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Torture medievali, Dove non arriva il demonio ci pensa l'uomo

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Demon Quaid
view post Posted on 28/5/2010, 17:25 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Metodologie di messa al palo
Si tratta della tortura per eccellenza nell'antichità, amata soprattutto dai popoli del Mediterraneo, ma venne utilizzata spesso e volentieri anche durante il medioevo.
La morte sopraggiungeva lentamente, dopo un'agonia indescrivibile e che si protraeva per giorni. Si poteva aumentare la sofferenza del condannato in svariati modi, a seconda della malvagità del boia: a volte venivano fratturate le gambe con dei forti colpi, oppure si laceravano il volto, o i seni, con strumenti spinosi o uncinati; in altri casi s'infilavano stecche o bastoni nel condotto uretrale od anale della vittima.
I Romani solevano lasciare i corpi a marcire sulla croce finché non rimanessero solo le ossa nude, mentre gli Ebrei li toglievano non appena sopraggiungeva la morte e li seppellivano il giorno stesso. Alcuni tipi di crocifissione e messa al palo, della figura:

A. Sospensione per una gamba
B. Sospensione a due gambe
C. Crocifissione a testa in su.
D. Crocifissione a testa in giu.
E. Torturato appeso per entrambe le braccia con pesanti oggetti appesi ai piedi.
F. Donne sospese per i capelli.
G. Torturati appesi per un solo braccio, con pesanti pietre appese ai loro piedi.






Rogo
Probabilmente si tratta della tortura prediletta da infliggere agli eretici durante il medioevo, e centinaia di presunte streghe e stregoni la subirono.
Il martire veniva appeso molto in alto in modo che al suo orribile spettacolo tutta la popolazione venisse colpita dal terrore, e nel frattempo gli si straziavano i fianchi e le costole con dei pettini e degli uncini sino a renderlo una massa deforme che veniva incenerita.
Alcune vittime patirono terribili sofferenze, come risulta dal resoconto di un rogo scritto da un reverendo nel XVI sec: "Poiché il fuoco" si legge "era stato appicato senz'arte, e poiché il vento era contrario, la strega soffrì una tortura indicibile."
In seguito divenne normale strangolare il prigioniero prima di affidarlo alle fiamme, ma spesso succedeva che l'operazione non riuscisse "in tempo" e che la vittima subisse ugualmente l'orripilante fuoco sul suo corpo.






Liquidi bollenti
La bollitura e la friggitura dei prigionieri rappresentavano due torture dal modus operandi molto semplice: si riscaldava un enorme calderone pieno d'acqua o, preferibilmente, olio fino alla bollitura, dopodiché vi si immergeva la vittima, molto spesso inserendo prima la testa. (fig A)
Un'altra modalità d'esecuzione era friggere in una vasca o su una griglia il condannato (fig B).
Ancora, quando i carnefici desideravano prolungare l'agonia del prigioniero, lo legavano e lo immergevano in una vasca colma d'acqua od olio, cosicché rimanesse fuori la testa, dopodiché si accendeva un fuoco.




Il toro di bronzo
Altre modalità di tortura per mezzo del fuoco sono presenti nella figura: la vittima viene amputata ed infine i carnefici ne friggono le membra.
Arrostiti vivi nel toro di bronzo (fig B): l'ingegno di questa macchina da tortura consisteva nella predisposizione ad arte di alcuni flauti cosicché quando la vittima, inserita nel congegno che si scaldava a dismisura, gridava dal dolore per mezzo di questi condotti sapientemente studiati il toro emetteva un musicale muggito. La leggenda vuole che il suo inventore, il greco Perillo, alla presentazione del diabolico marchingegno al suo sovrano, fu costretto dal sovrano stesso a venir arrostito nel toro, fornendo, citando Ovidio "...la prima prova del suo crudele mestiere".
Infine, viene illustrata una persona fritta sulla griglia.





Torture mistiche
A. Le mani vengono riempite d'incenso e carboni vivi, costringendo il condannato a liberarsi dell'incenso; si tratta di un sacrificio all'Idolo.

B. La vittima indossa una tunica di ferro rovente e calzature bollenti che ne consumano la carne fino all'osso.

C. Seduto sulla sedia metallica mentre un elmo rovente viene posto sulla testa.




Sull'uso del fuoco
In una terribile esecuzione avvenuta in Francia nel 1757, il prigioniero accusato di parricidio subi' le seguenti torture: "fu portato su un'impalcatura eretta per l'occasione e gli vennero bruciate con delle tenaglie roventi il petto, le braccia e i polpacci; la mano destra, con la quale commise il delitto di parricidio, gli fu bruciata nello zolfo; dell'olio bollente, del piombo fuso e della resina e della cera mischiata allo zolfo, gli furono versati nelle ferite; dopo tutto cio' il corpo venne lacerato da quattro cavalli e le sue membra e il suo corpo arsi vivi furono sparsi al vento".

