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I Templari

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view post Posted on 9/10/2010, 17:04     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Il sigillo dei cavalieri: i due cavalieri sono stati interpretati come simbolo di povertà o della dualità del monaco/soldato
Croce usata dai templari

Quello dei "Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone), meglio noti come Cavalieri templari o semplicemente Templari, fu uno dei primi e più noti ordini religiosi cavallereschi cristiani.

L'origine di quest'ordine risale agli anni 1118-1120, successivi alla prima crociata (1096), quando la maggior parte dei cavalieri era tornata in Europa e le esigue milizie cristiane rimaste erano arroccate nei pochi centri abitati. Le strade della Terrasanta erano quindi infestate da predoni e Ugo di Payns, originario dell'omonima cittadina francese della Champagne, insieme al suo compagno d'armi Goffredo di Saint-Omer e ad alcuni altri cavalieri, fondarono il nucleo originario dei templari, dandosi il compito di assicurare l'incolumità dei numerosi pellegrini europei che visitavano Gerusalemme dopo la sua conquista. L'ordine venne ufficializzato il 29 marzo 1139 dalla bolla Omne Datum Optimum di Innocenzo II e definitivamente dissolto tra il 1312 e il 1314 dopo un drammatico processo.

Accanto alla croce rossa in campo bianco, fra i simboli dei templari c'era il beauceant.


Struttura dell'ordine



I templari nascono come ordine monastico-militare; la loro struttura trae ispirazione dall'ordine cistercense e trae sostegno dalla figura più rappresentativa che proprio in quegli anni di fondazione caratterizzava la cultura europea, il predicatore e teologo Bernardo di Chiaravalle (poi santo). Oltre i tre classici voti degli ordini monastici - povertà, obbedienza e castità - adottarono la regola benedettina e cistercense. Bernardo, che quasi subito divenne loro convinto sostenitore, nel suo De laude novae militiae indica ai cavalieri le attività da svolgere in tempo di pace e di guerra, l'alimentazione da seguire, l'abbigliamento da indossare nelle varie circostanze per ciascuna categoria di fratelli. I cavalieri ad esempio adottarono la veste bianca dei cistercensi sormontata da una croce rossa. Venivano reclutati soprattutto tra i giovani della nobiltà, desiderosi di impegnarsi nella difesa della cristianità in Medio Oriente. L'ordine militare così formato aveva una gerarchia assai rigida. I suoi membri, come in ogni ordine monastico, facevano voto di castità, obbedienza e povertà, lasciando all'ordine tutte le loro proprietà ed eredità.

La presenza dei templari sul territorio era assicurata dalle diverse sedi templari: le Precettorie, le Mansioni e le case fortezza o capitanerie (queste ultime due meno importanti delle precettorie), largamente autonome dal punto di vista gestionale. Nelle grandi capitali (Parigi, Londra, Roma e altre) vi erano, invece, le Case e ognuna di esse aveva il controllo di una delle sette grandi province dall'Inghilterra alle coste dalmate in cui i templari avevano diviso la loro organizzazione monastica. Al massimo del loro fulgore arrivarono presumibilmente ad avere centinaia di sedi distribuite capillarmente in tutta Europa e Medio Oriente, il che indica la loro notevole influenza economica e politica nel periodo delle Crociate.

La crescita dell'Ordine fu ulteriormente accentuata dal favore del papa Innocenzo II, che aveva concesso all'Ordine la totale indipendenza dal potere temporale, compreso l'esonero dal pagamento di tasse e gabelle, oltre al privilegio di rendere conto solo al pontefice in persona e di esigere le decime.


Vi erano quattro divisioni di confratelli nei templari:



* cavalieri, equipaggiati come cavalleria pesante
* sergenti, equipaggiati come cavalleria leggera, provenienti da classi sociali più umili dei cavalieri
* fattori, che amministravano le proprietà dell'Ordine
* cappellani, che erano ordinati sacerdoti e curavano le esigenze spirituali dell'Ordine. Qualunque cavaliere, in ogni caso, al momento della sua investitura faceva voto di castità, obbedienza e povertà.

Ciascun cavaliere aveva sempre due o tre sergenti che lo accompagnavano in battaglia e un gruppo di sei o sette scudieri per assisterlo sia in tempo di pace che di guerra. Alcuni confratelli si occupavano esclusivamente di attività bancarie, in quanto l'Ordine trattava frequentemente le merci preziose dei partecipanti alle Crociate. La maggioranza dei Cavalieri templari si dedicava tuttavia alle manovre militari. I templari usavano le loro ricchezze per costruire numerose fortificazioni in tutta la Terra Santa ed erano probabilmente le unità da combattimento meglio addestrate e disciplinate del loro tempo. Alcuni li considerano precursori dei moderni corpi speciali o unità d'élite.

Il maggiore influsso dei templari non fu comunque di tipo militare, quanto piuttosto di tipo culturale ed economico, sotto il profilo della diffusione di strumenti economico-finanziari, con la distribuzione del reddito attraverso la creazione di posti di lavoro: con le abbazie ed i loro terreni agricoli, con la costruzione delle cattedrali, l'ordine portò lavoro, reddito e sviluppo in molte parti d'Europa, attraverso una estesa rete di succursali.


Storia



«Nello stesso anno (1118), alcuni nobili cavalieri, pieni di devozione per Dio, religiosi e timorati di Dio, rimettendosi nelle mani del signore patriarca per servire Cristo, professarono di voler vivere perpetuamente secondo le consuetudini delle regole dei canonici, osservando la castità e l'obbedienza e rifiutando ogni proprietà. Tra loro i primi e i principali furono questi due uomini venerabili, Ugo di Payens e Goffredo di Saint-Omer...»

In queste righe, scritte alla fine del XII secolo, Guglielmo di Tiro narra i primi anni dei pauperes milites Christi. La sua Historia, però, compilata successivamente alla fondazione della Nova Militia e durante il regno di Amalrico I di Gerusalemme (1162-1174), come quella di Giacomo di Vitry, vescovo di San Giovanni d'Acri (Historia orientalis seu Hierosolymitani scritta nel XIII secolo) non conobbe gli anni in cui i primi cristiani giunsero in Outremer per la riconquista della Terrasanta e non vide la nascita di quegli Ordini che tanti onori meritarono sul campo.

La mancanza di documenti dell'epoca rende impossibile l'esatta ricostruzione dei primi anni dell'Ordine del Tempio, così come il numero esatto dei cavalieri che vi aderirono, e dunque è solo possibile impostare la ricerca attraverso ipotesi e supposizioni, basate sui diversi documenti successivi. La tradizione parla di nove cavalieri (Nove uomini aderirono a questo patto santo e servirono per nove anni in abiti laici che i credenti avevano dato loro in elemosina.), ma tale numero avrebbe un significato soprattutto allegorico.

Uno dei pochi documenti coevi all'epoca di fondazione fu il testo della regola dei templari, conosciuto come regola primitiva, approvato nel 1128 con il Concilio di Troyes e volgarizzato in antico-francese fra il 1139 e il 1148. Un testo che, seppur diffuso dagli stessi templari, poco aiuta ad identificare con esattezza i momenti della fondazione. Il terzo articolo di questa regola si riferisce al 1119 come anno di nascita dell'Ordine:
«...pertanto, in letizia e fratellanza, su richiesta del maestro Ugo de Payns, dal quale fu fondata, per grazia dello Spirito Santo, la nostra congregazione, convenimmo a Troyes da diverse province al di là delle montagne, nel giorno di S. Ilario, nell'anno 1128 dall'incarnazione di Cristo, essendo trascorsi nove anni dalla fondazione del suddetto Ordine.»


(Regola dei Templari)



Alcuni studiosi, comunque, propendono per la data del 1118. Sarebbe stato in quell'anno che il re Baldovino II di Gerusalemme avrebbe dato, secondo Giacomo di Vitry nel suo Historia orientalis seu Hierosolymitana, ai "poveri cavalieri di Cristo" alcuni locali del palazzo reale, situato in prossimità del Tempio di Salomone, dal quale l'ordine prese il nome. Gli anni più probabili vanno dunque dal 1118 al 1120.

La scarsa disponibilità di documenti non esime gli studiosi dal tracciare, comunque, una storia della sua fondazione, stando a testimonianze e scritti successivi, e alle motivazioni che spinsero alcuni cavalieri ad abbandonare gli agi di corte e ad abbracciare la povertà. Alla fine del 1099 - dopo che all'appello di Papa Urbano II nel concilio di Clermont, al grido "Deus lo volt", i cristiani riconquistarono la Terra Santa in mano agli infedeli - si presentò il problema di come difendere i luoghi santi e quei pellegrini che ivi giungevano da tutta Europa. Nacquero così i diversi Ordini religiosi. Il primo Ordine fu quello dell' Ordine dei canonici del Santo Sepolcro, fondato nel 1099 da Goffredo di Buglione. Successivamente vennero a costituirsi quello di San Giovanni dell'Ospedale, di Santa Maria di Gerusalemme o dei Teutonici e quello del Tempio.

L'Ordine, in ogni caso, assunse reale importanza solo a partire dal 1126, con l'ingresso del conte Ugo di Champagne, quando iniziarono a pervenire donazioni e lasciti.


La Cupola della Roccia



Il primo sigillo del nuovo Ordine rappresentava da una parte la Cupola della Roccia e dall'altra due cavalieri su un cavallo. Nel 1120, dinanzi al patriarca di Gerusalemme Gormond de Picquigny, pronunciarono i voti monastici, castità, povertà e obbedienza, a cui ne aggiunsero un quarto, "inusuale" per quei tempi e benedetto dalla Chiesa: la lotta armata senza quartiere agli infedeli. La loro costituzione fu sancita nel Concilio di Troyes nel 1128 e sostenuta da Bernardo di Chiaravalle con la sua De laude novae militiae.


La crescita dell'Ordine



Da allora, per oltre due secoli, i Cavalieri templari, grazie anche ai concili loro favorevoli (Concilio Pisano, 1135 e Lateranense II, 1139), acquisirono - attraverso lasciti, donazioni e altre forme di liberalità laiche ed ecclesiastiche - terre, castelli, casali in quantità tali da farli diventare l'Ordine più potente, dunque "invidiato" e temuto, dell'epoca. Essi avviarono con meticolosità e professionalità la loro organizzazione nell'intero Occidente, trasformandolo in un gran magazzino per l'approvvigionamento dell'Oltremare, costituendo in tutti gli stati d'Europa loro insediamenti agricoli, economici e politici.

L'Ordine approdò anche nel Regno di Sicilia e vi si diffuse in epoca normanna, successivamente al 1139, anno in cui fu raggiunta la pace tra Ruggero II d'Altavilla (fedele alla causa di Anacleto II) ed Innocenzo II. La Puglia fu la regione italiana che prima fra le altre accolse le domus gerosolimitane rosso-crociate grazie all'importanza strategica e commerciale dei suoi porti e delle sue città. Tutto il Meridione d'Italia venne compreso inizialmente nella provincia templare d'Apulia e, solo in epoca sveva, indicato quale provincia d'Apulia e Sicilia. Tra le prime fondazioni dell'ordine, oltre quella di Trani, va ricordata la casa di Molfetta (documentata nel 1148), Barletta (1169), Matera (1170), Brindisi (1169) con possedimenti nel leccese, Bari, Andria, Foggia (nel periodo di transizione normanno-svevo), Troia (anteriore al 1190) e Salpi (documentata nel 1196). Tra le sedi più importanti, va menzionata la Casa Templare di Barletta, che ricoprì il ruolo di Casa Provinciale sino al processo del 1312.

Essi si affermarono in combattimento come nella conduzione e nell'organizzazione agricola. Le aziende agrarie del Tempio si chiamavano casali, grange, masserie. I casali della Puglia talora ricordavano le fattorie fortificate d'Outremer. I templari davano da lavorare le loro terre a concessionari (conductores); ma, dove il personale delle commende rurali era più numeroso, essi coltivavano direttamente il suolo. In tal caso, secondo il modello cistercense, si ricorreva al lavoro dei campi ai membri più umili dell'Ordine, quando non addirittura alla manodopera servile, rappresentata dai contadini Saraceni del regno di Sicilia o di Siria. L'allevamento del bestiame da carne, da latte, da lana e da lavoro costituiva una voce primaria nel bilancio del Tempio: le fertili campagne della Puglia offrivano ricchi pascoli alle mandrie di buoi e bufali di proprietà dei templari, mentre in Toscana le loro greggi di pecore praticavano la transumanza; allevamenti di suini nei boschi del Tempio erano infine segnalati in Piemonte, come in Sicilia. Le colture più diffuse erano quelle dei cereali, della vite, dei legumi. Generalmente in Italia la produzione agricola dell'Ordine serviva al consumo interno, le eccedenze erano destinate alla vendita e parte del ricavato veniva versato al tesoro centrale sotto forma di responsiones; ma è soprattutto dai porti della Puglia che nella seconda metà del Duecento salpavano navi cariche di cereali e legumi, per andare a rifornire le case dei templari in Siria, rese sempre più dipendenti dalle occidentali sotto l'aspetto alimentare a causa della progressiva perdita di territori e aree coltivabili a vantaggio dei Saraceni. Dopo la catastrofe del 1291 divenne Cipro la destinazione delle vettovaglie pugliesi.

Oltre che in Palestina, l'Ordine combatté successivamente anche nella Reconquista di Spagna e Portogallo, guadagnandosi estesi possedimenti e numerosi castelli lungo le frontiere tra le terre cattoliche e quelle musulmane. Arrivarono ad ereditare, insieme con gli altri Ordini militari, il Regno d'Aragona, che però rifiutarono dopo lunghe trattative.

Il nome con cui sono popolari allude al loro storico quartier generale nella Cupola della Roccia (Qubbat al-Sakhrā'), un santuario islamico in cima al Monte Moriah a Gerusalemme, che essi ribattezzarono Templum Domini (Tempio del Signore). La sommità è sacra ad ebrei e cristiani come Monte del Tempio così come ai musulmani, che usano il nome di Monte Majid (o al-Ḥaram al-Šarīf). I templari credevano erroneamente che la Cupola della Roccia costituisse i resti del biblico Tempio di Gerusalemme. Il Templum Domini con la sua pianta centrale divenne il modello per molte chiese edificate successivamente in Europa, come la Temple Church a Londra, ed era rappresentato in molti sigilli templari.

I templari erano identificabili per la loro sopravveste bianca, a cui in seguito si aggiunse una distinta croce rossa ricamata sulla spalla, che assunse infine grandi dimensioni sul torace o sulla schiena, come si vede in molte rappresentazioni dei cavalieri crociati.

Attività bancarie



I templari entrarono nelle attività bancarie quasi per caso. Quando dei nuovi membri si univano all'ordine, generalmente donavano ad esso ingenti somme di denaro o proprietà, poiché tutti dovevano prendere il voto di povertà. Grazie anche ai vari privilegi papali, la potenza finanziaria dei Cavalieri fu assicurata dall'inizio. Poiché i templari mantenevano denaro contante in tutte le loro case e templi, fu nel 1135 che l'ordine cominciò a prestare soldi ai pellegrini spagnoli che desideravano viaggiare fino alla Terra Santa.

Il coinvolgimento dei Cavalieri nelle attività bancarie crebbe nel tempo verso una nuova base per il finanziamento, dato che fornivano anche servizi di intermediazione bancaria.

Sotto l'aspetto economico-finanziario, i templari rivestirono un ruolo così importante da arrivare a "prestare" agli stati occidentali ingenti somme di denaro e gestire perfino "le casse" di stati come la Francia.

Un'indicazione dei loro potenti legami politici è che il coinvolgimento dei templari nell'usura non portò a particolari controversie all'interno dell'ordine e nella Chiesa in generale. Il problema dell'interesse fu generalmente eluso grazie ai complicati tassi di cambio delle valute e grazie ad un accordo con cui i templari detenevano i diritti della produzione sulle proprietà ipotecate.

Le connessioni politiche dei templari e la consapevolezza della natura eminentemente cittadina e commerciale delle comunità d'oltremare portarono l'Ordine a raggiungere una posizione significativa di potenza, sia in Europa che in Terrasanta. Il loro successo attrasse la preoccupazione di molti altri Ordini, come pure della nobiltà e delle nascenti grandi monarchie europee, le quali a quel tempo cercavano di monopolizzare il controllo del denaro e delle banche, dopo un lungo periodo nel quale la società civile, specialmente la Chiesa ed i suoi ordini, aveva dominato le attività finanziarie. Le tenute dei templari erano estese sia in Europa che nel Medio Oriente e tra queste vi fu, per un certo periodo, l'intera isola di Cipro.

La caduta e la soppressione dell'Ordine



L'Ordine dopo la definitiva perdita di Acri e degli Stati Latini in Terra Santa nel 1291 si avviava al tramonto: la ragione fondamentale per la quale era nato, due secoli prima, era ormai venuta meno. Il suo scioglimento, tuttavia, non fu mosso per via ordinaria dalla Santa Chiesa, ma attraverso una serie di accuse infamanti esposte dal re di Francia Filippo IV il Bello, desideroso di azzerare i propri debiti e impossessarsi del patrimonio templare, riducendo nel contempo il potere della Chiesa.
Il rogo sul quale arsero vivi l'ultimo Maestro Jacques de Molay e Geoffrey de Charnay, acceso su di una isoletta sulla Senna a Parigi, davanti alla Cattedrale di Notre Dame, il 18 marzo 1314

Il 14 settembre 1307 il re inviò messaggi sigillati a tutti i balivi, siniscalchi e soldati del Regno ordinando l'arresto dei templari e la confisca dei loro beni, che vennero eseguite il venerdì 13 ottobre 1307. La mossa riuscì in quanto viene astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari di Francia; i cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero arrestati.

