| CERIMONIE E PERFORMANCE RITUALI DEL TROMBA
1. Il Fitampoha (Fanompoana o il bagno delle reliquie.
Il Fitampoha è una cerimonia dinastica originaria della regione sakalava del Menabe e consiste nel bagnare nel fiume Tsiribihina le reliquie reali o dady (lett.: antenato) degli antichi regnanti del regno del Menabe.
Secondo la maggior parte degli studiosi malgasci questo rito era presente già tra le popolazioni che abitavano l'ovest dell'isola prima della conquista sakalava e, come altre tradizioni religiose riguardanti il culto degli antenati, fu adattato dai Sakalava della dinastia dei Maroserana ai propri re. E' precisamente al re Andriamisara che si fa risalire l'origine del culto delle reliquie reali nel Menabe. Le reliquie di Andriamisara e dei suoi successori saranno in seguito trasportate più a nord da Andriamandisoarivo, un principe dei Maroserana. All'inizio del XVIII secolo egli abbandona il Menabe e fonda il nuovo regno sakalava del Boina, dando inizio alla dinastia dei Zafimbolamena che governerà questo territorio fino alla conquista dei Merina (popolazione dell'altopiano centrale dell'isola). Nella città di Majunga (capitale del Boina) Andriamandisoarivo costruisce un doany dove saranno deposte le reliquie che ha portato con se' e che daranno origine anche qui ad un grande culto.
Secondo la testimonianza di E. Nérine Botokeky e di F. Raison-Jourde la celebrazione di questi rituali reali è accertata fino agli anni ottanta in tutto l'ovest sakalava e si è svolta circa ogni dieci anni (1939, 1958, 1968, 1978), ma, come dice F. Raison-Jourde, si avverte un certo allontanamento e disinteresse soprattutto tra la popolazione del Menabe verso queste cerimonie dinastiche.
Secondo quanto affermato da Lombard e da E. Nérine Botokeky la cerimonia del Fitampoha del Menabe dura sette giorni e raggiunge il suo punto culminante il venerdì del bagno delle reliquie (55). Fino al giovedì precedente l'inizio della cerimonia si vive una scena orgiastica che rappresenta il disordine sociale. Il venerdì si immola un bue davanti il santuario dove sono conservate le reliquie (zomba). Il guardiano del zomba designa poi i dieci mpibaby, cioè coloro che dovranno trasportare le reliquie e gli oggetti rituali (utensili appartenuti al re defunto). Il venerdì, primo giorno della cerimonia, le reliquie escono dal zomba per essere portate presso il fiume, dove, l'ultimo venerdì della settimana, vengono bagnate e cosparse con il grasso del bue sacrificato; il sabato riprendono il loro posto nel zomba davanti al quale viene organizzata una cerimonia di ringraziamento che segna la fine della festa.
Secondo Lombard lo stesso schema vale anche per la cerimonia del Fanompoa del Boina, con la differenza che le quattro reliquie deposte nel zomba faly sono le sole fabbricate dalla dinastia dei Zafimbolamena. Egli afferma inoltre che qui le reliquie sono unte con una mistura e non bagnate nell'acqua.
Durante la cerimonia gli antenati reali sono presenti, oltre che sotto la forma materiale delle reliquie, anche nella persona dei posseduti. Vestiti di bianco (simbolo di purezza) e di rosso (simbolo di regalità), i posseduti sono considerati e venerati come i re defunti che incarnano.
Anche i clan nobili e quelli dominanti da un punto di vista economico partecipano alla cerimonia, durante la quale si definisce la loro posizione sociale. Infatti, secondo quanto affermato da Lombard, solo la dinastia reale, i gruppi nobili e i principali clan del regno si dedicano all'allevamento dei buoi e possono quindi fornire gli animali necessari per l'organizzazione delle cerimonie dinastiche. Ciò rafforza il loro prestigio sociale ed economico e il loro status nella società sakalava.
Originariamente, secondo Nérine Botokeky durante il culto delle reliquie il sacro era attentamente isolato dal profano attraverso un insieme di divieti (fady) da rispettare nella scelta dei mpibaby, del linguaggio e delle attitudini da osservare nei confronti dei posseduti reali e infine delle categorie di persone che potevano partecipare alla festa. Sempre secondo l'autrice, tali divieti, come altre regole rituali, vengono sistematicamente trasgrediti nelle cerimonie dei nostri giorni; questo fatto è interpretato come un segno dell'indebolimento dell'influenza della dinastia reale del Menabe. Anche Lombard osserva che in seguito alla colonizzazione e al crollo del potere monarchico sakalava vi è stato un certo declino nel livello della cerimonia. Nérine Botokeky nota che gli stessi fady rituali, testimonianza del carattere sacro delle reliquie del sovrano, si sono modificati. La prova è data dal Fitampoha del 1978, durante il quale alcuni divieti sono stati eliminati. Ad esempio si è permesso a operatori televisivi, venuti a girare il film "Fitampoha", di precedere i dady (antenati) durante la processione e il bagno e persino di entrare nel rivotse, luogo sacro dove sono deposte le reliquie. Inoltre altri divieti legati alla scelta dei partecipanti vengono oggi tacitamente evasi e così chiunque può recarsi alla festa del Fitampoha senza distinzione di sesso, di età o di appartenenza clanica. Anche i mpibaby non si sottopongono più ai numerosi imperativi tradizionali, tanto che «le bon mpibaby se fait rare».
Secondo Lombard il rituale rappresenta simbolicamente l'origine del mondo a partire dal momento della sua creazione e ripercorre la storia del regno sakalava. Infatti il bagno delle reliquie degli antenati [associate agli uomini e al potere] nell'acqua (associata alla donna) sta a ricordare la formazione della dinastia reale sakalava, la creazione del regno e la delega del potere da parte del dio Zañahary agli antenati mitici sakalava. Per Lombard quindi ogni cerimonia esprime il concepimento della regalità sakalava e la sua legittimità.
Per Nérine Botokeky la cerimonia del Fitampoha è un atto di fedeltà e sottomissione del popolo sakalava della regione del Menabe ai propri re defunti. Inoltre permette ai partecipanti di rivivere la propria storia attraverso la presenza dei posseduti reali, che ricordano gli antichi conflitti di successione dinastica. Un tempo questa riattualizzazione rinsaldava e riaffermava il potere dei re e legittimava anche la gerarchia dei gruppi clanici all'interno della società sakalava.
Oggi la cerimonia del Fitampoha è, secondo Lombard, un ritorno nostalgico alle origini e rappresenta per i discendenti della dinastia reale l'occasione di affermare sul piano rituale un potere locale che hanno di fatto perso a favore dell'amministrazione nazionale. Secondo F. Raison-Jourde questo rituale serve oggi a legittimare i nuovi rapporti di potere. Il culto, infatti, oltre gli interessi dei discendenti della dinastia reale e quelli delle famiglie dei servitori reali, tutela anche la posizione sociale del gruppo dei notabili. Questi ultimi cercano attraverso la partecipazione alle cerimonie una legittimazione del proprio potere economico di recente acquisizione.
La festa annuale del bagno fu istituita all'inizio del XVIII secolo anche nel regno del Boina, in seguito al trasporto in questa regione delle prime reliquie dei re sakalava. Anche qui, come nella regione del Menabe, tale cerimonia si compie presso i vari doany (palazzo reale) disseminati sul territorio, ma la più importante e grandiosa è quella organizzata nella città di Majunga. Henry Rusillon nel suo libro dà una precisa descrizione del Fanompoana di questa città a cui ha assistito agli inizi del ‘900.
Il doany di Majunga è il solo ben curato ed è circondato dai due recinti tradizionali che ne difendono l'accesso. Al centro del secondo recinto, più serrato, una capanna di legno, il Zomba-faly conserva le quattro reliquie sante, gli Andriamisara efa-dahy, oggetto di culto e di adorazione. Queste si distinguono appena, circondate da ampie tele che le nascondono allo sguardo. Le offerte (stoviglie, stoffe, oggetti di uso quotidiano, danaro, cibo) sono ammassate al suolo.
Il "servizio del re" è vissuto dalla popolazione come una grande festa, a cui le persone accorrono numerose e per tribù, vestite dei più bei lamba e coperte di gioielli, per fare offerte e voti. La preparazione della cerimonia è lunga, infatti mesi prima sono inviati degli emissari per raccogliere dei contributi destinati a coprire le spese e per indicare la data della festa, che si tiene ogni anno, nel mese di luglio e in un giorno di luna piena. Circa i due mesi precedenti le "Grandi giornate" cominciano le visite ai diversi doany; alti tamburi, i Manandria, che rappresentano anch'essi gli antenati, sono trasportati da una tomba all'altra, fino a Majunga, dove si svolge il Fanompoana.
Presso coloro che non sono potuti andare a Majunga con la loro tribù, in special modo gli antichi schiavi e i Merina si rinnovano in piccolo le stesse scene di possessione e di sacrifici a cui si assiste durante la processione.
La cerimonia del bagno delle reliquie di Majunga descritta da Rusillon è simile a quella celebrata nel Menabe.
Nel Zomba-be si riuniscono tutti i discendenti degli antichi re; ne sono espulsi con vivacità coloro che non sono stati espressamente designati dagli spiriti. Questa capanna contiene i resti dei quattro grandi re sakalava, non visibili in tempo ordinario. Solo con protezioni speciali si può essere ammessi all'ora del Bagno, dietro la grande tela, per contemplarli. L'entrata nel primo recinto che difende il Zomba be è relativamente facile allo straniero. Poi bisogna presentarsi alla porta del secondo recinto che circonda un'altra capanna (il Zomba-faly) che contiene le reliquie: tutto ciò che è europeo non piace agli antenati e si cerca di evitare la loro ira facendo spogliare quelli che portano pantaloni o calzano scarpe. All'interno del Zomba be le donne battono le mani e cantano suppliche agli spiriti affinché si manifestino, perdonino e benedicano. Mentre dietro la tela i principi preparano il letto, gli antenati si impossessano di alcuni presenti. In seguito, aperta la porta del Zomba faly, quattro individui posseduti dagli antenati, si travestono con camicie e berretti appuntiti rossi, segno della vicinanza degli spiriti. Gli idoli vengono lavati con cura ed accolti con grande clamore dalla folla. Il venerdì seguente il bagno è consacrato ai festeggiamenti; è questo il momento in cui si pagano i voti, si raccontano le guarigioni ed in cui può avvenire che gli Andriamisara efa-dahy, sempre portati dai quattro personaggi, siano esposti al pubblico e facciano un giro nel cortile. Al loro passaggio ci si inginocchia, si canta, si urla, ma non si è più posseduti. Ogni anno è versata come voto una somma di danaro, collettivamente o individualmente. Queste offerte sono in parte utilizzate per pagare i guardiani e fare qualche regalo ai guaritori, mentre la maggior parte è lasciata a disposizione degli spiriti, che provvederanno a ripartirla.
Agli inizi degli anni settanta Jean-Marie Estrade assiste alla stessa cerimonia di Majunga. Anch'egli ci parla della sua lunga preparazione, che si estende per un anno intero. La festa del bagno è celebrata nei giorni di luna piena del mese di luglio e avviene di domenica.
