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Torture medievali, Dove non arriva il demonio ci pensa l'uomo

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Demon Quaid
view post Posted on 5/9/2010, 21:40 by: Demon Quaid     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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In questo topic, continueremo a postare notizie e immagini sulle torture. Ovviamente come potrete riscontrare da soli, è facile che talvolta possano anche capitare gli stessi argomenti, solo che vengono postati in modi diversi e questo potrebbe aiutare a capire ancora meglio le tecniche che venivano usate a quei tempi.

Scorticamento

La pelle del condannato veniva tolta a strisce con svariati strumenti.

Allungamento o Cremagliera

Si trattava di un modo semplice per estorcere confessioni. Il condannato veniva posto su una tavola e legato ai polsi e alle caviglie con corde che venivano tirate da parti opposte con argani; in questo modo era "tirato" fino alla morte. In alcune varianti, dei rulli venivano passati sopra la tavola (e in modo preciso sul corpo) fino a slogare tutte le articolazioni.
Taglia lingua
La lingua del condannato veniva recisa con strumenti di vario tipo.



Mutilazione



Si utilizzavano diverse armi con le quali il carnefice eseguiva la condanna alla mutilazione, riservata solitamente agli indigenti che non avevano i mezzi per pagare forti multe. In alcuni casi il carnefice cavava gli occhi, tagliava orecchie e nasi. Ai ladri colti in flagranza era tagliata la mano sinistra la prima volta e, in caso di recidiva, la mano destra.


Cintura spinata



Si trattava di un collare munito internamente di aculei. Era utilizzato come punizione per coloro che violavano la disciplina ecclesiastica o familiare, agli ubriachi, alle donne litigiose e alle prostitute. Si restava prigionieri del collare e oggetto del pubblico dileggio fino ad un periodo massimo di sei settimane. Spesso il reo era obbligato a portare sul petto un cartello sul quale era indicato il motivo della condanna.
Veniva anche utilizzato come strumento di esecuzione. l'erosione fino alle ossa della carne del collo, della mascella e delle spalle, la cancrena dilagante, la setticemia febbrile, portavano al collasso letale in breve tempo.
Di solito la sua immagine era infissa ai muri delle chiese, dei cimiteri, alle porte delle prigioni o nelle piazze frequentate dai mercanti.

Cintura di contenzione



Queste strumento veniva applicato alla vita delle vittime, i cui polsi si serravano negli appositi anelli ai fianchi. L'imprigionato veniva così sottoposto alle torture oppure abbandonato a morire.

Pinze e tenaglie arroventate



Le tenaglie roventi erano per lo più adoperate per amputare e contemporaneamente cauterizzare le ferite, così da evitare il rapido dissanguamento delle vittima.
Tutto quello che era asportabile veniva rimosso per mezzo di pinze roventi, a cominciare dalla lingua, per continuare con gli occhi e via di seguito senza, naturalmente, tralasciare i genitali.
Spesso le torture rendevano storpi e sciancati per il resto della loro vita coloro che le avevano subite, se era loro concesso di vivere. Più spesso, quelli che alla fine confessavano anche colpe che non avevano commesso, preferendo la condanna al protrarsi dei tormenti, venivano condotti al rogo legati a una scala, che svolgeva le funzioni di barella, perché ridotti a un insieme di membra slogale, spezzate e piegate, e incapaci di articolare un solo movimento.



La sega


In un primo momento il condannato veniva lacerato per mezzo di una sega al livello dell'addome ma ben presto questa metodologia venne abbandonata per lasciar spazio alla segatura del condannato appeso a testa in giù, con le gambe divaricate, iniziando a tagliare in due verticalmente, partendo dai genitali fino ad arrivare alla testa. In questo modo si aumentava la quantità di ossigeno apportata al cervello e si diminuiva la possibilità che il condannato svenisse o perdesse conoscenza, in modo tale da prolungarne la folle agonia: i nervi si scorticavano immediatamente, le ossa si fracassavano schiantandosi e le arterie, lacerate, zampillavano sangue. Talvolta la vittima rimaneva cosciente finché la sega arrivava allo sterno stando a testimonianze del primo Ottocento. Inoltre segare un condannato era una tecnica di tortura facile da eseguire e che necessitava di uno strumento reperibile in qualsiasi casa.
Venivano puniti con la sega coloro che si erano macchiati di ribellione, coloro che avevano disubbidito agli ordini militari, coloro che venivano accusati di stregoneria, oltre agli omosessuali a cui venivano devastati i genitali.
La Bibbia ci insegna (II Samuele 12, 31) che Davide, re giudeo e santo cristiano, sterminò le popolazioni della città di Rabba e di tutte le altre città degli Amminiti, assoggettando chicchefosse "alla sega, ai rastrelli di ferro, alle scuri di ferro e alla fornace di mattoni". Questa specie di beneplacito poco meno che divino ha contribuito molto al diletto che la sega, la mannaia ed il rogo hanno da sempre suscitato in ambienti benpensanti. In Spagna, "la sierra" costituiva un metodo di esecuzione militare fino a tutto il Settecento. In Catalogna durante le campagne peninsulari di Napoleone e di Wellington nel 1808-14, i guerriglieri catalani assoggettarono alla sega decine e forse centinaia di ufficiali francesi, spagnoli ed inglesi. Nella Germania luterana la sega attendeva i capi dei contadini ribelli, ed in Francia anche le streghe ingravidate da Satana.


