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I Faraoni e la maledizione

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view post Posted on 24/4/2010, 19:37     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Il 26 novembre del 1922 l'archeologo Howard Carter, tenendo una candela tra le mani tremanti per l'emozione, penetrava attraverso una piccola apertura ricavata nella porta nella tomba di Tutankhamon.
Ciò che vide lo lasciò sconcertato: «Ovunque, il luccichio dell'oro». Il collega Lord Carnarvon e lui, avevano fatto la più straordinaria scoperta della storia dell'archeologia.

Qualche giorno dopo venne rintracciata una tavoletta di creta con una iscrizione geroglifica che minacciava: «Possa la morte rapire con le sue tetre ali chiunque osi disturbare il sonno del faraone».
Nell'aprile successivo, Lord Carnarvon moriva di una malattia non identificata. Nel 1929 a soli sette anni dalla scoperta - ben ventidue persone a vario titolo coinvolte nella clamorosa vicenda archeologica erano morte prematuramente.

«La maledizione del faraone» incominciarono a titolare i giornali, a caccia del sensazionale, mentre gli archeologi ovviamente negavano. Tuttavia, è per lo meno singolare immaginare che una così lunga e luttuosa catena di eventi costituisca soltanto una semplice coincidenza. Tutankhamon era figlio del "grande eretico" Akhenaton (ca. 1375-1360 a.C.), il primo sovrano monoteista della storia. Egli, abbandonata la vecchia capitale Tebe e tutti i suoi templi, ne aveva fondata una nuova che aveva chiamato Akhetaton (l'orizzonte di Aton), innalzandola in una località oggi chiamata Tell el Amarna. Akhenaton adorava un solo dio, Aton, il Sole.

Ma la sua gente, che si sentiva più a suo agio nell’adorare cose concrete come le immagini delle antiche divinità animali, non amava questa nuova forma di religione e dunque non spiacque a nessuno quando Akhenaton morì in giovane età, forse assassinato (vatti a fidare dei sacerdoti!). Al trono salì il figlio Tutankhamon, all'epoca poco più di un fanciullo, ucciso con un colpo alla testa all'età di soli diciotto anni. Dal punto di vista storico, pertanto, il povero Tutankhamon non ha alcun rilievo, non è certo un faraone da ricordare.

L'unica cosa che sappiamo del suo breve regno è che restaurò l'antico culto, riportando la capitale a Tebe. Non si sa come morì, se per una caduta accidentale oppure per mano di un assassino. Ma la parte più strana della storia deve ancora venire. Il capo dei sacerdoti (una sorta di ciambellano reale) si chiamava Ay. Alla morte del giovane, sposata la quindicenne vedova Enhosnamon, era salito al potere. Dopo soli quattro anni un altro usurpatore, il generale Horemheb, aveva cinto la corona di faraone. Alla morte di Tutankhamon era stato anticipato da Ay e la cosa lo aveva colmato di risentimento e di odio. Appena divenuto faraone prese a comportarsi come un dittatore.

Come prima cosa diede ordine di cancellare da ogni monumento e scrittura il ricordo di Akhenaton e Tutankhamon e utilizzò il materiale che era servito per la costruzione del grande tempio solare di Tell el Amarna per innalzare tre piramidi nella città di Tebe. Persino i cortigiani che erano stati fedeli ad Ay e a Tutankhamon ebbero le loro tombe profanate e distrutte dal nuovo, terribile faraone. Peccato che Horemheb dimenticasse di fare la cosa più logica: distruggere la tomba di Tutankhamon, rilevando, fra l'altro, il suo straordinario contenuto di tesori. Come mai accadde questo? La prima ipotesi è che il sito della tomba fosse a tutti sconosciuto.

Ma, a ben pensarci, sembra improbabile. Dopo tutto, Horemheb era salilo al trono solamente quattro anni dopo la morte di Tutankhamon e quand'anche, in principio, la collocazione della tomba fosse stata segreta, chissà quanti fra sacerdoti e costruttori ancora in vita avrebbero potuto, diciamo così, essere "convinti" a rivelarne il sito. Viene spontaneo sospettare che Horemheb non si sia mosso, lasciandola inviolata, per qualche altro grave motivo... Howard Carter, l'uomo che alla fine era riuscito a rintracciare la tomba, era arrivato in Egitto da giovane - era nato nel 1873 - e ancora nei suoi vent'anni era diventato capo ispettore dei monumenti per l'Alto Egitto e la Nubia.

Entrando in azione su suo suggerimento, nel 1902 un facoltoso americano di nome Theodore Davis, finanziò una serie di scavi nella Valle dei Re. L'anno prima i violatori di tombe, organizzati in bande, avevano attaccato armati le sentinelle che sorvegliavano l'accesso all'appena scoperta tomba di Amenhotep II - faraone assetato di sangue, bisnonno di Akhenaton - riuscendo a portar via tutto l'oro e i gioielli.

Carter, per niente impaurito, si era messo sulle loro tracce e li aveva fatti catturare, guadagnandosi una pessima fama presso i nativi. In breve, si era così trovato a spasso, vale a dire senza più un lavoro. Theodore Davis lo aveva ingaggiato come disegnatore e grazie a lui era riuscito a cogliere alcune interessanti scoperte, fra cui i sepolcri di Horemheb, della grande regina Hatshepsut e del nonno di Akhenaton, Thutmose IV.

Durante questo periodo accadde un fatto singolare relativo alla storia della maledizione del faraone. Joe Linden Smith, un altro esperto disegnatore abituato a lavorare sul campo con gli scavatori, aveva una moglie ventottenne molto carina, di nome Corinna. Fra i loro amici più intimi c'erano Arthur e Hortense Weigel. Lui era un archeologo inglese, lei, come Corinna, una giovane americana. Un giorno, mentre stavano discendendo nella Valle delle Regine, Smith e Weigel avevano notato un anfiteatro naturale che nella loro immaginazione si sarebbe prestato a meraviglia per la rappresentazione di un'opera teatrale.

Decisero, sul momento, di rappresentare il "mistero della loro commedia" e di invitare la comunità archeologica di Luxor. Ma la finalità non consisteva soltanto nel puro intrattenimento. I due condividevano una profonda ammirazione per Akhenaton e per la produzione artistica sviluppatasi sotto il suo regno, molto più vicina alla rappresentazione della natura che non l'arte eccessivamente stilizzata caratteristica di altri periodi. Lo scopo primario di quella messa in scena voleva dunque essere una sorta di invocazione agli dèi affinché sollevassero lo spirito del povero Akhenaton dalla terribile maledizione che lo aveva condannato per l'eternità. Stando alla tradizione, il faraone Akhenaton era morto il 26 gennaio dell'anno 1363 a.C. Smith e Weigel decisero di rappresentare il loro lavoro teatrale il 26 gennaio del 1909 e per quella data diramarono gli inviti.

Il 23 gennaio era il giorno della prova definitiva. Il dio Horus - interpretato da Hortense - appariva come per magia e si metteva a parlare con lo spirito errante di Akhenaton, promettendogli di esaudire un suo desiderio. Lo spirito prontamente rispondeva di voler rivedere la madre Tiy. Convocata con un rito cerimoniale, Tiy compariva sulla scena per raccontare tutta la sua tristezza nel vedere l'anima dell'adorato figlio condannata alla solitudine eterna. Akhenaton rispondeva che anche in quella sua miseranda condizione gli era di conforto il pensiero dell'unico e solo dio, Aton, e sollecitava la madre a intonare un inno in onore del dio...

Ma non appena Corinna aveva iniziato a recitare la preghiera votiva, si era levato un vento così forte da coprire la sua pur stentorea voce. Poi era scoppiato un temporale che aveva spazzato sabbia e pietre con una tale violenza da terrorizzare i lavoranti egizi, convinti che gli dèi stessero sfogando la loro ira contro chi aveva osato parodiarne la vita. La prova era stata sospesa e gli improvvisati attori erano stati costretti a riparare nel campo base, ricavato nella tomba di Amet-Hu, uno dei potenti governatori di Tebe. Nella notte, Corinna aveva incominciato a lamentarsi per un forte bruciore agli occhi, mentre Hortense era stata disturbata da crampi allo stomaco.

Ambedue furono visitate dallo stesso sogno. Si trovano nel vicino tempio di Amon, al cospetto della statua del dio, il quale, per prodigio, si era fatto vivente e con un colpo del suo flagello aveva colpito gli occhi dell'una e il petto dell'altra, all'altezza dello stomaco. La mattina Corinna, più che mai sofferente, si era fatta ricoverare all'ospedale del Cairo, dove l'oculista che l'aveva visitata le aveva diagnosticato il tracoma più infettivo - la cosiddetta oftalmia d'Egitto - che mai gli fosse capitato di incontrare. Ventiquattro ore dopo, era stata Hortense a essere sottoposta ad un difficile intervento chirurgico allo stomaco, nel corso del quale si era trovata in pericolo di vita.

