L'inquisizione cattolico-romana
Premessa storica
Quando parliamo di "Inquisizione" i pregiudizi indotti dal Protestantesimo e dall'Illuminismo ci inducono a pensare ch'essa sia stata una caratteristica fondamentale del Medioevo. In realtà, se anche questo fosse vero, noi avremmo il dovere di distinguere fra Alto e Basso Medioevo. Diciamo che nel periodo che va dall'obbligo di una religione di stato, imposto dall'imperatore Teodosio, alle molteplici eresie pauperistiche nate intorno al Mille, più che di "Inquisizione" in senso stretto, sarebbe meglio parlare di "intolleranza cattolico-romana" in senso lato. Un'intolleranza sempre più forte sia contro l'impero bizantino, sia contro la chiesa ortodossa orientale, sia contro i sovrani di origine barbarica presenti in Europa occidentale, sia contro le popolazioni di religione non cristiana (pagane, ebraiche o islamiche).
A queste opposizioni si deve aggiungere quella del papato nei confronti delle autonomie episcopali. In una parola il papato voleva rendersi indipendente dal basileus e da qualunque altro legittimo sovrano, dalla Pentarchia e quindi dai concili ecumenici, e voleva porsi come "super vescovo" nei confronti degli altri vescovi: tutte cose che gli riusciranno perfettamente in quell'area geografica in cui il "latino" s'imporrà come lingua scritta.
Per realizzare questa indipendenza politica ed economica il papato si servì di vari strumenti "secolari": dalle tribù barbariche ai regni romano-barbarici (Longobardi, Franchi, Normanni, Angioini, Sassoni, Svevi, Aragonesi ecc.), ponendo gli uni contro gli altri, scatenando terribili crociate, infinite guerre dinastiche e territoriali, persecuzioni d'ogni genere. Il tutto per poter dominare non solo culturalmente ma anche economicamente e politicamente, dotandosi di un proprio territorio o comunque del pieno consenso da parte di sovrani di territori che non le appartenevano.
Intorno al Mille la chiesa romana era una potenza incontrastata, in grado di scomunicare e far deporre quasi ogni sovrano. Tuttavia non si può ancora parlare di "Inquisizione" vera e propria; ci si deve limitare a termini come "repressione", "persecuzione", "autoritarismo" ecc.
Le cose cambiano dopo il Mille. L'autoritarismo altomedievale della chiesa romana aveva avuto come effetto la crisi dei valori etico-religiosi, la corruzione, la decadenza dei costumi, cui la chiesa di Gregorio VII cercò di reagire accentuando il proprio integralismo politico-religioso.
Questa crisi aveva portato alla nascita di correnti ereticali che volevano o il ritorno al cristianesimo evangelico o una progressiva laicizzazione dei contenuti religiosi, e aveva generato anche una nuova classe sociale: la borghesia, formalmente cristiana e sostanzialmente affarista. Una classe del genere non faceva altro che riprodurre a livello sociale quei disvalori che la chiesa viveva già a livello istituzionale. La borghesia cioè cercava di ritagliarsi uno spazio sempre maggiore di manovra affaristica che la chiesa avrebbe voluto tenersi solo per sé. La differenza tra borghesia e chiesa romana stava soltanto nel fatto che mentre per la chiesa i vantaggi economici erano il risultato di battaglie politiche contro quei poteri secolari ch'essa considerava rivali, per la borghesia invece i vantaggi economici potevano soltanto essere il frutto di una progressiva erosione dei controlli politici esercitati sulla società civile da parte della stessa chiesa e da parte dell'altra classe sociale che ideologicamente era più vicina agli interessi della chiesa: l'aristocrazia terriera. L'Italia fu il primo paese al mondo in cui si sviluppò una notevole classe borghese contestualmente all'affermazione teocratica di una chiesa altamente politicizzata.
Questo processo storico-sociale molto particolare è stato possibile perché mentre le eresie pauperistiche minavano le fondamenta ideologiche della chiesa romana in maniera diretta, ponendosi nettamente in alternativa all'istituzione religiosa al potere, che era vista totalmente incapace di riformarsi; la posizione borghese invece non contestava direttamente la chiesa, meno che mai i suoi dogmi; semplicemente cercava di riservarsi uno spazio di manovra (il business) in cui la propria salvaguardia formale dei valori religiosi non desse motivo all'autorità ecclesiastica d'intervenire in maniera repressiva o coercitiva. La borghesia giustificava il proprio comportamento praticamente irreligioso sostenendo che i vertici della chiesa, nella sostanza, si comportavano nella stessa maniera.
I borghesi italiani erano "protestanti" nel modo di fare già mezzo millennio prima che nascesse il luteranesimo come completa teologia alternativa a quella latina. Lo stesso papato, nei confronti dell'ecumene cristiano basato sul primato del concilio, aveva cominciato a comportarsi in una maniera "protestantica", cioè individualistica, molti secoli prima di quanto avesse iniziato a fare la borghesia intorno al Mille.
Fino al XII secolo la chiesa romana aveva delegato al potere secolare il compito di reprimere il dissenso. Ma quando questo dissenso comincia a farsi preoccupante, il papato pretende di gestire in proprio la repressione, e lo fa istituendo appunto l'Inquisizione. Le prime misure inquisitoriali vennero approvate nel 1179 dal Concilio Lateranense III, legittimando la scomunica e l'avvio di crociate contro gli eretici (in specie i catari). Il procedimento inquisitorio fu formalizzato nella giurisdizione ecclesiastica da papa Lucio III nel 1184 con il decreto Ad abolendam, che stabilì il principio - sconosciuto al diritto romano - che si potesse formulare un'accusa di eresia contro qualcuno e iniziare un processo a suo carico, anche in assenza di testimoni attendibili. La condanna di ogni devianza - teologica, morale o di costume - dal canone religioso dominante venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV, che diede vita all'istituzione della "procedura d'ufficio". Si poteva, cioè, instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni. Non solo: chiunque fosse venuto a conoscenza di una possibile eresia doveva immediatamente denunciare il fatto al più vicino tribunale dell'Inquisizione, altrimenti sarebbe stato considerato corresponsabile.
E' significativo che proprio nel 1215 il re inglese Giovanni senza Terra concedeva la Magna Charta, in cui si sosteneva che nessun uomo libero può essere arrestato, molestato, spogliato dei suoi beni, esiliato senza un giudizio legale dei suoi pari. Non a caso Innocenzo III qualificherà la Magna Charta come una cosa vile, turpe, empia e abominevole.
Le eresie pauperistiche furono o sterminate tutte o reintegrate nella chiesa. Tuttavia la chiesa non riuscì a impedire lo sviluppo della prassi borghese, anzi si dimostrò tollerante nei confronti della riscoperta accademica dell'aristotelismo, nei confronti dello sviluppo dell'Umanesimo e del Rinascimento, proprio perché queste "eresie borghesi" non mettevano in discussione i dogmi della chiesa, ma solo le pretese del potere politico del clero.
La svolta decisiva avverrà solo con la nascita della riforma protestante, che non si limitò a combattere il clericalismo, ma mise in discussione tutto il tradizionale impianto teologico della chiesa romana, giudicandolo per gran parte affine a idee superstiziose.
Ma, prima di parlare dell'epoca moderna, cerchiamo di chiarire meglio questi aspetti, aprendo un'ampia parentesi. Ancora oggi gli storici confessionali (e purtroppo anche molti non confessionali) non riescono a dare un giudizio obiettivo delle eresie medievali. Vedono questo fenomeno socio-religioso come un elemento disgregativo (sul piano sia sociale che culturale) del mondo cattolico, di cui la chiesa romana non avrebbe avuto alcuna responsabilità. Cioè non lo vedono come una forma di critica sociale (espressa in forma religiosa) nei confronti della crisi della chiesa romana, della sua corruzione, soprattutto nei livelli istituzionali, e della sua stessa deviazione dagli ideali originari.
La chiesa romana, ancora oggi, rimpiange il periodo in cui tutta l'Europa medievale era sotto l'egida del papato. Non vede di quel periodo né il servaggio né il clericalismo, cioè la giustificazione religiosa dello sfruttamento socio-economico e l'uso politico, quindi autoritario, della fede religiosa.
Sicché quando si deve interpretare un fenomeno come quello dell'Inquisizione, pur non giustificandola dal punto di vista etico, in quanto contraria alla libertà di coscienza, la si giustifica dal punto di vista storico, in quanto la chiesa aveva il dovere di difendere l'unità dell'ecumene cattolico latino. Sul piano etico si arriva addirittura a sostenere che la chiesa romana istituì l'Inquisizione per impedire i processi sommari, i linciaggi praticati dalla popolazione nei confronti degli eretici, e non invece per riaffermare con strumenti repressivi la propria autorità sfruttando appunto l'occasione di quei linciaggi.
Nei confronti di tutte le eresie medievali si danno giudizi enormemente negativi, esagerandone a bella posta la pericolosità sociale, e questo senza rendersi conto che tutte queste eresie, a fronte della corruzione della chiesa istituzionale, strettamente legata al potere politico, si ponevano sempre uno dei due obiettivi: o tornare all'epoca del cristianesimo apostolico, in cui la povertà aveva ancora un valore reale e non solo simbolico; o fare un salto in avanti, riducendo il potere politico del clero e quindi laicizzando la fede religiosa.
