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La Lingua Latina

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view post Posted on 9/3/2011, 22:21     +1   -1
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La Lingua Latina




Il latino è una lingua indoeuropea appartenente al gruppo delle lingue latino-falische. Veniva parlata a Roma e nel Lazio almeno dagli inizi del I millennio a.C.

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Il latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato romano e in quanto lingua ufficiale dell'impero si radicò in gran parte dell'Europa e dell'Africa settentrionale. Tutte le lingue romanze discendono dal latino volgare, ma parole di origine latina si trovano spesso anche in molte lingue moderne di altri ceppi: questo perché anche dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, per più di un millennio il latino fu, nel mondo occidentale, la lingua franca della cultura, della scienza e dei rapporti internazionali, e come tale influì sulle varie lingue locali. Quando venne meno questa sua funzione, intorno al XVII ed al XVIII secolo, essa fu assunta dalle lingue vive europee del tempo e, in alcuni ambiti letterari (memorialistica in particolare) e nella diplomazia, dal francese. Quest'ultima, essendo una lingua romanza, continuò a promuovere parole di origine latina negli altri idiomi fino ai primi decenni del Novecento, allorquando si andò gradualmente imponendo in Europa e nel mondo, come lingua franca, l'inglese, che pur essendo di ceppo germanico presenta, soprattutto nel lessico, un gran numero di termini di origine latina, anche indipendentemente dall'influsso francese.

Nel frattempo, in seguito alla scoperta dell'America e alla politica coloniale degli stati europei, alcune lingue romanze (francese, spagnolo e portoghese) unitamente ad altri idiomi dell'Europa occidentale, in cui l'impronta latina era forte, fra cui l'inglese, si erano poi diffuse in gran parte del mondo.

La lingua latina si è sviluppata grazie anche al contributo di tutte le lingue dei popoli con cui è entrata in contatto durante l'epoca romana, ed in particolare con gli idiomi italici, l'idioma etrusco e con quelli parlati nel Mediterraneo orientale (soprattutto il greco).

Attualmente le lingue con maggiore somiglianza al latino sono il sardo per la pronuncia, l'italiano per il lessico, il rumeno per la struttura grammaticale (declinazioni).

Il latino ecclesiastico formalmente rimane la lingua della Chiesa cattolica romana ancora oggi ed è la lingua ufficiale della Santa Sede; la Chiesa cattolica ha usato il latino come principale lingua liturgica fino al Concilio Vaticano II.

Diverse scuole di oggi parlano latino (Schola Nova nel Belgio, Vivarium Novum in Italia).

Il latino è usato per designare i nomi nelle classificazioni scientifiche degli esseri viventi.

Del latino arcaico (fino al III secolo a.C.) rimangono tracce in alcune citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla comparazione con altre lingue affini consentono una ricostruzione di esso assai parziale.

Solo frammenti restano anche dei testi letterari più antichi, quelli di Livio Andronico, Nevio e Ennio, tutti risalenti al III secolo a.C., databili quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione di Roma (secondo Varrone avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le commedie di Plauto, che costituiscono dunque la principale fonte per lo studio della lingua arcaica.

Col II secolo a.C. la letteratura latina si sviluppò, e soprattutto con l'opera di Marco Porcio Catone il Censore nacque una prosa letteraria latina. La lingua aveva però ancora una certa rudezza, e non era priva di influssi dialettali. Pertanto, l'uso del termine "latino arcaico" è esteso fino a considerare tale la lingua latina precedente al 75 a.C. circa.