Naturalmente, la rappresentazione non aveva più avuto luogo. Sia Carter che Carnarvon erano stati invitati. In quel momento Carter lavorava al servizio di Davis. Ma a partire dal 1914 Davis cambiò idea. Convinto di aver sottratto alla sabbia del deserto tutto ciò che si poteva e di aver perlustrato la Valle dei Re come meglio non si sarebbe potuto fare, decise di abbandonare le ricerche e gli scavi. Carnarvon rilevò la sua concessione. Sapeva che Davis era convinto di aver già rintracciato la tomba di Tutankhamon in una sepoltura a pozzo all'interno della quale erano venuti alla luce piatti dorati e alcuni altri oggetti preziosi; ma, sia lui che Carter, la pensavano diversamente ed erano certi che il corredo funebre di un faraone, per quanto giovane, non poteva limitarsi a così poco. Il sopraggiungere della guerra ritardò l'inizio degli scavi fino al 1917.

Avuto il via, Carter aveva dunque iniziato a scavare, con precisione e certosina meticolosità, rimovendo tonnellate e tonnellate di detriti e di sabbia smosse anche dalle precedenti ricerche. Nel 1922 Carter pensò di aver già profuso troppo danaro nell'impresa, e che la Valle dei Re non avrebbe offerto più nulla di interessante. Ma Carter aveva insistito, chiedendo ancora un'ultima possibilità. Così il 1° novembre del 1922 aveva dato il via a un nuovo scavo, tracciando un fossato in direzione sud rispetto alla tomba di Ramesse IV. Il 4 novembre gli scavatori rinvennero un gradino, appena sotto il livello delle fondamenta di alcune capanne che lo stesso Carter aveva portato alla luce il precedente aprile. Prima di sera erano dodici i gradini dissepolti, una scalinata che conduceva a una porta di pietra sigillata.

A questo punto Carter aveva dato ordine di fermare i lavori e aveva immediatamente messo Carnarvon in allarme, contattandolo in Inghilterra. Dopo due settimane il compagno e socio era di nuovo in terra d'Egitto. Insieme, i due si erano fatti strada attraverso la soglia d'ingresso, in un'atmosfera di eccitazione via via crescente, avendo intuito che stavano penetrando in un sepolcro conservatosi integro e inviolato. A circa nove metri dalla prima porta ne avevano incontrata un'altra.

Con mani tremanti, Carter aveva ricavato una piccola frattura nell'angolo in alto della lastra e aveva cercato di lanciare uno sguardo al di là. La flebile luce della torcia gli fece intravedere le sagome di strani animali, statue dorate, monili, oggetti. E poi un carro, figure in dimensione naturale, lettucci dorati e intarsiati, addirittura un trono reale tutto d'oro. Ma non c'erano mummie, dal momento che, come si scoprì dopo, questa era soltanto l'anticamera tombale.

Fu però in questa stanza che venne rintracciata la tavoletta con il già citato, terribile monito: «Possa la morte rapire con le sue tetre ali chiunque osi disturbare il sonno del faraone». Dopo essere stata decifrata da Carter, purtroppo, la tavoletta era sparita: serpeggiavano già dicerie in merito fra i superstiziosi scavatori locali. Come se non bastasse, anche su una statua del dio Horus si leggeva una cosa simile, un severo avvertimento che annunciava nel dio il sommo protettore della tomba.

Il 17 febbraio 1923 un folto gruppo di personalità eminenti venne invitato ad assistere in diretta all'apertura del sito funebre. Ci vollero due ore per aprire un passaggio sufficiente da permettere a un uomo di infilarsi nella camera sepolcrale. A questo punto soltanto un lieve diaframma di pietra divideva gli scopritori dal più straordinario e stupefacente sarcofago che il mondo abbia mai conosciuto. Decisero di rimandare le ulteriori operazioni ad altra data, forse ipnotizzati dalle già grandi meraviglie che avevano scoperto. E così Carnarvon non riuscì a vederlo.

In aprile cadde ammalato. Svegliatosi un mattino, scottava come una stufa. Una misteriosa febbre a 40° lo aveva assalito per continuare a angustiarlo per venti giorni. I medici parlarono subito di infezione. Forse, radendosi, si era procurato una ferita che la sabbia del deserto aveva infettato, oppure era stato punto da qualche insetto. Andarono a chiamare Carter, ma alle due del mattino l'amico e collega era morto. Quando la famiglia era giunta al capezzale, convocata d'urgenza da un'infermiera, all'improvviso tutte le luci si erano spente ed era stato necessario accendere candele e torce. Poi la corrente era tornata e il giorno seguente si era saputo che l'incidente era stato provocato da un black-out che aveva messo al buio l'intera città del Cairo.

In alcune versioni del racconto della dipartita di Carnarvon si dice che, in realtà, non si seppe mai perché fosse mancata la luce proprio in quel preciso momento; tuttavia, nessuno si è mai preso la briga di investigare presso l'azienda elettrica della capitale per approfondire l'inchiesta. Stando alla testimonianza del figlio di Carnarvon, quella sera era accaduto anche un altro fatto strano, a migliaia di chilometri di distanza: mentre il suo padrone moriva in terra d'Egitto, in Inghilterra il cane di Carnarvon, dopo aver a lungo guaito e ululato, si era accasciato morto al suolo.

I giornali non aspettavano altro. Partirono nuovamente alla carica con la storia della "maledizione del faraone". Parte della colpa di tutto questo scalpore era però da addebitare al povero Carnarvon. Egli aveva infatti ceduto i diritti di esclusiva sui resoconti delle sue straordinarie scoperte archeologiche al giornale londinese «Times», unico organo di stampa aggiornato. Tutti gli altri, privi di notizie chiare e attendibili, erano stati costretti a inventare i reportage, andando a nozze ogni qualvolta la realtà dava adito di ricamare alla fantasia dei cronisti.

Ma non c'era proprio bisogno di inventarsi niente, perché la "maledizione" continuava ad offrire spunti a dir poco agghiaccianti. Poco dopo la morte di Carnarvon, Arthur Mace, l'archeologo americano attivo nell'apertura della tomba, cadde in uno stato di prostrazione fisica e psicologica che lo portò alla fine. George Jay Gould, il figlio del famoso finanziere americano, venuto in Egitto dopo la scomparsa di Carnavorn, su invito di Carter si era recato a visitare la splendida tomba. Il giorno dopo si era svegliato febbricitante e nella notte se n'era già andato.

Stessa sorte per Joel Wool, un imprenditore inglese, il quale, visitata la tomba, era morto per una febbre misteriosa mentre stava rientrando in Inghilterra. Una fine condivisa, nel 1924, dal dottor Archibald Douglas Reid, un biologo inglese che aveva sottoposto la mummia di Tutankhamon ai raggi X, stroncato da una debolezza inspiegabile appena rientrato in patria. Insomma, nel breve volgere di qualche mese, almeno dodici persone coinvolte in qualche modo con l'apertura o lo studio della tomba morirono. Col 1929 il numero era salito a venti.

In questo stesso anno morì Carter, ufficialmente ucciso dalla puntura di un insetto, mentre il suo segretario personale, Richard Bethell, lo seguì a breve, schiantato da un collasso nel letto di casa. Nel 1925 li aveva preceduti, stroncato da un infarto, il professor Douglas Derry, uno degli scienziati che avevano eseguito l'autopsia della mummia di Tutankhamon. Un altro degli eminenti studiosi, il professor Alfred Lucas gli aveva fatto compagnia, per la stessa causa apparente, ad appena qualche settimana di distanza. Nel suo libro “La maledizione dei faraoni” lo scrittore Philip Vandenberg non elenca soltanto le morti sospette da collegare in modo diretto alla scoperta della tomba di Tutankhamon, ma ricorda ai lettore il gran numero di studiosi, appassionati ed egittologi morti prematuramente.

Egli pone in risalto come molte volte la morte sia annunciata da una prostrazione, una sorta di esaurimento energetico - lo stesso Carter soffriva di questa forma di debilitazione, unita a una forte depressione - e si chiede se gli antichi sacerdoti egizi non conoscessero veleni o spore di funghi velenosi, in grado di conservare il loro carico mortale nel corso dei secoli, con i quali proteggere le tombe dagli intrusi non graditi. Fra le tante morti ritenute sospette e premature, si elenca Francois Champollion, il decodificatore della Stele di Rosetta; il grande egittologo italiano Belzoni; il dottore di origine sveva Theodore Bilharz (da cui il nome del disturbo noto come bilharzia); l'archeologo Georg Mòller e il più stretto collaboratore di Carter, il professor James Henry Breasted.

Era stato proprio Breasted a riferire che Carter era stato assalito dalla febbre dopo essere sceso nella tomba, e a tratteggiare un quadro clinico dell'amico e collega decisamente angosciante: incapacità di concentrazione, '"assenza" psicologica improvvisa, estrema difficoltà nell’assumere una qualsivoglia decisione. Carter morì a 66 anni; il libro di Vandenberg prende le mosse da una conversazione fra lui e il dottor Gamal Mehrez, direttore generale del Dipartimento delle Antichità del Museo del Cairo. Mehrez, un uomo di 52 anni, esprime con fermezza il suo scetticismo a proposito della maledizione: «Mi guardi. Sono coinvolto con storie di faraoni e mummie praticamente da quando sono nato.

E non mi è ancora successo niente. Sono la prova vivente che si tratta solo e soltanto di mere coincidenze». Non l'avesse mai detto! Quattro mesi dopo veniva stroncato da un attacco cardiaco. Anche se lo stesso Vandenberg dichiara improbabile l'ipotesi delle coincidenze, quando tenta di offrire una spiegazione "scientifica" dei fatti non riesce a proporre niente di convincente; arriva anche al punto di accettare l'idea che la causa possa essere la particolare forma delle piramidi, in grado di catturare energia cosmica negativa per il corpo umano e che «gli Egiziani sapevano come influire sul processo di decadimento radioattivo».