Il preludio della festa consiste in due veglie d'onore e di protezione alle offerte, deposte nella residenza reale; al suo interno una donna, stimolata dall'incenso, dai ritmi e dai canti, entra in trance. La festa inizia a mezzogiorno con la grande processione che trasporta le offerte verso il doany di Miarinarivo. Circa cento donne circondano il gruppo delle giovani caricate del fardello dei regali. Tutto intorno vagano le possedute, in camicia bianca, che impersonificano i servitori reali di un tempo e che, camminando, brandiscono gli inopportuni con il bastone e distribuiscono consigli e rimedi. La folla attende sul sagrato del tempio. Il giorno dopo è consacrato all'invocazione solenne dei re defunti, preceduta da preghiere, canti, ritmo di tamburi e seguita dalla risposta dei tromba sotto forma di oracolo. Il re ne segna l'inizio e la fine. Il culmine della festa è, la domenica, il bagno solenne delle reliquie che avviene, dopo l'omaggio della danza, all'interno del santuario. Qui sono raggruppati i principi e tutti i discendenti della famiglia reale e i posseduti degli spiriti reali vestiti con camicie e con sabaka (berretti rossi a forma di corna di zebù). Alle reliquie si accordano gli onori del bagno, che è sempre stato in Madagascar esclusiva prerogativa della famiglia reale. L'acqua del bagno, divenuta sacra, è ingurgitata, usata per unzioni e conservata con cura. Seguono il sacrificio di buoi e la divisione della carne. La chiusura delle solennità è marcata da una nuova festa che si svolge il venerdì seguente in una atmosfera più raccolta: è intonato il rombo, un canto ritmato dai battiti delle mani; i devoti portano come riconoscenza ex-voto; si svolgono delle danze sacre ed in particolare il Rebiky, eseguito al suono dei manandria, da due uomini con i sabaka, che portano una lancia nella mano destra e un fazzoletto rosso nella sinistra. La giornata termina con una nuova divisione della carne.
Le principali fasi di questa cerimonia, che si estendono con delle pause per tutto il mese, sono: la colletta delle offerte, in denaro o in natura; la processione con i doni verso il doany; le grandi suppliche nel corso di più veglie cantate (la prima delle quali comincia alla luna piena del mese precedente la festa); la celebrazione del bagno delle reliquie; la cerimonia di ringraziamento nel venerdì seguente la festa.
L'ultima fase della festa è seguita dall'autore presso un diverso doany, situato più a nord di Majunga, dove all'epoca si trovavano parte dei dady. Le reliquie reali, infatti, considerate il simbolo del potere, sono state spesso al centro di conflitti sia durante la dominazione merina sia in seguito durante quella coloniale. Una disputa per il loro possesso oppone nel 1957-58 al doany di Majunga i discendenti dei rami Bemazava e Bemihisatra della dinastia sakalava. La restituzione delle due principali reliquie ai Bemihisatra avverrà nel 1973, dopo anni di culto celebrato in modo diviso.
L'aspetto del "grande servizio annuale" che è stato definito da Estrade "étrange" e che illustra bene i rapporti che esistono tra le cerimonie del bagno e quelle del tromba, è la partecipazione dei posseduti reali. Questi, nei Fanompoana, errano tra la folla per esercitare una sorta di servizio d'ordine, per distribuire oracoli o semplicemente per divertire i curiosi.
La possessione non è, nella maggior parte dei casi, spontanea, ma il risultato di un'evocazione dello spirito fatta attraverso purificazioni, richiami musicali ed olfattivi.
Estrade distingue durante i Fanompoana tre tipi di possessione: una "familiare", il cui carattere è la fantasia, l'improvvisazione e spesso il pittoresco; una "funzionale", strettamente legata alle necessità della cerimonia, che viene eseguita da tromba-servitori, cioè da una sorta di "agenti di polizia" in veste bianca e armati di grossi bastoni dal pomo d'argento; una "liturgica, il cui tratto essenziale è la gravità e che si svolge in un clima religioso come risposta alle preghiere e ai gesti di adorazione".
L'autore nota, poi, altri legami esistenti tra i Fanompoana e le sedute del tromba (analogie nello svolgimento e in alcuni aspetti delle cerimonie). In entrambi i casi si ha una reincarnazione del re: mentre nei Fanompoana si tratta di un ritorno solenne per tutto il popolo sakalava, nelle sedute del tromba si tratta invece di un ritorno più familiare per qualsiasi devoto. I tempi fissati sono, nei due casi, il periodo di luna crescente ed il venerdì, giorno fausto. La terminologia è la stessa per designare gli interpreti della volontà dello spirito nelle sedute del tromba e i porta-parola del popolo davanti la tenda bianca delle reliquie durante la cerimonia del bagno, entrambi infatti vengono chiamati ampangataka. Anche i divieti da seguire nella capanna del tromba sono identici a quelli osservati nel doany: portare le scarpe, fischiare, fotografare. L'organizzazione dello spazio cerimoniale del tromba è ricalcata simbolicamente su quella del doany. La processione delle offerte non esiste nel tromba, ma è sostituita dalla presentazione dei doni al medium. Il momento dell'evocazione è lo stesso nelle due cerimonie così come le parole che vengono pronunciate: l'appello ai re avviene in un silenzio religioso, poi si accende l'incenso e risuonano gli strumenti sacri e il battito di mani, poco dopo sopravvengono le possessioni, teatralizzate in modo identico. Il rito del bagno manca nel tromba (al di fuori dei doany non esistono reliquie dei re) ma al suo posto c'è l'uso di bagnare monete d'oro e d'argento in un piatto contenente un mélange di acqua, terra bianca, miele, piante. Infine, si ritrova la stessa cerimonia di ringraziamento, in risposta ai favori ottenuti dai re nelle sedute precedenti.
Le sedute del tromba
Secondo la maggior parte degli studiosi della cultura malgascia il tromba dei re defunti, cioè la possessione da parte dei re defunti, deve essere separato dal tromba degli spiriti jiny e koko e deve essere inscritto tra le cerimonie dinastiche, a fianco del Fitampoha e del Fanompoana.
Le cerimonie tromba vengono organizzate, secondo la credenza malgascia, allo scopo di stabilire un dialogo con lo spirito di un re defunto (precedentemente rivelatosi attraverso il sogno o la malattia) e di sondare i suoi desideri, sono quindi delle risposte alla manifestazione dello spirito. Le sedute seguono il ciclo lunare e si svolgono nell'intervallo di tempo che intercorre tra una festa del bagno ed un'altra. Le cerimonie ordinarie possono aver luogo all'aria aperta, ma più spesso si svolgono all'interno di capanne che sono sempre molto affollate. Il saha erge in questo caso l'altare nella sua capanna, nell'angolo degli antenati. Quando invece si tratta di un rombo tromba (trance collettiva che riunisce più adepti intorno a più saha) si costruisce il podio al centro del villaggio (centro del mondo), non lontano dall'altare degli antenati.
In base a diverse ricerche fatte essenzialmente nel Boina nel corso di due viaggi (nel 1901 e nel 1907) e di una missione evangelica (dal 1909 al 1911), il pastore Henry Rusillon pubblica nel 1912 uno studio relativo al rito di possessione tromba in cui dà una precisa descrizione delle varie sedute a cui assiste e di come vengono decorate le capanne in cui si svolgono le cerimonie.
Nella parte nord-est di una stanza (talvolta vi si costruisce appositamente una capanna) si mette un sedile, generalmente una cassa che viene decorata o almeno ricoperta di un tappeto e che rappresenta il trono reale su cui siede il "malato". Di fronte si monta un altare che viene apparecchiato con un piatto contenente l'acqua, il miele, la terra bianca, le radici di ninfea e dell'argento o dell'oro. L'acqua contenuta nel piatto prende un gusto dolce grazie al miele, amaro a causa delle radici di ninfea, aspro al palato a causa della terra bianca. È una bevanda sacra presa con avidità dal malato o dai presenti. Si pone anche uno specchio nel caso in cui il tromba sarà una regina e un cappello se sarà un uomo. In ogni lato dell'altare vi sono bottiglie di idromele, di alcool o di vino "Toro", a seconda dei luoghi. Le bottiglie, in numero di quattordici, sono destinate a riscaldare ed a sostenere i cantanti; inoltre esprimono l'atmosfera festosa prodotta dalla visita dei re. In un luogo riservato si mettono i lamba (vestito a grandi frange o con una larga banda di seta) che sono destinati al malato in trance una volta venuto a conoscenza dell'identità dell'antenato che lo possiede. Dopo essere stati indossati, i vestiti saranno conservati fino alla nuova manifestazione del tromba. Questi costumi rassomigliano a quelli dei re di una volta e possono essere una camicia rossa o un lamba; sono confezionati da sarti speciali (l'ampanjaka o lo stesso medium) e vengono lavati molto raramente. Un uomo può vestirsi da donna e viceversa, a seconda del sesso del tromba. Il quadro è completato dai bastoni, dalle coppe per l'incenso e dal caolino. Il bastone, sul quale si appoggiano, a turno, il saha, il mpamoaka ed il malato, è lungo e talvolta ornato di sculture (arabeschi, un serpente, un caimano, un bue). La parte alta è scavata di qualche centimetro e contiene una piccola scatola d'argento nella quale sono messi degli aody (foglie diverse, piccole pietre, miele, grasso). Il bastone è qualche volta munito di campanelli, che tintinnano contro la volontà di chi lo tiene e che si agitano con vivacità quando arriva la trance o quando il saha gesticola, gridando vicino il paziente. L'emboka, o incenso malgascio, brucia davanti al malato, che si avrà cura a fare circondare dal fumo. La terra bianca serve a segnare il viso o il corpo dei presenti, oltre alle bottiglie e tutto ciò che è impiegato nella cerimonia, in segno di purificazione. Infine, ciò che completa la caratterizzazione dell'atmosfera è la presenza di un rumore, sempre ritmato, che ha la funzione di regolarizzare i movimenti del malato e di provocare in lui un certo stordimento.
Il rito del tromba, descritto da Henry Rusillon, comprende "quattro grandi stadi" o cerimonie. Oltre alle riunioni preparatorie tra il malato ed il saha durante le quali si deve accertare la presenza di uno spirito reale, vengono organizzate quattro sedute pubbliche: il Misafosafo (la carezza) ha lo scopo di attirare il tromba con lusinghe e preghiere, esortandolo a venire tra i viventi; il Vaky-vava è un'espressione che significa letteralmente "apertura della bocca" o "la bocca rotta": lo spirito segnala la sua presenza attraverso le prime espressioni verbali; l'Anpitononina serve a far parlare il tromba che viene interrogato su svariati motivi; infine il Valy-hataka è una vera e propria festa durante la quale viene fatto un sacrificio per ringraziare lo spirito.