Le accuse che investirono il Tempio erano infamanti: sodomia, eresia, idolatria. Vennero in particolare accusati di adorare una misteriosa divinità pagana, il Bafometto. Nelle carceri del re gli arrestati furono torturati finché non iniziarono ad ammettere l'eresia. Il 22 novembre 1307 il papa Clemente V, di fronte alle confessioni, con la bolla Pastoralis præminentiæ ordinò a sua volta l'arresto dei templari in tutta la cristianità.

Il 12 agosto 1308 con la bolla Faciens misericordam furono definite le accuse portate contro il Tempio. Il re fece avviare dal 1308 sino al 1312, grazie anche alla debolezza di papa Clemente V, diversi processi tesi a dimostrare le colpe dei cavalieri rosso-crociati di Parigi, Brindisi, Penne, Chieti e Cipro. Nel generale clima di condanna ci fu l'eccezione rappresentata da Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna e responsabile del processo per l'Italia settentrionale: egli assolse i cavalieri e condannò l'uso della tortura per estorcere confessioni (concilio provinciale di Ravenna, 1311).

L'Ordine fu ufficialmente soppresso con la bolla Vox in excelso[4] del 3 aprile 1312 ed i suoi beni trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri il 2 maggio seguente (bolla Ad providam). Jacques de Molay, l'ultimo gran maestro dell'Ordine, il quale in un primo momento aveva confermato le accuse, le ritrattò spinto da un'ultima fiammata di orgoglio e dignità, venendo arso sul rogo assieme a Geoffrey de Charnay il 18 marzo 1314 davanti alla cattedrale di Parigi, sull'isola della Senna detta dei giudei.

Filippo il Bello, distrusse il sistema bancario dei templari, e, benché una bolla papale avesse trasferito tutti gli averi dei Tempari agli Ospitalieri, riuscì ad addurre a sè parte del tesoro. Questi eventi e le originali operazioni bancarie dei templari sui beni depositati, che furono improvvisamente mobilitati, costituirono due dei molti passaggi verso un sistema di stampo militare per riprendere il controllo delle finanze europee, rimuovendo questo potere dalle mani della Chiesa. Visto il destino dei templari, gli Ospitalieri di San Giovanni furono ugualmente convinti a cessare le proprie operazioni bancarie.

Molti sovrani e nobili inizialmente sostennero i cavalieri e dissolsero l'Ordine nei loro reami solo quando fu loro comandato da papa Clemente V. Roberto I, re degli Scoti, era già stato scomunicato per altri motivi e quindi non era disposto a prestare attenzione ai comandi papali; di conseguenza, molti membri dell'Ordine fuggirono in Scozia ed in Portogallo, dove il nome dell'Ordine fu cambiato in "Ordine di Cristo" e si ritiene abbia contribuito alle prime scoperte navali portoghesi. Il principe Enrico il Navigatore (1394 - 1460) guidò tale ordine per vent'anni, fino alla propria morte. In Spagna, dove il re a sua volta si opponeva all'incorporazione del patrimonio templare da parte dell'Ordine degli Ospitalieri, l'Ordine di Montesa subentrò a quello dei templari.

I templari furono accusati di "connivenza col nemico", in quanto spesso strinsero rapporti di buon vicinato, se non di amicizia, con signori musulmani. Con alcuni di loro, come Usāma b. Munqidh, arrivarono a veri e propri favori, come quello di concedergli di pregare nella Cupola della Roccia, benché già trasformata in chiesa.

È tuttora aperto il dibattito sulla fondatezza delle accuse di eresia formulate agli appartenenti dell'Ordine. I templari furono accusati di rinnegare Cristo, di sputare sulla Croce, di praticare la sodomia e di adorare un idolo barbuto, il Baphomet o Bafometto. Il maestro Jacques de Molay, che aveva ceduto inizialmente di fronte alla marea di accuse, si riebbe e rigettò le sue parziali ammissioni. Ma era tardi, il rogo accolse il maestro e i suoi dignitari e l'Ordine fu sciolto.

Studi recenti accreditano sempre più la teoria secondo la quale la vera causa della fine dei templari fu dettata dalla volontà di impossessarsi del loro patrimonio, tesi peraltro già sostenuta da Dante Alighieri nel canto xx del Purgatorio, e si concretizzò attarverso una cospirazione indotta dal Re di Francia Filippo IV il Bello. Infatti, mentre il Re si trovava quasi in bancarotta, e il popolo francese era esasperato per la grave crisi economica, accentuata dalla svalutazione della moneta ad opera del Re medesimo, l'Ordine risultava proprietario di terre, castelli, fortezze ed abbazie: un tesoro immenso. Fu probabilmente il sovrano che, dopo aver tentato inutilmente di entrare a farne parte, incaricò i propri consiglieri (capeggiati dall'astuto Guglielmo di Nogaret) di formulare delle precise accuse contro l'Ordine e di richiedere l'intervento del papato, da poco trasferitosi in Francia. Quando la Chiesa si rese conto dell'errore nella condanna e di essere stata manipolata, fu troppo tardi.

La studiosa italiana Barbara Frale ha rinvenuto agli inizi degli anni duemila negli Archivi vaticani un documento, noto come pergamena di Chinon, che dimostra come papa Clemente V intendesse perdonare i templari nel 1314 assolvendo il loro maestro e gli altri capi dell'ordine dall'accusa di eresia, e limitarsi a sospendere l'ordine piuttosto che sopprimerlo. Il documento appartiene alla prima fase del processo, nella quale il pontefice ancora sperava di poter salvare l'ordine, seppure a costo di assoggettarlo ad una profonda riforma. L'inchiesta di Chinon, in ogni caso, ribadisce le pratiche indecenti e gli sputi sulla croce effettuate come rito d'iniziazione all'ingresso di un novizio nell'Ordine, pratiche di ancora dubbia origine e motivazione.


Ordini moderni e rivendicazioni di discendenza



Alla tradizione dei cavalieri templari si rifanno oggi numerosi e variegati gruppi e associazioni, talora rivendicando una qualche forma di derivazione diretta dall'ordine. Si tratta di un fenomeno moderno che va sotto il nome di templarismo o neotemplarismo, sorto a partire dal XVIII secolo in Francia, in coincidenza con la diffusione dell'Illuminismo.

Le moderne associazioni neotemplari sono laiche, e pur richiamandosi spesso ai valori religiosi cristiani e caritativi, non hanno alcun tipo di riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa cattolica. Altri gruppi neotemplari sono invece caratterizzati da uno stampo massonico e, specie nel mondo anglosassone, da un'aperta ostilità nei confronti della Chiesa cattolica. Occorre anche tenere presente che papa Clemente V con la bolla Vox in excelso, emessa durante il Concilio di Vienne del 1312, con la quale sopprimeva l’Ordine del Tempio, ha espressamente proibito qualsiasi forma di ricostituzione dello stesso, sotto pena di automatica scomunica, in modo perenne e irrevocabile.

Altra caratteristica che accomuna molti dei gruppi neotemplari è poi un'alta conflittualità l'uno rispetto all'altro, dato che molti di essi rivendicano di essere gli unici "autentici" eredi degli antichi templari, a scapito degli altri. A tutt'oggi non esiste tuttavia alcuna prova storicamente accertata della sopravvivenza dell'Ordine Templare dopo il 1314, né del resto appare possibile tracciare, dopo quasi sette secoli dall'abolizione di tale ordine religioso da parte del papa, una qualche forma di discendenza storicamente valida.

Molti gruppi neotemplari sostengono la tradizione che l'ordine sarebbe sopravvissuto nascostamente anche dopo la morte dell'ultimo Maestro, Jacques de Molay, il quale prima di affrontare il rogo avrebbe affidato la propria carica al cavaliere Jean-Marc Larménius (o de l'Armenie). Quest'ultimo avrebbe redatto una "Charta (la cosiddetta Charta di Larménius), che successivamente sarebbe stata via via firmata dai Maestri segreti succeduti nel tempo. La maggioranza degli storici tuttavia nutre forti dubbi sull'autenticità del documento, o la definisce apertamente un falso.

L'idea di una nascosta continuazione dell'ordine dei templari si è diffusa anche nella massoneria, in particolare in Francia e in Germania, e in alcuni casi riti massonici (come il Rito scozzese antico ed accettato e il Rito Scozzese Rettificato) adottano riferimenti templari. Alcuni ritengono che i templari siano all'origine sia dei riti che di vari rami cavallereschi della massoneria ma, malgrado alcuni storici abbiano tentato di disegnare una successione tra i due fenomeni storici, un collegamento di questo tipo non è mai stato provato; taluni studiosi che si sono occupati del problema, come Michele Moramarco, sono tassativi nel rigettare la "leggenda templare".

Leggende



La rapida successione dell'ultimo diretto re della dinastia dei Capetingi di Francia tra il 1314 e il 1328, i tre figli di Filippo il Bello, ha portato molti a credere che la dinastia fosse maledetta, da cui il nome di "re maledetti" (rois maudits). Infatti Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell'Ordine, mentre giaceva sulla pira, avrebbe maledetto il re Filippo e addirittura il Papa. Clemente in effetti morì un mese dopo di dissenteria e Filippo il Bello fu stroncato nel dicembre successivo dalle conseguenze di una caduta da cavallo. I commentatori dell'epoca, compiaciuti da un simile sviluppo della vicenda, riportavano spesso questa storia nelle loro cronache. Poiché, inoltre, sempre al momento della morte sul rogo, Jacques de Molay avrebbe dannato la casa di Francia "fino alla tredicesima generazione", in tempi più recenti si è diffusa la leggenda secondo cui l'esecuzione di Luigi XVI durante la Rivoluzione francese - che pose fine in qualche modo alla monarchia assoluta in Francia - sarebbe stata il coronamento della vendetta dei templari (alcuni storici sensazionalisti dell'epoca riportarono la notizia che il boia Charles-Henri Sanson, prima di calare la ghigliottina sulla testa del sovrano, gli avrebbe mormorato: «Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay»).

In realtà i Cavalieri templari in seguito alla loro scomparsa cessarono presto di fare notizia: già alla fine del XIV secolo ci si era dimenticati di loro e della loro triste fine. Solo molti secoli dopo, durante l'Illuminismo, il tema dei templari tornò in auge e la fama degli antichi cavalieri fu sommersa da leggende riguardanti segreti e misteri che si vogliono tramandati da prescelti fin dai tempi antichi. Forse i più noti sono quelli riguardanti il Santo Graal, l'Arca dell'Alleanza e i segreti delle costruzioni. Alcune fonti dicono che il Santo Graal sarebbe stato ritrovato dall'ordine e portato in Scozia nel corso della caduta dell'ordine nel 1307, e che ciò che ne rimane sarebbe sepolto sotto la Cappella di Rosslyn. Altre voci sostengono che l'ordine avrebbe ritrovato anche l'Arca dell'Alleanza, lo scrigno che conteneva gli oggetti sacri dell'antico Israele, compresa l'asta di Aronne e le tavole di pietra scolpite da Dio con i dieci comandamenti.

Questi miti sono connessi con la lunga occupazione, da parte dell'ordine, del Monte del Tempio a Gerusalemme come loro quartier generale. Alcune fonti[senza fonte] registrano che avrebbero scoperto i segreti dei maestri costruttori che avevano costruito il tempio originale e il secondo tempio, nascosti lì assieme alla conoscenza che l'Arca sarebbe stata spostata in Etiopia prima della distruzione del primo tempio. Viene fatta allusione a questo in rappresentazioni nella Cattedrale di Chartres (considerata con le cattedrali di Amiens e Reims come uno degli esempi migliori di gotico), sulla cui costruzione ha avuto grande influenza Bernardo di Chiaravalle, che fu egualmente influente nella formazione dell'ordine. Ulteriori collegamenti sia sulla ricerca da parte dell'ordine dell'Arca che della relativa scoperta degli antichi segreti del costruire sono suggeriti dall'esistenza della chiesa monolitica di San Giorgio (Bet Giorgis) a Lalibela in Etiopia, tuttora esistente, la cui la costruzione è erroneamente attribuita ai templari. Vi è allo stesso modo una chiesa sotterranea che risale allo stesso periodo ad Aubeterre in Francia. Si stanno poi sviluppando speculazioni sulla possibilità che i Cavalieri templari avessero intrapreso viaggi in America prima di Colombo.

Alcuni ricercatori e appassionati[senza fonte] di esoterismo hanno sostenuto che l'ordine sarebbe stato depositario di conoscenze segrete. Secondo costoro, nei 200 anni della loro storia i monaci-militari si sarebbero rivelati anche un'organizzazione sapienziale esoterica e occultistica, custode di conoscenze iniziatiche. In quest'ottica i templari sono stati collegati ad altri argomenti leggendari o fortemente controversi come Rosacroce, Priorato di Sion, Rex Deus, Catari, Ermetismo, Gnosi, Esseni e, infine, a reliquie o supposti insegnamenti perduti di Gesù tra cui la Sacra Sindone o il "testamento di Giuda". Alcuni ipotizzano che i Cavalieri del Tempio avrebbero avuto legami, oltre che con la tradizione esoterica di ispirazione cristiana ed ebraica, anche con organizzazioni mistico-esoteriche ispirate all'Islamismo.

La grande quantità di testi non rigorosi su questo tipo di teorie ha portato Umberto Eco ad affermare che "l'unico modo per riconoscere se un libro sui Templari è serio è controllare se finisce col 1314, data in cui il loro Gran Maestro viene bruciato sul rogo".

Forse l'unico mistero di cui si debba fare approfondimento è come un ordine di guerrieri esperti con un esercito senza precedenti si sia lasciato distruggere senza abbozzare la più timida reazione, benché le avvisaglie di cospirazioni nei loro confronti da parte di Filippo il Bello ci fossero e fossero note. Con ogni probabilità, non si ribellarono perché il papa aveva tolto loro il suo appoggio ed essi, essendo un ordine cristiano e il simbolo della lotta per la fede, non vollero opporsi alla decisione di Clemente V, di cui rispettavano e riconoscevano l'autorità papale.


I templari nei media



La suggestione per i Cavalieri templari e i misteri che sono stati a loro collegati (come il Graal) è un elemento centrale della trama di varie opere di fantasia, dai romanzi ai film, dai fumetti alle serie televisive. Celebri esempi ne sono il romanzo di Umberto Eco Il pendolo di Foucault (1988) e il film Indiana Jones e l'ultima crociata di Steven Spielberg (1989).

Una serie italiana a fumetti che ha esplorato a lungo i luoghi legati ai templari e i miti connessi è Martin Mystère, il detective dell'impossibile ideato da Alfredo Castelli nel 1982. Anche le serie di videogiochi Broken Sword (dal 1996)e il più recente Assassin's Creed ne parlano, così come la serie Knights of the Temple. Di recente l'interesse per il mito templare si è ulteriormente diffuso grazie alla sua riproposizione nel romanzo di Dan Brown intitolato Il codice da Vinci (The Da Vinci Code, 2003), trasposto in un film omonimo nel 2006, nel film Il mistero dei templari (National Treasure, 2004) e nella mini serie televisiva La maledizione dei Templari (2005).

Una delle poche, prime opere di fantasia interamente dedicata a quest'ordine è I figli della valle (Die Söhne des Thales, 1806) di Zacharias Werner, uno dei principali tragediografi del primo romanticismo tedesco e autore di numerosi drammi fatalistici. I sei atti di questo lunghissimo dramma sono imperniati sulla fine dell'ordine dei Templari, alla vigilia della partenza dell'ultimo maestro dell'ordine per la Francia dove troverà la morte. Al centro dell'opera spicca la figura carismatica di Jacques de Molay, con la sua rettitudine morale condotta fino all'estremo sacrificio. Il dramma suggerisce altresì un legame dei Cavalieri con i massoni (nella descrizione dettagliatissima, sebbene un po' fantasiosa, del cerimoniale di ammissione dei nuovi adepti che, per quanto basato sui documenti dell'epoca, presenta numerosi riferimenti a riti esoterici, soprattutto alla figura di Baffomet ed è per di più ambientato in una cripta sotterranea); allude anche ad una possibile sopravvivenza dell'ordine dopo la sua soppressione: alcuni testi fondamentali per l'ordine vengono infatti trafugati in segreto dal Gran Maestro e dai suoi sei sapienti e portati in Francia. Viene inoltre introdotta la figura di Robert d'Heredon, nobile scozzese espulso dall'ordine, che sarà presente all'esecuzione di Molay e porterà con sè i preziosi testi nella sua Madrepatria, dove secondo alcune leggende sarebbero ancora custoditi.


Gran maestri dell'Ordine del Tempio




1. Hugues de Payns (1118-24 maggio 1136)
2. Robert de Craon (1136-13 gennaio 1147)
3. Everard des Barres (1147-1151)
4. Bernard de Tremelay (1151-1153)
5. André de Montbard (1153-17 gennaio 1156)
6. Bertrand de Blanchefort (1156-1169)
7. Philippe de Milly (1169-3 aprile 1171)
8. Eudes de Saint-Amand (1171-18 ottobre 1179)
9. Arnau de Torroja (1179-30 settembre 1184)
10. Gérard de Ridefort (1184-1 ottobre 1189)
11. Robert de Sablé (1189-13 gennaio 1193)
12. Gilbert Hérail (1193-20 dicembre 1200)
13. Phillippe du Plaissis (1201-12 novembre 1209)
14. Guillaume de Chartres (1209-26 agosto 1218)
15. Pierre de Montaigu (1218-1232)
16. Armand de Périgord (1232-1244)
17. Richard de Bures (1244-1247) (?)
18. Guillaume de Sonnac (1247-3 luglio 1250)
19. Renaud de Vichiers (1250-19 gennaio 1252)
20. Thomas Béraud (1252-25 marzo 1273)
21. Guillaume de Beaujeu (1273-18 maggio 1291)
22. Thibaud Gaudin (1291-16 aprile 1292)
23. Jacques de Molay (1292-18 marzo 1314)


Luoghi templari




Elenco di alcuni luoghi in cui è storicamente accertata la presenza di sedi templari.