Crediamo che gli stessi antichi, se fossero presenti, sarebbero i primi a negare queste assurdità. Per loro una maledizione si sprigionava da un rito magico, capace di evocare e ridestare uno spirito o demone guardiano, concetti sopravvissuti fino ai nostri giorni. Il ricercatore psichico Guy Lyon Playfair racconta nei suoi libri gli anni trascorsi in Brasile e descrive le lunghe ricerche per investigare su fenomeni di persecuzione da "poltergeist" che sembravano scaturire come risultato di una maledizione, in altre parole, da un'azione che potremmo definire di "magia nera".

Sono molti gli investigatori inclini a ritenere il poltergeist - letteralmente "spirito burlone" - una manifestazione inconsapevole della mente di un adolescente non ancora "equilibrato", capace di far volare gli oggetti in modo naturale tramite una "psicocinesi spontanea". Anche se Playfair accetta questa soluzione per la maggior parte dei casi, in alcuni altri sembra lasciare intendere che il poltergeist sia innescato dall'effettiva azione disturbante di "spiriti" disincarnati.

Queste entità, blandite con appositi rituali magici, possono essere "convinte" a perseguitare una persona o a provocare disturbi inquietanti nella sua casa. Quando questo accade, entra allora in scena un altro specialista, il candomblé (parola ereditata dal culto magico della tradizione africana), il quale ha il compito di scacciare lo spirito e di riportare la tranquillità. Concetti, questi, legati agli spiriti utilizzati per compiere azioni infestanti, antichi come l'uomo e che sostengono la tradizione magica da secoli. Un altro ricercatore d'oggi, Max Freedom Long, ha studiato a lungo la religione degli Huna, un popolo delle Hawai, convincendosi che gli sciamani -conosciuti come kahunas - erano capaci per davvero di provocare la morte tramite la recita rituale di una «preghiera di morte».

Scrive: «La verità è inequivocabile. Per un periodo di almeno sette anni, quelli da me trascorsi a raccogliere dati medici e epidemiologie presso il Queen Hospital di Honolulu, non c'è stato anno in cui non mi sia imbattuto in uno o più casi in cui la vittima moriva a causa di agenti misteriosi catalizzati da una potente azione magica, e ciò a dispetto del prodigarsi di tutti i medici». Long afferma che secondo la filosofia dei kahunas, l'uomo è composto da almeno tre "io" o anime: l'io inferiore, quello mediano e quello superiore. Il primo corrisponde grossolanamente a quella struttura psichica che Freud ha identificato nell'inconscio.

Esso sovrintende alle forze vitali e sembra possedere una connotazione fondamentalmente emotiva. Il secondo corrisponde alla cosiddetta "consapevolezza ordinaria", quella che regolamenta il nostro vivere quotidiano. Il terzo, l'io superiore, può accostarsi alla mente super-conscia e possiede poteri che ancora oggi non siamo in grado di conoscere. Questi tre io sono ospitati dal corpo fisico e se ne separano soltanto al momento della morte. Capita però a volte, che quello inferiore riesca a sganciarsi in modo indipendente dagli altri due.

Così facendo si trasforma in uno "spirito legato alla terra", del genere di quelli che provocano i fenomeni disturbanti del poltergeist. Stando ai kahunas, l'io inferiore ha una sua propria memoria, dote che quello mediano non possiede. È per questo che quando la separazione coinvolge un io intermedio, questi diventa un'entità derelitta, così retta a vagare senza costrutto, trasformandosi in quello che noi chiamiamo un fantasma. Long afferma che le «preghiere di morte» chiamano sempre in causa degli spiriti bassi», facilmente suggestionabili e riducibili all'obbedienza.

Per la povera vittima del sortilegio, comincia una vera e propria tortura: mano a mano che lo spirito gli sottrae l'energia vitale, si infiacchisce sempre di più. Long ottenne la maggior parte delle informazioni a proposito degli sciamani hawaiani - esperienze ricordate in un libro - da un medico di nome William Tufts Brigham che li aveva studiati a fondo per molti anni. Ricordava un caso particolare. Un giorno aveva assoldato un gruppo di guide e portatori hawaiani per compiere un'escursione in montagna.

Fra i portantini vi era un giovane di 15 anni che, di colpo, era caduto ammalato, assalito da un intorpidimento che gli saliva dai piedi con lenta progressione. Rivelò a Brigham che era vittima del maleficio di una preghiera di morte. Alla fine si era venuto a sapere che il kahuna del villaggio, che ce l'aveva con i bianchi, aveva inviato una preghiera di morte contro il giovane a causa della sua frequentazione con un uomo bianco.

Per lui, chiunque lavorava con un bianco era condannato a diventare vittima di un sortilegio di morte. Ma anche Brigham godeva di fama di sciamano presso i locali, i quali gli chiesero di intervenire. E lui aveva accettato la sfida, dichiarando che l'avrebbe combattuta sullo stesso piano del kahuna. Partendo dall'assunto che era stato assalito da "spiriti bassi'', Brigham aveva convinto il ragazzo che lui era una vittima innocente e che insieme sarebbero riusciti a sconfiggerli, rimandando al mittente - ossia a colui che gli aveva scagliato contro la maledizione - quelle stesse forze negative che invece di far del male a lui avrebbero distrutto l'agente magico.

Il ragazzo aveva capito, e promise che si sarebbe impegnato per guarire. Per oltre un'ora rimase fortemente concentrato su quella idea, poi, di colpo, la tensione e la sofferenza si erano allentati. Finalmente riusciva a muovere liberamente le gambe e stava bene. Quando, qualche tempo dopo, Birgham era tornato al villaggio, aveva trovato il ragazzo in ottima salute.

Il kahuna invece era morto, dopo avere annunciato agli altri del villaggio che il mago bianco gli aveva scagliato contro gli spiriti del male. Torniamo, adesso, al tema principale di questo capitolo. Come non riconoscere nella debilitazione sofferta da Carter e dai tanti che vennero colpiti dalla maledizione del faraone i nefandi effetti della preghiera di morte descritta da Brigham e Long? Tuttavia, per riconoscerlo, non pare affatto necessario instaurare un collegamento diretto fra i kahunas delle Hawai e la religione magica dell'antico Egitto.

Perché, ammesso che Playfair e Long siano nel giusto, è più che mai logico immaginare che se il fenomeno del poltergeist e gli "spiriti bassi" possono essere utilizzati per delle operazioni di magia negativa, anche gli antichi sacerdoti egizi ne facessero uso per sigillare le tombe ponendoli come "guardiani della soglia". Nel suo libro “Egitto segreto”, l’occultista Paul Brunton descrive l'esperienza di una notte trascorsa nella Camera dei Re all'interno della Grande Piramide. Racconta della strana sensazione di non sentirsi solo, un sentimento che, poco alla volta, gli si era manifestato come la presenza di «entità antagoniste».

«Tutto attorno a me, sembrava si accalcassero creature elementari mostruose, orrori diabolici del mondo sotterraneo, forme grottesche, bizzarre, orribili, riluttanti, dall'aspetto rozzo... D'incanto, come si erano presentate, erano poi scomparse». Subito dopo, Brunton rivela di aver avvertito la netta sensazione di essere in compagnia di un essere benevolo e di aver avuto la visione di due antichi sacerdoti. Secondo Vandenberg, che riporta questa notizia, il racconto potrebbe essere solo frutto della fervida ed eccitata immaginazione di Brunton, anche se si affretta a ricordare che, quando nel 1972 aveva pure lui visitato la Grande Piramide, una signora del gruppo d'improvviso era sbiancata, si era sentita male e non era più riuscita a muoversi.

Ripresasi dal malore, gli aveva confessato: «È successo come se qualcuno, di colpo, mi avesse colpita con forza per farmi del male». Stando alla guida, "attacchi" del genere erano piuttosto comuni. Se, dunque, questi malesseri sono il mero frutto dell'immaginazione, nulla vieta di ritenere che anche in merito alla presunta maledizione del faraone si possa addurre la stessa causa. Dopo tutto, a ben considerare, Carnarvon morì in seguito di quella che sembrò essere la puntura di un insetto, altri di attacchi cardiaci o di collassi cardiocircolatori, ossia di cause che sembrano non avere nulla in comune con le forze negative che si sprigionano quando il soggetto diventa vittima di una preghiera di morte. Nel corso di un programma della BBC dedicato a questo mistero, Henry Lincoln, studioso dell'occulto interessatosi a lungo del caso esoterico di Rennes-le-Chateau, ha detto: «Sono ormai convinto che non è mai esistita quella che la gente chiama maledizione dei faraoni». Meglio. Tutto sommato è certamente più rassicurante credere che sia proprio così.

La religione: gli dei

Amon/Ra
In origine una delle otto divinità primordiali adorate ad Ermopoli. Diviene poi il dio supremo, la divinità solare Amon-Ra. La città di Tebe è il centro principale del suo culto. Il suo significa "il misterioso", assieme alla moglie Muth e al figlio Khons forma la triade di Tebe. Il suo animale è l'ariete, come si può intuire dal viale cerimoniale del suo tempio principale a Karnak.

