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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 22/8/2010, 19:37 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Eneo

Re di Calidone, figlio di Portaone, o Porteo, e di Eurite. Ebbe vari fratelli: Agrio, Alcatoo, Mela, Leucopeo, e una sorella, Sterope. La moglie Altea, figlia di Testio, gli diede molti figli: Tosseo, ch'egli uccise perché saltò irriverente il fossato scavato a difesa della città; Tireo, Climeno e Meleagro, che si diceva fosse, in verità, figlio di Ares; poi due figlie, Gorga e Deianira (considerata figlia di Dioniso), alle quali si aggiungono talvolta Eurimede e Melanippa. Quando Dioniso giunse a Calidone, Eneo, con grande senso dell'ospitalità, lo autorizzò a dormire con la moglie Altea e dalla loro unione nacque Deianira che più tardi andò sposa a Eracle. Dioniso ripagò Eneo donandogli una pianta di vite e insegnandogli l'arte della viticoltura. Eneo accolse Bellerofonte e Alcmeone e diede asilo ai giovani principi Agamennone e Menelao nel loro esilio; era ospitale quanto pio. Un giorno commise una fatale dimenticanza, trascurando di includere Artemide nei suoi sacrifici annuali ai dodici dèi dell'Olimpo, e la dea irata mandò sulla sua terra il cinghiale Calidonio a uccidere il bestiame e i servi di Eneo e a distruggere i campi coltivati. Meleagro, insieme ad altri nobili guerrieri, riuscì a snidare l'animale nei pressi di un corso d'acqua fiancheggiato da salici, gli conficcò il giavellotto nel ventre e, mentre il cinghiale girava su sé stesso nel tentativo di liberarsi dell'arma, lo trafisse con un colpo di lancia che gli giunse al cuore. Dopo la caccia nacque una grossa lite per l'attribuzione delle spoglie del cinghiale e Altea, furente per la parte che il figlio aveva avuto nell'uccisione dei fratelli di Altea e zii di Meleagro, Tosseo e Plessippo, provocò la sua morte e poi, sconvolta dal dolore, si tolse la vita.
Eneo si risposò con Peribea, figlia del re d'Oleno, Ipponoo. Su questo matrimonio esistono varie tradizioni. La prima vuole che Peribea fosse stata presa da Eneo in occasione della vittoria su Ipponoo e gli fosse stata attribuita come parte di bottino. Un'altra raccontava che Ipponoo, rendendosi conto della gravidanza della figlia, sedotta da un certo Ippostrato (o dal dio Ares), la mandò a Eneo perché disponesse di lei. Peribea diede a Eneo due figli, Tideo e Olenia. Tideo era un valoroso guerriero e fu di grande aiuto a Eneo fino al giorno dell'esilio. Il fratello di Eneo, Agrio, o forse i suoi figli, si impossessarono di Calidone e allontanarono il vecchio re. Tideo trovò la morte nell'assedio di Tebe, ma dopo la guerra di Troia suo figlio Diomede riuscì a scacciare i figli di Agrio e a riconquistare il trono. Ma Eneo era troppo vecchio per regnare, e il trono passò ad Andremone, marito di Gorga, e perciò suo genero, mentre egli accompagnò Diomede ad Argo dove visse in pace fino alla morte che giunse tarda. Secondo alcuni fu invece ucciso in un'imboscata in Arcadia dai figli di Agrio sopravvissuti, ansiosi di vendicarsi d'essere stati espulsi da Calidone.

Enio (Graie)

Nella mitologia greca, Enio era il nome di una delle figlie di Forco e di Ceto. faceva parte del gruppo delle Graie ed aveva come sorelle anche le Gorgoni.

Le altre due si chiamavano Penfredo e Deino. Anche se non viene citata da Esiodo altri riferiscono della sua esistenza. Tutte e tre possedevano un unico occhio con il quale vedevano a turno e possedevano anche un unico dente con il quale mangiavano.

Anche Eschilo era d'accordo sia sul numero che con il fatto che possedevano un dente e un occhio, differenziandosi sull'aspetto: per lui erano molto aggraziate con aspetto pari di cigni.

Eniopeo

Nella mitologia greca, Eniopeo , figlio di Tebeo era il nome di uno dei cocchieri al servizio di Troia.