(Per un elenco di alcuni dei luoghi che sono stati associati ai Cavalieri templari nella tradizione, nelle leggende o nelle opere di fantasia, ma di cui non vi è una presenza storicamente accertata, vedi Leggende sui Templari).

Medio Oriente

Regno Unito



* Cappella di Rosslyn, Scozia
* Temple Church, Middle Temple e Inner Temple, Londra, Inghilterra
* Temple Dinsley, Hertfordshire, Inghilterra
* Hertford, Hertfordshire, Inghilterra
* Royston Cave, Royston, Hertfordshire, Inghilterra
* Cressing Temple, Essex, Inghilterra
* Templecombe, Somerset, Inghilterra
* Temple Balsall, Warwickshire
* Isola di Lundy, Devon, Inghilterra
* Westerdale, North Yorkshire, Inghilterra
* Great Wilbraham Preceptory, Cambridgeshire
* Abbazia di Bisham, Berkshire
* St. Mary's, Sompting, West Sussex, Inghilterra

Portogallo



* Convento di Cristo, Castello di Tomar e Chiesa di Santa Maria do Olival a Tomar
* Castello di Almourol, Idanha, Monsanto, Pombal e Zêzere
* Castello di Soure, Coimbra

Spagna



* Sistema di irrigazione in Aragona
* Iglesia Veracruz, Segovia


Altri



* Castello di Kolossi, Cipro
* Tempelhof a Berlino, Germania


Altri ordini monastico/cavallereschi




La novità assoluta rappresentata dai Templari fu quella che, per la prima volta, due dei tre grandi ordini su cui si reggeva la società medievale (Oratores, Bellatores e Laboratores) venivano riuniti insieme. Il principio su cui si basava questo ardito accostamento fu ideato da Bernardo di Chiaravalle, che attribuendo ai Templari il compito di proteggere i pellegrini che andavano verso i luoghi santi, non attribuiva la qualifica di omicidio alla morte dei sacrileghi assalitori, ma quella di malicidio.


Su questa falsariga nacquero altri ordini (o si trasformarono ordini preesistenti):



* Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme o Cavalieri Ospitalieri (ordine preesistente fondato dai mercanti di Amalfi)
* Ordine di Santa Maria Teutonica o dei Cavalieri Teutonici
* Ordine dei Cavalieri di Livonia o Cavalieri Portaspada, poi confluito nell'Ordine Teutonico
* Ordine Militare e Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme o Cavalieri di San Lazzaro


Successivamente allo scioglimento dei Templari nacquero altri ordini, specialmente nella penisola iberica i cui regnanti erano fortemente legati ai templari per il loro importante contributo alla reconquista, o furono utilizzati ordini preesistenti in cui far confluire i Templari dopo lo scioglimento dell'ordine:

* Ordine di Calatrava
* Ordine di Avis
* Ordine di Santiago
* Ordine di Montesa
* Ordine di Cristo
* Ordine di Alcantara


Il mistero di Ipazia, la prima Templare



Nel V Secolo d.C. una filosofa pagana fu la prima vittima del fondamentalismo cristiano: ma cosa c'era veramente dietro quell'omicidio brutale? E perché i suoi studi influirono così tanto sui futuri Templari?
Oggi si sa pressoché tutto dell'Ordine dei Cavalieri del Tempio: sebbene le origini siano incerte, comunque i motivi della fondazione di questi autentici campioni del mistero sono noti: come abbiamo anche noi più volte sottolineato, i Templari ambivano a recuperare l'Antica Religione, riscoprendo scoperte e nozioni forse antecedenti al Diluvio. Per farlo, si servirono del papato da un lato e di alleanze alquanto inconsuete dall'altro: Saraceni, Ebrei, Catari, persino i Mongoli di Gengis Khan portarono al Tempio un contributo formidabile in libri, papiri, pergamene... Ma qual era la base filosofica che spingeva i cavalieri dalla croce patente a rischiare processi per eresia (come è alla fine accaduto) per portare avanti il loro progetto? Chi poteva essere il precursore dei loro ideali, se mai vi fosse stato un ispiratore? Se certamente San Bernardo di Chiaravalle fu il principale "sponsor" della fondazione dell'ordine, senza dubbio le basi teoriche dei Templari risalgono a circa 700 anni prima, proprio in quell'Egitto che dell'Antica Religione è la culla. Andiamo quindi a "far visita" a Teone di Alessandria, un uomo che è passato alla storia come un eccellente matematico e astronomo, forse il più valente della tarda Antichità. Il suo "Commentario all'Almagesto di Tolomeo" è una delle opere astronomiche meglio realizzate sullo studio del Sistema Solare, fino alla teoria eliocentrica di Copernico… Nell'Alessandria d'Egitto del V Secolo CE, Teone rappresentava il fulcro del sapere, l'uomo più prestigioso di una scuola culturale che aveva nella Biblioteca il suo nucleo più vivido. I trecentomila rotoli di papiro che erano custoditi nel palazzo della Biblioteca racchiudevano un sapere antichissimo in quando raccoglievano tutti gli annali egizi dall'epoca del Diluvio in poi.
La filosofa Ipazia, come fu rappresentata da Raffaello ne "La Scuola di Atene".

L'incendio da parte dei soldati di Giulio Cesare prima e poi quello, assurdo per motivazioni, dei fanatici cristiani al soldo del vescovo Teofilo, avvenuto nel 392 CE, distrussero gran parte del materiale contenuto, però una significativa parte (anche se non ci è dato sapere quanti papiri) sopravvissero allo scempio e furono affidati ai singoli scienziati, nella veste di custodi del sapere in un'epoca di (nascente) barbarie. In effetti, l'Editto di Teodosio in cui si imponeva la religione cristiana all'Impero Romano risaliva solo al 380; e nel 392 come abbiamo ricordato Teofilo e i suoi seguaci irruppero nel tempio del Serapeo di Alessandria, dandolo alle fiamme e con esso gran parte della città, e dell'annessa Biblioteca, venne distrutta. Era la fine della Religione Pagana, antica di 5mila anni, ma più ancora era la fine di una cultura millenaria, quella egizia, che tanto aveva dato in termini di sapere all'Uomo. Ora i valori di riferimento non erano più la filosofia, la matematica, l'astronomia: le volontà cristiane imponevano a tutti ignoranza, penitenza, sofferenza, liberazione finale dai peccati: il sapere era maligno, luciferino, inadatto al volgo. Qui nacque l'idea dell'Indice dei Libri Proibiti, che troverà la sua vera applicazione ai tempi dell'Inquisizione. Ma nel contesto dell'assolutismo protocristiano, anzi per l'esattezza un po' prima, nel 370, nacque la figlia di Teone, Ipazia.
Un'Alessandria che prima dell'imposizione del Dio Cristiano era un ambiente estremamente fertile e multiculturale, in cui fianco a fianco convivevano studiosi cabalisti ebraici, gnostici cristiani della Scuola Catechetica, che interpretavano le Scritture in maniera allegorica, e filosofi neoplatonici: tutti fieri delle proprie convinzioni ma anche al tempo stesso disponibili al confronto, su basi culturali, delle proprie idee. Ipazia, con un tale padre e anche con una madre assai aperta, crebbe tra libri e filosofi amici di famiglia e non stupì come, in pochi anni, divenne anche più brava del padre. La ragazza disdegnava la vita familiare, l'obbligo di sposarsi e avere figli: probabilmente come Saffo era lesbica ma non ebbe mai grandi amori, conducendo invece una vita assai proficua come libera pensatrice. Senza studiare deliberatamente la filosofia, si ritrovò così eccellente filosofa della corrente neoplatonica; attraverso lo studio dei testi di Teone e di altri frammenti della Biblioteca, divenne un'abilissima matematica e anche un'inventrice. A lei si attribuiscono l'astrolabio, l'idroscopio, il planisfero, benché su questa invenzione pesi il sospetto che fosse già stata inventata dai suoi antenati Egizi millenni prima e che dunque la sua fosse solo una riscoperta. Comunque sia, Ipazia divenne una libera pensatrice e una libera insegnante: in una maniera a dir poco pazzesca per una neoplatonica, si metteva a tenere lezioni di astronomia e filosofia a tutti, in mezzo alle strade; discuteva per le vie, spiegando a tutti, ricchi e mendicanti, donne e vecchi, le idee di Platone imparate ad Atene da Plutarco, idee contrapposte a quelle di Aristotele. Con gli ebrei discuteva di Sephirot e con i suoi correligiosi fedeli ai Neteru, gli Dei tradizionali egizi, parlava di teologia. In un certo senso, Ipazia rappresentava quell'ideale di donna-Sofia, di Sapienza che gli stessi Gnostici assimilavano alla Dea Iside che tanto, noi di Sator ws, conosciamo. Ipazia rappresentava ciò che la donna costituiva millenni addietro: una sacerdotessa della Madre Terra, che con gli strumenti del Sapere e della Logica riesce a trasmettere ai suoi simili le Verità dell'Universo. In questo senso Ipazia era vicina alla figura della strega, così come concepita dall'Inquisizione: una donna colta, consapevole e desiderosa di aiutare il suo prossimo con le sue arti. Ovvio fu che attorno a una tale figura Alessandria vide l'afflusso di un numero incredibile di sapienti.

Mentre in Occidente l'Impero Romano iniziava a soccombere sotto i colpi delle invasioni barbariche e mentre in Oriente il futuro Impero Bizantino acuiva le distanze con il regno gemello, ad Alessandria si realizzava il curioso caso di una donna estremamente dotta che divenne il motore culturale di un'intera regione. Lo stesso prefetto romano, Oreste, divenne un neoplatonico, amico intimo di Ipazia e frequentatore delle riunioni dei circoli filosofici. Fu per questo che un fanatico come il vescovo Teofilo, per quanto appoggiato dalla Chiesa di Roma e sostenuto dall'Imperatore d'Oriente, a parte l'incalcolabile perdita della Biblioteca e la distruzione del tempio di Serapide, poco o nulla poté per radicare il culto cristiano. Certo Teofilo era un uomo violento e circondato da individui loschi, ma i cristiani veri, immuni alle parole del vescovo, continuavano la loro vita multiculturale apprezzando quel miracolo che si stava realizzando. Purtroppo Teofilo morì nel 412 e al suo posto venne nominato un uomo ancor più violento. Roma, in disaccordo con le altre Chiese d'Oriente e contro tutti i consigli, nominò vescovo di Alessandria il nipote di Teofilo, un fanatico monofisita chiamato Cirillo. Era africano e aveva studiato assieme a Sant'Agostino, ma senza avere un interesse concreto per la teologia. Così, nominato in una piazza apparentemente così poco cristiana e molto gnostica come Alessandria, il neovescovo continuò, inasprendola sempre più, la politica del predecessore. I cristiani alessandrini della Scuola Catechetica non lo seguivano nelle sue idee fondamentaliste? Bene, Cirillo ebbe l'idea di "assoldare" dei derelitti e mentecatti da tutta la provincia romana, pagandoli con cibo e vestiti in cambio dei disordini che avrebbero dovuto creare…
Dopo aver perseguitato gli ebrei, scacciandoli dalla città e saccheggiandone le sinagoghe, aizzò la folla fanatica contro lo stesso prefetto Oreste, colpevole di aver arrestato uno dei "parabalanoi" (letteralmente parabolani, "barellieri", i seguaci del vescovo). Nei tumulti che seguirono Oreste fu ferito da un facinoroso che, arrestato dai soldati, fu messo a morte. Seguendo uno schema strategico di aumento della tensione, Cirillo celebrò un funerale da martire per il parabolano colpevole del ferimento, dimenticando che la religione ufficiale dell'Impero era la cristiana e che Oreste, obtorto collo, era cristiano! La misura era colma, la situazione era bollente, pronta a esplodere, ma ci fu chi quella bomba la disinnescò. Ipazia, con la sua solita arte mediatoria, riuscì a convincere il clero filognostico cristiano a richiamare una parte dei rivoltosi, in nome di una visione comune della vita cittadina. Benché in privato continuasse a praticare il suo culto, benché professasse convinzioni filosofiche di stampo platonico, Ipazia si disse convinta a realizzare nel pubblico un sincretismo tra le convinzioni di tutti. Una specie di Pax Deorum in cui le questioni metafisiche sarebbero state messe in secondo piano, in nome di uno sviluppo delle tematiche più pratiche in grado di aiutare il mondo civile. Un tema per nulla distante dalle idee templari o successivamente rosicruciane, che fanno del sincretismo e dell'allegoria strumenti comuni della loro teologia… Ma Cirillo, a tre anni dal suo insediamento, un giorno capì che Ipazia era il vero ostacolo alla sua ambizione. Un gruppo di monaci eremiti e di fanatici provenienti dalla Tebaide, guidati da Pietro il Lettore, un bel giorno assalì Ipazia per le strade di Alessandria, intenta come suo solito a insegnare filosofia e matematica ai suoi allievi. Colpita alla nuca dalla mazza ferrata di Pietro il Lettore, la donna fu denudata e trascinata dai cavalli fino alla chiesa di San Cesario. Qui, sul corpo ancora esanime, i cristiani inferociti riversarono la loro bestialità, facendo il corpo a pezzi a colpi di cocci e conchiglie. Il corpo di Ipazia, ridotto all'osso, fu infine gettato tra i rifiuti, in senso di ultimo disprezzo. Era l'8 marzo 415 CE: Otto Marzo, Festa delle Donne!

In tutto l'Egitto fu totale la costernazione, il prefetto Oreste non riuscì a provare che l'ordine di uccidere Ipazia fosse giunto da Cirillo e tutti i suoi tentativi, rivolti all'imperatore Teodosio II, di far dichiarare la legge marziale in città furono vani. Ma Teodosio II era giovane e imbelle, succube della sorella Pulcheria, devota ammiratrice di Cirillo… E così l'inviato imperiale per l'ordine pubblico, tale Edesio, se ne tornò a Costantinopoli con le tasche piene dell'oro donatogli da Cirillo e la Chiesa Alessandrina poté prendere il potere nella città del sapere e della cultura. Gli effetti della morte di Ipazia furono però devastanti. Filosofi, sapienti, letterati: tutti, in preda al panico e alla costernazione, abbandonarono Alessandria e la città morì culturalmente, in una letterale apocalisse della filosofia i cui effetti si sentirono per quasi mille anni. Alesandria morì, semplicemente; la città perse il suo ruolo di guida, di faro del sapere universale. Assieme ai letterati e ai sapienti che emigravano in ogni dove, la città fondata da Alessandro Magno per essere il centro culturale del mondo perse la sua essenza e rimase soltanto un porto ottimo per il commercio del pesce che i pescherecci portavano in grande quantità. La Scuola Neoplatonica tornò mestamente ad Atene, ospite di quel Teodosio II che aveva tradito l'Umanità intera con il suo appoggio interessato ai fanatici. Ma non per molto i filosofi rimasero nella città che fu di Platone: già nel 529, centoquindici anni dopo, Giustiniano li fece emigrare definitivamente. L'Imperatore Bizantino, in un eccesso di zelo cristiano, fece chiudere la scuola, anzi per meglio dire la "vendette" all'imperatore persiano Chosroe I, il quale era curioso di filosofia e garantì a tutti la facoltà di professare liberamente il platonismo. E' assurdo pensare che i filosofi occidentali più eclettici trovarono spazio là dove la tradizione aveva collocato il più formidabile nemico di quella Grecia di cui rappresentavano il supremo prodotto: fu la Persia a salvare il Platonismo e quando, cent'anni dopo, l'Impero Persiano fu assorbito dall'espansione musulmana, i filosofi poterono continuare i loro studi in un ambito anche più stimolante.

Ma torniamo a Ipazia per un istante. La sua morte non passò inosservata nel mondo religioso. Molti, anche tra i Cristiani, furono coloro che narrarono la cronaca della sua morte; tranne la cronaca idiota in tutto del vescovo Giovanni di Nikiu, indegna di un essere umano, tutte le descrizioni concordano sulla brutalità e sull'efferatezza dell'omicidio. Damascio, filosofo platonico, e Socrate Scolastico, avvocato cristiano di Costantinopoli, accusarono senza mezzi termini il clero alessandrino, specificando anche i benefici che esso avrebbe tratto dalla morte della donna. Erano accuse circostanziate, che da un lato non impedirono alla Chiesa Romana di santificare addirittura lo spietato Cirillo alla sua morte, avvenuta a metà del V Secolo (tranne poi condannarlo nel VI Secolo come eretico monofisita). Ma la difesa dell'operato di Ipazia da un altro punto di vista permase nel tempo e giunse all'epoca templare, quando certamente la visione della filosofa di sincretismo tra le religioni fu presa a modello dei rapporti tra l'Ordine del Tempio e le altre correnti musulmane ed ebraiche. In realtà, fu il Neoplatonismo a far breccia in Occidente; sebbene fortemente osteggiati e anche in parte affossati dall'Inquisizione, l'Idealismo platonico trovò nella nascente borghesia mercantile e nelle classi agiate non nobiliari degli attenti ascoltatori.
Il popolino lo si poteva tenere nell'ignoranza e nel terrore della punizione divina; i più ricchi (e in grado di studiare) non accettavano le ridicole visioni dei predicatori medievali, e così si formò un humus culturale che diede i suoi frutti a partire dal '400, ovvero cent'anni almeno dopo la disintegrazione dei Templari ad opera del re di Francia Filippo il Bello e del papa Clemente V (in mezzo, la caccia alle streghe, la Peste Nera e il rischio di estinzione dell'Uomo nell'Europa Occidentale). Furono gli Umanisti a riportare in auge l'idea di un essere umano soprannaturale, portatore di un'essenza divina e in grado, attraverso il suo libero arbitrio, di decidere il suo destino. "Homo faber fortunae suae", dicevano i Romani e questo ripetono, in pieno Rinascimento, anche Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Lorenzo de' Medici: fu qui che nacque idealmente la rivolta dei Protestanti, fu qui che l'idea di libertà ebbe la meglio sulla barbarie di chi invece considera gli esseri umani solo dei peccatori asserviti al demonio. In un certo senso, i Templari trovarono nel Rinascimento la realizzazione delle loro utopie; Ipazia stessa, dipinta incredibilmente nell'affresco di Raffaello "La Scuola di Atene", sembra ancor oggi parlarci e raccontarci il suo messaggio.