L'incontro preliminare: Il medium (saha o fondy) avvertito della visita di un paziente, si abbandona ad una serie di esercizi preparatori che contribuiscono al successo del suo intervento. Innanzitutto, si sottopone all'abluzione che, in primo luogo, serve ad annullare ogni traccia di malefici (prodottisi in seguito ai diversi contatti che ha dovuto effettuare) e, in secondo luogo, gli conferisce la sacralità. Pulito e sacralizzato, è pronto ad entrare in relazione con i tromba che hanno domicilio in lui e ad indirizzare loro invocazioni, spiegando le ragioni del suo appello. E' allora che si introduce per la prima volta il paziente presso di lui. Ciascuno fa in modo che questo primo incontro si svolga nella più grande discrezione ed in segreto. Si tratta semplicemente di determinare se il paziente sia o meno vittima di uno Spirito-tromba. Sono presenti le persone più intime, che cantano e battono le mani. Il malato è posto di fronte al medium. Questi ha due metodi di lavoro per capire se è capace di esercitare qualche azione sul soggetto che ha di fronte. Se riesce, tra il rumore ritmato, attraverso dei gesti e lo specchio, ad ottenere un sonno più o meno profondo durante il quale si manifestano dei tremori, può dichiarare una riuscita certa e fissare il giorno di una seduta pubblica. Se questo primo metodo fallisce, il malato è messo sotto un grande panno dove si bruciano, in una piccola coppa, incenso ed erbe odorose; durante tutto il tempo della fumigazione, i parenti si agitano e cantano le loro invocazioni. Dopo un po' di tempo, se l'operazione è riuscita, il malato non ha più coscienza di se stesso, fa smorfie e piange, muovendo spalle, gambe e braccia al ritmo dei battiti di mani. Se il malato è refrattario, significa che non è posseduto.
Misafosafo, la carezza: Riuniti in una capanna, gli adepti accolgono lo spirito allo stesso modo di un visitatore reale e mostrano grande pazienza attendendo la sua epifania. Il coro canta e batte le mani, mentre circolano le bevande. Tra il chiasso, il medium-guaritore fa una lunga evocazione. Egli prega gli antenati di cui si ricorda, parla loro del paziente e si prepara ad entrare in trance. Si canta sempre più forte accelerando il ritmo, la resina brucia, il saha si alza per andare incontro allo spirito, il malato attende pazientemente il risultato della consultazione. Perché il tromba sia contento, l'intensità ed il ritmo dei canti non devono diminuire. Il medium perde conoscenza, è preso da convulsioni. Gli si dà da masticare del caolino, egli sputa della saliva biancastra, ha gli occhi rovesciati ed emette dei gemiti. E' allora che l'aiutante del medium grida ad alta voce per invitare lo spirito a venire il più rapidamente possibile. Egli lo carezza e lo supplica. Il paziente trema ed il rumore aumenta intorno a lui. Il tromba del medium riconoscerà un suo parente nello spirito che possiede il malato. In un'atmosfera gioiosa ci si separa. Il medium indica il giorno della prossima seduta. Se si può, si sceglierà per il paziente un giorno in cui egli avrà un attacco di febbre. Ogni adepto del tromba si ritira, segnato con della terra bianca sul naso o sulle orecchie, segni che conserverà con cura il più a lungo possibile.
Il Vaky-vava: In rapporto alla precedente, questa seduta è più accuratamente preparata. L'altare è provvisto di tutta l'apparecchiatura ed è eretto ad est o nord-est della capanna. Di fronte è posto il sedile del malato. L'assemblea è rivolta verso l'est. Il medium cerca di mettere il paziente in uno stato vicino all'ipnosi. Egli si rivolge allo spirito che si è impossessato del malato. Il coro canta, battendo le mani, accompagnato dai valiha o dalla fisarmonica. I partecipanti si rivolgono allo spirito che si suppone all'origine della malattia e lo pregano in ginocchio, con le mani levate, con i palmi in alto al di sopra della loro testa, di perdonare la trasgressione del fady; la prova del perdono sarà la fuga del tromba. Durante questo tempo il paziente piange, gesticola, fa delle smorfie, emette grandi sospiri. Ogni tanto il medium, o il suo assistente, versa sulla testa del posseduto una parte del contenuto del piatto sacro e non dimentica di fargli bere l'acqua, come per diminuire l'intensità della crisi che sembra estremamente dolorosa. Questo momento di aspersione è seguito da un altro di eccitazione più intensa in cui tutti i presenti vedono lo spirito presente e lo pregano con più fervore. Allora il medium fa nuovamente bere un sorso d'acqua sacra ed opera un grande segno bianco sul naso e le guance del paziente (il segno parte dal lato delle labbra ed arriva sotto il lobo dell'orecchio): è il vaky-vava. Con questo gesto la bocca del malato è stata aperta e lo spirito finalmente parla. Si canta, si grida, si danza e si agisce come se si volesse spaventare lo spirito, ora onorato, ora vilipeso. Ora il privilegio di mettersi in trance non è più riservato solo al malato ed al medium, ma molti tra i presenti sono posseduti dagli spiriti. Si produce un vero contagio, dal momento che tutti gli antichi tromba si risvegliano al richiamo della presenza dei loro parenti; inoltre nuovi tromba si manifestano spontaneamente. Le crisi hanno un carattere diverso a seconda della tribù a cui appartiene il posseduto. Il malato urla, si agita violentemente per qualche istante, poi all'improvviso avanza con movimenti bruschi e getta i suoi vestiti. I presenti, prevedendo ciò, lo circondano e lo rivestono di lamba nuovi. La stessa scena si ripete più volte intorno a persone diverse, poiché ogni tromba ha il suo momento di crisi. D'ora in avanti questi vestiti divengono abiti reali e sacri; li si conserva presso il saha, nell'angolo dove si fanno le preghiere.
Da questo momento il malato è considerato sotto la sua nuova personalità e durante la trance, ovviamente, egli dimentica totalmente la sua. Si ignora ancora il nome dell'ospite. Con il corteo il posseduto è condotto verso la cascata sacra, per il bagno. Per lo stesso scopo, in mancanza di un corso d'acqua, si può disporre di una tenda posta ad est della capanna del medium. Al ritorno lo si trasporta con allegrezza e giubilo. Egli si calma bruscamente, vestito degli abiti reali: è una nuova creatura e la sua stessa attitudine cambia. Mentre i presenti continuano ad indirizzare al medium preghiere, invocazioni e suppliche, progressivamente l'eccitazione diminuisce.
Quando il silenzio sarà completo, bisogna far attenzione a che nessuno si installi sulla soglia della porta o presso la finestra, per evitare che sia posseduto dallo spirito che sta per lasciare i luoghi. Se il tromba si reincarna in un'altra persona, questa si ammalerà a sua volta.
Alla fine della cerimonia si bagnano i presenti con il contenuto del piatto rituale.
Parenti ed amici sono rassicurati dalla guarigione prossima e certa. La seduta seguente attirerà più persone, curiose di conoscere l'identità dell'ospite soprannaturale. Questa cerimonia del Vaky-vava è di grande interesse, perché è da questa che dipende la sorte finale del malato.
L'ampitononina non differisce, all'inizio, dalle due precedenti cerimonie. La disposizione nella capanna ed i personaggi sono gli stessi, ma gli attori e gli spettatori sono più eccitati. Il malato stesso comincia a prendere l'abitudine ed entra più facilmente in trance.
Per il giorno fissato dall'indovino o dal medium si invitano parenti ed amici, fedeli al tromba. La cerimonia si svolge se possibile all'esterno, su un podio, per evitare che l'isteria collettiva provochi degli incidenti. Sul podio si dispone una grande tavola orientata verso Est-Ovest. A sud della tavola si pone un letto ricoperto di una stuoia nuova ed orientato Ovest-Est. Tra il letto e la tavola si organizza uno spazio tale da permettere agli operatori del culto di muoversi liberamente. Il suolo è ricoperto di una stuoia pulita poiché i presenti che vi si siederanno metteranno abiti nuovi. Il modo di vestire è codificato in modo rigido: bisogna evitare gli abiti cuciti e cercare di avere un lamba di un pezzo solo, facendo in modo che le spalle e le braccia siano nude. Le regole variano secondo le regioni e gli spiriti.
Prima dell'arrivo degli invitati si dispongono sulla tavola gli oggetti rituali. Ogni medium (in occasione dei grandi Rombo tromba possono venirne molti) è munito di un bastone sacro. La cerimonia inizia il pomeriggio e si prolunga tutta la notte. Il paziente si siede ai lati del saha e del suo assistente, il coro comincia i preludi musicali battendo le mani. Tutti si servono abbondantemente di toaka (bevanda alcolica) durante la cerimonia.
Il malato geme e si agita, si impadronisce di un bastone, mette il suo lamba a tracolla, immerge le dita nell'acqua mista a terra bianca, fa delle figure sul suo viso e su quello degli assistenti. Gli adepti così consacrati si inclinano e salutano il tromba.
I canti raddoppiano d'intensità, tanto che i presenti emettono delle forti grida. Il malato canta e danza. Sfinito, si distende sul letto urlando: è il segno che il tromba ha lasciato il paziente. Ma lo spirito rimane presente e può incarnarsi in un'altra persona tra i presenti. Qualche volta si produce un vero contagio nell'assemblea: ognuno degli adepti manifesta segni di possessione (gemiti, crisi, movimenti violenti e bruschi). I canti ed i battiti di mani raddoppiano d'intensità.
Si supplica il tromba di rivelare il suo nome. Ciò, può durare molte ore o risolversi rapidamente. Infatti, benché quello che caratterizza la terza seduta o la terza serie di sedute è che il tromba debba parlare, questo non accade automaticamente, poiché lo spirito può ingannare i presenti inviando i suoi servitori ed i suoi schiavi. Questi ultimi hanno il compito di annunciare le ragioni per le quali il tromba ha creduto non rispondere alle evocazioni. I motivi più frequentemente invocati sono la violazione di tabù e di divieti. I servitori, che sono gli emissari del re, sono inviati per primi, ma può accadere anche che tali spiriti si sostituiscano completamente al padrone, allora, l'esorcista e tutta l'assemblea protestano violentemente anche con ingiurie e li rinviano a cercare il re.
Gli spiriti inferiori hanno un metodo particolare per testimoniare la loro presenza: il malato si contorce sul suo sedile, ride fragorosamente e senza sosta. Ben presto si sposta, va da una persona all'altra, producendo una certa confusione. Diventa più audace e si abbandona a sconvenienti familiarità, dalle quali si asterrebbe certamente nella vita ordinaria. Questi incidenti si producono talvolta alla fine delle sedute: quando il lo spirito del re è già arrivato, i suoi servitori lo seguono per adempiere al loro servizio; l'agitazione diventa generale e termina con la rumorosa dispersione dell'assemblea. Se tali incidenti si producono prima, l'attesa è più lunga.
Nel mezzo dei canti di acclamazione e dei movimenti di esaltazione, il medium si alza, in preda a convulsioni. Coloro che assistono restano in silenzio. Lo Spirito si fa riconoscere, non prima però di aver rivolto dei rimproveri al paziente ed ai presenti: è Radama (il secondo re merina) o Andriamisara o un altro. Immediatamente tutti si pongono in modo da soddisfare lo spirito, che rivela dei sentimenti e delle attitudini impreviste. Se egli detesta ciò che è europeo, subito si rifiuta tutto quello che può ricordare i bianchi. Se, invece, sembra amarli (è in generale il caso di Radama), tutta l'assemblea cerca di divenire europea, anche parlando un francese d'occasione. Se lo spirito è creduto anticristiano, si fanno imprecazioni contro i cristiani.
