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L'evoluzione umana

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view post Posted on 23/5/2010, 08:14     +1   -1
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Gli ominidi



Pierolapithecus catalaunicus





Il Pierolapithecus catalaunicus è una specie estinta di primate vissuta all'incirca 13 milioni di anni fa, durante il Miocene, nell'attuale Catalogna, in Spagna (da cui ne deriva il nome). Il Pierolapithecus viene considerato da alcuni un antenato comune dell'uomo e delle grandi scimmie, o comunque una specie che ci porta più vicini ad un antenato comune rispetto ad ogni altro fossile scoperto in precedenza.

La specie fu descritta da un team di paleoantropologi spagnoli guidati da Salvador Moyà-Solà sulla base di alcuni resti fossili scoperti nel dicembre 2002. Il ritrovamento è stato reso noto per la prima volta da una pubblicazione del giornale Science il 19 novembre 2004. I resti consistono in un cranio, alcune costole, vertebre, articolazioni delle mani ed altre piccole ossa. La piccola scimmia a cui appartenevano i resti fossili è stata chiamata Pau, che in catalano signifa sia "Paolo" che "pace", in quanto la scoperta è stata annunciata durante alcune grandi manifestazioni contro la guerra in Iraq.

Dall'analisi dei reperti risulta che il Pierolapithecus avesse sviluppato uno speciale adattamento alla vita arboricola, con caratteristiche morfologiche simili a quelle umane e delle grandi scimmie, anche se ancora miste ad altre più primitive.

L'ipotesi che questa nuova specie sia stata progenitrice di tutte le moderne grandi scimmie rimane controversa a causa del suo ritrovamento in Spagna, mentre tutte le grandi scimmie esistenti vivono nel sud-est asiatico o in Africa, quest'ultimo il continente che ha visto la maggior parte dell'evoluzione delle grandi scimmie e dell'uomo. Tuttavia, il Mar Mediterraneo ha subito frequenti espansioni e contrazioni nel lontano passato, permettendo forse la dispersione di vita animale fra Africa ed Europa: il Pierolapithecus, quindi, potrebbe aver vissuto su entrambi i continenti.

A causa di alcune caratteristiche del volto, è stato suggerito che questa specie sia sulla linea filetica degli umani, agli scimpanzé e ai gorilla, ma non agli orangutang.

Oreopithecus bambolii





L' Oreopithecus bambolii è una piccola scimmia antropomorfa vissuta circa 8,5 milioni di anni fa, nel Miocene. I fossili sono stati ritrovati in Toscana, Sardegna e in Africa orientale.

Sono stati finora ritrovati i reperti di oltre 50 individui nalle miniere toscane di Monte Bamboli, Baccinello (frazione di Scansano), Montemassi (frazione di Roccastrada), Casteani (frazione di Gavorrano) e Ribolla (frazione di Roccastrada) che fanno dell' O. bambolii una delle scimmie fossili meglio rappresentate.

Etimologia


Il nome scientifico Oreopithecus viene dal Greco ὄρος, oros= "monte" e πίθηκος, pithekos= "scimmia" e significa quindi "scimmia delle montagne".

Ritrovamenti


In seguito a degli scavi presso la centrale termoelettrica di Fiume Santo, nelle vicinanze di Porto Torres (SS), il dottor Mario Doria e Marzio Lamberti, due patiti esploratori, scoprono dei frammenti ossei. Li consegnano al professor Sergio Ginesu ed alla dottoressa Stefania Sias della Facoltà di Scienze Naturali di Sassari, i quali, in collaborazione con l'Università di Liège e con il professor Jean Marie Cordy, hanno stabilito un'età per i fossili di circa 8,5 milioni di anni.

I resti consistono in un frammento di mandibola con qualche dente attaccato e qualcun altro sparso, trovati a cinque metri di profondità. L'essere a cui appartengono i resti viene chiamato familiarmente "Proto".

L'unico altro sito certo in cui tali resti sono venuti alla luce è quello del borgo minerario di Baccinello, vicino Grosseto, nel cui territorio si trova Montebamboli (che dà il nome alla specie). Qui, nel 1958 è stato scoperto uno scheletro particolarmente completo, anche se schiacciato, di Oreopiteco: il reperto toscano viene oggi chiamato familiarmente "Sandrone".

Caratteristiche

Il peso dell' Oreopithecus bambolii poteva oscillare tra i 30 e i 35 kg. Aveva un muso relativamente corto, ossa nasali rialzate, neurocranio piccolo e globulare, orbita oculare verticale e ossa facciali sottili. La morfologia dei molari indica una dieta consistente soprattutto di foglie di alberi. La parte inferiore del muso piuttosto robusta, con una grande superficie di attacco per il muscolo massetere e una cresta sagittale per l'attacco del muscolo temporale, indicano un apparato masticatorio possente.

I denti erano molto piccoli in proporzione alle dimensioni del corpo. La mancanza di diastema (separazione) tra il secondo incisivo e il primo premolare della mandibola indica che l' Oreopithecus aveva dei canini di dimensioni paragonabili al resto della sua dentizione. In molti primati, la presenza di canini piccoli è correlata con una ridotta competizione tra i maschi per la conquista delle femmine e un dimorfismo sessuale poco accentuato.

Il suo habitat sembra essere stato più in zone acquitrinose che nelle foreste o nelle savane. L'anatomia postcraniale mostra adattamenti sia ad una vita arbicola sospesa che a una deambulazione bipede. I tratti funzionali relativi alla locomozione in sospensione includono un torace ampio, un torso corto, dita lunghe e affusolate e estesa mobilità in tutte le articolazioni. Mostra nel contempo adattamenti alla postura eretta come la presenza della curvatura lombare, non presente in altre specie simili dello stesso periodo. Poiché i fossili sono datati a circa otto milioni di anni fa, questo rappresenta una apparire molto precoce della postura eretta. Non è ben chiaro però quando fosse effettivamente in grado di camminare in posizione eretta, mentre le braccia e le sue dita sembrano mostrare un adattamento all'arrampicarsi e al penzolare.

Sahelanthropus tchadensis



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Sahelantropus tchadensis è una specie di ominide risalente a 6 o 7 milioni di anni fa, cioè tra i primi antenati dell'uomo.

Ritrovamenti

Localizzazione del ritrovamentoIl 19 luglio 2001 lo studente universitario Ahhounta Djimdoumalbaye, facente parte di un team di paleontologi e geologi coordinati da Michel Brunet dell'Università di Poitiers (Francia), trova un cranio fossile di una nuova specie di ominide nel deserto del Djurab nel Ciad. In seguito il team riporta alla luce anche una mandibola con alcuni denti, e si tratta della prima scoperta del genere nell'Africa centrale.

L'anno successivo, l'11 luglio, la rivista scientifica Nature presenta ufficialmente il fossile a cui viene dato il nome Sahelantropus tchadensis: sia il nome del genere che della specie sono unici, perché unici sono i tratti del teschio e della mandibola. Ma subito le autorità del Ciad battezzano l'ominide "Toumaï", che in lingua Goran significa "speranza di vita" e di solito la parola viene usata per indicare i bambini nati prima della stagione delle piogge.

Caratteristiche

I pochi resti ritrovati (un piccolo cranio, cinque frammenti di mascella e alcuni denti) vengono datati fra i 6 ed i 7 milioni di anni fa, e quindi si trovano agli albori della linea evolutiva che ha portato all'uomo moderno, come i resti di Ardipithecus kadabba ed Orrorin tugenensis.

"Toumaï" possiede una scatola cranica la cui capacità, tra 340 cm³ to 360 cm³, è molto simile a quella delle scimmie, e ben lontana da quella dell'uomo moderno ( circa 1350 cm³); l'arco sopracigliare, la faccia ed i denti sono sensibilmente diversi da quelli dell'Homo sapiens. A causa delle distorsioni subite dal cranio non è stato possibile ottenere una ricostruzione tridimensionale computerizzata del reperto.

I resti fanno pensare a delle dimensioni corporee simile a quelle degli odierni scimpanzé, ma la mancanza di altri reperti non chiarisce se fosse o meno bipede.

Il tipo di usura dei canini è simile a quello di altre scimmie del Miocene.Sembra che sia stato anche scoperto un femore vicino al cranio.

Orrorin tugenensis





L' Orrorin tugenensis è uno dei più antichi reperti fossili di Hominini finora ritrovati, antenato ancestrale della linea che avrebbe sussessivamente portato agli ominidi e di qui al genere Homo. E' finora il solo rappresentante del genere Orrorin.

I resti fossili furono scoperti nella zona collinosa delle Tugen Hills in Kenya. Attraverso la datazione radiometrica della lava e del tufo vulcanico, la correlazione faunistica e magneto-stratografica, gli strati in cui sono stati ritrovati i resti sono stati datati tra 6,1 e 5,8 milioni di anni fa, durante il Miocene. L' Orrorin potrebbe essere uno dei primi esempi di bipede.

Ritrovamenti

Nel 2001 un team franco-keniota, guidato da Martin Pickford e Brigitte Senut, porta alla luce i resti fossili di una nuova specie di ominide, battezzata Orrorin tugenensis, prendendo il nome dalla parola kenyota Orrorin nome locale di un personaggio mitico che significa "uomo originale" e dalla zona dove è stata scoperta, la formazione di Lukeino nella zona delle Tugen Hills, in Kapsomin (Kenya).

Il primo ritrovamento era un frammento di mascella; tra ottobre e novembre 2000, vennero alla luce in tre differenti località altri dodici resti appartenenti ad almeno cinque individui diversi:(i resti ritrovati)

1 omero
3 femori, di cui uno di piccola taglia
1 falange di mano
2 ossa di mandibola
6 denti


Caratteristiche e interpretazione

Dall' osservazione del femore la specie appare bipede: l'angolo tra la diafisi ed il collo del femore è di circa 120 gradi, come nell' uomo moderno, e ciò avrebbe permesso a questa specie di bilanciare maggiormente il peso corporeo sugli arti posteriori, consentendo così un'andatura bipede (nelle scimmie antropomorfe l'angolo è di 90 gradi e durante la camminata il peso si distribuisce su tutti e quattro gli arti). A parte questa caratteristica, l' O. tugenensis mostra adattamenti alla vita arboricola, come si evince dalle falangi poco ricurve delle mani, in modo diverso però da come fanno le odierne scimmie: il tugenensis probabilmente saliva e scendeva dagli alberi mantenendo la statura eretta a terra. I canini, la cui dimensione è a metà strada fra l'uomo e lo scimpanzé, testimoniano una dieta onnivora basata su frutta dalla buccia coriacea e da piccole quantità di carne. Le piccole dimensioni del terzo molare, secondo gli scopritori, sarebbe poi un indizio di un volto più piatto rispetto a quello di una scimmia. Nel totale il tugenensis appare relativamente più moderno rispetto alla sua età.