Un messaggio che fece di Ipazia una bandiera di lotta contro il fanatismo religioso, del sapere contro la stupida ferocia degli integralisti: una bandiera che fu dapprima impugnata dagli Illuministi e che divenne, nell'800, il simbolo del Paganesimo eroico, di quella "Cultura della Vergogna" (secondo la felice definizione coniata negli Anni '30 dall'antropologa Margaret Mead) che faceva dell'onore e della virtù il più sacro attributo, contrapposta alla "Cultura della Colpa" di origine ebraica che assecondava, in nome di un pentimento successivo, qualsiasi comportamento vergognoso che può definirsi peccato. Forse è questo il senso dell'Antica Religione: come ci insegnano gli Antichi Egizi e come abbiamo scoperto nei nostri viaggi alla scoperta dei misteri del mondo, l'Uomo è in potenza un Dio, ha al suo interno una particella di energia proveniente da dimensioni superiori ed è conducendo questa particella verso il suo luogo d'origine che si compie il nostro destino. Platone l'aveva intuito ai tempi di Atene; Ipazia cercava di confrontarlo con le convinzioni dei contemporanei, i Templari inserirono questo concetto nelle cattedrali gotiche, il Rinascimento lo inserì in quadri e opere d'arte. Ma solo oggi siamo in grado, forse, di realizzarlo appieno.


Il castello di Gisors ed il tesoro dei Templari



Se siamo appassionati di " gialli storici" e stiamo cercando una trama che possa intrigare il nostro senso del mistero non ci rimane altro da fare che studiare da vicino le vicissitudini che accompagnano da sempre i Templari e cercare di trovare una soluzione plausibile alla misteriosa scomparsa del Tesoro che avevano con loro!
Molti studiosi si sono interessanti a tale argomento….purtroppo senza molta fortuna…..il Tesoro esiste ma sembra essersi volatilizzato nel corso dei secoli!
Cosa accadde, infatti, ai beni dei Cavalieri Templari quando nel 1314 l'Ordine venne definitivamente distrutto da Filippo il Bello?
La storia tramanda che in parte furono distribuiti tra gli altri Ordini cavallereschi e tra la nobiltà francese ma il grosso dei loro Tesori fu nascosto in un luogo sconosciuto ai più….luogo rimasto segreto nei secoli! Un ulteriore riscontro storico ci arriva dagli atti di un processo dell'inquisizione ai danni di Jean de Chalon, cavaliere templare. Egli testimoniò che poco prima che il Papa ed il re di Francia si accanissero sull'ordine, un convoglio composto da tre carri partì verso la Manica per imbarcarsi su una delle 18 navi che li aspettavano…..tale convoglio non raggiunse mai una meta conosciuta!
Una delle tante plausibili soluzioni a tale enigma la fornì, nel 1962, lo storico ed occultista Gerard De Sede, nel suo volume " Les Templiers sont parmi nous" (I Templari tra noi) che divenne ben presto un best-seller al punto tale che la polemica che ne è scaturita rimane ancora aperta a distanza di anni.
L' occultista francese, grazie a certe informazioni avute da Lhomoy, un giardiniere , che aveva curato per anni i giardini del castello, era convinto che sotto le fondamenta di Gisors esistessero dei sotterranei misteriosi.

Il giardiniere, infatti, aveva scavato una galleria di 21 metri sotto una delle torri ed aveva trovato una grande cappella conteneva 13 statue (Cristo e gli apostoli?), 19 sarcofagi in pietra e 30 cofani di metallo in 3 file da 10. La galleria fu però subito fatta interrare, e nessuno gli credette. Soltanto dopo molte ricerche de Sede riuscì a trovare in un manoscritto del '600 le prove dell'esistenza storica della cappella: rinvenne la descrizione della "cappella di Santa Caterina", in cui si accennava fra l'altro a 13 statue e 19 sarcofagi.
A questo punto, De Sede insistette perché fossero svolte delle ricerche ma si scontrò con un muro di diffidenza e di omertà; soltanto nel 1970 venne data l'autorizzazione per effettuare degli scavi, che portarono subito alla luce 11.000 monete del XII secolo. Sei anni più tardi fu rintracciata una cripta rettangolare di 125 metri quadrati che non figurava in nessuna planimetria del castello, ma gli scavi vennero interrotti per ordine del governo e la notizia venne insabbiata.
Il Castello di Gisors, nella valle dell'Epte, è un tipico edificio templare a pianta rotonda: ne sono rimasti in piedi i muri perimetrali e la torre.
Già nel 1857, l'archeologo Gedeon Dubruil asseriva che, da esso, si diramavano vasti sotterranei….fu solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando un bombardamento scoperchiò parte di un cimitero sotterraneo merovingio che le sue affermazioni trovarono ufficialmente del credito.
Nessuno, fino ad oggi, è riuscito a svelare il mistero nascosto sotto il Castello in questione…..nessuno osa più avvicinarsi ai suoi sotterranei, che sembrano guardati a vista da figure evanescenti somiglianti a Cavalieri giunti da altri secoli ed altre dimensioni!!

Il misterioso documento Rubant



Il documento Rubant è uno di quei testi, ad oggi, posti in quel limbo tra realtà e incertezza, tra mistero e fantasia. Esistono poche notazioni sulla sua esistenza ma nessuna che ne confuti o certifichi l’esistenza. La templaristica moderna, ancor più, è piena di tranelli e trabochetti sovente creati ad arte da astuti registi altrevolte realizzati per certificare una presunta ed antica discendenza. Molto spesso ci troviamo davanti a qualcosa di infondato ed inconsistente. Circospezione e cautela, questi sono i principi entro cui muoversi. Una attenta analisi e verifica storica è altresì l’elemento corretto per procedere nella ricerca. Riportiamo per diritto di informazione questo testo dello scomparso Giuseppe Cosco, consci che non possono sussistere verifiche a quanto vi è scritto ma altrettanto che non è mai detta l’ultima parola per poter scoprire qualcosa che si avvicini ai suoi contenuti.




E’ il 18 marzo del 1314, a Parigi, quando su una piccola isola del fiume Senna vengono arsi sul rogo l’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari Jacques de Molay ed altri dignitari. Sui Templari sono stati scritti un numero incredibile di libri. Tanti sono i misteri ancora insoluti che avvolgono questo potentissimo Ordine di monaci-guerrieri. In cosa consisteva il loro terribile segreto? Esiste il favoleggiato tesoro dell’Ordine? Cosa si sa oggi di questi cavalieri?

Almeno a questa ultima domanda si può, forse, rispondere con quanto attesta il poco conosciuto “Documento Rubant”, che si basa su un testo datato 11 aprile 1308. Questo documento afferma, tra l’altro, che Filippo il Bello quando arraffò i documenti templari, senza saperlo, si impossessò di “autentici falsi, prodotti molto tempo prima, nel caso avvenisse un attacco incontrollabile ed imprevedibile all’Ordine”. Dunque, se il documento Rubant è vero, come sembra esserlo, sebbene sia sconosciuto alla maggior parte degli storici, della Milizia del Tempio si sa ancora poco, visto che si sono studiati solo dei falsi.
Quale terribile “segreto” difese con tale accanimento fino ad immolare la propria vita Jacques de Molay? Egli urlò ai suoi inquisitori, il 26 novembre del 1308: <<mi piacerebbe dirvi certe cose, se soltanto non foste le persone che siete, e se foste autorizzate a sentirli>>. Era forse il Graal, simbolo della conoscenza, ad essere così gelosamente custodito dall’Ordine? Il Santo Graal, scrive Introvigne: “non sarebbe solo il sangue più nobile, destinato a regnare sul mondo intero, ma – a chi sappia entrare in contatto con l’energia che sprigiona attraverso appositi rituali – garantirebbe perfino l’immortalità” (Il mito del Graal in “Storia”, n. 130, settembre 1998).

Robert Charroux ne: “Il libro dei segreti traditi” (Milano 1969) scrive: “I Templari erano considerati come i depositari e i continuatori di un <<mistero>> di un’importanza capitale e del quale nessun profano – fosse pure il re di Francia – doveva essere informato”. Da una dichiarazione resa al processo si viene a conoscenza di un fatto sbalorditivo. L’11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il maestro Radulphe de Praellis, giureconsulto, che affermò, sotto giuramento, che un cavaliere templare, di nome Gervais della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell’Ordine un terribile segreto di tale importanza che: <<avrebbe preferito perdere la testa piuttosto che rivelarlo; un punto così segreto che se il Re di Francia lo avesse visto, sarebbe stato messo a morte dai Templari che custodiscono il capitolo>>.

Alcuni storici sono del parere che esisteva una società segretissima ai vertici dell’Ordine e quelli dichiarati ufficialmente Gran Maestri non furono i veri capi dell’Ordine. Del resto come spiegare altrimenti quanto disse, nel corso dell’interrogatorio, il Gran Maestro Jacques de Molay e cioè: <<io sono solo un povero cavaliere illetterato>>? Gli fece eco il precettore d’Aquitania e di Poitou, Geoffroy de Gonnoville, che dichiarò: <<sono illetterato e quindi incapace di difendere l’Ordine>>. Jean Marquès-Rivière scrisse, che: <<esisteva in seno ai Templari un gruppo che perseguiva scopi segreti di potenza, sostenuti da un esoterismo rigoroso>>. Robert Ambelain fu della stessa opinione e lo storico tedesco Wilke, si spinge ancora più in là e dà, a tale gruppo, il nome di “Tempio Nero”.

Esisteva un “Ordine segreto” ai vertici dei Templari? Taluni studiosi ne sono convinti e asseriscono che si trattava del “Priorato di Sion” (Prieuré de Sion) che sarebbe ancora oggi operante e, tra i suoi occulti disegni, c’è quello di restaurare la dinastia merovingia non solo in Francia ma in tutta l’Europa. C’è da precisare che “la stirpe merovingia non si è estinta. Al contrario, si è perpetuata in linea diretta a partire da Dagoberto II e suo figlio, Sigisberto IV. Per mezzo di alleanze dinastiche e di matrimoni, la stirpe include Goffredo di Buglione, che nel 1099 conquistò Gerusalemme, e altre famiglie nobili del passato e del presente: Blanchefort, Gisors, Saint-Clair (Sinclair in Inghilterra), Montesquiou, Montpézat, Poher, Lusignano, Plantard e Asburgo-Lorena” (M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, Il santo Graal, Milano 1984). Ancora una teoria della cospirazione che si originerebbe nel buio di secoli lontani.

In poche parole tutto ciò significherebbe anche che L’Ordine del Tempio sarebbe stato creato dal Priorato di Sion. Ora c’è da porsi la domanda se esistono documenti che attestino la sua esistenza e la sua relazione con i Templari. Richard Andrews e Paul Schellenberger ci informano che l’esistenza del Priorato è molto bene comprovata da importanti documenti: “Il nome originale e l’organizzazione sono menzionati in uno statuto del 1152 e anche in una copia trecentesca di una precedente pergamena datata 1178. L’organizzazione sarebbe stata fondata con il nome di <<ordine di Sion>>, mentre il titolo di Priorato di Sion sarebbe stato adottato nel 1188. C’è chi ritiene si trattasse di un gruppo scissosi dai ranghi dei Cavalieri Templari, ma la cosa è controversa. La separazione dell’Ordine di Sion nel 1188 dal corpo principale dell’Ordine dei Templari sarebbe avvenuta in un episodio leggendario noto con il nome di <<taglio dell’Olmo>>” (R. Andrews e P. Schellenberger, Alla ricerca del sepolcro, Milano 1997).

Il problema è molto complesso, sembrerebbe anche certo che in seno all’Ordine si celebrassero culti segreti e che un esoterismo templare sia sicuramente esistito. Malauguratamente, come scrive Lavisse nella sua “Storia di Francia” il segreto sulle loro attività era assoluto infatti: “Tutti gli affari del Tempio venivano sbrigati nel più stretto segreto; la regola scritta esisteva soltanto in pochi esemplari; la lettura era riservata ai soli dignitari; molti Templari non ne avevano mai avuto conoscenza”. Il cavaliere templare Gaucerand de Montpezat, lontano antenato dei reali di Danimarca, asserì: <<abbiamo tre articoli che nessuno conoscerà mai, salvo Dio, il diavolo e i Maestri>>. E’ anche certo che i filosofi arabi abbiano influenzato i rudi soldati del Tempio. Sicuramente l’Ordine accolse elementi dottrinari e rituali dell’esoterismo orientale. Subì l’influsso delle confraternite esoteriche musulmane insieme al disegno di un’unificazione del mondo e di un nuovo ordinamento sociale.

Non è azzardato, a tal proposito, ricordare le ambizioni di Federico II di Hohenstauffen, il “Signore del Mondo”, imperatore di Germania, re dei Romani, re di Sicilia, re di Gerusalemme che, alla fine dell’XI secolo era una leggenda. Saba Malespini di lui scrive: “Questo Cesare che era il vero sovrano del mondo e del quale la gloria si era propagata in tutto l’universo, credendo senza dubbio alcuno di divenire simile agli dèi con lo studio delle matematiche, si mise a scrutare il fondo delle cose e i misteri dei cieli”. Il suo progetto fu forse proseguito dai Templari?

Federico II venne a conoscenza di qualcosa di terribile che celò in un anagramma, ancora oggi indecifrato. Nel suo Castel del Monte, in Puglia, interamente costruito secondo l’architettura del Tempio di Salomone (ecco le quattro misure-chiave: 60 – 30 – 20 – 12 cubiti), su una scultura femminile attorniata da cavalieri fece incidere queste misteriose lettere: D8 I D CA D BLO C L P S H A2. In questa enigmatica formula, riportata da Robert Charroux, è celato il segreto Di Federico II e di Castel del Monte.

Federico II, nel 1228, a San Giovanni d’Acri, pur essendo stato colpito da scomunica papale, aveva ugualmente partecipato alla Tavola Rotonda del meglio della Cavalleria mondiale: Templari, Ospedalieri, Teutonici, Fàlas saraceni, Turchi, Batinyah (Assassini o Hassaniti), Rabiti di Spagna, ecc., tutti dalla Pactio Secreta (Patto Segreto). E’ all’opera la filiazione della Cavalleria con Ordini iniziatici segreti. In fondo i Templari furono perduti dalla loro dottrina, dal loro esoterismo e da un inconfessabile “segreto” che ne determinarono la distruzione. E’ più che probabile supporre che la milizia del Tempio ebbe collegamenti oscuri con misteriose catene iniziatiche e praticò rituali segretissimi.

Tra i loro fini, vi era anche quello di assoggettare il mondo ad un’autorità suprema. “Sembra effettivamente – continua Charroux – che il sogno più grande dell’Ordine, lo scopo supremo della sua attività, sia stato quello di far risorgere il concetto dell’Impero… vale a dire l’Oriente islamico e l’Occidente cristiano… Una sorta di federazione di stati autonomi posti sotto la direzione di due capi, l’uno spirituale, il Papa; l’altro politico, l’Imperatore, tutti e due eletti e indipendenti l’uno dall’altro. Sopra il pontefice e l’imperatore, un’autorità suprema, misteriosa”. Chi era questa misteriosa autorità suprema?

I Templari erano profondi nell’esoterismo, è grazie alla loro influenza che la setta catara degli Albigesi, “divenne essenzialmente un movimento sufi, con una concezione dell’uomo plasmata in tutto e per tutto sul modello ideale del Pir e cioè del <<grande saggio>> delle sette sufi. Inoltre il potere magico da esse attribuito al Sacro Graal (il vaso utilizzato da Gesù per l’ultima cena e nel quale sarebbe stato raccolto il suo sangue) eguagliava perfettamente quello attribuito al Khidr, e cioè al verde manto fiammeggiante del paradiso sufi. Analoghe ancora a quelle sufi furono le teorie catare sulla creazione di una società di tipo teocratico…” (Carlo Palermo, Il quarto livello, Roma 1996).

Ancora occulti e indecifrabili segreti. Enigmi irrisolti come quello relativo al favoloso tesoro dei templari. Essi avevano raggiunto una grande ricchezza, si mormorava che praticassero l’arte dell’alchimia. Nello scorso secolo una strabiliante scoperta diede maggiore credito a questa ipotesi; furono trovate, dove avevano sede due importanti commende dell’Ordine, in Borgogna, ad Essarois, e in Toscana, a Volterra, due antichi piccoli scrigni, illustrati con figure e simboli alchemici. Lo studioso von Hammer affermò che gli scrigni erano senza dubbio di origine templare. Un’altra eccezionale scoperta la si deve a Theodor Mertzdorff, insigne studioso tedesco che, nel 1877, diede alle stampe un documento templare, ritrovato ad Amburgo, che raccoglieva una serie di regole. Ecco cosa dice l’articolo 19: “E’ fatto divieto, nelle commende, in cui tutti i fratelli non sono degli eletti o dei consolati, di lavorare alcune materie mediante la scienza filosofale, e quindi di trasmutare i metalli vili in oro o in argento. Ciò sarà intrapreso soltanto in luoghi nascosti e in segreto”.

