Il sigillo dei cavalieri: i due cavalieri sono stati interpretati come simbolo di povertà o della dualità del monaco/soldato
Croce usata dai templari
Quello dei "Pauperes commilitones Christi templique Salomonis" (Poveri Compagni d'armi di Cristo e del Tempio di Salomone), meglio noti come Cavalieri templari o semplicemente Templari, fu uno dei primi e più noti ordini religiosi cavallereschi cristiani.
L'origine di quest'ordine risale agli anni 1118-1120, successivi alla prima crociata (1096), quando la maggior parte dei cavalieri era tornata in Europa e le esigue milizie cristiane rimaste erano arroccate nei pochi centri abitati. Le strade della Terrasanta erano quindi infestate da predoni e Ugo di Payns, originario dell'omonima cittadina francese della Champagne, insieme al suo compagno d'armi Goffredo di Saint-Omer e ad alcuni altri cavalieri, fondarono il nucleo originario dei templari, dandosi il compito di assicurare l'incolumità dei numerosi pellegrini europei che visitavano Gerusalemme dopo la sua conquista. L'ordine venne ufficializzato il 29 marzo 1139 dalla bolla Omne Datum Optimum di Innocenzo II e definitivamente dissolto tra il 1312 e il 1314 dopo un drammatico processo.
Accanto alla croce rossa in campo bianco, fra i simboli dei templari c'era il beauceant.
Struttura dell'ordine
I templari nascono come ordine monastico-militare; la loro struttura trae ispirazione dall'ordine cistercense e trae sostegno dalla figura più rappresentativa che proprio in quegli anni di fondazione caratterizzava la cultura europea, il predicatore e teologo Bernardo di Chiaravalle (poi santo). Oltre i tre classici voti degli ordini monastici - povertà, obbedienza e castità - adottarono la regola benedettina e cistercense. Bernardo, che quasi subito divenne loro convinto sostenitore, nel suo De laude novae militiae indica ai cavalieri le attività da svolgere in tempo di pace e di guerra, l'alimentazione da seguire, l'abbigliamento da indossare nelle varie circostanze per ciascuna categoria di fratelli. I cavalieri ad esempio adottarono la veste bianca dei cistercensi sormontata da una croce rossa. Venivano reclutati soprattutto tra i giovani della nobiltà, desiderosi di impegnarsi nella difesa della cristianità in Medio Oriente. L'ordine militare così formato aveva una gerarchia assai rigida. I suoi membri, come in ogni ordine monastico, facevano voto di castità, obbedienza e povertà, lasciando all'ordine tutte le loro proprietà ed eredità.
La presenza dei templari sul territorio era assicurata dalle diverse sedi templari: le Precettorie, le Mansioni e le case fortezza o capitanerie (queste ultime due meno importanti delle precettorie), largamente autonome dal punto di vista gestionale. Nelle grandi capitali (Parigi, Londra, Roma e altre) vi erano, invece, le Case e ognuna di esse aveva il controllo di una delle sette grandi province dall'Inghilterra alle coste dalmate in cui i templari avevano diviso la loro organizzazione monastica. Al massimo del loro fulgore arrivarono presumibilmente ad avere centinaia di sedi distribuite capillarmente in tutta Europa e Medio Oriente, il che indica la loro notevole influenza economica e politica nel periodo delle Crociate.
La crescita dell'Ordine fu ulteriormente accentuata dal favore del papa Innocenzo II, che aveva concesso all'Ordine la totale indipendenza dal potere temporale, compreso l'esonero dal pagamento di tasse e gabelle, oltre al privilegio di rendere conto solo al pontefice in persona e di esigere le decime.
Vi erano quattro divisioni di confratelli nei templari:
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cavalieri, equipaggiati come cavalleria pesante
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sergenti, equipaggiati come cavalleria leggera, provenienti da classi sociali più umili dei cavalieri
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fattori, che amministravano le proprietà dell'Ordine
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cappellani, che erano ordinati sacerdoti e curavano le esigenze spirituali dell'Ordine. Qualunque cavaliere, in ogni caso, al momento della sua investitura faceva voto di castità, obbedienza e povertà.
Ciascun cavaliere aveva sempre due o tre sergenti che lo accompagnavano in battaglia e un gruppo di sei o sette scudieri per assisterlo sia in tempo di pace che di guerra. Alcuni confratelli si occupavano esclusivamente di attività bancarie, in quanto l'Ordine trattava frequentemente le merci preziose dei partecipanti alle Crociate. La maggioranza dei Cavalieri templari si dedicava tuttavia alle manovre militari. I templari usavano le loro ricchezze per costruire numerose fortificazioni in tutta la Terra Santa ed erano probabilmente le unità da combattimento meglio addestrate e disciplinate del loro tempo. Alcuni li considerano precursori dei moderni corpi speciali o unità d'élite.
Il maggiore influsso dei templari non fu comunque di tipo militare, quanto piuttosto di tipo culturale ed economico, sotto il profilo della diffusione di strumenti economico-finanziari, con la distribuzione del reddito attraverso la creazione di posti di lavoro: con le abbazie ed i loro terreni agricoli, con la costruzione delle cattedrali, l'ordine portò lavoro, reddito e sviluppo in molte parti d'Europa, attraverso una estesa rete di succursali.
Storia
«Nello stesso anno (1118), alcuni nobili cavalieri, pieni di devozione per Dio, religiosi e timorati di Dio, rimettendosi nelle mani del signore patriarca per servire Cristo, professarono di voler vivere perpetuamente secondo le consuetudini delle regole dei canonici, osservando la castità e l'obbedienza e rifiutando ogni proprietà. Tra loro i primi e i principali furono questi due uomini venerabili, Ugo di Payens e Goffredo di Saint-Omer...»
In queste righe, scritte alla fine del XII secolo, Guglielmo di Tiro narra i primi anni dei pauperes milites Christi. La sua Historia, però, compilata successivamente alla fondazione della Nova Militia e durante il regno di Amalrico I di Gerusalemme (1162-1174), come quella di Giacomo di Vitry, vescovo di San Giovanni d'Acri (Historia orientalis seu Hierosolymitani scritta nel XIII secolo) non conobbe gli anni in cui i primi cristiani giunsero in Outremer per la riconquista della Terrasanta e non vide la nascita di quegli Ordini che tanti onori meritarono sul campo.
La mancanza di documenti dell'epoca rende impossibile l'esatta ricostruzione dei primi anni dell'Ordine del Tempio, così come il numero esatto dei cavalieri che vi aderirono, e dunque è solo possibile impostare la ricerca attraverso ipotesi e supposizioni, basate sui diversi documenti successivi. La tradizione parla di nove cavalieri (Nove uomini aderirono a questo patto santo e servirono per nove anni in abiti laici che i credenti avevano dato loro in elemosina.), ma tale numero avrebbe un significato soprattutto allegorico.
Uno dei pochi documenti coevi all'epoca di fondazione fu il testo della regola dei templari, conosciuto come regola primitiva, approvato nel 1128 con il Concilio di Troyes e volgarizzato in antico-francese fra il 1139 e il 1148. Un testo che, seppur diffuso dagli stessi templari, poco aiuta ad identificare con esattezza i momenti della fondazione. Il terzo articolo di questa regola si riferisce al 1119 come anno di nascita dell'Ordine:
«...pertanto, in letizia e fratellanza, su richiesta del maestro Ugo de Payns, dal quale fu fondata, per grazia dello Spirito Santo, la nostra congregazione, convenimmo a Troyes da diverse province al di là delle montagne, nel giorno di S. Ilario, nell'anno 1128 dall'incarnazione di Cristo, essendo trascorsi nove anni dalla fondazione del suddetto Ordine.»
(Regola dei Templari)
Alcuni studiosi, comunque, propendono per la data del 1118. Sarebbe stato in quell'anno che il re Baldovino II di Gerusalemme avrebbe dato, secondo Giacomo di Vitry nel suo Historia orientalis seu Hierosolymitana, ai "poveri cavalieri di Cristo" alcuni locali del palazzo reale, situato in prossimità del Tempio di Salomone, dal quale l'ordine prese il nome. Gli anni più probabili vanno dunque dal 1118 al 1120.
La scarsa disponibilità di documenti non esime gli studiosi dal tracciare, comunque, una storia della sua fondazione, stando a testimonianze e scritti successivi, e alle motivazioni che spinsero alcuni cavalieri ad abbandonare gli agi di corte e ad abbracciare la povertà. Alla fine del 1099 - dopo che all'appello di Papa Urbano II nel concilio di Clermont, al grido "Deus lo volt", i cristiani riconquistarono la Terra Santa in mano agli infedeli - si presentò il problema di come difendere i luoghi santi e quei pellegrini che ivi giungevano da tutta Europa. Nacquero così i diversi Ordini religiosi. Il primo Ordine fu quello dell' Ordine dei canonici del Santo Sepolcro, fondato nel 1099 da Goffredo di Buglione. Successivamente vennero a costituirsi quello di San Giovanni dell'Ospedale, di Santa Maria di Gerusalemme o dei Teutonici e quello del Tempio.
L'Ordine, in ogni caso, assunse reale importanza solo a partire dal 1126, con l'ingresso del conte Ugo di Champagne, quando iniziarono a pervenire donazioni e lasciti.
