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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 25/8/2010, 20:27 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Eraclidi

Gli Eraclidi, nella mitologia greca, sono i discendenti di Eracle, specificamente di Eracle e Deianira.

Dopo essere stati banditi dalla Grecia, rimasero in esilio per cinquant'anni, passati i quali invasero il Peloponneso, sostenuti dal pretesto della parentela tra la casa reale e l'eroe greco. Il ritorno degli Eraclidi sarebbe il ricordo leggendario dell'invasione dorica, avvenuta verso il 1100 a.C.. Secondo altri, poi, gli Eraclidi furono anche i fondatori di Sparta, dopo aver distrutto la Sparta micenea (più precisamente Lacedemone).

Vengono definiti Eraclidi anche i discendenti di Eracle e di una schiava di Iardano, che, intorno al 1221 a.C., con Agrone presero possesso della Lidia. La discendenza di Eracle avrebbe governato sulla regione per 505 anni, per essere poi detronizzata, dopo Candaule, da Gige, fondatore della dinastia mermnade. Tale ramo degli Eraclidi affermava di discendere dal dio del Sole che i Lidi chiamavano Sandone, gli Assiri Belo e i Greci identificavano, appunto, con Eracle.

Erasippo

Nella mitologia greca, Erasippo era il nome del figlio di Lisippe e di Eracle.

La madre rimase incinta come le sue 49 sorelle dall'eroe che era venuto ospite in casa del padre, Erasippo e gli altri facevano parte dei Tespiadi.

Ercina

Ercina, in greco Herkyna o Herkynna era nella mitologia greca la ninfa della Beozia.

Giocando con Persefone nel bosco sacro di Trofonio si lasciò scappare un'oca, che si rifugiò in una grotta sotto una pietra da dove, quando questa fu tolta, sgorgò una fonte, cui venne dato il nome di Ercina.

Eretteo (mitologia)

Eretteo è una figura della mitologia greca. Era un re di Atene. Eretteo è lo stesso figlio di Erittonio, secondo gli storici attici invece sarebbe suo nipote, figlio di Pandione e di Zeusippe. Fu il sesto re di Atene,ed ebbe otto figli da Prassitea figlia del dio fluviale Cefiso, di cui quattro femmine: Procri, Orizia, Creusa e Ctonia, che si amavano a tal punto che decisero di morire insieme. Durante la guerra contro gli Eleusini capeggiati da Eumolpo figlio di Posidone, apprese dall'oracolo di Delfi che per conseguire la vittoria avrebbe dovuto sacrificare una delle sue figlie. Decise allora di sacrificare Ctonia, ma nel momento del sacrificio, anche le sue sorelle (dette Giacintidi) si uccisero, poiché, segretamente, avevano fatto voto di morire tutte insieme. Riportata la vittoria, Eretteo uccise Eumolpo in fuga, ma Posidone lo punì aprendo la terra sotto i suoi piedi con un colpo di tridente e facendolo precipitare nel luogo dell'Acropoli dove venne inseguito edificato l'omonimo templio. Spesso, egli è confuso con suo nonno Erittonio.

Ereutalione

Nella mitologia greca, Ereutalione era il nome di uno degli eroi di Ftia.

Di lui si racconta nell'Iliade come scudiero di Licurgo, partecipò con lui nella guerra di Troia e gli regalò le sue armi essendo troppo anziano per poterle utilizzarle al meglio. Esse erano armi magiche donategli dallo stesso Ares, il dio della guerra.

Venne ucciso in seguito da Nestore.

Ereuto

Nella mitologia greca, Ereuto è il nome di un combattente acheo alla guerra di Troia, citato nel libro II della Posthomerica di Quinto Smirneo (poema epico che narra gli avvenimenti posteriori a quelli raccontati da Omero nell'Iliade).


Secondo la descrizione di Quinto Smirneo, Ereuto era un esperto guerriero argivo che risiedeva nella città di Tiro, sulle rive del fiume Alfeo, in Messenia. Esperto nell'uso delle armi, si era più volte cimentato in scontri armati nel quale aveva sempre dimostrato il suo valore bellico.

Morte

Ereuto seguì Nestore e i suoi due figli Antiloco e Trasimede a Troia per prendere parte al conflitto che vide opposti Achei e Troiani per la contesa di Elena. Ereuto vi giunse sicuramente a bordo di una delle novanta navi che costituivano, secondo Omero, la flotta con cui Nestore contribuì allo scontro. (Omero, Iliade, libro II, v. 602.)

Nel decimo anno del conflitto, Ereuto si scontrò con Memnone, il valoroso figlio di Eos (l'Aurora) che gli aveva ucciso il compagno Terone; il guerriero acheo venne a sua volta privato della vita dalla lancia dell'avversario che, abbandonatolo morto a terra, si scagliò su Achille sperando di ucciderlo. In realtà, Ereuto e Terone (oltre ad Antiloco, figlio di Nestore) sono le uniche vittime conosciute di Memnone.

Ergino

Nella mitologia greca, Ergino era uno degli Argonauti, figlio della principessa beota Budea o Buzige.

L'incidente


Durante una festa ci fu un lieve incidente che fece però scaturire la collera dei Tebani, quindi l'auriga Meneceo prese un sasso e lo lanciò contro il re Climeno, colpendolo a morte, ed egli prima di morire chiese vendetta.

Ergino subito con il suo esercitò marciò e sconfisse gli avversari, chiedendo pesanti tributi per vent'anni come risarcimento della morte del re.

