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Tutta la mitologia Greca, In ordine alfabetico

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Demon Quaid
view post Posted on 27/8/2010, 10:11 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Eros

E' il dio dell'amore. La poesia omerica non conosce Eros come nume. Da Esiodo in poi invece esso è noto sotto il duplice aspetto di divinità teogonica e d'inseparabile compagno di Afrodite.
Quale potenza teogonica dell'amore che spinse all'unione vicendevole le coppie dei Numi, lo si considerava come figlio del Caos, o della scura Notte e del luminoso Giorno, o del Cielo e della Terra, o di Urano o di Crono. Qual nume dell'amore, dominatore irresistibile della Natura, degli dèi e degli uomini, era detto abitualmente figlio di Afrodite, per quanto taluni lo facessero rampollo d'Ilizia, e altri figlio di Zefiro e d'Iride, e altri nato da Zeus. Accanto a lui compaiono spesso le figure affini di Imero e Poto. È adorato insieme con Afrodite.
Durante la rivolta dei Giganti contro gli dèi, Porfirione si precipitò su Era e cercò di strangolarla; ma ferito al fegato da una freccia scoccata tempestivamente dall'arco di Eros, la sua furia omicida si trasformò in una brama lussuriosa e lacerò la veste di Era. Zeus, vedendo che il gigante stava per oltraggiare sua moglie, divenne pazzo di gelosia e abbattè Porfirione con una folgore. Sull'Olimpo, Era e Atena discutevano angosciate i mezzi da suggerire al loro protetto, Giasone, perché egli potesse impossessarsi del Vello d'Oro. Infine decisero di chiedere l'aiuto di Afrodite, e costei indusse il suo malvagio figlioletto Eros a far sì che Medea, figlia di re Eete, concepisse un'improvvisa passione per Giasone. Eros scoccò una freccia che penetrò nel cuore di Medea fino in fondo.
Famosi luoghi di culto di Eros furono soprattutto Tespie in Beozia e Pario sull'Ellesponto: in Tespie esistettero statue di Eros dovute a Prassitele e a Lisippo, in Pario fu una statua di Prassitele. A Tespie si celebravano in suo onore ogni quattro anni le Erobie con gare ginniche e musicali, che durarono anche nell'epoca romana.
In particolar modo nelle palestre fu venerato Eros, come simbolo dell'amicizia e dell'amore tra uomini e giovinetti. Accadeva pertanto di vederne spesso nelle palestre il simulacro fra quelli di Ermete e di Eracle. Gli Spartani e i Cretesi prima della battaglia sacrificavano ad Eros, e a Samo gli dedicarono un ginnasio e celebravano in onor suo le Eleuterie. Gli Ateniesi lo ricordavano accanto ai propri liberatori Armodio e Aristogitone. Dallo stesso ordine d'idee è germogliata la figura di Anteros ("l'amore rifiutato") che appare talora accanto a Eros, a significare l'affetto corrisposto tra uomini e giovani.
La poesia (come del resto l'iconografia) rappresenta abitualmente Eros come fanciullo o come delicato giovinetto: di rado occorre rappresentazione diversa, come quella di forte e vigoroso garzone che appare da un frammento di Anacreonte: per lo più è appunto il ragazzo o giovinetto birichino che tiranneggia uomini e numi, e se ne ride. Ciò anche nella poesia tragica, ma in special modo nella post-classica, specie in quella delle anacreontiche. Oggetto delle fantasie e delle ideologie dei filosofi fu pure Eros: basti ricordare il Simposio platonico. Nell'età alessandrina è famosa la creazione della coppia di Amore e Psiche, ricordata per la prima volta da Meleagro nel secolo I a.C., ma che appare sicuramente più antica. Tutti conoscono la graziosa novella composta su quella coppia da Apuleio. Nella tarda età alessandrina e nella romana le piccole Psichi alate insieme con gli alati Amorini invadono ogni scena di vita naturale, divina, umana, affaccendate quelle come questi nelle più svariate occupazioni, a indicare l'incoercibile potenza dell'amore.