È proprio l'età dei fossili trovati a lasciare perplessi gli studiosi: la datazione preliminare si attesta su circa 6 milioni di anni, facendo del tugenensis uno dei ritrovamenti più antichi fra gli antenati della linea umana, se si considera che l' Ardipithecus ramidus è datato intorno ai 4,4 milioni di anni e l' Australopithecus afarensis (la famosa Lucy) intorno ai 3,2 milioni di anni. Gli unici altri reperti che hanno una data così antica sono l' Ardipithecus kadabba, scoperto nel 2000 ad Addis Abeba, ed il Sahelanthropus tchadensis, scoperto in Ciad nel 2002. Ma non tutti gli studiosi concordano con le datazioni.

Tramite la teoria dell' orologio molecolare, la separazione fra la linea evolutiva che ha portato all'uomo e quella che ha portato agli scimpanzé viene fatta risalire proprio intorno ai 6 milioni di anni fa, ed i tratti tipicamente umani del tugenensis fanno ritenere che esso si collochi all'inizio di questa separazione.

Gli scopritori dei reperti tendono a porre Orrorin tugenensis alla base della linea evolutiva umana senza riserve, mentre molti altri paleoantropologi, come Ron Clarke dell'Università di Witwatersrand a Johannesburg (Sudafrica), nutrono seri dubbi sull'esatta interpretazione dei resti fossili. Nuove indagini confermano l'antichità biomeccanica del bipedalismo, condivisa con Australopithecus e sostanzialmente invariante per 4 milioni di anni, fino alla base della linea evolutiva del genere Homo

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:00
 
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Ardipithecus kadabba





Il 12 luglio 2001 un team di scienziati dell'Università della California a Berkeley, dalle pagine della rivista Nature, annunciano di aver trovato dei reperti fossili di eccezionale antichità: ai resti viene dato il nome Ardipithecus ramidus kadabba. In realtà la scoperta, alcuni denti fossilizzati, è avvenuta l'anno precedente nella località di Asa Koma ("collina rossa" in amarico), lungo il margine occidentale del medio Awash, a 289 chilometri da Addis Abeba, ma è servito del tempo per analizzare il ritrovamento.

Ritrovamento


Fossili di Ardipithecus kadabbaIl dottor Yohannes Haile-Selassie del Museo di Storia Naturale di Cleveland, appartenente al team di cui sopra, è contrario alla teoria vigente secondo la quale il kadabba sarebbe una sottospecie dell'Ardipithecus ramidus. Infatti il ritrovamento nel 2002 sempre ad Asa Koma (Etiopia) di una mascella e di sei denti del kadabba, permette a Haile-Selassie di sostenere che quest'ultimo sia molto più antico. I reperti infatti sono stati estratti da depositi di roccia vulcanica datata con il metodo Argo/Argo tra i 5,54 e i 5,77 milioni di anni, mentre la specie Ardipithecus ramidus viene datata a 4,4 milioni di anni fa: ecco perché l'Ardipithecus kadabba può essere considerata specie ben distinta.

Il dottor Haile-Selassie descrive il kadabba come la probabile prima specie del ramo umano subito dopo la separazione evolutiva dalle linee che l'uomo ha in comune con scimpanzé e bonobo.

L'Ardipithecus kadabba mostra la postura eretta e la dimensione di un odierno scimpanzé; possiede lunghi canini usati probabilmente utili per combattere, come ancora oggi fanno molte scimmie.

Altri ritrovamenti, però, sono datati allo stesso periodo del kadabba: il Sahelanthropus tchadensis, ritrovato nel 2002 in Ciad, e l' Orrorin tugenensis, scoperto in Kenya nel 2001. Secondo il dottor Haile-Selassie i denti dei tre sarebbero molto simili e proverebbero l'appartenenza alla stessa specie, ma l'analisi trova obiezioni nel mondo scientifico.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:00
 
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Ardipithecus ramidus





L'Ardipithecus ramidus è un ominide scoperto nel 1992-1993 nel sito di Asa Koma, nella valle del medio Awash, nella depressione dell'Afar in Etiopia.

In letteratura sono riportate due specie di Ardipithecus, l' A. ramidus, vissuto circa 4,5 milioni di anni fa all'inizio del Pliocene e l' Ardipithecus kadabba datato a 5,6 milioni di anni (tardo Miocene).

Ritrovamenti

Il merito della scoperta va a Tim White e a due suoi allievi, Berhane Asfaw e Gen Suwa. I resti ritrovati di Ardipithecus ramidus (ARA-VP siti 1, 6 e 7) risalgono a circa 4 milioni e mezzo di anni fa. Si tratta di 17 individui differenti. Tra i fossili i denti di diversi individui, una parte della mascella inferiore di un bambino, i frammenti di un cranio e parti delle ossa del braccio di tre individui differenti. Le ossa delle articolazioni superiori, in particolare, rivelano delle caratteristiche anatomiche più vicine ai Primati non umani che al genere Homo. Si tratta in effetti di una specie molto prossima alle scimmie, nell'aspetto come nelle abitudini. Recenti scoperte hanno permesso di porre questa specie in continuità filogenetica con il Genere Homo, dunque Ardipithecus sarebbe, in senso evolutivo nostro diretto antenato.

Ardi

Il 2 ottobre 2009 viene pubblicata una ricerca dalla rivista Science, da uno studio svolto in Messico condotto dall’americano Giday WoldeGabriel, che afferma il ritrovamento nel sito di Aramis (deserto dell' Afar in Etiopia) e la ricostruzione parziale di uno scheletro femminile di Ardipithecus ramidus che comprendeva il cranio, i denti, le pelvi, le mani e i piedi vissuta nella desertica regione dell'Afar in Etiopia, aveva una scatola cranica piuttosto piccola, pesava sui 50 chili ed era alta 120 centimetri.

La datazione radiometrica degli strati di cenere vulcanica dei depositi dove furono ritrovati i resti fossili, ha rivelato che Ardi era vissuta 4,4 milioni di anni fa. Questo fossile è dunque ben più antico della famosa Lucy, l' Australopithecus afarensis ritrovato a soli 74 km di distanza, e considerato fino a quel momento il più antico ominide, ma che è datato a 3,2 milioni di anni fa.

Dalla forma delle pelvi e degli arti, gli studiosi ritengono che Ardi fosse potenzialmente in grado di camminare in forma eretta sul terreno; la presenza di un alluce mobile nel piede indica invece che utilizzava tutti e quattro gli arti quando si arrampicava sugli alberi.L' A. ramidus aveva quindi una capacità di deambulazione molto più primitiva dei successivi ominidi.

I denti meno specializzati di quelli delle moderne scimmie, suggeriscono che fosse un onnivoro.

Australopitecus



australopithecus1



La specie più antica che conosciamo è quella dell'australopiteco, cioè le scimmie dell'emisfero australe, che quasi sicuramente vissero in Tanzania ed in Etiopia per almeno 3 milioni di anni, finché non si estinsero circa 1 milione di anni fa. L'australopiteco non era capace di costruire utensili, ma utilizzava ciottoli per scopi semplici come spezzare o percuotere; inoltre faceva vita di gruppo, dava la caccia ad animali di piccola stazza e raccoglieva uova e semi.

Australopithecus anamensis



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L'Australopithecus anamensis è una specie di ominidi del genere Australopithecus ed è il primo ad avere delle caratteristiche in qualche modo riconducibili a quelle umane: sia la forma dei denti che quella delle ossa sono un indizio della loro attitudine a camminare eretti.

Ritrovamenti

I primi resti di questa specie vennero scoperti da Bryan Patterson nel 1965 a Kanapoi in Kenya, dove venne ritrovata la parte inferiore dell'omero sinistro di un braccio (class. 'KP 271, 4 milioni di anni). Questi fossili vennero in prima istanza attribuiti genericamente alla specie Australopithecus e datati a 4 milioni di anni fa.

L'età è stata attribuita in quanto i fossili sono stati trovati tra due strati di cenere vulcanica del Pliocene datati a 4,17 e 4,12 milioni di anni.

Nel 1994 due paleoantropologi dell'equipe di Meave Leakey scoprirono nella stessa zona altri resti. Peter Nzube rinvenne una mascella inferiore con tutti i denti (class. KP 29281, 4 milioni di anni). Kamoya Kimeu scoprì una tibia (class. KP 29285, 4,1 milioni di anni), mancante del terzo centrale dell'osso. Quest'ultimo ritrovamento costituirebbe la prova più importante della capacità di questa specie di essere bipede.

Etimologia


Nel 1995 il gruppo di Meave Leakey, notando le differenze tra l' Australopithecus afarensis e questi ritrovamenti, assegnò questi fossili a una nuova specie l' A. anamensis, da "anam" che in lingua Turkana significa "lago". Questa specie infatti appariva indipendente e non intermedia alle altre.

Ultime scoperte fossili

Nel 2006 è stato ufficialmente annunciato il ritrovamento di un nuovo Australopithecus anamensis nel nord-est dell' Etiopia. Questi nuovi fossili comprendono il più grande canino di ominide finora recuperato e il primo femore di Australopithecus. I ritrovamenti sono avvenuti nella zona dell' Awash dove si sono rinvenuti molti altri fossili più recenti di Australopithecus, a una decina di chilometri di distanza dal sito del ritrovamento dell' Ardipithecus ramidus, la più evoluta specie di Ardipithecus, data a 4,4 milioni di anni fa, cioè solo 200.000 anni prima dell' A. anamensis e aggiungendo così un altro anello alla catena dell'evoluzione dei pre-ominidi.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:02
 
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Kenyanthropus platyops



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Il Kenyanthropus platyops è ritenuto una specie di hominini estinti del Pliocene, vissuta tra 3,2 e 3,5 milioni di anni fa, i cui fossili sono stati rinvenuti a Lomekwi in Kenia nel 1999.

Ritrovamenti


Fu scoperto da Justus Erus dell'equipe di Meave Leakey, nel 1999 a Lomekwi in Kenia. I resti fossili ritrovati (molto deformati) appartenenti a questa una nuova specie, consistono in una trentina di frammenti di un cranio molto largo e dalla faccia piatta, provvisto di piccoli denti. L'età dello strato in cui sono stati ritrovati stimata è tra 3,5 e 3,2 milioni di anni.

Etimologia

Il nome Kenyanthropus platyops deriva dal greco e significa "uomo del Kenya" "dalla faccia piatta" e fu attribuito dalla Leakey per indicare questa specie, che è anche l'unica finora conosciuta per questo genere.