Il viaggio di Eracle

Eracle durante uno dei suoi viaggi incontrò degli araldi che stavano recandosi per riscuotere il tributo. Alle domande dell'eroe, circa il motivo della loro venuta, loro risposero il vero aggiungendo che era una fortuna che non avesse chiesto invece del tributo parti del loro corpo, come orecchie e nasi. Eracle per tutta risposta tolse agli aralkdi le parti del corpo pronunciate e le spedì al loro re.

La rivolta


Ergino pretendeva di conoscere il colpevole e il re Creonte stava per obbedire agli ordini quando Eracle convinse ogni cittadino in età adulta a combattere per la libertà. Prese le armi e le armature offerte agli dei, ma prima di combattere un oracolo gli profetizzò vittoria certa se chi avesse la discendenza più nobile si fosse tolto la vita.

Tale persona era evidentemente Antipeno ma lui indugiava nell'uccidersi, al posto suo si sacrificarono le di lui figlie, Androclea e Alcide.

Ergino spravvisse a stento a tale attacco, perdendo tutti i suoi averi, ed in seguito diventò uno degli Argonauti. Egli volle ricostruire la sua vecchia fortuna riuscendoci alla fine, ma ormai vecchio e senza prole, ma grazie al consiglio di un oracolo si sposò e generò tre figli.

Erice

Figlio dell'argonauta Bute e di Afrodite, re degli Elimi, in Sicilia. Egli era un ottimo pugile e lottatore e sfidò, a un combattimento in cinque riprese, Eracle che ritornava dopo aver ritrovato il toro che era fuggito dalla mandria di Gerione. Eracle accettò la sfida, alla condizione che Erice avrebbe messo in palio il suo regno contro il toro fuggito dalla mandria di Gerione. Eracle vinse le prime quattro riprese; infine sollevò Erice alto sulle braccia, lo scaraventò a terra e lo uccise, e così insegnò ai Siciliani che chi è nato da una dea non è sempre immortale. Eracle vinse dunque il regno di Erice e lo lasciò agli abitanti del luogo, perché ne godessero finché uno dei suoi discendenti non si presentasse per rivendicarlo.
Altri dicono che Erice (il luogo dove egli lottò con Eracle ancora si vede) aveva una figlia chiamata Psofide che generò a Eracle due figli: Echefrone e Promaco. Condotti sull'Erimanto, essi gli diedero il nuovo nome di Psofide in onore della madre, e colà innalzarono il tempio ad Afrodite Ericina, di cui oggi rimangono soltanto le rovine. I santuari eroici di Echefrone e Promaco hanno da lungo tempo perduto la loro importanza, e Psofide è di solito considerata figlia di Xanto, nipote di Arcade.

Erifile

Erifile era figlia di Lisimaca e Talao, re di Argo, e sorella di Adrasto. Da questi fu data in moglie a uno dei principi argivi, Anfiarao, in seguito a un contenzioso fra i due cugini, come segno di riconciliazione.

Erifile tradì il marito, ai tempi della spedizione dei Sette contro Tebe, e in seguito anche il figlio Alcmeone, inducendoli a marciare su Tebe. In cambio ottenne la collana e il manto di Armonia, rispettivamente da Polinice e dal figlio di lui Tersandro. Alcmeone, scoperta la corruzione di Erifile, uccise la madre, ma fu da questa maledetto e per ciò perseguitato dalle Erinni.
Polinice offre a Erifile la collana di Armonia, in un oinochoe risalente al 450-440 a.C.

La vicenda di Erifile è narrata da Pseudo-Apollodoro, Pausania, Diodoro Siculo e Igino, . Della omonima tragedia di Sofocle sono rimasti invece solo dei frammenti.

Anfiarao, suo marito, era un veggente, e aveva previsto che la guerra a Tebe si sarebbe risolta con la morte di tutti gli eroi che vi avrebbero partecipato, con l'eccezione di Adrasto, che frattanto era succeduto a Talao sul trono di Argo. Per questo, disobbedendo agli ordini del re, rifiutava di partecipare alla spedizione. Tuttavia, in precedenza, durante una feroce discussione con Adrasto, quando ormai i due avevano sfoderato le armi, Erifile si era frapposta fra i contendenti e li aveva riportati alla ragione, facendosi giurare solennemente che per ogni futuro diverbio si sarebbero appellati al suo giudizio. Tideo, principe di Calidone in esilio ad Argo, venne a sapere di questo giuramento; del pari sapeva quanto Erifile temesse di perdere la propria bellezza. Ora, Adrasto aveva promesso a Tideo di reinsediarlo nel proprio regno solo dopo la marcia su Tebe; così questi suggerì a Polinice di offrire a Erifile la collana della sua ava Armonia, regalo della dea Afrodite, che donava la bellezza a chiunque la indossasse, a patto che la donna convincesse Anfiarao a intraprendere la spedizione. Erifile si lasciò corrompere, Anfiarao partecipò alla guerra dei Sette contro Tebe e, come aveva predetto, vi perse la vita insieme agli altri eroi.

In seguito i figli dei sette, noti come gli Epigoni, giurarono di vendicare la morte dei loro padri. L'Oracolo di Delfi predisse loro la vittoria su Tebe solo se Alcmeone, figlio di Erifile e Anfiarao, avesse guidato l'attacco. Il giovane però, contrariamente al fratello Anfiloco, era restio a intraprendere la guerra, e per questo i due avevano rimesso la decisione alla madre. Tersandro, figlio di Polinice, memore dello stratagemma usato in precedenza dal padre, offrì a Erifile il manto di Armonia, e la donna si risolse in favore della guerra. Così, dieci anni dopo la spedizione dei Sette, Tebe cadde. Tersandro, però, si gloriò pubblicamente d'aver corrotto Erifile e di avere dunque il merito della vittoria. Quando Alcmeone udì quelle parole, apprendendo che la donna era responsabile della morte del padre, decise di interrogare l'Oracolo di Delfi sul destino da riservarle. L'oracolo rispose che Erifile meritava di morire, e Alcmeone, interpetando erroneamente il responso come un'autorizzazione al matricidio, la uccise. Prima di morire, però, Erifile maledisse il figlio, che per questo fu a lungo perseguitato dalle Erinni, prima di trovare la morte a Psofide per mano di re Tegeo.