Erse

Nella mitologia greca, Erse, con Aglauro e Pandroso, era una delle figlie di Cecrope e Agraulo.

Una sera, mentre le ragazze ritornavano da una delle feste sacre, Ermes cercò di persuadere Agraulo, dandole dell’oro, a lasciarlo entrare nella stanza della minore delle sue figlie, Erse appunto, di cui era innamorato.

Agraulo accettò l’oro, ma colta dalla gelosia nei confronti della bella figlia non rispettò il patto. Il dio si infuriò, entrò ugualmente nella casa, trasformò la donna in pietra e si unì a Erse, concependo due figli.

Erse rimase incinta di due bambini, Cefalo, il beniamino di Eros, e Cervice, il primo araldo dei misteri eleusini.

In seguito, incuriosita dal contenuto di un paniere affidato loro da Atena, di Aglauro e le sue sorelle ne alzarono il coperchio vedendo Erittonio, un bambino con la coda di serpente al posto della gambe, e fuggirono terrorizzate gettandosi giù dall’Acropoli.

Ersilia

Donna sabina su cui esiste una duplice leggenda, la prima delle quali la fa moglie di Romolo, al quale diede due figli: una femmina, Prima, e un maschio, Aollio, in seguito chiamato Avilio. Per prima avrebbe patrocinato, dopo la guerra seguita al ratto delle Sabine, l'alleanza tra Romani e Sabini e, morto Romolo, sarebbe stata anch'essa deificata e venerata dai Romani col nome di Hora Quirini. La seconda leggenda la considera moglie del romano Ostilio cui, prima fra tutte le rapite Sabine, avrebbe dato un figlio, Osto Ostilio che fu poi il padre di Tullio Ostilio, quarto re di Roma. Entrambe le leggende sono concordi nell'attribuirle opera di mediatrice e di pacificatrice, insieme con altre compagne sabine oratrici di pace, dei rapporti tra Romani e Sabini.

Esaco

Esaco è un personaggio della mitologia greca, figlio di Priamo re di Troia e Arisbe, sua prima moglie.

Secondo Apollodoro e altri Esaco era anche un veggente che aveva appreso l'interpretazione dei sogni dal nonno Merope.
Esaco e Asterope

Nella metamorfosi di Ovidio, Esaco è il primogenito del re Priamo e della sua prima moglie Arisbe, secondo altri la madre di Esaco sarebbe stata la ninfa Alexirhoe figlia del fiume Granico. Si innamora di Asterope figlia del fiume Cebreno; dopo la morte di questa non riesce a darsi pace, cercando più volte la morte, mai trovandola, gettandosi in mare da un'erta rupe. Alla fine, mossi a compassione gli dei lo tramutano in un uccello pescatore; in tal modo può abbandonarsi alla sua ossessione, senza offendere il creato.

Prima della guerra di Troia


Prima della nascita di Paride, Ecuba sognò di generare una fascina di legna piena di serpenti, di svegliarsi e gridare che Troia era in fiamme. Priamo subito consultò Esaco per comprendere quel sogno, egli esclamò: "Il bimbo che sta per nascere sarà la rovina della nostra patria! Ti supplico di liberartene!" Pochi giorni a seguire Esaco fece una nuova profezia: "Le principesse troiane che partoriranno oggi dovranno essere uccise, e così i loro figli!". Infatti Priamo uccise sua sorella Cilla e il figlio di lei Munippo, nato quella mattina. Anche Ecuba partorì quel giorno ma Priamo non li uccise

Secondo alcune tradizioni, Esaco fu partecipe alla guerra di Troia, ma dopo essersi distinto in battaglia, venne ucciso per mano di Agamennone.

Esepo

Nella mitologia greca, Esepo, era il nome del figlio di Bucolione (a sua volta figlio di Priamo) e della ninfa Abarbarea. Egli fu un eroe che partecipò alla guerra di Troia, nata per colpa del rapimento di Elena, moglie di Menelao.

Esepo, fratello gemello di Pedaso, schierato dalla parte dei troiani, venne ucciso in battaglia da Eurialo, figlio di Mecisteo.