Caratteristiche e interpretazione

Il cranio del Kenyanthropus platyops.I fossili ritrovati mostrano una larga faccia piatta e ossa del piede che sembrano indicare un'andatura eretta. I denti sono intermedi tra quelli delle scimmie antropomorfe e quelli umani.

Il Kenyanthropus aveva un foro uditivo piccolo, come quello dei moderni scimpanzé e altre caratteristiche comuni agli ominidi primitivi come il cervello piccolo; si differenzia però per le ossa mandibolari alte e un piano piatto dietro all'osso del naso che gli conferisce il caratteristico aspetto a faccia piatta.

Secondo alcuni paleoantropologi il Kenyanthropus non rappresenterebbe un taxon a sè stante, in quanto il reperto di riferimento (KNM-WT 40000) è così deformato e mineralizzato che non è possibile identificare con certezza le sue caratteristiche morfologiche. Potrebbe essere una specie di Australopithecus afarensis, vissuto nello stesso periodo e nelle stessa area, o una specie di Australopithecus e quindi da classificare come A. platyops. Secondo altri, la faccia piatta è simile al reperto KNM ER 1470 dell' Homo rudolfensis, e quindi sarebbe già un antenato del genere Homo. In attesa di ulteriori e più significativi ritrovamenti il dibattito rimane aperto.

Secondo l'antropologo Daniel Lieberman della George Washington University, tra 3,5 e 2 milioni di anni fa c'erano parecchie specie di umanoidi ben adattate alla vita del particolare ambiente in cui vivevano e che si evolsero attraverso una complessa serie di diversificazioni nota come radiazione adattativa.


Australopithecus afarensis





L'Australopithecus afarensis è una specie, ora estinta, di Ominidi del genere Australopithecus. La specie fu identificata a seguito di una serie di ritrovamenti di fossili nella regione di Afar in Etiopia da parte di Donald Johanson e della sua squadra, nella prima metà degli anni settanta.

Nel 1973 Donald Johanson rinvenne i resti del corpo di un Australopithecus, (dal latino australis, "sud", e dal greco πίθηκος (pithekos= scimmia), comprendenti parti di entrambe le gambe, inclusa una articolazione, risalenti a 3,4 milioni di anni fa. Originariamente sembrava che il ritrovamento riguardasse un bambino, ma successivamente si scoprì che si trattava di un individuo adulto.

Lucy

Ricostruzione dello scheletro di Lucy esposta al museo di storia naturale di Cleveland Ricostruzione del teschio di Australopithecus afarensis, esposta al Museo dell'Uomo, San Diego, California.Il 30 novembre 1974, ad Afar, in Etiopia, Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taïeb e Tom Gray rinvennero i resti di un esemplare di femmina adulta, che venne chiamata Lucy, dell'età apparente di 25 anni, vissuta almeno 3,2 milioni di anni fa.
I resti comprendevano il 40% dello scheletro. Particolarmente importanti l'osso pelvico, il femore e la tibia perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse bipede. Lucy, così chiamata dai suoi scopritori in onore della canzone Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles, in amarico è Dinqinesh e significa "Tu sei meravigliosa". Il suo nome in codice è A.L. 288. Era alta 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 kg. Questa piccola donna ha denti simili a quelli umani, ma il cranio è ancora scimmiesco, con una capacità cranica tra i 375 e i 500 cm3. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e fortunatamente nessun predatore ne sbranò i resti, disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, nel corso dei millenni si fossilizzò fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce intatto e ci offre una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo.

Pur essendo perfettamente adatta alla camminata bipede, conduceva ancora una vita in parte arboricola. Si può pensare che salisse sugli alberi per cercare rifugio dai predatori o per trascorrere la notte. Era più piccola del maschio. Si pensa che avesse una vita sociale e vivesse in un gruppo formato da adulti e bambini. I suoi denti erano adatti a un'alimentazione onnivora, basata sulla raccolta di vegetali e la cattura di insetti e lucertole.

Ritrovamenti successivi

Nel 1975 fu fatto un altro ritrovamento più consistente. Si trattava di 13 individui differenti di tutte le età, risalenti ad almeno 3,2 milioni di anni. Le dimensioni di questi esemplari variavano considerevolmente, al punto tale da indurre alcuni scienziati a pensare che si trattasse di due o tre specie diverse. Donald Johanson, diversamente, sostenne che tutti i fossili appartenevano alla stessa specie, in cui il maschio è molto più grande della femmina. Altri invece pensavano che l'esemplare più grande appartenesse ad una primitiva specie di Homo habilis.

Una scoperta interessante venne fatta nel 1978 da Paul Abell a Laetoli in Tanzania. Il ricercatore scoprì due serie di impronte, più una terza su cui vi sono delle incertezze, risalenti ad almeno 3,7 milioni di anni. Le due coppie di orme presentavano delle differenze sostanziali nelle dimensioni, fatto che secondo alcuni ricercatori, confermerebbe lo spiccato dimorfismo sessuale esistente negli Australophitecus. La falcata ci indica un'altezza compresa tra il 1,2 m e 1,4 m. Alcuni paleontologi assegnarono le orme di Laetoli all'Australopithecus afarensis. Tra questi vi furono Suwa e White, che partendo dalle ossa dei preumani di Hadar, ricostruirono un piede in scala e trovarono che si adattava perfettamente alle orme. Per altri due paleontologi, Tobias e Clarke, queste impronte erano compatibili con un piede il cui alluce era divaricato, simile a quello dell'Australopithecus africanus. Bisogna tener presente che il luogo in cui sono state rinvenute le orme è distante 1.500 km da Hadar. La formazione di questo "fossile indiretto" ebbe origine dalla sovrapposizione di uno strato di cenere, formatosi dall'eruzione del vulcano Sadiman, su un terreno molto secco. Su questo agirono delle piogge molto fitte che conferirono alla superficie una straordinaria plasticità, necessaria affinché ne rimanesse il calco una volta calpestata. Sotto l'azione del sole il terreno subì un processo di essiccazione e solidificazione aumentato dalla presenza di carbonati nella polvere vulcanica.

Del 1991 è il ritrovamento di fossili riconducibili all'Australopithecus afarensis avvenuto in Etiopia ad opera di Bill Kimbel e Yoel Rak. La loro età è di 3 milioni di anni. Si tratta di un teschio completo al 70% appartenente ad un grosso maschio adulto. Ad oggi è il più completo di questa specie. Il volume dell'endocranio è di 550 cm3, molto grande rispetto agli altri crani ritrovati. Questa differenza così marcata fornirebbe un'ulteriore prova del loro dimorfismo sessuale.

Settembre 2006: Selam

Ricostruzione di un Australopithecus afarensisSelam, in amarico, significa Pace. All'età della sua morte aveva solo tre anni.

È stata ritrovata proprio nel luogo in cui trovarono Lucy, a Dikika, e per questo è indicata come la figlia di Lucy, anche se cronologicamente ciò è errato. Lucy ha soltanto 3,18 milioni di anni, rispetto ai 3,3 milioni di anni di Selam.

Fino ad ora lo scheletro infantile più "datato" apparteneva a un uomo di Neanderthal (vissuto in Europa tra 130.000 e 30.000 anni fa) e per questo la scoperta di Selam è considerata di grande importanza tra i ricercatori.

Selam sapeva già camminare in posizione eretta, lo dimostrano le sue ginocchia. E ancora si arrampicava agilmente sugli alberi per raccoglierne i frutti, lo confermano spalle e dita.

La scoperta è avvenuta grazie alla collaborazione tra il tedesco Max Planck Institute e l'Università di Addis Abeba e in particolare a Zeresenay Alesmeged, da 5 anni attivo a Dikika, ricercatore etiope presso il Max Planck Institute e autore della sua pubblicazione su Nature.

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Australopithecus bahrelghazali





L'Australopithecus bahrelghazali (Michel Brunet 1995) è una specie fossile di ominide appartenente al genere Australopithecus.

Ritrovamenti


Soprannominato Abel, (in omaggio al geologo Abel Brillanceau scomparso in Camerun) il reperto K 12 (Abel) consiste in un frammento di mandibola ritrovato in Ciad nella valle del Bahr el Ghazal (fiume delle gazzelle) nei pressi di Koro Toro. Questa specie è databile tra 3,5 e 3,0 milioni d'anni fa ed è pertanto coeva dell'Australopithecus afarensis.

La mandibola conserva un incisivo, i due canini ed i quattro premolari. I denti sono molto robusti e ricordano quelli degli Australopithecus dell'Afar dai quali si distinguono per la forma della sinfisi mentoniera e per l'esistenza di tre radici nei premolari invece di due.
A. bahrelghazali apparterrebbe ad una linea evolutiva distinta da A. afarensis. Questo non sorprenderebbe se si tiene conto che la distanza geografica tra Ciad ed Hafar è di 2.500 km.

Ricostruzione ambientale


È il primo Australopithecus rinvenuto ad Ovest della Rift Valley. Il fossile proviene da un'arenaria poco consolidata che appartiene ad una serie sedimentaria di origine fluvio-lacustre. Nel corso della sedimentazione si sono avute fasi di evaporazione, avvenute in periodi asciutti.
La fauna associata comprende pesci gatto di grande taglia, tartarughe terrestri ed acquatiche e coccodrilli dal muso allungato.
Tra i mammiferi: un ippopotamo, un elefante, un rinoceronte, un Hipparion ed un Sivatherium (giraffa con corpo massiccio, collo corto e corna gigantesche) oltre a molte specie di antilopi e un suide.

La presenza di specie acquatiche, terrestri ed anfibie, tipiche di boscaglia e di savana, fanno pensare che le ossa si siano depositate sulle rive di un grande lago, predecessore del lago Ciad, circondato da un simile ambiente.

Australopithecus africanus





L'Australopithecus africanus è una specie di ominidi del genere Australopithecus vissuta tra due e tre milioni di anni fa nel Pliocene.

I reperti fossili indicano che l' A. africanus era decisamente più moderno dell' Australopithecus afarensis, con un cranio di forma di vicina a quella umana, il che permetteva un cervello più grande e un aspetto facciale più umanoide.

Reperti fossili sono stati trovati in Sud Africa a Taung (1924), Sterkfontein (1935), Makapansgat (1948) e Gladysvale (1992).

Ritrovamenti


Molto prima che Donald Johanson e Meave Leakey incominciassero la loro opera di paleoantropologi in Africa, Raymond Dart e Robert Broom avevano scoperto la specie di ominidi nota come Australopithecus africanus.