La storia di Ra

Amon/Ra


Deificazione del sole visibile, fu adorato in diverse località dell'Egitto prima che se ne prendesse possesso la teologia eliopolitana.

Il primo aspetto del mito, è il dio che nella sua imbarcazione diurna percorre il cielo durante il giorno, per montare la notte nella barca notturna che percorre allo stesso modo il mondo inferiore. Per conciliare la sua esistenza con quella di altre due divinità solari, lo scarabeo Khepri e Atum, fu al mattino Khepri sotto forma d'un bambino ( ma soprattutto come scarabeo), a mezzogiorno Ra trionfante sotto forma d'un adulto, e la sera Atum, sole calante, sotto forma di un vecchio.

Si trattava anche in questo caso di un richiamo al mito del regno terrestre di Ra.
Dio creatore e padre dell'Enneade, Ra regnava sulla terra tra gli uomini e gli dei. Durante il suo regno, conobbe le vicende umane e invecchiò e fu in quel momento che approfittando della sua debolezza, gli uomini gli si rivoltarono contro ed egli dovette difendersi inviando il suo occhio (Hathor e Sekmet) per castigarli.

Anche Iside approfittò della sua vecchiaia per rubargli la sua potenza magica.
Stanco Ra si fece elevare al cielo sulla schiena di Nut.

E' senza dubbio questo regno terreno all'origine dei tempi che giustificò l'appellativo di "Figlio di Ra" (Sa Re) che i faraoni prenderanno a partire da Chefren e che seguirà il loro nome, quinto del titolo.
Durante tutta la storia egizia, Ra saprà conservare una sorta di preminenza, solarizzando il pantheon; i grandi dei saranno Amon-Ra, Mont-Ra, Khnum-Ra, Sobek-Ra.

Nel suo destino solare, il re raggiunge Ra nel cielo e questi, prima signore dell'al di là, che attraversa nella sua corsa notturna, troverà il completamento in Osiride, che gli fu rivale.

Anubi
Dio sciacallo di Cinopolis, assiste Horus e Thot nella pesatura del cuore dei defunti, preposto ai segreti. E' figlio di Osiride e di Nefthi.

La storia di Anubi

Questa divinità è raffigurata con la testa di cane (ritenuta a torto di sciacallo).
Non si sa con esattezza quale sia la sua origine ma, già dall'epoca di Aha una tavoletta menziona la sua festa e, fino alla fine della V dinastia, quando comparirà Osiride, è Anubi soltanto a presiedere al culto funerario.

Anubi era inoltre l'emblema del XVII nomos del Sud, la cui capitale, Kasa (Cynopolis), gli tributava un culto particolare.

Il suo animale sacro era il cane errante della valle del Nilo che, al contrario del dio, raffigurato come un cane nero o un uomo dalla testa canina nera, è è raramente nero. Si pensa comunque che tale colore on sia un simbolo luttuoso, ma la tinta specifica utilizza per la mummificazione, quindi un simbolo di rinascita.
Gli veniva attribuita l'invenzione della tecnica della mummificazione e, nella leggenda osiriana, Ra lo inviava presso Osiride per rendergli gli onori funebri e sottoporlo a mummificazione, dopo la sua avventura con Seth. Tale leggenda appare su una tomba nel Medio Regno ma, senza alcun dubbio, rimonta ad epoca più alta: sicchè il rito del mummificare si configura soltanto come la ripetizione di un rituale divino mutuato da un archetipo, il sacerdote che lo officia si assimila ad Anubi, indossando una maschera che riproduce le fattezze del dio.

Le denominazioni più comuni di Anubi sono "colui che preside all'imbalsamazione", "colui che vive sulla montagna ( la montagna che conduce alla dimora dei morti e nella quale sono scavati gli ipogei), "signore della Necropoli" e £colui che possiede l'ut (Im-Ut, si chiamano Ut le bende delle mummie).
Il nome di Anubi è in egiziano Inpu o Anepu.

Anuket

Dea dell'isola di Sehel e della prima cateratta; veniva raffigurata con un copricapo di strana foggia, forse di origine straniera.
Assieme a Khnum e Satet formava la triade di Elefantina.

Apis

Apis era considerato "il ba" del dio Ptah, viveva all'interno del tempio ed era custodito dai sacerdoti. Veniva adorato un solo toro sacro alla volta e quando l'animale moriva veniva imbalsamato e seppellito con una cerimonia solenne. L'Apis, morendo, diveniva un Osiris, cioè l'Osiris-Apis da cui l'identificazione con Serapis. Non tutti i tori erano sacri. Solo quelli che avevano sulla testa una macchiolina bianca e altre caratteristiche.

Il Serapeum

La storia di Apis

Fin dalla I Dinastia il culto di un toro Apis (Hop nella lingua locale) è vivo nell'Antico Egitto, come divinità rurale simbolo della generazione e della forza fecondatrice.

Adorato a Menfi, fu presto assimilato a Ptah, patrono della città, di cui fu riconosciuto come incarnazione. A Ra, Apis deve il disco solare piantato, con l'ureus tra le sue corna.

I sacerdoti di Apis a Menfi, conosciuti durante l'Antico Regno come "Bastoni di Apis" battevano la campagna alla ricerca del toro recante il marchio divino, marchio che doveva essere presente su più parti del corpo dell'animale. Lo scopo era quello di fare di esso il successore dell'Apis regnante.

Quando un Apis moriva, veniva sepolto secondo un rituale preciso, dopo essere stato sottoposto a mummificazione. Al termine del cerimoniale funebre, veniva calato nei sotterranei del Serapeum, dove andava a raggiungere le precedenti incarnazioni del dio. Veniva allora posto sul trono il nuovo Apis, fatto che costituiva un'occasione di festa.

Dopo essere stato mostrato al popolo, il toro divino veniva condotto nel santuario, dove era destinato a vivere con il suo harem di giovenche, per non uscire più se non in occasioni di processioni che richiedessero la sua resenza. Oltre a ricevere offerte dai fedeli, nell'Apeion, il dio-toro rendeva anche responsi in qualità di oracolo.

Apophis

Nome del serpente che nel regno di Duat (oltretomba) lotta contro il dio sole per contrastarne l'approdo a oriente.

La storia di Apophis

Nel suo viaggio celeste, il dio sole, doveva affrontare due volte al giorno un grave pericolo, Apophis (in egizio Aapep,Aapef) il serpente primordiale, il caos che odiernamente minacciava l’entità solare, all’alba e al tramonto, mettendo in pericolo l’ordine dell’universo.

Tuttavia, l’esistenza dei Apophis era necessaria proprio per l’equilibrio del mondo stesso.
Le sue spire circondavano il mondo lungo la linea dell’orizzonte, questa posizione era il punto giusto per i suoi attacchi al sole, nel momento in cui si avvicinava all’orizzonte.

Qual’era la tecnica del grande serpente?

Era quella di tentare con le sue spire di stringere il sole, spire rappresentate dai banchi di sabbia.
Il sole rispondeva agli attacchi di Apophis, dalle cui ferite colava il sangue che colorava di rosso il cielo dell’alba e del tramonto.

Apophis, incarnazione del Nemico Divino, simbolo dei poteri dell’oscurità a volte veniva identificato con Seth, nemico degli dei.

Anche per i defunti era pericoloso il viaggio nell’aldilà, tuttavia i testi funerari assicuravano la sconfitta del serpente (“capovolgimento di Apophis”) con la formula magica “esso realmente la salva da tutti i mali”, che proteggeva il defunto nel suo viaggio.

Atum

Dio principale di Eliopoli, il creatore, fu poi identificato con il sole. I suoi animali sacri erano il leone e il serpente.

Bastet

Dea di Bubasti. Raffigurata con testa di gatta, fa parte di un mito che la vede ultima trasformazione del ciclo: l'occhio del sole si era infuriato e trasformatosi in leonessa (Sekhmet) era fuggita in Nubia;qui,raggiunta da Thot, era stata calmata dal dio. Più tranquilla, si trasformò in donna dalla testa di gatta, dall'indole più pacifica.

Bes

Nume protettore della casa e dei bambini.

Duamutef

Figlio di Horus, dalla testa di sciacallo. Dio funerario, rappresentato sul vaso canopo contenente lo stomaco. E' posto sotto la protezione di Neith.

Geb

Dio della terra,sposo e fratello di Nut.

Hathor

Hathor era dea di Afroditopolis e di Dendera. Dea dell'amore, patrona della musica e della danza, generalmente rappresentata nell'aspetto di vacca.
Il suo emblema era il sistro.

Hapi

Divinità rappresentante il Nilo. Non si tratta del fiume divinizzato, ma piuttosto del suo spirito, della sua essenza dinamica. Veniva rappresentato come uomo dai seni pesanti e dal ventre prominente, a simboleggiare abbondanza; la divinità portava sempre doni, fiori e piante.

Hapy

Figlio di Horus, dalla testa di babbuino. Dio funerario, rappresentato sul vaso canopo contenente i polmoni. E' posto sotto la protezione di Nefthi.

Heh

Sono in milioni, associati ad altri Heh rappresentano la presenza dell'aria.

Horus

Dio di Behdet.Dio falco sdoppiato in Horus il Grande e in Horus Bambino. Nella mitologia, dio del cielo, della luce e della bontà. Una delle principali divinità egizie, Horus era figlio di Iside, dea della natura, e Osiride, dio del mondo sotterraneo.