Secondo Igino, invece, Anfiarao si era nascosto per sfuggire alla sua sorte, e fu lo stesso Adrasto a offrire a Erifile un monile d'oro e gemme per sapere dove si trovasse suo marito. Anfiarao, vistosi tradito, ordinò allora ad Alcmeone di vendicarsi sulla madre dopo la propria morte.

L'ombra di Erifile apparve poi a Odisseo, insieme a quelle di altre donne illustri, nel corso del viaggio nell'Ade intrapreso dall'eroe per incontrare Tiresia. Anche Omero, tuttavia, non menziona specificatamente la collana di Armonia, ma si limita a dire che Erifile tradì il marito per dell'oro.

Erigone (figlia d'Icario)

Erigone è una figura mitologica figlia di Icario, giardiniere dell'Attica.

Fu sedotta da Dioniso apparso in veste di sconosciuto a lei e al padre a far dono del vino in seguito all'ospitalità da loro ricevuta.

Quando Icario fu ucciso, Erigone lo cercò per mesi fino a quando fu condotta dal suo cane Mera presso un pozzo dove era stato gettato. Seppellito il cadavere del padre si impiccò ad un albero.

Dopo la morte ascese al cielo a formare la costellazione della Vergine. In cielo Erigone porta una spiga nella mano sinistra, Spica, α Virginis, ed è seguita da vicino dal Cane Maggiore, la cui stella più luminosa Sirio, α Canis Majoris, rappresenta proprio il cane Mera.

Per ricordare la sua morte furono istituite delle festività, sotto suggerimento dell'oracolo di Apollo, al quale la popolazione si era rivolta per rimediare a un'epidemia di suicidi diffusasi in Attica.

Secondo alcuni miti Erigone e Dioniso ebbero un figlio di nome Stafilo, il cui nome significa grappolo d'uva, mentre secondo altri il figlio sarebbe di Dioniso e Arianna.

Erigone (figlia di Egisto)

Erigone è una figura della mitologia greca, figlia di Egisto e Clitennestra.

Nata dalla sventurata unione di Egisto con Clitennestra, Erigone è sorella di Alete e di Elena. Sopravissuta alla furia di Oreste, che le uccise entrambi i genitori ed anche la sorella Elena, lo accusò personalmente di omicidio e matricidio di fronte ai membri dell'Areopago, chiedendone la morte. Quando, per intervento di Atena, Oreste venne assolto da ogni accusa, Erigone, disperata, s'impiccò. Secondo un'altra versione, Erigone, che stava per essere uccisa da Oreste similmente al fratello Alete, venne salvata da Artemide che la trasportò ad Atene, dove la rese una sua sacerdotessa.

Un'altra tradizione, accolta da Pausania, riferisce che Erigone, riconciliata con Oreste, divenne sua sposa e gli diede un figlio, Pentilo.

Erilao

Nella mitologia greca, Erilao figura come uno dei guerrieri troiani che presero parte alla guerra di Troia e di cui Omero fa menzione nel libro XVI dell'Iliade.

È Quinto Smirneo, e non Omero, a riferire che Erilao prese in moglie la graziosa Clite, dal quale ebbe il figlio Melanione; questi, come il padre, partecipò alla guerra di Troia, morendo per mano di Antifo, compagno di Ulisse.

Mentre balzava contro il nemico, Erilao venne colpito da Patroclo al capo con una pietra che, sebbene protetto dall'elmo robusto, lo fracassò in due parti; il suo cadavere crollò a terra prono, e su di esso ebbe il sopravvento la morte.

Erilo


Erilo è il figlio della dea Feronia e del re di Preneste. È un mostro orrendo con tre vite e tre corpi. Evandro, per ucciderlo, dovette colpirlo tre volte.

Erimante

Nella mitologia greca, Erimante era il nome di vari personaggi presenti nella guerra di Troia, scoppiata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao un re acheo, effettuato da Paride figlio di Priamo il re di Troia. Tale guerra scoppiata fra i due regni viene raccontata da Omero nell’Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo due guerrieri entrambi schierati nell’esercito troiano ed entrambi uccisi a poca distanza l’uno dall’altro:

Erimante o Erìmante, feroce combattente di parte troiana, che in battaglia affrontò l'eroe di Creta, partecipante alla famosa guerra, Idomeneo, che lo uccise conficcandogli la sua lancia nella cavità orale. Quando Patroclo vide che gli achei stavano morendo accanto alle navi ad opera dei Troiani e di Ettore, egli andò alla tenda dell'intimo amico Achille per chiedergli le sue armi e combattere in vece sua. Dopo lunga riflessione Achille acconsentì a prestargliele, e si limitò a guardare il campo di battaglia ed a seguire con lo sguardo il compagno adorato, sperando di vederlo ritornare sano e salvo dalla battaglia. Patroclo cominciò allora a seminare sulla Terra avversari presso le navi dei suoi compagni, e per primi uccise Piraicme, comandante dei Peoni della Macedonia, e subito dopo il guerriero troiano Areilico, spezzandogli l'osso del femore con un potente colpo della sua lancia. Idomeneo allora fu affrontato dal giovane e feroce Erimante, altro combattente di parte troiana. Questi non riuscì a colpirlo, dopo avergli scagliato contro la sua lancia, ma fu invece lo stesso Idomeneo ad ucciderlo in maniera puramente cruenta: lo colpì nella bocca con la sua lancia e la punta lo trafisse all'interno del membro vocale raggiungendo infine il cervello, da dentro. Le conseguenze furono devastanti: l'intera dentatura saltò, e tutto dentro il viso divenne del colore del fuoco: vomitò quindi il sangue dalle narici e dalla bocca spalancata, mentre anche entrambi gli occhi si riempivano di sangue: questa fu la causa immediata della sua fine, per mano del nemico.