Al tempo in cui Paride figlio di Priamo re di Troia prese con se Elena moglie di Menelao, scoppiò una guerra fra la Grecia e i troiani. Eniopeo fu il primo dei cocchieri che guidarono il carro di Ettore.

Diomede, uno fra i più valorosi guerrieri greci aiutò nel corso di una delle battaglie Nestore, suo alleato, questi infatti era braccato da Ettore. Allora cerco' di colpire il troiano che schivo' il colpo mentre Eniopeo venne centrato in pieno e cadde dal carro con grande dolore per il figlio di Priamo.


Altri cocchieri ebbe Ettore dopo la morte di Eniopeo, ma nessuno durò molto tempo.

Enipeo


Nella mitologia greca, Enipeo è il Dio fluviale della Tessaglia, di cui s'innamorò Tiro.

Viene indicato come il dio dei più belli fra i fiumi, Poseidone prese le sue sembianze per giacere con Tiro, da lui ebbe due figli:Pelia e Neleo.

Ennomo

Nella mitologia greca, Ennomo era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re del grande regno di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo soltanto guerrieri che si schierarono dalla parte di Troia:

* Ennomo, capo dei Misi, alleato di Priamo; augure che profetizzava osservando il comportamento degli uccelli in volo, spesso esortato da Ettore durante le tante battaglie ma alla fine cadde per mano di Achille.
* Ennomo, abile guerriero troiano ucciso da Odisseo (Ulisse).

Enomao

Enomao è una figura della mitologia greca, figlio del dio Ares.

Era il re di Pisa, promotore della prima gara avvenuta dalle parti di Olimpia. Questa consisteva in una scommessa contro chiunque avesse voluto sposare la figlia Ippodamia, per evitarne le nozze: egli sfidava i pretendenti ad una gara di quadrighe, il cui percorso andava dalla sua reggia all'altare di Poseidone sull'istmo di Corinto. Se il rivale avesse vinto sarebbe divenuto sposo della figlia, ma se avesse perso, Enomao l'avrebbe ucciso.

Il re era figlio del dio Ares, che gli aveva donato un tiro di cavalle rapide come il vento, e il suo carro era guidato da Mirtilo, figlio di Ermes, il più esperto degli aurighi. Inoltre il tiranno si prendeva un'ulteriore garanzia, pretendendo che Ippodamia salisse sul carro del pretendente, così che costui, assorto nella contemplazione della bellissima fanciulla, perdesse la concentrazione necessaria.

Enomao, sicuro comunque del suo successo, concedeva un vantaggio al rivale. Quando costui era partito, sacrificava un montone a Zeus e, solo dopo la fine del sacrificio, iniziava a rincorrerlo. Inevitabilmente l'avversario perdeva, e il re lo trafiggeva alle spalle con la lancia e gli tagliava la testa, che inchiodava al suo palazzo.

Erano già tredici le teste, quando un nuovo giovane campione si presentò alla sfida: Pelope. Ippodamia si innamorò a prima vista del giovane, e convinse Mirtilo - che era innamorato di lei - a manomettere le ruote del carro del padre, così da farlo perdere.

Pausania, invece, ci tramanda che fu lo stesso Pelope a trattare con Mirtilo, promettendogli metà del regno e lo ius primae noctis con Ippodamia, promesse che rinnegò entrambe alla fine della corsa.

In entrambe le versioni, comunque, durante la corsa, il carro di Enomao si distrusse, ed egli rimase impigliato nelle redini e venne travolto a terra. In punto di morte comprese il tradimento del suo auriga, e lo maledisse, augurandogli di rimanere ucciso dallo stesso Pelope.

L'infausto pronostico giunse inevitabilmente a compimento quando Mirtilo, non avendo dimenticato il suo amore per Ippodamia (o la promessa di Pelope) tentò di violentarla, sulla strada del capo Geresto, il punto più meridionale dell'Eubea. Pelope, accortosi della cosa, scaraventò Mirtilo con un calcio nel mare che prese da lui il nome di Mirtoo.

Inoltre apprendiamo da Igino, nel suo Astronomia, che il padre Ermes diede al figlio una sede celeste, tramutandolo nella costellazione dell'auriga.

Enomao
(Iliade)

Nella mitologia greca, Enomao è il nome di due guerrieri che combatterono in schieramenti opposti nella guerra di Troia, morendo entrambi nel conflitto. L'Iliade ne traccia una sommaria descrizione ai libri V e XIII.