Quando Osiride fu ucciso dal suo malvagio fratello, Seth, dio dell'oscurità e del male, Horus vendicò la morte del padre uccidendo suo zio. Solitamente raffigurato in figura di falco (o con testa di falco), è rappresentato anche come un bambino con un dito sulle labbra (e per questo era ritenuto dai romani il dio del silenzio). Horus era noto presso i greci e i romani con il nome di Arpocrate.

La storia di Horus

Il dio Horus si identifica, sia in Egitto sia in Nubia, con diverse divinità locali:
Come divinità solare è Haroeris,Harakhthe, Harmakhis, Horo di Behedet.
Come figlio di Iside è Arpocrate (Horus bambino) Harsiesi, (figlio di Iside) Harendotef (Horus vendicatore del padre).

Horus è soprattutto il dio dinastico, è "colui che siede sul trono di suo padre Osiride e nel quale ogni sovrano vivente si identifica.

L'origine di questo dio è oscura, proprio perchè esistevano numerosissimi santuari e in ognuno aveva un nome diverso.

Sembra che all'inizio sia esistito sottoforma di falcone, che identificato nei testi dell'Antico Regno con il "Dio Grande" veniva considerato dio del cielo e perciò assimilato ad un animale che viveva nel cielo.
Parallelamente all'unificazione politica dell'Egitto, ci fu un'unificazione anche degli dei e Horus venne identificato con RA nella forma Ra-Hrakhte (Horus dell'orizzonte) rappresentato in epoca tinita come un uomo dalla testa di falcone, che sembra sia stato l'Horus di Letopolis (II nomos del Delta) chiamato Hor Khenti irti, "Horo che preside ai due occhi, cioè il sole e la lna.

A Behedet (l'attuale Damanhur, nel XVII nomos del Delta) troviamo un Horus chiamato l'ANtico (o il Grande) Horoeris confuso con l'Horus di Chemmis detto il Giovane (o il Fanciullo) Arpocrate.
Questo Horus, figlio di Iside ed Osiride, ebbe un ruolo determinante nella lotta tra Seth ed Osiride.
Un'antica leggenda che si trova nei Testi delle Piramidi, racconta che Iside sotto forma di avvoltoio si posò sul cadavere di Osiride, concepì Horus e lo allevò perchè vendicasse la morte di suo padre.
Horus, diventano adulto, provocò Seth che reagì strappandogli un occhio durante un combattimento, ma Horus lo riprese, vinse Seth e lo evirò.

A questo punto l'assemblea degli dei pose Horus sul trono di suo padre, mentre per Seth ci fu la condanna a portare Osiride eternamente.

Quando l'Egitto si divise nuovamente alla fine del periodo predinastico, Horus rimase divinità ufficiale dell'Alta Egitto, a Nekhem (Hierakonpolis).

In Alto Egitto c'era un altro santuario di Horus, quello di Edfu.
Il faraone era considerato l'incarnazione di Horo e ciò legittimava il suo regno.

Imset

Figlio di Horus, dalla testa umana. Dio funerario, rappresentato sul vaso canopo contenente il fegato. E' posto sotto la protezione di Iside.
Iusaas Moglie del dio Atum.

Iside

E' la grande maga, la dea madre e regina. Osiride ne è lo sposo-fratello, Horus il figlio. Il nome Iside significa "il trono".

Khepri Nome che indica l'aspetto mattiniero del sole, generalmente rappresentato come scarabeo.

Khonsu

Dio di Tebe associato alla luna. Con Amon e Muth formava la triade di Tebe.
La storia di Khonsu

Khnum

Dio caprone di Hypselis, Esna ed Elefantina, inventore degli uomini (modellati al tornio del vasaio) e, come "Signore della cascata", regolava le piene del Nilo.

Maat

Simbolo della verità e della giustizia. Figura nella cerimonia del giudizio del defunto. Dea della "regola" a cui dovevano attenersi uomini, re e dei.

Min

Dio della terra e della fecondità, appellativo di Horus. Era il dio locale di Coptos e della regione desertica tra il Nilo ed il mar Rosso, come pure di Panopolis. Veniva sempre rappresentato come dio itifallico.


Montu


Dio guerriero, patrono della guerra e delle sue arti.

Mut Dea di una località vicino a Karnak, dove si eleva il suo tempio.

La si raffigura sotto forma di donna o di avvoltoio.
I copricapi delle regine, che presentano spesso le ali e una testa di avvoltoio, si intitolano alla dea, sposa di Amon.

Nefertem

Dio della regione di Menfi. Era figlio di Ptah e Sekhmet.

Nefthi Dea di Diospolis Parva.

Figlia di Geb e Nut, sorella di Osiride, Iside e Seth, di quest'ultimo anche sposa (pur non innamorata) e madre di Anubi.

Dea di Sais.

Il suo culto, di derivazione tribale, continua in età storia, quando diventa la divinità funeraria nota con il nome di Mehurt. Dea creatrice della guerra, in seguito dea della caccia. A Esna era compagna di Khnum.

Nekhbet

Dea avvoltoio di El Kab. Era associata alla regalità.

Nun Massa liquida primordiale da cui é emerso il dio-sole Atum-Ra.
Oltre che nei miti della creazione compare in quello della distruzione del genere umano come la divinità che consigliò a Ra di inviare il proprio occhio contro i ribelli.

Nut Dea del cielo, sorella e sposa di Geb, madre di Osiride, Iside, Seth e Nefthi.

Osiride
Dio di Busiride.E' il dio-re dell'Egitto,lo sposo-fratello di Iside e il padre di Horus.
Dopo la morte regna sull'aldilà dove, oltre che sovrano, è giudice supremo.
Come dio della vegetazione viene spesso rappresentato in forma di mummia da cui germogliano delle piante.

La storia di Osiride

Osiride comparve per la prima volta a Busiris, dove prese il posto del dio-pastore Andjeti assimilandone tutti gli attributi.

La più antica versione delle gesta osiriane si trova nei Testi delle Piramidi dove il dio viene integrato all'Enneade eliopolitana e presentato come figlio di Geb e di Nut e fratello di Iside, Seth e Nefti. Seth, aiutato da Thot, fa morire Osiride, succeduto a suo padre Geb, per usurpagli il trono celeste. Allora Iside e Nefti cercano il corpo del fratello e, ritrovatolo, lo consegnano ad altri dei perchè gli restituiscano la vita.

Alcuni elementi della leggenda osiriana appaiono comunque in epoca più tarda, tra questi l'imbalsamazione ad opera di Anubis di cui si parla in uno dei Testi dei Sarcofagi ( Medio Regno ). Tuttavia, dal momento che i Testi delle Piramidi non pretendono di riportare la leggenda nel suo insieme, ma si limitano ad accennare ad alcuni dei suoi episodi, sembra che numerosi elementi, reperibili unicamente nel mito riportato da Plutarco ( trattato su Iside ed Osiride), debbano risalire ad un epoca più antica.

Nell'opera plutarchiana, Geb e Nut hanno, oltre ai quattro figli di cui parlano i Testi delle Piramidi, un quinto figlio, Haroeris ( Horo il primogenito ) e i cinque parti divini avvengono uno dopo l'altro nei cinque giorni epagomeni. Presto Osiride succede la padre Geb e regna al fianco della sua sposa sorella-sposa Iside, apportando agli uomini la conoscenza dell'agricoltura e delle pratiche religiose.

Geloso del regno benefico del fratello, Seth, assieme a sessantadue congiurati, richiude Osiride in un baule, nel corso di un banchetto, e lo getta nel Nilo. Iside parte alla ricerca della bara, che le onde hanno spinto fino alle sponde fenicie di Byblos dove un'erica vi ha germogliato. Il re di Byblos fa trarre dalla bella pianta un pilastro e Iside, giunta nella città, se lo fa offrire in dono insieme alla bara da cui l'erica era spuntata e lo porta con sè nelle paludi di Chemnis, presso Buto, dove ella dà alla luce Horo.

Seth, essendo venuto al corrente dei fatti approfitta di una assenza di Iside per impossessarsi della bara, ridurre il corpo di Osiride in quattordici pezzi e spargerli per tutto l'Egitto. Iside, ricomincia il suo viaggio alla ricerca delle membra del suo sposo e ogni volta che ne trova un pezzo lo seppellisce sul posto e vi fa erigere dei santuari. A questo punto la leggenda conosce la possibilità di due epiloghi diversi: l'uno vuole che Osiride rimanga nel regno dei morti e ne diventi il sovrano; l'altro, che Thot, Anubi, Iside e Nefti riuniscano i pezzi del suo corpo smembrato e lo rendano immortale attraverso la mummificazione.

Le due versioni, hanno fatto in modo che si costituisse la leggenda di un Osiride sovrano divinizzato ma, a questo punto, è intervenuto un fattore determinante: il sovrano Osiride comincia a distinguersi per il forte contrasto che intercorre tra la sua condotta in vita e l'efferatezza della sua morte, ed è esattamente questa componente a decretare la fortuna e la diffusione della sua leggenda. Gardiner ha sottolineato fortemente la relazione che intercorre tra il mito osiriano e il carattere specifico della monarchia egiziana.