Erimanto

Nella mitologia greca, Erimanto è il nome di un figlio di Apollo, colpito dalla vendetta di Afrodite e a sua volta vendicato dal padre.

Figlio di Apollo, Erimanto scorse per caso Afrodite intenta a fare un bagno, svelandone le nudità dopo che la dea si era giaciuta con Adone. Afrodite, adirata, lo privò della vista. Apollo, a sua volta incollerito, decise di vendicare il figlio assumendo le sembianze di un cinghiale e azzannando a morte Adone con un colpo di maglio.

La vicenda è narrata nella Nuova Historia da Tolomeo Efestione ed è posta come alternativa alla tradizione che vuole Ares ad uccidere Adone.

Erinni

Divinità minori della Grecia antica, personificazione della maledizione furibonda e della vendetta punitiva. Secondo Esiodo nacquero dal sangue sgorgato dai genitali di Urano che cadde sulla terra quando Crono lo castrò.
Secondo un'altra versione nacquero dalla Notte. Mentre in antico il loro numero è incerto e va da una a tre, con Euripide compaiono regolarmente in numero di tre, e nell'età ellenistica e in Virgilio con i nomi di Aletto ("l'incessante"), Megera ("la maligna") e Tisifone ("la vendicatrice"). Sono raffigurate come geni alati, i cui capelli sono intrecciati di serpenti; tengono in mano torce o fruste.
In senso più generale le Erinni stanno dalla parte dell'ordine stabilito. Insorgono contro la violazione di ogni diritto, specialmente quando si offendono con spargimento di sangue i diritti della famiglia, in particolar modo chi si è macchiato di delitti quali il parricidio, il fraticidio e l'assasinio d'un amico. Ma essenzialmente le Erinni avevano il compito di punire i trasgressori delle leggi "naturali". Il filosofo Eraclito dice che se il sole avesse voluto cambiare il suo corso esse sarebbero state in grado di impedirglielo. In tempi antichi gli uomini non avevano la possibilità e nemmeno il diritto di punire tali orrendi crimini e veniva lasciato alle Erinni il compito di perseguitare il colpevole. Il concetto di Nemesi supera addirittura quello delle Furie; anche Nemesi controllava che alla fine la vendetta fosse compiuta.
Nelle Eumenidi di Eschilo, terza parte dell'Orestea, la trilogia sulla morte di Agamennone e la vendetta dei suoi figli, le Erinni perseguitano Oreste colpevole d'aver ucciso la madre Clitennestra per vendicare la morte del padre Agamennone. In questa tragedia, che la prima volta che venne rappresentata terrorizzò il pubblico, le Erinni erano inserite nel coro. Venivano rappresentate con teste di cane, ali di pipistrello e occhi iniettati di sangue; stringevano nelle mani pungoli di bronzo. Era il gesto commesso da Oreste ciò che interessava alle Erinni, non che fosse fatta giustizia o usata clemenza. Persino Apollo si trovò a fronteggiare la loro implacabile vendetta poiché egli stesso aveva deciso della morte di Clitennestra per mano di Oreste e l'aveva poi protetto a Delfi, il suo altare sacro. Le Erinni secondo Eschilo, lo inseguirono fin lì e finalmente gli dèi riuscirono a convincerle ad accettare il verdetto dell'antica corte ateniese dell'Areopago. Atena, patrona della città, intervenne e stabilì di dare il suo appoggio a Oreste se in cambio egli avesse rubato la sacra immagine di Artemide nel Chersoneso taurico per riportarla ad Atene; e le Erinni con il nome di Eumenides ("gentili") o Semnai Theai ("venerabili") vennero poi venerate ad Atene.
Le Erinni perseguitarono anche Alcmeone, colpevole di matricidio. Come Oreste, pur avendo ricevuto da Apollo l'ordine di vendicare il padre, venne ugualmente perseguitato dalle Erinni, e attraversò tutta la Grecia finché trovò rifugio su una nuova terra che non era ancora nata al tempo dell'uccisione di sua madre e sfuggì in questo modo ai poteri delle sue persecutrici. Edipo, a sua volta tormentato dalle Erinni per l'uccisione del padre, non ebbe pace che con la morte.
Le Erinni provocavano nelle loro vittime la pazzia, torturandole in tutte le maniere. Cosa il nome Erynies significasse non è certo, ma i Greci erano riluttanti a pronunciarlo e gli Ateniesi, per evitarne le nefaste influenze, preferivano usare gli eufemismi "Gentili" e "Venerande".
In Arcadia v'era un luogo dove si trovavano due templi alle Erinni; in uno erano chiamate maniai ("che mandano la pazzia"); e fu proprio qui che, di nero vestite, assalirono Oreste per la prima volta. In quei pressi, secondo le cronache associate alle Grazie (Charites, "spiriti del perdono"); e qualche tempo dopo, questa volta vestite di bianco, benedirono Oreste il quale offrì loro sacrifici.
Secondo alcuni autori le Erinni avevano dimora nel Tartaro e quando non percorrevano la terra per punire i colpevoli, si dedicavano a torturare i dannati. Questa doppia dimora si collega forse alle due diverse storie della loro nascita: figlie della Terra o della Notte, ma secondo una versione alternativa erano nate da Ade, dio del Tartaro e da Persefone, e proprio come i due dèi degli inferi avevano una doppia natura, benigna e maligna.
I Romani le chiamarono Furiae o Dirae deae, e con tale nome esse entrarono nella mitologia romana, dove appaiono solo quali divinità malefiche.