Di questi due obiettivi il primo fu tipico delle eresie cosiddette "pauperistiche"; il secondo caratterizzò invece tutte quelle eresie che portarono poi alla riforma protestante. Il secondo gruppo di eresie, tipicamente urbano e intellettuale, emerse dopo che il primo era stato duramente represso dalla chiesa. Questo secondo gruppo continuò a parlare di ritorno al cristianesimo apostolico solo teoricamente, in quanto di fatto voleva coniugare alla fede cristiana una prassi borghese. Si servì cioè di una rilettura del Nuovo Testamento soltanto per contestare le contraddizioni della chiesa romana, ma nella sostanza creò nuove contraddizioni sociali, di cui ad un certo punto la stessa chiesa romana dovrà prendere atto, accettando il compromesso di fede e profitto.
Sul piano storico la chiesa romana ancora oggi non vuole ammettere che è stata lei la prima ad aver spezzato l'unità ecclesiale europea nel periodo medievale, separandosi dalla chiesa ortodossa, contraria a considerare il papato superiore al concilio. Inoltre essa non vuole ammettere che la prima confessione cristiana ad aver accettato il compromesso con la prassi borghese non è stata quella protestante ma quella cattolica, soprattutto in Italia e nelle Fiandre, già a partire dalla nascita dei Comuni.
Le prime eresie medievali infatti contestano questa operazione socio-religiosa e si pongono non solo come eresie anti-ecclesiastiche ma anche anti-borghesi. Viceversa il secondo gruppo di eresie, tipiche dell'età moderna, sarà invece soltanto anti-ecclesiastico.
E' dunque evidente che se non si riesce a dare un giudizio storico di questo genere, qualunque considerazione fatta sull'Inquisizione è falsata in partenza. Ancora oggi infatti abbiamo degli storici cattolici che sostengono l'assoluta estraneità della chiesa romana all'Inquisizione spagnola, essendo stata questa gestita direttamente dallo Stato: come se nella Spagna del XV secolo (fino alla dittatura franchista) il cattolicesimo non abbia mai sostenuto un ruolo attivo, di stretta collaborazione col potere, nell'eliminare fisicamente gli islamici, gli ebrei, i non-cattolici, i non-credenti e i dissidenti in generale! Se consideriamo quel che è stato fatto in America Latina si tratta di decine di milioni di persone trucidate, altro che di poche centinaia di giustiziati con regolare processo!
Occorre una buona dose di malafede per sostenere l'estraneità di una confessione religiosa solo perché l'ideologia di questa confessione veniva direttamente gestita non dal papato ma dal potere politico statale. Integralismo politico della fede non vuol soltanto dire che la chiesa cattolica pretende di gestire autonomamente il potere politico e quello religioso, come ha fatto per mille anni nel proprio Stato della chiesa, ma vuol dire anche permettere al potere politico dello Stato di gestire in maniera autoritaria i medesimi principi religiosi della chiesa romana, come appunto è avvenuto nella Spagna di Carlo V e Filippo II, nell'impero austro-ungarico, nella Francia pre-rivoluzionaria e così via. Chiusa la parentesi.
Verso la metà del XVI secolo la chiesa romana istituì una durissima Inquisizione con cui cercherà di reprimere non solo il luteranesimo e il calvinismo, ma anche qualunque autonomia di tipo borghese. Aveva infatti capito che anche questa autonomia sociale poteva costituire, alla lunga, una seria minaccia al proprio potere. E preferì affidarsi all'impero spagnolo di Carlo V e Filippo II per riaffermare il peso dei propri valori tardo-feudali, aristocratici e controriformistici.
Dalla seconda metà del XVI secolo alla seconda metà del XIX la chiesa romana esercita un potere incredibilmente repressivo, senza eguali nella sua storia, proprio perché avvertiva che non era minacciata soltanto la propria egemonia politica ed economica plurisecolare, ma anche quella ideologica e culturale. L'Umanesimo e il Rinascimento avevano cercato di far passare contenuti laici in una forma religiosa, quella cattolica. Era quindi stata una soluzione di compromesso, che il papato aveva in qualche modo tollerato e, anzi, per molti versi sfruttato per accrescere la propria potenza.
Ma la tolleranza nei confronti della riforma luterana sarebbe stata impossibile. Lutero affossava completamente il primato politico e ideologico del clero, le gerarchie, il valore dei sacramenti, persino alcuni documenti canonici del Nuovo Testamento. Tra le due laicizzazioni: quella borghese-umanistica e quella borghese-luterana, la chiesa ritenne la seconda molto più grave, e nel tentativo di combatterla, travolse anche la prima.
D'altra parte nell'immediato aveva ragione: i luterani e i calvinisti erano riusciti a creare un grande movimento di protesta in forme e modi molto radicali, mentre i borghesi italiani erano rimasti sempre circoscritti entro le mura cittadine, non sapendo come coinvolgere le masse contadine.
Tuttavia nel lungo periodo l'umanizzazione laico-borghese avrebbe inferto colpi durissimi non solo alla chiesa romana ma anche a quella protestante, sostituendo le preghiere al dio uno e trino con la devozione al dio quattrino.
Per non parlare dei colpi inferti dall'umanizzazione laico-socialista, che, nata nel XIX secolo, non solo è in grado di evitare la doppiezza borghese di vivere un contenuto laico all'interno di una forma religiosa, ma che ambisce ad affermare anche una piena coerenza di teoria laico-umanistica e di prassi democratico-sociale. Una coerenza che considera la religione in sé una reminiscenza del passato, una forma di oscurantismo che va al di là di qualunque tipo di confessione.
Le premesse giuridiche medievali dell'inquisizione
La formula consenso o repressione caratterizza la politica penale della chiesa romana già nel IV secolo, allorquando essa comincia a mostrarsi intollerante nei confronti della cosiddetta "eresia" (il reato del pensiero divergente o deviante), pretendendo una repressione "legale" da parte dell'istituzione imperiale cristiana.
Nei secoli V e VI si forma il diritto romano-cristiano come braccio secolare dell'intolleranza cattolica. La religione cristiana viene considerata come l'unica possibile, e per "cristiana" s'intende quella sancita dai Concili ecumenici, cioè da quell'ecumene cristiano che allora coincideva soprattutto con la Pentarchia (Roma, Bisanzio, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme).
Il dogma serviva per dare unità culturale e ideologica, ma la chiesa romana ne approfittava per rivendicare anche un potere politico e per sottomettere con la forza chi la pensava diversamente. A Bisanzio ci si comportava in maniera più soft: si permetteva un ampio dibattito; si decideva in un concilio di fissare i limiti entro i quali un'affermazione teologica andava considerata ortodossa o eterodossa; si chiedeva di aderirvi liberamente, minacciando la scomunica in caso contrario; chi persisteva nelle proprie posizioni veniva abbandonato a se stesso ogniqualvolta la propria regione di appartenenza veniva attaccata da forze non cristiane (cioè arabe, turche, persiane ecc.). Sicché l'impero bizantino, dopo la massima espansione raggiunta nel VI secolo, sotto Giustiniano, sarà destinato a perdere continue porzioni di territorio, divenendo facile preda non solo delle forze non cristiane ma anche di quelle latine. Ancora oggi esistono ampie comunità monofisite e monotelite, pre- o anti-calcedoniane sparse in Africa, in Asia e in Medio oriente.
La legge Cunctos populos, promulgata nel 380, inclusa nel codice teodosiano e giustinianeo, ordinava assolutamente a tutti d'essere cattolici, secondo la fede nicena. La divisione sociale non era più quella tra liberi e schiavi, ma tra fedeli e infedeli. Per un "infedele" era impossibile svolgere qualunque carica pubblica. L'eretico diventa un "deviante", un soggetto socialmente pericoloso, una specie di criminale. Tant'è che nella parte occidentale dell'impero romano-cristiano praticamente non esiste un dibattito teologico minimamente paragonabile a quello della parte orientale: tutte le eresie intorno alla figura del Cristo nascono in oriente.
La chiesa romana considera l'eretico come uno che erra con pertinacia e che quindi, come tale, va punito severamente. Da Leone Magno a Sant'Ambrogio e Sant'Agostino è tutto un elogio per le istituzioni statali che aiutano la chiesa a reprimere l'eresia. L'acquiescenza anche della chiesa bizantina nei confronti della politica giustinianea, determinerà l'inizio di quell'importante fenomeno sociale di protesta chiamato "monachesimo". Chi contesta la chiesa di stato si ritira nel deserto o comunque rinuncia a vivere nelle grandi città.
Nel Concilio di Cartagine del 404 si chiede espressamente al potere temporale di eliminare la setta donatista. Sant'Agostino approva pienamente. Le pene sono la confisca dei beni e l'esilio. Non c'era ancora la pena di morte per l'eretico, a meno che egli non volesse difendersi a mano armata, ma a quel punto veniva eliminato come cittadino insubordinato.
Fino al XII secolo la chiesa romana si affidava al potere secolare per reprimere l'eresia. Lo slogan usato era stato preso dal vangelo di Luca (14,23): compelle intrare, dove però l'evangelista l'aveva usato a favore degli emarginati contro i potenti. Quello slogan in realtà doveva servire per far capire alle masse che extra ecclesia nulla salus.
La svolta giuridica si ha col papa Alessandro III (1159-1181), che nel 1176, guidando moralmente la Lega dei Comuni lombardi, aveva sconfitto a Legnano Federico Barbarossa. Con la sua decretale Accusatus aveva ufficialmente introdotto il sospetto come presunzione di colpevolezza nel diritto penale.