Altre modalità d'uso del fuoco, e vari altri dispositivi ad esso correlati vengono illustrati dalla miniatura:
A. Gettati in una fornace ardente.
B. Bruciati vivi in botti o barili.
C. Bruciati in una stanza infuocata.
D. Mani e piedi posti su un mucchietto arroventato.
E. Costretti fermi da quattro spine fissate nella terra, con un fuoco che arde sotto di essi.
F. Bloccati con delle corde, bagnati da olio e consumati vivi dal fuoco che viene loro piccato.
G. Gettati in un pozzo di carboni ardenti.
H. Pale di ferro per distribuire il fuoco.




Amputazioni
Presso gli antichi popoli dove non vigeva la pena di morte, la mutilazione rappresentava la punizione a cui si ricorreva con più frequenza.
Nella stragrande maggioranza dei casi si trattava di castrazioni o di amputazioni con moventi religiosi, ma non penali.
Col passare dei secoli, la pratica della castrazione come punizione per un reato si è perduta, specie nei paesi civilizzati; se non altro, è resistita come forma di vendetta personale.
Nel medioevo, l'amputazione ha invece dominato i codici penali di quasi tutti gli stati europei: ad esempio, in Inghilterra per molti reati si metteva il colpevole alla gogna e gli s'infliggeva una qualche mutilazione:
Nell'anno 1560 una cameriera fu messa alla gogna per aver somministrato del veleno alla sua padrona.
Oltre a dover subire l'umiliazione della gogna, le fu tagliato un orecchio e fu bruciato un sopracciglio; due giorni dopo fu messa di nuovo alla gogna e le fu reciso l'altro orecchio.
Non era raro, infine, che, subita l'amputazione, dovesse accorrere un chirurgo per fermare il dissanguamento, tanto rozze erano le tecniche di mutilazione.




Segati e lacerati vivi
Segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Si ricorreva alla sega (si tagliavano prigionieri vivi) per reati di disobbedienza militare o ribellione.
Il condannato viene lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome, ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato posto a testa in giù, iniziando a squarciare con la sega al livello dell'inguine e procedendo verso l'addome.
In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue.
Una bizzarra tortura di cui si avvalsero gli Ugonotti durante le loro persecuzioni nei confronti dei cattolici consisteva nel segare il corpo del prigioniero con una corda: la vittima, ignuda, veniva tirata avanti e indietro col movimento che ricorda proprio quello di una sega, lungo una corda tesa di fibra dura o un cavo metallico; la sofferenza patita era terribile poiché la corda lacerava la carne penetrando fino all'osso.




Sospensioni
Diverse erano le modalità con cui un condannato poteva patire la sospensione: nella figura ne vengono illustrate tre.
Nella fig. A al condannato, appeso per i piedi, viene agganciato un pesante masso al collo; la vittima viene strangolata e tormentata finché la colonna vertebrale non si schianta e va a pezzi.
Nella fig. B, il prigioniero viene cosparso di miele ed altre sostanze dolci e viene lasciato in balia di molesti insetti come api, vespe e calabroni.
Nella fig. C invece il condannato, sospeso per un piede, ha una gamba legata al ginocchio dell'altra mentre l'altra è appesantita da un oggetto metallico.
Non raro era assistere a queste esecuzioni durante l'epoca medievale.
Col passare del tempo le tecniche si affinarono ed in Germania venne eseguita una tortura estremamente diabolica:

Vicino a Lindau un malfattore fu appeso al patibolo con delle catene di ferro e con ai piedi due grossi cani che, essendo tenuti senza cibo, se lo divoravano prima che egli stesso morisse di fame.




Squartamenti e spellamenti
Lo squartamento fu una pratica che durò a lungo.
Essa consisteva nell'aprire l'addome e strappare con violenza le viscere del condannato prima che il corpo venisse fatto a pezzi.
A volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
L'esecuzione più in voga nel medioevo consisteva però nel seguente procedimento: il prigioniero veniva legato con una grossa fune, sia all'altezza delle braccia che delle gambe; le funi erano poi assicurate a una grossa sbarra di legno o di metallo che a sua volta veniva legata a dei cavalli, uno per ogni estremità della vittima. Poi li si costringeva a dare dei piccoli strattoni che l'obbligavano ad implorare pietà. Quando i carnefici si ritenevano infine soddisfatti, frustavano le bestie contemporaneamente, incitandoli in direzioni opposte, in modo da fare a brandelli le membra. Spesso e volentieri il corpo della vittima opponeva resistenza, cosicché i boia lo facevano a pezzi con delle accette, come fa un macellaio con la carne, fino a quando le membra si staccavano dal busto del prigioniero ancora vivo.
Nella fig. A, invece, al prigioniero viene tolta la pelle con uno strumento appuntito, come un pungiglione.




