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Ermete, il colle, la ruota, Immagini alchemiche in alcune parti del pavimento del Duomo di Siena

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Matrona Malice
view post Posted on 18/2/2011, 20:47     +1   -1




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Qualche immagine del duomo di Siena


A cura di Stefano Cappelletti

La lunga e complessa storia della costruzione del Duomo di Siena si rispecchia nell’esecuzione del suo incredibile pavimento marmoreo; durata per ben sei secoli, dal Trecento all’Ottocento.

Maestro della tecnica della decorazione marmorea fu Duccio da Boninsegna, riconosciuto caposcuola dell’arte senese, tanto che il Vasari ebbe a definirlo "il più bello… grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto".

Ma nel corso dei secoli svariati artisti si sono succeduti nella creazione di questa immensa "opera nell’opera": Domenico di Niccolò, Stefano di Giovanni detto «il Sassetta», Domenico di Bartolo, Pietro del Minella, Antonio Federighi, Urbano da Cortona, Francesco di Giorgio Martini, Nerocchio di Bartolommeo, Matteo di Giovanni, Giovanni di Stefano, figlio del «Sassetta», Benvenuto di Giovanni, Guidoccio Cozzarelli, Bernardino Pintoricchio.

Ma, nonostante lo scorrere del tempo e il susseguirsi degli esecutori, ne scaturisce "un disegno ideale vasto e complesso, legato a un'iniziale concezione creativa, portato avanti attraverso secoli differenti da diversi autori".

Entrati nel tempio dalla porta centrale si trova la figura di Ermete Trismegisto, che simboleggia l’inizio della conoscenza terrena.

Il sapiente egizio, depositario della saggezza antica, reca in mano un libro che affida a due figure allegoriche, rappresentanti l’oriente e l’occidente. Sulla tabella a destra una frase che è attribuita al Poimandres (pastore di uomini) alludente alla creazione del mondo, da cui prende avvio l’indagine conoscitiva dell’uomo; con un chiaro riferimento all’Egitto e all’antica sapienza (a cui alludono anche le due sfingi) che viene data alle genti orientali e occidentali, ma che non può esser disgiunta dall’origine divina.

Ermete Trismegisto

La quarta scena della navata centrale è l’allegoria del colle della sapienza, nel quale sono evidenti simboli e richiami alchemici.

La scena è dominata dalla mole del colle, a cui una varia folla è giunta condottavi dalla Fortuna, la cui figura nuda regge con una mano una vela gonfiata dal vento e con l’altra una cornucopia; posando un piede sopra una sfera e l’altro sopra una una barca con l’albero spezzato, secondo una rappresentazione tradizionale. Sul colle si snoda un sentiero costellato di ostacoli, sassi e serpi che i savi devono percorrere per giungere alla vetta, ovvero alla sapienza che li attende con una palma e un libro nelle mani.

Ai suoi lati sono Socrate, cui è destinata la palma, e Cratete che svuota in mare un cesto di oggetti preziosi; evidente il richiamo all’illusorietà delle ricchezze. E’ chiaro il significato dell’allegoria... La virtù è raggiungibile solo a costo di grandi fatiche, ma il suo richiamo e i suoi premi sono configurati nel distico che appare sopra la figura seduta: "il compenso per il saggio che ha raggiunto la virtù sarà dunque la serenità".

Il colle della sapienza

Conclude le allegorie centrali la Ruota della Fortuna. Legata alle Tradizione medievale, che la inseriva anche nella facciate delle chiese, è simbolo delle vicende umane.
Agli angoli della figura sono rappresentati quattro filosofi dell’antichità - Epitteto, Aristotele, Euripide e Seneca - che in ciascuno dei rotoli che tengono in mano alludono alla fortuna. La ruota, ma forse è una scala, è retta da 8 pilastri (numero dell’infinito), ha in alto un re seduto in trono e tre figure abbracciate in corrispondenza degli assi.

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La Ruota della Fortuna

All'ingresso del Duomo, una lastra ammonisce di entrare con atteggiamento devoto (Castissimum virginis templum caste memento ingredi). Immediatamente dopo, in un grande quadrato nero che contrasta con il rosso del pavimento, è raffigurato Ermete Trismegisto: indossa un cappello a punta bordato di giallo, così come il colletto della veste: bianca.

