando il padre morì, Elettrione divenne re di Micene.

Quando giunsero i figli di Pterelao, chiedendo che Elettrione restituisse il trono che era stato del loro antenato Mestore, Elettrione rifiutò, scatenando una guerra che uccise tutti i figli maschi sia di Elettrione (solo Licimnio ebbe salva la vita) che di Pterelao, fra i quali si salvò solo Everes.

Dopo la battaglia, Elettrione fu costretto alla fuga.

Elettrione fu poi ucciso da Anfitrione, marito di Alcmena, ma secondo altre fonti, fu ucciso durante un litigio.

Eliadi

Nella mitologia greca le Eliadi, figlie di Elio (il Sole) e dell'oceanina Climene, sono le sorelle di Fetonte.

Quando il fratello morì cadendo nel fiume Eridano, iniziarono a piangere senza sosta, tanto che le loro lacrime si tramutarono in ambra e loro stesse si trasformarono in pioppi.

I loro nomi ed il loro numero varia a seconda degli autori, tra loro si possono citare: Astride, Dioxippe, Egle, Elie, Febe, Fetusa e Lampezia.

Elicaone

Nella mitologia greca, Elicaone (o Licaone) era uno dei figli del vegliardo troiano Antenore e di Teano, sua moglie legittima e sacerdotessa di Atena. Insieme a tutti i suoi fratelli, egli partecipò alla guerra di Troia, ma molto probabilmente non compì azioni molto rilevanti, dato che non è quasi mai ricordato come in battaglia.

Elieo


Nella mitologia greca, Elieo era il nome del padre di Eunosto di Tanagra

Eunosto decretandosi innocente di uno stupro fu invece ucciso dai fratelli della vittima Bucolo, Leonte e Echemo (o Ochemo a seconda delle fonti). Elieo vedendosi il figlio ucciso giurò di trovare giustizia e vendetta. Dapprima riuscì a catturare i fratelli assassini e li cacciò via dal regno, successivamente volendo comprendere la realtà della vicenda parlò con Ocna, la ragazza che aveva dichiarato di essere stata maltrattata. La donna si pentì affermando che era innamorata di Eunosto e vedendosi rifiutata inventò la storia. La vendetta fu compiuta quando la ragazza non trovando pase si uccise impiccandosi.