La vittoria militare della Lega su quell'imperatore comporterà la vittoria morale e politica della chiesa romana sull'istituzione imperiale, che sarà poi confermata nella lotta per le investiture. D'ora in poi tutte le leggi repressive della chiesa troveranno il tacito consenso degli imperatori d'occidente. Persino la tradizione legislativa romana del passato mondo pagano dovrà adattarsi alla nuova legislazione del diritto canonico.
Al III Concilio Lateranense (1179) Alessandro III invoca l'aiuto del potere laico per sopprimere fisicamente tutti i devianti e autorizza i vescovi a servirsi anche del sospetto. La lotta antiereticale viene direttamente gestita dalla chiesa, e l'istituzione secolare, vincolata con giuramento, svolge una semplice funzione esecutrice (e delatrice).
Che cosa significa basare l'accusa sul "sospetto"? Significa che non è tanto importante ciò che un soggetto fa, quanto piuttosto cosa pensa di lui l'autorità. Sotto questo aspetto è impossibile stabilire oggettivamente quando il reato di eresia vada considerato grave o lieve: se e quando esiste un sospetto, l'inquisito ha solo una possibilità per essere tollerato, che confessi apertamente il proprio crimine. Sarà poi il confessore e, allo stesso tempo, giudice ecclesiastico a decidere.
Per aiutare l'eretico sospetto a confessare è prevista la tortura o comunque una prigione molto dura, che ovviamente non deve portare alla morte ma appunto alla confessione. Tutta la procedura doveva espletarsi celermente, senza tante formalità giudiziarie. La pena di morte scattava in due casi: quando l'eretico non si pentiva e quando, dopo aver abiurato, ricadeva nella medesima colpa, cioè diventava recidivo. In caso di recidiva infatti l'inquisitore non era obbligato ad alcun processo.
Il successore di Alessandro III, Lucio III (1181-1185), dopo essersi accordato a Verona col Barbarossa su come perseguitare gli eretici, dirà nella sua decretale Ad abolendam che, quando è in gioco un sospetto d'eresia, non si deve fare alcuna differenza tra chierico e laico. Il chierico deve essere privato immediatamente di qualunque privilegio e consegnato al braccio secolare, a meno che non abiuri subito in maniera spontanea e soprattutto pubblica. Arbitro assoluto di questa procedura processuale, che di legale non aveva nulla, in quanto non era prevista una regolare difesa dell'imputato (con tanto di avvocato e di testimoni a discarico), è designato il vescovo locale. Per dimostrare la propria volontà riabilitativa, l'eretico, dopo aver confessato, doveva accettare di subire le pene e penitenze previste, in caso contrario lo aspettava la sentenza capitale.
L'Ad abolendam resterà il testo ufficiale sul sospetto per 21 anni. Nel 1215, il Concilio Laterano IV ribadisce la condanna di ogni forma di devianza religiosa ed elabora la "procedura d'ufficio", grazie alla quale si può instaurare un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni. A tale scopo Innocenzo III (1198-1216) nomina dei Legati (dei monaci cistercensi), creando così l'Inquisizione Legatina, indipendente dall'autorità dei vescovi, per estirpare le eresie Catare e Valdesi. Proprio sotto il suo pontificato l'eresia fu considerata dall'imperatore svevo Federico II reato di lesa maestà, in quanto sulla religione cattolica si fondava l'impero. Verranno così sterminati in Francia circa 20.000 Albigesi.
Nel 1234 papa Gregorio IX (1227-1241) approva decisamente l'Ad abolendam inserendola nella sua raccolta di Decretali, ed anzi ne aggiunge di nuove ancora più restrittive, come p.es. la bolla Excommunicamus, sancendo che streghe e stregoni potevano essere bruciati sul rogo, senza neanche bisogno di scomunicarli. Sarà proprio questo papa a rendere definitivo il ruolo degli inquisitori, questa volta francescani e soprattutto domenicani, voluto da Innocenzo III. Questi giudici avevano addirittura il potere di deporre i vescovi quando riscontravano inefficienze nel loro operato.
L'altra bolla di Gregorio IX, dal sapore vagamente grottesco, la Super eo, prevede che se un recidivo beneficia di considerazioni benevoli da parte di persone timorate di dio, in grado di assicurare l'onestà del suo pentimento, egli può ricevere il sacramento della comunione prima di essere condannato a morte.
Con la bolla papale Ad extirpanda Innocenzo IV (1243-1254) lascia all'inquisitore la possibilità di avvalersi di un vero e proprio corpo di polizia, avendo libera competenza e territorialità e, siccome ne era stato assassinato uno a Seveso da parte dei catari, sostiene che la tortura può servire a portare alla luce la verità, e si autorizzano i podestà dei Comuni italiani a utilizzarla.
Papa Alessandro IV (1254-1261), in un rescritto del 1258, dirà che la situazione di recidiva, per un eretico, dimostra che il sospetto iniziale era fondato, per cui era giusto ritenere il sospettato come colpevole d'eresia a tutti gli effetti.
I papi Urbano IV e Bonifacio VIII non avranno alcuna difficoltà ad accettare quanto deciso dai loro predecessori. E sarà così fino alla metà del XIV secolo, dopodiché il potere della chiesa verrà ridimensionato dalle nascenti monarchie assolute (soprattutto dalla Francia), in cui il ruolo della borghesia cominciava ad essere significativo. La chiesa romana subirà uno smacco dietro l'altro: dalla cattività avignonese allo scisma d'occidente sino al Concilio di Costanza (1414-18) con cui si proclamò la superiorità del concilio sul papato.
Unica eccezione, in questa ventata di anticlericalismo, fu costituita dalla Spagna di Ferdinando d'Aragona e di Isabella di Castiglia, i quali nel 1478 diedero vita al Tribunale dell'Inquisizione, con cui sorvegliare e punire gli eretici, obbligare gli islamici e gli ebrei a diventare cristiani e, ovviamente, reprimere anche gli oppositori politici. L'Inquisizione spagnola fu infatti un tribunale di stato, essendo i giudici nominati personalmente dal re (il più noto dei quali fu Tommaso Torquemada). Senza l'appoggio di questa Spagna così fortemente retriva, sarebbe stato impossibile per la chiesa romana far rinascere l'Inquisizione in epoca moderna, contro l'eresia protestantica.
Differenze giuridiche tra diritto romano e diritto canonico medievale
Tra il diritto canonico medievale e la legislazione classica dei romani era andata affermandosi, dopo il Mille, una differenza notevole: il procedimento accusatorio era stato infatti sostituito con quello inquisitorio. E questo proprio mentre nell'ambito delle Università cattoliche s'andava riscoprendo l'importanza della giurisprudenza romana. Cioè mentre da un lato la prassi spregiudicata della chiesa romana, interessata esclusivamente al proprio potere, portava le classi possidenti, specie quelle borghesi, e persino la stessa intellighenzia accademica a elaborare dei principi e dei valori che con la religione tradizionale avevano sempre meno a che fare, ponendosi più su un terreno filosofico che teologico, dall'altro la chiesa istituzionale andava configurandosi come una realtà sempre più regressiva e oscurantista, unicamente preoccupata a impedire che gli sviluppi dell'eresia la relegassero a un ruolo marginale.
Il papato, a fronte della minaccia crescente delle eresie pauperistiche, comincia a considerare il diritto processuale e penale romano come troppo garantista per il colpevole. Il diritto romano infatti sosteneva che nessuno può essere punito per il solo pensiero, nessuno doveva essere condannato sulla base di semplici sospetti o perché diffamato dai propri concittadini, e che in ogni caso era meglio lasciare impunito il colpevole che condannare un innocente. Inoltre non si poteva mai giudicare un assente e se chi accusava non riusciva a provare la fondatezza delle proprie accuse, rivelandosi in sostanza un semplice calunniatore, rischiava d'essere sottoposto alla legge del taglione. In ogni caso l'accusato aveva diritto a difendersi e a essere difeso da avvocati. I processi infine erano pubblici, non esistevano segreti, né erano ammesse denunce segrete. Il giudice ascoltava entrambe le parti e alla fine decideva.
Viceversa nel sistema processuale della chiesa inquisitoriale le cose venivano rovesciate, naturalmente usando tutte le astuzie possibili, la prima delle quali era quella di mettere in evidenza i pregi di ciò che si voleva superare.
Anzitutto si poneva l'accusa in una posizione privilegiata. L'inquisitore è infatti allo stesso tempo accusatore e giudice, e, come tale, non solo agisce in segreto e usando la tortura, ma, sulla base di un semplice sospetto, può decidere se condannare l'inquisito alla pena capitale o a pene minori. Di assoluzione non si può neppure parlare, proprio perché il sospetto o la diffamazione o anche un semplice indizio sono elementi sufficienti per imbastire un processo penale dalle conseguenze molto gravi.
Per il papato il sistema accusatorio romano non poteva andar bene per i reati di coscienza o di pensiero, così tipici nel fenomeno ereticale. Per questo tipo di reato si preferiva procedere d'ufficio, senza tante formalità processuali, attraverso le quali gli avvocati rischiavano più che altro di far perdere tempo prezioso.
Il sistema accusatorio viene definitivamente rifiutato con la decretale Saepe contingit di Clemente V (1305-1314), dove si dirà a chiare lettere che il giudice e accusatore può comportarsi a propria discrezione, può cioè rifiutare le eccezioni, può respingere gli appelli, può non ammettere dei testimoni, può far tacere gli avvocati, può abbreviare come vuole i tempi del processo.