Esiete

Nella mitologia greca, Esiete era il nome di vari personaggi citati da Omero nell’ Iliade.

Sotto tale nome ritroviamo:

* Esiete, padre di Alcatoo, il celebre guerriero.
* Esiete, anziano signore di Atene. La sua tomba era il luogo dove vi era nascosto una spia dei troiani intenta ad ascoltare i discorsi degli achei

La differenziazione fra l’Esiete anziano e quella del padre di Alcatoo non è sicura per via delle poche informazioni avute del primo, anche se il luogo della tomba non dovrebbe portare a pensare che siano la stessa persona.

Esimno


Nella mitologia greca, Esimno è il nome di un guerriero acheo al tempo della guerra di Troia, citato nel libro XI dell'Iliade di Omero.

Esimno occupa uno spazio ridottissimo nel libro XI del poema (appena un verso), essendo citato all'inizio della terza battaglia descritta da Omero. Intravisto Agamennone in fuga dallo scontro aperto perché ferito da una lancia, Ettore incoraggiò gli animi dei Troiani e si gettò personalmente nella mischia, simile ad una raffica che sconvolge il mare. Esimno deve essere visto come uno dei soldati semplici che, confidando nella velocità, cercarono di sottrarsi invano alla furia del guerriero; in realtà Ettore, senza preoccuparsi del tipo di nemico che gli si poneva di fronte, sterminò dapprima i capi Danai e poi la "folla", inteso come il gruppo di militari minori, tra cui Esimno stesso.

Esione

Esione è un personaggio della mitologia greca.

Poiché il padre Laomedonte non ha rispettato la parola data, Esione è costretta a sacrificarsi, dandosi in pasto ad un mostro marino mandato da Poseidone. Viene salvata, tuttavia, da Eracle, che si sarebbe vendicato su Laomedonte, uccidendogli tutti i figli tranne Esione e Podarce, suo fratello, futuro re dei Troiani col nome di Priamo. Esione va, poi, in sposa a Telamone e dalla loro unione nasce Teucro.

Esone (mitologia)

Nella mitologia greca, Esone, padre di Giasone, era il figlio di Tiro e Creteo

Tiro si sposò con suo zio Creteo, colui che fondò Iolco, gli diede un figlio chiamato Esone e ne adottò altri due: Pelia e il suo fratello gemello Neleo. Dopo la morte del loro padre, Pelia prese il trono, esiliando Neleo e non diede alcuna eredità a Esone, rendendolo suo prigioniero.

La sentenza dell'oracolo


Il nuovo re, Pelia, memore di un responso di un oracolo che avvertiva la fine della sua vita per mano di uno dei discendenti di Eolo, mise a morte chiunque potesse essere il suo futuro assassino, risparmiò Esone poiché era molto amato dalla loro madre: Tiro. Esone aveva sposato Polimela, e da lei ebbe un figlio, Giasone. Riuscirono con uno stratagemma a farlo scampare alla morte e lo portarono sul monte Pelio, dove lo allevò Chirone il centauro.

La morte


In seguito Giasone tornò nella città dove incontrò Pelia, egli, preso dal timore della profezia, lo mise a capo della spedizione del vello d'oro. Quando infine Giasone recuperò l'oggetto uccidendo un dragone, scoprì, ritornando, che Pelia aveva già ucciso Esone. In realtà lui chiese il permesso di uccidersi con le proprie mani, bevendo sangue di toro. In seguito si impiccò anche la moglie di Esone.