Elio

Nella mitologia greca era la personificazione del Sole, come corpo celeste e datore di luce, più tardi confuso con Apollo; era figlio del titano Iperione (la più antica personificazione del Sole) e di Teia, fratello di Selene (la Luna) e di Eos (l'Aurora). Nel mito fu il dio "che cammina al disopra" di tutte le cose. Risvegliato dal canto del gallo, che gli è sacro, e preceduto dall'Aurora, egli guida ogni giorno la sua quadriga attraverso la volta celeste, dallo splendido palazzo che sorge a oriente, nella Colchide, fino a un palazzo egualmente splendido nell'estremo occidente, dove scioglie i cavalli e li lascia pascolare nelle Isole dei Beati. Poi torna a oriente percorrendo il fiume Oceano che scorre attorno al mondo, carica cocchio e cavalli su una nave dorata costruita da Efesto e dorme tutta la notte in una comoda cabina. Una sola volta Elio mutò il suo corso, allorché Atreo, su consiglio di Zeus, propose al fratello Tieste di cedergli il trono di Micene, posto che il sole muti il suo corso. Tieste acconsentì ad abdicare se un simile prodigio si fosse verificato. Al che Zeus sovvertì le leggi della natura, ed Elio, giunto a metà del suo viaggio nel cielo, fermò il cocchio e voltò i cavalli verso l'alba e quella sera, per la prima e per l'ultima volta, il sole tramontò a oriente. Così Atreo regnò definitivamente sulla città.
Dall'immagine primitiva con la quale si paragonò il Sole a una ruota fiammeggiante che si volge per il cielo, si passò ben presto a quella del carro che percorre il cielo, tirato da focosi cavalli splendidi, lucenti, spiranti fuoco, e chiamati Piroide, Eoo, Etone e Flegone. Omero non sa nulla ancora del cocchio né dei destrieri infuocati.
Elio ebbe come moglie Perseide, una delle figlie di Oceano e di Teti, da cui nacquero vari figli: la maga Circe, Eete, che regnò nella Colchide, dove Elio aveva il suo aureo palazzo, e Pasifae, che fu moglie di Minosse, e un figlio, Perse, il quale spodestò il fratello Eete, e fu ucciso dalla propria nipote, Medea. Inoltre, Elio si unì a varie altre donne: la ninfa Rodo, dalla quale ebbe sette figli, gli Eliadi; Climene, una delle sorelle di sua moglie Perseide, la quale gli diede Fetonte e cinque figlie, anch'esse chiamate le Eliadi; Leucotoe, figlia d'Orcamo e d'Eurinome. Figli di Elio erano considerati Augia, che fu re dell'Elide, e soprattutto Fetonte ("il brillante"), che presso Omero è solo un attributo del dio e più tardi divenne persona. Nel mito di Fetonte, ampiamente esposto da Ovidio (Metamorfosi, I, II), Elio cedette alle insistenze del suo figliolo che da tempo gli chiedeva di poter guidare il cocchio del Sole. Fetonte voleva dar prova della sua abilità alle sorelle; e sua madre Climene lo incoraggiò all'impresa. Ma poiché gli mancava la forza necessaria per controllare lo slancio dei bianchi cavalli che le sue sorelle avevano aggiogato al carro, si lasciò trascinare dapprima così alto nel cielo che tutti i mortali rabbrividivano per il freddo, e poi così vicino alla terra da inaridire i campi. Zeus, in un impeto di collera, lo annientò con la folgore e Fetonte precipitò nell'Eridano (Po).
Nel mito, Elio si presenta anche come pastore. Infatti nell'isola di Trinacria, poi identificata con la Sicilia, aveva sette mandrie di giovenche e sette greggi di pecore, ciascuna formata da cinquanta capi, il cui numero non aumentava né diminuiva mai, custodite da due ninfe Fetusa, ("la splendente"), e Lampezia, ("la brillante"), figlie di Elio e di Neera. Si spiegò questo armento come l'immagine dell'anno primitivo di trecentocinquanta giorni e altrettante notti, divisi in cinquanta settimane. Altri ritenne che l'armento bianco-rosato del Sole fosse l'immagine delle nuvole che accompagnano il Sole quando sorge e quando tramonta. Più tardi Elio fu identificato con Apollo, che pure ci è presentato come pastore.
Elio tutto vede e dappertutto penetra, ma non è un acuto osservatore e non si accorse nemmeno che i compagni di Odisseo rubavano il bestiame a lui sacro. Questi buoi del Sole, che furono mangiati dai compagni di Odisseo, erano animali d'un candore immacolato, dalle corna dorate, ed erano custodite dalle figlie del Sole, le Eliadi. Anche il gigante Alcioneo rubò due volte i sacri bovini di Elio, da Erizia e dalla cittadella di Corinto. Gli Argonauti, invece, veleggiando lungo le coste orientali della Sicilia, videro i bianchi greggi di Elio pascolare presso la riva, ma resistettero alla tentazione di rubare qualche capo.
Eracle, mentre attraversava il deserto africano, incoccò una freccia nell'arco e la scagliò contro Elio, perché non riusciva a lavorare con tale calura. Si scusò poi col dio e subito allentò l'arco. Per non essere da meno in fatto di cortesia, Elio imprestò a Eracle la sua nave d'oro, perché in essa navigasse per raggiungere le mandrie di Gerione nell'isola di Erizia.
Rodi è il suo dominio. Accadde che, mentre Zeus assegnava isole e città ai vari dèi, si scordasse di Elio. Accertatosi della sua dimenticanza, pensò di ricominciare tutto daccapo; ma Elio, con cortesia, gli disse che si sarebbe accontentato dell'isola di Rodi appena emersa dal mare, e ne prese possesso. Colà generò nella ninfa Rodo sette figli e una figlia, Elettriona, che morì vergine e fu onorata come semidea. Zeus aggiunse ai possedimenti di Elio anche l'isola di Sicilia, che fu scagliata in mare durante la battaglia con i Giganti. Quando Poseidone vantò pretese su Corinto, la città di Elio, ottenne soltanto l'Istmo, mentre Elio fu ricompensato con l'acropoli della città.
Egli è concepito come rivelatore e punitore delle colpe degli uomini e degli dèi, e perciò si usa invocarlo con Zeus nei giuramenti e nelle testimonianze. Omero racconta che Elio informò Efesto del convegno amoroso di Ares con Afrodite, e questa, per vendicarsi dell'azione delatoria del dio, aveva ispirato a tutti i figli di Elio amori abominevoli (esempio tipico quello di Pasifae per il toro). nell'inno omerico a Demetra Elio rivela alla dea da chi e come le fu rapita la figlia Persefone; più tardi per opera degli Orfici Elio divenne la fonte della sapienza e il dispensatore della prosperità e di ogni vita. Elio da Euripide in poi fu tenuto lo stesso che Apollo, cioè il dio onniveggente della vaticinazione: dal che derivò anche il soprannome di Febo.
Il dio Sole ebbe il suo culto nell'isola di Rodi, dove in suo onore si celebravano annualmente grandi feste di cui facevano parte gare ginniche e musicali. A Rodi, all'ingresso del porto, s'innalzava il "Colosso di Rodi", una statua colossale di bronzo di Elio, una delle sette meraviglie del mondo. Gli erano sacri il gallo, il nunzio del giorno, gli animali di colore bianco e rosso, e in specie il cavallo. Elio fu nume supremo a Corinto; il suo culto, considerato da alcuni di origine eolica, decadde in seguito all'immigrazione dorica. Ebbe culto anche nell'Elide, ad Argo.
A Roma si trovano tracce di un culto del dio Sole: era certo venerato presso i Sabini. L'antico santuario di Sol a Roma sul Quirinale era attiguo al tempio di Quirino, divinità di origine sabina. Augusto consacrò al dio Sol il 9 di agosto, giorno della battaglia di Farsalo. Nel circo gli era sacro l'obelisco, e vi aveva un tempio; era pure il protettore dei giochi del circo e dello spazio loro riservato, come guidatore della quadriga del cielo.