Onde evitare abusi personali, il papato obbligava l'inquisitore a registrare minuziosamente tutto quello che avveniva nel corso del processo, affinché l'autorità centrale (la curia pontificia) potesse documentarsi leggendo gli atti. Il rischio di abusi, in effetti, c'era, in quanto gli inquisitori venivano pagati con un terzo dei beni confiscati agli inquisiti, a titolo di onorario per le spese giudiziarie.
La moderna inquisizione
Nel 1542 la chiesa romana, nei suoi livelli istituzionali, inizia la propria controriforma, trasformando l'Inquisizione, con l'appoggio dell'impero spagnolo e sul modello organizzativo di quella spagnola, da medievale a moderna. E' l'anno in cui papa Paolo III, con la bolla Licet ab initio, fonda la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione o Sant'Uffizio, che corrisponde alla vecchia Inquisizione e che ancora oggi viene chiamata Congregazione per la Dottrina della Fede. Tre anni dopo inizierà il Concilio di Trento.
Tra l'Inquisizione medievale e quella moderna esiste una precisa differenza amministrativa: quella di Paolo III è molto più centralizzata, avendo una struttura molto somigliante a quella spagnola, ch'era stata autorizzata da papa Sisto IV nel 1478. Inoltre s'introducono nuovi strumenti repressivi, in conformità al progresso del tempi: censura preventiva sui libri, sanzioni finanziarie e penali per tipografi e librai, pubblicazione di un Indice dei libri proibiti ecc. L'autorità secolare è tenuta ad eseguire senza discutere le sentenze capitali. In Italia si forma per la prima volta una sorta di unificazione nazionale su basi poliziesche.
Papa Giulio III, con la bolla Cum meditatio cordis, del 1550, revoca a tutti i cristiani (esclusi gli inquisitori) la lettura di testi eretici, anzi nello stesso anno fa organizzare il primo rogo di libri eretici a Roma, dove anche quelli ebraici vengono bruciati. Gli eretici più "pericolosi" sono ovviamente i luterani, i calvinisti e gli ugonotti. Il principale sovrano preposto allo sterminio di questi eretici è Carlo V, re di Spagna, re d'Italia, arciduca d'Austria e imperatore del Sacro Romano Impero Germanico.
Fu proprio Carlo V a pretendere il Concilio di Trento, al fine di trovare un'intesa col mondo protestante. La chiesa romana era sfavorevole a questa idea, poiché nei concili precedenti di Costanza e Basilea i prelati avevano sostenuto la superiorità del concilio sul papato. Questo spiega perché il Concilio di Trento non sortì alcun effetto pratico di mediazione o di compromesso, ma anzi finì col porre le basi della grande controffensiva cattolica.
Il papato non aveva di mira soltanto la sconfitta del nemico, che questa volta però era sostenuto da molti legittimi sovrani, ma anche e soprattutto la possibilità di realizzare una centralizzazione dei poteri in quei territori ancora dominati dalla confessione cattolica.
Il concilio fu un fiasco, dal punto di vista diplomatico, e non poteva essere diversamente, visto ch'era già stato preceduto da una riforma dell'azione penale della chiesa romana orientata chiaramente in senso oscurantista: Roma dava per scontata l'impossibilità di qualunque intesa coi protestanti e pretendeva soltanto una capitolazione senza condizioni. Quando nella notte di San Bartolomeo vennero sterminati migliaia di ugonotti, papa Gregorio XIII ordinò un generale giubileo, assolvendo la Francia cattolica da ogni errore.
Con questo ovviamente non si vuole sostenere che i protestanti fossero migliori dei cattolici: Lutero innalzerà roghi contro i papisti e farà duramente reprimere i contadini rivoltosi. Calvino farà bruciare un grande intellettuale come Serveto. E alle proteste degli umanisti italiani Melantone e Beza reagiranno negativamente con gli stessi argomenti degli inquisitori cattolici.
La volontà di annientare fisicamente il nemico era talmente forte che già Paolo III, con la bolla In apostolici culminis, del 1542, dirà di agire nei confronti di chiunque, inclusi i vescovi, con la massima severità al minimo sospetto. Persino i giudei saranno costretti a convertirsi se vorranno conservare i propri beni (si veda la bolla Cupientes Iudaeos, sempre del 1542 o quella del 1581, Antiqua iudaeorum improbitas), oppure verranno rinchiusi nei ghetti (Venezia sarà la prima a farlo). Nel XVI secolo l'antisemitismo pontificio sarà durissimo.
Il pluralismo medievale, in cui i vescovi esercitavano ancora una certa autorità a livello diocesano, stava per essere sostituito dal moderno centralismo pontificio. Tutto doveva essere diretto da Roma, in modo particolare dall'ordine dei cardinali. Il Sant'Uffizio doveva diventare il modello di tutte le altre congregazioni (o ministeri). I sinodi non avevano più bisogno di essere convocati.
Per la prima volta, paradossalmente, si affermava l'uguaglianza giuridica di tutti i cristiani di fronte alla legge penale, senza distinzione di gradi o qualifiche o privilegi (anche i nobili potevano perdere immediatamente tutti i loro titoli e benefici). Gli inquisitori generali avevano il dovere di procedere contro chiunque fosse sospettato, ivi inclusi i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti e persino gli stessi cardinali, in caso di necessità. P.es. il cardinale Morone, uno dei conduttori del Concilio di Trento, verrà arrestato, inquisito e processato nel 1557, anche se poi diventerà l'uomo di fiducia del papa assolutista Pio IV, che farà arrestare e condannare a morte altri cardinali di spicco, non meno favorevoli all'Inquisizione, come Alfonso e Carlo Carafa, che sotto il papato precedente avevano avuto il coraggio di arrestare il Morone.
Tra inquisitori e vescovi doveva per forza esserci unanimità di intenti, anche perché, per la prima volta, la giurisdizione degli inquisitori andava considerata "internazionale".
Gli inquisitori generali, scelti fra i chierici o i religiosi di qualunque ordine, o fra i dottori e maestri di teologia, non potevano avere meno di 30 anni, e potevano essere nominati e revocati dalla commissione cardinalizia del Sant'Uffizio in qualunque momento. Prima di far eseguire la sentenza di condanna a morte dei prelati e delle persone di alto rango dovevano chiedere l'autorizzazione a Roma. Da parte dei loro inquisiti era interdetto qualunque appello a un'istanza superiore, anche se il papa si riservava il diritto di concedere la grazia. Questi inquisitori potevano processare anche i defunti, facendone bruciare i resti.
Sino al 1622 la repressione poliziesca e militare sarà lo strumento fondamentale per realizzare la nuova unità cattolica dell'Europa. Quando sotto Clemente VIII viene mandato al rogo Giordano Bruno, o quando sotto Paolo V e Urbano VIII viene costretto all'abiura Galileo Galilei, il terrore già regnava sovrano.
Dopo il 1622 si istituirà anche la congregazione De propaganda Fide, avente come compito quello di convertire, con gli strumenti dell'ideologia, gli eretici, gli scismatici e soprattutto gli indigeni e tutti i pagani delle colonie conquistate. I protagonisti principali di questa forma intellettuale di inquisizione non saranno più i francescani e i domenicani, bensì i gesuiti, alle dirette dipendenze del papa e organizzati in una disciplina di tipo militare.
Era talmente forte la paura di pensare autonomamente che quando gli intellettuali scrivevano qualcosa, su qualunque tema, mettevano subito le mani avanti dichiarando, in una specie di autocritica preventiva, ch'essi avevano orrore dell'eresia e che se nel proprio testo si fosse trovato qualcosa di errato, lo si doveva imputare alla propria ignoranza o imbecillitas, e che in tal caso ci si dichiarava disposti a sottostare all'ammonizione e ad altre pene.
Conclusione
Spesso i cattolici sostengono che l?inquisizione era socialmente giusta in quanto i movimenti ereticali, col loro stile di vita, costituivano un pericolo oggettivo per la sicurezza sociale dei cittadini, e in questo sono particolarmente interessati ad accentuare fino all'inverosimile i lati negativi che questi movimenti potevano avere, esattamente come nell'Odissea, al fine di valorizzare la civiltà commerciale rappresentata da Ulisse, venivano dipinti i suoi avversari in vari modi spregevoli, fino a raggiungere, nel caso di Polifemo, la caricatura mostruosa.
E' talmente basso il livello morale di questi cattolici ed è talmente forte il loro pregiudizio contro la laicità che non si rendono neppure conto che l'Inquisizione resta una violazione della libertà di coscienza anche quando chi esercita questa violazione, può essere oggettivamente dalla parte della ragione, cioè anche quando chi la subisce può essere oggettivamente dalla parte del torto. E qui prescindiamo volutamente da qualunque considerazione storica, poiché se gli storici cattolici fossero anche solo un minimo obiettivi non potrebbero certo sostenere che per la sicurezza sociale dei cristiani d'allora erano più pericolose le esagerazioni di qualche eresia che non le nefandezze politiche che la chiesa romana compiva a livello istituzionale. Ancora oggi non si riesce a trovare uno storico cattolico che metta in rapporto la nascita del fenomeno ereticale con la corruzione dell'alto clero cattolico.