Si racconta che l’ultimo Gran Maestro de Moley scelse il villaggio francese di Arginy per far nascondere il “tesoro” dell’Ordine da due cavalieri. Arginy negli oscuri sotterranei del suo castello, che poggia sopra una ragnatela di gallerie segrete, che Daniel Réju descrive: <<isolato nella pianura, tra Aone e Beaujolais>>, deve celare qualcosa di inimmagginabile. La “Torre delle Otto Bellezze”, anche detta la “Torre dell’Alchimia” per i misteriosi segni magici e simboli alchemici disegnati su quei mattoni, è la costruzione più antica del castello e fu oggetto di lunghe visite di studiosi ed esoteristi, tra cui, due personaggi d’eccezione, Eugéne Canseliet e Armand Barbault.
Cosa questi alchimisti trovarono o decifrarono non fu detto. Il favoloso “tesoro” dei Templari rimane ancora un mistero insoluto o potrebbe aver ragione André Douzet quando scrive: “Forse l’autore francese Robert Charroux trovò la chiave quando decifrò questo passaggio dal libro di Breyer: <<pensa intensamente: la grande arte è Conoscenza>>”. La conoscenza di misteri sublimi e oltremodo pericolosi se ancora oggi sono sigillati in un fitto “segreto”. E’ un segreto inviolabile che sembra riecheggiare le parole di Ja’far Sadiq (ob. 148/765): “La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può insegnare: è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto”.
 
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view post Posted on 6/4/2011, 16:57     +1   -1
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I graffiti templari di Chinon



Chinon è una ridente cittadina francese posta nel dipartimento di Indre-et-Loire, all’incontro di due fiumi, Loira e Vienne. Nel XII sec. faceva ancora parte del regno di Angiò, annesso al regno d’Inghilterra. L’imponente castello che la domina risale a questo periodo, quando la città venne scelta come residenza preferita dal re Enrico II, cui si deve la costruzione della maggior parte del fortilizio. Con la morte del re, a seguito della ribellione dei suoi due figli Giovanni e Riccardo, appoggiati dal re di Francia Filippo Augusto, il castello passò a quest’ultimo, che operò alcune modifiche e, soprattutto, costruì agli inizi del XIII sec. il massiccio torrione occidentale detto del Coudray. Nell’ottobre del 1307 la polizia reale, aprendo gli ordini sigillati giunti in gran segreto in tutta la Francia dal re Filippo il Bello, si appresta ad arrestare tutti i Templari. Il Gran Maestro, Jacques De Molay, e le eminenze più importanti dell’Ordine, in numero di 72, vengono prelevati da Parigi, dove erano stati riuniti, per essere condotti a Poitiers, dove in quel momento risiedevano sia il Re, sia il Papa Clemente V. Durante il tragitto, in prossimità di Chinon, De Molay venne colto da malore, ed il corteo si fermò presso il castello. Molti di loro rimasero imprigionati nel torrione del castello fino alla primavera del 1309, ed oggi si è quasi unanimemente convinti che fu uno di loro a tracciare su una parete della cella i graffiti che hanno reso famoso questo luogo.

Si distinguono, in realtà, due grandi insiemi di petroglifi: il maggiore, che occupa una vasta area della parete che si trova sulla sinistra della porta d’ingresso, ed il minore, che presenta simboli sparsi sulla parete di fronte all’entrata, nella strombatura degli archetti di fronte all’ingresso e sul pianerottolo della scala che conduce al piano superiore.24

Il primo gruppo di graffiti occupa un’area di circa 85 cm per 70, disposta su due file di pietre. Vi si trovano, nella fila superiore, un personaggio inginocchiato munito di aureola, di fronte a tre simboli: una croce con un piccolo cerchio alla base, che sorregge una sfera più grande contenente due linee ondulate ed una coppia di punti, il monogramma IHS ed una piccola croce alla base, sorretta da due gradini, che reca i simboli della Passione di Cristo: i chiodi, la spugna e la lancia, ma non il corpo di Gesù. Il personaggio reca con sé uno scudo ovale, diviso in otto spicchi da altrettanti raggi che ricordano, con questa forma, il simbolo della Stella Polare, della Ruota Solare o, come vedremo più avanti, del Centro Sacro. Dietro di lui una croce più grande è posta all’interno di una profonda cavità scavata nella pietra, innalzata su una roccia formata da piccoli blocchi. Più dietro ancora, una replica molto più grande della croce che si trova davanti al personaggio, con gli stessi segni della Passione e la lancia inclinata verso il punto dove dovrebbe esserci il costato del Cristo, se esso fosse presente sulla Croce. Alla base della croce, la scritta “Io chiedo a Dio perdono”. L’analisi paleografica di questa scritta permetterebbe di datare l’insieme di affreschi ai primi anni del XIV secolo. L’ultimo graffito sulla destra, rappresenta due personaggi in abiti monacali, aureolati, uno dei quali è inserito all’interno di una linea ondulata. Nella seconda fila di pietre, più in basso, vediamo sulla sinistra due simboli quadrati, uno più piccolo, diviso in otto parti dalle diagonali e dalle mediane, ed uno più grande formato da quattro repliche affiancate del precedente: vedremo meglio questi simboli (che chiameremo “Centri Sacri”) nel prossimo capitolo. Al fianco, un altro personaggio di aspetto monastico, di cui vediamo soltanto il volto e l’aureola, che contempla una specie di cuore o mandorla raggiante, profondamente scavata nella roccia. Altri simboli ricorrono qua e là nel quadro complessivo, come mani tagliate, circoli sormontati da croci ed uno scudo col giglio di Francia.

Il secondo gruppo di graffiti, invece, è formato per lo più da emblemi araldici, in forma di scudo, ma tra essi compaiono un altro quadrato ripartito e due varianti della Triplice Cinta che abbiamo qui riprodotto. Questa serie di graffiti non necessariamente risale allo stesso periodo e dalla stessa mano, ma è certo che, data la posizione (in verticale o nelle strombature degli archetti) e il contesto (una torre di prigionia) collocano il loro senso in ambito simbolico, e non certo ludico.

Resta un unico dubbio: se è quasi certamente possibile attribuire ai Templari la realizzazione del graffito grande, che comprende i due esemplari di Centri Sacri, non si può essere altrettanto sicuri che le Triplici Cinte sul lato opposto della parete siano state tracciate dalla stessa mano. Ad ogni modo, il caso di Chinon rappresenta un buon punto di partenza per ipotizzare che il simbolo della Triplice Cinta, nel periodo attorno al XIII sec., venisse usato in senso simbolico più che come semplice passatempo. Si noti, ad ulteriore conferma, la presenza nello schema di sinistra, nella Fig. 11, di quattro archi di cerchio assolutamente inessenziali ai fini del gioco, ma che certamente avevano un senso specifico. Lo stesso Charbonneau-Lassay, nel suo articolo sulla Triplice Cinta nell’emblematica cristiana affermerà, in proposito, di non comprenderne assolutamente la funzione.
 
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view post Posted on 8/1/2013, 23:26     +1   -1
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CAVALIERI TEUTONICI




L'ordine dei Cavalieri Teutonici di Santa Maria dell’Ospedale di Gerusalemme (nome ufficiale in latino: Domus Sanctae Mariae Theutonicorum Hierosolymitanorum), o in breve l'Ordine Teutonico, fu un ordine monastico militare tedesco.

Fu formato all’epoca della Terza Crociata per assistere i pellegrini tedeschi che si recavano in Terra Santa e per prestare assistenza ospedaliera ai malati e ai feriti. L'insieme dei Cavalieri Teutonici fu sempre piccolo ed ogni volta che vi fu bisogno, volontari o mercenari aumentarono le forze militari. Formatosi alla fine del XII secolo ad Acri, nel Levante, i Cavalieri Teutonici svolsero un ruolo importante nell’“Outremer”, controllando il porto di Acri.

Dopo che gli eserciti cristiani furono sconfitti in Medio Oriente, i Cavalieri Teutonici si spostarono verso la Transilvania nel 1211 invitati da Andrea II Re d’Ungheria che offrì loro il territorio del Burzenland in Transilvania, in cambio di un appoggio militare contro i Cumani.

L'Ordine allora generò lo Stato Monastico dei Cavalieri Teutonici nel territorio conquistato e successivamente conquistò Curlandia, Livonia e l'Estonia.

I Cavalieri Teutonici persero il relativo scopo principale in Europa con la cristianizzazione della Lituania.

I Cavalieri Teutonici furono implicati nelle campagne contro i relativi vicini cristiani, nel regno di Polonia, nel Granducato della Lituania e nella Repubblica di Novgorod (dopo l'assimilazione nell'Ordine di Livonia – Cavalieri Portaspada).

Nel 1241 i Cavalieri Teutonici unirono le loro forze a quelle della Polonia nel tentativo di contrastare i Mongoli guidati da Batu Khan; la battaglia che ne seguì terminò con una sanguinosa disfatta per le forze della coalizione e lo stesso duca di Slesia Enrico II Il Pio perse la vita nello scontro, avvenuto a Liegnitz, nei pressi dell'attuale Wahlstadt.

Nel 1242 la disfatta del Lago Peipus, presso Vybiti, subita dai Cavalieri Teutonici da parte di Aleksandr Nevskij, principe di Novgorod, segnò una battuta di arresto nella loro espansione verso est.

La conquista di Konigsberg (1255), venne seguita nei decenni immediatamente successivi dall'occupazione dell'intera Prussia Orientale e di ampie zone della Pomerania.

L'apogeo della potenza dei Cavalieri Teutonici fu raggiunto nel corso del XIV secolo, allorché fu completata la conquista della Livonia (città di Narva e Reval - Tallin) e furono annessi alcuni importanti nuclei urbani lituani, fra cui la città di Kaunas.

Nel 1402 venne effettuata l'ultima importante annessione: il territorio imperiale della Neumark (Brandeburgo).

I Cavalieri Teutonici ebbero una forte base economica, impiegarono mercenari per aumentare le loro imposizioni feudali e si trasformarono in una potenza navale nel Mar Baltico.

Il 15 Luglio 1410, un esercito Polacco-Lituano sconfisse decisivamente i Cavalieri Teutonici rompendo il relativo potere militare nella battaglia di Grunwald (Tannenberg). Nel 1515, l’Imperatore del Sacro Romano Impero, Massimiliano I fece un'alleanza con Sigismondo I Jagellone Il Vecchio Re di Polonia e Lituania.

Da allora in poi il Sacro Romano Impero non sostenne più i Cavalieri Teutonici contro la Polonia. Nel 1525, il Gran Maestro Albrecht von Brandenburg-Ansbach si dimise e si convertì al Luteranesimo, diventando Duca di Prussia.

I Cavalieri Teutonici mantennero considerevoli tenute nelle regioni cattoliche della Germania fino al 1809, quando Napoleone Bonaparte ordinò lo scioglimento dell’Ordine perdendo le ultime tenute secolari. I Cavalieri Teutonici continuarono a esistere come corpo caritatevole e cerimoniale. Fu proscritto da Hitler nel 1938, ma fu ristabilito nel 1945. Oggi ha soprattutto obiettivi caritatevoli nel Centro dell’Europa. I Cavalieri Teutonici portarono “surcot” bianchi con una Croce nera.

Una Croce Patente nera fu usata come stemma sulle loro vesti; questa fu successivamente usata per la decorazione militare e le insegne dal regno della Prussia e della Germania come Croce di Ferro. Il motto dei Cavalieri Teutonici fu : "Helfen, Wehren, Heilen". Nel 1143 Papa Celestino II ordinò ai Cavalieri Ospitalieri di assumere la direzione dell'amministrazione di un ospedale tedesco a Gerusalemme, che, secondo le cronache di Jean d'Ypres, vi erano pellegrini tedeschi, molti crociati che parlavano la lingua locale (cioè francese antico) e il Latino. Tuttavia, anche se formalmente fu un'istituzione dei Cavalieri Ospitalieri, il papa ordinò che il priore e i fratelli del “domus Theutonicorum” (casa dei tedeschi) dovevano sempre essere tedeschi. Dopo la perdita di Gerusalemme nel 1187, alcuni commercianti di Lubecca e di Brema fondarono un ospedale da campo per la durata dell'assedio di Acri nel 1190, che si trasformò in un nucleo dell'Ordine.

Il 2 febbraio 1192 Celestino III riconobbe l’Ordine dei Cavalieri Teutonici assegnando ai monaci la regola agostiniana.

Sulla base del modello dei Cavalieri Templari fu, tuttavia, trasformato in un ordine militare nel 1198 e a capo dei Cavalieri Teutonici fu riconosciuto un Gran Maestro (magister hospitalis). I Cavalieri Teutonici ricevettero gli ordini papali per prendere parte alle crociate, per tenere Gerusalemme per i Cristiani Latini e per difendere la Terra Santa contro i musulmani Saraceni.

Durante il periodo del Gran Maestro Hermann von Salza (1209-1239) i Cavalieri Teutonici passarono da monaci dediti ad assistenza ospedaliera per i pellegrini ad un ordine militare.

In origine si formarono ad Acri, e in seguito i Cavalieri Teutonici comprarono il castello di Montfort (Starkenberg), a nord-est di Acri, nel 1220.

Questo castello, permise ai Cavalieri Teutonici di difendere l'itinerario fra Gerusalemme ed il Mar Mediterraneo, fu la sede dei Grandi Maestri fino al 1229, ma nel 1271 i Cavalieri Teutonici tornarono ad Acri dopo che il castello di Montfort tornò sotto il controllo musulmano.

I Cavalieri Teutonici inoltre ebbero un castello vicino a Tarso in Armenia Minore.

I Cavalieri Teutonici ricevettero donazioni di terra dal Sacro Romano Impero (particolarmente in Germania ed in Italia), in Grecia e in Palestina.

L'imperatore del Sacro Romano Impero Federico II elevò il suo amico Hermann von Salza alla condizione di “Reichsfurst” - "Principe dell’Impero", permettendo al Gran Maestro di negoziare alla pari con altri principi maggiori. Durante l’incoronazione di Federico II come Re di Gerusalemme nel 1225, i Cavalieri Teutonici fecero da scorta nella chiesa del Santo Sepolcro; Hermann von Salza scrisse la proclamazione di Federico II sia in francese che in tedesco. Tuttavia, i Cavalieri Teutonici non furono mai influenti nell’“Outremer” quanto i più vecchi Cavalieri Templari e i Cavalieri Ospitalieri. Nel 1211, Andrea II Re d’Ungheria accettò i loro servizi e assegnò loro il distretto di Burzenland in Transilvania.

Andrea II Re d'Ungheria si fece coinvolgere nelle trattative per l'unione di sua figlia con il figlio di Hermann von Salza, Landgrave di Thuringia.

Nel 1224 i Cavalieri Teutonici fecero una petizione a Papa Onorio III in cui chiesero di riconoscere la sola autorità papale, piuttosto che quella del Re dell'Ungheria.

Andrea II Re d'Ungheria arrabbiato e allarmato dal loro crescente potere, nel 1225 espulse i Cavalieri Teutonici dall’Ungheria, ma permise ai nuovi colonizzatori di rimanere. Nel 1226, Corrado I duca di Masovia in Polonia, chiese ai Cavalieri Teutonici di difendere i suoi confini e sottomettere i pagani Prussiani del Baltico, concedendo ai Cavalieri Teutonici l’uso della Terra di Chelmno (Culmerland) come base per la loro campagna.

Hermann von Salza, Gran Maestro dei Cavalieri Teutonici, inviò quindi un distaccamento sul fiume Vistola nel 1229.

Questo periodo fu un momento di fervore per le crociate che si diffuse nell’Europa Occidentale, Hermann von Salza considerò la Prussia una buona terra di addestramento per i suoi Cavalieri Teutonici da inviare contro i musulmani nell’“Outremer”.

Con la Bolla d’Oro di Rimini, l'imperatore Federico II concesse ai Cavalieri Teutonici un privilegio imperiale speciale per la conquista ed il possesso della Prussia, compreso la terra di Chelmno.

Nel 1235 i Cavalieri Teutonici assimilarono il più piccolo Ordine di Dobrzyn, che era stato stabilito da Corrado I duca di Masovia. La conquista della Prussia fu compiuta con molti massacri in più di 50 anni, i Prussiani che non si sottomettevano al battesimo furono uccisi o esiliati. I combattimenti tra i Cavalieri Teutonici e i Prussiani furono feroci; le cronache dei Cavalieri Teutonici dichiarano che i Prussiani "arrostiscano i fratelli bloccati vivi nella loro armatura, come le castagne…". Dopo le rivolte prussiane dal 1260-1283, tuttavia, gran parte della nobiltà prussiana emigrò e molti liberi Prussiani persero i loro diritti. I nobili Prussiani che rimasero si allearono con i proprietari terrieri tedeschi e gradualmente furono assimilati. I contadini nelle regioni di frontiera, quale Samland, ebbero più privilegi che quelli in terre più popolate, quale la Pomerania. La Cristianità seguendo le linee occidentali si estese lentamente attraverso la cultura prussiana. I Vescovi furono riluttanti ad avere pratiche religiose prussiane integrate nella nuova fede, mentre i Cavalieri Teutonici trovarono più facile governare i nativi quando erano semi-pagani e senza legge. I Cavalieri Teutonici regolarono la Prussia nell'ambito delle lettere pubblicate dal papa e dall'Imperatore del Sacro Romano Impero come condizione monastica sovrana, paragonabile alla disposizione dei Cavalieri Ospitalieri di Rodi e in seguito a quelli di Malta.