Fu nel I secolo a.C., con l'estensione della cittadinanza romana agli Italici e i cambiamenti sociali che ne derivarono, che a Roma sorse la preoccupazione per la purezza della lingua. Anche sotto la spinta della speculazione linguistica greca, si avviò un processo di regolarizzazione della lingua. In questi tempi fiorirono letterati come Cicerone, che fu oratore e filosofo, oltre che politico (fu console nel 63 a.C., l'anno della congiura di Catilina); o come Catullo e i poetae novi, che rivoluzionarono la lingua poetica. La scrittura non era ignota neppure a 'rudi' condottieri come Cesare, che fu ammiratissimo per il suo stile terso, e di cui restano due opere ancora studiate e apprezzate: La guerra gallica (Commentarii de bello Gallico) e La guerra civile (Commentarii de bello civili).

I tempi erano ormai maturi perché la letteratura latina sfidasse quella greca, che allora veniva considerata insuperabile. Nella generazione successiva, sotto il principato di Augusto, fiorirono i maggiori poeti di Roma: Orazio, che primeggiò nella satira e nella lirica, emulava i lirici come Pindaro e Alceo, Virgilio, che si distinse nel genere bucolico, nella poesia didascalica e nell'epica, rivaleggiava con Teocrito, Esiodo e addirittura Omero; e poi ancora Ovidio, maestro del metro elegiaco, e Tito Livio nella storiografia.

Il periodo classico della lingua latina è ben conosciuto: il latino, a differenza degli idiomi continuatori, è una lingua di tipo fondamentalmente SOV (soggetto-oggetto-verbo), con cinque declinazioni e quattro coniugazioni verbali. La declinazione dei nomi ha sei casi, tre diretti (nominativo, accusativo, vocativo) e tre obliqui (genitivo, dativo, ablativo). Rispetto all'indoeuropeo ha perso il locativo (che sopravvive in poche formule, ma è assimilato per lo più da genitivo e in qualche caso l'ablativo) e lo strumentale (completamente perso ed acquisito dall'ablativo). Anche il modo verbale ottativo si perse e così pure la diatesi media (sopravvissuta parzialmente in quei verbi detti deponenti) e il duale (di cui restano solo minime tracce). Inoltre nel latino il concetto d'aspetto non aveva grande importanza: sia l'aoristo che il perfetto indoeuropei si fusero in un unico tempo, chiamato dai grammatici latini perfectum. Invece venne conservato l'originario sistema di tre generi: maschile, femminile e neutro.

Il latino usava una grafia derivata da un alfabeto greco occidentale (quello di Cuma), che a sua volta derivava da quello fenicio; da alcune caratteristiche dell'alfabeto latino sembrerebbe trasparire peraltro un'intermediazione da parte dell'alfabeto etrusco (ad esempio, l'originaria mancanza in latino di una distinzione grafica tra velare sorda e sonora, entrambe notate con lo stesso segno 'C', per cui si veda più sotto; tale distinzione, presente nell'alfabeto greco, è invece assente in quello etrusco)[2]. Originariamente le lettere avevano un'unica forma, corrispondente alla nostra maiuscola; le minuscole furono introdotte in un secondo tempo.

Queste erano le lettere:

A B C D E F (G) H I (K) L M N O P Q R S T V X (Y) (Z)
a b c d e f (g) h i (k) l m n o p q r s t u x (y) (z)

La lettera 'G', come detto, inizialmente non esisteva in latino: una piccola conseguenza di questa assenza era rimasta anche nel periodo classico nelle abbreviazioni "C." per Gaius e "Cn." per Gnaeus. La G latina venne creata a metà del III secolo a.C. da Spurio Carvilio, modificando il segno C. Le ultime due lettere vennero aggiunte alla fine dell'età repubblicana per trascrivere i grecismi che contenevano i fonemi /y/ e /z/, inesistenti nel latino classico.

Nel latino classico non esisteva distinzione grafica tra 'U' e 'V'. Questo era dovuto al fatto che non esisteva una distinzione nei suoni [u] e [v]. Il latino possedeva esclusivamente [u], [uː] e [w]. Il suono della fricativa labiodentale sonora [v] si sviluppò solo in un secondo momento; i Latini utilizzavano dunque un solo carattere, 'V' per la maiuscola, 'u' per la minuscola. L'introduzione dei caratteri 'U' e 'v' risale al Medioevo, ed è opera dell'umanista Pierre de la Ramée, come anche l'introduzione della lettera 'J', 'j' con valore di 'I' semivocalica [j]. I caratteri 'U', 'v', 'J' e 'j' sono perciò noti come lettere ramiste.