Il primo Enomao, in ordine di menzione, è un combattente acheo che Omero menziona per la prima volta nel V libro. Premuti da Ettore e dal dio Ares, gli Achei si ritraggono inorriditi e incerti sul da farsi, mentre sul campo di battaglia l'eroe troiano semina una strage inarrestabile. Nel folto gruppo degli Achei uccisi dalla duplice furia di Ettore e del dio vi è lo stesso Enomao, quarta vittima ad essere ricordata da Omero.

Il secondo Enomao, di carattere più rilevante, è uno degli eroi che guidarono l'avanzata troiana contro l'accampamento acheo, descritta nel libro XII, al seguito dello sfortunato Asio, figlio di Irtaco. Nel corso del duello tra Enea e Idomeneo presso le navi greche, Enomao venne colpito al ventre dalla lancia di quest'ultimo; la punta, attraversata la piastra della sua armatura, trapassò anche gli intestini. Il suo cadavere, dal quale poi Idomeneo estrasse l'arma fatale, rotolò nella polvere, ma l'eroe non riuscì a sfilargli la corazza perché oppresso dalle frecce nemiche.

Enone

Ninfa della Troade, figlia del fiume Cebreno. Rea le aveva insegnato l'arte della profezia e Apollo l'aveva istruita nell'arte di conoscere le piante medicinali. In gioventù, quando Paride viveva sul monte Ida pascolando la sua mandria, divenne l'amante prediletto di Enone. I due amanti, radunate le loro greggi, usavano cacciare assieme; egli incideva il nome della Ninfa sulle cortecce dei faggi e dei pioppi. Enone gli aveva generato un figlio, chiamato Corito. Ma allorché Paride, dopo il giudizio delle dee e le promesse di Afrodite, volle partire per rapire Elena; Enone, che conosceva l'avvenire, cercò invano di dissuaderlo, gli fece tuttavia promettere che quando si fosse trovato ferito, sarebbe ricorso a lei che avrebbe saputo guarirlo."Ritorna da me semmai sarai ferito", gli disse Enone, "perché io sola saprò curarti". Enone, gelosa di Elena, mandò suo figlio Corito tra i Greci perché li guidasse contro Troia. Diversi anni dopo, durante l'assedio di Troia, Paride rimase ferito da Filottete e fu portato dai Troiani sul monte Ida, dove l'eroe supplicò la sua antica amante di medicargli le ferite; ma la Ninfa, mossa da un invincibile odio nei riguardi di Elena, scrollò crudelmente il capo in segno di diniego e Paride fu riportato a Troia. Subito però Enone si pentì e corse in città con un cesto colmo di piante medicinali, ma trovò Paride già cadavere. Impazzita per il dolore si gettò giù dalle mura, oppure si impiccò, oppure salì sul rogo in fiamme.

Enope

Nella mitologia greca, Enope era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Enope, padre di Satnio. Si unì a una ninfa del fiume Satnioenta, donde il nome del figlio
* Enope, padre del giovane guerriero troiano Testore (Iliade)
* Enope, padre di Clitomede

Inoltre anche se non annoverata fra i personaggi vi era:

* Enope, una città promessa come regalo ad Achille se egli avesse nuovamente partecipato alla guerra cui non mostrava più interesse, anche se doveva essere di proprietà di Menelao nel catalogo delle navi dove si dichiarava ampiamente i suoi possedimenti terrieri, di tale luogo non vi era traccia.

Enopione

Nella mitologia greca, Enopione o Enopio era uno dei figli di Arianna, figlia di Minosse e innamorata di Teseo e del dio Dionisio (o dello stesso Teseo).

Era il fratello di Stafilo, Pepareto e Toante Dal matrimonio con la ninfa Elice di Chio fu il padre di Merope, amata da Orione ma fatto accecare dallo stesso Enopione.

Fondò la città di Chio, nell'isola omonima ricevuta da Radamanto di cui divenne re, si narra che dato il suo nome (l'origine derivava dal greco e significava "bevitore di vino") avesse diffuso l'arte di coltivare le viti nei suoi territori.

Enotro

Nella mitologia, Enotro è uno dei figli di Licaone e Cillene.

In seguito alla suddivisione del Peloponneso, egli rimase scontento della parte assegnatagli e decise di emigrare in Italia, in compagnia del fratello Peucezio. Da lui discendono gli Enotri.