Una qualunque violazione della libertà di coscienza (e non ci si venga a dire che nel Medioevo questa libertà non esisteva perché non poteva esistere) rende falsa una posizione vera e può rendere vera una posizione falsa. La chiesa romana, approfittando dei tre secoli di persecuzione subìta, ha creduto d'essere pienamente legittimata nell'ereditare l'autoritarismo degli imperatori pagani. L'eliminazione violenta dell'eresia era stata praticata dal papato ben prima della nascita dell'Inquisizione, praticamente già con la nascita dello Stato confessionale voluto da Teodosio.
Sicché l'Inquisizione medievale non è stata soltanto una violazione della libertà di coscienza, ma anche uno strumento per salvaguardare un potere diventato sommamente iniquo: sotto il pretesto della pericolosità dell'eresia, essa servì per assicurare il controllo dell'ordine pubblico, cioè per ribadire che nonostante l'esercizio abusivo dell'autorità ecclesiastica, questa non poteva essere messa in discussione da nessuno.
Sotto questo aspetto possiamo tranquillamente sostenere che in tutte le forme di governo autoritario, siano esse laiche o religiose, esiste immancabilmente l'uso dell'Inquisizione. Nel Novecento ciò è stato molto evidente sotto il fascismo, il nazismo, lo stalinismo, il maoismo, il maccartismo ecc.
Ci si può anzi chiedere se il venir meno dell'inquisizione politica sia il riflesso di un'effettiva aumentata democrazia o non piuttosto il riflesso di una piena omologazione ai poteri dominanti. In altre parole nel cosiddetto "Occidente democratico" non si reprime più come una volta perché il potere politico è diventato più democratico e quindi non ha bisogno di ricorrere a questi strumenti espliciti di paura e terrore, oppure perché la società civile è più rassegnata a svolgere un ruolo subordinato rispetto allo Stato?
In questo "Occidente democratico" siamo tutti potenzialmente inquisibili, poiché su ognuno di noi esistono banche dati in grado di monitorare un'infinità di cose (l'uso del telefono fisso e mobile, l'uso del conto corrente, l'uso di strumenti elettronici di pagamento o di navigazione in rete, le informazioni scolastiche, sanitarie, fiscali, poliziesche e militari ecc.) e, nonostante la legge sulla privacy, i progressi della democrazia e lo sviluppo della giurisprudenza, la "conoscenza" continua ad appartenere a pochi soggetti, che facilmente, se a monte esiste una determinata volontà persecutoria, possono diventare inquisitori.
Inquisizioni e tribunali speciali
Diritto
Il fenomeno dell’Inquisizione va esaminato sotto gli aspetti della tutela dei diritti, del costume e della religione. Nella comparazione dei fenomeni bisogna rilevarne analogie e differenze, inoltre, l’uomo ha anche la cattiva abitudine di cambiare nome a cose vecchie; infatti, l’Inquisizione appartiene alla famiglia dei tribunali speciali, costituendone però, per alcune sue caratteristiche, una specie a sé.
In generale, i tribunali speciali sono tipici della dittature e dei regimi autoritari, però il tribunale speciale religioso istituito da Costantino nel IV secolo, per perseguire le eresie, si uniformava al codice romano giustinianeo, basato su un sistema accusatorio; invece dal 1200, il processo canonico della Chiesa, dei suoi tribunali speciali dell’Inquisizione, seguiva il sistema inquisitorio.
Le dittature europee del XX secolo, dopo aver abbandonato la giurisdizione unica richiesta dai sistemi liberali, per i suoi tribunali speciali, rivolti contro gli oppositori politici, adottarono un sistema misto, con la figura del giudice istruttore inquisitore, che ricordava il sistema inquisitorio, per il resto, il sistema era accusatorio; in Italia, malgrado la costituzione democratica, questo sistema misto, ereditato dal fascismo, è durato fino al 1989.
Questo sistema conserva anche il processo indiziario, tipico dei processi inquisitori, perché non guarda alle prove ma è ispirato dal sospetto, conserva anche una giurisdizione plurima, mentre la giurisdizione democratica moderna dovrebbe essere unica.
Nel codice giustinianeo romano, il processo penale era accusatorio, com’è previsto negli ordinamenti giuridici moderni, il giudice era neutrale tra le parti, assistite dagli avvocati; si sentivano testimoni ed il processo era pubblico, simile al processo civile; nei sistemi accusatori moderni, l’accusa è portata avanti, per conto dello Stato, dal pubblico ministero.
I sistemi accusatori moderni in alcuni paesi hanno conservato parte del processo inquisitorio, con la figura del giudice istruttore che, con la polizia giudiziaria, raccoglie le prove, proscioglie o rinvia a giudizio; in Italia questa figura è stata soppressa il 24.10.1989, sostituito dal giudice delle indagini preliminari, che non raccoglie più le prove, non investiga ed ha solo funzione di garanzia.
Il sistema accusatorio fornisce maggiori garanzie all’imputato, perché accusatore e accusato sono sullo stesso piano, l’accusatore deve provare l’accusa e l’accusato può difendersi, il contraddittorio tra le parti è basato su prove; nessuno può essere punito per il suo pensiero o in base a sospetto, questo sistema era in vigore prima del 1200 e, grazie alla rivoluzione liberale, è in vigore oggi.
Inquisire significa investigare, nel sistema inquisitorio o canonico medievale, introdotto da Innocenzo III nel 1198, giudice e accusatore erano fusi in un unico soggetto, come nelle inchieste e nei processi amministrativi. Anche Costantino e Teodosio I, che si accanirono contro ariani, eretici e pagani, avevano la loro Inquisizione, anche se aveva altro nome, la quale però seguiva ancora il rito accusatorio e non quello inquisitorio, poi adottato dalla Chiesa.
Nel processo inquisitorio il giudice decideva autoritariamente le indagini da seguire, i testimoni da sentire e le prove di cui avvalersi; questo processo era rapido perché unificava la figura del giudice a quella dell’inquisitore o investigatore o accusatore, il giudice non era imparziale.
Il sistema inquisitorio era basato sulla delazione, il sospetto, il carcere preventivo, l’interrogatorio con la tortura e il segreto processuale, era basato sulla repressione e l’intolleranza. Il giudizio era insindacabile e generalmente inappellabile e senza contraddittorio, era l’accusato che doveva dimostrare la sua innocenza e vi era disuguaglianza tra le parti.
Figure del processo inquisitorio erano il giudice inquisitore, il pubblico ministero, nominato dal giudice e senza autonomia, l’avvocato e il delatore segreto; il processo era segreto e l’imputato non conosceva il nome del delatore accusatore. Un difensore poteva assumere la difesa solo se autorizzato dal giudice, se prendeva le difese dell’eretico poteva anche essere accusato di favoreggiamento.
Dalla Chiesa la delazione era presentata come un dovere dei buoni cattolici, tutti erano invitati alla delazione e le indagini sulle delazioni si svolgevano in segreto; però si poteva iniziare un giudizio d’ufficio, cioè anche senza la delazione.
L’imputato, con la prigione preventiva, era invitato a dire la verità cioè a confessare la sua colpevolezza, a volte, dopo la prima sentenza, se l’imputato era un personaggio importante, con il consenso del vescovo e dell’inquisitore, si poteva appellare al papa; durante gli interrogatori, l’imputato era torturato ed era chiamato reo, aveva in testa il cappello dei pazzi. La tortura cessava solo con la confessione, con la quale, comunque, le streghe finivano sempre sul rogo.
Chi abiurava era condannato, per lunghi anni, a pene detentive o, se personaggi importanti come Galileo, al domicilio coatto, però subivano ugualmente l’esproprio dei beni; chi moriva sotto tortura, finiva ugualmente bruciato, non si voleva che le ossa dei condannati fossero oggetto di venerazione da parte dei viventi.
Da notare che in Inghilterra, dove la tortura nei processi per stregoneria non era ammessa, le condanne erano pari al 50% dei relativi processi; nel continente, dove era ammessa, le condanne arrivarono al 95%; ciò vuol dire che la tortura dava luogo anche a confessioni false.
I tribunali speciali, come quelli dell’Inquisizione, sono tipici delle dittature e dei regimi autoritari, l’assenza di garanzie durante il processo, come previsto nel sistema inquisitorio, è tipico delle dittature; le dittature hanno tribunali speciali con giudici specializzati per particolari cause, mentre le democrazie, teoricamente, prevedono la giurisdizione unica, cioè sono senza tribunali speciali.
Tuttavia, in pratica, la democrazia italiana, non ha solo codice Rocco, legge sulla stampa, reati d’opinione, ma, vigente la costituzione democratica, fino a poco tempo fa, ha avuto un regime accusatorio spurio, con la figura del giudice istruttore; inoltre l’Italia ha ancora tribunali speciali e non una giurisdizione unica, cioè tribunali amministrativi, magistratura delle acque e commissioni tributarie, mentre i tribunali militari sono stati ridotti di numero, perché avevano più giudici che processati. Per tutte queste ragioni e per altre, in Italia la giustizia continua a non funzionare.
La Chiesa pretese e ottenne dallo Stato anche una giurisdizione autonoma rispetto a quella dello Stato, che le consentisse di processare autonomamente i suoi preti, sottraendoli alla giurisdizione statale, anche per i reati comuni, e così li poteva assolvere anche per pedofilia; il che violava il principio democratico della giurisdizione unica e sanciva la disuguaglianza dei cittadini davanti alla legge; cioè la legge non era più uguale per tutti, esisteva una franchigia per alcuni dalla legge dello Stato, esattamente come nei regimi aristocratici e antidemocratici.