In Italia prevale una pronuncia del latino consolidata dalla Chiesa cattolica e che si rifà ad una pronuncia più tarda di quella classica. All'estero invece prevale la cosiddetta pronuntiatio restituta, ovvero una pronuncia che si ritiene essere molto simile a quella del latino classico, della quale queste sono le principali caratteristiche:

* non esistendo il suono [v] fricativo, il segno grafico 'V' è pronunciato come [u] o [w] (u semivocalica): ad esempio VVA (uva) è pronunciato ['uwa]; idem VINVM (vino), pronunciato [winum] e via dicendo.
* la 'T' seguita da 'I' si pronuncia [t]: ad esempio GRATIA (grazia) si pronuncia ['gratia].
* i dittonghi 'AE' e 'OE' si pronunciano [ae] e [oe]: ad esempio CAESAR (Cesare) si pronuncia ['kaesar].
* la lettera 'H' impone aspirazione ad inizio parola (forse non nel corpo) e 'PH', 'TH' e 'CH', traslitterazioni delle lettere greche φ, θ e χ, si devono pronunciare come una [p], [t] o [k] seguita da aspirazione; successivamente la pronuncia di 'PH' suonerà [f], e analogamente 'PPH', traslitterazione del gruppo greco πφ, non si pronuncerà più [ppʰ], ma [f:].
* la 'Y' è la trascrizione dell'omonimo segno greco; per tale motivo va pronunciata [y] (come una u francese o una ü tedesca oppure anche come u lombarda).
* il gruppo 'VV' (cioè 'UU') seguito da consonante si pronuncia [wo] oppure come una sola [u] nel gruppo 'QVV' (o 'GVV'), dove la prima 'V' non fa sillaba, oppure [uo] dove le due vocali sono intese come due vere e proprie vocali: ad esempio EQVVS (cavallo) si pronuncia ['ekwos] oppure ['ekus]. Anche le grafie, a quanto dicono varie fonti (Quintiliano e Velio Longo, ad esempio), attestano questa situazione: il gruppo 'VV' era anche scritto 'VO' fino a tutta l'epoca augustea; il gruppo 'QVV' (e di conseguenza 'GVV') nel I secolo d.C. aveva la doppia grafia 'QVO', pronunciata [kwo], e 'QVV', pronunciata [ku].[3].
* la lettera 'S' si pronuncia sempre [s], cioè sorda, come nella parola italiana semplice e come avviene ancora oggi nello spagnolo o nei dialetti meridionali d'Italia: ad esempio ROSA si pronuncia ['rɔsa].
* le consonanti 'C' e 'G' presentano soltanto suono velare, cioè si pronunciano sempre [k] e [g], e mai [tʃ] e [dʒ], per cui ad esempio ACCIPIO si pronuncerà [ak'kipio] e non [at'tʃipio].
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Questo il sistema fonologico del latino classico (tra parentesi quadre gli allofoni) in SAMPA:

Vale la pena osservare che la Chiesa cattolica ha acquisito il latino parlato dal popolo, e non ha inventato una nuova pronuncia: non a caso infatti la pronuncia ecclesiastica è più vicina all'italiano moderno, poiché le modifiche nella fonetica latina, sebbene non riflettute nella scrittura, si sono conservate nella lingua oralmente fino ai primi scritti in italiano. Inoltre, come succede anche oggi per tutte le lingue parlate in vastissimi territori, la pronuncia di certi suoni può essere diversa da località a località. Quindi non si può escludere a priori che la pronuncia ecclesiastica e la pronuntiatio restituta coesistessero nello stesso periodo in regioni diverse o anche negli stessi luoghi, però in ceti diversi della popolazione e molto più probabilmente in epoche diverse.