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Con la mano destra, offre un libro aperto a due uomini, probabili allegorie dell'Oriente e dell'Occidente.. Sul libro si legge: Suscipite o licteras et leges Egiptii. Ermete sembra dunque voler affidare alle genti orientali e occidentali l'Antica Sapienza, ammonendo però di tener sempre presente l'origine divina, ricordata nella tavola sorretta da due sfingi alate su cui appoggia la mano sinistra. Sulla tavola è scritto:Deus omnium creator secum Deum fecit visibilem et hunc fuit primum et solum quo oblectatus est et valde amavit proprium Filuim qui appellatur Sanctum Verbum (Dio creatore di ogni cosa nella sua stessa natura divina si rese visibile e questo fu il solo e unico motivo per il quale fu creato e fortemente amò il proprio figlio che è chiamato il Santo Verbo).

La valenza esoterica del pavimento sembrerebbe trapelare fin dalla prima tarsia, dalla quale parte il percorso da seguire per trovare la chiave di lettura di questo libro di pietra, in cui simboli ermetici si intrecciano continuamente a simboli cristiani.

Ma alcuni temi appaiono slegati dagli altri e non permettono una lettura organica e completa in questo senso, che infatti manca. Nonostante i colori alchemici e la presenza di Ermete Trismegisto subito oltre il portale maggiore, come "in apertura di libro", sembra probabile che le tarsie abbiano il compito di condurre il visitatore non attraverso un viaggio iniziatico, ma storico–teologico, allo scopo di ricordargli come il cristianesimo non sia altro che la tappa conclusiva di una evoluzione spirituale iniziata nel mondo antico.

Il pavimento della navata prosegue con la raffigurazione dei simboli di Siena e delle città alleate, ognuna rappresentata da un animale: oltre ai colori, anche i soggetti-simbolo – tutti metafore utilizzate in Alchimia - sembrano ricondurre alla Grande Opera. Troviamo poi una grande ruota bianca su fondo nero (e inscritta in un riquadro a sfondo rosso), al cui centro c'è un'Aquila imperiale. Seguono le allegorie del Colle della Sapienza (1505, attribuito al Pintoricchio) e della Ruota della Fortuna (rifacimento del 1864, ad opera di Leopoldo Maccari), pagana reggitrice delle sorti umane.

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Le navate laterali sono occupate da dieci tarsie che raffigurano altrettante sibille (eseguite tra il 1482 e il 1483) con le relative iscrizioni. Sono tutte in marmo bianco su fondo nero, inquadrate da una cornice a scacchiera. Procedendo dalla navata destra (cinque quadranti) a quella sinistra (altri cinque) è possibile costruire un percorso cristiano attraverso i vaticini delle sibille: l'importanza della conoscenza di Dio, la morte e la resurrezione, la "seconda" nascita del Cristo, quella secondo la carne, i miracoli di Gesù, la sua passione, l'eterna beatitudine dei pii e la condanna di chi non ha riconosciuto il Cristo. Vediamole, una per una…

La navata destra

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Nella navata destra, apre il percorso la Sibilla Delfica (1482 – autore incerto): con la mano sinistra regge una cornucopia da cui esce una fiamma, simbolo dell'abbondanza dello spirito divino. La mano destra è invece appoggiata a un cartiglio, sorretto da una sfinge alata, su cui si legge: Riconosci quella stessa divinità che è figlia di Dio.

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La seconda è la Sibilla Cumea (1482 - Giovanni di Stefano): nella mano sinistra ha un libro e con la destra sostiene un cartiglio sul quale si legge: Cadde nel destino della morte e dopo un sonno durato tre giorni, tornato tra i mortali giunse alla luce mostrando per la prima volta il mistero della Resurrezione.

cumana



Proseguendo per la navata, incontriamo poi la Sibilla Cumana (1482 - Giovanni di Stefano), raffigurata come una donna anziana. Nella mano destra ha un ramo fiorito, di incerto significato, nella sinistra alcuni libri chiusi, forse simbolo delle sue profezie. A terra altri libri, alcuni dei quali hanno i sigilli aperti: sono i pagani Libri Sibillini. Il cartiglio ai suoi piedi riporta alcuni versi della IV ecloga delle Bucoliche di Virgilio:

Ultima Cumaei venit iam carminis aetas,
maguns ab integro saeclorun nascitur ordo;
iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna,
iam nova progenies caelo demittitur alto.

(vv. 3-7)

Giunge ormai l'ultima età della profezia cumana,
riprende dall'inizio il ciclo dei grandi secoli,
torna persino la Vergine,
tornano i regni di Saturno,
una nuova razza ci viene inviata dall'alto dei cieli.


Si vuole dunque evidenziare quella che è la funzione profetica della Sibilla. D'altronde sono proprio questi versi che, insieme ad altri della IV ecloga, hanno fatto sì che le fosse attribuita la predizione della nascita di Cristo.