Sotto l'influenza dell'esaltazione si producono dei fenomeni di glossolalia: si finge di parlare francese, gli Hova articolano parole sakalava e viceversa (per gli uni e per gli altri ciò è nell'ordinarietà una grande difficoltà). Quanto al tromba, egli parla la lingua del suo paese di origine. I posseduti spesso parlano la lingua sacra ed esoterica del tromba: è il beko, il vocabolario dei re sakalava e della corte reale.
Il tromba, una volta dichiaratosi, non è riconosciuto subito come il vero spirito risiedente nel malato, ma deve essere identificato dai suoi parenti. Può accadere a volte che lo spirito di cui si dichiara posseduto il malato esista già presso un altro saha e in tal caso i presenti protestano in modo violento dal momento che non possono esistere due "esemplari" nello stesso villaggio. Si manifesta allora una certa esitazione, tanto più che gli spiriti amano il cambiamento e passano facilmente da un medium all'altro. Poco a poco l'ordine si stabilisce: gli spiriti tromba si sentono in famiglia, si salutano e si interpellano.
Improvvisamente tutto il popolo è preso da manie di grandezza, rivive qualche episodio di un'epoca lontana, ma non tarda, tuttavia, a ritornare alla realtà.
Lo spirito si presenta anche come un guaritore, infatti è in grado di prescrivere degli aody (sostanze medicinali). Niente, del resto, gli è sconosciuto e così viene interrogato su molte questioni: indica i divieti da osservare, i viaggi da fare, designa gli stregoni che hanno gettato un cattivo destino su questo o quello dei presenti.
Quando il malato ritorna al suo stato normale non ricorda niente dell'accaduto, si sente molto debole e prova il bisogno imperioso di andare a fare un bagno. Il suo assistente ha il compito di raccontargli tutto alla fine della crisi.
A questo stadio, la cerimonia del tromba prosegue secondo due percorsi. Mentre all'interno ci si abbandona ad esercizi bizzarri, all'esterno, davanti al toñy (recinto sacro e altare degli antenati), si immola uno zebù. L'animale è più di una vittima: è trattato come una divinità. Delle condizioni sono richieste: la testa, la coda, le quattro zampe devono essere di colore bianco; inoltre è necessario che si lasci condurre all'immolazione senza protestare. Davanti la vittima legata, tenendole la coda, l'orante fa una lunga invocazione alle divinità, ai geni, agli spiriti, anche sconosciuti, poi immola il bue. Il primo sangue che esce dalla ferita, generalmente alla gola, serve ad abbeverare gli Spiriti ed i partecipanti alla cerimonia e a realizzare una specie di aspersione o di libagione. Vengono segnati (sul naso, sulla fronte, sulla bocca ed alla base del collo) il paziente e tutti i presenti che lo desiderano. Si versa anche un po' di sangue nel piatto sacro, unendolo alla mistura indicata ed il tutto servirà per delle benedizioni reiterate o per aspergere ancora il malato.
L'aspersione si rinnoverà tutte le volte che un qualunque movimento segnali la presenza dello spirito; se qualche goccia si disperde su qualche presente, immediatamente questi è preso da tremori.
Terminato il sacrificio, viene distribuita la carne. Una volta invocato lo zebù, ognuna delle differenti parti organiche è offerta alle divinità, in sostituzione di un essere umano. La maggior parte della carne è consumata dai presenti, come per partecipare in modo intimo alla vita della divinità che era nella vittima e per rinforzare i legami tra i vivi.
Dopo tutte queste prestazioni il malato deve essere guarito; altrimenti, è sempre possibile ricominciare. La responsabilità del fallimento è attribuita, in questo caso, a qualche intruso, o semplicemente al paziente stesso per aver violato dei tabù. Se invece il malato muore, sarà accusato di negligenze gravi nel "servizio". Se invece egli ritrova la salute ci si prepara a celebrare il valy hataka.
Valy hataka, festeggiamenti con sacrifici di riconoscenza:
In quest'ultima parte delle cerimonie del tromba dominano la gioia e la fiducia. Non si ha più bisogno del fondy o del mpamoaka: il malato guarito diviene a sua volta il medium ed ha il suo assistente. Il nuovo medium, prima di dedicarsi interamente alla sua nuova professione, deve adempiere un ultimo compito: ringraziare il capo-medium ed invitare tutti gli adepti a celebrare una grande festa per offrire un sacrificio di riconoscenza agli Spiriti-tromba, ai geni, agli Antenati ed alle divinità. Egli non tarda ad entrare in trance: il tromba parla, indica l'ammontare del suo compenso per aver guarito il malato e detta dei nuovi divieti da osservare. Poi lo si interroga, promettendogli doni più o meno grandi. C'è anche una sorta di negoziazione a proposito dei fady: si può reclamare meno severità nelle prescrizioni in cambio di un risarcimento, che lo spirito accetta o rifiuta a suo piacimento. Quando il mercato sarà concluso tutte le offerte apparterranno al nuovo medium. Perché egli non ne abbia la piena disponibilità, le istruzioni sul loro uso sono emanate dal tromba. Egli deve conservare il danaro oppure, se lo spirito glielo ordina, comprare delle grandi catene che porterà sulle spalle: una donna avrà, invece, una moneta da cinque franchi tra i capelli; un'altra dei cerchi in oro o in argento al polso o alla caviglia. Nella maggior parte dei casi il danaro offerto è conservato con i vestiti sacri e, in determinate circostanze, avrà posto di nuovo nel piatto sacro e verrà distribuito dallo Spirito-tromba in segno di soddisfazione.
Lo joro velo (preghiera vivente o bue sacro) è un bue offerto come riconoscenza allo Spirito-tromba durante questa cerimonia, che però non verrà immolato. È un animale scelto con cura, il cui colore dipende dallo spirito al quale è destinato. Il giorno fissato si brucia dell'incenso davanti all'animale, lo si consacra con delle invocazioni e poi gli si rende la completa libertà, talvolta a danno dei coltivatori del villaggio. In questa circostanza viene interpretato anche il destino degli esseri umani.
Qualsiasi siano le sue colpe, il joro velo non deve essere mai disturbato o colpito. Consacrato, diviene proprietà dello spirito tutelare e, divenuto adulto, viene venduto al mercato. Un giovane bue viene comprato per rimpiazzarlo. La differenza del prezzo tra l'acquisto e la vendita sarà dello spirito. Il medium procede allora ad una distribuzione generale. Gli si viene a chiedere aiuto e soccorso, come ai re viventi; gli si domanda un prestito, ed egli si dimostra molto generoso. Se il danaro di cui dispone non è sufficiente a soddisfare tutti i bisogni, allora è sostituito simbolicamente con un segno rotondo fatto, con della terra bianca proveniente dal piatto sacro, nel palmo della mano del suo interlocutore. La festa prosegue con monotonia tra giochi, grida e libagioni, e talvolta termina in un'ubriachezza generale.
Come affermato dall'autore, le cerimonie descritte sono monotone, lunghe e possono rinnovarsi molte volte in un lasso di tempo ravvicinato fino al prodursi del risultato atteso, inoltre non hanno un ordine e dei particolari immutabili dal momento che la loro modifica dipende dall'umore degli spiriti e dalla loro fantasia.
All'inizio del XVII secolo, in seguito all'espansione sakalava e alle influenze reciproche che avvennero tra le tribù a causa di alleanze matrimoniali o militari, il tromba sakalava si diffuse nelle altre regioni dell'isola, così come avvenne più tardi durante le guerre di unificazione intraprese nel XIX secolo dai re Merina. Infine, in epoca più recente, sono avvenute importanti migrazioni dalle regioni sovrappopolate o aride verso il nord e l'ovest, regioni ricche di industrie e miniere, dove il tromba prolifica (Estrade, 1977). Il tromba sakalava, secondo Estrade, non sarebbe tuttavia stato modificato in modo essenziale dal contatto con i vari gruppi locali.
A partire dal 1970 Jean-Marie Estrade, percorre l'intera isola di Madagascar "alla ricerca dei posseduti". Il suo viaggio è motivato sia da studi etnologici, sia dalla prospettiva del raggiungimento di un dialogo tra la chiesa cattolica e queste tradizioni religiose. Le descrizioni che egli fornisce sulle diverse forme assunte dal tromba nei luoghi da lui visitati, testimoniano le variazioni che il culto ha subito a contatto con la città e la modernità, nonché con le altre religioni:
Per i primi incontri con il tromba è scelta la parte sud-est dell'isola. In questi villaggi Estrade assiste a delle sedute del tromba non del tutto spontanee, ma organizzate un po' su commissione.
Presso la tribù degli Antesaka, un venerdì notte, iniziano i preparativi: è fissata al muro una tappezzeria raffigurante un paesaggio malgascio di sogno, è innalzato un altare sul quale sono in evidenza una bottiglia di rhum ed un piatto con dell'acqua e una moneta d'argento. Rivolto verso l'est, il saha (chiamato da Estrade "guida sacra") agita il suo sonaglio in una nuvola d'incenso. Ciascuno, con mani, piedi o vari strumenti musicali si sforza di creare il ritmo. Il saha (qui chiamato "prete") incoraggia i presenti, poi decide una pausa. Attendendo gli spiriti, si beve del rhum. Poi si riparte con un ritmo più vivo, si cantano appelli e suppliche. Improvvisamente si alza una donna, occhi rivoltati e capelli in disordine, che danza e geme. La guida tesse, con la sua sciarpa rossa, un recinto invisibile intorno alla posseduta e ne interpreta le parole. Abbandonata dallo spirito, la posseduta crolla. Il suo assistente si assicura che il corpo non sia stato danneggiato. La seduta è finita.
In un altro villaggio le tre possedute sono nubili. Una di esse, vestita di bianco, prende un bimbo tra le braccia ed inizia a cullarlo; una chiave (che libera dai mali) è posta vicino al piatto con l'acqua; nell'assistenza non vi sono malati.
A Nosisoa Estrade assiste ad una cerimonia che si svolge nell'oscurità, nella capanna di un tromba che detesta la luce. Qui, tra le melodie che preparano la venuta dello spirito, sono presenti dei canti protestanti: patrimonio musicale di alcuni fedeli cristiani che sarebbero passati al tromba dopo la morte del loro catechista non rimpiazzato. Il tromba intesse dei discorsi, sulla pace e sulla tempestività dei pagamenti, che sembrano dettati dagli amministratori.
A Lavibahiny, un villaggio inaccessibile per terra, il tromba regna senza concorrenza. Nella capanna dove si svolgerà la cerimonia, le pareti sono tappezzate da molti lamba (quadrati di cotone in cui domina il rosso) destinati alla vestizione del tromba. Qui si assiste al Barisa, il bagno d'iniziazione. Dopo la venuta dei tromba, hanno luogo le consultazioni: vengono chiesti rimedi ai mali, consigli morali o psicologici. I tromba trascorreranno il resto della notte a danzare e a divertirsi con i viventi, ma tutto deve svolgersi nel giusto ordine. All'alba i posseduti, scortati dai musicisti, si dirigono, danzando, verso l'oceano, e qui si bagnano, dopo aver proferito le ultime invocazioni rivolti verso il sole nascente. Due ore più tardi le possedute hanno già ripreso le proprie faccende domestiche, dimentiche dell'accaduto.