Eolo 1

Figlio di Elleno e di Orseide. I tre fratelli Eolo, Suto e Doro ebbero dal padre, eponimo degli Elleni, ciascuno una terza parte della Grecia.
Eolo ricevette la Magnesia, nella Tessaglia, e diede il suo nome alla stirpe Eolia. Sposò Enarete dalla quale ebbe sette figli: Creteo, Sisifo, Atamante, Salmoneo, Deione, Magnete, Periere e, secondo alcuni, anche Macareo. Ebbe inoltre cinque figlie: Canace, Alcione, Pisidice, Calice e Perimede. Secondo certi autori, Eolo avrebbe sedotto la figlia di Chirone, Ippe, da cui avrebbe avuto una figlia, Melanippa o Arne.
Un giorno Eolo scoprì che il suo figliolo minore, Macareo, si era giaciuto con la sorella Canace. Inorridito, gettò in pasto ai cani il frutto del loro amore incestuoso e mandò a Canace una spada con cui essa si trafisse. Più tardi tuttavia Eolo venne a sapere che tutti i suoi altri figli e figlie, ignari che l'incesto tra mortali fosse un'offesa per gli dèi, si erano accoppiati innocentemente e ormai si consideravano marito e moglie. Per non irritare Zeus, che considerava l'incesto una prerogativa degli olimpi, Eolo spezzò queste unioni e ordinò a quattro dei suoi figli superstiti di emigrare. Essi si recarono in Italia e in Sicilia, dove ciascuno di loro fondò un regno famoso, e si rivelarono emuli del padre per castità e saggezza.
Talvolta, s'identifica questo Eolo con il Padrone dei Venti, ma, più spesso, si conferisce questo titolo a un altro Eolo, figlio di Poseidone (secondo Diodoro) e di Arne (o Melanippa).

Eolo 2

Figlio di Poseidone e di Arne (o Melanippa), nipote di Eolo figlio d'Elleno e fratello di Beoto.
Eolo, figlio d'Elleno, aveva affidato Arne, avuta da Ippe, figlia del centauro Chirone, a un certo Desmonte che, essendo senza figli, fu ben lieto di adottarla. Poseidone, che da tempo aveva messo gli occhi su Arne, la sedusse non appena essa divenne donna. Desmonte, accortosi che essa era incinta, l'accecò, la rinchiuse in una cella e la nutrì a pane ed acqua. Arne partorì due gemelli e Desmonte ordinò ai suoi servi di esporli sul monte Pelio perché vi fossero divorati dalle belve; ma un mandriano icario li salvò. Uno dei due gemelli somigliava tanto al nonno materno che fu chiamato col suo nome: Eolo; l'altro invece fu chiamato Beoto.
Nel frattempo Metaponto, re di Icaria, aveva minacciato di ripudiare Teano, la moglie sterile, se non gli avesse generato un figlio nel volgere di un anno. Durante l'assenza di Metaponto, recatosi ad interpellare un oracolo, Teano invocò l'aiuto del mandriano che le portò i gemelli trovati sul monte; e Teano li fece credere suoi. In seguito, Teano partorì davvero due gemelli; ma i due trovatelli, grazie alla loro origine divina, erano più belli e dunque i prediletti di Metaponto, che non aveva ragione di sospettare che essi non fossero figli suoi. Rosa dalla gelosia, Teano attese l'occasione opportuna e, quando Metaponto si assentò nuovamente per sacrificare nel santuario di Artemide Metapontina, ordinò ai propri figli di andare a caccia con i fratelli maggiori e di ucciderli simulando un incidente. Il malvagio disegno tuttavia fallì, perché Poseidone venne in aiuto dei propri figli i quali uscirono vittoriosi dalla lotta. Eolo e Beoto riportarono dunque al palazzo i cadaveri dei due gemelli di Teano, e la madre, alla loro vista, si uccise trafiggendosi il petto con un coltello da caccia.
Eolo e Beoto si rifugiarono allora dal loro padre adottivo, il mandriano, e Poseidone stesso rivelò il segreto della loro nascita. Ordinò poi che essi accorressero in aiuto della madre, che ancora languiva nella cella, e uccidessero Desmonte. I gemelli ubbidirono senza esitare; Poseidone ridonò la vista ad Arne e tutti e tre ritornarono a Icaria. Quando Metaponto seppe che Teano l'aveva ingannato, sposò Arne a adottò i figli di lei come eredi.
Ma allorché Metaponto decise di ripudiare Arne e di sposarsi di nuovo, Eolo e Beoto insorsero in difesa della madre e uccisero Autolita, la nuova regina. Furono però costretti a rinunciare alla successione al trono e a fuggire. Beoto si rifugiò con Arne nel palazzo del nonno Eolo, che gli affidò la parte meridionale del suo regno e la chiamò Arne, mentre i suoi abitanti portano il nome di Beoti. Eolo si recò nelle isole del mar Eolio, e vi fondò la città di Lipara.
Si racconta anche che Eolo, dopo la fuga da Metaponto, fu accolto nelle isole Eolie dal re Liparo, figlio d'Ausone, che gli diede in sposa la figlia Ciane e gli lasciò il potere. Eolo avrebbe secondato il desiderio del suocero, assicurandogli il dominio del territorio intorno a Sorrento, sul golfo di Napoli. Da Ciane, Eolo ebbe sei figli: Astioco, Suto, Androcle, Feremone, Iocastro e Agatimo.