Elimo

Elimo fu figlio illegittimo di Anchise e col compagno Egeste fondò numerose città in Sicilia.

Dette il suo nome al gruppo di coloni Troiani con lui immigrati che formarono in seguito il nucleo del popolo elimo.

Elle

Elle, è un personaggio della mitologia greca. Era nata dal primo matrimonio di Atamante re di Beozia con Nefele, da cui era nato anche Frisso. Quando Atamante in seconde nozze sposò Ino, figlia di Cadmo, costei per disfarsi di Elle e Frisso, ne propose il loro sacrificio agli dei. I due comunque avvertiti per tempo e con l'aiuto di Ermes riuscirono a fuggire su di un montone dal vello d'oro. Tuttavia quando stavano per sorvolare lo stretto che divide l'Europa dall'Asia Elle vi cadde dentro. Quello stretto da allora venne chiamato Ellesponto.

Elleno


Elleno nella mitologia greca era il figlio di Deucalione e Pirra (o secondo altre versioni figlio di Zeus). Re di Phthia (in Tessaglia) è l'eroe eponimo degli Elleni.

Secondo il mito Elleno avrebbe infatti sposato la ninfa Orseide; i loro figli sarebbero diventati quindi i capostipiti di tutte le tribù greche: Ioni, i figli di Ione o di Io, Eoli, i figli di Eolo, Achei, detti anche Danai, i figli di Danao o di Acheo. Anche i Dori, che pare non fossero di stirpe ellenica, vollero legittimarsi rendendo Doro, il loro padre eponimo, il quarto e ultimo figlio di Elleno.

A queste popolazioni è stato dato il nome di Elleni e la loro patria fu chiamata Ellade, che corrisponde all'attuale Grecia continentale.

Emone

Emone, personaggio della mitologia greca, era figlio di Creonte, re di Tebe, e di Euridice.

Svolge un ruolo importante in due miti raccolti nelle tragedie I sette contro Tebe (di Eschilo) e Antigone (di Sofocle).

Quando Edipo lasciò il trono di Tebe, i suoi due figli, Eteocle e Polinice si accordarono di avvicendasi al trono ogni anno e, non mostrando alcuna attenzione per il padre, quest'ultimo li maledisse.

