Un Mondo Accanto

Cerbero, Il guardiano dell'ade

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 18/12/2008, 10:44     +1   -1
Avatar

Il diavolo è sicuramente donna.

Group:
Administrator
Posts:
8,442
Reputazione:
+47

Status:


zMycjwg



Cérbero nella mitologia greca, era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso dell'Ade, il mondo degli inferi. È un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Tutto il suo corpo era ricoperto, anziché di peli, di velenosissimi serpenti, che ad ogni suo latrato si rizzavano, facendo sibilare le proprie orrende lingue. Il suo compito era impedire ai vivi di entrare ed ai morti di tornare indietro.

Mitologia

Cerbero è figlio di Tifone e di Echidna e quindi fratello dell'Idra, di Ortro e della Chimera. Cerbero è un mastino sanguinario e gigantesco che emette dalle fauci dei latrati che scoppian come tuoni. Il suo compito era sorvegliare l'accesso dell'Ade o Averno affinché nessuno dei morti ne uscisse. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Ercole.

Dodici fatiche di Ercole

Nell'ultima e più dura delle sue dodici fatiche, Ercole è costretto a combatterlo e sconfiggerlo per portarlo a Micene da Euristeo. L'eroe non lo uccide, ma dimostra di averlo sconfitto in combattimento. Dopo aver ottenuto da Ade il permesso di portarlo via (a condizione di combatterlo da solo e senza armi) Ercole lo affronta e arriva quasi a strangolarlo, lottando con lui tutto il tragitto. Dopo di che, lo riporta nell'Ade perché riprenda a farne la guardia.

Araldica

In araldica, il cérbero (nome comune) è una figura immaginaria del tutto corrispondente alla sua raffigurazione mitologica: un cane tricefalo dalle gole spalancate, la coda di drago e con teste di serpente sul dorso. Talune raffigurazioni utilizzano i serpenti come chioma.

In taluni stemmi il cerbero, guardia feroce della città infernale, allude al cognome Medico, che vigila a che nessuno entri nella città dei malati. L’eventuale collare simboleggia la sottomissione del medico alla sua missione.

Letteratura

Eneide

"L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno"

Divina Commedia

La figura mitologica di Cérbero è presente anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, dove esso vigila l'accesso al terzo cerchio dell'Inferno (Divina Commedia), quello di coloro che peccarono di incontinenza riguardo alla gola. Nella rappresentazione dantesca la figura di questo mostro mitologico si fonde con l'ideologia del fantastico di stampo medievale, in cui prevalgono significati simbolici; ne viene fuori una figura nuova, i cui particolari realistici danno una straordinaria vivacità. Viene presentato attraverso tre apposizioni "fiera", "vermo" e "demonio", secondo una lettura classica, fantastica e religiosa. Gli vengono anche attribuite caratteristiche umane, traslitterando parti del corpo bestiale tra cui la barba, le mani e le facce. Viene descritto con gli occhi vermigli per l'avidità, con il ventre largo per la voracità e con le zampe artigliate per afferrare il cibo. Le interpretazioni allegoriche di questo personaggio (delle sue teste) nella Commedia sono due: le tre teste indicherebbero i tre modi del vizio di gola: secondo qualità, secondo quantità, secondo continuo (cioè mangiare in continuazione senza preoccuparsi né della qualità né della quantità); le teste sarebbero il simbolo delle lotte intestine fra fazioni appartenenti a una stessa città.

Ade

Il regno dei morti greco/latino era, al contrario di quello ebraico e cristiano, un vero e proprio luogo fisico, al quale si poteva persino accedere in terra da alcuni luoghi impervi, difficilmente raggiungibili o comunque segreti e inaccessibili ai mortali.

Per quanto riguarda la geografia e la topografia degli Inferi, Omero (nell'Odissea) non gli dà un carattere di vero e proprio "regno" esteso, ma lo descrive solamente come una sfera fisica oscura e misteriosa, perlopiù preclusa ai viventi, dove soggiornano in eterno le ombre (e non le anime) di tutti gli uomini, senza apparente distinzione tra ombre buone ed ombre malvagie, e senza nemmeno un'assegnazione di pena o di premio in base ai meriti terreni.

Nella tradizione greca, uno degli ingressi all'Ade si trovava nel paese dei Cimmeri, che si trovava al confine crepuscolare dell'Oceano, e proprio in questa regione remota Odisseo dovette recarsi per discendere all'Ade ed incontrare l'ombra dell'indovino Tiresia; nella tradizione romana, invece, uno degli ingressi infernali si trovava vicino al lago dell'Averno (che poi divenne il nome del regno infernale stesso), dal quale Enea discese insieme alla Sibilla cumana.

Per accedervi bisognava superare Cerbero poi l'Acheronte versando un obolo al terribile Caronte e raggiungere i tre giudici Minosse, Eaco e Radamanto i quali emettevano il loro verdetto. Nell'inferno vi erano cinque fiumi: Stige, Cocito, Acheronte, Flegetonte e Lete, l'acqua di quest'ultimo aveva la caratteristica di far perdere la memoria a chi la beveva.

L'Ade, che accoglie le anime dei morti, alle volte viene confuso col Tartaro, il luogo che accoglie i malvagi (i Titani che vollero sconfiggere gli dei Olimpi), più che altro sulla base dell'iconografia cristiana relativa all'Inferno.

Edited by demon quaid - 26/6/2016, 14:13
 
Top
0 replies since 18/12/2008, 10:44   1691 views
  Share