Eolo 3

Figlio di Ippote e re dell'isola vagante Eolia (forse le Eolie a nord della Sicilia), amato da Zeus che gli donò il controllo dei venti che conservava tutti insieme in una caverna sulla sua isola e poteva liberare come voleva o come gli dèi gli chiedevano di fare.
Prima di ricevere i favori di Zeus Eolo, che era esperto navigante, aveva inventato l'arte di veleggiare e aveva imparato a interpretare i segni del tempo. Zeus aveva imprigionato i venti nell'isola perché temeva che, se non fossero rimasti sotto controllo, potessero un giorno spazzar via la terra e il mare, ed Eolo, per volere di Era, si incaricò di custodirli. Era suo compito rimetterli in libertà a uno a uno, secondo il suo giudizio per desiderio di questo o di quel nume. Se doveva scatenare una tempesta, Eolo apriva un varco nella scogliera dell'isola con la punta della sua lancia e i venti si precipitavano disordinatamente all'aperto. Eolo era così abile e prudente che quando suonò l'ora della sua morte Zeus non permise che scendesse al Tartaro, ma lo pose a sedere su un trono nella Grotta dei Venti, dove egli ancora si trova. Era sostiene che Eolo avrebbe il diritto di partecipare ai banchetti degli dèi; ma gli altri olimpi (e specialmente Poseidone, che si dice padrone del mare e dell'aria che lo sovrasta e nega a chiunque il diritto di scatenare tempeste) lo considerano un intruso.
Eolo trascorreva una vita lieta con la sua sposa Ciane, figlia di Liparo, il primo re dell'isola, e con i sei figli e le sei figlie che si erano sposati tra di loro. ospitò regalmente per un mese intero Odisseo e l'ultimo giorno gli offrì un otre zeppo di venti, spiegandogli che fino a quando la bocca ne fosse rimasta chiusa e stretta da un filo d'argento, tutto sarebbbe andato bene. Quell'otre conteneva tutti i venti, all'infuori del dolce vento d'occidente, che avrebbe spinto direttamente la flotta attraverso lo Ionio fino a Itaca; ma Odisseo poteva liberare gli altri venti a uno a uno, se per una qualche ragione avesse voluto modificare la rotta. E già si poteva scorgere il funo che si alzava dai camini del palazzo di Odisseo in Itaca, allorché egli cadde addormentato, sopraffatto dalla stanchezza. I suoi uomini, che attendevano con ansia quel momento, aprirono l'otre dei venti, convinti che contenesse vino. E subito i venti tutti assieme sofffiarono galoppando verso la loro dimora e spingendo la nave; così Odisseo si ritrovò nell'isola Eolia. Con profonde scuse implorò l'aiuto di Eolo, ma gli fu risposto che desse di piglio ai remi; nemmeno un soffio del vento dell'ovest gli sarebbe stato concesso. "Non posso aiutare un uomo che è inviso agli dèi", gridò Eolo sbattendogli la porta in faccia.

Eono

Nella mitologia greca, Eono era il nome di uno dei figli di Licimnio e di Perimede.

Aveva due fratelli, Argeio (o Argeo) e Mela erano alleati di Eracle morendo negli scontri con Eurito. Aveva anche una sorella, Alcmena.