Dopo il primo anno, Eteocle rifiutò di lasciare il trono e Polinice attaccò Tebe. Entrambi i fratelli morirono nella battaglia. Creonte ascese al trono di Tebe e decretò che Polinice non fosse seppellito.

Antigone, sua sorella, disobbedì all'ordine, ma fu scoperta. Creonte ordinò che fosse seppellita viva, nonostante fosse promessa a suo figlio, Emone.

Gli dei, attraverso il profeta cieco Tiresia, espressero la loro disapprovazione e lo convinsero a revocare l'ordine: Polinice fu seppellito ma, quando Creonte arrivò alla tomba dove la sorella sarebbe stata sotterrata, si scoprì che Antigone si era suicidata piuttosto che essere seppellita viva.

Qui subentra il ruolo tragico di suo figlio, Emone: egli attacca il padre, denunciandone la crudeltà, e poi si uccide. Ne segue la fine dell'intera famiglia, con il suicidio della madre e dello stesso Creonte.

Empusa


Nella mitologia greca, Empusa è un mostro soprannaturale femminile, che apparteneva alla cerchia di Ecate e che aveva l'abitudine di terrorizzare i viaggiatori. Essa spaventava o addirittura divorava coloro che percorrevano i sentieri o le strade da lei frequentati. La Empusa poteva assumere qualsiasi forma: le più ricorrenti erano quelle di cagna o di vacca e, per attirare le proprie vittime, poteva mutare l'aspetto in quello di una donna debole o seducente; in quest'ultimo caso si poteva intrufolare nei letti dei giovani. Nonostante la metamorfosi, a uno sguardo più attento Empusa rivelava ancora caratteri mostruosi o bizzarri, come una gamba di sterco d'asina e una di bronzo. Talvolta aveva il retro d'asina e sandali di bronzo.

Anche Empusa, come le lamie, può venire considerata una sorta di vampiro ante litteram in quanto si nutriva di sangue e carne umana.

Enalo


Nella mitologia greca, Enalo era il nome di un eroe di cui si raccontano le gesta nel mito.

Di ricca famiglia, si unì al gruppo guidato da Echela alla volta dell'isola di Lesbo con l'intento di colonizzarla. Durante il viaggio conobbe la figlia di Sminteo e se ne innamorò. Un oracolo consultato prima della partenza aveva ordinato fra le altre cose il sacrificio di una giovane ragazza (per placare le Nereidi) e fu scelta proprio la ragazza. Prima che fosse gettata in mare intervenne Enalo che l'abbracciò gettandosi con lei, si persero nei flutti mentre la nave si allontanò. In seguito alcuni delfini giunsero e portandoli suo loro dorso li portarono in salvo. Quando il gruppo giunse a Lesbo incontrarono lo stesso Enalo che raccontò loro i fatti accaduti.

Enareta

Nella mitologia greca, Enareta o Enarete è la moglie del dio Eolo, madre di Creteo, Sisifo, Atamante, Canace, Alcione e di altre divinità, gli Eoliani.

Eolo, il dio dei venti, sposò una fanciulla di nome Enarete, figlia di Deimaco e da lei ebbe numerosi figli, gli Eoliani. Essi sono Canace, Sisifo, Deioneo, Salmoneo, Macareo, Creteo, Atamante, Periere, Calice, Pesidice, Perimede[1] e, in alcune leggende, anche Alcione.

Secondo altre versioni, era madre di Arno, ma il marito era un altro Eolo, non il dio dei venti.

Endeide


Endeide è una figura della mitologia greca, figlia di Chirone e Cariclo e sposa di Eaco, con il quale ebbe due figli: Telamone e Peleo, padre di Achille.

Endimione

Endimione nella mitologia greca è figlio di Zeus e della ninfa Calice.

Secondo il mito fu re dell'Elide, la regione di Olimpia. Essendo un giovane bellissimo, Selene, la dea della luna, se ne innamorò, dopo averlo visto dormiente sul monte Latmo. Pur di poterlo andare a trovare ogni notte, Selene gli diede un sonno ed una giovinezza eterna.