La prima scoperta fu fatta nel 1924 a Taung in Sudafrica. Il "Bambino di Taung" era un cranio fossile completo di mascelle e di denti. L'età di questo fossile venne stimata tra i 2 e i 3 milioni di anni. I denti dimostrano che si tratta di un bambino di 5 o 6 anni, ma considerando che gli umani maturano meno velocemente forse ne aveva soltanto 3. Il volume del cervello era di 410 cc, e da adulto poteva arrivare ad un volume di 440 cc. Il suo cranio era molto arrotondato mentre i canini erano piccoli, distinguendosi dalle scimmie. La posizione più avanzata del foro occipitale, che nelle scimmie è situato dietro la testa, fece supporre Raymond Dart che questa specie fosse bipede.
Nonostante la fama raggiunta dalla scoperta, la sua interpretazione venne rifiutata dalla comunità scientifica fino alla metà degli anni quaranta, quando vennero scoperti fossili simili.

Il teschio di "Mrs. Ples", il primo esemplare adulto di Australopithecus africanus scoperto. Museo del Transvaal, PretoriaNel 1936 Robert Broom rinvenne a Sterkfontein il secondo fossile di questa specie. La scoperta consisteva in parte delle ossa del volto, della mascella superiore e frammenti della scatola cranica. Questo esemplare prima di essere riconosciuto come Australopithecus africanus venne chiamato Plesianthropus transvaalensis ossia "prossimo all'uomo", in maniera informale "Mrs. Ples".

L'opera di ricerca di Robert Broom a Sterkfontein continuò e nel 1947 scoprì Mrs Ples, che a dispetto del nome era un maschio adulto, risalente a 2.5 milioni di anni. Il teschio ritrovato era in buone condizioni ed il volume del cervello era di 485 cc. Nello stesso anno Robert Broom e J.T. Robinson trovarono una colonna vertebrale quasi completa, l'osso pelvico, diversi frammenti di costole, e parte di un femore di un esemplare adulto di femmina molto piccolo (un esempio di dimorfismo sessuale), datati 2,5 milioni di anni. L'osso pelvico è più allungato rispetto a quello delle scimmie, costituendo un'altra prova del bipedismo di queste specie. Lee Berger, si è convinto studiando l'articolazione del ginocchio che l'andatura di A. africanus era più vicina al modello delle scimmie antropomorfe di quanto non lo fosse quella di Lucy e così ha respinto l'idea secondo la quale l'Australopithecus afarensis avrebbe dato origine all'A. africanus.

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Australopithecus garhi






Ritrovamenti


Nella zona del fiume Awash nella depressione desertica dell' Afar, in Etiopia, dov'erano già stati scoperti i resti dell'Australopithecus afarensis, sono stati trovati dei resti fossili risalenti a 2,5 milioni di anni fa. L'essere a cui i resti appartengono è stato chiamato Australopithecus garhi, dove la parola "garhi" nella lingua afar ha il significato di "sorpresa".

Nel 1996 l'équipe guidata dai paleontologi J. Desmond Clark e Tim D. White della Università di California a Berkeley portò alla luce le ossa di un braccio e di una gamba del piccolo ominide, insieme ad altri frammenti dello scheletro. Nel 1997, Yohannes Haile-Selassie, un altro paleontologo del gruppo, scoprì a 275 metri di distanza i frammenti di un cranio e di una mascella. I resti sono stati poi studiati dal gruppo di ricerca dell'etiope Berhane Asfaw, del Rift Valley Research Service.

Caratteristiche

Secondo gli studiosi, A. garhi possiede caratteristiche sia umane che scimmiesche. Mentre il volto e la mascella sono tipici delle scimmie australopitecine, i denti hanno dimensioni tali da renderli molto simili a quelli umani. Così come il lungo femore, caratteristica umana, si accosta a lunghi avambracci, caratteristica invece degli australopiteci. Dai resti degli otto individui ritrovati, si è stabilito che A. garhi non fosse più alto di un metro e quarantacinque centimetri.

Nello stesso sito del ritrovamento, Jean de Heinzelin, dell'Institut Royal des Sciences Naturelles de Belgique, ha scoperto numerosi resti di cavalli, antilopi ed altri animali con evidenti segni lasciati da utensili. Lo studioso ipotizza così che A. garhi avesse già quelle prerogative del genere Homo, come la macellazione sistematica delle prede, che non si ritenevano esistenti prima di 1,8 milioni di anni fa.

Morfologia


I tratti dei reperti fossili dell' A. garhi, come il BOU-VP-12/130, si differenziano da quelli dell' Australopithecus afarensis e dell' Australopithecus africanus come si può dedurre dal confronto tra la mascella di A. afarensis ritrovata a Hadar e i reperti di A. gahri trovati a Bouri.

L' A. garhi aveva una capacità cranica di circa 450 cm3, dello stesso ordine di grandezza degli altri australopitecini. La mandibole classificata come Asfaw et al. ha una morfologia compatibile con la specie, anche se non è escluso che altri ominini possano essere ritrovati negli stessi depositi. I molari e i premolari mostrano similarità con quelli dell' Australopithecus boisei in quanto sono più grandi delle altre forme di Australopitecini più minuti. Pertanto se l' A. garhi è un antenato del genere Homo, la morfologia maxillofacciale ha subito una rapida evoluzione in un periodo compreso tra 200.000 e 300.000 anni.

Utensili litici


Alcuni primitivi artefatti in pietra lavorata, simili a quelli della tecnologia olduvaiana sono stati ritrovati assieme ai fossili di A. garhi e datati tra 2,5 e 2,6 milioni di anni. Questi utensili sembrano più antichi di quelli utilizzati dall' Homo habilis, ritenuto un possibile antenato diretto dei moderni hominini. Per lungo tempo si era ritenuto che solo i membri del genere Homo avessero avuto l'abilità di produrre utensili sofisticati. Questi utensili piuttosto grezzi mancano ancora delle tecnica che si sarebbe vista nelle più tarde forme dell' Olduvaiano e dell' Acheuleano.

In un altro sito a Bouri, in Etiopia, sono stati scoperti circa 3.000 utensili in pietra datati a circa 2,5 milioni di anni fa.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:08
 
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Australopithecus boisei





L'Australopithecus boisei è una specie di ominide del genere Australopithecus, vissuto tra 2,6 e 1,2 milioni di anni fa nell'Africa orientale durante il Pliocene e il Pleistocene.

Il primo fossile di Australopithecus boisei, inizialmente classificato come Paranthropus boisei e chiamato Zinjanthropus boisei, venne identificato da Mary Leakey nel 1959 nella gola di Olduvai in Tanzania.


Scoperta


La scoperta avvenne il 17 luglio 1959 nella gola di Olduvai in Tanzania, ad opera dell'antropologa Mary Leakey.

Il fossile (OH 5, che sta per Olduvai Hominid number 5), comprendeva un teschio completo, risalente a circa 1,8 milioni di anni, che aveva le caratteristiche corrispondenti ad un Australopithecus robustus. Mary e il marito Louis Leakey classificarono la scoperta come Zinjanthropus boisei, dove Zinj derivava da Zanj, il nome dato dagli Arabi ai neri dell'Africa orientale che riducevano in epoca medievale in schiavitù, anthropus che in greco significa uomo e boisei da Charles Boise, che aveva sovvenzionato il team di ricerca. Essi soprannominarono questo teschio l' Uomo schiaccianoci.

Morfologia

Ricostruzione dell' Australopithecus boisei.L' A. boisei era un abitante della savana e delle boscaglie. Le dimensioni ricostruite per gli esemplari adulti indicano un peso di 65 kg per i maschi, con un'altezza attorno a 130 cm; le femmine pesavano sui 45 kg con un'altezza di 105 cm. Le differenza tra le dimensioni dei due sessi è tipica del dimorfismo sessuale che caratterizza quasi tutte le specie di di australopiteci.

Il volume del cervello probabilmente poteva arrivare a 530 cm³, non era cioè molto maggiore di quello dell' Australopithecus afarensis o dell' Australopithecus africanus.
La struttura robusta del cranio indicava una specializzazione masticatoria e aveva molti tratti in comune con un odierno gorilla. I molari posteriori erano molto grandi, più del doppio di quelli di un uomo moderno.Fu soprannominato "Uomo schiaccianoci" proprio perché i suoi denti sono i più grandi e il suo smalto il più spesso tra tutti gli ominidi finora ritrovati.Questa morfologia cranio-dentale indica una dieta a base di cibi vegetali duri come tuberi, noci e semi. L'analisi del tipo di usura e microfessurazioni dei molari sembra invece indicare che i cibi duri non fossero una componente regolare della dieta dell' A. boisei, ma che venissero utilizzati in assenza di altre tipologie di cibo.

Louis Leakey ipotizzò che questo esemplare potesse essere in qualche modo collegato al genere umano. La comunità scientifica non condivise il suo giudizio.

Altri ritrovamenti


Calco del cranio ritrovato nel 1959 da Mary Leakey e della mascella ritrovata da Kimoya Kimeu nel 1964 .Richard Leakey, figlio di Louis e Mary, negli anni 1969 e 1970 scoprì altri due fossili appartenenti alla stessa specie, entrambi a Koobi Fora nei pressi del lago Turkana in Kenia.
Il primo, KNM-ER 406, era un cranio mancante dei denti, risalente a 1,7 milioni di anni, con una capienza cranica di 510 cm³.
Il secondo, KNM-ER 732, si dimostrò di dubbia attribuzione. Alcune sue caratteristiche lo rendevano più vicino all'Homo habilis, ma le dimensioni del cranio, appena 500 cc., lo rendevano profondamente diverso.
Alcuni scienziati hanno ipotizzato che tale differenza sia da attribuire ad un caso di dimorfismo sessuale.

L'ultimo esemplare appartenente a questa specie, KGA10-525, venne trovato da Awoke Amzaye nel 1993 a Konso in Etiopia.
Il fossile era costituito da molti frammenti del teschio, compresa la mascella inferiore.
La sua età geologica è di 1,4 milioni di anni. Il volume dell'encefalo era di circa 545 cm³, mentre alcuni dei suoi tratti lasciano pensare che questo esemplare rappresenti una variazione nella linea evolutiva in questa specie.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:10
 
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Genere Homo



Distribuzione temporale e geografica delle popolazioni di ominidi, basata sui fossili rinvenutiLa prima specie del genere Homo conosciuta è l' Homo habilis (ca 2 ma). Molto simile all'australopiteco, l' Homo habilis viene già ritenuto uomo per le sue abilità manuali: utilizzava infatti strumenti rudimentali per la caccia.