Alberi, canne, gogna
La gogna consisteva nell'esporre il prigioniero all'umiliazione pubblica, alla mercé di chiunque.
Il prigionero veniva bloccato alla gogna per il collo e per le mani, ma poteva venire torturato da chiunque desiderasse fargli del male e umiliarlo. Era una punizione particolarmente in voga nel 1500 e veniva applicato anche per reati di piccola entita': una donna fu sottoposta a gogna nel 1555 per aver picchiato il figlio e nel 1566 una donna fu posta alla gogna per aver "procurato prostitute ai cittadini".
Un tipo di gogna di moda nei paesi anglosassoni consisteva nel legare il prigioniero a due legni flessibili, possibilmente degli alberi. Mentre il prigioniero si trovava così bloccato, veniva frustato con uno scudiscio a tre corde, o con un gatto a nove code. In alcuni casi venivano tagliate le corde degli alberi cosicché il condannato dovesse soffrire un dolore estremo mentre si lacerava.
Praticamente ogni città nel basso medioevo era provvista di questo "dispositivo", che di rado rimaneva libero, essendo utilizzato per punire qualsiasi reato considerato "minore".

Nella fig. B invece, alla vittima s'inseriscono canne taglienti o chiodi sotto le unghie; una variante di questa tortura era quella di accendere delle candele, attaccate con la cera alle unghie stesse.




Bestie
Torturare i condannati con le bestie era un antico supplizio, che nel medioevo andò via via a scomparire, senza mai sparire però del tutto.

A. Imprigionati in una rete ed esposti a un toro selvatico.
B. Lanciati nudi a bestie selvagge.
C. Lasciati divorare ad animali selvatici.
D. Piedi fissati a una grande pietra e punteruoli bollenti attaccati sotto le unghie, il condannato viene lasciato al suo destino: divorato da cani affamati.




Lanciati da un dirupo
Non c'è dubbio che questo tipo di esecuzione fosse comune tra i popoli primitivi ed antichi, che avevano a disposizione precipizi o rocce adatti allo scopo.
Vittime illustri che subirono questo destino furono il matematico Putuanio, l'imperatore Zenone, lo scrittore Esopo, Perillo (l'inventore del toro di bronzo).
Non si ahnno tracce di una sua inclusione nel codice penale in epoca più tarda, anche se è stato detto che nelle persecuzioni del XVI sec. in Piemonte molte vittime andarono incontro a questa morte.
La tortura che spesso si associava a questo tipo di esecuzione consisteva nelle sofferenze che si dovevano sopportare prima di morire. La vittima giaceva impotente, con gli arti fracassati, fino a quando moriva letteralmente di fame. È stato detto che molte di queste vittime arrivavano a divorarsi la carne delle braccia in preda alla disperazione.





Annegamento
Molti popoli antichi compivano sacrifici per ingraziarsi i demoni delle acque, affogando degli uomini.
Sembra che l'annegamento fosse uno dei sistemi prediletti per sbarazzarsi di stregoni e streghe durante le persecuzioni medievali (fig. A).
Un'altra tecnica, la tortura delle barche, può essere così descritta: si prendevano due piccole barche esattamente della stessa misura e della stessa forma. La vittima veniva fatta stendere dentro una delle due, di schiena, lasciando fuori la testa, le mani e i piedi. Poi si capovolgeva la seconda barca sistemandola sulla prima. In questo modo il corpo del condannato veniva rinchiuso nelle due barche, mentre i piedi, le mani e la testa rimanevano fuori. Poi gli si offriva del cibo e nel caso lo rifiutasse, veniva torturato o punzecchiato in altro modo, fin quando accettava l'offerta. Il passo successivo consisteva nel riempirgli la bocca con una mistura di miele e di latte, e nello splalmargliela sul volto. Poi lo si esponeva ai raggi cocenti del sole, ed in breve tempo mosche ed insetti cominciavano a posarsi sul viso del prigioniero e a pungerlo, fino a portarlo alla pazzia. E nel frattempo, poiché la natura proseguiva il suo corso, all'interno della barca il cumulo degli escrementi emanava un lezzo terribile ed iniziava a marcire. Quando sopraggiungeva la morte e si sollevava la barca superiore, si trovava il cadavere divorato dai parassiti e si vedevano degli sciami di rumorose creature che gli divoravano la carne, e così pareva, crescevano dentro le sue viscere.
Un'altra forma di tortura consisteva nel rinchiudere in un sacco la vittima, assieme a delle bestie come un gatto, un gallo, una scimmia o un serpente ed annegarlo.