Le storie su di lui sono discordanti a seconda delle regioni da cui provengono. Le più popolari narrano comunque di un amore segreto con Era, che una volta scoperto da Zeus, venne maledetto. Il giovane venne costretto a 50 anni di sonno continuo dal re degli dei, anche se nella Biblioteca di Apollodoro è lui stesso a chiedere il dono di non dover affrontare la vecchiaia.

Esistono altre versioni del mito, una delle quali narra che fu Ipno a donare a Endimione la facoltà di dormire con gli occhi aperti. Un'altra, invece, sostiene che il giovane fu costretto a dormire per trent'anni in una caverna sul monte Latmo senza mai svegliarsi da Zeus, come punizione per aver cercato di insidiare Era. Secondo tale versione del mito la dea Artemide scoprì Endimione dormiente, e incantata dalla sua bellezza si recava ogni notte a guardarlo.

"Ed Epimenide dice che Endimione, quando visse presso gli dèi, s'innamorò di Hera: per cui, adiratosi Zeus, egli chiese di poter dormire eternamente".

Enea

Enea è una figura della mitologia greca e romana. Figlio del mortale Anchise e di Afrodite/Venere, dea della bellezza. Suo padre era il cugino di Priamo, re della città di Troia. Principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte di Priamo e dei Troiani, durante la quale si distinse molto presto in battaglia. Guerriero valorosissimo, assume tuttavia un ruolo secondario all'interno dell'Iliade di Omero.

Enea è il protagonista assoluto dell'Eneide di Virgilio: le vicende successive alla sua fuga da Troia, caratterizzate da lunghe peregrinazioni e da numerose perdite, favorite dall'ira di Giunone, si concluderanno con il suo approdo nel Lazio e col suo matrimonio con la principessa Lavinia, figlia del re locale Latino. Da questa unione sarebbe nato Silvio, futuro regnante di Albalonga e possibile capostipite dei re di Roma.

La figura di Enea, prototipo dell'uomo sottomesso e obbediente agli dèi e umile di fronte alla loro volontà, è stata ripresa da numerosi autori antichi, posteriori a Virgilio e a Omero, come Quinto Smirneo nei Posthomerica.

Un tempo Zeus, il padre degli dèi, stanco delle continue tentazioni che la magica cintura di Afrodite stimolava di continuo in lui, come in qualsiasi altro essere, mortale o divino che fosse, stabilì di punire la dea, facendola innamorare perdutamente di un comune mortale.
Il prescelto fu Anchise, un giovane pastore frigio, figlio di Capi e di Temisto (oppure, secondo altre leggende, di Egesta), che di consueto faceva pascolare le sue vaste mandrie sui colli del monte Ida.
Afrodite, rimasta sedotta dalla sua straordinaria bellezza, dopo averlo scorto a compiere il suo lavoro, decise di ottenere subito i suoi favori.
Una notte, mentre egli giaceva nella sua capanna da mandriano, la dea assunse l'aspetto di una comune mortale e sotto tale travestimento si accostò a lui, sostenendo di essere una principessa, la quale, rapita dal dio Ermes, di lei perdutamente invaghito, era stata poi trasportata dal dio sui pascoli dell'Ida.
Indossato poi un seducente peplo di colore rosso smagliante, la dea riuscì nel suo intento erotico e, sdraiatasi accanto al giovane, giacque con lui in un giaciglio di pelli animali. Accompagnati dal sereno ronzare delle api, per tutta la notte i due amanti godettero delle passioni amorose e proprio da questo amplesso la dea dell'amore rimase incinta di un bambino. Quando, al sorgere dell'alba, Afrodite rivelò all'uomo la sua vera natura, Anchise, temendo di essere punito per aver scoperto le nudità di una dea, la pregò di risparmiargli la vita.
Tuttavia la dea lo rassicurò, predicendogli la nascita di un bambino che sarebbe stato capace di regnare sui Troiani, acquistando un potere straordinario che si sarebbe mantenuto anche con i suoi discendenti.
Ma allo stesso tempo Afrodite mise in guardia il suo amante, esortandolo a nascondere la verità sulla nascita del bambino, ben sapendo che se Zeus ne fosse venuto a conoscenza, lo avrebbe senza dubbio fulminato.

