Un Mondo Accanto

Torture medievali, Dove non arriva il demonio ci pensa l'uomo

« Older   Newer »
  Share  
Demon Quaid
view post Posted on 28/5/2010, 15:21 by: Demon Quaid     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,002
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:



Le mani erano legate dietro la schiena ed attaccate ad una carrucola. Si sollevava l'inquisito e poi lo si lasciava cadere per poi arrestare la caduta a pochi passi dal suolo. In questo modo si slogavano le articolazioni degli arti superiori e nonostante poi ci fosse un addetto al ricollocamento delle ossa, spesso restavano storpiati.




Si turava il naso all'inquisito e lo si costringeva a bere acqua, talvolta fino all'annegamento.




"Mittatur ad ignem" era la formula magica che innescava l'orrore della tortura del fuoco. Si legava il disgraziato/a ad un palo o ad una scala e poi lo si avvicinava e ritraeva dal rogo, in modo da poter eventualmente estorcere una ammissione di colpe o una confessione. Se non dava esito e l'inquisito resisteva lo si bruciava, se confessava c'era il carcere a vita.




L'inquisito a testa in giù veniva ustionato con pinze e ferri roventi.




Tortura perticolarmente adottata nei confronti di presunte streghe. Il corpo appoggiava, tra l'ano e l'organo riproduttivo, su di un cuneo ed ai piedi venivano aggiunte delle zavorre per acuirne lo straziante dolore. Questa pratica poteva durare giorni.





Sedia da tortura con punte e pressa per le gambe.




Sedia da tortura di ferro sotto la quale veniva posto un braciere ardente. Le natiche poggiavano nude sulle punte di ferro arroventato.




Nell'immagine si vedono la ruota, una decapitazione, un'impiccaggione, mutilazioni varie ed un fraticello intento a cogliere ogni variazione dello straziante spettacolo. Ci furono inquisitori che divennero anziani saziando quotidianamente l'anima con queste cose, come Sisto V, ed a volte venivano anche uccisi per risentimento popolare, come nel caso di Pietro da Verona (San Pietro martire) , ma che la chiesa prontamente lo santificò come martire.





L'uso del fuoco.


In una terribile esecuzione avvenuta in Francia nel 1757, il prigioniero accusato di parricidio subi' le seguenti torture: "fu portato su un'impalcatura eretta per l'occasione e gli vennero bruciate con delle tenaglie roventi il petto, le braccia e i polpacci; la mano destra, con la quale commise il delitto di parricidio, gli fu bruciata nello zolfo; dell'olio bollente, del piombo fuso e della resina e della cera mischiata allo zolfo, gli furono versati nelle ferite; dopo tutto cio' il corpo venne lacerato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo arsi vivi furono sparsi al vento".

Altre modalità d'uso del fuoco, e vari altri dispositivi ad esso correlati vengono illustrati dalla miniatura:
A. Gettati in una fornace ardente.

B. Bruciati vivi in botti o barili.

C. Bruciati in una stanza infuocata.

D. Mani e piedi posti su un mucchietto arroventato.

E. Costretti fermi da quattro spine fissate nella terra, con un fuoco che arde sotto di essi.

F. Bloccati con delle corde, bagnati da olio e consumati vivi dal fuoco che viene loro piccato.

G. Gettati in un pozzo di carboni ardenti.

H. Pale di ferro per distribuire il fuoco


Segati e lacerati vivi


Segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Si ricorreva alla sega (si tagliavano prigionieri vivi) per reati di disobbedienza militare o ribellione.
In figura (fig. B) il condannato viene lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome, ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato posto a testa in giù, iniziando a squarciare con la sega al livello dell'inguine e procedendo verso l'addome.
In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue.
Una bizzarra tortura di cui si avvalsero gli Ugonotti durante le loro persecuzioni nei confronti dei cattolici consisteva nel segare il corpo del prigioniero con una corda: la vittima, ignuda, veniva tirata avanti e indietro col movimento che ricorda proprio quello di una sega, lungo una corda tesa di fibra dura o un cavo metallico; la sofferenza patita era terribile poiché la corda lacerava la carne penetrando fino all'osso.


Amputazioni


Presso gli antichi popoli dove non vigeva la pena di morte, la mutilazione rappresentava la punizione a cui si ricorreva con più frequenza.
Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di castrazioni o di amputazioni con moventi religiosi, ma non penali.
Col passare dei secoli, la pratica della castrazione come punizione per un reato si è perduta, specie nei paesi civilizzati; se non altro, è resistita come forma di vendetta personale.
Nel medioevo, l'amputazione ha invece dominato i codici penali di quasi tutti gli stati europei: ad esempio, in Inghilterra per molti reati si metteva il colpevole alla gogna e gli s'infliggeva una qualche mutilazione:
Nell'anno 1560 una cameriera fu messa alla gogna per aver somministrato del veleno alla sua padrona.
Oltre a dover subire l'umiliazione della gogna, le fu tagliato un orecchio e fu bruciato un sopracciglio; due giorni dopo fu messa di nuovo alla gogna e le fu reciso l'altro orecchio.
Non era raro, infine, che, subita l'amputazione, dovesse accorrere un chirurgo per fermare il dissanguamento, tanto rozze erano le tecniche di mutilazione.



La parola “cicogna” riferita a questo strumento di tortura viene citata da Ludovico Antonio Muratori nel suo “Annali d'Italia” (1749) che ne attribuisce l'uso ai tribunali giudiziari ed inquisizionali romani nel periodo 1550-1650; un altro strumento, quasi identico viene mostrato in Inghilterra nella famosa “Torre di Londra” e viene chiamato “la figlia dello spazzino” senza però chiarirci il motivo e l'etimo del termine.
Anche se a prima vista può sembrare uno dei tanti metodi di costrizione e di incatenamento, questo strumento provocava nella vittima, solo dopo pochi minuti, fortissimi crampi prima dei muscoli addominali e rettali, in seguito di quelli pettorali e degli arti; crampi che con il passare delle ore portavano la persona incatenata in questa posizione a stati quasi di pazzia.
Spesso poi il ferro, lacerando la carne al minimo movimento, procurava al condannato infezioni gravissime, quali la setticemia, che portavano inevitabilmente alla cancrena.



Liquidi bollenti


La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa. (fig A)
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato (fig B).
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco.

Il toro di bronzo


Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco sono presenti nella figura: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra (fig. A).
Arrostiti vivi nel toro di bronzo (fig B): l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".


Torture mistiche


A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.

Edited by demon quaid - 10/4/2011, 20:00
 
Top
26 replies since 10/12/2008, 22:38   164893 views
  Share