Un'evoluzione arriva con l' Homo erectus (ca 1 - 1,5 ma). L' erectus ha posizione eretta e una maggior capacità intellettiva, testimoniata anche dal maggior sviluppo della tecnologia rispetto all'homo habilis.

Homo Habilis





L'Homo habilis è una specie di ominide del genere Homo, apparsa nel Pliocene.

Le prime scoperte su questa specie vennero fatte dai coniugi Leakey nei primi anni sessanta nella gola di Olduvai in Tanzania. Questo luogo si è rilevato particolarmente importante per il numero di frammenti ossei rinvenuti negli anni, appartenenti a molte specie diverse. Tra queste vi sono le tracce di alcuni ominidi che già due milioni di anni fa dimostravano di avere capacità "umane". Vicino ai loro resti sono stati trovati moltissimi manufatti di pietra dalla fattura elementare. Per questo motivo si sono meritati l'appellativo di "habilis".

Dotato di una capacità cranica di circa 600-750 cm3, Habilis utilizzava i suoi strumenti per uccidere e squartare le carcasse di animali. Tali manufatti erano ancora abbastanza primitivi, ma il fatto che tali ominidi li costruissero implica delle importanti considerazioni:

Habilis prefigurava la necessità futura di tali oggetti
Habilis sapeva scegliere i materiali disponibili per costruirli
Habilis possedeva l'abilità manuale e cognitiva per realizzarli secondo necessità

Interpretazioni

Si ritiene che l' Homo habilis fosse in grado di padroneggiare gli utensili di pietra del primo Paleolitico. Si trattava degli utensili più avanzati mai usati, e diedero all'H. habilis la capacità di prosperare in un ambiente ostile, in precedenza troppo pericoloso per i primati.

È ancora controverso se l' H. habilis sia stato il primo ominide in grado di padroneggiare gli utensili di pietra, poiché fossili di Australopithecus garhi, datati 2,5 milioni di anni fa, sono stati ritrovati con frammenti di utensili in reperti più antichi di almeno 100.000-200.000 anni dell'H. habilis.

La maggior parte degli esperti sostiene che l'intelligenza e l'organizzazione sociale dell' H. habilis fosse più sofisticata di quella degli australopitecidi e degli scimpanzé. Eppure, nonostante l'utilizzo di strumenti, l'H. habilis non era un abile cacciatore rispetto ad altre specie, poiché le tracce fossili hanno mostrato che, nella sua dieta, mancavano predatori di grandi dimensioni come il Dinofelis, un felino con i denti a sciabola delle dimensioni di un giaguaro. Sembrerebbe quindi che l' H. habilis utilizzasse gli utensili soprattutto per strappare la carne della preda, piuttosto che per difesa o per cacciare.

L' H. habilis era forse l'antenato del più avanzato Homo ergaster, che a sua volta fu l'antenato dell' Homo erectus. Continuano ad esserci dibattiti sulla tesi che l'H. abilis sia stato o meno un diretto antenato dell'uomo, e vi sono anche dubbi che tutti i fossili noti siano stati attribuiti correttamente a questa specie.

L' Homo habilis coesisteva con altri bipedi primati - come il Paranthropus boisei - alcuni dei quali prosperarono per millenni. Tuttavia l' H. habilis, forse a causa dell'utilizzo di utensili e per la sua dieta meno specializzata, divenne il precursore di un'intera linea di nuove specie, mentre il Paranthropus boisei e le specie correlate scomparvero.

La classificazione dell' H. habilis nel genere Homo è tuttora controversa: alcuni paleontologi preferiscono parlare di Australophitecus habilis. Come l'Homo rudolfensis, l'H. habilis mancava di molte caratteristiche tipiche degli ominidi più evoluti, come le ossa delle anche più strette per camminare meglio per lunghe distanze, un sistema di sudorazione più sofisticato, un canale del parto più stretto, gambe più lunghe delle braccia ed era probabilmente ancora abbastanza performante sugli alberi.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:20
 
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Homo rudolfensis





L' Homo rudolfensis è un ominide vissuto circa 2 milioni di anni fa in Africa, in concomitanza con l'Homo habilis. Esso non ebbe una lunga esistenza e fu nettamente soppiantato dal suo rivale evolutivo.


Ritrovamenti


I resti fossili furono ritrovati da Bernard Ngeneo del team di Richard Leakey e Meave Leakey nel 1972 a Koobi Fora sulle rive orientali del Lago Turkana in Kenya. Il nome scientifico Homo rudolfensis fu proposto nel 1986 da Valeri Pavlovich Alekseyev per il campione di riferimento Skull 1470 (KNM-ER 1470)[3] stimato avere un'età di 1,9 milioni di anni.

Caratteristiche

Nel marzo 2007 un team diretto da T. Bromage, antropologo dell'Università di New York, ha ricostruito il cranio KNM-ER 1470. La nuova ricostruzione dava un aspetto da scimmia antropomorfa e ne fu dedotta una capacità cranica di 526 cm³, diminuita rispetto alle precedenti stime di 752 cm³.

Nel 2008 tuttavia la capacità cranica fu riportata a 700 cm³ in base a principi biologici, non precedentemente considerati, che permettono di correlare tra loro gli occhi, le orecchie e la bocca dei mammiferi.

Interpretazione


Il campione di riferimento UR 501, il più antico fossile del genere HomoMentre l' Homo habilis riusciva a fabbricare strumenti con una certa facilità ed era più propenso al miglioramento delle proprie caratteristiche, l' Homo rudolfensis non riuscì veramente ad adattarsi all'ambiente e sparì dalla scena in poche centinaia di migliaia di anni. I resti che permangono a disposizione degli studiosi sono davvero pochi, e ciò quindi non ci permette di capire chiaramente quale aspetto avesse e come si comportasse in società. Era comunque molto simile all'habilis per aspetto e comportamenti, al punto che fu considerato rientrare nella variabilità di questo e a questo unificato come specie; ma si ritiene che fu proprio l' H. habilis la causa principale della sua estinzione.

La sua classificazione è emblematica delle problematiche della paleoantropologia: classificato alla scoperta come specie a sè, è stato poi fatto rientrare nella variabilità di H. abilis, quindi riconsiderato specie a sè. Il dibattito non si ferma tuttavia qui: poiché secondo alcuni studiosi l' H. rudolfensis e l' H. habilis potrebbero rientrare nella variabilità del genere Australophitecus, e d'altra parte il cranio del primo presenta molte affinità con il precedente Kenyanthropus platyops, l'attribuzione del H. rudolfensis sarebbe ancora da definire tra ben 3 generi: Australophitecus, Homo e Kenyanthropus.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:21
 
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Homo ergaster





L'Homo ergaster (capace di attività lavorativa) visse probabilmente tra i due milioni ed un milione di anni fa. Si stabilì in molte zone del continente africano, comprese tra l'Africa orientale ed il Sudafrica. Forse condivise alcuni di questi luoghi con altre specie, come l'Homo habilis, che 1,8 milioni di anni fa era ancora presente presso la Gola di Olduvai.

Classificazione e evoluzione

La dizione di Homo ergaster è applicata a fossili a cui talvolta ci si riferisce più generalmente anche con il nome di Homo erectus o Homo heidelbergensis.

La terminologia H. ergaster è spesso riservata alle popolazioni di Homo erectus che vivevano in Africa; il termine Homo erectus si riferisce ai reperti asiatici, mentre l' Homo heidelbergensis è ormai considerato una specie separata, anche se discendente dall' H. ergaster, in base alle diversi dimensioni del cervello e alla struttura più robusta.

Caratteristiche


La sua corporatura, dimensioni e proporzioni, era simile alla nostra, mentre la distanza dagli australopitechi e dagli altri Homo era abbastanza marcata. "Turkana boy", il Ragazzo di Turkana, reperto (KNM-WT 15000), lo scheletro di un bambino di 10 anni è la prova più importante. La corporatura di questo bambino corrispondeva a quella di un ragazzo moderno più grande di 1 o 2 anni (più in basso nel testo). Il volume encefalico dell'Homo ergaster era maggiore che negli altri ominidi, che in alcuni casi meglio conservati è: 804 cc, 850 cc e 900 cc. In termini relativi questo risultato va ridimensionato. Il cervello dell'Homo ergaster cresce in proporzione al corpo, quindi non si verifica nessun progresso significativo rispetto all'Homo habilis. Tuttavia si verificò un notevole balzo in avanti delle capacità cognitive .Secondo alcuni questo cambiamento fu maggiore nei maschi che nelle femmine, soprattutto riguardo al senso dell'orientamento, alla capacità di ricordare luoghi o la posizione degli oggetti.

Ritrovamenti significativi

Ricostruzione del cranio dell' Homo ergaster in base al fossile del Nariokotome Boy ritrovato presso il Lago Turkana, Kenya. Museum of Man, San Diego.I resti fossili più importanti di Homo ergaster sono principalmente due. Tutti e due sono stati scoperti in Kenia, tra il 1975 e il 1984. Il secondo, scoperto nei pressi del Lago Turkana, è composto da uno scheletro di un bambino di circa dieci anni, (KNM-ER 3733 e KNM-WT 15000). Tali resti risalgono ad un periodo compreso tra gli 1,8 e i 1,6 milioni di anni fa, mentre altri fossili dello stesso periodo sono stati attribuiti ad Homo erectus (OH 9 e OH 12).

KNM-ER 3733.Scoperto da Bernard Ngeneo nel 1975 a Koobi Fora in Kenia. L'eta stimata è di 1,7 milioni di anni. La scoperta straordinaria consiste in un cranio molto completo. Il volume del cranio è di 850 cc., e il teschio completo è molto simile all'uomo di Pechino. La scoperta di questo fossile nello stesso strato di ER 406 (Australopithecus boisei) diede il colpo di grazia all'Ipotesi dell'unica Specie: l'idea cioè che ci poteva essere un'unica specie di ominidi in ogni punto della storia.
KNM-WT 15000, detto "Turkana Boy" o Ragazzo di Turkana. Scoperto da Kamoya Kimeu (della èquipe di Richard Leakey) nel 1984 a Nariokotome vicino al Lago Turkana in Kenia. Questo è uno scheletro completo di un bambino di 11 o 12 anni, l'unica grande omissione sono le mani e i piedi. (Molti scienziati pensano che gli Erectus maturassero più in fretta degli uomini moderni, e "Turkana Boy" quindi avrebbe in realtà soltanto 9-10 anni). È il più completo scheletro di H. ergaster conosciuto, ed è anche uno dei più vecchi, 1,6 milioni di anni. Il volume del cranio era di 880 cc, ed è stato stimato che potesse diventare 910 cc da adulto. Il ragazzo era alto 1,60 m e sarebbe diventato 1,85 m da adulto. Questa è un'altezza sorprendente, indica che molti Erectus potevano essere più grandi degli uomini moderni. Ad eccezione del teschio, lo scheletro è molto simile ad un ragazzo moderno, sebbene potesse avere delle piccole differenze.
L'Homo ergaster sembra essere stato carnivoro a differenza degli altri ominidi.