Infatti, il dio è sempre rappresentato come sovrano dell'Egitto nella sua interezza, nonostante non rechi che la corona bianca del Sud. Egli viene sempre considerato come il re morto che diventa dio, mentre il suo successore è l'incarnazione di Horo, il figlio di Osiride. Le feste osiriane, che si tenevano alla fine dell'inondazione,, assunsero soltanto tardivamente un carattere agrario, in quanto furono da principio celebrazioni della resurrezione del sovrano defunto in suo figlio.

Il cerimoniale relativo alle feste di resurrezione dunque, rinnovava la storia mistica di osiride e di Horo, leggenda in cui trovavano la loro giustificazione e le loro radici altri elementi legati al culto osiriano. Osiride è in relazione con le acque del Nilo alle quali il suo corpo dona la forza fecondatrice. In alcune versioni della leggenda infatti, invece di discendere il Nilo in un bara di fortuna, Osiride viene direttamente annegato nel fiume; inoltre, quando Seth lo fa a pezzi, il suo membro virile non viene ritrovato perchè, caduto nel Nilo, è stato divorato dall'ossirinco, pesce che nel nomos omonimo veniva assimilato a Seth. Dio fecondatore, Osiride è anche signore della vegetazione e, come questa, muore nel periodo dell'inondazione per rinascere a primavera, dopo aver soggiornato sottoterra come il grano seminato.

Questo specifico aspetto era tenuto in gran conto dagli Egiziani che, in occasione della festa del dio, che aveva luogo prima della semina, riproducevano con il limo un modello del suo corpo e vi ponevano all'interno dei semi destinati a germogliare ricoprendo la statuetta di fitte foglioline. Nelle tombe sono stati ritrovati numerosi esemplari di questo tipo di oggetto votivo. Inoltre, la speculazione eliopolitana ha fatto di Osiride un dio cosmico.

Tale concezione si spiega solo se si ammette che, dall'epoca predinastica, il sovrano defunto fosse assimilato ad Osiride. Una simile assimilazione del resto fu subito inserita nel quadro del dogma del destino solare del re: quest'ultimo raggiunge Ra nel cielo, mentre Osiride riveste nello stesso tempo il carattere divino del re morto. Alla fine dell'Antico Regno Osiride venne anche assimilato al "Dio Grande" (dio celeste) come, prima di lui, Horo, Questa concezione è legata inoltre a quella di Osiride dio dei morti. Il re defunto continua a regnare nel mondo interno, che è immagine del mondo terreno, come Osiride morto regna in questo mondo "antipodico".

D'altro canto visto che il sole illumina il mondo dei vivi e la luna quello dei morti, Osiride fu identificato anche con la luna (Aah). Sicuramente la dottrina del sovrano che continua a vivere e a regnare nell'al di là fece sì che alla fine Osiride diventasse anche dio dei morti e che venisse identificato con le divinità funerarie delle città egiziane, primo tra tutti Khentiamentiu, "il Signore (colui che presiede) degli Occidentali" ad Abido, nei pressi di This che sarà la culla delle prime dinastie tinite.
La morte di Osiride e la sua resurrezione conoscevano una riproduzione rituale. La resurrezione in particolare era resa con la rappresentazione del ritorno del dio su di una barca sacra tra il gran giubilo della folla.

Ptah
Dio di Menfi e creatore dell'universo.
La sua esistenza sarebbe precedente a quella di Atum-Ra.
Patrono degli scultori e dei forgiatori, il suo animale sacro era il toro Apis.
Quebhsenuf Figlio di Horus, dalla testa di falcone. Dio funerario, rappresentato sul vaso canopo contenente l'intestino. E' posto sotto la protezione di Selket.


Renenutet

Era la divinità della regione del Fayyum venerata come "Signora della Terra fertile" e "Signora dei granai" alla quale Amenemhat III dedicò un tempio a Medinet Ma'adi. La dea della fertilità e del raccolto era rappresentata sotto forma di cobra o di donna con testa di cobra e spesso veniva raffigurata con un bambino tra le braccia, il dio dell'orzo Nepri.

Selkis


Appartiene alla cerchia delle dee maghe, associate a Iside. Dea scorpione, era appresentata come scorpione a testa di donna o come donna con uno scorpione in testa. Secondo le leggende locali era la madre di Harakhte (il sole all'orizzonte) e sposa di Horus.

Satet
Dea di Elefantina e sposa di Khnum.

Sekmet
Dea di Rehesu,era la dea della salute e del male nello stesso tempo,patrona della guerra della medicina.
Raffigurata in forma leonina è ritenuta sposa di Ptah. Era legata a Bastet,la dea gatta, nella quale si riteneva si fosse trasformata.

Seshat
Dea del destino.


Seth

Dio di Ombos,fratello e sposo di Nefthi.
Dio della siccità e del cattivo tempo,potenza distruttrice,simbolo del male.
Secondo la leggenda fu l'uccisore di suo fratello Osiride. Viene raffigurato come un animale indefinibile,forse perché oggi è estinto,una via di mezzo tra un asino e un cane.

Shu
Dio dell'aria secca, figlio di Atum-Ra e gemello di Tefnut. Genera Geb e Nut.

Sobek
Dio coccodrillo del Fayum e di Kom Ombo, connesso alle acque ed alla fertilità. Più tardi dio creatore.


Sokar

Dio della necropoli menfita, patrono della metallurgia e dei fabbri

Tefnut
Dea di Oxyrhynchos. Dea dell'aria umida, figlia di Atum-Ra e gemella e sposa di Shu.

Thot
Dio di Hermopolis.Dio della saggezza,messaggero degli dei. Nell'oltretomba assiste alla pesatura del cuore del defunto.

Rappresentato prima con la testa di babbuino e successivamente con quella di un'ibis è il dio della scienza, della scrittura, delle arti magiche e delle fasi lunari.

Tueret Dea ippopotamo, protettrice della casa e della gravidanza.
Uaget Dea serpente di Buto, era patrona della regalità e associata a Nekhbet nei titoli del faraone.
Upuaut L'apritore di strade.

Storie di dee

Divinità dell'antico Egitto

Il pantheon delle divinità dell'Antico Egitto era estremamente ampio e variegato, ed anche quando, per un breve periodo, si adorò una sola divinità imposta dal faraone, continuarono a rimanere attivi i culti locali minori. Questo volume, tratto dal "Dizionario enciclopedico delle divinità dell'Antico Egitto", raccoglie le divinità più significative, sia per l'importanza che hanno avuto nella storia della religione egizia, sia per le curiosità legate ai loro riti.

Libro dei morti





Il Libro dei morti era un papiro sul quale gli antichi egizi scrivevano in geroglifico formule magico-religiose che dovevano servire al defunto nel suo viaggio nell'aldilà, per consentirgli di "vivere" ancora nel mondo ultraterreno.

Si tratta, generalmente, di formule e di racconti incentrati sul viaggio notturno del Dio sole (nelle sue diverse manifestazioni) e della sua lotta con le forze del male (tra cui il serpente Apofi) che tentano, nottetempo, di fermarlo per non farlo risorgere al mattino.

In particolare il testo doveva servire a preparare la testimonianza sulla sua condotta in vita, che il defunto doveva fornire davanti al giudizio di Osiride. Il papiro era poi posto nella tomba, o a volte direttamente nel sarcofago, assieme ai tesori e alle suppellettili ritenuti necessari per l'anima in viaggio.

Inizialmente i testi venivano tracciati sulle pareti della camera sepolcrale. Nel Medio regno si usò dipingere i geroglifici sul sarcofago, e solo a partire dalla XVIII dinastia si impiegarono i papiri.

In questo modo sono giunti agli egittologi innumerevoli testimonianze sulle pratiche di mummificazione e sul culto dei morti in generale di molte dinastie.

Chiamato dagli antichi egizi Libro del ritorno nel giorno, il Libro dei Morti è, fondamentalmente, una raccolta di detti, epitaffi, formule, che risalgono agli antichi Testi dei sarcofagi e Testi delle Piramidi. Antecedentemente utilizzati per le sepolture “comuni”, se ne trovano ampi stralci nelle anticamere di molte tombe della Valle dei Re del periodo ramesside. Il Libro dei Morti è riportato nelle seguenti tombe della Valle dei Re (riportate in ordine cronologico di regno dei "Titolari", ove noti):

* Merenptah, XIX Dinastia, tomba KV8;
* Tausert e Sethnakht, XIX – XX Dinastia, tomba KV14;
* Ramses III, XX Dinastia, tomba KV11;
* Ramses IV, XX Dinastia, tomba KV2;
* Ramses VI (in origine scavata per Ramses V), XX Dinastia, tomba KV9.


Altri libri del medesimo tipo, con valenza funeraria, sono:

* il libro dell'Amduat;
* le Litanie di Ra;
* il Libro delle Porte;
* il Libro delle Caverne;
* il Libro del Paradiso;
* il Libro della Terra.


1 - LE PIRAMIDI E LA SFINGE

Le piramidi fin dall’antichità hanno rappresentato, insieme alla Sfinge, uno dei più grandi misteri dell’antichità. Secondo gli studiosi, costruite a partire dal III millennio a.C. dai faraoni della III dinastia, secondo altri invece, molto più antiche. Maestose tombe faraoniche, oppure le piramidi avevano qualche altro utilizzo? Prima delle piramidi, i nobili e i funzionari di grado elevato si facevano tumulare in sepolcri rettangolari dal coperchio piatto, costruiti con mattoni di fango, alti circa 3 metri noti con il nome di Mastabe. Djoser, faraone della terza dinastia, si servì della mastaba come modello ma volle che fosse gigantesca; cambiò più volte progetto, ingrandendola sempre più fino ad avere l'idea innovativa. Anziché una sola mastaba il re ne avrebbe avute quattro di grandezza decrescente e sovrapposte. Nacque così la prima piramide, quella a gradoni di Sakkara.