La culla del tromba rimane la città di Majunga, a nord-ovest, capitale dell'antico regno sakalava del Boina, fondato verso 1690. Qui il rituale è semplificato :dopo aver coperto gli specchi ed essersi purificate le dita, il medium si siede in una poltrona, si copre di un telo bianco, e, dopo qualche brontolio, riappare nel suo nuovo personaggio. Agli oggetti classici (piatto d'acqua, moneta d'argento, braccialetto di perle) se ne aggiungono dei nuovi, come birra e sigarette, destinati ad un tromba francofono dai gusti moderni. Questo tromba "cittadino" rappresenta l'immagine-tipo dell'uomo ricco, sognato dalle donne povere del luogo e che porta su di sé gli attributi di tali ricchezze, rappresentati dai prodotti d'importazione: cappello di nylon, occhiali neri, sigarette di lusso.
A Port-Bergé (distretto di Majunga) il tromba è considerato dall'amministrazione un'industria, innanzitutto per gli organizzatori, molto numerosi, ma anche per il comune che percepisce un compenso per ogni domanda di autorizzazione delle sedute.
Ad Ampasikely la maggior parte delle donne, convertita al cristianesimo, usa frequentare la messa la domenica e partecipare alle sedute del tromba il venerdì.
Ad Ambilobe (nell'estremo nord) il principe sakalava vivente sembra disinteressarsi completamente del tromba. Forse è questa la ragione del suo degrado e della presenza di nuove forme di possessione. Alcune sono ispirate dal cristianesimo: un anglicano, posseduto dallo Spirito Santo, scaccia gli spiriti maligni, in un decoro cristiano, prescrivendo offerte e preghiere; un catecumeno cattolico, che ha abbandonato la chiesa, cura in nome della Santa Vergine che gli detta i rimedi; la moglie di un piccolo artigiano opera guarigioni in nome di San Michele, un altro, in nome della Trinità.
Più a sud del Boina, nel Menabe, si trova la vera culla della dinastia sakalava. Il tromba, in mezzo a questa popolazione di pastori, prende un altro carattere rispetto a quello delle popolose città operaie o dei villaggi del Boina: la cerimonia (che può durare più giorni) è considerata come una cura ai malanni fisici, ma se il tromba, dopo aver ricevuto le offerte, non concede la guarigione, la speranza si trasferisce sulla scienza medica.
Sulla costa est di Madagascar, nel territorio abitato dalla grande tribù Betsimisaraka, la presenza del tromba è più discreta che in terra sakalava: il comune ignora le domande ufficiali di autorizzazione allo svolgimento delle cerimonie (domande registrate, invece, nei villaggi del Boina). Il pantheon del tromba si arricchisce di eroi locali e le cerimonie sono marcate dalla vita marittima, con i fady di alcuni pesci o molluschi. Anche qui il culto subisce qualche variazione dovuta all'influenza del cristianesimo: a Tamatave un guaritore lavora in un santuario il cui decoro rassomiglia a quello di una chiesa cattolica (ceri, numerose statue), ma la messa in scena si ispira al tromba (suonando la fisarmonica, evoca gli spiriti guaritori, entra in trance e dona delle prescrizioni).
Secondo la testimonianza di Estrade, negli anni settanta il tromba domina in modo incontrastato nei villaggi sacri edificati intorno ai doany ed in certe frazioni isolate del Menabe, del Boina e della costa est. Nell'ovest sakalava ha un'esistenza tranquilla: facente parte della tradizione, è generalmente diffuso, ma deve dividere la sua influenza con quella dell'Islam e del Cristianesimo. In questo territorio l' amministrazione, divenuta più tollerante rispetto ai tempi della colonizzazione, percepisce una tassa sulla celebrazione delle cerimonie. Nelle regioni betsimisaraka il culto tromba ricopre un posto importante, come del resto su tutta la costa est, se si fa eccezione per la tribù degli Antemoro. È invece marginalizzato all'interno di quelle etnie in cui domina il culto degli antenati della tribù e il cristianesimo. Quale portato dall'emigrazione, il tromba è invece un ascesa nell'Androy e presso i Bara, facendo concorrenza agli antichi riti di possessione locali (helo e koko). E' rarissimo sulle alte terre dell'Imerina e del Betsileo, dove è presente solo presso gli emigrati sakalava o antandroy. Tananarive, la capitale, offre l'immagine di una città moderna a dominazione cristiana; i vecchi culti reali merina perdurano nelle campagne circostanti; la possessione è praticamente scomparsa e il tromba, quasi insignificante, appare come aspetto "esotico" della città. Nelle regioni in cui il tromba non è accettato, si ritrova in teatro come numero comico.
Il pantheon del tromba delle altre regioni va oltre i re della dinastia sakalava. Si tratta in questi casi, come per le possessioni improvvise nel corso dei Fanompoana, di ospiti inattesi, non evocati, di cui si ride e si apprezzano le burle, ma che vengono scacciati se si mostrano malefici (l'esecuzione di questo esorcismo rientra nel ruolo dei medium-saha).
Anche se le principali divinità sono rimaste sakalava, il rito ha subito l'influenza delle storie locali (come in paese betsimisaraka), ma soprattutto quella della città. In ambiente cittadino lo spirito si adatta ai nuovi costumi: il tromba richiede la fotografia dell'essere amato che si vuole conquistare, distribuisce sigarette come rimedi, vende agli studenti polveri magiche da spargere nelle aule d'esame, impone dei fady (divieti) moderni come quello dell'orologio o del colore del vestito. Il danaro gioca inoltre un ruolo più importante, dal momento che i medium richiedono forti somme per ogni consultazione. In città, infine, il rituale si è semplificato: le cerimonie maestose si sono condensate in una sola seduta, davanti agli imperativi del lavoro gli orari si sono modificati (il sabato sera è preferito al venerdì) e ragioni economiche riducono il consumo di rhum, un tempo meno costoso perché fabbricato liberamente.
Secondo l'autore, altre variazioni del rito sono dovute poi all'influenza del cristianesimo, come testimoniano il rosario posto sull'altare del tromba, i canti cristiani affiancati a quelli tradizionali, la venuta dei "tromba cristiani" (missionari e regine devote), il calendario del tromba che segue le feste cristiane.
Ma nonostante questi aspetti sincretistici, lo spirito-tromba non è tollerante verso i cristiani e spesso, durante le sue apparizioni, mostra riprovazione verso coloro che si lasciano trasportare da nuove abitudini e impone dei fady (divieti) di preghiere cristiane. La religione cristiana del resto, come riscontra Estrade, "non è ancora penetrata nelle campagne e laddove è stata accolta è spesso reinterpretata". Gesù è stato spesso identificato al creatore bonaccione e lontano e i ministri di culto cristiani sono visti come dei posseduti a tal punto che i malgasci credono che si instauri una lotta di influenze tra gli spiriti che si incarnano in preti e pastori e quelli che abitano i guaritori.
I re incontrati da Estrade nel suo viaggio ricorrono ai tromba a titolo privato e non più, come una volta, allo scopo di ricevere istruzioni sulla conduzione del regno. Anche alcuni politici di Madagascar invocano gli spiriti, soprattutto per ottenerne appoggio elettorale e consigli.
Dopo aver assistito alle sedute del tromba organizzate nelle diverse regioni dell'isola presso le varie etnie (Antemoro, Vezo, Merina, Betsimisaraka, Antesaka, Sakalava), Estrade si convince della profonda omogeneità dei tromba, al di là di qualche variante di stile e di qualche sviluppo nel pantheon. Basandosi su ciò che ha visto e sulle informazioni raccolte tra i posseduti, Estrade ricostruisce le cerimonie del tromba, che generalmente consistono in due sedute che si svolgono nell'arco di un mese: la prima (volambelo) il venerdì che segue l'apparizione della luna nuova, la seconda (valirombo, azione di grazia) il venerdì della luna piena. La descrizione dei preparativi fatta da Estrade si differenzia da quella fornita da Rusillon per il fatto che a fianco agli oggetti tradizionali (il piatto con l'acqua, il blocco di terra bianca e il brucia-profumi) se ne ritrovano alcuni moderni, quali cappelli, chiavi, coltelli, carte da gioco, specchi, profumi, saponi, sigarette; per quanto riguarda le bevande, è presente il rhum, il vino, la birra e la limonata.
Preparativi materiali. Nella capanna del "maître-possédé" i discepoli e gli assistenti provvedono ai preparativi. Sulla parete est dell'edificio si tende una stoffa rossa, impressa di vari motivi; su di un tavolino o a terra si dispongono gli oggetti rituali: il piatto colmo d'acqua, zuccherato al miele, in cui vengono immersi delle piante, una moneta d'argento o d'oro, perle, bijoux o semplici biglietti di banca, in modo che ciascuno comunichi all'acqua le proprie virtù. Affianco al piatto: un blocco di terra bianca per le unzioni, il brucia - profumi (dove si consumerà l'incenso), gli oggetti moderni favoriti dai tromba (cappelli, chiavi, coltelli, le carte da gioco, specchi, profumi, saponette...). Grande spazio è occupato dalle bevande: il rhum innanzitutto, ma anche il vino, la birra, la limonata, secondo l'identità dei tromba evocati. Presso l'altare vi sono una sorta di trono, gli scettri e i bastoni magici dei capi tromba. Infine il tessuto, bianco o rosso, destinato alla vestizione.
Il Volambelo: Evocazione. Gli invitati presentano le loro offerte al capo spirituale, spesso come voto dopo una guarigione. Il capo tromba è rivolto nella direzione dell'est; alla sua destra c'è l'assistente-interprete, alla sinistra il suonatore di valiha e "l'orchestra", dietro, i membri della confraternita (malati-guariti che hanno assunto la possessione, chiamati Zana-tromba), i consulenti, i partecipanti ed infine i curiosi. Una officiante marca le fronti con la terra bianca della propiziazione: tutti sono uniti in un rito che deve loro assicurare i favori del tromba. Il medium comincia una lunga evocazione degli spiriti più famosi.
Le attrattive. Terminate le ultime parole della supplica, la valiha lancia i primi accordi, seguita da tutta l'orchestra. E' la prima fase della cerimonia e consiste nel "carezzare" i tromba con operazioni gradevoli ai sensi che hanno lo scopo di spingerli a discendere tra gli uomini. Alle sensazioni olfattive (viene bruciato l'incenso e i vestiti sono impregnati con del profumo) e sonore (il rombo e le arie favorite dai tromba), si aggiunge il piacere degli occhi, offerto dai colori delle decorazioni.
Le tecniche dell'estasi. Durante il canto, i futuri posseduti sono "preparati" con delle imposizioni supplementari di terra bianca con i segni dei tromba invitati e con delle aspersioni di acqua sacra. In ginocchio, i candidati alla possessione, sull'esempio del capo-medium, cominciano ad agitare in cadenza dapprima la testa, poi tutto il corpo. Colui che conduce il gioco gira intorno al gruppo agitando una sciarpa rossa e giocando con gli specchi, per allontanare gli spiriti malefici. Infine mette sotto il naso dei Zana-tromba delle foglie dal profumo violento. Talvolta i posseduti si alzano in piedi e vanno incontro agli spiriti, danzando.