Linguaggio

Il cranio ritrovato a Dmanisi in Georgia, classificato come D-2282L' H. ergaster, assieme alle altre due varianti Homo erectus e Homo heidelbergensis, fu il primo ominide in grado di articolare il linguaggio. Inizialmente si riteneva che questa capacità fosse limitata ad un'articolazione molto primitiva dei suoni, a causa del restringimento delle vertebre cervicali che appariva dai fossili del Turkana boy. Uno studio più accurato di queste specifiche vertebre nel reperto KNM-WT 15000 rivelò però che l'individuo aveva sofferto dell' arresto nello sviluppo delle vertebre cervicali, che aveva pertanto ridotto la sua capacità respiratoria e di conseguenza anche la capacità di articolare i suoni.

Il recente ritrovamento di una vertreba di H. ergaster normale a Dmanisi in Georgia, confrontata con quella del Turkana boy, ha dimostrato che le dimensioni delle vertebre sono paragonabili a quelle dell'uomo moderno, senza quindi restrizioni alla possibilità di articolazione dei suoni.

È comunemente accettato che già l'Homo habilis avesse una significativa capacità di comunicazione, anche se il suo osso ioide e la struttura delle sue orecchie non erano in grado di supportare un linguaggio parlato, e che l' H. ergaster avesse una forma più avanzata di neurologia comunicativa. E' pertanto plausibile che avesse raggiunto la capacità di gestire una forma di linguaggio.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:33
 
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Homo erectus





L'Homo erectus (dal latino "erectus" = che sta dritto) è una specie di ominidi estinta appartenente al genere Homo.

La sua scoperta risale al 1891, quando nel giacimento di Trinil dell'isola di Giava Eugène Dubois rinvenne una calotta cranica, insieme ad un molare e un femore. Dalle conoscenze fino ad allora accumulate egli desunse che si trattasse di un uomo scimmia, per cui gli diede il nome di Pithecanthropus erectus. Oggi noi sappiamo tuttavia che l'Homo erectus, come è stato poi ribattezzato, era un ominide più evoluto rispetto al genere Australopithecus. Circa 1 - 1,5 milioni di anni fa si stabilì in Asia. La capacità cranica di questa specie è di poco superiore a quella dell'Homo ergaster, cioè varia dagli 813 cc e i 1059 cc.

I manufatti prodotti dagli Homo erectus sono molto semplici: sembra che non conoscessero la tecnica acheuleana, come è emerso anche dai ritrovamenti fatti in Cina, dove tra i numerosi manufatti litici emersi non vi è presenza di bifacciali. Nel 2000 sono emersi una serie di fossili litici nella Cina meridionale, datati tra i 700.000 e gli 800.000 anni fa, che i due scopritori, Huang Weiwen e Rick Potts, propongono di assegnare al modo tecnico acheuleano (pur non essendo bifacciali). Tra le cause di questa mancata evoluzione tecnica vi può essere un impedimento oggettivo, come la mancanza di materiale utile per la costruzione di questi attrezzi o l'impossibilità della trasmissione di questa conoscenza da una generazione all'altra per un motivo a noi sconosciuto.

Un'altra tesi più accattivante è che la colonizzazione dell'Asia sia antecedente alla scoperta delle asce a mano avvenuta in Africa e che i colonizzatori siano rimasti isolati dai loro cugini africani. Negli ultimi anni sono stati fatti degli importanti ritrovamenti che confermano tale ipotesi, anticipando di alcune centinaia di migliaia di anni la colonizzazione dell'Asia. Il più importante è un teschio ritrovato nel 2001 a Dmanisi in Georgia, risalente a 1,8 milioni di anni fa. Con un volume di 600 cc. è il fossile più antico ritrovato fuori dall'Africa; i suoi tratti somatici sembrano essere comuni a quelli degli Homo ergaster africani. Altri fossili sono stati trovati in Cina e a Giava, alcuni dei quali molto antichi, come un cranio infantile senza faccia, risalente a 1,8 milioni di anni e alcuni resti incompleti e deformati, provenienti dall'area di Sangiran, di 1,6 milioni di anni.

OH 9, "Chellean men". Scoperto da Louis Leakey nel 1960 nella Gola di Olduvai in Tanzania. l'età stimata è di 1,4 milioni di anni. Esso consiste in parte della scatola cranica con grossa cresta frontale (?) ed un cervello di 1065 cc.
OH 12, "Pinhead". Scoperto da Margaret Cropper nel 1962 nella Gola di Olduvai in Tanzania. Esso è simile a OH 9 ma è più completo e piccolo, con una scatola cranica di soli 750 cc. La sua età è compresa tra i 600 mila e gli 800 mila anni.


Descrizione


L'Homo erectus aveva una capacità cranica maggiore rispetto all'Homo habilis. L'H. erectus avrebbe avuto una notevole somiglianza con gli esseri umani moderni, ma aveva un cervello di dimensioni corrispondenti a circa il 75% di quello dell'Homo sapiens. I membri della specie erectus erano piuttosto alti. Il dimorfismo sessuale tra maschi e femmine era leggermente più marcato di quello dell'H. sapiens, dato che i maschi erano più grandi delle femmine. La scoperta dello scheletro KNM-WT 15000 vicino al lago Turkana in Kenya da Richard Leakey nel 1984 fu decisiva per la conoscenza della specie.

Utilizzo di utensili ed abilità generali


L' H. erectus usava utensili più diversificati ed avanzati dei suoi predecessori. Si trattava di strumenti di pietra; un'innovazione significativa fu l'utilizzo di asce a doppio filo.

Un sito chiamato Terra Amata, sulla Riviera Francese, era forse occupato da membri della specie erectus, e contiene alcune tra le prime (per quanto controverse) tracce dell'utilizzo di un fuoco controllato dall'uomo. Analoghe tracce sono state rinvenute in Israele. Ciononostante, alcuni studiosi continuano a ritenere che l'utilizzo del fuoco fosse raro nella specie, e che sia stato più caratteristico di specie avanzate del genere Homo - come l' Homo neanderthalensis.

Inoltre, è stata avanzata l'ipotesi che l' H. erectus sia stato il primo ominide in grado di utilizzare zattere per attraversare oceani, ma la tesi rimane controversa.

Aspetti sociali


Antropologi come il già citato Leakey credono che l' erectus fosse significativamente più vicino dal punto di vista della vita sociale agli uomini moderni rispetto ad altre specie precedenti. Va precisato, però, che i fossili dimostrano come l'anatomia delle vie aeree dell' erectus non gli permettesse di produrre suoni di una complessità paragonabile a quella del linguaggio moderno.

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Homo cepranensis



sJZiIRal



Con la denominazione informale di uomo di Ceprano o di Argil ci si riferisce a un cranio umano fossile che secondo il ricercatore Francesco Mallegni apparterrebbe a una specie estinta del genere Homo, di particolare interesse sia per il più antico popolamento dell’Europa sia, più in generale, per l’evoluzione della specie umana.

Descrizione del reperto

Il reperto venne scoperto nel 1994 dall'archeologo Italo Biddittu, direttore del Museo Preistorico di Pofi, nel corso di ricognizioni di superficie effettuate lungo il tracciato di una strada in costruzione nei pressi di Ceprano, in località Campogrande nella bassa valle del fiume Sacco (provincia di Frosinone, Lazio). Biddittu, poiché lo aveva rinvenuto in uno strato di argilla, lo soprannominò Argil. Rinvenuto in frammenti, venne successivamente ricostruito grazie a un paziente lavoro coordinato dall’anatomo-patologo Antonio Ascenzi. A seguito del completamento del restauro, si presenta costituito dalla volta e da parte delle strutture della base di un massiccio cranio appartenuto a un individuo adulto, con ogni probabilità di sesso maschile.

Si tratta del più antico fossile umano mai rinvenuto sul territorio italiano ed è al momento l’unico in grado di rappresentare la morfologia (del cranio adulto) dei più antichi abitanti del continente Europeo. Sulla base di correlazioni stratigrafiche effettuate dal geologo Aldo G. Segre, infatti, la sua antichità è stata stimata in circa 800-900 mila anni dal presente. Viene pertanto associato all’evidenza di manufatti paleolitici di tipo arcaico (Modo 1 del Paleolitico inferiore) che si rinvengono in alcuni siti dello stesso bacino fluviale.

Gli studi condotti sul reperto (vedi: Ascenzi et alii, 1996, 2000; Ascenzi & Segre, 1997, 2000; Clarke, 2000; Manzi et alii, 2001, 2003; Mallegni et alii, 2003; Manzi, 2004a,b; Bruner & Manzi, 2005, 2007) hanno dimostrato, sotto diversi profili analitici e comparativi, che la morfologia del cranio di Ceprano è intermedia tra quella di un’umanità che si andò distribuendo in Africa e in Asia nel corso del Pleistocene (Homo erectus) e quella di forme umane maggiormente derivate attribuite da molti autori alla specie Homo heidelbergensis; queste, a loro volta, vengono considerate ancestrali sia ai Neanderthal (in Europa) che alle prime popolazioni di Homo sapiens (in Africa). Francesco Mallegni, ricercatore e professore ordinario di Antropologia dell'Università di Pisa, ha attribuito alla nuova specie il nome di Homo cepranensis definendo l'ominide «il primo abitante d'Europa».

Si tratta di un reperto dalle caratteristiche uniche, cruciali per comprendere la storia evolutiva del genere Homo. Il reperto, nella terminologia specialistica definito "calvario" (perché composto dal solo neurocranio) è tuttora sottoposto a studi specialistici da parte di ricercatori dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica del Lazio e con varie università e laboratori sia italiani che stranieri. Dal 2000 vengono anche condotte indagini di terreno e scavi sistematici nell’area di rinvenimento e nel territorio circostante, che stanno fornendo importanti conoscenze sul contesto geo-paleontologico e archeologico-preistorico dell’uomo di Ceprano.

Il reperto è attualmente conservato presso il laboratorio del Servizio di Antropologia S.B.A.L. sito in Tivoli (Roma).