Un successivo passo nella realizzazione delle piramidi si ebbe al finire della terza dinastia con il faraone Snefru il quale tentò di ricoprire una piramide a otto gradoni del suo predecessore con lastre calcaree cercando di dargli forma e si arrivò alla prima piramide dalle pareti spioventi, che poi ispirò anche i faraoni successivi, Cheope, Chefren e Micerino.

Gli studiosi si sono sempre chiesti come abbiano potuto costruire le piramidi gli egiziani, visto che al tempo non disponevano di una tecnologia sofisticata come la nostra e non conoscevano nemmeno la ruota. Eppure si tratta di costruzioni imponenti e architettonicamente perfette al millimetro. Le tecniche di costruzione più accreditate sono tre: una rampa unica che permetteva di trasportare i blocchi dal primo piano fino in cima, una serie di 4 rampe (una per lato) e una rampa a spirale che avvolgeva la piramide stessa.

Per quanto riguarda quasi tutte le piramidi ritrovate (circa 100) le tre tecniche furono utilizzate insieme o alternate, ma per la piramide di Cheope le prime due appaiono impraticabili.

La Grande Piramide raggiunge quasi 150 metri di altezza e ciò significherebbe che i piani inclinati, o rampe, avrebbero dovuto raggiungere una lunghezza compresa tra 1.5 e 3.5 Km e una larghezza tra 8 e 15 metri per mantenere una inclinazione sufficiente a trasportare i blocchi.

La rampa a spirale rimane dunque la soluzione più probabile per la costruzione della Grande Piramide. Essa doveva essere composta da una serie di 16 rampe che avrebbero raggiunto l'altezza di 120m. A questo punto si creava uno spiazzo necessario ad ultimare il lavoro.

Uno storico arabo del IX secolo, Ibn Abd Hock, sulla base di studi effettuati da cronologisti affermò che la Grande Piramide fu costruita da Surid Ibn Salhouk, un antico re egizio vissuto intorno al 10.000 a.C. Alcune leggende copte sembrano avvalorare questa teoria: lo storico copto egiziano Masudi afferma con certezza che il re Surid costruì la Grande Piramide dopo aver sognato un disastro naturale che avrebbe distrutto le conoscenze del suo popolo. Ordinò quindi la costruzione della piramide per preservare le arti e le scienze che dovevano essere iscritte sul rivestimento esterno. Lo storico greco Erodoto narra che la piramide di Cheope, in antichità, era ricoperta da un rivestimento di calcare bianco riflettente, completamente inciso di geroglifici che però gli stessi antichi Egizi non sapevano leggere.

Il sarcofago del re nella piramide è fatto di granito rosso. Tale granito è ancora oggi molto difficile da lavorare con le moderne tecnologie.

Secondo l'ingegnere italiano Mario Pincherle, la Camera del Re si trova al centro dello Zed.

Alcuni fanta-archeologi, clipeologi… spiegano il mistero della costruzione di queste grandi opere ipotizzando che non furono gli Egizi a costruire le piramidi della piana di Giza, bensì gli extraterrestri con le loro astronavi o, per lo meno, facendo uso di apparecchiature extraterrestri.

Altri ancora ritengono che i popoli antichi possedessero il potere di rendere leggera la pietra grazie a poteri ESP (poteri della mente).

La Sfinge, come le tre piramidi di Giza, è oggetto di numerosi studi e varie teorie che la portano ad essere considerata il ritratto di uno tra Cheope, Dedefra e Chefren o, in modo molto affascinante, una costruzione concepita e realizzata dai superstiti di Atlantide.

La Sfinge è alta 22 mt. e lunga 57 mt. ed è stata scolpita in un unico blocco di calcare composto da tre strati di diversa durevolezza. Al suo interno, finora, sono state rinvenute 4 stanze vuote.

La maggiore fonte di discussione è legata alla sua erosione che, per gli egittologi, è dovuta ai venti e all'acqua contenuta nel terreno, mentre per altri (West, Hancock ed altri) è stata provocata dalle frequenti piogge cadute in Egitto.
Vi è dunque una grande differenza tra le due teorie: la prima fa risalire la costruzione della Sfinge intorno al 2500 a.C., la seconda la colloca niente meno che verso il 10.500 a.C., ma nessuna delle due può avvalersi di prove inconfutabili a suo favore.

Nel 1991 si è dimostrato, con una serie di prove geologiche, che essa fu costruita almeno 6.000 anni prima di Cristo e quindi, 3.000 anni prima che avesse inizio la civiltà egizia. La testa della Sfinge, secondo queste teorie, originariamente doveva essere quella di un leone, trasformato poi da Chefren o chi per esso, nel volto di un faraone perché nel 10500 essa vedeva sorgere il sole e sé stessa (la costellazione del Leone). A questo proposito gli egittologi obiettano che, ai tempi degli antichi Egizi, la costellazione del Leone era ancora sconosciuta (fu scoperta e chiamata così dai Greci migliaia di anni più tardi).

Di fronte alle piramidi, Napoleone disse: “Soldati! Da quassù quaranta secoli vi guardano!”

Un detto famoso dice: “L’uomo ha paura del tempo, ma il tempo ha paura delle piramidi!”, per sottolineare la loro longevità.

LO ZED

Lo Zed (Djed), che secondo gli studiosi è il geroglifico rappresentante la colonna dorsale di Osiride, è un simbolo rinvenuto frequentemente nelle tombe egizie. Il suo significato è quello di stabilire un contatto tra il defunto e la vita dopo la morte.

Secondo l'egittologia classica, lo Zed è semplicemente un simbolo con il quale gli Antichi Egizi intendevano rappresentare il dio Osiride. Sarebbe la raffigurazione di un albero che si ricollega alla leggenda di Osiride. Osiride, che rappresenta la resurrezione, verrebbe raffigurato come un albero che, in una zona arida e sabbiosa come il deserto egiziano, prende la vita dal Nilo.

Mario Pincherle, un ingegnere italiano, afferma che lo Zed non è solo un simbolo, ma una vera e propria torre esistita intorno al 10.000 a.C. che, a quel tempo, aveva una notevole importanza. Lo Zed sarebbe stato trasportato dalla Mesopotamia, sua regione d'origine, fino in Egitto tramite carri trainati da 600 buoi (così è scritto in un antichissimo libro di Enoc) e posto sulla cima della piramide a gradoni di Sakkara. In un secondo tempo fu tolto e spostato nel cuore della piramide di Cheope. A prova di questa teoria, vi è il materiale ritrovato sulla sommità della piramide di Djoser.

Infatti vi sono tracce di diorite che è un materiale molto resistente, adatto per sopportare grandi pesi e che perciò sarebbe stato posto in cima alla piramide per un ben preciso scopo, quello di sorreggere lo Zed. Sono stati finora scoperti 3 tipi di Zed: a 5 strati, a 4 strati ed a 3 strati. Pincherle sostiene che ogni strato rappresenta la discesa sulla Terra di un dio: 5- Gesù, 4- Osiride, 3- Krisna, mentre gli altri due rimanenti, dice, si perdono nella notte dei tempi. Sono stati ritrovati Zed a 3 strati risalenti a prima della II dinastia.
Lo Zed sarebbe dunque una torre messianica? Alcuni affermano che lo Zed sia una macchina in grado di rallentare il tempo. La piramide di Cheope sarebbe quindi una macchina per viaggiare nel tempo? Forse un giorno si riuscirà a svelare il mistero dello Zed.

LA MALEDIZIONE DEL FARAONE

Al nome Tutankhamon è legata la più favolosa scoperta d'Egitto. La sua tomba fu infatti ritrovata intatta da Howard Carter nel 1922. La morte di Tutankhamon è avvolta nel mistero. La sua Le immagini del favoloso tesoro e la leggenda della maledizione del faraone fecero il giro del mondo. prematura scomparsa è, per molti, la dimostrazione che il giovane faraone fu assassinato. Alcuni esami effettuati sul cranio di Tutankhamon hanno rivelato la presenza di un buco probabilmente provocato da un corpo estraneo. La calcificazione di tale buco conferma ulteriormente questa teoria. Tutankhamon sarebbe dunque stato ucciso forse perché aveva deciso di seguire le orme del suo predecessore Akhenaton?. Ma da chi? I maggiori indiziati, secondo gli studiosi, sono Ay, suo successore al trono, e Horemheb, successore di Ay e potente capo militare.

Oltre ai misteri legati alla morte di Tutankhamon, ve ne sono altri riguardanti la sua tomba: come fu possibile allestire in così breve tempo una tomba di così grande splendore? Un'ipotesi molto interessante viene promossa da Nicholas Reeves. Egli sostiene che fu il nuovo faraone Ay ad occuparsi, come di rito, della degna sepoltura del suo predecessore. I 9 anni di regno non furono sufficenti a preparare una tomba nuova, per cui Ay decise di adattarne una a Tutankhamon.