La Cupola della Roccia
Il primo sigillo del nuovo Ordine rappresentava da una parte la Cupola della Roccia e dall'altra due cavalieri su un cavallo. Nel 1120, dinanzi al patriarca di Gerusalemme Gormond de Picquigny, pronunciarono i voti monastici, castità, povertà e obbedienza, a cui ne aggiunsero un quarto, "inusuale" per quei tempi e benedetto dalla Chiesa: la lotta armata senza quartiere agli infedeli. La loro costituzione fu sancita nel Concilio di Troyes nel 1128 e sostenuta da Bernardo di Chiaravalle con la sua De laude novae militiae.
La crescita dell'Ordine
Da allora, per oltre due secoli, i Cavalieri templari, grazie anche ai concili loro favorevoli (Concilio Pisano, 1135 e Lateranense II, 1139), acquisirono - attraverso lasciti, donazioni e altre forme di liberalità laiche ed ecclesiastiche - terre, castelli, casali in quantità tali da farli diventare l'Ordine più potente, dunque "invidiato" e temuto, dell'epoca. Essi avviarono con meticolosità e professionalità la loro organizzazione nell'intero Occidente, trasformandolo in un gran magazzino per l'approvvigionamento dell'Oltremare, costituendo in tutti gli stati d'Europa loro insediamenti agricoli, economici e politici.
L'Ordine approdò anche nel Regno di Sicilia e vi si diffuse in epoca normanna, successivamente al 1139, anno in cui fu raggiunta la pace tra Ruggero II d'Altavilla (fedele alla causa di Anacleto II) ed Innocenzo II. La Puglia fu la regione italiana che prima fra le altre accolse le domus gerosolimitane rosso-crociate grazie all'importanza strategica e commerciale dei suoi porti e delle sue città. Tutto il Meridione d'Italia venne compreso inizialmente nella provincia templare d'Apulia e, solo in epoca sveva, indicato quale provincia d'Apulia e Sicilia. Tra le prime fondazioni dell'ordine, oltre quella di Trani, va ricordata la casa di Molfetta (documentata nel 1148), Barletta (1169), Matera (1170), Brindisi (1169) con possedimenti nel leccese, Bari, Andria, Foggia (nel periodo di transizione normanno-svevo), Troia (anteriore al 1190) e Salpi (documentata nel 1196). Tra le sedi più importanti, va menzionata la Casa Templare di Barletta, che ricoprì il ruolo di Casa Provinciale sino al processo del 1312.
Essi si affermarono in combattimento come nella conduzione e nell'organizzazione agricola. Le aziende agrarie del Tempio si chiamavano casali, grange, masserie. I casali della Puglia talora ricordavano le fattorie fortificate d'Outremer. I templari davano da lavorare le loro terre a concessionari (conductores); ma, dove il personale delle commende rurali era più numeroso, essi coltivavano direttamente il suolo. In tal caso, secondo il modello cistercense, si ricorreva al lavoro dei campi ai membri più umili dell'Ordine, quando non addirittura alla manodopera servile, rappresentata dai contadini Saraceni del regno di Sicilia o di Siria. L'allevamento del bestiame da carne, da latte, da lana e da lavoro costituiva una voce primaria nel bilancio del Tempio: le fertili campagne della Puglia offrivano ricchi pascoli alle mandrie di buoi e bufali di proprietà dei templari, mentre in Toscana le loro greggi di pecore praticavano la transumanza; allevamenti di suini nei boschi del Tempio erano infine segnalati in Piemonte, come in Sicilia. Le colture più diffuse erano quelle dei cereali, della vite, dei legumi. Generalmente in Italia la produzione agricola dell'Ordine serviva al consumo interno, le eccedenze erano destinate alla vendita e parte del ricavato veniva versato al tesoro centrale sotto forma di responsiones; ma è soprattutto dai porti della Puglia che nella seconda metà del Duecento salpavano navi cariche di cereali e legumi, per andare a rifornire le case dei templari in Siria, rese sempre più dipendenti dalle occidentali sotto l'aspetto alimentare a causa della progressiva perdita di territori e aree coltivabili a vantaggio dei Saraceni. Dopo la catastrofe del 1291 divenne Cipro la destinazione delle vettovaglie pugliesi.
Oltre che in Palestina, l'Ordine combatté successivamente anche nella Reconquista di Spagna e Portogallo, guadagnandosi estesi possedimenti e numerosi castelli lungo le frontiere tra le terre cattoliche e quelle musulmane. Arrivarono ad ereditare, insieme con gli altri Ordini militari, il Regno d'Aragona, che però rifiutarono dopo lunghe trattative.
Il nome con cui sono popolari allude al loro storico quartier generale nella Cupola della Roccia (Qubbat al-Sakhrā'), un santuario islamico in cima al Monte Moriah a Gerusalemme, che essi ribattezzarono Templum Domini (Tempio del Signore). La sommità è sacra ad ebrei e cristiani come Monte del Tempio così come ai musulmani, che usano il nome di Monte Majid (o al-Ḥaram al-Šarīf). I templari credevano erroneamente che la Cupola della Roccia costituisse i resti del biblico Tempio di Gerusalemme. Il Templum Domini con la sua pianta centrale divenne il modello per molte chiese edificate successivamente in Europa, come la Temple Church a Londra, ed era rappresentato in molti sigilli templari.
I templari erano identificabili per la loro sopravveste bianca, a cui in seguito si aggiunse una distinta croce rossa ricamata sulla spalla, che assunse infine grandi dimensioni sul torace o sulla schiena, come si vede in molte rappresentazioni dei cavalieri crociati.
Attività bancarie
I templari entrarono nelle attività bancarie quasi per caso. Quando dei nuovi membri si univano all'ordine, generalmente donavano ad esso ingenti somme di denaro o proprietà, poiché tutti dovevano prendere il voto di povertà. Grazie anche ai vari privilegi papali, la potenza finanziaria dei Cavalieri fu assicurata dall'inizio. Poiché i templari mantenevano denaro contante in tutte le loro case e templi, fu nel 1135 che l'ordine cominciò a prestare soldi ai pellegrini spagnoli che desideravano viaggiare fino alla Terra Santa.
Il coinvolgimento dei Cavalieri nelle attività bancarie crebbe nel tempo verso una nuova base per il finanziamento, dato che fornivano anche servizi di intermediazione bancaria.
Sotto l'aspetto economico-finanziario, i templari rivestirono un ruolo così importante da arrivare a "prestare" agli stati occidentali ingenti somme di denaro e gestire perfino "le casse" di stati come la Francia.
Un'indicazione dei loro potenti legami politici è che il coinvolgimento dei templari nell'usura non portò a particolari controversie all'interno dell'ordine e nella Chiesa in generale. Il problema dell'interesse fu generalmente eluso grazie ai complicati tassi di cambio delle valute e grazie ad un accordo con cui i templari detenevano i diritti della produzione sulle proprietà ipotecate.
Le connessioni politiche dei templari e la consapevolezza della natura eminentemente cittadina e commerciale delle comunità d'oltremare portarono l'Ordine a raggiungere una posizione significativa di potenza, sia in Europa che in Terrasanta. Il loro successo attrasse la preoccupazione di molti altri Ordini, come pure della nobiltà e delle nascenti grandi monarchie europee, le quali a quel tempo cercavano di monopolizzare il controllo del denaro e delle banche, dopo un lungo periodo nel quale la società civile, specialmente la Chiesa ed i suoi ordini, aveva dominato le attività finanziarie. Le tenute dei templari erano estese sia in Europa che nel Medio Oriente e tra queste vi fu, per un certo periodo, l'intera isola di Cipro.
La caduta e la soppressione dell'Ordine
L'Ordine dopo la definitiva perdita di Acri e degli Stati Latini in Terra Santa nel 1291 si avviava al tramonto: la ragione fondamentale per la quale era nato, due secoli prima, era ormai venuta meno. Il suo scioglimento, tuttavia, non fu mosso per via ordinaria dalla Santa Chiesa, ma attraverso una serie di accuse infamanti esposte dal re di Francia Filippo IV il Bello, desideroso di azzerare i propri debiti e impossessarsi del patrimonio templare, riducendo nel contempo il potere della Chiesa.
Il rogo sul quale arsero vivi l'ultimo Maestro Jacques de Molay e Geoffrey de Charnay, acceso su di una isoletta sulla Senna a Parigi, davanti alla Cattedrale di Notre Dame, il 18 marzo 1314
Il 14 settembre 1307 il re inviò messaggi sigillati a tutti i balivi, siniscalchi e soldati del Regno ordinando l'arresto dei templari e la confisca dei loro beni, che vennero eseguite il venerdì 13 ottobre 1307. La mossa riuscì in quanto viene astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari di Francia; i cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero arrestati.
Le accuse che investirono il Tempio erano infamanti: sodomia, eresia, idolatria. Vennero in particolare accusati di adorare una misteriosa divinità pagana, il Bafometto. Nelle carceri del re gli arrestati furono torturati finché non iniziarono ad ammettere l'eresia. Il 22 novembre 1307 il papa Clemente V, di fronte alle confessioni, con la bolla Pastoralis præminentiæ ordinò a sua volta l'arresto dei templari in tutta la cristianità.