Eris

Dea greca, personificazione della discordia. Secondo la concezione omerica, essa è sorella e compagna di Ares e cresce a tale altezza da toccare col capo il cielo, pur continuando a camminare sulla terra. Dimo e Fobo, cioè il Terrore e lo Spavento, le sono compagni. La Teogonia esiodea la fa figlia della Notte, che è madre anche della Morte, della Vecchiaia, dell'Inganno, e di tutto quanto c'è di cattivo.
Sorella e seguace di Ares suscita sempre nuove guerre spargendo voci malvagie e alimentando le gelosie. Non favorisce questa o quella città, ma combatte ora a fianco degli uni ora a fianco degli altri, così come l'umore le suggerisce, godendo a vedere carneficine di guerrieri e saccheggi di città.
Alle nozze di Peleo e di Teti, Eris non fu invitata; ma si presentò ugualmente alla cerimonia e, per vendicarsi, decise di far nascere una baruffa tra gli dèi. Mentre Era, Afrodite e Atena conversavano amichevolmente, lasciò cadere una mela d'oro ai loro piedi. Peleo la raccolse e lesse perplesso ciò che vi stava scritto sopra: "Alla più bella!" Egli non capiva a chi fosse destinata. Quella mela fu poi la causa prima della guerra di Troia.
Anche al matrimonio di Piritoo con Ippodamia, Eris non venne invitata; Piritoo rammentava infatti quali guai aveva fatto nascere alle nozze di Peleo e di Teti. Ma anche questa volta la dea si vendicò per l'offesa fattale, facendo scatenare una lotta furibonda tra i convitati in seguito alla quale ebbe origine l'antica inimicizia fra i Centauri e i loro vicini Lapiti.
Eris è rappresentata con un pomo in mano e con serpi fra i capelli; di solito come un demone malvagio e spaventoso. Esiodo, ne Le Opere e i Giorni, distingue due Discordie: una, perniciosa, figlia della Notte, e l'altra, utile, che non è altro che la nobile emulazione che Zeus ha posto come "molla" nel mondo.

Erisittone 1

Eroe tessalo, figlio del re Triopa; il suo mito è narrato da Callimaco nell'inno a Demetra, sviluppato da Ovidio nelle Metamorfosi (VIII, 738-878).
Uomo empio e violento, non temeva la collera degli dèi. Un giorno, alla testa di venti compagni, decise di invadere il bosco sacro che i Pelasgi avevano dedicato alla dea Demetra a Dozio, e cominciò ad abbattere alberi sacri per costruirsi una nuova sala per i banchetti. Demetra assunse l'aspetto della ninfa Nicippe, sacerdotessa del bosco, e gentilmente ordinò a Erisittone di desistere. Ma quando costui la minacciò con la sua ascia, Demetra gli si rivelò in tutto il suo splendore e lo condannò a soffrire la fame in perpetuo, per quanto mangiasse. Erisittone ritornò a casa e si abbuffò dalla mattina alla sera a spese dei suoi genitori, ma più mangiava più diventava magro e roso dai morsi della fame, finché non fu più possibile fornirgli altro cibo ed egli dovette mendicare per le strade, mangiando rifiuti.
La figlia Mestra, giovane bellissima, aveva ricevuto dall'amante Poseidone la facoltà di trasformarsi a volontà. Assumeva ogni giorno una forma nuova e il padre, vendendola sul mercato come schiava, poteva sfamarsi. Ella poi, appena venduta, fuggiva facilmente dalla casa del padrone per tornare alla propria casa. Assumeva un'altra forma e tornava a vendersi di nuovo, procurando così risorse al padre. Ma questi finì, nella sua pazzia, col divorare se stesso.
Dante nomina Erisittone nel Purgatorio (XXIII, 25-27).
Non credo che così a buccia strema
Eresitone fosse fatto secco,
per digiunar, quando più n'ebbe tema.

Erisittone 2

Eroe leggendario d'Atene, figlio del primo Cecrope e di Aglauro, e fratello di Aglauro (amata da Ares), Erse (amata da Ermete) e Pandroso.
Erisittone andò in viaggio a Delo, da dove riportò una vecchia statua d'Ilizia; ma egli morì sulla strada del ritorno.

Erito

Nella mitologia greca, Erito o Eurito, dal greco Ἐρυτοςdal era uno dei figli di Ermes.

Eurito, figlio del divino Ermes avuto con Antianira, era il fratello gemello di Echione.

Eurito Secondo Apollonio Rodio, ed altre fonti minori, partecipò alla spedizione degli argonauti, il viaggio per il recupero del vello d’oro a cui capo vi era Giasone, ma nel mito non vi sono tracce significanti del suo ruolo in quelle avventure.

Erittonio (Re)

Erittonio, personaggio della mitologia greca, era figlio di Dardano ed Ecuba, nipote di Zeus, il padre degli dei. Si sposò con Astiope, da quel matrimonio nacque Troo.

Secondo un'altra versione, era figlio di Efesto e di Atena, nacque dal seme del dio gettato sulla gamba della dea. Una volta nato, il bambimo fu collocato in una cesta e affidato a una delle figlie di Cecrope, le quali si spaventarono a morte notando che all'interno della cesta spuntava una coda di serpente, e per questo motivo si suicidarono.
Il suo nome viene ricordato perché gli viene accreditata l'invenzione della quadriga, l'introduzione del denaro, e il lancio delle Panatenaiche, feste in onore di Atena.