Il latino divenne importante come lingua ufficiale dell'Impero romano, usato come lingua franca in particolare nella sua parte occidentale. In quella orientale, tale idioma realizzò notevoli progressi fra il I e il IV secolo nella penisola balcanica (in Dacia, ricostituitasi come provincia nella seconda metà del III secolo a sud del Danubio, in Mesia, e persino in Macedonia settentrionale, dove nasceranno nel V secolo due imperatori bizantini di madrelingua latina) e in alcune zone d'Asia (fra cui Berytus, sede di una delle più prestigiose scuole di diritto del mondo romano, Eliopoli e le sei colonie italiche di Pisidia)[5]. Tuttavia non riuscì a scalzare la koinè dialektos (κοινὴ διάλεκτος) come lingua di cultura e d'uso nel Mediterraneo orientale, neppure a Costantinopoli, città nella quale il latino, piuttosto diffuso soprattutto fra le classi più elevate fino al 450 circa, andò sempre più retrocedendo davanti al greco che divenne, nel terzo decennio del VII secolo, la lingua ufficiale dell'Impero Romano d'Oriente, o Impero bizantino, che perdurerà fino al 1453.

Anche in epoca imperiale si ebbero scrittori importanti: tra tutti si possono ricordare Seneca, Lucano, Petronio, Quintiliano, Stazio, Giovenale, Svetonio. Al di là delle differenze stilistiche, questi autori, vissuti tra il I e il II secolo, mantennero per lo più invariata la lingua letteraria classica.

Diverse furono le cose in epoca più tarda: nel pieno II secolo da un lato nacque una moda culturale letteraria che, scavalcando gli ormai classici augustei, guardava alla latinità arcaica; e dall'altro, con autori come Apuleio, cominciò ad acquistare sempre più importanza il latino volgare, la lingua parlata che diventerà la base delle odierne lingue derivate dal latino, appunto lingue neolatine. Nel tardo impero, accanto ad autori più legati alla tradizione classica, come Ausonio e Claudiano, emersero le grandi figure dei Padri della Chiesa come Tertulliano, Ambrogio, Girolamo e, soprattutto, Agostino d'Ippona. Nel IV secolo visse anche uno dei massimi storici latini (ma di origine greco-siriana): Ammiano Marcellino.

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Con la caduta dell'impero romano, il latino venne ancora usato per secoli come unica lingua scritta nel mondo che era stato romano. Nelle cancellerie dei re, nella curia romana, nella liturgia della Chiesa cattolica, nella produzione dei libri l'unica lingua era il latino; ma era un latino sempre più corrotto e sempre più influenzato dal linguaggio parlato. Infatti in un periodo difficilissimo da stabilire tra il tardo impero e l'alto Medioevo il latino volgare aveva incominciato a differenziarsi dando origine prima al protoromanzo e poi alle prime fasi di quelle che sono le attuali Lingue romanze (fra cui anche l'italiano).

Una reazione si ebbe intorno all'800 con il rinascimento carolingio, quando Carlo Magno riunì intorno a sé i maggiori dotti dell'epoca, come il longobardo Paolo Diacono e l'anglo Alcuino di York, cui diede il compito di riorganizzare la cultura e l'insegnamento nel territorio del suo impero. La cosciente operazione di recupero, restituendo la correttezza al latino, ne sancì però definitivamente la natura di lingua artificiale, e la separazione dalla lingua parlata. Non è un caso che immediatamente dopo, per la prima volta, fu scritta consapevolmente una lingua romanza, ormai individuata come entità diversa dal latino: il francese del giuramento di Strasburgo, dell'842.