Il 12 agosto 1308 con la bolla Faciens misericordam furono definite le accuse portate contro il Tempio. Il re fece avviare dal 1308 sino al 1312, grazie anche alla debolezza di papa Clemente V, diversi processi tesi a dimostrare le colpe dei cavalieri rosso-crociati di Parigi, Brindisi, Penne, Chieti e Cipro. Nel generale clima di condanna ci fu l'eccezione rappresentata da Rinaldo da Concorezzo, arcivescovo di Ravenna e responsabile del processo per l'Italia settentrionale: egli assolse i cavalieri e condannò l'uso della tortura per estorcere confessioni (concilio provinciale di Ravenna, 1311).
L'Ordine fu ufficialmente soppresso con la bolla Vox in excelso[4] del 3 aprile 1312 ed i suoi beni trasferiti ai Cavalieri Ospitalieri il 2 maggio seguente (bolla Ad providam). Jacques de Molay, l'ultimo gran maestro dell'Ordine, il quale in un primo momento aveva confermato le accuse, le ritrattò spinto da un'ultima fiammata di orgoglio e dignità, venendo arso sul rogo assieme a Geoffrey de Charnay il 18 marzo 1314 davanti alla cattedrale di Parigi, sull'isola della Senna detta dei giudei.
Filippo il Bello, distrusse il sistema bancario dei templari, e, benché una bolla papale avesse trasferito tutti gli averi dei Tempari agli Ospitalieri, riuscì ad addurre a sè parte del tesoro. Questi eventi e le originali operazioni bancarie dei templari sui beni depositati, che furono improvvisamente mobilitati, costituirono due dei molti passaggi verso un sistema di stampo militare per riprendere il controllo delle finanze europee, rimuovendo questo potere dalle mani della Chiesa. Visto il destino dei templari, gli Ospitalieri di San Giovanni furono ugualmente convinti a cessare le proprie operazioni bancarie.
Molti sovrani e nobili inizialmente sostennero i cavalieri e dissolsero l'Ordine nei loro reami solo quando fu loro comandato da papa Clemente V. Roberto I, re degli Scoti, era già stato scomunicato per altri motivi e quindi non era disposto a prestare attenzione ai comandi papali; di conseguenza, molti membri dell'Ordine fuggirono in Scozia ed in Portogallo, dove il nome dell'Ordine fu cambiato in "Ordine di Cristo" e si ritiene abbia contribuito alle prime scoperte navali portoghesi. Il principe Enrico il Navigatore (1394 - 1460) guidò tale ordine per vent'anni, fino alla propria morte. In Spagna, dove il re a sua volta si opponeva all'incorporazione del patrimonio templare da parte dell'Ordine degli Ospitalieri, l'Ordine di Montesa subentrò a quello dei templari.
I templari furono accusati di "connivenza col nemico", in quanto spesso strinsero rapporti di buon vicinato, se non di amicizia, con signori musulmani. Con alcuni di loro, come Usāma b. Munqidh, arrivarono a veri e propri favori, come quello di concedergli di pregare nella Cupola della Roccia, benché già trasformata in chiesa.
È tuttora aperto il dibattito sulla fondatezza delle accuse di eresia formulate agli appartenenti dell'Ordine. I templari furono accusati di rinnegare Cristo, di sputare sulla Croce, di praticare la sodomia e di adorare un idolo barbuto, il Baphomet o Bafometto. Il maestro Jacques de Molay, che aveva ceduto inizialmente di fronte alla marea di accuse, si riebbe e rigettò le sue parziali ammissioni. Ma era tardi, il rogo accolse il maestro e i suoi dignitari e l'Ordine fu sciolto.
Studi recenti accreditano sempre più la teoria secondo la quale la vera causa della fine dei templari fu dettata dalla volontà di impossessarsi del loro patrimonio, tesi peraltro già sostenuta da Dante Alighieri nel canto xx del Purgatorio, e si concretizzò attarverso una cospirazione indotta dal Re di Francia Filippo IV il Bello. Infatti, mentre il Re si trovava quasi in bancarotta, e il popolo francese era esasperato per la grave crisi economica, accentuata dalla svalutazione della moneta ad opera del Re medesimo, l'Ordine risultava proprietario di terre, castelli, fortezze ed abbazie: un tesoro immenso. Fu probabilmente il sovrano che, dopo aver tentato inutilmente di entrare a farne parte, incaricò i propri consiglieri (capeggiati dall'astuto Guglielmo di Nogaret) di formulare delle precise accuse contro l'Ordine e di richiedere l'intervento del papato, da poco trasferitosi in Francia. Quando la Chiesa si rese conto dell'errore nella condanna e di essere stata manipolata, fu troppo tardi.
La studiosa italiana Barbara Frale ha rinvenuto agli inizi degli anni duemila negli Archivi vaticani un documento, noto come pergamena di Chinon, che dimostra come papa Clemente V intendesse perdonare i templari nel 1314 assolvendo il loro maestro e gli altri capi dell'ordine dall'accusa di eresia, e limitarsi a sospendere l'ordine piuttosto che sopprimerlo. Il documento appartiene alla prima fase del processo, nella quale il pontefice ancora sperava di poter salvare l'ordine, seppure a costo di assoggettarlo ad una profonda riforma. L'inchiesta di Chinon, in ogni caso, ribadisce le pratiche indecenti e gli sputi sulla croce effettuate come rito d'iniziazione all'ingresso di un novizio nell'Ordine, pratiche di ancora dubbia origine e motivazione.
Ordini moderni e rivendicazioni di discendenza
Alla tradizione dei cavalieri templari si rifanno oggi numerosi e variegati gruppi e associazioni, talora rivendicando una qualche forma di derivazione diretta dall'ordine. Si tratta di un fenomeno moderno che va sotto il nome di templarismo o neotemplarismo, sorto a partire dal XVIII secolo in Francia, in coincidenza con la diffusione dell'Illuminismo.
Le moderne associazioni neotemplari sono laiche, e pur richiamandosi spesso ai valori religiosi cristiani e caritativi, non hanno alcun tipo di riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa cattolica. Altri gruppi neotemplari sono invece caratterizzati da uno stampo massonico e, specie nel mondo anglosassone, da un'aperta ostilità nei confronti della Chiesa cattolica. Occorre anche tenere presente che papa Clemente V con la bolla Vox in excelso, emessa durante il Concilio di Vienne del 1312, con la quale sopprimeva l’Ordine del Tempio, ha espressamente proibito qualsiasi forma di ricostituzione dello stesso, sotto pena di automatica scomunica, in modo perenne e irrevocabile.
Altra caratteristica che accomuna molti dei gruppi neotemplari è poi un'alta conflittualità l'uno rispetto all'altro, dato che molti di essi rivendicano di essere gli unici "autentici" eredi degli antichi templari, a scapito degli altri. A tutt'oggi non esiste tuttavia alcuna prova storicamente accertata della sopravvivenza dell'Ordine Templare dopo il 1314, né del resto appare possibile tracciare, dopo quasi sette secoli dall'abolizione di tale ordine religioso da parte del papa, una qualche forma di discendenza storicamente valida.
Molti gruppi neotemplari sostengono la tradizione che l'ordine sarebbe sopravvissuto nascostamente anche dopo la morte dell'ultimo Maestro, Jacques de Molay, il quale prima di affrontare il rogo avrebbe affidato la propria carica al cavaliere Jean-Marc Larménius (o de l'Armenie). Quest'ultimo avrebbe redatto una "Charta (la cosiddetta Charta di Larménius), che successivamente sarebbe stata via via firmata dai Maestri segreti succeduti nel tempo. La maggioranza degli storici tuttavia nutre forti dubbi sull'autenticità del documento, o la definisce apertamente un falso.
L'idea di una nascosta continuazione dell'ordine dei templari si è diffusa anche nella massoneria, in particolare in Francia e in Germania, e in alcuni casi riti massonici (come il Rito scozzese antico ed accettato e il Rito Scozzese Rettificato) adottano riferimenti templari. Alcuni ritengono che i templari siano all'origine sia dei riti che di vari rami cavallereschi della massoneria ma, malgrado alcuni storici abbiano tentato di disegnare una successione tra i due fenomeni storici, un collegamento di questo tipo non è mai stato provato; taluni studiosi che si sono occupati del problema, come Michele Moramarco, sono tassativi nel rigettare la "leggenda templare".
Leggende
La rapida successione dell'ultimo diretto re della dinastia dei Capetingi di Francia tra il 1314 e il 1328, i tre figli di Filippo il Bello, ha portato molti a credere che la dinastia fosse maledetta, da cui il nome di "re maledetti" (rois maudits). Infatti Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell'Ordine, mentre giaceva sulla pira, avrebbe maledetto il re Filippo e addirittura il Papa. Clemente in effetti morì un mese dopo di dissenteria e Filippo il Bello fu stroncato nel dicembre successivo dalle conseguenze di una caduta da cavallo. I commentatori dell'epoca, compiaciuti da un simile sviluppo della vicenda, riportavano spesso questa storia nelle loro cronache. Poiché, inoltre, sempre al momento della morte sul rogo, Jacques de Molay avrebbe dannato la casa di Francia "fino alla tredicesima generazione", in tempi più recenti si è diffusa la leggenda secondo cui l'esecuzione di Luigi XVI durante la Rivoluzione francese - che pose fine in qualche modo alla monarchia assoluta in Francia - sarebbe stata il coronamento della vendetta dei templari (alcuni storici sensazionalisti dell'epoca riportarono la notizia che il boia Charles-Henri Sanson, prima di calare la ghigliottina sulla testa del sovrano, gli avrebbe mormorato: «Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay»).