Ermafrodito

Ermafrodito è una figura della mitologia greca, figlio di Ermes e di Afrodite.

Il dio venne allevato dalle ninfe in Frigia. Quindicenne, nel corso della sua esplorazione del mondo, il bellissimo dio giunse in Caria, sulle rive di un grande lago. Qui lo vide la ninfa Salmace, che si innamorò subito di lui. Questa, appena Ermafrodito si bagnò nel lago, chiese agli dei di potersi unire per sempre a lui. I due divennero un essere solo, metà uomo metà donna.

Ermafrodito ottenne dagli dei che chiunque si fosse immerso in quel lago avrebbe subito perduto la virilità.

"Ermafrodito, come è stato chiamato, che era nato da Ermes e di Afrodite e ha ricevuto un nome che è una combinazione di quelli di entrambi i genitori. Alcuni dicono che questo è un dio e appare in certi momenti tra gli uomini, e che egli è nato con un corpo fisico che è una combinazione di quella di un uomo e quella di una donna, in quanto egli ha un corpo che è bello e delicato come quello di una donna, ma ha la qualità maschile e il vigore di un uomo. Ma ci sono alcuni che dichiarano che tali creature dei due sessi sono mostruosità, e raramente venuta nel mondo, hanno la qualità del presagendo il futuro, a volte per il male e qualche volta buona."

Secondo il mito di Ovidio, Ermafrodito è stato allattato dalle Naiadi nelle grotte del Monte Ida, una montagna sacra in Frigia (attuale Turchia). All'età di quindici anni, annoiato dall'ambiente in cui viveva, viaggiò verso le città della Licia e Caria. È stato nel bosco di Caria, nei pressi di Alicarnasso (l'attuale Bodrum, in Turchia), che ha incontrato la ninfa Salmace nella sua piscina. Salmace era sopraffatta dalla lussuria per il ragazzo e cercò di sedurlo, ma è stata respinta. Quando ha pensato che fosse andata, Ermafrodito si spogliò ed entrò nelle acque della piscina vuota, ma Salmace saltò fuori da dietro un albero e si gettò in piscina. Si avvolse intorno al ragazzo, con la forza lo baciò e gli toccò il petto. Mentre Ermafrodito si dibatteva, lei gridò agli dèi che non si sarebbe mai separata da lui. Il suo desiderio venne accolto, e i loro corpi mescolati in una creatura di entrambi i sessi.