La discesa dei tromba. Improvvisamente si produce la trance: il posseduto soffoca, lo sguardo diviene assente, l'espressione dolorosa o beata, l'andatura sonnambolica. Ognuno ha il proprio stile, dettato dal tromba che lo abita. Dopo una brutale caduta e la morte simbolica (rappresentata da un lenzuolo bianco con cui viene coperto il posseduto per qualche secondo) appare la nuova personalità. Allora comincia la messa in scena: i posseduti (uomini o donne) si travestono e modificano la voce a seconda del sesso dello spirito. Ma ci sono anche dei tromba sconosciuti, selvaggi, che eseguono prodezze ginniche. Se si incontrano, invece, degli spiriti muti, che non vogliono scoprire la propria identità, il capo della possessione, con gesti simbolici, riesce a farli parlare; a ciò segue il rito della vestizione. Le "toilette" sono conservate nell'angolo degli Antenati, a nord-est della capanna e comprendono abiti tradizionali (spesso semplici pezzi di tessuto), o moderni (completi con cappello, bastone ed occhiali) per gli eventuali spiriti stranieri che si incarneranno in un tromba.
L'accoglienza. Quando la vestizione è terminata (questa avviene sotto la protezione di una tenda) ed il re e i principi si sono installati sul proprio trono, hanno luogo i riti di accoglienza: scambio di complimenti in un'atmosfera di gioia e di familiarità. Il vecchio rituale delle visite ai re sakalava prevedeva un'etichetta servile ed umiliante, ma nella cerimonia il rapporto con i re è idealizzato. I tromba ritornano, talvolta, con le loro intere famiglie, i figli e i servitori (venuti in trance complementari): è un singolare teatro al quale il pubblico partecipa intonando canzoni di benvenuto o canti folkloristici dei luoghi d'origine dei re e adeguando il proprio comportamento all'attitudine storica di quel re.
Consultazioni ed oracoli. Dopo aver bevuto soprattutto del rhum (bevanda sacra, utilizzata per le libagioni religiose) i tromba sono più loquaci, ma il loro linguaggio è incomprensibile (vengono usati la lingua d'origine, metafore, termini nobili sinonimi di quelli profani o vocaboli sacri) ed esige un interprete.
Profezie. Gli strumenti musicali zittiscono, tranne la valiha e vengono pronunciati gli oracoli, molto vaghi ed ambigui. Nel complesso i discorsi dello spirito rilevano più dal genere oratorio che da quello oracolare.
Prescrizioni mediche. I malati avanzano, vengono esaminati e curati con precise prescrizioni, che consistono, spesso, in un'applicazione di terra bianca sull'organo malato.
Il ballo sacro. Ai canti di supplica, di omaggio, succedono quelli di gioia, in cui la fantasia trova posto. Si tratta spesso di improvvisazioni sulla natura e le sue bellezze. I canti e il battito delle mani accompagnano generalmente la danza, eseguita dai soli posseduti, spesso con gli occhi chiusi. I danzatori formano un tondo. I piedi battono sul suolo lentamente poi più velocemente, le anche oscillano, il busto è dritto, le braccia tese orizzontalmente segnano la distanza, si alzano e si abbassano insieme e separatamente, le mani tremano. La festa continua fino all'esaurimento del rhum. Uno dopo l'altro i posseduti crollano. Gli inservienti ne controllano le membra e soffiano loro nelle orecchie per riparare agli effetti dell' "irradiazione" soprannaturale. Si effettua il ritorno al quotidiano.
Il Valirombo: Circa quindici giorni dopo, alla luna piena, ci sarà una nuova seduta, di gioiosa riconoscenza. Al centro della festa, questa volta, il malato guarito e il suo medium. La famiglia riconoscente versa dei soldi che serviranno all'acquisto di ex-voto (collane, braccialetti, perle) che il "miracolato" porterà su di sé. Ma la maggior parte della spesa servirà a comprare un giovane zebù da consacrare allo spirito, i benefici della cui vendita saranno distribuiti a tutti.
Estrade ritrova anche in altre cerimonie reali alcuni elementi presenti nelle sedute del tromba. L'offerta della coppa di rhum al posseduto che troneggia nella sua maestosità, il linguaggio speciale utilizzato nei suoi confronti e l'interprete del re che funge da mediatore ricordano la cerimonia di intronizzazione dei re, mentre il lenzuolo da dove emerge il posseduto nel momento in cui è raggiunto dal tromba evoca, invece, i funerali reali.
La fine delle cerimonie tromba, secondo le descrizioni sia di Rusillon che di Estrade, è marcata dalla consacrazione allo spirito di uno zebù o di un bue, il quale deve rimanere in vita. Questa pratica, detta joro velo, non è del tutto scomparsa e viene infatti ritrovata da Jaovelo-Dzao in qualche zona del Madagascar attuale, anche se lo zebù sacro, sempre più raro, viene sostituito da un volatile.
La presenza della possessione tromba sulla costa est del Madagascar è testimoniata anche da P. Lahady e da G. Althabe, ma mentre il primo fa risalire la comparsa e la formazione di tale culto presso i Bemihisatra all'inizio del XVII secolo con l'espansione sakalava ad est, il secondo ritiene che il tromba sia unicamente un fenomeno post-coloniale apparso presso i Betsimisaraka solo nel 1960.
Pascal Lahady si è interessato in modo specifico alle credenze religiose dell'etnia betsimisaraka sul cui territorio ha raccolto, negli anni settanta, numerose testimonianze tra gli anziani e i capi religiosi dell'intera regione sul rito di possessione tromba, qui chiamato Manongehy.
Nella capanna del capo del tromba si riuniscono gli abitanti del villaggio e dei dintorni, ciascuno portando ciò che gli è stato comandato durante la riunione precedente. Il capo spirituale rivolge la parola direttamente all'assemblea. Egli pretende obbedienza e sottomissione: è una vera ristrutturazione della comunità intorno alla figura del longobe (capo dei medium) o piuttosto della divinità. Poi si prepara la venuta degli spiriti con la costruzione simbolica del santuario. La "sposa dello spirito" (assistente del capo religioso) prende un piatto sacro e vi depone del miele (frutto della foresta) ed una liana arrotolata (dimora in miniatura e simbolo delle divinità della foresta). Brucia poi dell'incenso. Anche qui sono impiegati dei materiali moderni: piatto in porcellana o in duralex, scatola di Nestlé, bottiglie e pasticche mentolate. L'invito, rivolto alle divinità delle foresta, presenta innanzitutto il riconoscimento degli errori e le domande di perdono degli adepti (temi ripresi con insistenza nei canti e nei discorsi). L'appello è dapprima collettivo, rivolto alla società degli "Spiriti Illustri" (i Venerabili Ra, spiriti della Natura e della Fecondità universale), poi ad un genio in particolare, presentato come re e Zañahary.
Anche se altre persone possono entrare in trance, la possessione del capo spirituale è essenziale. Il longobe si veste con gli abiti rosso-porpora del tromba, prende della terra bianca e resta in attesa. L'arrivo dello spirito è marcato dal cambiamento di personalità e della lingua parlata. Egli si pone come uno straniero e si impone attraverso dimostrazioni di violenza verbale e comportamentale. La "sposa dello spirito" lo saluta usando la sua lingua. Gli spiriti che arrivano sono di tutti i tipi: europei, merina, antandroy, antemoro, sakalava, geni abitanti dell'acqua...
Dopo la sottomissione il dialogo continua in un tono quasi familiare. A turno tutti prendono la parola raccontando i loro infortuni, il "Grande-Sole" risponde, ispirato dal tromba che è in lui, indicando le cause dei mali e facendo dei segni di terra bianca sul suo bastone sacerdotale (forse per ricordarsi di ciò che è stato detto e che, alla fine della seduta, dovrà riassumere). Lo spirito annuncia la sua dipartita e, dopo essersi fatto pregare, resta ancora un po'; infine parte, emettendo un forte grido, simile a quello che ha segnato il suo arrivo.
Dopo un istante giunge lo spirito burlone ed altri ancora; ad ogni manifestazione di spiriti tromba il capo spirituale beve del toaka, saluta i presenti e ne distribuisce anche a loro, poi indica i diversi divieti che devono osservare coloro che sono in trattamento. Fino all'alba (che segna il termine della cerimonia) anche altre persone possono levarsi bruscamente in trance. Quando tutti gli spiriti si sono manifestati, il capo spirituale riassume le diverse malattie, i divieti da osservare ed i rimedi. Infine, fa diversi annunci riguardanti la data della riunione seguente e le modalità da rispettare per il suo svolgimento.
Anche se la struttura della cerimonia (presentazione delle offerte, appello vocale con canti, arrivo e consultazione degli spiriti e loro partenza) e parte degli oggetti rituali impiegati (la terra bianca, ilpiatto con l'acqua, gli abiti rosso-porpora) sono in effetti identici a quelli descritti da Estrade, tuttavia a proposito del Manongehy Lahady parla di un vero tromba betsimisaraka con caratteristiche culturali proprie. Al contrario del tromba sakalava, da cui ha avuto origine, il carattere reale scompare a profitto della tematica del capo carismatico autoritario o benevolo. L'officiante principale della possessione è infatti un capo militare o un gran fratello (detto Longobe), potente e lucente come il sole (è chiamato anche Johary, Grande-Sole), che prende sotto la sua cura i fedeli (figli di Manongehy) come degli orfani. Inoltre gli adepti non frequentano né le tombe né le stele sepolcrali (che costituiscono, invece, i santuari del tromba reale sakalava) considerate dai Betsimisaraka luoghi pericolosi. Il tromba betsimisaraka si rivolge poi generalmente a Zañahary e alle divinità della foresta. Infine una particolarità, che dà anche il nome alla possessione, è la presenza dello spirito burlone Manongehy, che rende scherzoso il suo medium.
Anche Gérard Althabe ci fornisce una testimonianza della presenza di cerimonie tromba in paese betsimisaraka. In realtà l'autore sceglie per la sua inchiesta un'area limitata del territorio betsimisaraka, la piccola comunità di Fetraomby, scelta che gli causerà pesanti critiche. La sua ricerca, iniziata nel 1964 e che era destinata all'origine a definire le modalità di sviluppo economico di tale area, lo ha condotto ad assistere in modo diretto al rito del tromba. Le varie fasi della cerimonia di cui fornisce una precisa descrizione sono più o meno le stesse che ritroviamo presso i Sakalava, descritte da Estrade.
Quadro temporale e spaziale. La cerimonia ha luogo di notte e dura dal sorgere della luna all'alba. La data è determinata dalle fasi della luna, e, generalmente, è fissata alla luna piena. La casa dove ha luogo la cerimonia, costruita sulla collina del tavy (cioè fuori dal villaggio e sul territorio dei discendenti dei posseduti) ha una doppia caratteristica: è composta di materiale straniero comprato (tetto in lamiera; all'angolo est, sulla tavola apparecchiata, vi sono rhum e vino, un piatto con del denaro, un bicchiere d'acqua con gioielli d'argento, uno specchio rivoltato, un pacchetto di sigarette) e la sua posizione è stata definita da necessità astrologiche complesse. Questa europeanizzazione del quadro materiale è in contrasto violento con il tavy, luogo che esprime il ritorno al modo di vita degli antenati.