Eono fu anch'esso un compagno di avventure del semidio Eracle, e suo cugino. Si racconta che un giorno mentre viaggiavano per le strade di Sparta un cane lo aggredì e nel difendersi lo colpì facendo infuriare il suo padrone: Ippocoonte che insieme ai suoi figli lo uccisero, colpendolo più volte con bastoni e armi improvvisate. Eracle faticò a vendicarsi, uccidendo alla fine lui e tutti i suoi venti figli, portando sul trono il fratello di Ippocoonte Tindaro.

Secondo Pausania il suo sepolcro si trovava accanto al santuario di suo cugino.

Eos

E' la personificazione dell'Aurora, figlia dei Titani Iperione e Teia e sorella di Elio e di Selene.
Al termine di ogni notte, Eos dalle "rosee dita" si alza dal suo giaciglio a oriente, sale sul cocchio tirato dai cavalli Lampo e Fetonte e corre verso l'Olimpo, dove annuncia l'approssimarsi di suo fratello Elio. Quando Elio appare, Eos diventa Emera e lo accompagna nei suoi viaggi finché, trasformatasi in Espera, ne annuncia il felice arrivo sulle spiagge occidentali dell'Oceano.
Afrodite si irritò un giorno trovando Ares nel letto di Eos, e condannò costei ad ardere di desiderio per i giovani mortali; subito Eos cominciò segretamente a sedurli: dapprima Orione, figlio di Poseidone, ch'ella rapì e portò nell'isola sacra di Delo (l'aurora arrossisce ogni giorno al ricordo di quella profanazione); poi Cefalo, figlio di Deione, anch'esso rapito da Eos e portato in Siria, dove gli diede un figlio, Fetonte; poi Clito, nipote di Melampo. Eos era tuttavia maritata al titano Astreo, cui essa generò i venti Borea, Zefiro, Euro e Noto, e che abbandonò quando egli fu rinchiuso nel Tartaro con gli altri titani ribellatisi a Zeus. Eos rapì infine Ganimede e Titono.
Il mito più importante di Eos è quello del suo amore per Titono, bello come un dio, figlio di Laomedonte, re di Troia, al quale Eos generò due figli, Emazione e Memnone. Quest'ultimo regnò sugli Etiopi e morì davanti a Troia combattendo contro Achille. L'Aurora ottenne da Zeus l'immortalità per suo figlio, e volò via per raccogliere il cadavere e trasportarlo in Etiopia. L'Aurora ancor oggi piange il figlio ogni mattina con lacrime di rugiada.
Quando Zeus le sottrasse Ganimede, essa lo supplicò di rendere Titono immortale e Zeus acconsentì. Ma Eos si dimenticò di chiedere per lui anche il dono della perpetua giovinezza, che Selene già aveva ottenuto per Endimione; e Titono cominciò a invecchiare finché le membra gli si disseccarono e la voce quasi svanì. Non potendo più sopportare la vista della sua decadenza fisica, Eos lo chiuse in una stanza da cui più non potè uscire e dove a poco a poco si trasformò in cicala.

Epafo

Nella mitologia greca, Épafo era un re dell'Egitto, figlio di Zeus e Io. Un'altra versione meno diffusa lo descrive come figlio di Protogenia.

Épafo nacque sulle rive del Nilo dopo un lungo peregrinare di sua madre che, trasformata in una mucca dalla gelosa moglie di Zeus, Era, aveva percorso gran parte del mondo conosciuto fuggendo da un tábano che questa le aveva mandato per mortificarla. Quando Io giunse in Egitto, le carezze di Zeus le restituirono la sua figura umana.

Però l'ira di Era non era stata soddisfatta, e questa ordinò ai suoi sacerdoti guerrieri, i curetes, di sequestrare il neonato. Questi obbedirono, ma furono scoperti e castigati da Zeus, che li annientò con un suo fulmine, ma non rivelarono la dimora del neonato. Così la sventurata Io iniziò un nuovo viaggio, questa volta in cerca di Épafo, che incontrò in Siria, dove lo allattava Astarte o Saosis, la sposa del re Malcandro di Biblos. Quando Io tornò in Egitto con suo figlio si sposò con Telegono, re del luogo, e per questo Épafo ereditò il regno quando questi morì.