Ermete

Figlio di Zeus e di Maia, la più giovane delle Pleiadi. La sua nascita e le sue vicende sono narrate in uno degli Inni Omerici intitolato appunto Hermes. Era nato in una caverna del monte Cillene in Arcadia, donde il suo soprannome di Cillenio. Maia lo aveva concepito da Zeus, in piena notte, approfittando dei momenti un cui Era dormiva, e lo diede alla luce all'alba del quarto giorno del mese, giorno che restò consacrato ad Ermete. Alla nascita fu avvolto in fasce, come a quei tempi si usava fare con i neonati, e fu posto in un canestro a guisa di culla, ma poiché il dio era particolarmente precoce, prima di mezzogiorno era già in grado di slegarsi e uscire dalla caverna, e di dare prova della furbizia, della destrezza, dell'abilità che furono sue doti peculiari. Con sorprendente rapidità egli si trasformò in un ragazzino e, non appena la madre gli voltò le spalle, balzò fuori dalla culla e andò in cerca di avventure. Giunto nella Pieria, dove Apollo custodiva una magnifica mandria di vacche di Admeto, decise di rubare cinquanta giovenche. E affinché Apollo non lo acciuffasse seguendo le tracce degli animali, attaccò un ramo alla coda di ciascun animale (secondo altri, li fornì di zoccoli) e tirandoli per la coda portò nottetempo gli animali fino in una cavera a Pilo nel Peloponneso. Ermete, per confondere le sue tracce, ebbe l'accortezza di legarsi alcuni arbusti ai piedi. Era stato visto da un testimone, un vecchio chiamato Batto al quale promise una giovenca in cambio del silenzio. Sacrificò due capi ai dodici dèi dell'Olimpo, bruciò le interiora e le teste per nascondere le prove del suo furto e, dopo aver messo al sicuro il resto della mandria, fece ritorno nella sua grotta del Cillene. All'ingresso della grotta trovò una tartaruga, la uccise, le tolse il guscio e sulla cavità tese sette corde fabbricate con gli intestini dei due animali che aveva sacrificato, inventando così la prima lira.
Apollo, il mattino dopo, si accorse del furto, ma il trucco di Ermete funzionò a meraviglia, e benché il dio cercasse dappertutto le sue bestie, i suoi sforzi non approdarono a nulla. Dietro suggerimento di Batto, che venne poi punito da Ermete, giunse sulle sue tracce e si stupì di trovarlo nella culla. Il bambino negò d'essere a conoscenza del furto e chiese, meravigliato, come potesse un lattante di appena un giorno rubare una mandria di mucche e come avesse potuto andare in Tessaglia non sapendo ancora camminare. Apollo, sforzandosi di non ridere nell'udire come quell'infante gli rifilava una bugia dietro l'altra, lo minacciò di grandi punizioni se non avesse ubbidito immediatamente. Ermete, senza scomporsi, presa la lira, si mise a suonarla ad Apollo. Il dio ne restò incantato e chiese di averla in dono. Ermete propose uno scambio, chiese che Apollo in cambio della lira gli lasciasse sorvegliare il bestiame, e Apollo acconsentì. Ermete condusse poi Apollo verso Pilo e gli restituì la mandria che aveva nascosto in una grotta.
Un po' più tardi, mentre le vacche pascolavano pigramente, Ermete tagliò una canna, ne fece uno zufolo di pastore e suonò un'altra melodia. E Apollo, di nuovo deliziato, gli offrì in cambio dello zufolo il vincastro d'oro (il caduceo) di cui si serviva custodendo le mandrie di Admeto, e lo nominò dio di tutti i mandriani e di tutti i pastori. Ermete accettò di fare il baratto, ma chiese inoltre lezioni di divinazione. Apollo replicò che non poteva dargliele, ma suggerì ad Ermete di andare dalle sue vecchie nutrici, le Trie che vivono sul Parnaso, e insegnano a leggere il futuro nei sassolini.
Apollo raccontò poi a Zeus l'accaduto, e il padre degli dèi invitò Ermete a rispettare d'ora in poi la proprietà altrui e a non dire spudorate bugie; ma non potè trattenersi dal sorridere e dal riconoscere che il suo figliolo era un piccolo dio molto ingegnoso, eloquente e persuasivo.
Divenuto adulto, Ermete fu scelto come ministro di Zeus, il quale, perché potesse eseguire con rapidità i suoi ordini, gli regalò un berretto alato, il petaso, e un paio di aurei calzari forniti di ali, i talari, che l'avrebbero portato dovunque con la rapidità del vento. Ebbe numerosi incarichi, come presiedere alla stipulazione dei trattati, favorire i commerci e proteggere i viaggiatori su tutte le strade del mondo. Egli fu accolto con entusiasmo dalla famiglia degli dèi olimpi.
In seguito le Trie insegnarono ad Ermete come predire il futuro osservando la disposizione dei sassolini in un catino pieno d'acqua, ed egli stesso inventò poi il gioco divinatorio degli astragali. Anche Ade si servì di lui come araldo, perché facilitasse il trapasso dei morenti in modo eloquente e gentile, appoggiando sui loro occhi la sua verga d'oro.
Ermete aiutò le Moire a comporre l'alfabeto, inventò l'astronomia, la scala musicale, l'arte del pugilato e della ginnastica, la bilancia e le misure di capacità (invenzione che altri attribuiscono a Palamede) e la coltivazione dell'olivo.
Molte sono le imprese compiute da Ermete. Salvò Dioniso bambino dall'ira di Era, affidandolo al re d'Orcomeno Atamante, poi lo portò dalle ninfe sul monte Nisa in Elicona. Come protettore dei mercati, Ermete vendette Eracle come schiavo ad Onfale, regina di Lidia, e consegnò poi il prezzo dell'acquisto agli orfani di Ifito. Per aiutare Zeus innamorato di Io, uccise Argo dai molti occhi cosicché la fanciulla potesse fuggire, e per quest'uccisione si guadagnò l'epiteto di Argifonte. Salvò Zeus durante la lotta contro Tifone. Questi gli aveva tagliato i tendini e li aveva nascosti in una pelle d'orso addidata alla guardia del mostro Delfine. Ermete riuscì a sottrarre al mostro i tendini e, con l'aiuto di Pan, a riattaccarli a Zeus, che potè così riprendere il combattimento. Quando Ares, che aveva provocato la morte di Adone durante la caccia, venne catturato e imprigionato per tredici mesi in una giara di bronzo dagli Aloadi, fu Ermete a liberarlo. Accompagnò Zeus nei suoi viaggi attraverso la terra visitando Licaone, Irieo, Filemone e Bauci. Organizzò la gara di bellezza tra Era, Atena e Afrodite, rimessa poi al giudizio di Paride. Accompagnò Priamo all'accampamento di Achille a chiedere il corpo di Ettore. Aiutò anche Odisseo: una volta trasmettendo a Calipso l'ordine di Zeus di lasciar libero l'eroe e di aiutarlo a costruirsi una zattera per il viaggio di ritorno a Itaca; un'altra volta, presso Circe, offrendogli un bianco fiore profumato chiamato moli, per rendere inefficaci gli incantesimi della maga. Nefele, madre di Frisso e di Elle, ebbe da Ermete l'ariete dal vello d'oro che salvò i suoi figli.
Ermete ebbe un gran numero di amori; tra le dee amò soprattutto Afrodite che gli generò Ermafrodito. Dapprima la dea rifiutò la sua corte ma Zeus ebbe pietà di lui e mandò la sua aquila perché rubasse uno dei sandali d'oro della dea che si stava bagnando nel fiume Acheloo. Ermete si offrì di restituirle il sandalo in cambio dei suoi favori, e la dea accettò. Nella ninfa Enide, o in una figlia di Driope, o in Penelope (infedele a Odisseo) generò Pan. era anche padre di Dafni.
Ermete amò anche molte mortali tra cui Erse, figlia di Cecrope re di Atene. Quando Aglauro, sorella di Erse, impedì a Ermete d'entrare nella stanza della fanciulla egli la trasformò in pietra. Erse gli generò Cefalo. Amò anche Apemosine che respinse le sue proposte e fuggì. Il dio la raggiunse presso una fonte, e di nuovo la fanciulla cercò di fuggire, ma Ermete aveva steso delle pelli scivolose sul sentiero e allorché Apemosine cadde riuscì a violentarla. Riuscì a fae sua la casta Chione; con la sua bacchetta magica la addormentò per possederla tranquillamente.
Ermete veniva anche associato con l'Oltretomba perché scortava le ombre dei mortali fino al fiume Stige dove Caronte li accoglieva e li traghettava dall'altra parte. Per questa sua funzione veniva chiamato Psychopompos, "guida delle anime". Venne inviato da Zeus a negoziare con Ade la restituzione di Persefone e aiutò Eracle a catturare Cerbero. Quando Orfeo fallì il tentativo di riportare Euridice al mondo dei viventi fu Ermete che la condusse nella dimora di Ade.