La punizione di Anchise

Alcuni giorni dopo, mentre Anchise si trovava presso una locanda in compagnia dei suoi amici, uno di essi gli chiese se avesse preferito passare una notte con la figlia del Tal dei Tali piuttosto che con Afrodite. Il giovane troiano, dimentico della promessa e stordito dall'ebbrezza, si vantò affermando di essere andato a letto con entrambe e giudicando un tale paragone impossibile.

Udita la temibile vanteria, Zeus dall'alto dell'Olimpo si affrettò a punire un così sfrontato mortale, scagliando una folgore destinata ad incenerirlo. Ma Afrodite, postasi in difesa del suo amato, lo protesse grazie alla sua cintura magica, di fronte alla quale la terribile arma di Zeus nulla poté fare; la folgore raggiunse comunque Anchise, ma invece di incenerirlo, scoppiò innocuamente sotto i suoi piedi.
Il giovane mortale provò comunque un incredibile spavento alla vista di quelle scintille, tanto che da allora, egli non riuscì più a raddrizzare la schiena, traumatizzato com'era alla vista dell'ira divina.

Nascita e infanzia dell'eroe

Il pargolo nacque sul monte Ida dove lo allevarono le ninfe e il centauro Chirone, la madre infatti, essendo dea, doveva vivere sul monte Olimpo e il padre, punito da Zeus, venne reso storpio per aver rivelato ad altri il suo rapporto con Afrodite. Sposò Creusa, figlia del re Priamo, cugino di suo padre, e da lei ebbe Ascanio.

Guerra di Troia

Primi combattimenti


Achille assalì il monte Ida e depredò le mandrie di Enea, che fuggì. In seguito Enea parteciperà alla guerra di Troia dalla parte dei Troiani, ovviamente; sarà a capo di un contingente di Dardani.

Contro Diomede e aiutato da Afrodite

Fu eroe valoroso, secondo solo ad Ettore, e spesso supportato dagli dei. Nella battaglia che seguì al duello fra Paride e Menelao, combatté sul carro da guerra in compagnia di Pandaro. Quest'ultimo venne ucciso da Diomede ed Enea lasciò incustodito il carro (che verrà poi portato al campo greco da Stenelo, fedele compagno d'armi e auriga di Diomede) per difendere il corpo dell'amico dagli assalti greci.

Affrontò Diomede ma venne ferito a causa di un masso scagliato dal greco. Venne salvato dalla madre che lo avvolse nel suo velo. Diomede, non temendo l'ira della dea, la colpì costringendola alla fuga. Apollo scese dunque in soccorso del troiano, contro di lui non poterono nulla neanche i colpi di Diomede. Enea venne ricoverato nel tempio di Apollo, a Pergamo, e curato da Artemide e Latona. Al suo posto combatté sul campo un fantasma con le sue sembianze. Enea, benché non venga ricordato per altre imprese, combatté comunque anche in altre battaglie, come quella presso le navi greche, soccorrendo Ettore, ferito da un masso scagliato da Aiace, insieme agli altri comandanti troiani.

Contro l'eroe Achille


Dopo la morte di Patroclo, Achille decise di tornare a combattere. Enea volle affrontarlo a duello, scagliò la sua lancia contro il greco ma non riuscì a colpirlo.

Poseidone decise allora di salvare il figlio di Anchise avvolgendolo in una spessa nebbia e ponendolo fra le ultime file dell'esercito.

Fuga da Troia

La notte in cui i greci sarebbero usciti dal cavallo di legno, gli apparve in sogno Ettore, terribile d'aspetto, che gli annunciò l'inevitabile caduta di Troia e il suo arrivo in terra italica. Durante l'incendio della città tentò, insieme a pochi uomini, di difenderla ma dopo aver capito che tutto ciò era ormai inutile, decise di fuggire portando con sé il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio. Durante la fuga perse però la moglie Creusa che, sotto forma di fantasma, gli rivelò il suo futuro di fondatore di un grande popolo. Secondo Omero Enea divenne fondatore di un grande regno nella Troade, la versione di Stesicoro, invece, consacrata da Virgilio, è quella più conosciuta.