La grande ruota
Questo supplizio dalle antiche origini, sembra che si rifacesse a dei significati religiosi. Era particolarmente di moda per punire criminali nel XVIII secolo, ed e' difficile immaginare una pena capitale piu' brutale e ripugnante della grande ruota. Il criminale veniva steso di schiena su una comune ruota di carro e veniva legato stretto ai raggi; successivamente il boia gli fracassava le ossa una a una. Una variante, illustrata in figura, faceva si che il corpo della vittima, legato ad una grande ruota, venisse lanciato per un dirupo irto di rocce appuntite.




Ruote
A. Membra intrecciate ai raggi di una ruota, sulla quale si rimaneva esposti fino alla morte.

B. Legati a una stretta ruota che veniva fatta scorrere su degli aculei, cosicche' il loro corpo venisse orribilmente trafitto.




La vergine di ferro (di Norimberga)
Chi veniva accusato di eresia o di atti blasfemi contro Dio o i Santi, se si rifiutava ostinatamente di confessare la propria colpa, veniva condotto in una cella, il cui lato estremo ospitava numerose lampade, posizionate intorno al recesso, che gettavano una luce variegata sull'aureola dorata, sulla testa della figura e sul vessillo che questa teneva nella mano destra.
Su un piccolo altare, il prigioniero riceveva i sacramenti; in seguito due ecclesiastici lo esortavano insistentemente a confessare in presenza della Madre di Dio. "Vedi" dicevano "quanto amorosamente la Vergine ti apre le braccia! Sul suo petto si scioglierà il tuo cuore duro; lì confesserai!". Tutto a un tratto, la figura cominciava a tendergli le braccia: il prigioniero, sopraffatto dallo stupore, veniva all'abbraccio ed ella se lo portava sempre più vicino, arrivando a stringerselo al petto finché i pungiglioni e gli aculei lo trafiggevano.
Tenuto fermo in quella stretta dolorosa, il prigioniero veniva interrogato e se si rifiutava di confessare, le braccia della statua stringevano sempre più il suo corpo, inesorabilmente e lentamente, ammazzandolo.
La parte anteriore di questo marchineggno, consisteva in due porte che si chiudevano. C'erano una gran quantità di pugnali inseriti sia nella parte interna del petto che dentro alla statua in modo da trafiggere con precisione il fegato, i reni e gli occhi.
Chi subiva l'abbraccio della vergine di ferro dopo essere stata stritolato rimaneva attacato alle punte dei chiodi e delle lame quando la Vergine riapriva le braccia.




Lo stivale
Lo stivale era considerata dai testimoni dell'epoca la tortura piu' violenta e crudele al mondo, cosi' spaventosa che quando qualcuno doveva essere infilato nello stivale, tutti i membri del Consiglio che lo ordinava chiedevano di andarsene. Consisteva in un contenitore di ferro a forma di stivale progettato per racchiudere l'arto nudo, dal piede al ginocchio; tra la gamba e lo strumento venivano inseriti con un martello dei cunei di legno o di metallo. La carne veniva cosi' lacerata e spesso le ossa si schiantavano, frantumandosi in modo spaventoso e disgustoso, mentre il castigo proseguiva finche' la vittima confessava. Era inoltre raro che chi sperimentava questa tortura non rimanesse storpio a vita.




Il pendolo
Tortura dell'inquisizione di Spagna che procura una lenta e tormentosa agonia. La vittima veniva legata su un tavolo molto accuratamente, in modo che potesse muovere solo gli occhi, mentre incombeva su di lei un pendolo grande e pesante con il lato inferiore curvo e tagliente. Ma poi, nell'oscillare avanti e indietro, gradualmente ma in manniera costante, l'asta del pendolo si allungava e il prigioniero in preda al terrore e costretto contro la sua volonta' ad osservare i movimenti della lama che scendeva, sopportava l'orrore di vedere il tagli avvicinarsi sempre di piu' al volto. Alla fine la lama affilata gli squarciava la pelle, continuando inesorabilmente a tagliare fino ad ucciderlo. Ma nella maggior parte dei casi, prima che la lama facesse uscire del sangue, il prigionero cadeva in balia della pazzia.