Épafo si sposò con Menfi, una figlia del dio Nilo. In suo onore fondò la città di Menphi che divenne con il tempo la nuova capitale del regno.

Con Menfi ebbe una figlia chiamata Lisianasa e, con la stessa o con Cassiopea, fu padre di Libia. Da tali unioni discesero i libici, gli etiopi e i pigmei, avendo così questi popoli un'origine comune argivo. Secondo Eschilo nel suo Prometeo incatenato, fu uno di questi discendenti (precisamente il tredicesimo) quello che liberò il titano dalle catene.

Épafo era grande amico di Faetón, al quale somigliava molto. Gli scherzi che gli faceva il suo amico, o meglio le offese di Épafo durante una disputa, incitarono Faetón a chiedere a suo padre che gli facesse condurre per un giorno il carro del sole, con le conseguenze disastrose che ciò ebbe e che intristirono profondamente Épafo.

Dopo un regno glorioso, Épafo ebbe una morte orribile. Vedere il figlio bastardo di suo marito convertito in re di un luogo così bello accese ancora di più la sete di vendetta di Era, che decise che Épafo doveva morire mentre cacciava, e convinse i titani a ribellarsi contro suo marito. Sebbene questa ribellione risultò infruttuosa, i titani divorarono Épafo prima che Zeus e gli altri olimpi li gettassero nel Tartaro.

In consonanza con la deificazione della madre, che acquisì gli attributi della dea egizia Iside, Épafo fu identificato con Apis, e come tale gli si attribuirono le leggende e gli attributi di questo dio.

Epalte

Epalte, personaggio dell'Iliade, fu un guerriero troiano.

Epalte fu ucciso da Patroclo nell'azione bellica descritta nel libro XXI dell'Iliade relativo a Patroclo.

Epei

Gli Epei, erano gli abitanti dell'Elide indicati anche con il nome di Elei.

Sono citati nell'Iliade diverse volte, sia come gruppo etnico sia con riferimento a loro esponenti, combattenti nella Guerra di Troia per la parte achea.

La loro prima citazione è al verso 629 del libro II, nella parte relativa al Catalogo delle navi.

Epeo 1

Figlio d'Endimione, re d'Elide, e fratello di Peone e d'Etolo. Secondo una leggenda avrebbe ottenuto dal padre la signoria dell'Elide, avendo vinto i fratelli nella gara proposta e disputata ad Olimpia per la successione al trono. Per un certo tempo, una parte del popolo degli Elei prese da lui il nome di Epei. Pelope strappò Olimpia al re Epeo e la aggregò al regno di Pisa.

Epeo 2

Figlio di Panopeo, che era stato compagno di battaglia di Anfitrione.
Epeo era giunto dalle Cicladi con un contingente di trenta navi per prendere parte alla spedizione contro Troia. Non sembra che fosse un valente guerriero, ma piuttosto un atleta. Nei giuochi funebri in onore di Patroclo, riuscì, nonostante la sua codardia, vincitore nel combattimento di pugilato mandando a terra il suo avversario Eurialo, mentre nel lancio del disco apparì cosi maldestro da suscitare le risa degli spettatori.
Secondo una leggenda ricordata in un frammento di Stesicoro e in un passo dei Deipnosofisti di Ateneo, Epeo sarebbe stato il portatore d'acqua degli Atridi. Benché fosse geniale artigiano (Pausania il Periegeta ricorda come attribuita a lui una statua di legno di Ermete in Argo), era nato codardo: così vollero gli dèi per punire l'empietà di suo padre (Panopeo infatti aveva giurato su Atena di non aver sottratto parte del bottino conquistato da Anfitrione ai Tafi, il che era falso). La vigliaccheria di Epeo divenne ben presto proverbiale.
Figura secondaria nell'epica omerica, la sua fama è principalmente legata al fatto che egli fu costruttore del cavallo di legno di cui i Greci si servirono per espugnare Troia.
Dopo la caduta di Troia, durante il suo ritorno, egli approdò sulle coste meridionali d'Italia, dove fondò la città di Metapondo o di Lagaria, nella quale consacrò ad Atena gli attrezzi di cui si era servito per la costruzione del Cavallo di Troia. Secondo un'altra tradizione, Epeo viene associato alla fondazione di Pisa, in Italia centrale, così chiamata dall'omonima città dell'Elide.

Edited by demon quaid - 16/12/2014, 20:23
 
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