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La quarta Sibilla è l'Eritrea (1482 - Antonio Fedrighi), la Sibilla greca per eccellenza, che vaticinò la guerra e la caduta di Troia. La mano destra tiene un volume chiuso, mentre la sinistra si appoggia a un libro aperto, sostenuto da un leggio intagliato. La scritta sembra profetizzare la nascita di Cristo: Dall'alta dimora dei cieli il sovrano osserva i suoi umili fedeli E sarà generato in nuovissimi giorni da una Vergine ebrea secondo terrene origini).

persica



L'ultima Sibilla raffigurata nella navata destra è la Persica (1483 - Benvenuto di Giovanni). Veniva identificata come la Sibilla Babilonese o Ebraica ed è ritenuta la più antica. È rappresentata come una donna di mezza età, con la testa avvolta in un semplice velo. Nella mano sinistra tiene un libro e con la destra indirizza l'attenzione verso una lastra appoggiata su un piedistallo intagliato. La scritta allude al miracolo li Cristo della moltiplicazione dei pani e dei pesci: Con cinque pani e due pesci soddisferà la fame di cinquemila uomini sull'erba. Raccogliendo gli avanzi riempirà dodici ceste per la speranza di molti.

La navata sinistra

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Ripartendo dall'ingresso del Duomo, percorriamo ora la navata sinistra dove troviamo le altre cinque Sibille. La prima è la Libica (1483 - Guidoccio Cozzarelli), figlia di Zeus e Lamia, la seconda per antichità. Il colore scuro della pelle indica la sua origine africana. Nella mano sinistra tiene un cartiglio e con la destra mostra un libro aperto su cui è scritto:Prendendo a schiaffi tacerà. Offrirà ai colpi la schiena innocente. Il senso (relativo alla flagellazione di Cristo) va raccordato a quanto riportato sulla tavola sorretta da due serpenti annodati intorno a un vaso con fiore e foglie: Verrà tra mani ingiuste. Con mani impure daranno frustate a Dio. Miserabile e ignominioso infonderà speranza al miserabile.

hellespontica



La seconda Sibilla che si incontra nel percorso è l'Ellespontica (1483 - Neroccio di Giovanni). Il particolare più curioso è rappresentato dalle figure del cane e del leone che si danno la zampa, interpretate come la redenzione di giudei e pagani attraverso la morte di Cristo. Qualche studioso vi ha letto un'allusione al trattato di pace tra Siena e Firenze , ma non se ne ha alcun riferimento nella targa sovrastante i due animali, che ci parla invece alla passione di Cristo: Gli dettero fiele per cibo e aceto per la sua sete; gli mostreranno questa mensa d'inospitalità. In verità il velo del Tempio si squarcerà e nel mezzo del giorno vi sarà, per tre ore, una notte tenebrosa.

frigia



La terza Sibilla rappresentata è la Frigia (1483 - Benvenuto di Giovanni). Con la mano sinistra tiene alzato un libro aperto su cui si legge: Io sono l'unico Dio e non c'è nessun altro. Alla sua destra, una tavola riporta la seguente frase: La tromba emetterà dal cielo un suono funereo. La terra aprendosi farà scorgere il caos infernale. Ogni regnante comparirà innanzi al tribunale di Dio. Dio stesso giudicando contemporaneamente i pii e gli empi, solo allora getterà gli empi nel fuoco delle tenebre. Coloro che invece conserveranno la rettitudine, vivranno di nuovo. Sotto la tavola si vedono torsi e teste di figure nude supplicanti, che rappresentano le anime in attesa del Giudizio.

samia



Anche la quarta Sibilla, la Samia (1483 - Matteo di Giovanni) regge con la mano sinistra un libro aperto, dalla ricca rilegatura. Accanto a lei è posta una tavola sorretta da due figure dalla testa leonina nella quale è riportata una frase che sembra un attacco al popolo ebreo che non riconosce il Cristo: Poiché tu, stolta giudea, non hai riconosciuto il tuo Dio, risplendente nelle menti degli uomini. Ma lo hai coronato di spine e hai versato per lui del fiele amarissimo.

tiburtina



Chiude il ciclo la Sibilla Albunea (detta anche Tiburtina), che fa parte del gruppo delle Sibille romano-italiche, profetessa consultatissima da imperatori e nobili romani. Profetizzò la nascita di Gesù Cristo al mondo classico, come si può leggere sulla lastra posta alle sue spalle sorretta da un putto alato: Nascerà il Cristo a Betlemme. Se ne darà l'annuncio a Nazareth durante il regno del toro pacifico fondatore della pace. Felice quella madre i cui seni lo allatteranno. Ed è proprio qui, nell'iscrizione dell'ultima tarsia, che compare per la prima e unica volta nel percorso sibillino il nome di Cristo.

Edited by demon quaid - 15/5/2016, 14:19
 
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