In realtà i Cavalieri templari in seguito alla loro scomparsa cessarono presto di fare notizia: già alla fine del XIV secolo ci si era dimenticati di loro e della loro triste fine. Solo molti secoli dopo, durante l'Illuminismo, il tema dei templari tornò in auge e la fama degli antichi cavalieri fu sommersa da leggende riguardanti segreti e misteri che si vogliono tramandati da prescelti fin dai tempi antichi. Forse i più noti sono quelli riguardanti il Santo Graal, l'Arca dell'Alleanza e i segreti delle costruzioni. Alcune fonti dicono che il Santo Graal sarebbe stato ritrovato dall'ordine e portato in Scozia nel corso della caduta dell'ordine nel 1307, e che ciò che ne rimane sarebbe sepolto sotto la Cappella di Rosslyn. Altre voci sostengono che l'ordine avrebbe ritrovato anche l'Arca dell'Alleanza, lo scrigno che conteneva gli oggetti sacri dell'antico Israele, compresa l'asta di Aronne e le tavole di pietra scolpite da Dio con i dieci comandamenti.
Questi miti sono connessi con la lunga occupazione, da parte dell'ordine, del Monte del Tempio a Gerusalemme come loro quartier generale. Alcune fonti[senza fonte] registrano che avrebbero scoperto i segreti dei maestri costruttori che avevano costruito il tempio originale e il secondo tempio, nascosti lì assieme alla conoscenza che l'Arca sarebbe stata spostata in Etiopia prima della distruzione del primo tempio. Viene fatta allusione a questo in rappresentazioni nella Cattedrale di Chartres (considerata con le cattedrali di Amiens e Reims come uno degli esempi migliori di gotico), sulla cui costruzione ha avuto grande influenza Bernardo di Chiaravalle, che fu egualmente influente nella formazione dell'ordine. Ulteriori collegamenti sia sulla ricerca da parte dell'ordine dell'Arca che della relativa scoperta degli antichi segreti del costruire sono suggeriti dall'esistenza della chiesa monolitica di San Giorgio (Bet Giorgis) a Lalibela in Etiopia, tuttora esistente, la cui la costruzione è erroneamente attribuita ai templari. Vi è allo stesso modo una chiesa sotterranea che risale allo stesso periodo ad Aubeterre in Francia. Si stanno poi sviluppando speculazioni sulla possibilità che i Cavalieri templari avessero intrapreso viaggi in America prima di Colombo.
Alcuni ricercatori e appassionati[senza fonte] di esoterismo hanno sostenuto che l'ordine sarebbe stato depositario di conoscenze segrete. Secondo costoro, nei 200 anni della loro storia i monaci-militari si sarebbero rivelati anche un'organizzazione sapienziale esoterica e occultistica, custode di conoscenze iniziatiche. In quest'ottica i templari sono stati collegati ad altri argomenti leggendari o fortemente controversi come Rosacroce, Priorato di Sion, Rex Deus, Catari, Ermetismo, Gnosi, Esseni e, infine, a reliquie o supposti insegnamenti perduti di Gesù tra cui la Sacra Sindone o il "testamento di Giuda". Alcuni ipotizzano che i Cavalieri del Tempio avrebbero avuto legami, oltre che con la tradizione esoterica di ispirazione cristiana ed ebraica, anche con organizzazioni mistico-esoteriche ispirate all'Islamismo.
La grande quantità di testi non rigorosi su questo tipo di teorie ha portato Umberto Eco ad affermare che "l'unico modo per riconoscere se un libro sui Templari è serio è controllare se finisce col 1314, data in cui il loro Gran Maestro viene bruciato sul rogo".
Forse l'unico mistero di cui si debba fare approfondimento è come un ordine di guerrieri esperti con un esercito senza precedenti si sia lasciato distruggere senza abbozzare la più timida reazione, benché le avvisaglie di cospirazioni nei loro confronti da parte di Filippo il Bello ci fossero e fossero note. Con ogni probabilità, non si ribellarono perché il papa aveva tolto loro il suo appoggio ed essi, essendo un ordine cristiano e il simbolo della lotta per la fede, non vollero opporsi alla decisione di Clemente V, di cui rispettavano e riconoscevano l'autorità papale.
I templari nei media
La suggestione per i Cavalieri templari e i misteri che sono stati a loro collegati (come il Graal) è un elemento centrale della trama di varie opere di fantasia, dai romanzi ai film, dai fumetti alle serie televisive. Celebri esempi ne sono il romanzo di Umberto Eco Il pendolo di Foucault (1988) e il film Indiana Jones e l'ultima crociata di Steven Spielberg (1989).
Una serie italiana a fumetti che ha esplorato a lungo i luoghi legati ai templari e i miti connessi è Martin Mystère, il detective dell'impossibile ideato da Alfredo Castelli nel 1982. Anche le serie di videogiochi Broken Sword (dal 1996)e il più recente Assassin's Creed ne parlano, così come la serie Knights of the Temple. Di recente l'interesse per il mito templare si è ulteriormente diffuso grazie alla sua riproposizione nel romanzo di Dan Brown intitolato Il codice da Vinci (The Da Vinci Code, 2003), trasposto in un film omonimo nel 2006, nel film Il mistero dei templari (National Treasure, 2004) e nella mini serie televisiva La maledizione dei Templari (2005).
Una delle poche, prime opere di fantasia interamente dedicata a quest'ordine è I figli della valle (Die Söhne des Thales, 1806) di Zacharias Werner, uno dei principali tragediografi del primo romanticismo tedesco e autore di numerosi drammi fatalistici. I sei atti di questo lunghissimo dramma sono imperniati sulla fine dell'ordine dei Templari, alla vigilia della partenza dell'ultimo maestro dell'ordine per la Francia dove troverà la morte. Al centro dell'opera spicca la figura carismatica di Jacques de Molay, con la sua rettitudine morale condotta fino all'estremo sacrificio. Il dramma suggerisce altresì un legame dei Cavalieri con i massoni (nella descrizione dettagliatissima, sebbene un po' fantasiosa, del cerimoniale di ammissione dei nuovi adepti che, per quanto basato sui documenti dell'epoca, presenta numerosi riferimenti a riti esoterici, soprattutto alla figura di Baffomet ed è per di più ambientato in una cripta sotterranea); allude anche ad una possibile sopravvivenza dell'ordine dopo la sua soppressione: alcuni testi fondamentali per l'ordine vengono infatti trafugati in segreto dal Gran Maestro e dai suoi sei sapienti e portati in Francia. Viene inoltre introdotta la figura di Robert d'Heredon, nobile scozzese espulso dall'ordine, che sarà presente all'esecuzione di Molay e porterà con sè i preziosi testi nella sua Madrepatria, dove secondo alcune leggende sarebbero ancora custoditi.
Gran maestri dell'Ordine del Tempio
1. Hugues de Payns (1118-24 maggio 1136)
2. Robert de Craon (1136-13 gennaio 1147)
3. Everard des Barres (1147-1151)
4. Bernard de Tremelay (1151-1153)
5. André de Montbard (1153-17 gennaio 1156)
6. Bertrand de Blanchefort (1156-1169)
7. Philippe de Milly (1169-3 aprile 1171)
8. Eudes de Saint-Amand (1171-18 ottobre 1179)
9. Arnau de Torroja (1179-30 settembre 1184)
10. Gérard de Ridefort (1184-1 ottobre 1189)
11. Robert de Sablé (1189-13 gennaio 1193)
12. Gilbert Hérail (1193-20 dicembre 1200)
13. Phillippe du Plaissis (1201-12 novembre 1209)
14. Guillaume de Chartres (1209-26 agosto 1218)
15. Pierre de Montaigu (1218-1232)
16. Armand de Périgord (1232-1244)
17. Richard de Bures (1244-1247) (?)
18. Guillaume de Sonnac (1247-3 luglio 1250)
19. Renaud de Vichiers (1250-19 gennaio 1252)
20. Thomas Béraud (1252-25 marzo 1273)
21. Guillaume de Beaujeu (1273-18 maggio 1291)
22. Thibaud Gaudin (1291-16 aprile 1292)
23. Jacques de Molay (1292-18 marzo 1314)
Luoghi templari
Elenco di alcuni luoghi in cui è storicamente accertata la presenza di sedi templari.
(Per un elenco di alcuni dei luoghi che sono stati associati ai Cavalieri templari nella tradizione, nelle leggende o nelle opere di fantasia, ma di cui non vi è una presenza storicamente accertata, vedi Leggende sui Templari).