Lingua di capra


Tormento particolarmente diabolico. L'innocuo animale, tenuto a digiuno per diversi giorni, veniva condotto al cospetto dell'accusato, al quale si erano spalmate di sale le piante dei piedi. La capra, affamata, cominciava a leccare la pelle salata e spesso non si fermava finchè la sua lingua ruvida, dopo aver consumato la pelle e lo strato muscolare, non arrivava all'osso!

Il pendolo


Uno dei tormenti prediletti dagli inquisitori, e al quale raramente gli accusati sfuggivano, era la sospensione alla corda. Consisteva nel ripiegare le braccia del malcapitato dietro la schiena, legargliene una ai polsi e sollevato da terra per mezzo di una carrucola. Già da solo questo era un supplizio. La pena però non si esauriva qui, perché, quando la vittima era stata sollevata ad una certa altezza, si allentava improvvisamente la tensione in modo da lasciarla cadere con uno strappo, ma non fino a farle toccare terra. Il risultato è che l'omero fuoriesce dalle sue legature con la scapola e con la clavicola, una distorsione questa che crea orrende deformazioni del torace e della schiena, spesso permanenti. Il supplizio era particolarmente gradito agli accusatori perché la corde era si pericolosa, in quanto un inquisito vi poteva morire o uscirne irrimediabilmente disarticolato ma, nelle mani di un abile carnefice, che sapesse dosare gli strappi, il sistema era molto efficace per far confessare anche i più reticenti. E, nel caso di un accusato particolarmente cocciuto, presentava l'innegabile vantaggio di potervi inserire degli optional, come per esempio acqua gelida sulla schiena, sui muscoli e i nervi stirati e contratti. Se nemmeno l'acqua gelata sul suppliziato appeso aveva ragione sulla sua testardaggine nel rifiutarsi a confessare, si provvedeva ad appendergli ai piedi dei pesi, così da rendere più dolorosi gli strappi in caduta e, se ancora persisteva nel suo "errore", gli si poteva sempre accendere il fuoco sotto le piante dei piedi. Alcune varianti potevano essere le seguenti:
1- al condannato, appeso per i piedi, viene agganciato un pesante masso al collo; la vittima veniva strangolata e tormentata finché la colonna vertebrale non si schiantava.
2- il prigioniero veniva cosparso di miele ed altre sostanze dolci e lasciato in balia di molesti insetti come api, vespe e calabroni.
3- il condannato, sospeso per un piede, ha una gamba legata al ginocchio dell'altra mentre l'altra è appesantita da un oggetto metallico.
Vicino a Lindau, in Germania, un malfattore fu appeso al patibolo con delle catene di ferro e con ai piedi due grossi cani che, essendo tenuti senza cibo, se lo divoravano prima che egli stesso morisse di fame.

Corsetto del secondino


Veniva portato dalle guardie carcerarie. Si tratta di un corsetto di cuoio sul quale venivano applicate delle punte. In questo modo i secondini potevano entrare nelle celle dei carcerati senza il timore di venire aggrediti.



Ferri per marcare


Si tratta di una serie di strumenti in ferro utilizzati per bruciare la vittima e imprimergli nelle carni determinati simboli.


Anelli spaccatesta


Collocati intorno alla testa, gli aculei, sotto forza della stringitura a vite, intaccavano l'osso cranico, atto questo che, con la forza bilaterale congiunta ad aculei grossi, portava all'incrinamento e al distacco della calotta cranica.

Crocifisso simulato


Crocifisso con pugnale: crocifisso "simulato" che serviva per l'eliminazione dell'eretico.

Mordacchia con punta o briglia dei muti o delle comari


Secondo la tradizione, la mordacchia era adoperata per punire le donne litigiose e calunniatrici. Più probabile, invece, la tesi che la briglia fosse utilizzata per le donne accusate di stregoneria.

Impiccagione in gabbia


La vittima, spesso nuda, veniva rinchiusa in una gabbia ed appesa. Moriva di fame e di sete, di gelo e di scottature solari; spesso era stata anche torturata e mutilata. Il cadavere in putrefazione rimaneva appeso fino al distacco delle ossa.