Altri studiosi. sottolineando piuttosto le somiglianze cronologiche e strutturali del fossile con i reperti del sito di Atapuerca (Spagna), lo attribuiscono ad una specie a se stante, denominata H. antecessor.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:36
 
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Homo antecessor





L' Homo antecessor è una specie estinta di ominide databile tra 1,2 milioni e 800.000 anni fa, scoperta da Eudald Carbonell, J. L. Arsuaga and J. M. Bermúdez de Castro. L' H. antecessor è uno dei primi ominidi europei, considerato una fase intermedia tra l' Homo georgicus e l' Homo heidelbergensis che visse tra 600.000 e 250.000 anni fa, tutti risalenti al Pleistocene.

Il reperto fossile meglio conservato è una mascella appartenuta ad un individuo di circa 10 anni e ritrovata ad Atapuerca in Spagna. La capacità cranica era di circa 1000 cm³ e le misurazioni palaeomagnetiche indicano un'età superiore ai 780-857.000 anni.

Nel 1994 e 1995 nel sito di Atapuerca furono rinvenuti circa 80 frammenti appartenenti a sei individui di questa specie. Dai segni di incisioni riportati sulle ossa è stato ipotizzato che H. antecessor possa aver praticato il cannibalismo.

Fisiologia


Ricostruzione di una femmina di Homo antecessor di Atapuerca intenta al cannibalismo (Museo Ibeas , a Burgos in Spagna).L' Homo antecessor era piuttosto robusto, con un'altezza compresa tra 160-180 cm e un peso che poteva raggiungere i 90 kg; la capacità cranica era di circa 1000–1150 cm³ rispetto ai 1350 cm³ dell'uomo moderno. Data la scarsità dei reperti non è possibile conoscere molto di più della fisiologia dell' H. antecessor, che tuttavia appare essere stato più robusto dell' H. heidelbergensis. Secondo Juan Louis Arsuaga, codirettore degli scavi di Burgos, in base ad analisi tomografiche l' H. antecessor era già destrorso, il che lo differenzia dalle scimmie. La capacità uditiva doveva inoltre essere simile a quella dell' Homo sapiens il che fa presumere che fosse in grado di utilizzare un linguaggio almeno simbolico e che fosse capace di ragionare. Il gruppo di Arsuaga sta lavorando alla mappatura del DNA dell' H. antecessor dopo aver interpretato quella di un orso vissuto nel nord della Spagna circa 500.000 anni fa.

Siti fossili


Gli unici resti fossili conosciuti dell' H. antecessor provengono da due siti, Gran Dolina e Sima del Elefante, entrambi localizzati nella Sierra di Atapuerca nel nord della Spagna.

Gran Dolina

L'archeologo Eudald Carbonell i Roura dell'Universidad Rovira i Virgili di Tarragona (Spagna) e il paleoantropologo Juan Luis Arsuaga Ferreras dell'Università di Madrid scoprirono i resti dell' Homo antecessor nel livello TF6 della Gran Dolina della Sierra di Atapuerca, situata a est di Burgos nel nord della Spagna. Negli scavi eseguiti tra il 1994 e 1995 furono ritrovati 80 frammenti di ossa appartenenti a sei individui diversi, circa 200 utensili in pietra e circa 300 ossa di animali. Tutti questi resti sono stati datati a oltre 780.000 anni. Il reperto meglio conservato è la mascella superiore e un osso frontale di un ragazzo di 10-11 anni.

Sima del Elefante

Homo antecessor delle montagne di Atapuerca (Museo Ibeas di Burgos)Il 29 giugno 2007 alcuni ricercatori spagnoli impegnati negli scavi di Sima del Elefante, annunciarono il ritrovamento di un molare datato a 1,1-1,2 milioni di anni fa. il molare si presentava "regolarmente consumato" e ritenuto appartenere ad un inviduo di 20-25 anni di età.

Il 27 marzo 2008 fu annunciato l'ulteriore ritrovamento di un frammento di mandibola, scaglie di pietra e tracce della lavorazione di ossa animali.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:38
 
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Homo heidelbergensis





Ricostruzione dell'aspetto di un Homo heidelbergensisIl nome Homo heidelbergensis è attribuito a ritrovamenti umani fossili precedentemente chiamati Homo sapiens arcaici[1], con particolare riferimento a quelli trovati presso Heidelberg, nel Baden-Württemberg, Germania, sulle rive del fiume Neckar. Resti di H. heidelbergensis sono stati trovati in Africa, Europa ed Asia occidentale, datati fra i 600 mila ed i 100 mila anni fa.

Evoluzione e morfologia

Sia l' Homo antecessor che l'H. heidelbergensis discendono probabilmente dall' Homo ergaster, morfologicamente molto simile e proveniente dall'Africa. Tuttavia l' H. heidelbergensis aveva una calotta cranica più allargata, con una capacità cranica di circa 1100-1400 cm³, non lontana dal valore di circa 1350 cm³ tipico per l'uomo moderno; questa differenza, assieme al comportamento e all'utilizzo di strumenti più avanzati, lo ha fatto assegnare ad una specie diversa.

La struttura appare piuttosto robusta con un'altezza media attorno a 1,80 m.

Ritrovamenti fossili

Il consolidamento di questa denominazione per indicare determinati ominidi è susseguente agli studi di Eudald Carbonell dell'Università di Tarragona che, insieme ad i suoi collaboratori, ha analizzato i reperti trovati nel 1992 nella grotta di Gran Dolina, situata nelle colline di Atapuerca (Spagna settentrionale). Nel 1994, infatti, una sua spedizione ha portato alla luce un gran numero di utensili di pietra molto semplici, troppo primitivi per essere attribuiti ad Homo sapiens. Diversi paleontologi peraltro attribuiscono i fossili di Atapuerca alla specie H. antecessor, considerata diretta antenata di H. heidelbergensis, che è vissuta nelle stesse aree circa 200 mila anni dopo.

Una prima tesi è che i resti di Atapuerca rappresentino il primo tentativo dell'Homo heidelbergensis di uscire dall'Africa, dove si hanno prove della sua presenza già 600 mila anni fa, e che quindi colonizzando l'Europa avrebbe fatto da progenitore all'Homo neanderthalensis, mentre in Africa si evolveva l'Homo sapiens e in Asia l' Homo ergaster di cui potrebbe essere il discendente. Questa tesi farebbe sì che l'H. heidelbergensis sia l'ultimo antenato comune fra noi e l'Uomo di Neandertal.

Altri studi condotti nel 2001 sul cranio completo di Atapuerca, insieme ai resti di altri trenta individui, attestano la possibilità che questi ominidi potessero parlare, sebbene a livelli molto elementari. Infatti l'apparato vocale trovato nei resti fossili per quanto risulti essere meno sviluppato rispetto all'Homo sapiens è sicuramente più complesso rispetto a quello degli scimpanzé.

Molti scienziati considerano appartenenti all'Homo heidelbergensis anche i due crani ritrovati fra il 1989 ed il 1990 a Yunxian, nella provincia cinese di Hubei, sebbene molti altri, compresi gli scopritori, tendono a considerarli resti di Homo erectus.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:41
 
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view post Posted on 25/5/2010, 11:16     +1   -1
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Homo neanderthalensis





Il Neanderthal, detto anche Neandertal o Uomo di Neanderthal, è un membro estinto del genere Homo che è conosciuto tramite resti fossili del Pleistocene rinvenuti in Europa e in varie parti dell'Asia centrale. La comunità scientifica non ha raggiunto un consenso su come classificare i Neanderthal: se come una sottospecie (o razza) di umani (Homo sapiens neanderthalensis) o se come una specie separata (Homo neanderthalensis). I primi tratti proto-Neanderthal apparvero in Europa all'incirca tra 600.000 e 350.000 anni fa. Convissuto nell'ultimo periodo della sua esistenza con l'Homo sapiens, la sua scomparsa in un tempo relativamente breve è un enigma scientifico oggi attivamente studiato.

Attualmente (2010) prove genetiche suggeriscono che un'ibridazione fra Neanderthal e Homo sapiens ebbe luogo nel Vicino Oriente all'incirca tra 80.000 e 50.000 anni fa, e si pensa che gli esseri umani di discendenza euroasiatica condividano tra l'1 e il 4% del patrimonio genetico dei Neanderthal. Ciò significa che, tecnicamente, la specie non si è totalmente estinta, in quanto una piccola parte del suo pool genetico sopravvive ancora oggi negli euroasiatici. Siccome tali tracce genetiche sono presenti negli euroasiatici e nei nativi americani ma non negli africani, ciò suggerisce che l'ibridazione ebbe luogo ai primi stadi della migrazione della specie umana fuori dall'Africa, presumibilmente quando venne a contatto con i Neanderthal che vivevano nel Medio Oriente, circa 80.000 anni fa.

I tratti proto-Neanderthal sono qualche volta raggruppati assieme a quelli di un'altra specie ominide, Homo heidelbergensis, o una sua forma migrante, Homo rhodesiensis. 130.000 anni fa caratteristiche prettamente Neanderthal avevano ormai fatto la loro comparsa. Queste caratteristiche scompaiono poi dall'Asia circa 50.000 anni fa e dall'Europa tra 30.000 e 24.000 anni fa.

I Neanderthal erano quasi esclusivamente carnivori e superpredatori.

I resti che diedero il nome alla specie furono scoperti da Johann Fuhlrott nel 1856 in una grotta di Feldhofer nella valle di Neander in Germania, che prende il nome dalla traduzione in greco antico del cognome dell'organista e pastore Joachim Neumann, a cui i suoi concittadini di Düsserdolf intitolarono la piccola valle.

Sintesi dell'aspetto esteriore
« Se si potesse reincarnare un Neanderthal e porlo nella metropolitana di New York, opportunamente lavato, sbarbato e modernamente vestito, si dubita che potrebbe attrarre alcuna attenzione. »
(William Straus)

L'aspetto fisico esteriore del neandertaliano classico è quello di un uomo di altezza media (1,60 m) perfettamente eretto e muscolarmente molto robusto; la testa è allungata antero-posteriormente e ha un volume cerebrale di 1500 cm3 in media, del 10% superiore agli uomini attuali. Ha uno spiccato prognatismo e spesso il mento sfuggente. Col tempo, in alcune zone e verso la fine del Paleolitico si diffonde un tipo più gracile e con un mento osseo più pronunciato, mentre gli zigomi sono molto meno accentuati e le arcate sopraccigliari al contrario più sporgenti. Una tesi esposta nel 2006 e confermata nel 2007 è basata su ricerche avanzate con tecniche di biologia molecolare e ipotizza che la specie, in Europa, abbia sviluppato individui di carnagione bianca con capelli rossi: il tipo di pigmentazione è in accordo con la scarsa irradiazione ultravioletta del territorio colonizzato. Nonostante ciò, si è evidenziato come la variabilità genetica della popolazione neandertaliana suggerisca una variabilità del fenotipo piuttosto ampia, analogamente a quella attuale di H. sapiens.
Recenti studi, basati sull'analisi di alcune sequenze geniche di mtDNA, suggeriscono che, senza arrivare a parlare di sottospecie, vi fu sicuramente una suddivisione in tre (o forse quattro, ma il metodo non riesce a chiarire quest'ipotesi) diversi grandi gruppi di popolazioni. La reale esistenza dei gruppi sud europeo (sud iberico, subalpino, balcanico), centro-est europeo (dalla zona nord iberica fino al mar Caspio) e medio asiatico (fino ai confini orientali kazaki) in precedenza era stata frequentemente messa in discussione sulla base dei soli reperti fossili.