I presenti sono vestiti con abiti europei, sono disposti in modo disordinato e non, come nelle altre cerimonie, secondo regole precise (l'appartenenza al gruppo dei discendenti o ad una comunità di villaggio, l'età, il sesso). L'unica separazione che emerge è quella tra il gruppo che si trova all'interno della casa, appartenenti ai discendenti dei posseduti, e gli stranieri che restano fuori. Non vi sono spettatori, ma ciascuno è attore: partecipa ai canti e batte in cadenza le mani, seguendo il ritmo dei tre tamburi e della fisarmonica che suonano nella casa.
Un codice verbale nuovo, inedito, non utilizzato nella quotidianità, designa i nomi di luogo e dei posseduti.
L'evocazione. Il preludio della cerimonia è molto lungo. Il futuro posseduto dirige la supplica dei presenti e ne è l'attore principale. Si implora lo spirito di venire con singhiozzi, preghiere, canti, danze. Se l'attesa è troppo lunga, ci si interroga se vi siano dei colpevoli tra i presenti. Talvolta qualcuno confessa le proprie colpe, che devono essere espiate aggiungendo doni in danaro; altre volte il colpevole è denunciato ed allontanato. In qualche raro caso lo spirito non si manifesta; si attende, allora, un suo segno (spesso appare in sogno al posseduto) attraverso cui farà conoscere il suo scontento, a cui si dovrà rimediare prima di evocarlo nuovamente. Se il segno non giunge il gruppo dei posseduti effettuerà personalmente delle inchieste, prima all'interno del proprio lignaggio, poi sull'intera comunità. Le supposte colpe si situano in rapporto allo stesso tromba o agli antenati.
Presenza del tromba. Spesso, lo spirito risponde all'appello: il ritmo si ferma ed il posseduto cade a terra, raggiunto dallo spirito. Quest'ultimo è soprattutto un insieme caratteriale che verrà espresso dal posseduto attraverso i vestiti indossati, l'espressione del viso, i gesti, l'accento, l'uso di parole straniere. Vi sono tre categorie di spiriti: alcuni sono re, regine e generali dell'epoca pre-coloniale, merina e sakalava; altri sono designati unicamente dall'etnia di appartenenza; altri ancora sono esseri più astratti (Vorombe, il grande uccello; Ampelamena, la donna rossa).
I presenti non si rivolgono direttamente allo spirito ma al vady tromba (il congiunto del tromba). Egli interviene nelle relazioni individuali tra il posseduto-tromba ed i presenti, specialmente nel momento della presentazione dei malati. Non interviene, invece, nelle prediche, nelle minacce di morte e nelle imprecazioni lanciate dallo spirito ai presenti. Per affermare la sua dominazione egli dà anche degli ordini bizzarri, accompagnati da insulti, che vengono scrupolosamente eseguiti. In ogni momento minaccia di ripartire; lo si trattiene con suppliche e con la promessa di nuovi doni. Il ruolo di intermediario, in un primo tempo tenuto dal futuro posseduto, è assunto, dopo l'arrivo dello spirito, dal vady tromba.
Comunione. Il tromba prende il rhum ed il vino che sono sulla tavola, li mischia all'acqua in cui sono immersi i gioielli d'argento, beve per primo e, nello stesso bicchiere, fa bere i presenti: il tromba designa alcune persone seguendo la fantasia, senza seguire le normali regole di precedenza. Si beve inginocchiati, manifestando il più profondo rispetto: è un segno di comunione e di unità di tutti i presenti nella subordinazione al tromba.
Presentazione dei malati. Ciascuno dei presenti può presentarsi allo spirito, rivolgendosi al vady tromba e versando una somma di danaro; può intercedere per se stesso o per quei componenti della famiglia che abitano nella sua casa. La malattia è legata ad una colpa che rinvia o direttamente al tromba (in questo caso egli esige dei doni - tutti oggetti stranieri, comprati da commercianti - ed impone dei divieti) o agli antenati (la terapia sarà allora il sacrificio di un animale e la cerimonia di riparazione). La colpa e la malattia implicano la famiglia nella sua unità: i divieti devono essere rispettati da tutti i componenti e riguardano attività che si svolgono solo all'interno della casa. Quando il malato è guarito, lo spirito può dispensare da tali costrizioni.
La quiete. Lo spirito-padrone è ormai installato nel suo ruolo, come i servitori nel loro; non vi è più tra i due termini la tensione dell'inizio della cerimonia. Il tromba danza, tra la gioia dei presenti, e, mostrando il suo buonumore, distribuisce a qualche privilegiato una parte dei doni monetari che sono nel piatto, racconta storie, parla di sé, fa scherzi divertenti.
La partenza. Con l'arrivo dell'alba, lo spirito proclama la sua imminente partenza, tra le suppliche ed i gemiti dei presenti; la tensione tra il padrone ed i servitori riappare. Lo spirito, innervositosi, lancia minacce e ricorda i doveri di obbedienza; infine ordina ai suonatori ed ai cantanti di lanciarsi in un ritmo rapido ed assordante. Talvolta accompagna la sua danza, che segue tale ritmo, con un canto in cui nomina gli abitanti del luogo dove sta per arrivare. Bruscamente il posseduto cade a terra in ginocchio, con la testa tra le mani che toccano il suolo e resta immobile, i suoni ed i canti si sono arrestati nello stesso momento della caduta. Poi si alza e stira le sue membra come svegliandosi da un profondo sogno, riprende i suoi vestiti e mette ordine nella casa, mentre i presenti si disperdono.
Tra i differenti tromba che si manifestano esistono due tipi di relazioni, di parentela o di dominazione-subordinazione. Al momento dell'evocazione, il re può inviare uno dei suoi servi, portavoce dei suoi desideri. La situazione può divenire buffa quando il servitore si finge re ed è insultato e scacciato, una volta scoperto.
I vestiti ed i piatti utilizzati durante la cerimonia sono esposti in casa, non toccati da nessuno, segni della presenza permanente del tromba (Althabe, 1969, 96-104).
I culti di possessione sono tuttora praticati con uno straordinario vigore anche presso le tombe reali dell'Imerina, come è dimostrato dalle manifestazioni di possessione accertate negli anni 1956-1962 sulle tombe delle dodici colline sante e in luoghi meno conosciuti (Raison-Jourde, 1983). Questi culti non sono stati rilevati da Estrade, che classifica l'Imerina tra le zone di "tromba rarissime" (Estrade, 1977, 188), forse perché, come afferma F. Raison-Jourde, qui i re della possessione hanno uno statuto particolare. Infatti sotto l'influenza del cristianesimo i culti fanno riferimento a un dio unico, Andriamanitra, di cui gli spiriti reali sono divenuti gli intercessori.
Anche Radavidrason Zafisoatompoina Noro dà testimonianza della presenza del tromba sugli altipiani dell'Imerina. Secondo l'autrice il manasina o tromba trae origine dalla credenza in esseri invisibili, detti Vazimba nell'Imerina e kokolampy presso gli Antandroy, che rappresentano gli antichi re fondatori della stirpe o comunque antenati remoti di grande prestigio. Nel passato tali riti di possessione venivano celebrati in occasione di circostanze straordinarie, quali carestie, epidemie, guerre; attualmente per influenzare positivamente il destino nelle vicende quotidiane.
Il rito si celebra presso un "santuario", luogo sacro e vietato, costituito da una tomba di un re o di un altro personaggio eminente del passato oppure da una stele sacra posta presso una sorgente o un lago. La cerimonia ha inizio al tramonto con l'invocazione dello spirito del grande antenato formulata dal voatsindry (posseduto scelto dallo spirito) che presiede il rito. Le offerte dei convenuti vengono disposte sulla tomba o sulla stele. Voti e suppliche sono pronunciati e le pietre sacre vengono asperse di miele e di sangue di pollame. Nelle prime ore del mattino del giorno fissato, l'acqua lustrale è attinta dalla sorgente sacra. Il liquido riceve una forza supplementare posto in contatto con un anello d'oro, metallo un tempo riservato ai principi. Quest'acqua servirà a purificare lo zebù che verrà sacrificato. Il colore di quest'ultimo è scelto secondo l'oroscopo. L'animale deve essere privo di difetti ed il suo uccisore deve avere entrambi i genitori viventi. Il rà-velona (sangue vivo) verrà raccolto ancora caldo, prima che l'animale muoia, e consumato sul posto dai partecipanti ovvero conservato in coagulo per gli infermi che non hanno potuto recarsi al rito. Lo zebù viene quindi squartato e la testa e la gobba saranno disposte sulla tomba. Dopo l'ingestione del sangue ed il contatto prolungato con il luogo sacro, si manifesta la trance dei voatsindry. Questi sono presi da convulsioni e si agitano a ritmo di musica, profferendo nel contempo frasi più o meno enigmatiche che un seguace cerca di interpretare per gli astanti. Sarà sempre questo accolito a trasmettere al posseduto le domande poste dai partecipanti a voce bassa. Si tratta per lo più di richieste di realizzazione di desideri.
La credenza malgascia, come testimonia Estrade, vuole che gli spiriti prendano un mese di riposo all'anno (mese di settembre), che quindi segna un tempo di pausa per le cerimonie. I tromba si raggruppano nei doany da dove inviano i sogni oppure, in casi eccezionali, possono fissarsi come presenza maligna, nella capanna dei loro posseduti.
Trascorso questo tempo detto di "luna vuota", il mese di ottobre (la primavera malgascia) viene inaugurato con una festa detta "bain de renouveau", dal momento che i malgasci non usano immergersi nelle acque dell'isola durante l'inverno. Il bagno sarà condotto dal capo-medium e avrà luogo in mare e, dopo una settimana, sotto una cascata. Secondo Lahady, che preferisce chiamarlo "bagno del giudizio" (Misetra am-pitsarana), è un rito di purificazione e di rigenerazione di tutta la società degli adepti. Lo spogliarsi ha un significato di ritorno agli albori dell'umanità, alla natura indifferenziata della nudità e di abbandono simbolico dello stato di impurità. L'acqua (del diluvio) presente alle origini del mondo è allo stesso tempo segno di morte e di rigenerazione e segna le due tappe di una nuova esistenza (il pentimento e l'assoluzione da un lato, il ritorno alla vita dall'altro). Il fatto che tutti gli adepti (il saha, i posseduti e i malati) partecipino al bagno collettivo dà a questo rito il carattere di rito di ricostruzione dell'intera comunità sotto la guida del capo-medium. Durante il bagno, il contatto con l'acqua fredda provoca spesso delle crisi nervose che vengono interpretate come il risveglio dei tromba, così "une nouvelle saison du tromba commence".
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3. Il rito di iniziazione del Barisa.