Esperidi

Esiodo nella Teogonia narra che all'estremità occidentale della terra, dove il giorno e la notte s'incontrano, in un'isola dell'Oceano si stende un giardino nel quale le Esperidi custodiscono i pomi d'oro col drago Ladone, figlio di Forcide e di Ceto (o anche di Tifone e di Echidna); davanti ad esse sta Atlante che sorregge la volta celeste.
Quanto all'origine degli aurei pomi delle Esperidi, si narrava che all'epoca delle nozze di Zeus e di Era la Madre Terra avesse fatto nascere l'albero con quei frutti meravigliosi e di essi avesse fatto dono ai due sommi numi. I pomi meravigliosi sono simbolo della fecondità e dell'amore. I pomi delle Esperidi compaiono anche in occasione delle nozze di Cadmo e di Armonia; una leggenda dice che dal giardino delle Esperidi provenissero pure i pomi donati da Afrodite a Ippomene, per vincere nella corsa Atalanta.
Eracle, nella sua undicesima (o dodicesima) fatica, per trovare il giardino delle Esperidi dovette molto vagare. Vi giunse valendosi delle indicazioni di Prometeo, e ricorse ad Atlante il quale colse i pomi, mentre Eracle sosteneva al posto di lui la volta celeste. Atlante, per conservarsi libero dal suo gravoso ufficio, voleva portare lui i pomi ad Euristeo, ma Eracle, furbo, pregò Atlante di riprendersi il suo peso solo per un momento affinché egli, Eracle, potesse farsi un cuscino che gli avrebbe alleviato alquanto la fatica. Atlante acconsentì, ed Eracle lo piantò in asso.
Le Esperidi sono le "Ninfe del Tramonto", figlie della Notte e di Erebo; ma più tardi, furono ritenute successivamente figlie di Zeus e di Temi, di Forcide e di Ceto, e infine d'Atlante. Vario inoltre è anche il loro numero: generalmente sono tre, Egle, Eritea ed Esperetusa (o Egle, Espere e Aretusa, o Lipara, Asterope e Crisotemi), o quattro, Egle, Espere, Aretusa e Medusa.

Espero

Nome greco dell'astro che i Latini chiamarono Vesper o Vesperego: lo stesso astro che al mattino quale apportatore di luce fu detto dai Greci Fosforo e dai Romani Lucifer o Jubar.
Secondo una tradizione, salì per primo sul monte Atlante per osservare le stelle più da vicino. Fu sorpreso da un uragano e scomparve senza lasciare traccia. In sua memoria, venne dato il suo nome all'astro che compare per primo alla sera, e che annuncia il tempo del riposo della Notte.
Espero è ritenuto il padre di Esperide, la quale sposata ad Atlante, gli diede come figlie le Esperidi. Era tanto bello che Afrodite lo rapì facendolo guardiano del suo tempèio; un'altra versione del mito narrava invece come avesse gareggiato in bellezza con Afrodite e fosse poi stato trasformato in astro.

Estia

Dea del focolare domestico, è la prima figlia di Crono e di Rea, e sorella di Zeus e d'Era.
Ignota ancora ai poemi omerici, che conoscono però la santità del focolare; essa compare per la prima volta nella Teogonia di Esiodo e negl'Inni Omerici. Come puro è il fuoco, così Estia era concepita illibata e casta; e il mito narrava che, dopo la vittoria degli dèi sui Titani, nella divisione ch'essi si eran fatta del mondo, Estia aveva chiesto per sé eterna verginità rifiutando le nozze offertele da Poseidone e da Apollo; e Zeus aveva acconsentito alla sua richiesta, riconoscendole l'onore di aver sede in tutti i templi degli dèi e in tutte le dimore degli uomini, e di aver parte in tutti i sacrifici agli dèi, che con una libagione ad Estia dovevano aver principio e fine. Essa ha sede sull'Olimpo, ove resta immobile sul suo trono, mentre le altre divinità vanno e vengono per il mondo.
Nel culto, Estia rappresenta anzitutto il focolare domestico, centro della casa, simbolo specialmente di stabile dimora, luogo ove si raccolgono i membri della famiglia per supplicare gli dèi e offrir loro sacrifici, e che gli dèi stessi prediligono, quando vogliono essere presenti e benefici della casa. In ogni casa v'è un'"estia", focolare e centro religioso della famiglia, dove hanno sede gli dèi protettori della casa, dove la famiglia celebra le sue feste e accoglie gli ospiti, gli stranieri e i supplici.
E come la famiglia, così anche la gente e la patria, la tribù e la città-stato hanno il loro focolare; ed Estia è dunque anche la divinità del focolare pubblico, il cui fuoco sacro si custodisce gelosamente e si cerca di conservare perenne.
Nelle città greche, la pubblica Estia era collocata nel pritaneo, cioè nel palazzo della città , subentrato al posto del palazzo del re e residenza del governo: ivi, all'altare, ardeva il fuoco a lei sacro e si offrivano i sacrifici per conto dello stato. Quando un gruppo di cittadini partiva per fondare una colonia, portava seco una parte del fuoco del patrio pritaneo, per accendere con esso il focolare pubblico della nuova città. Ed anche quando più città greche si univano in lega, si accendeva un'Estia pubblica, che fosse centro politico e religioso della confederazione.
Particolare importanza ebbero le estie dei grandi santuari greci, come quelle di Delo, di Olimpia e di Delfi, dove veniva alimentato un fuoco perenne.