Medio Oriente
Regno Unito
* Cappella di Rosslyn, Scozia
* Temple Church, Middle Temple e Inner Temple, Londra, Inghilterra
* Temple Dinsley, Hertfordshire, Inghilterra
* Hertford, Hertfordshire, Inghilterra
* Royston Cave, Royston, Hertfordshire, Inghilterra
* Cressing Temple, Essex, Inghilterra
* Templecombe, Somerset, Inghilterra
* Temple Balsall, Warwickshire
* Isola di Lundy, Devon, Inghilterra
* Westerdale, North Yorkshire, Inghilterra
* Great Wilbraham Preceptory, Cambridgeshire
* Abbazia di Bisham, Berkshire
* St. Mary's, Sompting, West Sussex, Inghilterra
Portogallo
* Convento di Cristo, Castello di Tomar e Chiesa di Santa Maria do Olival a Tomar
* Castello di Almourol, Idanha, Monsanto, Pombal e Zêzere
* Castello di Soure, Coimbra
Spagna
* Sistema di irrigazione in Aragona
* Iglesia Veracruz, Segovia Altri
* Castello di Kolossi, Cipro
* Tempelhof a Berlino, GermaniaAltri ordini monastico/cavallereschi
La novità assoluta rappresentata dai Templari fu quella che, per la prima volta, due dei tre grandi ordini su cui si reggeva la società medievale (Oratores, Bellatores e Laboratores) venivano riuniti insieme. Il principio su cui si basava questo ardito accostamento fu ideato da Bernardo di Chiaravalle, che attribuendo ai Templari il compito di proteggere i pellegrini che andavano verso i luoghi santi, non attribuiva la qualifica di omicidio alla morte dei sacrileghi assalitori, ma quella di malicidio.
Su questa falsariga nacquero altri ordini (o si trasformarono ordini preesistenti):
* Cavalieri dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme o Cavalieri Ospitalieri (ordine preesistente fondato dai mercanti di Amalfi)
* Ordine di Santa Maria Teutonica o dei Cavalieri Teutonici
* Ordine dei Cavalieri di Livonia o Cavalieri Portaspada, poi confluito nell'Ordine Teutonico
* Ordine Militare e Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme o Cavalieri di San LazzaroSuccessivamente allo scioglimento dei Templari nacquero altri ordini, specialmente nella penisola iberica i cui regnanti erano fortemente legati ai templari per il loro importante contributo alla reconquista, o furono utilizzati ordini preesistenti in cui far confluire i Templari dopo lo scioglimento dell'ordine:
* Ordine di Calatrava
* Ordine di Avis
* Ordine di Santiago
* Ordine di Montesa
* Ordine di Cristo
* Ordine di Alcantara
Il mistero di Ipazia, la prima Templare
Nel V Secolo d.C. una filosofa pagana fu la prima vittima del fondamentalismo cristiano: ma cosa c'era veramente dietro quell'omicidio brutale? E perché i suoi studi influirono così tanto sui futuri Templari?
Oggi si sa pressoché tutto dell'Ordine dei Cavalieri del Tempio: sebbene le origini siano incerte, comunque i motivi della fondazione di questi autentici campioni del mistero sono noti: come abbiamo anche noi più volte sottolineato, i Templari ambivano a recuperare l'Antica Religione, riscoprendo scoperte e nozioni forse antecedenti al Diluvio. Per farlo, si servirono del papato da un lato e di alleanze alquanto inconsuete dall'altro: Saraceni, Ebrei, Catari, persino i Mongoli di Gengis Khan portarono al Tempio un contributo formidabile in libri, papiri, pergamene... Ma qual era la base filosofica che spingeva i cavalieri dalla croce patente a rischiare processi per eresia (come è alla fine accaduto) per portare avanti il loro progetto? Chi poteva essere il precursore dei loro ideali, se mai vi fosse stato un ispiratore? Se certamente San Bernardo di Chiaravalle fu il principale "sponsor" della fondazione dell'ordine, senza dubbio le basi teoriche dei Templari risalgono a circa 700 anni prima, proprio in quell'Egitto che dell'Antica Religione è la culla. Andiamo quindi a "far visita" a Teone di Alessandria, un uomo che è passato alla storia come un eccellente matematico e astronomo, forse il più valente della tarda Antichità. Il suo "Commentario all'Almagesto di Tolomeo" è una delle opere astronomiche meglio realizzate sullo studio del Sistema Solare, fino alla teoria eliocentrica di Copernico… Nell'Alessandria d'Egitto del V Secolo CE, Teone rappresentava il fulcro del sapere, l'uomo più prestigioso di una scuola culturale che aveva nella Biblioteca il suo nucleo più vivido. I trecentomila rotoli di papiro che erano custoditi nel palazzo della Biblioteca racchiudevano un sapere antichissimo in quando raccoglievano tutti gli annali egizi dall'epoca del Diluvio in poi.
La filosofa Ipazia, come fu rappresentata da Raffaello ne "La Scuola di Atene".
L'incendio da parte dei soldati di Giulio Cesare prima e poi quello, assurdo per motivazioni, dei fanatici cristiani al soldo del vescovo Teofilo, avvenuto nel 392 CE, distrussero gran parte del materiale contenuto, però una significativa parte (anche se non ci è dato sapere quanti papiri) sopravvissero allo scempio e furono affidati ai singoli scienziati, nella veste di custodi del sapere in un'epoca di (nascente) barbarie. In effetti, l'Editto di Teodosio in cui si imponeva la religione cristiana all'Impero Romano risaliva solo al 380; e nel 392 come abbiamo ricordato Teofilo e i suoi seguaci irruppero nel tempio del Serapeo di Alessandria, dandolo alle fiamme e con esso gran parte della città, e dell'annessa Biblioteca, venne distrutta. Era la fine della Religione Pagana, antica di 5mila anni, ma più ancora era la fine di una cultura millenaria, quella egizia, che tanto aveva dato in termini di sapere all'Uomo. Ora i valori di riferimento non erano più la filosofia, la matematica, l'astronomia: le volontà cristiane imponevano a tutti ignoranza, penitenza, sofferenza, liberazione finale dai peccati: il sapere era maligno, luciferino, inadatto al volgo. Qui nacque l'idea dell'Indice dei Libri Proibiti, che troverà la sua vera applicazione ai tempi dell'Inquisizione. Ma nel contesto dell'assolutismo protocristiano, anzi per l'esattezza un po' prima, nel 370, nacque la figlia di Teone, Ipazia.
Un'Alessandria che prima dell'imposizione del Dio Cristiano era un ambiente estremamente fertile e multiculturale, in cui fianco a fianco convivevano studiosi cabalisti ebraici, gnostici cristiani della Scuola Catechetica, che interpretavano le Scritture in maniera allegorica, e filosofi neoplatonici: tutti fieri delle proprie convinzioni ma anche al tempo stesso disponibili al confronto, su basi culturali, delle proprie idee. Ipazia, con un tale padre e anche con una madre assai aperta, crebbe tra libri e filosofi amici di famiglia e non stupì come, in pochi anni, divenne anche più brava del padre. La ragazza disdegnava la vita familiare, l'obbligo di sposarsi e avere figli: probabilmente come Saffo era lesbica ma non ebbe mai grandi amori, conducendo invece una vita assai proficua come libera pensatrice. Senza studiare deliberatamente la filosofia, si ritrovò così eccellente filosofa della corrente neoplatonica; attraverso lo studio dei testi di Teone e di altri frammenti della Biblioteca, divenne un'abilissima matematica e anche un'inventrice. A lei si attribuiscono l'astrolabio, l'idroscopio, il planisfero, benché su questa invenzione pesi il sospetto che fosse già stata inventata dai suoi antenati Egizi millenni prima e che dunque la sua fosse solo una riscoperta. Comunque sia, Ipazia divenne una libera pensatrice e una libera insegnante: in una maniera a dir poco pazzesca per una neoplatonica, si metteva a tenere lezioni di astronomia e filosofia a tutti, in mezzo alle strade; discuteva per le vie, spiegando a tutti, ricchi e mendicanti, donne e vecchi, le idee di Platone imparate ad Atene da Plutarco, idee contrapposte a quelle di Aristotele. Con gli ebrei discuteva di Sephirot e con i suoi correligiosi fedeli ai Neteru, gli Dei tradizionali egizi, parlava di teologia. In un certo senso, Ipazia rappresentava quell'ideale di donna-Sofia, di Sapienza che gli stessi Gnostici assimilavano alla Dea Iside che tanto, noi di Sator ws, conosciamo. Ipazia rappresentava ciò che la donna costituiva millenni addietro: una sacerdotessa della Madre Terra, che con gli strumenti del Sapere e della Logica riesce a trasmettere ai suoi simili le Verità dell'Universo. In questo senso Ipazia era vicina alla figura della strega, così come concepita dall'Inquisizione: una donna colta, consapevole e desiderosa di aiutare il suo prossimo con le sue arti. Ovvio fu che attorno a una tale figura Alessandria vide l'afflusso di un numero incredibile di sapienti.