Evoluzione dell'inquisizione
La Chiesa non voleva che il popolo si scegliesse le proprie credenze, lo voleva obbediente alla fede da essa proclamata; era ostile alle novità scientifiche ed alla ragione ed era a difesa dei pregiudizi, condannò anche Galileo (1564-1642) e lo costrinse ad abiurare. Lorenzo Valla (1406-1457) aveva dimostrato la falsità della donazione di Costantino, fu accusato davanti all’inquisizione, si salvò perché era protetto; Lutero ebbe la stessa fortuna perché protetto dai principi tedeschi.
Le entrate dell’Inquisizione provenivano dalle proprietà confiscate, perciò essa operò per rendere duratura l’istituzione, versava anche grandi somme al tesoro reale spagnolo. Gli inquisitori domenicani, ebbero in affidamento l’Inquisizione, erano investigatori e accusatori, oltre che giudici, e si servivano di una polizia segreta e di delazioni.
Di fronte al tribunale dell’Inquisizione, il sospettato era considerato colpevole se non riusciva a dimostrare la sua innocenza, in contrasto con il diritto romano e germanico. Le prove erano raccolte in segreto, servendosi di delatori e torture, chi collaborava otteneva indulgenze.
L’imputato non aveva diritto al contraddittorio, a volte abiurava, il processo non era pubblico, però massima pubblicità era data alla sentenza ed alla sua esecuzione, allo scopo di ammonire e terrorizzare il popolo; generalmente le sentenze erano eseguite la domenica, giorno di festa, la scomunica di questi eretici prevedeva la confisca dei beni; finché rimanevano in vita, erano dichiarati incapaci di testare e di ricoprire cariche pubbliche; contro gli eretici albigesi si allestì anche una crociata che fece migliaia di morti.
Nel 1478 i domenicani, sotto Sisto IV, contro ebrei e mori, rilanciarono in Spagna il tribunale supremo dell’inquisizione e nel 1542 i gesuiti ripeterono l’operazione anche a Roma. A causa dell’Inquisizione, tanti ebrei furono massacrati e alcune ordinanze ne imposero la reclusione nei ghetti, i domenicani dirigevano l’Inquisizione ed erano i consiglieri di corte; con la controriforma, sarebbero stati sostituiti dai gesuiti in questo ruolo.
A causa delle lotta per il potere e per interesse, le fazioni o partiti, all’interno e al di fuori della Chiesa, accusavano i nemici d’eresia. Per far funzionare l’Inquisizione, la Chiesa si avvalse del braccio secolare, cioè dello Stato; in Italia l’inquisizione arrivò anche a Milano, Napoli, Firenze, Venezia e fondò confraternite; l’ordine francescano fu sospettato d’eresia e fu costretto a fare ritrattazioni, i valdesi o poveri di Lione furono richiamati, altri furono costretti ad abiurare; tanti italiani, per sfuggire all’inquisizione, si rifugiarono in Germania ed in Svizzera, tra loro erano i valdesi.
Comunque, nel 1582 Elisabetta I d’Inghilterra affermò che era tradimento far passare i sudditi alla religione cattolica, costituì un tribunale speciale anticattolico, una specie d’Inquisizione protestante, accusava i gesuiti di istigare alla disobbedienza, fece dei martiri tra i cattolici; nel 1585 espulse i gesuiti dal paese, del resto, si comportavano così anche i principi cattolici con i protestanti, nessun potente accettava la libertà di pensiero e la libertà di religione.
Elisabetta I fece decapitare, per tradimento, la cattolica regina di Scozia, Maria Stuart, in rapporto con il duca di Guisa di Francia, con Filippo II di Spagna e con Sisto V; Maria era sostenuta dal partito cattolico inglese che la voleva regina d’Inghilterra.
Malgrado il conflitto teologico, l’ostilità e la concorrenza, tra domenicani e gesuiti, i gesuiti passavano per innovatori, un giorno anche loro sarebbero stati superati dai giansenisti francesi; occorre ricordare che, come i francescani, anche i domenicani, che dirigevano l’inquisizione, avevano avuto i loro martiri per mano della Chiesa; il domenicano Girolamo Savonarola, voleva una riforma della Chiesa e nel 1498 fu giustiziato a Firenze, il domenicano Giordano Bruno, era un filosofo panteista, contrario al papa, e nel 1600 fu giustiziato a Roma, il domenicano napoletano Tommaso Campanella era contro Aristotele e voleva una società comunista, fu incarcerato e morì nel 1639.
I tribunali dell’inquisizione erano sottratti all’influenza dello Stato ed erano inviolabili, cioè erano tribunali speciali ed una giurisdizione separata. Il giudizio del tribunale dell’inquisizione era sottratto alla verifica dei tribunali statali, i giudici erano strumenti della Chiesa e le loro sentenze dovevano essere applicate ciecamente dallo Stato. Gli inquisitori avevano dallo Stato le guardie del corpo ed i decreti dell’inquisizione entrarono nella raccolta delle leggi secolari.
Domenicani e francescani n’approfittarono per arricchirsi, con ricatti ed estorsioni, furono perseguite persone a scopo di sfruttamento; per appropriarsi di terre altrui, i nobili ricorsero ai tribunali dell’Inquisizione; papa ed inquisitori trasformarono le pene in ammende a loro vantaggio, autorità secolari e vescovi partecipavano al bottino. Per trent’anni i vescovi di Albi lottarono contro la corona francese per il bottino ricavato dal massacro degli albigesi, per spogliare i loro eredi.
Si spiava e si denunciava, papa Gregorio IX (1227-1241) lodò le donne che denunciavano i mariti ed i figli che denunciavano i genitori; così la vita economica divenne incerta, perché soci e debitori, se erano accusati d’eresia, potevano essere espropriati a danno dei creditori, inoltre, il commercio con gli scomunicati era vietato. Per Gregorio IX gli scomunicati erano tali fino alla settima generazione, perciò non c’era sicurezza nel commercio, per la chiesa di Roma, per la prescrizione dei crimini, erano richiesti cento anni.
Forse fu a causa di questi fatti che il commercio emigrò dall’Italia e si sviluppò in Inghilterra e nei Paesi Bassi, dove l’Inquisizione era meno conosciuta; gli inquisitori fecero di tutto per assicurare la sopravvivenza del loro istituto, con l’Inquisizione ci si poteva arricchire. Per reazione, tanti inquisitori furono assassinati dal popolo, poi furono fatti santi dalla chiesa; per il bottino delle confische, si batterono francescani e domenicani; per le terre da espropriare, i signori cooperavano con gli inquisitori papali.
Gli inquisitori difendevano i loro privilegi e si appropriavano dei beni degli accusati. Una volta riconosciuto colpevole, l’eretico era invitato a ritrattare ed a pentirsi, se non lo faceva era consegnato all’autorità secolare, con la raccomandazione formale di non ucciderlo, in realtà, se n’esigeva l’esecuzione. Era la solita ambiguità della Chiesa; ritualmente e ipocritamente, la Chiesa pregava lo Stato di risparmiare l’eretico, però scomunicava l’autorità che non provvedeva all’esecuzione.
Galileo fu accusato anche di aver scritto in italiano, invece che in latino, dimostrando così di non volersi limitare ad una discussione accademica, riservata ai dotti, ma di voler trascinare nella polemica il popolo. Ecco a cosa serviva il latino e la diffidenza della Chiesa verso la traduzione della bibbia; anche Lutero, come la chiesa di Roma, era contrario alla teoria copernicana, condivisa da Galileo.
L’Inquisizione aggiunse alla paura dell’inferno, quella delle suoi roghi, chi voleva salvarsi doveva fingersi pentito (Galileo) e rinunciare a manifestare le proprie convinzioni; i tribunali dell’Inquisizione davano lavoro migliaia di persone, tra cui delatori, boia, taglialegna, tutti avevano diritto ad una percentuale dei beni dei condannati, assieme a monaci, vescovi e principi.
Nel 1564 l’Inquisizione condannò Andrea Vasali, fondatore della moderna anatomia, perché, sezionando un cadavere, aveva scoperto che all’uomo non mancava la costola da cui era nata Eva. Comunque, fortunatamente, durante il rinascimento, nell’università di Padova, dipendente dal governo veneziano e sottratta all’Inquisizione romana, si sviluppava la ricerca libera, in nome della ragione si negavano i miracoli e l’immortalità dell’anima.
Le pene dell’Inquisizione erano tortura e rogo; al braccio secolare competeva la punizione, accanto al banco di tortura pendeva la croce. A chi portava legna per il rogo era concessa un’indulgenza plenaria, l’esecuzione avveniva in giorni di festa ed il condannato aveva sul capo il berretto dei pazzi.
La Chiesa fece papi diversi inquisitori e nel 1867 santificò Pietro Arbues, crudele inquisitore di Spagna; evitava discussioni con gli avversari, preferendo il ricorso all’Inquisizione, chiedeva obbedienza cieca. La congregazione dell’Inquisizione si trasformò in una polizia segreta al servizio delle lotte di potere all’interno della Chiesa. L’inquisizione operò prima contro eretici, ebrei e streghe, dal 1542 anche contro i protestanti.