Ethra


Ethra è una figura della mitologia greca, moglie dell'eroe Falanto.

La leggenda vuole che Falanto, condottiero dei coloni Partheni provenienti da Sparta, interpellato l'Oracolo di Delfi ebbe come risposta:
"Quando vedrai piovere dal ciel sereno, conquisterai territorio e città."

Durante il lungo viaggio verso le terre degli Iapigi, Falanto, bagnato dalle lacrime della moglie Ethra che su di lui vegliava ed il cui nome in greco vuol dire "cielo sereno", ritenne che l'oracolo si fosse avverato, e si accinse a fondare la sua città a cui diede il nome di Saturo, località ancora esistente a pochi chilometri da Taranto, in cui si trova una un'importante zona archeologica.

Eteocle

Figlio di Edipo e fratello di Polinice, di Ismene e di Antigone. Sulla madre vi sono due versioni, l'una più recente lo dice figlio di Giocasta, l'altra figlio di Euriganea.
Dopo la scoperta dell'incesto d'Edipo, i suoi due figli lo cacciarono da Tebe; Edipo li maledisse predicendo che avrebbero guerreggiato fra loro per l'eredità e che avrebbero trovato la morte l'uno per mano dell'altro. Secondo Sofocle, invece, fu Creonte, contrario alla presenza dell'incestuoso re a Tebe che lo mandò in esilio ed Edipo maledisse i suoi figli che non avevano fatto nulla per difenderlo.
Quando giunsero in età di governare, Eteocle e Polinice, per evitare gli effetti della maledizione paterna, decisero di regnare un anno ciascuno. Secondo l'Edipo a Colono di Sofocle, Polinice regnò il primo anno ed esiliò Edipo proprio allora. In genere gli altri autori narrano che fu Eteocle a regnare durante il primo anno sia perché era il maggiore sia perché era estratto a sorte. Nel frattempo Polinice si era recato ad Argo dove aveva sposato Argia, figlia del re Adrasto, la quale gli aveva dato un figlio, Tersandro. Anche Eteocle si era sposato e aveva generato un figlio, Laodamante. Secondo Pausania l'ordine degli eventi è molto diverso. Polinice aveva lasciato Tebe per sfuggire alla maledizione di Edipo e si era sistemato ad Argo dove aveva sposato Argia. Quando Eteocle salì al trono, non volle abbandonarlo allo scadere dell'anno e scacciò Polinice, che tornò ad Argo con l'intento di conquistare più tardi il trono di Tebe con la forza.
Adrasto, re di Argo e suocero di Polinice, raccolse un vasto esercito che comprendeva tra gli altri i famosi Sette Campioni, da cui la tragedia di Eschilo I Sette contro Tebe. Ignorando gli avvertimenti di Anfiarao, il veggente, il quale aveva previsto che la spedizione si sarebbe rivelata fallimentare, partirono all'assedio della città. Giunti sul Citerone, Adrasto inviò Tideo come suo araldo ai Tebani, con la richiesta che Eteocle rinunciasse al trono in favore di Polinice, ma la sua richiesta venne rifiutata. Allora l'esercito degli Argivi d'Adrasto dette l'assalto.
La battaglia davanti a Tebe si rivelò disastrosa per l'esercito di Polinice; egli, per evitare un'ulteriore strage, si offrì di stabilire la successione al trono in un duello con Eteocle. Eteocle accettò la sfida e nel corso di un'aspra battaglia i due contendenti si ferirono mortalmente a vicenda, realizzando la maledizione d'Edipo. Creonte, loro zio, assunse allora il comando dell'esercito tebano e mise in rotta i disanimati Argivi. Ordinò che i Tebani morti fossero sepolti con tutti gli onori e che a Eteocle venisse riservato il rito funebre reale. I nemici, e soprattutto Polinice, dovevano invece essere lasciati all'esterno della città, senza alcuna sepoltura. Ma Antigone, che era tornata in patria dopo la morte del padre Edipo, trascinò il cadavere di Polinice sul rogo del fratello.