Mentre in Occidente l'Impero Romano iniziava a soccombere sotto i colpi delle invasioni barbariche e mentre in Oriente il futuro Impero Bizantino acuiva le distanze con il regno gemello, ad Alessandria si realizzava il curioso caso di una donna estremamente dotta che divenne il motore culturale di un'intera regione. Lo stesso prefetto romano, Oreste, divenne un neoplatonico, amico intimo di Ipazia e frequentatore delle riunioni dei circoli filosofici. Fu per questo che un fanatico come il vescovo Teofilo, per quanto appoggiato dalla Chiesa di Roma e sostenuto dall'Imperatore d'Oriente, a parte l'incalcolabile perdita della Biblioteca e la distruzione del tempio di Serapide, poco o nulla poté per radicare il culto cristiano. Certo Teofilo era un uomo violento e circondato da individui loschi, ma i cristiani veri, immuni alle parole del vescovo, continuavano la loro vita multiculturale apprezzando quel miracolo che si stava realizzando. Purtroppo Teofilo morì nel 412 e al suo posto venne nominato un uomo ancor più violento. Roma, in disaccordo con le altre Chiese d'Oriente e contro tutti i consigli, nominò vescovo di Alessandria il nipote di Teofilo, un fanatico monofisita chiamato Cirillo. Era africano e aveva studiato assieme a Sant'Agostino, ma senza avere un interesse concreto per la teologia. Così, nominato in una piazza apparentemente così poco cristiana e molto gnostica come Alessandria, il neovescovo continuò, inasprendola sempre più, la politica del predecessore. I cristiani alessandrini della Scuola Catechetica non lo seguivano nelle sue idee fondamentaliste? Bene, Cirillo ebbe l'idea di "assoldare" dei derelitti e mentecatti da tutta la provincia romana, pagandoli con cibo e vestiti in cambio dei disordini che avrebbero dovuto creare…
Dopo aver perseguitato gli ebrei, scacciandoli dalla città e saccheggiandone le sinagoghe, aizzò la folla fanatica contro lo stesso prefetto Oreste, colpevole di aver arrestato uno dei "parabalanoi" (letteralmente parabolani, "barellieri", i seguaci del vescovo). Nei tumulti che seguirono Oreste fu ferito da un facinoroso che, arrestato dai soldati, fu messo a morte. Seguendo uno schema strategico di aumento della tensione, Cirillo celebrò un funerale da martire per il parabolano colpevole del ferimento, dimenticando che la religione ufficiale dell'Impero era la cristiana e che Oreste, obtorto collo, era cristiano! La misura era colma, la situazione era bollente, pronta a esplodere, ma ci fu chi quella bomba la disinnescò. Ipazia, con la sua solita arte mediatoria, riuscì a convincere il clero filognostico cristiano a richiamare una parte dei rivoltosi, in nome di una visione comune della vita cittadina. Benché in privato continuasse a praticare il suo culto, benché professasse convinzioni filosofiche di stampo platonico, Ipazia si disse convinta a realizzare nel pubblico un sincretismo tra le convinzioni di tutti. Una specie di Pax Deorum in cui le questioni metafisiche sarebbero state messe in secondo piano, in nome di uno sviluppo delle tematiche più pratiche in grado di aiutare il mondo civile. Un tema per nulla distante dalle idee templari o successivamente rosicruciane, che fanno del sincretismo e dell'allegoria strumenti comuni della loro teologia… Ma Cirillo, a tre anni dal suo insediamento, un giorno capì che Ipazia era il vero ostacolo alla sua ambizione. Un gruppo di monaci eremiti e di fanatici provenienti dalla Tebaide, guidati da Pietro il Lettore, un bel giorno assalì Ipazia per le strade di Alessandria, intenta come suo solito a insegnare filosofia e matematica ai suoi allievi. Colpita alla nuca dalla mazza ferrata di Pietro il Lettore, la donna fu denudata e trascinata dai cavalli fino alla chiesa di San Cesario. Qui, sul corpo ancora esanime, i cristiani inferociti riversarono la loro bestialità, facendo il corpo a pezzi a colpi di cocci e conchiglie. Il corpo di Ipazia, ridotto all'osso, fu infine gettato tra i rifiuti, in senso di ultimo disprezzo. Era l'8 marzo 415 CE: Otto Marzo, Festa delle Donne!
In tutto l'Egitto fu totale la costernazione, il prefetto Oreste non riuscì a provare che l'ordine di uccidere Ipazia fosse giunto da Cirillo e tutti i suoi tentativi, rivolti all'imperatore Teodosio II, di far dichiarare la legge marziale in città furono vani. Ma Teodosio II era giovane e imbelle, succube della sorella Pulcheria, devota ammiratrice di Cirillo… E così l'inviato imperiale per l'ordine pubblico, tale Edesio, se ne tornò a Costantinopoli con le tasche piene dell'oro donatogli da Cirillo e la Chiesa Alessandrina poté prendere il potere nella città del sapere e della cultura. Gli effetti della morte di Ipazia furono però devastanti. Filosofi, sapienti, letterati: tutti, in preda al panico e alla costernazione, abbandonarono Alessandria e la città morì culturalmente, in una letterale apocalisse della filosofia i cui effetti si sentirono per quasi mille anni. Alesandria morì, semplicemente; la città perse il suo ruolo di guida, di faro del sapere universale. Assieme ai letterati e ai sapienti che emigravano in ogni dove, la città fondata da Alessandro Magno per essere il centro culturale del mondo perse la sua essenza e rimase soltanto un porto ottimo per il commercio del pesce che i pescherecci portavano in grande quantità. La Scuola Neoplatonica tornò mestamente ad Atene, ospite di quel Teodosio II che aveva tradito l'Umanità intera con il suo appoggio interessato ai fanatici. Ma non per molto i filosofi rimasero nella città che fu di Platone: già nel 529, centoquindici anni dopo, Giustiniano li fece emigrare definitivamente. L'Imperatore Bizantino, in un eccesso di zelo cristiano, fece chiudere la scuola, anzi per meglio dire la "vendette" all'imperatore persiano Chosroe I, il quale era curioso di filosofia e garantì a tutti la facoltà di professare liberamente il platonismo. E' assurdo pensare che i filosofi occidentali più eclettici trovarono spazio là dove la tradizione aveva collocato il più formidabile nemico di quella Grecia di cui rappresentavano il supremo prodotto: fu la Persia a salvare il Platonismo e quando, cent'anni dopo, l'Impero Persiano fu assorbito dall'espansione musulmana, i filosofi poterono continuare i loro studi in un ambito anche più stimolante.
Ma torniamo a Ipazia per un istante. La sua morte non passò inosservata nel mondo religioso. Molti, anche tra i Cristiani, furono coloro che narrarono la cronaca della sua morte; tranne la cronaca idiota in tutto del vescovo Giovanni di Nikiu, indegna di un essere umano, tutte le descrizioni concordano sulla brutalità e sull'efferatezza dell'omicidio. Damascio, filosofo platonico, e Socrate Scolastico, avvocato cristiano di Costantinopoli, accusarono senza mezzi termini il clero alessandrino, specificando anche i benefici che esso avrebbe tratto dalla morte della donna. Erano accuse circostanziate, che da un lato non impedirono alla Chiesa Romana di santificare addirittura lo spietato Cirillo alla sua morte, avvenuta a metà del V Secolo (tranne poi condannarlo nel VI Secolo come eretico monofisita). Ma la difesa dell'operato di Ipazia da un altro punto di vista permase nel tempo e giunse all'epoca templare, quando certamente la visione della filosofa di sincretismo tra le religioni fu presa a modello dei rapporti tra l'Ordine del Tempio e le altre correnti musulmane ed ebraiche. In realtà, fu il Neoplatonismo a far breccia in Occidente; sebbene fortemente osteggiati e anche in parte affossati dall'Inquisizione, l'Idealismo platonico trovò nella nascente borghesia mercantile e nelle classi agiate non nobiliari degli attenti ascoltatori.
Il popolino lo si poteva tenere nell'ignoranza e nel terrore della punizione divina; i più ricchi (e in grado di studiare) non accettavano le ridicole visioni dei predicatori medievali, e così si formò un humus culturale che diede i suoi frutti a partire dal '400, ovvero cent'anni almeno dopo la disintegrazione dei Templari ad opera del re di Francia Filippo il Bello e del papa Clemente V (in mezzo, la caccia alle streghe, la Peste Nera e il rischio di estinzione dell'Uomo nell'Europa Occidentale). Furono gli Umanisti a riportare in auge l'idea di un essere umano soprannaturale, portatore di un'essenza divina e in grado, attraverso il suo libero arbitrio, di decidere il suo destino. "Homo faber fortunae suae", dicevano i Romani e questo ripetono, in pieno Rinascimento, anche Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Lorenzo de' Medici: fu qui che nacque idealmente la rivolta dei Protestanti, fu qui che l'idea di libertà ebbe la meglio sulla barbarie di chi invece considera gli esseri umani solo dei peccatori asserviti al demonio. In un certo senso, i Templari trovarono nel Rinascimento la realizzazione delle loro utopie; Ipazia stessa, dipinta incredibilmente nell'affresco di Raffaello "La Scuola di Atene", sembra ancor oggi parlarci e raccontarci il suo messaggio.