L'inquisizione spagnola
Nel 1478 i domenicani, sotto Sisto IV, contro ebrei e mori, introdussero in Spagna il tribunale supremo dell’inquisizione. Nel 1482 in Spagna l’inquisitore Torquemada mandò al rogo più di 10.000 eretici e le corti di giustizia divennero da tribunali itineranti a fissi.
Nel 1492 un decreto impose per gli ebrei spagnoli l’esilio o la conversione, quell’anno coincideva con la scoperta dell’America; era stato conquistato il regno mussulmano di Granata e la Spagna era stata unificata. Nel 1502 si fece un decreto analogo contro i mussulmani.
Con l’espulsione, c’era la pena accessoria della confisca dei beni. Re Ferdinando e Isabella fecero entrare l’Inquisizione in Spagna, mori ed ebrei conversos furono uccisi o espulsi, perciò alcuni ebrei emigrarono dalla Spagna in Nordafrica, in Olanda, in Italia ed in Turchia.
Gli ebrei di Spagna erano accusati di essere usurai, di assassinare i bambini, di profanare le ostie come le streghe, di avvelenare i pozzi e di essere alleati all’Anticristo che doveva venire. Gli spagnoli lottavano contro gli individui che avevano nelle vene “mala sangre”, cioè sangue ebreo, moro o eretico; dopo la riforma di Lutero, chi proveniva da paesi protestanti, correvano il rischio di essere portato davanti ai tribunali dell’Inquisizione.
Questi tribunali dell’Inquisizione alimentavano il clima di sospetto; l’Inquisizione spagnola durò fino al 1700 e non si occupò di streghe ma dava la caccia ad oppositori del regime, eretici, mussulmani, ebrei ed apostati. Come nel XV secolo l’inquisizione cattolica, diretta dai gesuiti, si era accanita contro i protestanti, nel 1750 l’Inquisizione spagnola represse anche la massoneria moderna, perché deista, anticlericale, antipapista e allora vicina alle nuove idee rivoluzionarie.
In Spagna l’Inquisizione, diretta fino al XV secolo dai domenicani, faceva politica e partecipava alle faide, perciò si scontrò con i gesuiti e ne imprigionò alcuni; i sovrani spagnoli partecipavano alla repressione religiosa contro gli eretici e fin dal 1478 si servirono dell’Inquisizione per eliminare arabi ed ebrei, che potevano contrastare la loro campagna di riconquista spagnola.
I tribunali dell’inquisizione erano diretti da rappresentanti del papa ed i loro membri erano scelti tra francescani e domenicani. I papi alimentarono l’antisemitismo; Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX (secolo XIII) avevano tutti un programma antisemita, nel 1288 anche Nicolò IV, il primo papa francescano, esortò i sovrani a procedere contro gli ebrei.
La censura
Nel 1543 il papa ordinò che, senza il permesso degli inquisitori, non fosse stampato nessun libro, poi nel 1559, con Paolo IV, si arrivò all’indice dei libri proibiti, a Roma e altrove si fecero roghi dei libri sequestrati, furono condannati autori ed editori di libri; però la censura era esistita anche prima, anche se non regolamentata.
L’Inquisizione fece sentire la sua presenza anche nella repressione della libertà di stampa. I concili si occuparono anche di censura, che fu affidata ai monaci e poi ai gesuiti, in questa materia il re era ufficiale di polizia della Chiesa. Il Frate servita e storico Paolo Sarpi si ribellò per i libri bruciati dall’Inquisizione, perché diceva che così la religione faceva gli uomini insensati.
L’Inquisizione censurava libri, mettendo all’indice quelli proibiti e ne faceva dei falò; incoraggiava la delazione, non ricercava i fatti ma il grado di colpevolezza dell’accusato, l’onera della prova di innocenza era a suo carico, la Chiesa non accettava la libertà di pensiero.
Per i libri da pubblicare era richiesto l’imprimatur ecclesiastico, quelli vietati erano messi all’indice, l’Inquisizione fece bruciare migliaia di libri del talmud ebraico. Gli autori romani delle pasquinate antipapali, che operarono dal XVI al XIX secolo, se scoperti, erano messi a morte.
L'inquisizione islamica
Nel nono secolo anche nell’Islam esisteva l’Inquisizione contro gli eretici, chiamata Minha, nel mondo islamico i monaci sufi furono mistici perseguitati dall’Inquisizione, torturati e messi a morte; alcuni di loro erano comunisti, come i primi cristiani. I mistici sono esistiti in India, in Israele, nel cristianesimo e nell’Islam; nel cristianesimo alcuni di loro furono perseguitati dalla Chiesa, all’inizio anche i francescani, soprattutto gli spirituali o fraticelli minori, furono visti con sospetto, perché la seguivano la regola della povertà.
Anche in Israele esistette una forma di Inquisizione con le sue pene simili a quelle islamiche, per esempio, nei casi di apostasia e adulterio. Dopo la cattività babilonese (586-538 a.c.) gli ebrei tornarono in Palestina e, diretti Esdra e Neemia, fecero una riforma religiosa, combattendo la degenerazione della loro religione e l’idolatria; questi, emisero sentenze di morte e, poiché temevano che i matrimoni misti minassero la bontà della loro fede, costrinsero i giudei a ripudiare le mogli straniere.
Nel nono secolo il califfo abasside Al-Mamun lanciò un’Inquisizione contro il pensiero libero, voleva che si accettasse il corano così com’era. l’Islam conserva ancora alcune pene corporali tipiche della caccia alle streghe e dell’Inquisizione cristiana; il corano, come la bibbia e la dottrina della Chiesa, contiene ancora principi giuridici barbarici.
La dottrina ufficiale islamica sostiene il dogma che il corano è increato ed eterno ed il suo originale è in cielo. Nell’Islam furono considerati eretici i dualisti persiani, quelli che credevano alla metempsicosi, i liberi pensatori, gli atei ed i materialisti. Tra gli eretici, c’erano quelli che non credevano alla religione rivelata e seguivano un ascetismo d’influenza buddista. Altri negavano la resurrezione, il profeta e la sua teologia; per perseguire gli eretici, furono nominati speciali giudici e tribunali speciali, questi eretici furono decapitati o crocefissi.
Alcuni eretici irridevano al pellegrinaggio, altri negavano il giudizio universale, alcuni difesero il diavolo, alcuni non pregavano in maniera ortodossa; per gli eretici liberi pensatori, la conoscenza si doveva raggiungere con la riflessione e la ricerca e non con la rivelazione.
Come sotto il cattolicesimo, gli eretici islamici subivano la tortura e il supplizio del fuoco, però alcuni intellettuali eretici furono protetti dal potere sia nell’Islam che nel mondo cristiano; spesso a corte si poteva essere atei e increduli liberamente, purché non comunicassero al popolo le proprie idee, era così anche alla corte italiana dell’imperatore Federico II. Del resto, a Galileo fu proprio rimproverato di aver scritto in volgare per instillare le sue idee al popolo ignorante, il quale invece doveva credere, obbedire e combattere. Nell’Islam e nel cristianesimo eresie gravi erano l’apostasia e l’ateismo, meritevoli del rogo.
La caccia alle streghe
L’Inquisizione, soprattutto in alta Europa, si accanì anche contro streghe, accusate di aver fatto un patto con il diavolo, contro i maghi e astrologi. Le streghe erano spesso levatrici ed erboriste, curavano e praticavano aborti, furono perseguitate fino al 1670; nel 1258 Alessandro IV e nel 1320 Giovanni XXII perseguitarono maghi ed erboristi, nel 1326 Giovanni XXII ordinò all’Inquisizione di agire contro le streghe, nel 1451 Nicolò V condannò gli indovini e quelli che leggevano la mano. Per estensione, furono accusati di stregoneria eretici, ebrei, valdesi, catari e templari.
Nel 1484 Innocenzo VIII iniziò lo sterminio delle streghe, furono accusate di stregoneria anche le levatrici, le streghe erano anche sospettate di profanare l’ostia consacrata. Nelle chiese fu collocata una cassetta per le denunce anonime, la presunta strega era invitata a confessare ed abiurare il demonio, se non lo faceva era torturata, quando confessava era bruciata.
Si cercava sul corpo delle streghe un’imperfezione, quale segno lasciato dal diavolo, le streghe erano gettate nelle acque e se annegavano erano considerate innocenti, se galleggiavano erano considerate colpevoli. Gli eretici che confessavano spesso si salvavano, invece le streghe finivano lo stesso sul rogo.
Le imputate erano denudate e fustigate, strumenti di tortura erano il cavalletto, degli strumenti per slegare le ossa, le tenaglie, il fuoco sotto i piedi; il supplizio durava a discrezione dell’inquisitore; spesso, per il dolore, si confessava la propria colpevolezza anche se si era innocenti.
Il sabba popolare, perseguito dagli inquisitori, era un festino o pasto in comune un po’ spinto, in ricordo d’antiche orge pagane; i partecipanti erano mascherati e gli uomini per entrare pagavano, mentre le belle ragazze entravano gratis, come nelle attuali discoteche. La cerimonia era diretta dal principe nero, un uomo che distribuiva ostie nere, un altro giovanotto rappresentava il diavolo; probabilmente anche la festa di Halloween ha queste origini.
Dal 1400 al 1600 nei paesi protestanti la chiesa cattolica e quella protestante furono le istigatrici delle persecuzioni alle streghe da parte dei tribunali dell’Inquisizione.