Per compensare le perdite dovute alla peste e a sostituire la popolazione autoctona parzialmente sterminata, i Cavalieri Teutonici incoraggiarono l'immigrazione dei colonizzatori dal Sacro Romano Impero della nazione tedesca (principalmente tedeschi e fiamminghi) e dal Masovia (Polacchi), e in seguito da Masurians. I coloni fondarono numerose città sui precedenti possedimenti prussiani. I Cavalieri Teutonici costruirono un certo numero di castelli (Ordensburgen) per poter sconfiggere le rivolte dei Prussiani, e continuare i relativi attacchi al Granducato della Lituania e al regno della Polonia, con cui i Cavalieri Teutonici avevano spesso fatto la guerra durante il XIV e il XV secolo.

Tra le città importanti fondate dai Cavalieri Teutonici vi fu Konigsberg, fondata nel 1255 in onore del re Ottocaro II di Bohemia sul suolo Prussiano, Olsztyn (Allenstein), Elblag (Elbing) e Klaipeda (Memel).

Nel 1236 i Cavalieri di San Tommaso, un ordine inglese, adottarono le regole dei Cavalieri Teutonici. I Cavalieri Portaspada (Fratres militiae Christi Livoniae) furono assorbiti dai Cavalieri Teutonici nel 1237; Il ramo di Livonia successivamente fu conosciuto come l'Ordine di Livonia – Cavalieri Portaspada. Un contingente di Cavalieri Teutonici dal numero indeterminato partecipò alla battaglia di Liegnitz nel 1241 contro i Mongoli. L’Ordine Teutonico si estese in Prussia, Livonia, Semigallia ed Estonia. Lo scopo successivo fu di convertire la Russia Ortodossa nel Cattolicesimo Romano, ma i Cavalieri Teutonici subirono una sconfitta disastrosa nella battaglia del lago Peipus (1242) ad opera del principe Aleksandr Nevskij di Novgorod, e questo programma fu immediatamente abbandonato. Nel 1242, i Cavalieri Teutonici invasero la Repubblica di Novgorod (situata nella moderna Russia, uno Stato indipendente composto da tribù ugriche-finniche e abitanti Russi). Novgorod in seguito fu demolita da Ivan III. Questa battaglia è conosciuta in Russia come la “Battaglia del ghiaccio”. I Cavalieri Teutonici iniziarono a dirigere le loro campagne contro la Lituania pagana, particolarmente dopo la caduta del Regno di Gerusalemme e di Acri nel 1291. I Cavalieri Teutonici spostarono la loro sede verso Venezia, da cui progettarono il recupero dell’“Outremer”. La “Lituania Propria" continuò ad essere pagana fino alla conclusione del XIV secolo. Alcuni Cavalieri Teutonici fecero una campagna contro i pagani per ottenere la remissione per i loro peccati, mentre altri combatterono per acquisire l'esperienza militare. La guerra fra i Cavalieri Teutonici e i Lituani fu particolarmente brutale. I Non-Cristiani furono visti come mancanti dei diritti posseduti dai Cristiani. I Cavalieri Teutonici usarono spesso i Lituani pagani per lavori forzati. I Cavalieri del “Ritterbruder” furono una fonte di molte delle vittorie dei Cavalieri Teitonici. I Cavalieri Teutonici portavano un'armatura estremamente pesante. La parte più impressionante fu il loro elmo. Il Cavaliere Teutonico che indossava questo tipo di elmo, da lontano lo faceva assomigliare ad un demone. I coltivatori lituani, gli arcieri e la fanteria fuggivano nel panico. Una disputa sopra la successione del ducato di Pomerelia coinvolse i Cavalieri Teutonici in un ulteriore conflitto nell'inizio dello XIV secolo. I Margravi di Brandeburgo reclamarono il ducato dopo la morte del re Venceslao III di Bohemia nel 1306.

Ladislao I il Breve Re di Polonia reclamò anche lui il ducato lasciato in eredità da Ottocaro II Re di Bohemia, ma alcuni nobili del ducato si opposero e chiesero l'aiuto a Brandeburgo, che in seguito occuparono tutta la Pomerelia tranne la città di Danzica (Gdansk) nel 1308.

Poiché Ladislao I il Breve Re di Polonia non poté andare in difesa di Danzica, i Cavalieri Teutonici, comandati dal Gran Maestro Siegfried von Feuchtwangen, furono impiegati per espellere gli abitanti di Brandeburgo.

I Cavalieri Teutonici, con Enrico di Plotzke cacciarono i cittadini di Brandeburgo da Danzica nel settembre 1308. Enrico di Plotzke si presentò a Ladislao I il Breve Re di Polonia con una fattura per 10.000 marchi d’argento per l’aiuto che i Cavalieri Teutonici avevano dato, ma Ladislao I il Breve fu disposto a darne solo 300. Dopo questo rifiuto, i Cavalieri Teutonici occuparono l'intera città di Danzica e massacrarono i relativi abitanti polacchi. Nel Trattato di Soldin, i Cavalieri Teutonici comprarono Brandeburgo e i castelli di Danzica, Schwetz (Weichsel) e Tczew (Dirschau) e le loro terre dai Margravi per 10.000 marchi il 13 settembre 1309. Il controllo della Pomerelia permise ai Cavalieri Teutonici di collegare il loro “Stato monastico” con i confini del Sacro Romano Impero. I rinforzi ed i rifornimenti per i Crociati poterono così viaggiare sul territorio della Pomerania e della Pomerelia in Prussia, mentre l’accesso al Mar Baltico, tramite la Polonia, fu ostruito. Mentre la Polonia principalmente era stata un alleato dei Cavalieri Teutonici contro i Prussiani pagani e i Lituani, la presa della Pomerelia trasformò il regno di Polonia in un nemico risoluto dei Cavalieri Teutonici. La presa di Danzica contrassegnò una nuova fase nella storia dei Cavalieri Teutonici. La persecuzione e l'abolizione dei potenti Cavalieri Templari che iniziò nel 1307 preoccupò i Cavalieri Teutonici, ma il controllo della Pomerelia gli permise di spostare la loro sede nel 1309 da Venezia verso Malbork (Marienburg) sul fiume di Nogat, fuori della portata dei poteri secolari.

Il papa cominciò a studiare la cattiva condotta dai Cavalieri Teutonici, ma l'Ordine fu difeso da abili giuristi. Con le campagne contro i Lituani, i Cavalieri Teutonici affrontarono la Polonia vendicativa e le minacce legali del Papato. Il Trattato di Kalisz nel 1343 pose fine alla guerra aperta fra i Cavalieri Teutonici e la Polonia. I Cavalieri Teutonici cedettero la terra di Dobrzyn e di Cuiavia alla Polonia, ma mantennero la Terra di Chelmno (Culmerland) e Pomerelia con Danzica. Nel 1337 Ludovico IV di Baviera Imperatore del Sacro Romano Impero assegnò ai Cavalieri Teutonici il privilegio imperiale di conquistare tutta la Lituania e la Russia.

Durante il regno del Gran Maestro Winrich von Kniprode (1351-1382), i Cavalieri Teutonici raggiunsero il picco del relativo prestigio internazionale ed ospitarono numerosi nobili europei crociati.

Alberto III di Meclemburgo Re di Svezia cedette l’isola di Gotland ai Cavalieri Teutonici come impegno (simile ad un feudo), con la richiesta di impegno ad eliminare i pirati da questa base strategica dell'isola sul Mar Baltico.

Una forza di invasione sotto il Gran Maestro Konrad von Jungingen conquistò l'isola nel 1398 e scacciò i pirati dall’isola di Gotland e dal Mar Baltico.

Nel 1386 Ladislao II di Lituania fu battezzato cristiano e sposò la regina Edvige di Polonia, prendendo il nome di Ladislao II Jagellone diventando Re di Polonia. Ciò generò un'unione personale fra i due paesi e un avversario potenzialmente arduo per i Cavalieri Teutonici. I Cavalieri Teutonici inizialmente riuscirono a mettere Ladislao II Jagellone e suo cugino Vytautas il Grande Granduca di Lituania faccia a faccia, ma questa strategia venne a mancare quando Vytautas il Grande Granduca di Lituania cominciò a ritenere sospetto che i Cavalieri Teutonici stavano progettando di annettere le parti del suo territorio. Con il battesimo di Ladislao II Jagiellone iniziò la conversione ufficiale della Lituania alla Cristianità. Anche se la spiegazione razionale alla crociata da parte dei Cavalieri Teutonici si concluse quando la Prussia e la Lituania si convertirono al Cristianesimo, le contese e le guerre tra i Cavalieri Teutonici con la Lituania e la Polonia continuarono. La “Lizard Union” fu creata nel 1397 da nobili prussiani nella Terra di Chelmno (Culmerland) per opporsi ai Cavalieri Teutonici.

Nel 1407 i Cavalieri Teutonici raggiunsero il più grande limite territoriale che includeva le terre della Prussia, di Pomerelia, di Samogizia, di Curlandia, di Livonia, dell'Estonia, di Gotland, di Hiiumaa, di Saaremaa e di Neumark. Nella battaglia di Tannenberg del 1410 - conosciuta in Polacco come la battaglia di Grunwald e in Lituano come la battaglia di Zalgiris - un esercito Polacco-Lituano, comandato da Ladislao II Jagellone Re della Polonia e Vytautas il Grande Granduca della Lituania, sconfisse pesantemente i Cavalieri Teutonici e i Cavalieri Portaspada loro alleati.

Alla battaglia presero parte contro i Cavalieri Teutonici Jan Zizka di Trocnov Generale Ceco con la difesa di Radzyn e Zawisza Czarny Il Cavaliere Nero nobile polacco.

Il Gran Maestro Ulrich von Jungingen e la maggior parte dei Cavalieri Teutonici più alti in grado caddero sul campo di battaglia (50 su 60).

L'esercito Polacco-Lituano allora assediò il castello dell'Ordine Teutonico, Malbork (Marienburg), ma non poté prenderlo a causa della resistenza del Gran Maestro Heinrich von Plauen.

Con la “Prima pace di Thorn - Torun (Turonia)” firmata nel 1411, i Cavalieri Teutonici riuscirono a mantenere essenzialmente tutti i relativi territori, anche se la reputazione di Cavalieri invincibili fu danneggiata irreparabilmente.

Mentre la Polonia e la Lituania svilupparono il loro potere, quello dei Cavalieri Teutonici diminuì con una lotta intestina. Dopo la guerra di Gollub i Cavalieri Teutonici persero alcune piccole zone di frontiera e dovettero rinunciare alle terre di Samogizia ottenute nel Trattato di Melno nel 1422. Le terre prussiane occidentali del fiume Vistola e quelle di Brandeburgo-Neumark furono devastate dagli Hussiti durante le guerre Hussite.

Alcuni Cavalieri Teutonici furono mandati per combattere gli invasori, ma furono sconfitti dalla fanteria della Boemia.

I Cavalieri Teutonici inoltre rimasero sconfitti nella guerra Polacco-Teutonica (1431-1435). Nel 1454 la Confederazione Prussiana, formata dalla piccola nobiltà e dai contadini della Prussia occidentale, iniziarono una guerra chiamata “La Guerra dei tredici anni”. Molte terre della Prussia furono devastate dalla guerra, durante il corso di questa i Cavalieri Teutonici restituirono Neumark a Brandeburgo nel 1455.

Nella “Seconda pace di Thorn - Torun (Turonia)” nel 1466, i Cavalieri Teutonici sconfitti riconobbero i diritti del Re Polacco sopra la Prussia occidentale (successivamente Prussia reale) mantenendo la Prussia orientale.

Poiché il castello di Malbork (Marienburg) fu consegnato ai mercenari invece della loro paga, i Cavalieri Teutonici spostarono la loro base verso Konigsberg in Sambia. Nel 1525 Albrecht von Brandenburg-Ansbach, Gran Maestro dal 1511, aderì alla Riforma ed attuò la secolarizzazione dei beni dell'Ordine: col trattato di Cracovia venne riconosciuto duca ereditario di Prussia, la quale passò così alla casa di Hohenzollern mettendo fine allo Stato Teutonico.

 
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view post Posted on 13/4/2013, 21:31     +1   -1
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VESTIARIO DEI CAVALIERI TEMPLARI



Si parla spesso dei cavalieri dal bianco mantello per designare i fratelli Templari, descrivendo in questo modo la loro divisa, il loro equipaggiamento in generale, contribuendo ad una forte caratterizzazione di questi uomini di religione.

Prima di affrontare lo studio dell’equipaggiamento militare e dell’abbigliamento del Cavaliere Templare durante i due secoli della sua esistenza, è interessante capire come l’Ordine era strutturato nella sua gerarchia dei fratelli del Tempio.

Struttura dell’Ordine



Troviamo nell’ordine 3 classi principali: Cavalieri, Cappellani e Sergenti. Poi ci erano gli Scudieri, i Fratelli di Mestiere, cioè gli artigiani, agricoltori, muratori, scrivani, etc. oltre ai Turcopoli, (sorta di Legione Straniera), mercenari arruolati fra gli autoctoni. Tutta questa guarnigione era distribuita in più dipartimenti: in Terrasanta (Gerusalemme, Terre di Gerusalemme, Tripoli, Antiochia, Cipro, Armenia) ed in Europa (Germania, Francia, Inghilterra, Italia, Penisola Iberica e Ungheria). Il loro abbigliamento era stabilito in funzione di due criteri: la gerarchia dei Cavalieri Templari nell’Ordine del Tempio e la loro posizione geografica (per le condizioni climatiche). Ma, in generale e come vedremo più avanti, c’era una certa uniformità nell’abbigliamento e tutto era previsto nella loro bisaccia. Le stoffe potevano essere rivestite internamente di pelle d’agnello o di montone ma mai con ricche e comode rifiniture.

Come è precisato nel loro statuto, i Cavalieri Templari non dovevano ricercare l’abbellimento del loro corpo ma ripararsi dal freddo, dall’umidità o dal sole e, per di più, essere comodi: “che chiunque si possa vestire e spogliare, mettere e togliere i calzari rapidamente”, esortazione necessaria nelle Commanderie e nei castelli della Terrasanta dove lo stato di allerta era perenne. Fra la data della loro fondazione (1118) e quella del Concilio di Troyes (1128) dove fu scritta la Regola Latina dell'Ordine, la tenuta dei Poveri Cavalieri di Cristo apparteneva ancora al mondo della cavalleria. La loro divisa diviene ufficiale, senza tuttavia la croce patente rossa, a partire dal Concilio di Troyes e fu ornato da questo tipo di croce nel 1145. C’è da notare dunque che Hugues de Payns, fondatore dell’Ordine, non portò mai questa croce poiché morì nel 1136. Sebbene l’abito dei fratelli del Tempio fosse concepito in conformità con la moda della loro epoca, era comunque descritto dettagliatamente dalla Regola Primitiva dell’Ordine in un gran numero di capitoli.

Successivamente, all’epoca dell’arresto dei Cavalieri Templari, si scoprirono altre cose sugli abiti e le armi dei fratelli del Tempio. Ecco alcuni estratti dagli Archivi delle Bouches-du-Rhone al tempo dell’arresto dei Cavalieri Templari di Provenza nel 1308:

Verbale del sopralluogo del balivo e del giudice di Pertuis, accompagnati da una folla di persone e sergenti, alle magioni del Tempio di Limaye, dove trovano 5 templari, e alla Torre di Aigues… Inventario dei beni mobili di queste magioni. – prosciutti iniziati; - botti di vino piene fino a metà; - oggetti da sagrestia e chiesa; - qualche libro di preghiera; due o tre balestre e altrettante bisacce, etc. – Enumerazione dei loro beni immobili e delle loro rendite… Lettere patenti di Carlo II, relative al loro trasferimento ad Aix. – Verbale della partenza dei Templari per quella città. Il balivo, mosso a pietà(si chiamava mastro Triboulet), fa loro restituire 4 camicie, 4 mutande, “femoralia” e 3 cappelli per la pioggia “capellos pluviales".

Verbale redatto da Pierre Gantelme, giudice vicario, e Pons Garnier, giudice di Aix, sulla scoperta dei fratelli, e dell’inventario dei beni e diritti della casa del Tempio di quella città, chiamata comunemente Santa Caterina … I cavalieri erano a letto. - Li si è presi e li si è portati in prigione. - … Non si trovarono che due materassi per i tre, ma molte botti di vino. – Le loro armi consistevano in una spada “encis” e un coltello catalano. - … (b. 152 Registre. – In folio, 135 feuillets, papier bombax).

Inventario dei beni e delle rendite sequestrate ai Templari del baliato di Puget-Théniers … irruzione improvvisa al castello di Rigaud, dove risiede ordinariamente un cavaliere del Tempio, amministratore di beni che l’Ordine ivi possiede … Inventario assai dettagliato dei mobili del castello; - 1 materasso e 3 cuscini di piuma ; - 1 lancia e 1 balestra; - 5 libbre di cotone chiuse dentro una cassa ; 4 scodelle di ceci ; - un sacco contenente 2 libbre di mandorle ; - 1 camicia ; 1 “épitoge de camelin” guarnito di pelle nera ; - 2 cappucci; - 3 botti piene di vino ; - 6 formaggi dal peso di 30 libbre ciascuno, etc. (B. 154 Registre. – In folio, 37 feuillets, papier bombax).