Etilla

Nella mitologia greca, Etilla era il nome di una delle figlie di Laomedonte.

Etilla, sorella di Priamo sopravvisse alla guerra di Troia e alla fine fu fatta prigioniera insieme alle sue sorelle Medesicasta e Astioche. I greci le presero e partirono per tornare a casa. Il lungo viaggio fu percorso via mare e la ragazza cercò di coinvolgere tutte le schiave della nave per bruciarla. Riuscendo nel loro intento i greci dovettero obbligatoriamente salpare sulla terra a loro più vicina e fondarono una città chiamata Scione.

Etlio

Nella mitologia greca, Etlio era il nome di uno dei figli di Zeus e di Protogenia

Etlio era il re dell’Elide, e padre di Endimione, discendeva da Deucalione, famoso per il diluvio che salvò soltanto la sua famiglia.

Etolo

Nella mitologia greca, Etolo era il nome di diversi personaggi di cui si raccontano le gesta.

Sotto tale nome riroviamo:

* Etolo, figlio di Endimione e Asterodea, una ninfa, ebbe in nozze Pronoe, figlia di Forbante, con la quale procreò due figli: Aleurone e Calidone. Endimione doveva decidere quale fra i numerosi figli fosse il suo successore allora organizzò una gara dove vide uno dei fratelli di Etolo, Epeo trionfare. Alla morte del parente fu lui ad ereditare il regno. Per sbaglio uccise Apis o Api, figlio di Foroneo, e per purificarsi da tale colpa andò in esilio dove fondò l’Etolia
* Etolo, figlio di Ossilo, egli morì giovane e per sentire l’oracolo dovettero seppellirlo all’interno della porta che conduceva in città, questo perché aveva predetto che non doveva essere sepolto né dentro né fuori alla città.
* Etolo, padre di Palemone. A questo mito si ritrova un errore di Apollodoro.

Etra

Etra è un nome che fa riferimento a due figure della mitologia greca.

La prima era la figlia di Pitteo, re di Trezene, e la madre di Teseo, concepito con Egeo (o Poseidone secondo le versioni), che allevò da sola.

Dopo la salita al trono di Atene di Teseo, fu catturata dai Dioscuri nella guerra che essi mossero contro suo figlio per recuperare Elena. Ridotta al ruolo di servitrice della principessa, che seguì a Troia, fu liberata solo alla presa della città su richiesta dei nipoti Demofonte e Acamante.

Una seconda figura con questo nome era moglie di Falanto, spartano al quale l'oracolo di Delfi aveva predetto che nel suo viaggio di conquista sarebbe arrivato nella terra di Saturno, lì, una pioggia sarebbe caduta dal cielo sereno e solo allora avrebbe dovuto fondare una nuova città; si narra infatti, che quando arrivò alla foce del fiume Tara, lo spartano si accasciò sfinito, e la moglie Etra (in greco "cielo sereno"), si abbandonò ad un pianto ininterrotto. Quelle lacrime si trasformarono in pioggia, e Falanto fondò Taranto.