Nel 1487 il “malleus maleficarum”, opera di domenicani tedeschi, era il programma di repressione dell’Inquisizione contro le streghe, voluto da Innocenzo VIII. L’opera era divisa in tre parti, la prima dimostrava l’esistenza della stregoneria e della magia, la seconda descriveva le varie forme di stregoneria, la terza forniva istruzioni su come interrogare, processare e punire le streghe; per il malleus, le donne erano più inclini degli uomini alla stregoneria, per quei domenicani, tutto aveva cominciato ad andare storto con Eva. Le streghe erano torturate e potevano essere giustiziate solo se confessavano.
Innocenzo VIII (1484-1492) condannò la stregoneria e accusò di stregoneria quelli che non credevano alle streghe, diffidava delle donne e quindi delle streghe; si accusavano le levatrici di stregoneria, queste donne aiutavano anche l’aborto, mentre la Chiesa era contro il controllo delle nascite.
Nel 1600 c’erano dei personaggi che giravano per i villaggi dicendo d’essere capaci di riconoscere le streghe a colpo d’occhio e si facevano pagare per ogni strega che facevano condannare. Per la caccia alle streghe si arrivò a distruggere dei villaggi, le streghe furono accusate d’essere responsabili della carestia, le guaritrici erano sospettate di stregoneria.
Nel 1500 in Friuli alcuni contadini, detti benandanti, erano accusati di stregoneria, curavano le persone cadendo in trance e praticavano la magia, comunicavano con i morti. Si credeva che erano benandanti tutti i bambini che erano nati con la camicia, cioè coperti dalla placenta; furono accusati da avere fatto un patto con il diavolo, erano gli ultimi relitti del culto sciamanico pre-cristiano e dalla tradizione cristiana furono fatti passare per esseri cattivi.
Nella ricerca delle prove di colpevolezza, dall’Inquisizione fu adottata contro la stregoneria l’ordalia germanica o giudizio divino, con la prova del fuoco, del ferro rovente, dell’acqua bollente, dell’olio bollente, dell’acqua fredda (chi annegava nell’acqua era considerato innocente); però nell’ordalia germanica, diversamente che nell’inquisizione cattolica, il giudice era neutrale ed al disopra delle parti. In Italia, gli ultimi processi per stregoneria si tennero a Venezia, a metà del settecento.
Interventi dei papi nello sviluppo dell'inquisizione
Nel IV secolo Costantino fece un concordato con la chiesa cattolica e la fece religione privilegiata, il successore Teodosio I la fece unica religione di stato, cioè volle lo stato confessionale e introdusse il monopolio religioso per legge; per Costantino la religione era una questione politica, egli voleva l’unità contro le divisioni dei pagani, perciò, tramite tribunali speciali, si sforzò di eliminare le eresie; quindi la prima forma di Inquisizione risaliva a lui, egli diresse anche i primi concili dei vescovi, comunque, allora Costantino seguiva il sistema accusatorio romano invece che quello inquisitorio cattolico, nato nel 1200.
La santa inquisizione è chiamata santa come i libri sacri, non perché ispirati da Dio, ma perché custodi e depositari ne era i sacerdoti, separati dal popoli e visti come santi nei loro templi o chiese; il popolo era ignorante e analfabeta e la sua mancanza di consapevolezza ne favoriva la gestione politica.
Lucio III (1181-1185) fu l’iniziatore dell’Inquisizione, nel 1185 l’imperatore Federico I Barbarossa, per favorire una possibile l’alleanza tra trono e altare, previde la pena di morte per l’eresia; Innocenzo III (1198-1216) compì un altro passo per rendere operativa l’Inquisizione; i tribunali dell’Inquisizione furono inaugurati ufficialmente dal concilio di Tolosa del 1229, sotto Gregorio IX (1127-1241), il quale affermava che anche Dio era stato inquisitore, perché aveva cacciato Adamo ed Eva dal paradiso.
Gregorio IX, con un editto, stabilì che i beni degli eretici andavano divisi tra delatori e autorità, le dimore degli eretici erano distrutte, come le case e le città dei nemici di guerra; chi nascondeva gli eretici riceveva pene pecuniarie e corporali e perdeva i diritti civili.
Nella caccia agli eretici, il papa obbligò il senato romano a prestargli il braccio secolare, questo era esecutore dei giudizi dei tribunali ecclesiastici, a questa procedura poi si conformarono i potestà dei comuni ed i principi nell’impero. Alcuni combattevano gli eretici per salvarsi l’anima, altri per interessi patrimoniali, ci furono tante delazioni; l’imperatore Federico II (1194- 1250) emanò leggi contro gli eretici e introdusse l’Inquisizione anche in Germania.
Nel 1231 papa Gregorio IX nominò inquisitori a Roma, a Firenze e in Linguadoca; fondò un’Inquisizione papale accanto a quella dei vescovi, affidandola ai domenicani, che esercitarono la loro opera omicida in tutta Europa, particolarmente in Spagna, Italia e Francia meridionale; nel 1234 Gregorio IX canonizzo Domenico di Guzman (1170-1221), che combatté gli albigesi e fondò i domenicani, chiamati dal popolo i cani del Signore.
Gregorio IX affidò i processi a domenicani e francescani, i conventi francescani furono dotati di prigione, i primi ergastoli, speciali celle, nacquero lì; l’Inquisizione diventò anche corpo di polizia e di repressione; Innocenzo IV (1243-1254) approvò il ricorso alla tortura.
I territori della cristianità furono diviso in distretti, ad ogni distretto fu assegnato un inquisitore, i predicatori promettevano indulgenze a chi abiurava e a chi avesse fatto il delatore. Gregorio IX, Urbano IV, Bonifacio VIII e Clemente V (secoli XIII – XIV) introdussero il processo sommario inquisitorio senza avvocati.
Filippo IV il Bello re di Francia (1268-1314), attirato dai loro tesori, chiese al papa di sciogliere l’ordine dei Templari, facendoli condannare dall’Inquisizione come eretici. Tuttavia le speranze del Filippo il Bello furono in parte deluse, perché il papa trasferì i beni immobili dei templari, non posseduti in Francia, ai cavalieri ospitalieri di San Giovanni ed ai domenicani, mentre i templari sopravvissuti trasferirono altri beni mobili in Portogallo e in Scozia. Il gran maestro dei templari Giacomo di Molay fu condannato al rogo dall’Inquisizione, assieme ad altri templari, altri templari fuggirono o aderirono ad altri ordini.
Nel XIV secolo l’Inquisizione dava la caccia ad un’organizzazione segreta anarchica “I Fratelli del Libero Spirito” che, mischiando religione a politica, si diceva volesse abbattere lo stato (“la storia dei Templari” di Malcolm Barber – Piemme Editore).
Giovanni XXII (1316-1334), con l’Inquisizione, perseguitò i francescani spirituali o fraticelli minori, che volevano tornare all’umiltà dell’origine del cristianesimo, e nel 1318 ne fece bruciare diversi a Marsiglia; Innocenzo VI (1352-1362) approvò questi i processi agli spirituali. Nel 1400 nella Francia del nord, a perseguire le streghe, furono i tribunali laici dello stato, istigati dalla Chiesa, perché non vi operava più l’Inquisizione.
Paolo III (1534-49) utilizzò l’Inquisizione contro i protestanti, utilizzando la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola, che nel 1542 rilanciò l’Inquisizione, sottraendone la direzione ai domenicani, i quali però rimasero forti in Spagna ed erano ostili ai gesuiti. Nel 1542 Paolo III fondò un’Inquisizione romana, ispirata a quella spagnola, imponendo la censura e vietando la stampa e la diffusione di libri pericolosi; nel 1545 inaugurò il concilio controriformatore di Trento (1545- 1565).
Paolo IV (1555-1559) ampliò i poteri dell’Inquisizione autorizzandola alla tortura, potenziò l’Inquisizione romana e creò l’indice dei libri proibiti; fece trionfare lo spirito dell’Inquisizione, che dipendeva dal papa e arrivò fino in America latina; nel 1639 in Brasile l’Inquisizione condannò al rogo 81 ebrei, nel 1654 gli ebrei furono espulsi da questo paese.
Pio V (1566-1572) diede impulso all’Inquisizione. I medici erano spinti a costringere l’ammalato in fin di vita a confessarsi; nel 1566 Pio V impose ai medici di non curare chi non si fosse, in tale frangente, confessato; gli studenti di medicina, per addottorarsi, dovevano giurare di rispettare questa norma, in Italia meridionale questa pratica durò fino al 1852. Con Pio V l’Inquisizione toccò il culmine, questo papa festeggiò anche la strage degli ugonotti francesi; sotto Sisto V (1585-1590) il sacerdote rifiutava di assolvere chi confessava i suoi peccati senza denunciare i complici..
Oggi per la Chiesa, che si pone come realtà assoluta e totalitaria, il nemico è il relativismo, Ratzinger afferma che la salvezza si può avere solo con il cattolicesimo; sono tanti i papi conservatori che vengono dall’Inquisizione, l'ultimo è Ratzinger.
L’Inquisizione, nata nel XIII secolo, fu rinominata nel XIX secolo Sant’Uffizio e poi, nel 1965, Propaganda Fide; la rivoluzione francese la spazzò via però, con la restaurazione, Pio IX (1846-1878) la ripristinò, richiudendo gli ebrei romani, emancipati nel resto d’Europa, nei ghetti. Quando all’Inquisizione successe il Sant’Uffizio, questo nel 1866 ammetteva ancora la schiavitù.
Un ringraziamento a Nunzio Miccoli