Inventario (frammento) dei beni mobili o immobili della casa del Tempio a Lachaup “Calvia”, e delle sue dipendenze, Sederon e Sainte Colombe: - un cartulario trasportato a Sisteron guarnito di una rilegatura rossa e contenente i diritti e le rendite della casa ; - un fodero per guanciale “aurellarii” in seta ; - 3 asciugamani “manutergia” ; - un paio di maniche brune ; - un cappello di feltro “galerum de feutro” ; - 2 manopole di ferro ; - 2 stivali in cuoio ; - 33 misure di vino puro dentro una botte di quelle che vengono denominate Jehan (Gigante); - 23 misure di vinello“vini temperati” ; - diverse pergamene , e fra le altre cose, la carta con sigillo della donazione di Lachaup all’Ordine del Tempio da parte di Raybaud de Lachaup; … (B. 155 Registre. – In folio, 35 feuillets, papier: 2.

E’ così che a partire dalla regola dell’Ordine del Tempio fino all’inventario, al momento del loro arresto, noi possiamo ricostruire i costumi, le armi e le armature dei Cavalieri Templari.

Equipaggiamento militare



In una ottica di rigore, toccava al fratello drappiere evitare che gli invidiosi e i maldicenti avessero da eccepire qualcosa sugli abiti del convento. Egli doveva vigilare scrupolosamente affinché gli abiti stessi non fossero né troppo lunghi, né troppo corti, ma della giusta taglia di coloro che li dovevano portare. Era in questo modo, e la regola lo ricorda, che si guadagnava la ricompensa di Dio; ciò che colpisce nel testo è che questo valorizza la vita interna e quotidiana del Tempio: non c’erano né piccole cose né umili compiti che non interessassero a Dio e non tendessero al benessere e alla salvezza di ciascuno. E allora si comprende meglio la sorta di orgoglio che si provava nell’appartenere all’Ordine, anche solo in qualità di muratore o di pastore.

In funzione dei viaggi e delle minacce di guerra con i Musulmani, i Cavalieri Templari avevano un guardaroba composto da numerosi elementi. Per l’abbigliamento, un “usbergo”: tunica a reticolo di cuoio intrecciato, con le maniche e munita di un cappuccio che avvolge la testa e lascia scoperto solo il viso. In seguito, l’usbergo verrà fabbricato in maglia di ferro. Quando il Cavaliere Templare non lo indossava, lo metteva dentro un sacco di cuoio o dentro una rete fatta di maglia di ferro. Esisteva anche il “giaco”, cioè una cotta senza maniche, che era più spesso assegnata ai fratelli sergenti. Più leggero dell’usbergo, non prevedeva la protezione per le braccia. A ciò si aggiungeva “un paio di brache di ferro”, gambali composti di maglia di ferro che si allacciavano dietro i polpacci al fine di proteggere la gamba ;le brache di ferro non avevano sempre l’avampiede. Esisteva inoltre il “cappuccio da guerra” che consisteva in una protezione fatta di maglie fissate da allacciature, che racchiudeva la testa del fratello del tempio e ricadeva sulle spalle. Essa veniva posta sotto l’”elmo” o il “cappello di ferro”. Quest’ultimo era un casco dai bordi ribattuti, che chiudeva la testa ed era utilizzato talvolta al posto dell’elmo. Quest’ultimo poteva essere conico (durante il XII secolo) oppure piatto (fine XII ed inizio XIII secolo), e lasciava il viso scoperto nel XII secolo. Tuttavia, proteggeva la fronte, la testa, gli occhi, il naso e le guance. In seguito, l’elmo prende l’aspetto di un casco cilindrico. Dotato di fori per la vista e la respirazione, poi rinforzato di due lamelle rivettate a forma di croce, ricopriva tutta la testa. Per portare l’elmo, il Cavaliere Templare doveva avere i capelli corti e la barba rasata come è stabilito negli statuti della Regola dei Poveri Cavalieri di Cristo, al capitolo XXVIII : “Della superfluità dei capelli. Bisogna che tutti i fratelli, soprattutto quelli della Magione, abbiano i capelli tagliati, i modo che appaiano, davanti e dietro, regolari e decenti. Si osserverà inviolabilmente la stessa regola per la barba i baffi, affinché nulla appaia superfluo e ridicolo”.

Un ammortizzatore piazzato attorno al cranio, come una sorta di ciambella in tessuto era destinato ad assorbire gli urti dell’elmo. Una cotta d’arme chiamata talvolta “camicia di sopra” era portata sopra la camicia all’inizio del XIII secolo.

Durante le battaglie, dopo aver indossato l’usbergo di maglie, il Cavaliere Templare infilava la cotta d’arme sopra quella di maglie, per impedire ai raggi del sole di scaldare l’usbergo e preservarlo dalla ruggine. La cotta di colore bianco, era blasonata (armata) con la croce rossa del Tempio all’altezza del petto, vicino al cuore. Senza coprire le braccia, larga sul collo, essa scendeva fin sotto al ginocchio ed era tagliata per non ostacolare le gambe del soldato a cavallo. La tunica si accorcia verso il 1250 e verrà in seguito rinforzata con piastre all’altezza delle spalle. Il Cavaliere Templare la portava sempre con la sua cintura ed il suo budriere. Delle spalliere, che potevano essere di diversi materiali, vennero aggiunte nel corso del XIII secolo. Per quanto riguarda gli speroni, la Regola ci rivela al capitolo XXXVII, che “Noi non vogliamo assolutamente che appaiano, in nessun modo, né oro, né argento, che risaltino la ricchezza dei particolari, ai morsi o ai pettorali, né agli speroni, né alle briglie, e non sarà permesso a nessun fratello di acquistarne. Se si tratta di vecchi ornamenti donati per carità, che si oscuri l’oro e l’argento, in modo che il loro splendore e la loro lucentezza non sembrino agli altri un atteggiamento di arroganza. Se vengono donati da nuovi, che il Maestro ne disponga come gli piacerà”. Delle scarpe completano l’equipaggiamento.

Per quanto riguarda la denominazione di “armatura”, questa non aveva niente a che fare con il significato che le si attribuisce attualmente (l’armatura di piastre del XV secolo); per il Cavaliere Templare essa rappresentava l’abbigliamento da combattimento, cioè una tunica d’arme (cotta d’arme o sopravveste che avvolgeva anche la testa), le spalliere e le scarpe d’arme. Qualche cronaca ci parla dei Cavalieri Templari che combattono vestiti di un mantello e di spalliere; è quindi possibile supporre che questo mantello potesse essere quello che portavano i fratelli (il mantello bianco o bigello) a meno che l’autore non si riferisca alla cotta d’arme che designa la tunica di stoffa o pelle che si infilava sopra l’usbergo di maglie al fine di impedire al sole di scaldarlo o alla pioggia di penetrarlo.

Per armamento, si consegnava loro soprattutto una “spada” dritta, a doppio filo e a punta arrotondata; la punta arrotondata ci induce a pensare che venisse usata solo di taglio. Poi, uno “scudo”, generalmente triangolare costruito in legno (spesso di pioppo), imbottito all’interno, ricoperto di cuoio all’esterno, leggermente ricurvo ai lati, dritto in alto con gli angoli arrotondati, portato a bandoliera e talvolta rinforzato con lamelle chiodate. Era blasonato della croce del Tempio. Alla fine del XII secolo, lo scudo misurava 1,50 m di altezza. Seguendo la tendenza dei combattenti laici, all’inizio del XIII secolo le sue dimensioni diminuirono al punto che alla fine di questo stesso secolo misurava 0.60 m x 0.60 m. Questo scudo è rappresentato sul sigillo del Tempio con i due cavalieri sullo stesso cavallo. La “lancia”, fabbricata di preferenza in legno di frassino, di carpine o di melo, aveva l’asta che non superava i tre metri e terminava con un ferro a losanga o a forma di foglia di salice a due fili. La Regola al capitolo XXXVIII precisa che le lance e gli scudi non dovevano avere coperture (custodie). La “mazza turca” era poco impiegata dai cristiani a causa della suo caratteristica di arma da “villani”. Tuttavia, contro i Musulmani, i Cavalieri Templari utilizzarono anche quest’arma costituita da un lungo manico di legno e di un pezzo di metallo contundente situato all’estremità. Riguardo l’arco e la balestra, Marion Melville dichiara “Se essi vogliono organizzare delle gare di tiro con l’arco o con la balestra, non devono mettere in palio che cose di poco conto che non costino denaro, quali i picchetti per la tenda, o una lanterna scoperta … E ogni fratello del Tempio può scommettere contro un altro, con la sua balestra , dieci pezzi di candela senza permesso ma niente di più; e non più di questo può perdere in una giornata. E può mettere in palio la sua falsa corda della balestra al posto dei pezzi di candela; ma non deve mai abbandonare la corda durante la notte senza permesso”.

Infine, essi ricevevano un’”ascia” per spaccare la legna e tre coltelli: il “coltello d’arme” (o pugnale o daga), che era un’arma a due tagli e a lama larga che veniva portata al fianco destro con l’impugnatura in avanti, il “coltello da taglio” utilizzato per tagliare il pane ed infine un “temperino”, piccolo coltello a lama dritta, per utilizzo in varie occasioni.

L’abito da casa



L’abbigliamento o “abito da magione” era costituito da una varietà di vestiario non militare. La forma e il tessuto di questo abbigliamento erano in rapporto alle materie prime dell’epoca. La Regola rivela, al capitolo XX, a proposito della qualità e del modo di vestirsi: “Ordiniamo che i vestiti siano sempre di un colore, per esempio bianchi o neri, e di stoffa robusta; e concediamo a tutti i cavalieri professi di avere degli abiti bianchi in inverno e in estate, se ciò è possibile, perché coloro che hanno rifiutato una vita di tenebre possano riconoscersi dai loro vestiti bianchi poiché una vita luminosa li ha riconciliati al loro Creatore. Cosa significa il bianco, se non castità e integrità? Castità significa la tranquillità dello spirito e la salute del corpo. A meno che ciascuno dei cavalieri non si conservi casto fino alla fine, non potrà mai raggiungere il riposo eterno né vedere Dio, secondo la testimonianza dell’Apostolo San Paolo:

Mantenete la pace con tutti, e la castità senza la quale nessuno potrà vedere il Signore (Ebr. XII, 14). Ma poiché questi vestiti non devono avere nulla di ostentato e di superfluo, ordiniamo che tutti l’abbiano in modo che ciascuno possa facilmente vestirsi e svestirsi, mettersi e togliersi le scarpe da solo. Coloro che hanno questo incarico devono ben controllare che l’abito non sia troppo lungo o troppo corto, ma conformarlo alla taglia di ciascuno; che essi usino per i fratelli tutta la stoffa necessaria. Quando ai fratelli verranno assegnati degli abiti nuovi, che essi restituiscano subito i vecchi, perché siano conservati nel guardaroba, o in qualunque altro luogo scelto dal drappiere, per servire ai sergenti e agli altri servitori, e talvolta anche i poveri”.

La confezione o la distribuzione di tutto ciò che costituiva il fabbisogno dei Cavalieri Templari, per vestirsi e per dormire, era gestito dal drappiere, terzo personaggio nella gerarchia dell’Ordine. Per i suoi compiti veniva assistito da tagliatori di stoffe e sarti di paramenti (uomini del Tempio).

D’altronde, la Regola sancisce che “Il drappiere deve dare ai fratelli ciò che è necessario per vestirsi e per dormire, come compete alla sua carica, salvo le coperte di lana per i letti. Quando i vestiari provengono da oltremare, il drappiere deve essere presente per disfare i pacchi, e tutti i doni indirizzati ai fratelli del convento, devono essere portati al proprio posto o dove devono essere. Inoltre si deve prendere cura che i fratelli siano vestiti onestamente, e, se uno di essi non lo fosse, egli può riprenderlo ed il fratello deve obbedire; poiché dopo il maestro ed il maresciallo, il drappiere ha una posizione superiore rispetto ad ogni altro fratello. Il drappiere deve assicurarsi che nessun fratello abbia sovrabbondanza o possieda un oggetto che non gli spetta, che vengano abbandonati o vengano resi a chi sono dovuti; tutti i fratelli devono essere contro colui che agisce o parla in modo falso.

Il drappiere deve prendere in consegna dal fratello, quando lo si ordina fratello templare, tutto il suo abbigliamento se questo è di vaio o di scarlatto; e se egli dona dell’oro o dell’argento o del denaro alla casa, se il valore è entro i 10 bisanti, questi devono restare alla drapperia ed il resto va al comandante della terra. E tutto quanto è attribuito al drappiere del convento, lo è anche del drappiere della terra di Tripoli e di Antiochia”.

L’abbigliamento era composto dal vestiario personale e dall’abito da magione o abito monacale. Il Cavaliere Templare riceveva innanzitutto, nel corredo del vestiario personale, due paia di calze di cui almeno una con la suola di cuoio. Esse erano l’equivalente delle nostre calze e scarpe. Fatte in tessuto e di colore differente dalle brache, erano sostenute da lacci legati attorno alla gamba. Poi vengono due brache (calzoni) fissati alla vita da una cintura di tela; questi larghi capi d’abbigliamento potevano essere sia lunghi con un attacco sotto il piede, sia corti e completati con calzari. A partire dal XII secolo, l’influenza delle mode orientali modificherà l’aspetto delle brache che diverranno sempre più aderenti. Si fornivano loro due camicie, tagliate nella parte bassa, davanti e dietro per la comodità dei movimenti, poiché dovevano arrivare pressappoco a metà coscia. La camicia era una sorta di tunica interna confezionata in tela di lino, con le maniche strette. La Regola precisa al capitolo LXIX “che non sarà permesso d’avere che una sola camicia di tela dalla festa di Pasqua fino ad Ognissanti. Avendo considerato che bisogna tenere in considerazione i grandi caldi della regione orientale, si concederà, non per diritto, ma per grazia, una sola camicia di lino a ciascuno dalla festa di Pasqua ad Ognissanti, ben inteso che questo sarà a disposizione di chi vorrà servirsene; e per il resto dell’anno non si avrà in generale che delle camicie di lana”.
Attorno alla vita era stretta una “piccola cintura”, di tela o di cuoio.

I Cavalieri Templari si vestivano con questi abiti per andare a dormire diversamente dagli altri monaci in generale. Si parla anche di una “veste a falde” davanti e dietro, nella Regola, che è tuttavia difficile da identificare. Secondo Curzon, si trattava di un giustacuore di panno doppio tagliato a triangolo come un vero e proprio abito monacale dalle maniche assai strette, mentre Viollet le Duc la assimila una lunga tunica che assomiglia molto alla cotta.

Quanto alla tenuta da casa o abito monacale, il drappiere concede una cappa, grande tanto da avvolgere il corpo. Non bisogna confondere il mantello con la cappa , indumento di rappresentanza ad uso civile e religioso, che si chiudeva sul davanti, al di sotto del collo, sia con un semplice cordone, sia con un gancio doppio che s’infilava in due anelli metallici posti nei due bordi del vestito. Realizzata in un solo pezzo, la cappa era rotonda, con un cappuccio, era aperta nel mezzo e scendeva fino ai piedi. Le maniche coprivano le mani e quando dovevano essere utilizzate, occorreva assolutamente rimboccare le estremità, cosa che provocava graziosi giochi di pieghe. In questo caso, l’utile e il dilettevole non si conciliavano. Quando un Cavaliere Templare era in punizione e non aveva più diritto al mantello, indossava allora la cappa senza la croce.

In più, si aggiungevano due mantelli di cui uno foderato di pelliccia di agnello o di montone per l’inverno, pellicce resistenti e poco costose in quanto derivanti dai greggi delle commanderie del Tempio, e quindi un mantello per l’estate in tessuto più leggero. Aveva un ruolo importante nell’abbigliamento ed era formato da una sola pezza di stoffa semi-circolare. Il mantello era il segno distintivo dei Cavalieri Templari poiché la Regola precisa, al capitolo XXI, che “i servitori non devono affatto avere l’abito, cioè i mantelli bianchi : noi siamo assolutamente contrari all’uso che si praticava nella Maison de Dieu e dei fratelli cavalieri, e senza consultare né richiedere per questo il parere del capitolo comune, noi lo classifichiamo a tutti gli effetti come un abuso nel quale si era caduti; in quanto un tempo i servi e i serventi d’arme avevano delle tuniche bianche, e ciò causava una confusione intollerabile. Si sono scoperti, in zone oltremontane, dei falsi fratelli, e per giunta sposati; ed altri che si dicevano del Tempio, anche se erano del mondo. Questi hanno causato all’Ordine dei cavalieri molto disonore e scandalo, ed i servi che abitavano nella Casa hanno fatto nascere degli scandali a causa della loro superbia. Che essi portino quindi degli abiti neri, e se non possono trovarne di questo colore, che si servano di quelli che si usano nella provincia o nel luogo in cui abitano, e di ciò che sarà a disposizione di più vile colore, e di qualche stoffa grossolana secondo la taglia: il dispensatore delle stoffe dovrà essere preciso su questo articolo”.

Esisteva un ordine orientale, situato in Siria, in Iraq e in Persia, che si chiamava “Ordine degli Assassini”. Questi ultimi erano molto legati ai Cavalieri Templari e curiosamente, non solo erano vestiti pressappoco come i Cavalieri Templari, indossando un abito bianco con la cintola rossa, ma addirittura erano organizzati nello stesso modo, secondo la stessa gerarchia. In effetti, l’abito degli Assassini aveva il suo equivalente nel mantello dei Cavalieri Templari ed il rosso della cintola nella croce cucita sul petto dei cavalieri.