Approdo in Italia, eroe nell'Eneide

Fuggito da Troia, Enea giunse, insieme a un drappello di compagni, in terra di Tracia, dove venne a conoscenza della terribile fine di Polidoro, figlio di Priamo, ucciso da Polimestore, che voleva appropriarsi delle sue ricchezze. A Delo, Enea chiese responso ad Apollo, che ordinò al troiano di recarsi nella terra natia del fondatore di Troia, Dardano. Ma Anchise pensò si riferisse a Teucro, un altro capostipite del loro popolo, originario di Creta. Si fece dunque rotta verso Creta. Lì i troiani vennero colpiti da una pestilenza, Enea ordinò di muovere verso Corito-Tarquinia, in Italia, la terra di Dardano. Decisi a fare rifornimenti i troiani si fermarono nelle isole Strofadi dove vennero attaccati dalle Arpie che devastarono la loro mensa e li costrinsero alla fuga. Giunsero nell'Epiro dove incontrarono Eleno e Andromaca, fondatori della città di Butroto.

Eleno, dotato del dono della profezia, annunciò all'amico di recarsi in Italia, cercando di evitare la terra di Sicilia, patria dei ciclopi e di Scilla e Cariddi. Consigliò invece di sbarcare presso Cuma per chiedere responso alla sibilla che lì abitava. I troiani si salvarono per un pelo da quella minaccia e sbarcarono vicino l'Etna, dove si unì alla loro flotta Achemenide, un compagno di Ulisse abbandonato in quella terra. Enea sbarcò in Italia nell'attuale Salento, a Porto Badisco. Dopo aver assistito al terribile arrivo del ciclope Polifemo, Enea e i suoi uomini si fermarono ad Erice, benevolmente accolti dal re Aceste, dove il vecchio Anchise morì e fu sepolto. Era, piena d'odio per i troiani, scatenò una tempesta contro la flotta che venne trascinata verso l'Africa.

Lì Enea e i suoi uomini vennero accolti dalla regina Didone, a Cartagine dove l'eroe narrò le sue terribili vicende. I due si innamorarono perdutamente ma, per ordine di Zeus, Enea dovette ripartire. Seppure a malincuore dovette dire addio a Didone. Fu un terribile colpo per la povera regina.

Didone, guardando in lontananza la nave di Enea che si allontanava, si uccise. Sbarcarono di nuovo a Erice, dove per l'anniversario della morte del padre Anchise,furono celebrati, tra siciliani e troiani, i giochi in suo onore, i ludi novendiali (libro V). Nella vicina città di Drepano, alcune donne, fra le esuli, stanche per il peregrinare, decisero di dare fuoco alle navi. Enea ordinò dunque che chi non voleva continuare il viaggio sarebbe rimasto a Drepano, mentre gli altri avrebbero continuato il tragitto. Giunto a Cuma, Enea incontrò la sibilla con la quale scese nel regno dei morti. Lì incontrò Caronte e Cerbero, che cadde addormentato per un inganno della sibilla. Giunto ai campi del pianto vide poi il triste spirito di Didone.