Un messaggio che fece di Ipazia una bandiera di lotta contro il fanatismo religioso, del sapere contro la stupida ferocia degli integralisti: una bandiera che fu dapprima impugnata dagli Illuministi e che divenne, nell'800, il simbolo del Paganesimo eroico, di quella "Cultura della Vergogna" (secondo la felice definizione coniata negli Anni '30 dall'antropologa Margaret Mead) che faceva dell'onore e della virtù il più sacro attributo, contrapposta alla "Cultura della Colpa" di origine ebraica che assecondava, in nome di un pentimento successivo, qualsiasi comportamento vergognoso che può definirsi peccato. Forse è questo il senso dell'Antica Religione: come ci insegnano gli Antichi Egizi e come abbiamo scoperto nei nostri viaggi alla scoperta dei misteri del mondo, l'Uomo è in potenza un Dio, ha al suo interno una particella di energia proveniente da dimensioni superiori ed è conducendo questa particella verso il suo luogo d'origine che si compie il nostro destino. Platone l'aveva intuito ai tempi di Atene; Ipazia cercava di confrontarlo con le convinzioni dei contemporanei, i Templari inserirono questo concetto nelle cattedrali gotiche, il Rinascimento lo inserì in quadri e opere d'arte. Ma solo oggi siamo in grado, forse, di realizzarlo appieno.
Il castello di Gisors ed il tesoro dei Templari
Se siamo appassionati di " gialli storici" e stiamo cercando una trama che possa intrigare il nostro senso del mistero non ci rimane altro da fare che studiare da vicino le vicissitudini che accompagnano da sempre i Templari e cercare di trovare una soluzione plausibile alla misteriosa scomparsa del Tesoro che avevano con loro!
Molti studiosi si sono interessanti a tale argomento….purtroppo senza molta fortuna…..il Tesoro esiste ma sembra essersi volatilizzato nel corso dei secoli!
Cosa accadde, infatti, ai beni dei Cavalieri Templari quando nel 1314 l'Ordine venne definitivamente distrutto da Filippo il Bello?
La storia tramanda che in parte furono distribuiti tra gli altri Ordini cavallereschi e tra la nobiltà francese ma il grosso dei loro Tesori fu nascosto in un luogo sconosciuto ai più….luogo rimasto segreto nei secoli! Un ulteriore riscontro storico ci arriva dagli atti di un processo dell'inquisizione ai danni di Jean de Chalon, cavaliere templare. Egli testimoniò che poco prima che il Papa ed il re di Francia si accanissero sull'ordine, un convoglio composto da tre carri partì verso la Manica per imbarcarsi su una delle 18 navi che li aspettavano…..tale convoglio non raggiunse mai una meta conosciuta!
Una delle tante plausibili soluzioni a tale enigma la fornì, nel 1962, lo storico ed occultista Gerard De Sede, nel suo volume " Les Templiers sont parmi nous" (I Templari tra noi) che divenne ben presto un best-seller al punto tale che la polemica che ne è scaturita rimane ancora aperta a distanza di anni.
L' occultista francese, grazie a certe informazioni avute da Lhomoy, un giardiniere , che aveva curato per anni i giardini del castello, era convinto che sotto le fondamenta di Gisors esistessero dei sotterranei misteriosi.
Il giardiniere, infatti, aveva scavato una galleria di 21 metri sotto una delle torri ed aveva trovato una grande cappella conteneva 13 statue (Cristo e gli apostoli?), 19 sarcofagi in pietra e 30 cofani di metallo in 3 file da 10. La galleria fu però subito fatta interrare, e nessuno gli credette. Soltanto dopo molte ricerche de Sede riuscì a trovare in un manoscritto del '600 le prove dell'esistenza storica della cappella: rinvenne la descrizione della "cappella di Santa Caterina", in cui si accennava fra l'altro a 13 statue e 19 sarcofagi.
A questo punto, De Sede insistette perché fossero svolte delle ricerche ma si scontrò con un muro di diffidenza e di omertà; soltanto nel 1970 venne data l'autorizzazione per effettuare degli scavi, che portarono subito alla luce 11.000 monete del XII secolo. Sei anni più tardi fu rintracciata una cripta rettangolare di 125 metri quadrati che non figurava in nessuna planimetria del castello, ma gli scavi vennero interrotti per ordine del governo e la notizia venne insabbiata.
Il Castello di Gisors, nella valle dell'Epte, è un tipico edificio templare a pianta rotonda: ne sono rimasti in piedi i muri perimetrali e la torre.
Già nel 1857, l'archeologo Gedeon Dubruil asseriva che, da esso, si diramavano vasti sotterranei….fu solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando un bombardamento scoperchiò parte di un cimitero sotterraneo merovingio che le sue affermazioni trovarono ufficialmente del credito.
Nessuno, fino ad oggi, è riuscito a svelare il mistero nascosto sotto il Castello in questione…..nessuno osa più avvicinarsi ai suoi sotterranei, che sembrano guardati a vista da figure evanescenti somiglianti a Cavalieri giunti da altri secoli ed altre dimensioni!!
Il misterioso documento Rubant
Il documento Rubant è uno di quei testi, ad oggi, posti in quel limbo tra realtà e incertezza, tra mistero e fantasia. Esistono poche notazioni sulla sua esistenza ma nessuna che ne confuti o certifichi l’esistenza. La templaristica moderna, ancor più, è piena di tranelli e trabochetti sovente creati ad arte da astuti registi altrevolte realizzati per certificare una presunta ed antica discendenza. Molto spesso ci troviamo davanti a qualcosa di infondato ed inconsistente. Circospezione e cautela, questi sono i principi entro cui muoversi. Una attenta analisi e verifica storica è altresì l’elemento corretto per procedere nella ricerca. Riportiamo per diritto di informazione questo testo dello scomparso Giuseppe Cosco, consci che non possono sussistere verifiche a quanto vi è scritto ma altrettanto che non è mai detta l’ultima parola per poter scoprire qualcosa che si avvicini ai suoi contenuti.
E’ il 18 marzo del 1314, a Parigi, quando su una piccola isola del fiume Senna vengono arsi sul rogo l’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari Jacques de Molay ed altri dignitari. Sui Templari sono stati scritti un numero incredibile di libri. Tanti sono i misteri ancora insoluti che avvolgono questo potentissimo Ordine di monaci-guerrieri. In cosa consisteva il loro terribile segreto? Esiste il favoleggiato tesoro dell’Ordine? Cosa si sa oggi di questi cavalieri?
Almeno a questa ultima domanda si può, forse, rispondere con quanto attesta il poco conosciuto “Documento Rubant”, che si basa su un testo datato 11 aprile 1308. Questo documento afferma, tra l’altro, che Filippo il Bello quando arraffò i documenti templari, senza saperlo, si impossessò di “autentici falsi, prodotti molto tempo prima, nel caso avvenisse un attacco incontrollabile ed imprevedibile all’Ordine”. Dunque, se il documento Rubant è vero, come sembra esserlo, sebbene sia sconosciuto alla maggior parte degli storici, della Milizia del Tempio si sa ancora poco, visto che si sono studiati solo dei falsi.
Quale terribile “segreto” difese con tale accanimento fino ad immolare la propria vita Jacques de Molay? Egli urlò ai suoi inquisitori, il 26 novembre del 1308: <<mi piacerebbe dirvi certe cose, se soltanto non foste le persone che siete, e se foste autorizzate a sentirli>>. Era forse il Graal, simbolo della conoscenza, ad essere così gelosamente custodito dall’Ordine? Il Santo Graal, scrive Introvigne: “non sarebbe solo il sangue più nobile, destinato a regnare sul mondo intero, ma – a chi sappia entrare in contatto con l’energia che sprigiona attraverso appositi rituali – garantirebbe perfino l’immortalità” (Il mito del Graal in “Storia”, n. 130, settembre 1998).
Robert Charroux ne: “Il libro dei segreti traditi” (Milano 1969) scrive: “I Templari erano considerati come i depositari e i continuatori di un <<mistero>> di un’importanza capitale e del quale nessun profano – fosse pure il re di Francia – doveva essere informato”. Da una dichiarazione resa al processo si viene a conoscenza di un fatto sbalorditivo. L’11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il maestro Radulphe de Praellis, giureconsulto, che affermò, sotto giuramento, che un cavaliere templare, di nome Gervais della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell’Ordine un terribile segreto di tale importanza che: <<avrebbe preferito perdere la testa piuttosto che rivelarlo; un punto così segreto che se il Re di Francia lo avesse visto, sarebbe stato messo a morte dai Templari che custodiscono il capitolo>>.
Alcuni storici sono del parere che esisteva una società segretissima ai vertici dell’Ordine e quelli dichiarati ufficialmente Gran Maestri non furono i veri capi dell’Ordine. Del resto come spiegare altrimenti quanto disse, nel corso dell’interrogatorio, il Gran Maestro Jacques de Molay e cioè: <<io sono solo un povero cavaliere illetterato>>? Gli fece eco il precettore d’Aquitania e di Poitou, Geoffroy de Gonnoville, che dichiarò: <<sono illetterato e quindi incapace di difendere l’Ordine>>. Jean Marquès-Rivière scrisse, che: <<esisteva in seno ai Templari un gruppo che perseguiva scopi segreti di potenza, sostenuti da un esoterismo rigoroso>>. Robert Ambelain fu della stessa opinione e lo storico tedesco Wilke, si spinge ancora più in là e dà, a tale gruppo, il nome di “Tempio Nero”.