Dopo il Mille nacquero le università (la prima fu quella di Bologna), e l'insegnamento, per persone che giungevano da tutta l'Europa, era rigorosamente in latino: un latino certo che non poteva più dirsi la lingua di Cicerone o di Orazio. I dotti delle università elaborarono un latino particolare, detto scolastico, adatto a esprimere i concetti astratti e ricchi di sfumature elaborati dalla filosofia dell'epoca, chiamata appunto scolastica.

Il latino non era dunque più la lingua di comunicazione che era stata nel mondo romano; nondimeno era una lingua viva e vitale, tutt'altro che statica. Col tempo però anche questo fu visto come una depravazione della gloriosa lingua della Roma classica. Nel XIV secolo in Italia sorse un movimento culturale che, parallelamente alla riscoperta e rivalutazione del mondo classico e pagano, favorì un rinnovato interesse per il latino antico: esso prende il nome di Umanesimo. Cominciato già col Petrarca, ebbe i suoi maggiori esponenti in Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Marsilio Ficino e Coluccio Salutati. La lingua classica divenne oggetto di studi approfonditissimi che segnarono di fatto la nascita della disciplina chiamata filologia classica.

In età moderna, il latino fu ancora usato come lingua della filosofia e della scienza, sia in Italia che all'estero (Thomas More, Erasmo da Rotterdam, Thomas Hobbes, Christophe de Longueil ecc.) e in latino scrissero anche i primi scienziati moderni come Copernico e Newton (Galilei invece preferì l'italiano) fino almeno al XVIII secolo, quando anche in questo ruolo il latino fu sostituito dalle varie lingue nazionali (francese, inglese, tedesco ecc.).

Strano, ma vero: la maggior parte dei documenti (libri, manoscritti, epigrafi, ecc.) prodotti in lingua latina non risalgono al periodo classico, i cui testi ammontano a circa 600 unità, bensì ai periodi successivi, cioè il Medioevo e l'età moderna. Studi recenti hanno, infatti, rivelato l'esistenza di un patrimonio letterario che conta oltre 18000 testi accertati, la maggior parte dei quali resta tuttora inedita.

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* Il latino è a tutt'oggi materia di studio nelle scuole medie e nei licei classici, scientifici, linguistici, sociopsicopedagogici italiani, spagnoli, francesi e rumeni.
* Esiste una radio finlandese che trasmette regolarmente un notiziario in latino.
* Esistono riviste latine (Melissa ...) o scuole latine (Vivarium Novum, Schola Nova ...).
* A Catania il Circulus Latinus Catinensis è promotore di un telegiornale settimanale interamente in latino dal nome Nuntii Latini Italici, che può essere visto e ascoltato sul web.
* Il latino è ancora lingua ufficiale della Santa Sede, benché lo Stato della Città del Vaticano utilizzi come lingua corrente l'italiano, riservando l'uso del latino ai documenti ufficiali.
* Esistono proposte per rendere il latino lingua ufficiale per scopi amministrativi dell'Unione europea (e non solo): ciò avrebbe anche il vantaggio di non dare la preferenza ad una lingua che appartenga a qualche Stato.
* I motti ufficiali dell'Unione europea e degli Stati Uniti d'America sono in latino: rispettivamente In varietate concordia e E pluribus unum.
* La Svizzera, per evitare 'preferenze' fra le sue tre lingue ufficiali (e le sue quattro lingue nazionali), è ancora chiamata ufficialmente Confoederatio Helvetica (o Helvetia), sebbene il latino in questo caso non sia utilizzato a scopi amministrativi.
* Molti gruppi musicali del genere gothic metal, symphonic metal (ad esempio gli Elend o i Dark Sanctuary) o black metal usano spesso frasi, o anche interi testi di canzoni, in latino. Alcune strofe in latino si trovano anche nella celebre A Song for Europe del gruppo glam rock Roxy Music.





Fonti: Rosso Pompeiano forum


Edited by SILVIA13l'angelodellamorte - 21/4/2011, 15:37
 
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