Decapitazione con spada o mannaia


É forse il più antico dei supplizi capitali, quello universalmente conosciuto ed usato in ogni parte del mondo. L'esecuzione con questo strumento era riservata solo ai condannati nobili, mentre i plebei venivano giustiziati con procedure che comportavano lunghe agonie. Un boia, generalmente incappucciato, tagliava la testa del condannato con un'accetta. Molto diffusa in Inghilterra nel 1500-1600. Lo shock provocato alla colonna vertebrale poteva comportare l'immediata perdita dei sensi, ma potevano rendersi necessari parecchi colpi per provocare il distacco della testa. L'accetta usata per l'ultima decapitazione, avvenuta nel 1747, può essere vista alla Torre di Londra.

Spezzamento con la ruota ferrata


Questo supplizio, utilizzato soprattutto in Germania ed in Francia, consisteva in due fasi: la prima pubblica, per fornire gli opportuni esempi, in cui alla vittima venivano spezzati degli arti, la seconda in cui, legata la persona alla ruota e issata su un palo, veniva lasciata in balia di volatili e roditori.

Squartamento


L'eviscerazione era un metodo di esecuzione largamente diffuso.
L'addome veniva inciso e un capo degli intestini agganciato ad un ferro e lentamente avvolto sul tamburo del legno. La vittima rimaneva cosciente per lunghe ore e alcune volte la richiesta di giustizia veniva soddisfatta facendo ingoiare al prigioniero le sue stesse viscere, appena estirpate dal ventre.
Una variante era lo squartamento coi cavalli cui fu sottoposto Robert-François Damiens nel marzo 1757, per avere attentato alla vita di Luigi XV. L'esecuzione più in voga nel medioevo consisteva però nel seguente procedimento: il prigioniero veniva legato con una grossa fune, sia all'altezza delle braccia che delle gambe; le funi erano poi assicurate a una grossa sbarra di legno o di metallo che a sua volta veniva legata a dei cavalli, uno per ogni estremità della vittima. Poi li si costringeva a dare dei piccoli strattoni che l'obbligavano ad implorare pietà. Quando i carnefici si ritenevano infine soddisfatti, frustavano le bestie contemporaneamente, incitandoli in direzioni opposte, in modo da fare a brandelli le membra. Spesso e volentieri il corpo della vittima opponeva resistenza, cosicché i boia lo facevano a pezzi con delle accette, come fa un macellaio con la carne, fino a quando le membra si staccavano dal busto del prigioniero ancora vivo.

Il piffero del baccanaro


Strumento di ferro (anche di ottone e legno) a forma di tromba, trombone, flauto dolce, oboe, ecc di probabile origine olandese conosciuto già nel seicento come risulta da alcune stampe dell’epoca.
Veniva altresi usato per coloro che disturbavano le funzioni religiose oppure per punire i musicisti “rei” di cattive esecuzioni.
L'anello di ferro veniva serrato dietro il collo della vittima e le sue dita, dopo essere stati inseriti sotto gli archetti dell'apposita morsa in atteggiamento di suonatore, venivano strette a forza di vite secondo il piacere del boia, fino allo stritolamento totale.
Essenzialmente questo supplizio era una specie di berlina, con tutte le solite conseguenze penose e talvolta fatali, inflitta per delitti e peccati relativamente minori: litigiosità, bestemmia del primo grado, turpiloquio, disturbo della pace pubblica, e così via - vedi Maschere d'Infamia ed il Ceppo di Gogna.
In Italia, veniva spesso riservato a chi faceva baldoria e baccano davanti alla chiesa durante le funzioni; il termine "piffero del baccano" si riscontra in alcuni documenti bolognesi del primo Settecento. Nella Repubblica Veneziana, pesanti pifferi ferrosi e qualche grado di schiacciamento delle dita attendevano chi aveva fatto denuncia anonima infondata contro altri al Consiglio dei Dieci, "spinto da malizia, stizza o invidia".



Ghigliottina


Macchina per decapitazione, così chiamata dal nome del fisico francese Joseph-Ignace de Guillotin, che ne propose l’adozione nel 1789: siccome la decapitazione era considerata il metodo di esecuzione meno doloroso e più umano, Guillotin suggerì la costruzione di una macchina apposita.
Essa consiste di due travi parallele issate verticalmente, incavate al centro e unite in alto da una traversa, e di una lama obliqua, legata con una fune alla traversa. Il condannato pone il collo in una struttura tipo gogna dalla quale passerà la lama obliqua; liberata la fune, la lama svincola lungo le due travi e cade sul collo del prigioniero, tagliandoli di netto la testa, che cade nel cesto posto davanti alla ghigliottina.
Versioni diverse e rudimentali erano usate già nel '300 per l'esecuzione di nobili.

Edited by demon quaid - 18/7/2013, 21:24
 
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