Ettore

Eroe troiano, figlio maggiore di Priamo e di Ecuba, benché alcune tradizioni lo considerino figlio di Apollo. Tutta la sua figura e la sua vicenda sono una libera creazione di Omero, anche se non è improbabile una lontana derivazione di antichi nuclei mitici. Nell'Iliade Ettore è rappresentato come il maggiore fra gli eroi troiani, è il capo dell'esercito e presiede l'assemblea del popolo, sostituendo quasi completamente nelle prerogative regali il vecchio padre; della difesa di Troia egli è l'anima tanto che la sua morte coincide fra i Troiani con la consapevolezza che la loro città è perduta.
Prima della guerra, Ettore aveva sposato Andromaca, figlia di Eezione, re di Tebe nella Misia, dalla quale aveva avuto un unico figlio, chiamato Astianatte dai Troiani e Scamandrio dai suoi genitori. La città natale di Andromaca fu saccheggiata da Achille prima dell'inizio del nono anno della guerra di Troia, e in questa spedizione dei Greci, Andromaca perse il padre e i sette fratelli, massacrati da Achille.
Secondo Omero, Ettore è un uomo franco, coraggioso, generoso e capace di grande compassione: la sua separazione da Andromaca e dal figlio è una delle parti più toccanti del poema. Accetta di combattere non per ragioni personali o per odio, ma per il dovere, che egli sente come sacro, di difendere la patria ed è proprio lui a uccidere Protesilao, il primo greco sceso sul suolo troiano e poi partecipa a tutti i combattimenti con grande vigore, sente la sua responsabilità di capo verso il suo popolo, ha una profonda comprensione anche per Paride, che pure è la causa della guerra e dei lutti che affliggono Troia. Affronta a singolar tenzone Aiace Telamonio, e il combattimento fra i due campioni dura fino al cader della notte, quando gli araldi li separano, ed essi si scambiano doni: Aiace dà a Ettore il purpureo cinturone, mentre Ettore dona ad Aiace la spada dall'elsa d'argento.
Protetto da Ares e da Apollo, Ettore, finché Achille resta lontano dalla lotta, è l'eroe dominatore del campo di battaglia, sgomina i Greci, obbliga lo stesso Aiace a ripiegare, giunge fino alle navi incendiandole. Allora Achille concede all'amico Patroclo di rivestire le sue armi e di ritornare alla battaglia alla testa dei Mirmidoni: Patroclo mette in fuga i Troiani, giunge fin sotto le mura della città, dove è affrontato da Ettore che lo uccide. Per vendicare l'amico, Achille si riconcilia con Agamennone e riprende a combattere: Ettore, nonostante le preghiere dei vecchi genitori, lo affronta, poi, preso da improvviso sgomento, dopo che Achille ha invano scagliato contro di lui la lancia, fugge inseguito facendo tre volte il giro delle mura. Zeus pesa su aurea bilancia le sorti dei due eroi, constata che il fato è avverso a Ettore; anche Apollo è costretto ad abbamdonarlo. Eppure Achille non riuscirebbe forse a domarlo, se la protettrice dei Greci, Atena, preso l'aspetto di un fratello di Ettore, Deifobo, non ingannasse questo mettendoglisi al fianco e facendogli false profferte di aiuto, non favorisse il Pelide, rimettendogli in mano la lancia già vanamente scagliata. Ettore si arresta, e nel duello che ne segue è colpito a morte dalla lancia di Achille; prima di morire supplica l'eroe greco di restituire la sua salma a Priamo e gli profetizza la morte per mano di Paride e di Apollo alla porta Scea. Achille lega il cadavere di Ettore al suo carro e per tre volte lo trascina intorno al sepolcro di Patroclo, ma Apollo col suo scudo impedisce che il corpo dell'eroe ne venga corrotto o lacerato. Nella notte il vecchio Priamo, guidato da Ermete, esce da Troia e si reca alla tenda di Achille a chiedere di riscattare il cadavele del figlio per dargli sepoltura: e Achille, ricordando il vecchio padre Peleo, glielo concede; la vicenda di Ettore si chiude con la desolata tristezza dei due nemici pacificati di fronte alla morte, e con i lamenti di lutto dei Troiani sul loro eroe morto, nel presagio della prossima rovina.
Celebre e spesso rappresentato nei vasi è il duello di Ettore con Aiace; celebre anche la scena dell'addio alla moglie Andromaca e al figlio Astianatte.

Edited by demon quaid - 16/12/2014, 21:15
 
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