Tecnica, cultura ed arte

L'uomo di Neandertal inizia ad evolvere in un contesto culturale Acheuleano superiore, dove i manufatti bifacciali cambiano forma, migliorano la punta e diminuiscono di spessore.

Punta MusterianaNell'industria litica compare la nuova tecnica di scheggiatura Levalloisiana (da Levallois, alla periferia di Parigi). Da un nucleo litico iniziale, sgrossato fino a portarlo ad una forma biconvessa, lateralmente su di una faccia si staccano parallelamente ad un piano di base schegge di forma regolare. Questa tecnica evolve e le forme chiamate amigdale (a mo' di mandorla) dell'Acheuleano scompaiono, anche se a sud del Sahara continuerà fino al 50 000 a.C. circa.
In Europa, territorio principale del Neandertal, si parla di cultura Musteriana, da ritrovamenti a Le Moustier, in Dordogna. Abbiamo punte triangolari, raschiatoi (per la preparazione delle pelli) molto rifiniti, col bordo tagliente finemente ritoccato. Il Musteriano si articola in diverse culture, geografiche e cronologiche (Musteriano Acheuleano, Musteriano tipico, Denticolato, Musteriano Pontiniano nel Lazio ecc.). Le culture litiche che poi evolveranno (Castelperroniano, Aurignaziano e molto dubbiosamente Gravettiano, condivise sicuramente dai sapiens) sono tuttora allo studio per la sicura eventuale attribuzione ai neandertal. In sintesi e a grandi linee si può dire che la cultura neandertaliana dominante fu il Musteriano e che il limite convenzionale (attuale) superiore si situa fra il Castelperroniano e l'Aurignaziano.
Molto diffuso l'utilizzo delle pelli, anche per la costruzione di ripari estivi all'aperto, contrapponendosi alla pratica troglodita invernale. Si ritrovano strutture di pietre o di ossa atte ad assicurare i bordi delle pelli al suolo.
Abbondanti tracce di ocra rossa fanno pensare a usi rituali e religiosi. Anche in tale ottica si evidenzia l'inumazione come pratica diffusa, in fosse di forma ovale, con corredi funerari (cibo, corna e strumenti litici), spesso ricoperte da lastroni per sottrarre i corpi alle fiere, deposizioni di fiori (studi sui pollini in ritrovamenti in Asia Minore). Il fuoco, in cerchi di contenimento di pietre, è largamente utilizzato.

Il flauto di Divje Babe I.Forse (gli studi sono ancora in corso), con i Neanderthalensis si ha il primo esempio di strumento musicale non percussivo ma intonato (in dettaglio, con quattro note compatibili con la naturale scala diatonica greca), grazie al ritrovamento del cosiddetto flauto di Divje Babe (in Slovenia): un frammento di femore di orso delle caverne perforato regolarmente. Inizia anche l'arte figurativa in senso stretto, considerata prerogativa di sapiens sapiens ma dalla stratigrafia recentemente attribuita anche ai Neanderthalensis.
I recenti progressi molecolari nello studio delle popolazioni neandertaliane e la loro localizzazione geografica, uniti a quelli sull'industria litica e degli altri manufatti, permetteranno in futuro di chiarire meglio i rapporti tra le diverse culture e la loro evoluzione nello spazio e nel tempo.

Nel complesso la tecnologia dell'Homo Neanderthalensis può riassumenrsi in:

Asce a mano, o amigdale
: sono il resto di grossi noduli di selce, scheggiati ai bordi per ricavarne schegge più piccole.
Punte di selce: da usare immanicate su pesanti bastoni usati come lance nella caccia a grossi animali.
Denticolati, cioè schegge di selce senza punta col margine dentellato: sarebbero delle primitive seghe a mano, usate per lavorare legno ossa e tendini.
Raschiatoi: sono dei coltelli di selce da usare senza manico, per tagliare la carne.
Flauti, cioè ossa lunghe forate, che sarebbero degli accendini: nei fori venivano sfregati bastoncini di legno per accendere della paglia.

Distribuzione territoriale


Cartina di distribuzione dei principali siti pre-neandertaliani e neandertaliani antichi, e massima espansione dei ghiacciL'uomo di Neandertal è un genere strettamente connesso al territorio europeo, poi emigrato sulla via del medio oriente, sugli attuali territori di Iraq, Siria e d'Israele, con pochi individui fino in Asia centrale (Uzbekistan) e in Siberia.

L'evoluzione che ha condotto alla comparsa dell'Homo neanderthalensis, o «neandertalizzazione», è stata lenta e progressiva, da gruppi europei isolati (Homo erectus, Homo georgicus, Homo antecessor). Può essere seguita partendo dai pre-Neandertaliani e a seguire fino ai Neandertaliani recenti.

I pre-Neandertaliani antichi


La prima tappa corrisponde a fossili generalmente attribuiti a Homo heidelbergensis, possibile antenato, secondo alcune teorie anche dei sapiens moderni: è il caso dell'Uomo di Tautavel (- 400 000 anni), rinvenuto a Corbières in Francia, della mandibola di Mauer (- 600 000 anni), trovato vicino a Heidelberg in Germania, o del cranio di Petralona (Grecia).
I pre-Neandertaliani recenti
La prima tappa corrisponde ai fossili di Swanscombe (Inghilterra), di Steinheim (Germania) o della Sima de los Huesos à Atapuerca (Spagna).

Cartina di distribuzione dei principali neandertaliani classiciI Neandertaliani antichi


I successivi fossili con tratti innegabilmente Neandertaliani hanno un'età compresa tra i - 250 000 e - 110 000 anni. Si può citare il cranio Biache-Saint-Vaast (Pas-de-Calais), i resti de la Chaise (Charente), la mandibole di Montmaurin (Alta-Garonna), i crani italiani di Saccopastore (Lazio) o l'abbondante materiale di Krapina in Croazia.
I Neandertaliani classici
I Neandertaliani tipici, con caratteri derivativi più marcati hanno un'età compresa tra - 100 000 anni e - 28 000 anni, data degli ultimi rinvenimenti fossili, e presumibilmente della loro sparizione.
Cranio d'Homo neanderthalensis di La FerrassieInoltre, oltre ai fossili di Neandertal stesso (circa - 42 000 anni), si ricordano gli scheletri di La Chapelle-aux-Saints, di Moustier, di La Ferrassie, di La Quina, di Saint-Césaire nel sud-ovest della Francia o della Spy in Belgio.

Gli ultimi Neandertaliani noti son stati rinvenuti in Portogallo, in Spagna (Zafarraya, -30 000 anni), in Croazia (Vindija, - 32 000 anni) e nel nord-ovest del Caucaso (Mezmaiskaya, - 29 000 anni). Come già visto queste date son da considerare con precauzione, e son spesso controverse.

Alcune ricerche condotte dal 1999 al 2005 sulla grotta di Gorham a Gibilterra suggeriscono che i Neandertaliani le hanno abitate dai - 28 000 - 24 000 anni. Dunque una lunga coabitazione con Homo sapiens, geograficamente presente dai - 32 000 anni. Joao Zilhao, dell'università di Bristol critica fermamente questi ultimi risultati spostanto all'indietro la data di estinzione a 37 000 anni fa. Le diverse teorie sulle date di estinzione e coabitazione con H.s.s. allo stato attuale non possono che definirsi in fase di sviluppo e verifica, ciò anche alla luce di sempre nuovi ritrovamenti, anche di terzi coabitatori cogeneri, nella fascia temporale dei 30 000 - 50 000 anni fa.

Storia dei principali reperti fossili europei


Copia del cranio de la Chapelle aux saints in norma frontale Il cranio de la Chapelle aux saints in norma lateraleI resti rinvenuti nel 1856 da Johann Fuhlrott nella valle di Neander consistevano nella parte superiore del cranio, alcune ossa, parte dell'osso pelvico, alcune costole, e ossa del braccio e della spalla.

In precedenza erano stati scoperti altri fossili, infatti già nel 1829 nel Belgio venne trovato parte di un cranio di un bambino di due anni e mezzo. Questi, però, venne riconosciuto come arcaico soltanto nel 1836. Nel 1848 a Gibilterra venne trovato un cranio adulto, ma la sua esistenza rimase sconosciuta alla scienza fino al 1864, quando venne riconosciuto come appartenente agli uomini di Neandertal.

Altri due scheletri di Homo neanderthalensis, risalenti ad almeno 60 000 anni, vennero trovati in Belgio nel 1886 da Marcel de Puydt e Max Lohest. Altri rinvenimenti importanti vennero fatti in Croazia nel 1899 da Dragutin Gorjanovic-Kramberger e nel 1908 in Francia a La Chapelle-aux-Saints da Jean Bouyssonie che rinvenne lo scheletro di un uomo anziano, risalente a 50 000 anni, in possesso di un cranio di 1620 centimetri cubi.

Nel 1939 venne rinvenuto nella grotta Guattari a San Felice Circeo, un cranio presumibilmente appartenente a Homo neanderthalensis.

Nel secondo dopo guerra emersero ancora altri resti importanti; tra il 1953 e il 1960 nella grotta di Shanidar in Iraq vennero scoperti 9 scheletri di uomini di Neandertal, risalenti ad un periodo compreso tra i 70 e i 40 mila anni fa, e nel 1979 nel villaggio di Saint-Césaire in Francia uno scheletro completo risalente a 35 000 anni fa.

Nel 1868 a Cro-Magnon in Francia vennero trovati da alcuni operai i resti di un uomo risalenti a 28 000 anni fa; era venuto alla luce uno dei più antichi progenitori della nostra specie (Homo sapiens). Era un rappresentante della nostra specie umana, che proveniente dall'Africa o dall'Asia, migrando stava insediandosi in Europa, confinando verso la penisola iberica gli ultimi Neandertal.

Edited by demon quaid - 30/1/2015, 13:41
 
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