La culla di Giuda
Si stringe una cintura all'altezza dell'addome della vittima, le si legano piedi e mani e si pone una stecca all'altezza della caviglia in modo che si possano muovere le gambe soltanto simultaneamente.
Dopodiché si cala il prigioniero sul dispositivo piramidale appuntito, posto al di sopra di un cavalletto, e gli si tirano in avanti le gambe in modo che la piramide penetri l'orifizio anale (o la vagina).
Il condannato rimane così in questa scomoda posizione, con tutti i muscoli contratti, finché non sviene.





La Garrote
Il nome di questa tortura è di origine spagnola in quanto perfezionata in Spagna dove divenne la tecnica ufficiale di tortura fino al 1975.
Questo strumento ha un'origine molto antica; rudimentali versioni consistevano in un palo conficcato nel suolo, con una corda che cingeva il collo della vittima.
Nella versione spagnola, questo dispositivo era utilizzato non solo per la tortura, ma anche per l'esecuzione: possedeva un collare metallico con un punteruolo (che penetrava le vertebre cervicali) utilizzato per asfissiare il prigioniero e per fracassargli la spina dorsale.




La pera
Intuibilmente il nome di questo strumento deriva dalla forma.
Il suo impiego consisteva nel porlo nella bocca o nel deretano degli uomini, o nella vagina delle donne, e di aprirlo progressivamente finché possibile.
La pera orale, rettale o vaginale veniva inflitta a uomini macchiatisi di sodomia, donne adultere o persone delle quali si sospettavano rapporti sessuali col demonio.
Questa tortura pertanto rappresentava una sorta di punizione "del contrappasso".




L'artiglio di gatto e il ragno
Non è difficile immaginare a quali scopi questi due dispositivi venissero usati.
Con l'artiglio di gatto si straziavano le vittime, lacerandone la pelle finché non svenivano.
Il ragno veniva utilizzato per stritolare come una morsa i testicoli dei prigionieri.





Maschera d'infamia
Questa tortura infliggeva allo stesso tempo due tipi di tortura: quella psicologica e quella fisica.
Rendeva ridicoli ed umiliava di fronte al pubblico, ma allo stesso tempo provocava un dolore tremendo poiché stringeva la testa e, spesso e volentieri, una pallina al suo interno entrava in bocca in modo tale da impedire di urlare.




Il supplizio dell'eretico
Come desumibile dalla figura, questo strumento si componeva di due forche, una posta sul torace e l'altra sotto il mento.
Un collare veniva legato intorno al collo del prigioniero e gli si legavano le mani dietro la schiena.
Il condannato risultava così impossibilitato anche del minimo movimento per non pregiudicare i punti vitali, ma infine doveva cedere per stanchezza.




Altre torture
Si vuole infine dare una prova finale di quanto sadismo l'uomo possa scatenare sui suoi simili. La terza e la quarta tortura sono di una schifosità diabolica.

Guanti di ferro: venivano legati ai polsi del prigioniero dei guanti di ferro che tramite una vite venivano gradualmente stretti. Il prigioniero poi veniva fatto salire su dei blocchi di legno e incatenato al soffitto tramite questi "guanti"; rilasciato il supporto di legno, tutto il suo peso gravava sui polsi e i guanti penetravano in profondità la carne gonfiando le braccia.

La prigione dei ratti: i prigionieri venivano rinchiusi in prigioni umide e maleodoranti. Ma non era tutto. Con l'acqua giungevano orde di ratti affamati; dormire significava concedersi a queste bestie fameliche. E così, in questa cella buia e fetida, il prigioniero combatteva da un lato contro i ratti e dall'altro contro il sonno, fino a che, stanco e finito, non lottava più.

Tortura tedesca: si legava un grosso gatto selvatico, chiuso in una gabbia, sull'addome nudo del prigioniero; poi la bestia veniva tormentata e punzecchiata finche preso dalla furia e dalla disperazione strappava con le unghie e con i denti la carne della vittima sotto di sé, rosicchiando fino alle budella.

Tortura olandese: una variante della tortura tedesca, ma più disgustosa. La vittima, spogliata, veniva legata a mani e piedi e posta supina su un piano rigido; un vaso di ferro, pieno di ghiri e ratti, veniva capovolto sullo stomaco del prigioniero. Il passo successivo consisteva nell'appiccare un fuoco a questo contenitore metallico, cosicché le bestie, rese frenetiche dal calore e impossibilitate a scappare, dovessero scavarsi dei tunnel attraverso le viscere del condannato.



Edited by demon quaid - 10/4/2011, 20:05
 
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