Incontrò in seguito l'anima di Deifobo, il cui cadavere era stato sfregiato da Menelao. Infine venne accolto dal padre Anchise che gli presentò le anime di coloro che avrebbero fatto grande il regno promesso ad Enea in Italia. Tornato nel mondo dei vivi, Enea sbarcò finalmente alle rive del Tevere, dopo aver visitato anche Gaeta e il Circeo. Il re del luogo, Latino, decise di affidargli la mano della figlia Lavinia, scatenando però così l'ira di Turno, il re dei Rutuli. Ascanio, senza saperlo, uccise una cerva domestica e per questo venne inseguito dai pastori del luogo. I troiani corsero in aiuto del figlio di Enea e uccisero uno degli inseguitori, l'aitante Almone (Eneide), giovane cortigiano del re Latino. Questa fu la scintilla che fece scoppiare la guerra. Turno radunò i suoi uomini e mosse contro i troiani. Enea invece risalì il fiume Tevere, giungendo così nel territorio di Evandro, re degli Arcadi. Quest'ultimo consigliò inoltre all'eroe troiano di recarsi fra gli Etruschi per chiedere aiuto a Tarconte. Fra gli alleati di Turno vi era infatti Mezenzio, ex sovrano degli Etruschi, cacciato per la sua crudeltà. Durante l'assenza di Enea il campo troiano venne assediato dalle truppe di quattordici giovani condottieri rutuli, ognuno dei quali era seguito da altri cento giovani. Eurialo e Niso, due inseparabili amici troiani, decisero di raggiungere Enea, per avvertirlo del pericolo. Usciti di notte, penetrarono tra le linee nemiche dove sorpresero nel sonno due dei condottieri assedianti, Ramnete e Remo, e altri giovani che combattevano nei loro contingenti, uccidendoli con le spade; poi ripresero il loro cammino, ma intercettati da una pattuglia nemica vennero accerchiati e messi a morte. Dopo una dura battaglia, durante la quale Turno fece strage di troiani, Enea, tornato via mare da Corito-Tarquinia assieme agli Etruschi guidati da Tarconte, ed agli Arcadi guidati dal Pallante, figlio di Evandro, riuscì ad accorrere in aiuto dei compagni.Ma proprio Pallante, in quello scontro, cadde per mano di Turno. Enea andò su tutte le furie e la sete di vendetta riuscì perfino a soffocare la sua famosa pietà, decapitando il giovane semidio etrusco Tarquito, che vinto da lui in duello lo implorava di essere risparmiato, e gettando il suo busto in acqua. Allora Giunone, temendo per la vita di Turno, riuscì ad allontanarlo dal campo di battaglia. Enea affrontò Mezenzio a duello ferendolo: quindi uccise il figlio Lauso, intervenuto per difendere il padre. Commosso per il coraggio del giovane, Enea riconsegnò la salma e le armi a Mezenzio che, in uno scontro successivo, cadde sotto la spada del troiano. L'eroe, dopo aver sepolto il giovane Pallante, ordinò ai suoi uomini di marciare contro la città dei Latini. Turno e Camilla, regina guerriera dei Volsci, schierarono le proprie truppe. Il re rutulo decise di affrontare la fanteria troiana, Camilla la cavalleria etrusca. Nello scontro che ne seguì Camilla rimase uccisa. Turno decise allora di affrontare a duello Enea. Il troiano ebbe presto il sopravvento e per qualche attimo si trattenne dall'ucciderlo; ma ricordando poi il dolore di Evandro per la morte di Pallante, conficcò la sua spada nel petto del nemico. In seguito sposò Lavinia la figlia di re Latino.

Enea fu l'eroe troiano che, per eccellenza, uccise più nemici di tutti nella guerra di Troia, arrivando a distruggere, nell'intera storia, 72 eroi tra Achei e Latini, secondo solo ad Achille che uccise in tutto 74 eroi troiani.

La critica storica

Le prime versioni del mito di Enea sono antiche, tanto che sono già note in Etruria prima del VI secolo a.C. e in Grecia nel V secolo a.C. e farebbero derivare il nome di "Roma" da quello di una donna troiana con il significato di "forza".

Riassunto della leggenda

Enea è un principe Troiano, nativo delle falde del monte Ida nella Troade, e partecipa solo alla fase finale della guerra di Troia; è imparentato con il re Priamo avendone sposato la figlia Creusa ed in quanto il padre Anchise è cugino del re. Enea piace ai Romani quale capostipite perché gli permette di affondare le radici in una civiltà dal passato fulgido pur distinguendosi dai Greci. Allo stesso tempo questa "soluzione" non fa dei Romani i più fieri antagonisti dei Greci e verrebbe oggi chiamata "politically correct".

Anche la leggenda di Romolo e Remo, all'inizio separata da quella di Enea, viene successivamente integrata nel suo mito. In un primo momento i due gemelli vengono indicati come suoi figli o nipoti.

Eratostene di Cirene si accorge tuttavia che, essendo la data della caduta di Troia all'incirca il 1184 a.C., né Enea né i suoi più diretti discendenti potevano aver fondato Roma nel 753 a.C., data alla quale la mitologia fa risalire la nascita di Roma.

Catone il Censore rende plausibile la storia. Secondo la sua versione, accettata poi come definitiva, Enea fugge da Troia e giunge nel Lazio. Qui, dopo aver sposato Lavinia, fonda Lavinium. Ascanio è invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori danno origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, Rea Silvia darà alla luce Romolo e Remo e in seguito la gens Giulia, con Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto.

Edited by demon quaid - 16/12/2014, 20:14
 
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