Estrade ritiene che il rito del Barisa derivi il suo nome dal miele portato con la cottura al colore rosso che ha il potere di fare entrare in trance e che viene bevuto durante il rito. La "festa del Barisa" è secondo Estrade una sorta di consacrazione di un malato che assume la possessione. Accettando di servire l'ospite reale, il posseduto potrà interpellarlo e beneficiare del suo potere, della sua scienza e del suo prestigio. In cambio l'eletto si impegna ad obbedire al suo tromba, ad assistere alle cerimonie (durante le quali apprenderà dal medium i segreti del suo nuovo ruolo) e a partecipare alle spese. Per quanto riguarda, invece, il malato che non vuole accettare la possessione, rischia in ogni momento il ritorno aggressivo del suo tromba.
Jaovelo-Dzao e Lahady mettono in evidenza nel Barisa piuttosto il momento del "lavaggio" che ricorda il diluvio e l'acqua primordiale e che viene interpretato come atto di purificazione e di integrazione nella società degli spiriti.
La cerimonia del Barisa è presente, secondo le testimonianze di Estrade e Lahady, sia in paese sakalava che betsimisaraka, è celebrata di solito all'inizio della stagione in presenza di tutti i posseduti e dei malati in trattamento ed è organizzata a spese dell'eletto. La cerimonia si svolge in due fasi principali durante le quali l'iniziato è battezzato (con dell'acqua pura mischiata a miele, terra bianca e piante magiche) con un nuovo nome, segno della sua nuova personalità.
La preparazione rituale della bevanda sacra (barisa) dura tutta una notte. Al canto del gallo i giovani che hanno ancora i genitori in vita (simbolo della vita integrale) sono scelti per andare nella foresta a cercare "l'acqua immacolata" per confezionare il barisa. La bevanda sacra viene preparata nell'angolo est della capanna e versata in bottiglie, poste ai lati dell'altare, guarnite con apici di Dracoena (pianta sacra) e segnate con della terra bianca (raffigurante uno zebù e sei punti). Il barisa riceve la sacralità dall'acqua, l'energia divina dall'ebollizione; è anche fonte di gioia e potenza come mostrano i segni di terra gioiosa e la figura dello zebù che ornano le bottiglie.
La notte seguente, dopo il pasto, si eseguono i canti rituali. Gli spiriti sopraggiungono e si distinguono secondo gli abiti ed i colori scelti da ciascun posseduto. Poi si fanno i saluti d'uso e si indica il motivo della cerimonia, mostrando le bottiglie di barisa. Lo spirito si presenta sempre come disturbato dalle invocazioni degli uomini. Innanzitutto egli consacra tutti gli adepti, ponendo sulla testa di ciascuno una moneta da cinque franchi (è la moneta di partecipazione individuale che prende il nome di "argent célèbre") e versandovi sopra del barisa. Dopo il rito del "lavaggio" si beve insieme, segno di unità e di comunione con gli spiriti.
C'è gioia tra gli uomini per la presenza dello spirito, fonte di rinnovamento, di pienezza, di potenza. Anche lo spirito è gioioso e lo mostra con la sua danza da contorsionista, in cui trasporta i suoi adepti (segnati dall'"argent célèbre"). Nella danza egli porta con sé un piatto in cui sono stati deposti una moneta da cinque franchi ed il danaro delle partecipazioni individuali. La "sposa dello spirito" cerca di supplicarlo, calmarlo ed aiutarlo; agita dietro di lui una lunga striscia di stoffa ed è nelle sue braccia che il medium si abbandonerà quando lo spirito lo avrà lasciato.
La struttura della cerimonia del Barisa ricorda, secondo Lahady, sia quella delle sedute del tromba che quella del "bagno del giudizio". In tutte e tre infatti l'offerta rituale è seguita dall'appello vocale con domande di perdono e canti, mentre ci si prepara simbolicamente, attraverso il vestirsi o lo spogliarsi, a prendere contatto con il mondo degli spiriti. È inoltre sempre presente anche l'integrazione nel mondo degli spiriti, espressa da ordini e divieti nel caso delle sedute del tromba e dal "lavaggio" e dall'immersione nell'acqua sacra nelle altre due cerimonie.
4. Altre manifestazioni del tromba.
Al di là delle cerimonie reali e delle sedute pubbliche espressamente organizzate, lo spirito dei re defunti è sempre presente nella vita dei malgasci. Il tromba viene invocato quotidianamente nei momenti di difficoltà e di perplessità, ma presiede anche i riti che accompagnano le stagioni della vita. Jean-Marie Estrade ne testimonia la presenza nei momenti della nascita, del matrimonio, della morte:
La nascita. La prima settimana dopo la nascita, il bimbo viene accolto dalla cerchia familiare con una festa di ringraziamento a Dio e agli Antenati. Il tromba interviene in alcune famiglie per l'attribuzione del nome, che verrà comunque scelto tra quelli che indicano il giorno o il mese di nascita. Un mese dopo viene celebrata la "toilette", una sorta di battesimo, durante la quale vengono offerti del rhum o dell'idromele e del danaro ai posseduti della confraternita della madre del bambino, mentre sono in stato di trance; soddisfatti, gli spiriti non tardano ad andarsene e comincia allora la festa profana con bevande "moderne". Il tromba della madre viene evocato in seguito durante un'altra festa, organizzata circa a sette anni dalla nascita, che segna il passaggio del bambino "dalla puerilità alla saggezza".
Il matrimonio. Se la famiglia della futura sposa è devota di un tromba, si sollecitano gli oracoli di questo spirito per conoscerne il volere. Se, inoltre, la ragazza è una posseduta si impongono dei riti supplementari (che consistono in offerte allo spirito) prima di onorare i genitori della ragazza con doni e complimenti come vuole la tradizione malgascia. Se il pretendente è accettato dal tromba della ragazza, si potrà celebrare il matrimonio. Alla cerimonia matrimoniale tradizionale se ne aggiunge quindi un'altra per "intronizzare" il tromba nella nuova famiglia: nel corso di una piccola festa, in cui sono convocati i posseduti della confraternita della donna, il marito fa dei doni al tromba promettendogli rispetto.
Tromba funerario. Dopo la morte di un posseduto bisogna rendere omaggio al suo tromba e offrirgli l'ospitalità di un nuovo corpo.
Secondo Estrade in alcuni momenti della storia, quando la colpa è grave e collettiva, viene rotto l'equilibrio tra gli uomini e gli spiriti e questi ultimi possono arrivare improvvisamente sulla terra attraverso numerose possessioni. Queste crisi collettive sono dunque causate dagli spiriti tromba, come è stato osservato anche da Raoul Allier nell'introduzione al libro di H. Rusillon. In queste occasioni si assisteva a danze collettive che possono coinvolgere anche migliaia di persone e che sono seguite da crisi di possessione, caratterizzate da scalpitii, grida, movimenti bruschi della testa e delle braccia, agitazione dei lamba.
Tale fenomeno è conosciuto in Madagascar con il nome di Ramanenjana e in passato si è manifestato in modo diffuso soprattutto nella regione dell'Imerina in cui ha fatto la sua comparsa per la prima volta nel 1863. Oggi secondo Jaovelo-Dzao il Ramanenjana è "tombée en désuétude".
Jean-Marie Estrade e il dottor Andrianjafy, medico malgascio che ha studiato i sintomi clinici del tromba, collegano queste coreomanie a crisi politiche e sociali, mentre Raoul Allier le spiega come reazione violenta all'introduzione di usi e costumi stranieri. In passato, infatti, tali possessioni collettive imperversarono nell'isola sia nel 1863 sotto il regno di Radama II, giovane re favorevole al progresso, alla libertà di culto e alla presenza degli europei, che nel 1895 al momento dell'occupazione francese e furono causa di forti tensioni politiche e sociali che portarono addirittura all'uccisione del re regnante allora.
La crisi del Ramanenjana viene descritta da Rusillon: il futuro posseduto danza sotto un impulso che non riesce a controllare, fa cioè dei movimenti alternati con piedi e mani, contorcendosi da un lato e dall'altro, ma quasi senza cambiare posto. Talvolta cessa di danzare per camminare, correre e saltare; altre volte, continuando a danzare o a camminare saltando, tiene delle bottiglie piene d'acqua in equilibrio sulla testa.
Anche il dottor Andrianjafy dà diretta testimonianza del fenomeno e osserva che la vittima ama portare con sé lunghe canne da zucchero che tiene in mano o sulle spalle quando danza. Spesso il malato compie evoluzioni portando una bottiglia piena d'acqua sulla testa, mantenendola in perfetto equilibrio. Abitualmente danza al suono del tamburo ma altri strumenti, come il valiha o il lokanga-voatava possono egualmente servire allo scopo; se non è possibile procurarseli i presenti battono il tempo con le mani e cantano l'aria prediletta dal paziente. Quest'ultimo ama recarsi, sia solo sia accompagnato da indovini, maghi, musicisti e qualche parente, presso alcune "pietre sacre" presenti nelle antiche capitali dei regni storici presso le quali un tempo si svolgevano le cerimonie di incoronazione dei sovrani di Madagascar. Qui il malato, che ha dei segni di terra bianca sulla fronte e sui palmi delle mani, danza per ore intere; la scena termina con l'offerta allo spirito, amante di dolciumi, di una canna da zucchero di buona qualità che viene deposta sulla pietra sacra.
Anche le tombe sono luoghi di riunione scelti dal malato. Non è raro, in tempo di epidemia, vedere più vittime incontrarsi di sera sulle tombe di antenati nobili e danzare qui al chiaro di luna sino a dopo la mezzanotte. In questo caso, il malato vi si reca da solo senza il suo corteo e soltanto i parenti si tengono ad una certa distanza per sorvegliarlo e per evitare che cada, privo di sensi, senza nessun soccorso.
Nelle crisi di Ramanenjana i posseduti entrano in comunicazione con gli spiriti dei morti reali ed in particolare con la famosa regina Ranavalona I, madre di Radama II. Il malato-posseduto teme sopratutto il maiale ed i cappelli, al punto che la sola vista di questi provoca in lui una forte repulsione e persino convulsioni o terribile ira. Il maiale è ritenuto impuro da molte tribù malgasce ed era aborrito dalla defunta Ranavalona I; i cappelli ricordano invece gli stranieri, dal momento che la maggior parte degli indigeni non ne porta.
Precise relazioni sul Ramanenjana sono contenute in documenti dell'epoca, gli Annales de la propagation de la foi e il Moniteur universel, che descrivono le crisi di possessione prodottesi in quegli anni, crisi che "intendevano manifestare così lo sdegno di Ranavalona I contro il re suo figlio, reo di aver «venduto» Madagascar agli stranieri". In queste occasioni di dialogo con gli spiriti era prevalente infatti, se non esclusivo, il giudizio negativo sulla politica perseguita da Radama II: spesso la vecchia Ranavalona ordinava al figlio di ritornare all'antico regime, di non permettere la diffusione della preghiera cristiana, di scacciare gli europei e di impedire la presenza dei maiali nella città santa; altre volte Ranavalona e Radama I dichiaravano il loro figlio indegno della corona oppure piangevano e supplicavano i loro antenati di ricorrere ai guaritori per scacciare i malefici gettati sul loro infelice successore.
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