Le ricerche di Reeves indicano nelle tombe di Akhenaton e Nefertiti quelle più indicate ad ospitare il corpo di Tutankhamon. I tesori di queste due tombe vennero perciò trasportati in quella di Tutankhamon. Nella tomba del giovane faraone vennero infatti rinvenute statuette dai lineamenti prettamente femminili e incisioni cancellate e adattate al nome di Tutankhamon.

La famosa maschera d'oro, ad un attento esame, presenta una spaccatura tra il volto e il copricapo. Questo, sempre secondo Reeves, dimostrerebbe che la maschera sarebbe stata originariamente quella di Akhenaton a cui sarebbe stato rimosso il volto in modo da applicare quello di Tutankhamon. In questo modo Nicholas Reeves spiegherebbe come fu stato possibile allestire la tomba del faraone nell'arco dei 70 giorni necessari alla mummificazione del corpo.

Quando nel 1922 Howard Carter, accompagnato da Lord Carnarvon (il finanziatore degli scavi), entrò nella tomba del faraone, oltre a vedere “cose meravigliose”, notò anche altri curiosi particolari. Trovò una tavoletta su cui era impressa una maledizione: “La morte colpirà con le sue ali chiunque disturberà il sonno del faraone”. Ma non è tutto.

In un angolo della camera funeraria, trovò un altro piccolo sarcofago, nel quale rinvenne un’altra mummia, ma molto più piccola di quella del giovane Tutankhamon. Poteva essere la mummia del figlio morto precocemente? Sta di fatto che, pur essendo una mummia molto piccola, gli arti di questa erano completamente sviluppati. Ma allora, se non si trattava della mummia del figlio del faraone, di cosa si trattava? Carter fece appena in tempo a fotografare tali reperti, perché durante il trasporto verso il museo del Cairo, sia la tavoletta che la piccola mummia scomparvero per sempre.

Ci sono persone ancor aggi che credono che quella mummia fosse stata quella di un alieno, lo stesso essere extraterrestre già adorato da Akhenaton, il dio per cui questo faraone, pochi anni prima, aveva sconvolto la sfera religiosa egiziana, sostituendo al politeismo, un enoteismo in cui il dio Aton (il disco solare) doveva essere l’unico dio. Comunque sia, la maledizione colpì davvero molti che avevano lavorato allo scavo di questa tomba (la 62 della Valle dei Re).

Lord Carnarvon fu uno dei primi a morire. Quando morì, andò via la luce in tutto il Cairo e a Londra, in quello stesso istante, morì anche il suo cane. Pochi istanti dopo, morì anche il suo segretario in circostanze misteriose. Si cercò di dare una spiegazione scientifica a questa “maledizione”, già anticipata nel 1949 dallo scienziato Louis Bulgarini. Studiosi odierni, partendo da questa sua ipotesi, sostengono che gli egizi usarono per i pavimenti e le mura delle tombe, rocce contenenti uranio.

All'interno di sette antichi monumenti sono state trovate tracce di radon, un gas radioattivo incolore e inodore che si forma in seguito al decadimento dell'uranio. La concentrazione di tale gas era trenta volte superiore alla soglia di attenzione (mentre la soglia limite è di 200 becquerel, la concentrazione nelle tombe è di 816/5809 becquerel).

Tale concentrazione porta vari malesseri ma soprattutto al rapido sviluppo di tumore ai polmoni. Si pensa che nella tomba del Re bambino chiusa da 3000 anni la concentrazione fosse ancora più alta. Ma è anche vero che Howard Carter, l’archeologo che per primo avrebbe dovuto morire, visse invece diversi anni più del suo finanziatore. Morì solo di recente e per vecchiaia, come se la maledizione non l’avesse nemmeno sfiorato. Il mistero della maledizione del faraone rimane così ancora un mistero.

LA TOMBA NUMERO 55

La tomba KV 55 della Valle dei Re è una tomba misteriosa.

Al suo interno, infatti, si trova un sarcofago dall'identità ancora incerta. Tale sarcofago, secondo le ultime ipotesi, sembra sia stato costruito per una donna, probabilmente la regina Teie moglie di Amenophi III. In un secondo tempo fu adattato al corpo di un sovrano come confermano l'ureo, la barba posticcia, lo scettro e il flagello.

La mummia contenuta all'interno, dapprima riconosciuta come quella di una donna, è in realtà quella di un uomo giovane, probabilmente morto intorno ai 25 anni. Alcuni studiosi identificano la salma con il faraone Smenkhara, coreggente di Akhenaton negli ultimi due anni del suo regno. I motivi per cui Smenkhara venne sepolto a Tebe sono da ricercarsi nel possibile tentativo di riconciliarsi con il clero della città dopo la discussa riforma religiosa di Akhenaton.

Una prova, seppur non definitiva, sul fatto che la tomba fosse di Smenkhara, la fornisce Connelly, un famoso radiologo. Egli, dopo aver esaminato la salma trovò analogie sorprendenti tra il cadavere della tomba 55 e Tutankhamon. Infatti gli elementi AZ e MN, che si trovano nel sangue, sono comuni ad entrambe le mummie e una ricostruzione del volto al computer svela una stupefacente somiglianza. I cartigli sul sarcofago sono stati accuratamente cancellati, mentre la maschera funeraria, da cui forse sarebbe stato possibile riconoscere l'identità della salma, è stata asportata per qualche misterioso motivo.

I numerosi oggetti rinvenuti nella tomba la collocano indiscutibilmente nel periodo amarniano (da Tell el Amarna, la nuova capitale voluta da Akhenaton). Qualcuno avanzò l'ipotesi che il defunto potesse essere lo stesso Akhenaton (che però morì intorno ai 40 anni) al quale furono distrutti i cartigli e rovinato il sarcofago in segno di disprezzo per la sua politica anti-tebana come del resto avvenne per tutte le testimonianze del suo regno. Ancora oggi la paternità della tomba e della mummia rimane avvolta nel mistero. Troppi sono stati i saccheggi e i danneggiamenti per stabilirne con certezza l'appartenenza.

Quando fu scoperta la tomba di Akhenaton nel 1880, si pensò che i ritratti della coppia reale ritraessero due donne a causa dell'aspetto non proprio "maschile" del sovrano. Una delle spiegazioni fu che il Faraone soffrisse di un tumore alla ghiandola pituitaria, malattia nota come sindrome di Frohlich. Si spiegherebbe così l'aspetto del re: la malformazione del teschio, la mascella a forma di lanterna, la testa sproporzionata, il collo allungato, grasso depositato in zone tipicamente femminili e gambe sottili. I detrattori spiegano che questa teoria non è giusta poichè un effetto collaterale della sindrome è l'infertilità. Se il Faraone fosse stato realmente ammalato come avrebbe fatto a generare le sei figlie con le quali è raffigurato? Altre voci a sostegno suppongono, però, che forse contrasse il morbo in età avanzata.

UN MISTERO MONUMENTALE

Un altro grande mistero è quello di come gli Egizi abbiano potuto costruire opere che darebbero perfino da torcere agli ingegneri moderni. Opere pesanti centinaia di tonnellate, alte anche fino a cento metri d’altezza. Come fecero a trasportarle per centinaia di chilometri. Fu solo grazie all’opera di migliaia di schiavi o forse i segreti conoscevano segreti ormai andati perduti? E come potevano lavorare a decine di metri nel sottosuolo senza l’ausilio di lampade, nella piena oscurità? Forse, conoscevano delle tecniche ormai dimenticate? Usavano un sistema di specchi? Usavano lampade ad olio? Gli studiosi sono discordi a tal proposito, così come per le tecniche di costruzione usate da questo popolo.

Ad esempio, i colossi di Memnone. Costruiti ognuno in un unico blocco di granito rosa. Pesanti ognuno circa 1200 tonnellate, trasportati fino a Tebe dalle cave di Assuan, distanti all’incirca 500 km. Un tempo facevano parte del grandioso tempio di Amenophi III, oramai andato distrutto. Un tempio maestoso, forse anche più grande di quello di Karnak. Una leggenda greca li attribuisce erroneamente a Memnone, figlio di Aurora, che morì in battaglia durante la guerra di Troia. Da allora, la madre pregò Zeus di far rivivere il figlio ogni mattina per salutare la madre Aurora, al sorgere del sole. Infatti, nell’antichità, le due statue emettevano una sorta di lamento ogni mattina, allo spirare del vento. Dopo che l’imperatore romano Settimio Severo ebbe restaurato i colossi, questi non emisero più alcun suono.

ANACRONISMI EGIZIANI

Con quale scienza, gli antichi faraoni poterono costruire i loro imponenti monumenti, le piramidi e la Sfinge?

Ad esempio, ancor oggi gli archeologi si chiedono cosa usassero in passato gli egiziani per produrre fori perfetti nella roccia. Se ne sono trovati parecchi, tutti perfetti. Sembrano prodotti da un trapano elettrico con punta di diamante, l’unico capace di perforare la dura roccia, eppure, l’attrezzo era sconosciuto in quei tempi. Inoltre, su certe pareti di piramidi e templi, sono presenti certe incisioni raffiguranti misteriosi arnesi dall’uso sconosciuto e degli oggetti simili a lampadine, con tanto di elettrodi e cavi. Gli egiziani conoscevano forse l’elettricità? E, in tal caso, da chi appresero questa scienza?

Edited by demon quaid - 10/5/2016, 22:36
 
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