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La maggior astuzia del Diavolo, Topic molto interessante sul Diavolo

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view post Posted on 5/3/2012, 17:23     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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La maggior astuzia del Diavolo è convincerci che non esiste.

CHARLES BAUDELAIRE



Se le pagine che andiamo a leggere possiedono una loro originalità, questa è l’assoluta dedizione al loro protagonista. Ora, l’estesa bibliografia satanica – che non ha cessato di aumentare, soprattutto negli ultimi decenni del Novecento – sembrerebbe contraddire la precedente affermazione. Eppure basta con-sultarla velocemente per rendersi conto della monotonia di analisi e descrizioni: Satana è il pretesto per narrare i prodigi e le disavventure dei suoi servitori e delle sue vittime. Fra streghe, maghi, taumaturghi e posseduti, la figura del Diavolo appare in secondo piano e da quella modesta posizione, opaca se non contraddittoria, ordisce trame fra gli uomini.

Un altro difetto, facile da rilevare nella maggior parte degli esploratori dell’Inferno, è dato dai limiti temporali e spaziali. Dalla tentazione di Gesù o dei santi nel deserto fino alle sette contemporanee, attraverso il lungo periodo dell’Inquisizione e dello splendore dei maghi europei, sembra quasi che il Diavolo sia un’invenzione del Cristianesimo e che il suo Regno non sia tutto il mondo, bensì solo una parte dell’Occidente e della sua cultura. Ciò che si vuole suggerire in questa sede è invece la molteplice persistenza del Diavolo nel percorso della specie umana, la sua fedeltà all’uomo in ogni luogo e in ogni tempo, sin dal momento in cui il linguaggio schiuse al primo Uomo le porte della sacralità. Anche quando, in momenti particolari, la sua immagine si è rarefatta o offuscata, è possibile notare la sua persistenza fra gli uomini: storici e studiosi hanno identificato, proprio nella discontinuità del suo protagonismo, l’attacco ricorrente che il Tentatore sferra alla Ragione a partire dal pensiero mitico, anche se potrebbe trattarsi di una vera e propria strategia.

Nella Modernità – vale a dire nella seconda metà del secolo XX – la presenza crescente del Diavolo nella vita quotidiana di solito si rivela in modo folkloristico, attraverso le sette dei satanisti e dei luciferini, motivo di scherno e di scandalo per la cronaca più o meno nera. Tuttavia gli ultimi Pontefici – soprattutto Giovanni Paolo II – hanno energicamente riesumato il tema dell’esistenza del Diavolo, fino al punto di riproporlo ai fedeli come elemento centrale del pensiero cristiano e come pietra miliare ai giovani teologi. Malgrado ciò, «anche fra coloro che si dicono, si credono e vogliono essere fedeli alla dottrina della Chiesa», scrive Henri-Irénée Marrou, «abbondano quelli che, senza alcuna esitazione, ammettono di non credere nell’esistenza di Satana».

Per chi crede le prove non esistono, e queste pagine non pretendono di inventarne. Personalmente mi sembra irrilevante la polemica che si è riaccesa fra i cristiani. Se ne parlo in questi paragrafi introduttivi è per affrancare ciò che seguirà da qualsiasi vincolo dogmatico o superstizioso. Lontano dai rituali delle sette sataniche come dalle categoriche affermazioni di Papa Wojtyla, questo libro reclama per sé uno spazio autonomo ma non precario: vuole testimoniare l’impronta del Diavolo nel faticoso apprendistato della specie umana, nella lunga «disputa» fra caos e ordine, nel matrimonio fra Cielo e Terra, nel complesso e tante volte fallito accordo fra la conoscenza e l’amore. Intende sottolineare come il Diavolo, abitando il cuore e la memoria umani, strumenti fondamentali della letteratura, abbia contribuito ad essa.

Il prolifico e oggi un po’ dimenticato Giovanni Papini affermava, in vecchiaia, la necessità di una disciplina che prendesse sul serio lo studio della natura del Diavolo. Proponeva di denominarla diabologia (in opposizione a teologia e per differenziarla dalla consueta demonologia). La diabologia, quindi, pretenderebbe di «indagare in che cosa consistono l’anima e la colpa di Satana, quali furono le cause della sua caduta, quali le relazioni con il Creatore e con l’uomo, le incarnazioni e le opere, insomma tutto ciò che possa essere compreso della sua attuale potenza e della sua futura fortuna». Diversamente dall’applicazione della demonologia, la diabologia, «nel pauroso dramma che è la vita dell’uomo, si propone di conoscere a fondo uno degli autori del dramma e non già le gesta delle sue subalterne comparse». Da ciò che si è detto finora si comprenderà che questa mia biografia del Diavolo va intesa come apporto alla non ancor nata disciplina preconizzata dallo scrittore italiano.