Ermione

Ermione è una figura della mitologia greca, figlia di Menelao e di Elena.

Il nonno materno Tindaro la promise in sposa a Oreste. Menelao invece la diede in sposa al figlio di Achille, Neottolemo. Tuttavia quando la guerra di Troia finì a Neottolemo venne assegnato insieme al bottino di guerra anche la moglie di Ettore, Andromaca. Ermione tuttavia non sopportava la presenza di Andromaca e con la complicità di Oreste uccise Neottolemo. Ermione si unì a Oreste e dal loro matrimonio nacque Tisameno.

Le sue vicende erano l'oggetto dell'Hermiona del tragediografo latino Marco Pacuvio, che trasse l'opera, a sua volta, da un originale greco di cui non si ha oggi notizia.

Ermo (Egitto)

Ermo è un personaggio della mitologia greca, uno dei dodici figli di Egitto e della ninfa Caliadne. Sposò Cleopatra, una delle dodici figlie di Danao e della ninfa Polisso, dalla quale venne assassinato la prima notte di nozze.

Ermo (Oceano)

Ermo, nella mitologia greca era una divinità che abitava il fiume omonimo (l'attuale Gediz) situato nell'antica regione della Lidia (moderna Turchia). Come la maggior parte delle divinità fluviali, Ermo era il figlio di Oceano e Teti. Egli fu il padre delle ninfe della Lidia.

Ero e Leandro
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Ero e Leandro sono due figure protagoniste di una narrazione della mitologia greca.

La tragica vicenda è già narrata da Ovidio nelle Eroidi ed è accennata anche da altri autori, ma deve la sua fortuna soprattutto a un poemetto in esametri di Museo Grammatico del V o VI secolo. Il giovane Leandro, che viveva ad Abido, amava Ero, sacerdotessa di Afrodite a Sesto, sulla costa opposta, e attraversava lo stretto a nuoto ogni sera per incontrare la sua amata. Ero, per aiutarlo ad orientarsi, accendeva una lucerna. Una notte una tempesta spense la lucerna e Leandro, disorientato, morì tra i flutti. All'alba Ero vide il corpo senza vita dell'amato sulla spiaggia e, affranta dal dolore, si suicidò gettandosi da una torre.

Erope 1

Catreo, il figlio maggiore di Minosse, ebbe tre figlie: Erope, Climene e Apemosine, e un figlio, Altemene. Quando un oracolo predisse che Catreo sarebbe stato ucciso da uno dei propri figli, Altemene e Apemosine lasciarono Creta, nella speranza di sfuggire alla meledizione. Frattanto Catreo, che non si fidava delle sue due altre figlie Erope e Climene, le scacciò da Creta, di cui era divenuto re. Erope, dopo essere stata sedotta da Tieste il Pelopide, sposò Plistene, che la rese madre di Agamennone e Menelao. Secondo un'altra tradizione, Erope fu sorpresa un giorno da Catreo mentre accoglieva un suo amante nel palazzo; stava per essere gettata in mare allorché Catreo, dietro preghiera di Nauplio, la vendette come schiava a Nauplio stesso, assieme alla sorella Climene, che egli sospettava tramasse contro la sua vita. Impose tuttavia come condizione che né l'una né l'altra tornassero mai più in Creta.
Frattanto Atreo, rimasto vedovo, sposò Erope dalla quale ebbe Agamennone, Menelao e Anassibia. Durante il matrimonio con Atreo, Erope concepì per il cognato Tieste un'insana passione. Tieste acconsentì a divenire l'amante della giovane sposa di Atreo, a patto che essa gli consegnasse l'agnello dal vello d'oro. Erope gli dette di nascosto l'agnello e Tieste, orgogliosamente, potè guidare i magistrati alla propria dimora dove mostrò loro l'agnello, ne rivendicò la legittima proprietà e fu eletto re di Micene. Malgrado ciò, Atreo riuscì a conservare la corona, per l'intervento di Zeus che inviò Ermete da Atreo per consigliargli di pattuire con Tieste che il vero re sarebbe stato designato da un altro prodigio: se il sole avesse invertito il suo corso, Atreo avrebbe regnato su Micene, atrimenti Tieste sarebbe rimasto in possesso del potere. Tieste acconsentì ad abdicare se un simile prodigio si fosse verificato. Al che Zeus, con l'aiuto di Eris, sovvertì le leggi della natura e, subito, il sole tramontò ad est. Così Atreo, oggetto evidente del favore divino, regnò definitivamente sulla città. L'avida frode di Tieste venne smascherata ed egli fu bandito dalla città. E Atreo, avendo conosciuto l'intrigo di Erope con Tieste, la punì gettandola in mare.

Erope 2

Figlia di Cefeo, re di Tegea in Arcadia. Eracle pregò Cefeo di unirsi a lui con i suoi venti figli nella spedizione contro Sparta. Dapprima Cefeo rifiutò: non si azzardava infatti a lasciare Tegea senza difesa. Ma Eracle, cui Atena aveva donato una ciocca dei capelli della Gorgone in un'urna di bronzo, la offrì alla figlia di Vefeo, Erope: se la città fosse stata attaccata, le disse, essa doveva esporre per tre volte sulle mura quella ciocca, voltando le spalle al nemico che subito si sarebbe dato alla fuga. Gli eventi dimostrarono, tuttavia, che Erope non aveva bisogno di quel talismano.

Edited by demon quaid - 16/12/2014, 21:05
 
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