Come è stato già detto, la croce rossa sul mantello fu accordata 17 anni dopo il Concilio di Troyes. Il mantello bianco era riservato ai cavalieri ed ai grandi dignitari; gli scudieri e servitori portavano degli abiti bruni (o più frequentemente neri), con una croce bianca. I mantelli dei sacerdoti legati al Tempio erano dello stesso colore nero. L’insieme dell’esercito riproduceva i due colori dello stendardo “Baucéant” di cui parleremo più avanti. I due elementi di maggiore dignità del Cavaliere Templare erano il proprio mantello e le armi, che comunque non gli appartenevano in quanto restavano sempre di proprietà del convento. In caso di mancanza grave contro la Regola, il Cavaliere Templare restituiva alla comunità il suo mantello e le sue armi, poi, come precisato sopra, indossava una cappa senza la croce, con l’interdizione di toccare le armi. L’Ordine affidava il tutto ad un altro fratello così dicendogli: “Caro fratello, abbiate cura delle nostre cose”. Tuttavia, se aveva luogo una battaglia, il fratello penitente poteva riprendere il mantello e le proprie armi. Alla fine del combattimento, se egli era ancora vivo, doveva di nuovo restituire gli oggetti fino a quando non aveva espiato la propria pena. Il mantello restava quindi molto legato alla figura del Cavaliere Templare, e infatti non li si chiamano ancora oggi i “cavalieri dal bianco mantello”? “Nessun fratello che non sia figlio di cavaliere può indossare il mantello bianco…”.

A tutto ciò si aggiungeva una “schiavina” (esclavine), sorta di lungo mantello di colore marrone scuro o nero che fece la sua apparizione dall’inizio del XIII secolo. Munita di un cappuccio e costituita in parte da larghe maniche, essa era aperta sul davanti, dietro e sui lati. I fratelli la utilizzavano per proteggere le selle delle loro cavalcature durante i trasferimenti. Era proibito servirsene come copriletto senza permesso. La “guarnacca” (garnache) fece la sua apparizione all’inizio del XIII secolo. Aperta e assai larga in basso, essa comprendeva un cappuccio e s’infilava dalla testa. Doveva essere in cuoio poiché sono citate nella Regola delle “garnaches de berrie” provenienti dalla selleria, ed è anche fatta menzione di “garnaches à penne” (in pelliccia). Il Cavaliere Templare poteva cederla dopo un anno senza bisogno di chiedere l’autorizzazione. Sulla testa, egli portava un cappello a cuffia in cotone per l’inverno e un cappello di feltro per l’estate. Quando si vestiva, infilava la lunga tunica sopra la camicia. D’inverno, metteva al di sopra di tutto la schiavina o sopraveste, d’estate, indossava una cappa non rivestita di pelliccia.

Equipaggiamento per la notte e la biancheria per la tavola



A questi diversi capi di vestiario si aggiungevano l’”equipaggiamento per la notte e la biancheria per la tavola”. La Regola, al capitolo LXX, indica “che si devono fornire i letti, e tutto ciò che può servire per il letto. Noi giudichiamo, a questo proposito, che sia opinione comune che, per quanto riguarda il dormire, ognuno dorma a parte nel proprio letto, eccetto nel caso di una grande necessità. Ciascuno avrà dei letti o dei giacigli secondo il giudizio del Maestro. Ma noi crediamo che un sacco, un materasso e una coperta siano sufficienti. Se a qualcuno mancherà una di queste cose, che abbia un tappeto, e sempre in ogni stagione potrà avere lenzuola di tela. Si dormirà con la camicia e i calzoni, e che ci sia sempre una luce durante il sonno dei fratelli”.

Il corredo per dormire dei fratelli era composto da un pagliericcio, da due teli (o lenzuola), da una coperta leggera e da una carpette (grossa coperta o copriletto in lana per le stagioni fredde). Questa era di due colori, bianco e nero, colori del Tempio e del gonfalone Baucéant, in quanto i Cavalieri Templari potevano avvolgervisi cavalcando. La carpette di lana poteva servire a coprire il cavallo, ma più spesso il fratello riceveva tante coperte quante erano le bestie che gli erano state assegnate. Durante la notte, la camicia serviva a ricoprire i finimenti del cavallo. Durante gli spostamenti nelle campagne militari, i fratelli sergenti dormivano all’aperto. Invece ogni fratello cavaliere riceveva una tenda (grebeleure) con un cavicchio per piantare i picchetti.

Come biancheria da tavola, i fratelli possedevano due tovaglioli o asciugamani: uno serviva per la tavola e per appoggiarvi il cibo, l’altra per la pulizia. Ogni cavaliere riceveva una batteria da cucina composta da un paiolo, un bacile per misurare l’orzo, un setaccio per vagliare il grano, due coppe per bere, due borracce, un mestolo, un cucchiaio, una grattugia e tre paia di bisacce. Durante le campagne tutto ciò che i Cavalieri Templari trasportavano era contenuto in queste sacche o bauli, che avevano ciascuna un contenuto determinato ed erano trasportate dal cavaliere o da uno scudiero. A proposito delle sacche, la Regola dice nel Cap. XL: “Non è assolutamente permesso di avere dei sacchi o bauli chiusi a chiave, ma tutto deve essere visibile perché non si pensi che si possegga qualcosa senza il permesso del Maestro o di colui al quale sono affidati gli affari della Casa”.

I sergenti possedevano lo stesso equipaggiamento tranne il paiolo. La croce del Tempio era cucita sui mantelli, sulle tuniche, sulle cotte d’arme (davanti e dietro) e ricamata su tutti i capi della biancheria in segno di riconoscimento. Il colore bianco restava privilegio dei Cavalieri e tutti gli altri, sergenti e sottufficiali del Tempio, avevano delle tuniche, delle cotte e dei mantelli neri con una croce rossa. Gli scudieri vestivano di grigio (riteniamo scuro) ornata da una croce patente bianca. Il loro armamento era lo stesso, salvo che, di solito, il loro usbergo era di maglie più leggere e sprovvisto di maniche e che le loro brache di ferro non avevano il piede, per facilitare la marcia.

Dopo questo elenco, relativamente importante, i testi proseguono con dei dettagli di minore importanza, ma che regolano le direttive d’ordine pratico e domestico della vita quotidiana. La Regola enumerava ciò che si poteva regalare: una veste guarnacca portata almeno un anno, una vecchia cotta di maglia, un vecchio giustacuore, le vecchie brache o le vecchie camicie, le vecchie uose o calzari, o ancora una lanterna di propria fabbricazione, un pezzo di cuoio o una chevreline (probabilmente un mantello di pelle di capra). Questi doni non erano destinati a chiunque, bensì agli scudieri, i quali non appartenevano realmente al Tempio, ma prestavano servizio a termine. Quando uno scudiero lasciava il servizio di un cavaliere, quest’ultimo, se era soddisfatto di lui, aveva il diritto di fargli dono di una veste indossata da almeno due anni. Per finire si aggiunge che il cavaliere aveva l’obbligo di badare con cura meticolosa alla perfetta manutenzione del proprio equipaggiamento. Egli non poteva apportarvi alcuna modifica, nemmeno accorciare le staffe, né la cintura, né il fodero che custodiva la spada, né la cordicella che serrava le sue brache attorno alla vita, se non con il permesso del suo Commendatario.

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ALIMENTAZIONE DEI CAVALIERI TEMPLARI



In una società medievale, carnivora e dedita alle più sfrenate gozzoviglie, i Cavalieri Templari si distinsero per l’adozione di un tipo di alimentazione equilibrata e sana, che nutriva senza appesantire e li manteneva in buona salute.

I primi di essi, giunti in Terrasanta agli albori dell’Ordine, dovettero misurarsi con un ambiente ed una realtà ben diversi da quelli del continente europeo, che si erano lasciati alle spalle. Il clima, le malattie sconosciute e un ritmo esistenziale inconsueto ne rappresentavano le componenti più significative.

Tutto ciò li obbligò a modificare alcuni aspetti del quotidiano vivere occidentale e l’alimentazione vi ebbe un posto preminente. Compresero che se volevano sopravvivere e mantenersi sani, era indispensabile adottare nuovi criteri di nutrizione. Abolirono perciò i grassi, l’uso smodato e continuo delle carni e, fedeli alla Regola che proibiva loro la caccia, eliminarono dai pasti la selvaggina. Anche il vino venne dispensato con moderazione, per impedire solenni ubriacature, in guerrieri che dovevano essere sempre vigili e pronti, in ogni momento, al richiamo della battaglia.

La Regola, manuale di vita dei Cavalieri Templari, ne codificò anche l’alimentazione. L’articolo X stabiliva quanto segue: "Tre volte per settimana vi sia sufficiente di rifocillarvi di carne, a meno che non cada il giorno di Natale, di Pasqua, la festa di Santa Maria, di Tutti i Santi, perché il troppo mangiar carne guasta la salute del corpo". Per tale motivo, l’uso della carne venne limitato ed essi privilegiarono il pesce, le uova, i formaggi, i legumi e le verdure. Naturalmente il posto d’onore spettava al pane, quel pane che troviamo menzionato innumerevoli volte, come nell’articolo XV che recita così: "Sebbene il premio della povertà, che è il Regno dei Cieli, si debba senza dubbio ai poveri, a voi tuttavia, ordiniamo di dare ogni giorno al vostro elemosiniere la decima parte del pane"; tali razioni, stornate dalla mensa templare, venivano distribuite ai bisognosi.
Com’era il pane dei Cavalieri Templari in occidente ? Esso era di due tipi: quello quotidiano, chiamato pane bigio, fatto con farina di grano e di segala, e quello della festa, detto pane bianco, perché impastato appunto con la sola farina bianca.

Le disposizioni alimentari adottate in Terrasanta, dalla casa madre dell’Ordine, furono estese alle altre case, presenti in tutti i territori del continente europeo. A seconda delle zone ebbero, pur rispettando la Regola di base, delle lievi modifiche, dovute al tipo di produzione esistente in quei luoghi. Poiché ogni casa doveva vivere e mantenersi con ciò che produceva, l’alimentazione delle precettorie si basava sui prodotti locali integrata, talvolta, da doni di privati o insaporita dalle spezie che l’Ordine importava in grandi quantità dall’Oriente e vendeva nei mercati occidentali.

I Cavalieri Templari conservavano pesce e carne mediante affumicatura e salatura utilizzandoli, in seguito, insaporiti con spezie varie per ingentilirne il sapore.

Le differenze più rilevanti nell’alimentazione dei Cavalieri Templari si riscontravano tra le precettorie occidentali e quelle orientali. In Occidente l’animale per eccellenza, allevato nelle precettorie, era il maiale utilizzato nella sua interezza e di cui il lardo, salato e conservato, veniva usato come principale condimento ove l’olio d’oliva non era presente. Anche gli ovini, pecore e capre, erano presenti negli insediamenti templari occidentali, soprattutto nelle zone più aride a dai pascoli meno rigogliosi e davano carne, latte e formaggi. Dagli animali da cortile, galline e oche, si avevano carne e uova. E’ logico che il latte, prodotto in abbondanza, non poteva essere consumato totalmente, così i Cavalieri Templari ne facevano formaggi che in parte utilizzavano per i loro pasti e in parte vendevano. Sembra che il Brie, il delicato formaggio francese, sia nato proprio in una precettoria dei Cavalieri Templari.

I Cavalieri Templari bevevano, come si usava all’epoca sia birra che vino, bevuto naturale o, come era consuetudine, aromatizzato all’anice, al rosmarino o bollito e speziato con cannella e chiodi di garofano o dolcificato con il miele. Sappiamo che gli uomini del medioevo, e quindi anche i Cavalieri Templari, non bevevano mai acqua senza avervi aggiunto un liquido meno tossico quale: vino, sidro, succo di frutta o estratti di scorza di frutta.

In alcune precettorie italiane si mangiava la polenta fatta con grano saraceno, quindi non di mais o granoturco poiché, a detta degli storici, tale pianta era sconosciuta in Europa sino alla scoperta dell’America. A tale proposito è interessante segnalare un singolare documento crociato del 1257, riguardante la produzione agricola della diocesi di Acri, nel quale è menzionato il "mais". L’illustre medievalista Joshua Prawer, nel suo testo sul Regno di Gerusalemme, così commenta tale interessante citazione: "potrebbe trattarsi di granoturco e, se la nostra traduzione è corretta, questa sarebbe una prova in più circa l’origine asiatica, e non americana, di questo tipo di grano".

Ritornando al grano saraceno, si sa per certo che tale cereale, originario del Turkestan, fu introdotto in Europa nel medioevo e coltivato in Italia, soprattutto in Friuli, in Valtellina e nel Varesotto. Poiché questa pianta sopportava male il freddo, essa veniva coltivata nella stagione primaverile ed estiva, raggiungendo rapidamente la maturazione. I suoi chicchi di colore bruno argenteo o grigiastro danno alla farina la ben nota colorazione scura, senza toglierle peraltro, il rustico e gradevole sapore.

In Terrasanta non si usava il maiale, probabilmente a causa del gran caldo, e forse perché dovendo convivere con il popolo arabo era comunque preferibile non creare ulteriori motivi di attrito. Sicuramente inizialmente qualcuno avrà mangiato carne di maiale e con quel clima avrà avuto parecchi problemi intestinali che avranno consigliato agli altri di privilegiare le carni di montone, pecora, capra e degli animali da cortile. Gli estesi uliveti producevano olio in quantità, le vigne davano ottimo vino e per dolcificare, a differenza dei loro confratelli occidentali, i Cavalieri Templari non avevano necessità del solo miele poiché potevano utilizzare anche la canna da zucchero delle loro piantagioni.

Poiché la Palestina produceva in gran quantità il frumento, il pane era fatto esclusivamente con farina bianca e non, come in Occidente, con la segale o altri cereali che lo rendevano scuro. Il pane veniva confezionato sia in forme lievitate (pani) che ad uso di focacce schiacciate (pitta).

I pellegrini del tempo, parlando della Terrasanta, la descrivevano come: "Una terra di frumento e d’orzo, di viti, di fichi e melograni, una terra d’olio, di olivi e di miele". I Cavalieri Templari orientali consumavano legumi ed ortaggi come ceci, lenticchie, piselli, cetrioli, asparagi, carciofi, lattuga e fagioli. Dai fagioli prendeva nome il Castrum Fabae, la fortezza templare situata nella valle di Jezreel. Essi consumavano senape, aglio e cipolle, le famose cipolle palestinesi provenienti da Ascalona e che da questa località presero il nome, in italiano, di scalogno.

In Oriente i Cavalieri Templari potevano portare in tavola una maggiore varietà di frutta di cui alcune varietà erano sconosciute in Occidente. L’uva serviva sia per la vinificazione sia come uva da tavola; si gustavano meloni e angurie, melograni, banane (chiamate dai pellegrini e crociati "pomi del paradiso"), il limone e l’arancia (dall’arabo "narange"), i datteri che si consumavano sia freschi che seccati in forme simili a focacce, così come i fichi, le albicocche e, in tempi di carestia, il carrubo che fu l’alimento base dell’esercito della terza crociata durante l’assedio di San Giovanni d'Acri (1191).

In Occidente si producevano e mangiavano prevalentemente mele, pere, noci, nocciole e ciliegie. Poiché durante il periodo dell’Avvento (da Ognissanti a Natale, chiamato dai Cavalieri Templari "la piccola In Quaresima") e nella Quaresima vera e propria i Cavalieri Templari abolivano la carne, fu necessario per l’ordine organizzarsi in modo da poter avere sempre del pesce disponibile. Per soddisfare tale necessità nei luoghi lontani dal mare, dai fiumi o dai laghi i Cavalieri Templari crearono delle peschiere e dettero vita alla piscicoltura. Anche il pesce, affumicato o conservato sotto sale, faceva parte dell’alimentazione templare.

I Cavalieri Templari mangiavano nel refettorio, su lunghe tavole, seduti uno di fronte all’altro. Le tavole erano ricoperte da tovaglie bianche, tranne il Venerdì Santo quando, in segno di umiltà, mangiavano sul nudo legno, prima ben lavato e strofinato. Il servizio da tavola individuale del Cavaliere Templare era composto da: una scodella di corno o di legno; due calici: uno quotidiano ed uno per i giorni di festa; un cucchiaio e un coltello. Le forchette allora non esistevano e verranno adottate circa nel 1400.

I Cavalieri Templari mangiavano in silenzio, ascoltando una lettura sacra. Niente andava sprecato, tutto doveva essere spezzato o tagliato in maniera decorosa poiché gli avanzi venivano dati ai poveri. Nobili e privati cittadini inviavano spesso, al Maestro o al precettore di qualche casa, cibi prelibati, primizie o piatti tipici; era allora facoltà di chi li riceveva donarli a coloro che avevano qualche merito speciale o a tutti i presenti in occasione di particolari festeggiamenti. In genere quanto compariva sulla tavola dei Cavalieri Templari era il prodotto della precettoria o delle sue dipendenze. In particolari occasioni il precettore poteva fruire della sua borsa o fondo personale per l’acquisto, fuori dell’area della precettoria, di particolari alimenti.

E’ certo che il sistema alimentare adottato dall’Ordine in Oriente ed esteso a tutte le case europee, fu ben equilibrato e soddisfacente, infatti i Cavalieri Templari furono, in genere, molto longevi e i sopravvissuti alle battaglie e alle gravi malattie orientali raggiunsero quasi tutti gli ottant’anni, il doppio di quanto mediamente viveva un uomo nel medioevo.

La storia del mondo medievale e delle sue caratteristiche si riscopre non solo attraverso la narrazione delle battaglie o delle gesta di principi e guerrieri, ma anche dagli aspetti più semplici della sua quotidianità quale era, appunto, quanto si serviva e si gustava in tavola.
 
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3 replies since 9/10/2010, 17:04   2746 views
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