Esisteva un “Ordine segreto” ai vertici dei Templari? Taluni studiosi ne sono convinti e asseriscono che si trattava del “Priorato di Sion” (Prieuré de Sion) che sarebbe ancora oggi operante e, tra i suoi occulti disegni, c’è quello di restaurare la dinastia merovingia non solo in Francia ma in tutta l’Europa. C’è da precisare che “la stirpe merovingia non si è estinta. Al contrario, si è perpetuata in linea diretta a partire da Dagoberto II e suo figlio, Sigisberto IV. Per mezzo di alleanze dinastiche e di matrimoni, la stirpe include Goffredo di Buglione, che nel 1099 conquistò Gerusalemme, e altre famiglie nobili del passato e del presente: Blanchefort, Gisors, Saint-Clair (Sinclair in Inghilterra), Montesquiou, Montpézat, Poher, Lusignano, Plantard e Asburgo-Lorena” (M. Baigent, R. Leigh, H. Lincoln, Il santo Graal, Milano 1984). Ancora una teoria della cospirazione che si originerebbe nel buio di secoli lontani.
In poche parole tutto ciò significherebbe anche che L’Ordine del Tempio sarebbe stato creato dal Priorato di Sion. Ora c’è da porsi la domanda se esistono documenti che attestino la sua esistenza e la sua relazione con i Templari. Richard Andrews e Paul Schellenberger ci informano che l’esistenza del Priorato è molto bene comprovata da importanti documenti: “Il nome originale e l’organizzazione sono menzionati in uno statuto del 1152 e anche in una copia trecentesca di una precedente pergamena datata 1178. L’organizzazione sarebbe stata fondata con il nome di <<ordine di Sion>>, mentre il titolo di Priorato di Sion sarebbe stato adottato nel 1188. C’è chi ritiene si trattasse di un gruppo scissosi dai ranghi dei Cavalieri Templari, ma la cosa è controversa. La separazione dell’Ordine di Sion nel 1188 dal corpo principale dell’Ordine dei Templari sarebbe avvenuta in un episodio leggendario noto con il nome di <<taglio dell’Olmo>>” (R. Andrews e P. Schellenberger, Alla ricerca del sepolcro, Milano 1997).
Il problema è molto complesso, sembrerebbe anche certo che in seno all’Ordine si celebrassero culti segreti e che un esoterismo templare sia sicuramente esistito. Malauguratamente, come scrive Lavisse nella sua “Storia di Francia” il segreto sulle loro attività era assoluto infatti: “Tutti gli affari del Tempio venivano sbrigati nel più stretto segreto; la regola scritta esisteva soltanto in pochi esemplari; la lettura era riservata ai soli dignitari; molti Templari non ne avevano mai avuto conoscenza”. Il cavaliere templare Gaucerand de Montpezat, lontano antenato dei reali di Danimarca, asserì: <<abbiamo tre articoli che nessuno conoscerà mai, salvo Dio, il diavolo e i Maestri>>. E’ anche certo che i filosofi arabi abbiano influenzato i rudi soldati del Tempio. Sicuramente l’Ordine accolse elementi dottrinari e rituali dell’esoterismo orientale. Subì l’influsso delle confraternite esoteriche musulmane insieme al disegno di un’unificazione del mondo e di un nuovo ordinamento sociale.
Non è azzardato, a tal proposito, ricordare le ambizioni di Federico II di Hohenstauffen, il “Signore del Mondo”, imperatore di Germania, re dei Romani, re di Sicilia, re di Gerusalemme che, alla fine dell’XI secolo era una leggenda. Saba Malespini di lui scrive: “Questo Cesare che era il vero sovrano del mondo e del quale la gloria si era propagata in tutto l’universo, credendo senza dubbio alcuno di divenire simile agli dèi con lo studio delle matematiche, si mise a scrutare il fondo delle cose e i misteri dei cieli”. Il suo progetto fu forse proseguito dai Templari?
Federico II venne a conoscenza di qualcosa di terribile che celò in un anagramma, ancora oggi indecifrato. Nel suo Castel del Monte, in Puglia, interamente costruito secondo l’architettura del Tempio di Salomone (ecco le quattro misure-chiave: 60 – 30 – 20 – 12 cubiti), su una scultura femminile attorniata da cavalieri fece incidere queste misteriose lettere:
D8 I D CA D BLO C L P S H A2. In questa enigmatica formula, riportata da Robert Charroux, è celato il segreto Di Federico II e di Castel del Monte.
Federico II, nel 1228, a San Giovanni d’Acri, pur essendo stato colpito da scomunica papale, aveva ugualmente partecipato alla Tavola Rotonda del meglio della Cavalleria mondiale: Templari, Ospedalieri, Teutonici, Fàlas saraceni, Turchi, Batinyah (Assassini o Hassaniti), Rabiti di Spagna, ecc., tutti dalla Pactio Secreta (Patto Segreto). E’ all’opera la filiazione della Cavalleria con Ordini iniziatici segreti. In fondo i Templari furono perduti dalla loro dottrina, dal loro esoterismo e da un inconfessabile “segreto” che ne determinarono la distruzione. E’ più che probabile supporre che la milizia del Tempio ebbe collegamenti oscuri con misteriose catene iniziatiche e praticò rituali segretissimi.
Tra i loro fini, vi era anche quello di assoggettare il mondo ad un’autorità suprema. “Sembra effettivamente – continua Charroux – che il sogno più grande dell’Ordine, lo scopo supremo della sua attività, sia stato quello di far risorgere il concetto dell’Impero… vale a dire l’Oriente islamico e l’Occidente cristiano… Una sorta di federazione di stati autonomi posti sotto la direzione di due capi, l’uno spirituale, il Papa; l’altro politico, l’Imperatore, tutti e due eletti e indipendenti l’uno dall’altro. Sopra il pontefice e l’imperatore, un’autorità suprema, misteriosa”. Chi era questa misteriosa autorità suprema?
I Templari erano profondi nell’esoterismo, è grazie alla loro influenza che la setta catara degli Albigesi, “divenne essenzialmente un movimento sufi, con una concezione dell’uomo plasmata in tutto e per tutto sul modello ideale del Pir e cioè del <<grande saggio>> delle sette sufi. Inoltre il potere magico da esse attribuito al Sacro Graal (il vaso utilizzato da Gesù per l’ultima cena e nel quale sarebbe stato raccolto il suo sangue) eguagliava perfettamente quello attribuito al Khidr, e cioè al verde manto fiammeggiante del paradiso sufi. Analoghe ancora a quelle sufi furono le teorie catare sulla creazione di una società di tipo teocratico…” (Carlo Palermo, Il quarto livello, Roma 1996).
Ancora occulti e indecifrabili segreti. Enigmi irrisolti come quello relativo al favoloso tesoro dei templari. Essi avevano raggiunto una grande ricchezza, si mormorava che praticassero l’arte dell’alchimia. Nello scorso secolo una strabiliante scoperta diede maggiore credito a questa ipotesi; furono trovate, dove avevano sede due importanti commende dell’Ordine, in Borgogna, ad Essarois, e in Toscana, a Volterra, due antichi piccoli scrigni, illustrati con figure e simboli alchemici. Lo studioso von Hammer affermò che gli scrigni erano senza dubbio di origine templare. Un’altra eccezionale scoperta la si deve a Theodor Mertzdorff, insigne studioso tedesco che, nel 1877, diede alle stampe un documento templare, ritrovato ad Amburgo, che raccoglieva una serie di regole. Ecco cosa dice l’articolo 19: “E’ fatto divieto, nelle commende, in cui tutti i fratelli non sono degli eletti o dei consolati, di lavorare alcune materie mediante la scienza filosofale, e quindi di trasmutare i metalli vili in oro o in argento. Ciò sarà intrapreso soltanto in luoghi nascosti e in segreto”.
Si racconta che l’ultimo Gran Maestro de Moley scelse il villaggio francese di Arginy per far nascondere il “tesoro” dell’Ordine da due cavalieri. Arginy negli oscuri sotterranei del suo castello, che poggia sopra una ragnatela di gallerie segrete, che Daniel Réju descrive: <<isolato nella pianura, tra Aone e Beaujolais>>, deve celare qualcosa di inimmagginabile. La “Torre delle Otto Bellezze”, anche detta la “Torre dell’Alchimia” per i misteriosi segni magici e simboli alchemici disegnati su quei mattoni, è la costruzione più antica del castello e fu oggetto di lunghe visite di studiosi ed esoteristi, tra cui, due personaggi d’eccezione, Eugéne Canseliet e Armand Barbault.
Cosa questi alchimisti trovarono o decifrarono non fu detto. Il favoloso “tesoro” dei Templari rimane ancora un mistero insoluto o potrebbe aver ragione André Douzet quando scrive: “Forse l’autore francese Robert Charroux trovò la chiave quando decifrò questo passaggio dal libro di Breyer: <<pensa intensamente: la grande arte è Conoscenza>>”. La conoscenza di misteri sublimi e oltremodo pericolosi se ancora oggi sono sigillati in un fitto “segreto”. E’ un segreto inviolabile che sembra riecheggiare le parole di Ja’far Sadiq (ob. 148/765): “La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può insegnare: è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto”.