Per sant’Agostino e per buona parte della Patristica non c’è alcun dubbio sul fatto che la Terra sia il Regno di Satana e che noi uomini siamo suoi sudditi. Fra i teologi moderni, Mathias Joseph Scheeben afferma enfaticamente che «l’umanità gli appartiene, gli è sottomessa e rappresenta il suo Regno sulla Terra». Dal punto di vista di una metafisica laica, Otto Weininger (Intorno alle Cose supreme) afferma:

Il Demonio ha tutta la sua potenza solamente in prestito: egli lo sa e perciò riconosce in Dio il suo fornitore di capitali e perciò si vendica di Dio. Ogni male è distruzione del creditore: il delinquente vuole uccidere Dio.

Un passo più avanti, la linea che potrebbe definirsi psicologista identifica la coppia Dio-Diavolo con la lotta fra Bene e Male nella coscienza dell’uomo. In questo senso il giovane Paul Valéry scrive al suo amico Pierre Louÿs in una lettera del 1896:

Io credo che Dio esista e così anche il Diavolo, ma in noi. Il culto che dobbiamo a queste divinità latenti non è altro che il rispetto che dobbiamo a noi stessi: io credo che dobbiamo ricercare il meglio per il nostro spirito, cioè le sue attitudini naturali.

Percorrendo questa strada, durante l’apogeo della filosofia esistenzialista (per esempio in A porte chiuse di Jean-Paul Sartre) si giunge a identificare il personaggio con il suo potere e a identificare questo nel suo operato: «L’Inferno sono gli altri», dice il protagonista sartriano, ovvero il prossimo, il mondo. In questa breve rassegna di congetture bisognerebbe infine citare coloro che sostengono l’inesistenza del Diavolo. Fa dire Maksim Gor’kij al vecchio Stefan Ili´c, in uno dei suoi racconti:

Il Diavolo non esiste. È un’invenzione della nostra ragione maligna. Lo hanno inventato gli uomini per giustificare la loro turpitudine. Credetemi, poiché siamo degli imbroglioni, avevamo bisogno di inventarci qualcosa di peggiore di noi, il Diavolo appunto.

In generale, come risulta evidente, il Diavolo ha suscitato e suscita reazioni assai disparate: taluni lo odiano, lo maledicono e lo insultano, altri lo imitano, lo lodano e lo adorano, altri ancora lo temono e, per timore, preferiscono non prendere nessuna posizione e infine c’è chi lo ignora e si rifiuta di prendere in considerazione la benché minima eventualità della sua esistenza. La biografia che andiamo a leggere non riconosce nessuno di questi atteggiamenti estremi: sembra che il modo più imparziale di avvicinarsi a questa creatura o chimera tanto controversa sia seguire le tracce del suo operato o delle ombre che furono scambiate per essa. La tradizione orale, la Storia, il mito, la letteratura abbondano di tracce del suo passaggio e il proposito di queste pagine è appunto seguirle.

Dei molti nomi che si attribuiscono al Maligno, due sono indubbiamente internazionali: Diavolo (dal greco diábolos, col significato di ‘accusatore’, ‘calunniatore’) e Satana (di derivazione ebraica, che corrisponde a ‘nemico’, ‘avversario’). Per intitolare questa biografia si è preferito il primo perché è senza dubbio quello più profondamente radicato nel linguaggio. L’origine di Demonio, che è il secondo nome più diffuso, allude alla pluralità (i dáimones, gli eterei accompagnatori dei Greci) ed è in questa accezione che normalmente lo si impiega anche in questo libro, quando si allude a manifestazioni plurali (legioni, corte infernale, geni, ecc.).

Per concludere, una parola sulla struttura della Breve storia del Diavolo. Ciascuna delle tre parti del libro sarà dedicata, in successione, alla natura del protagonista, alla sua persistente presenza storica e alla sua molteplicità di forme. Nella prima parte, sostanzialmente, si cerca di stabilire chi sia il Diavolo, l’aspetto fisico, le abitudini e i costumi che gli sono stati attribuiti, i mezzi di cui si serve per comunicare con gli uomini e via dicendo. Nella seconda si ricostruisce il suo passaggio attraverso la Storia, dalle civiltà più remote fino ad oggi. Infine, la terza parte è l’esempio migliore dell’ambiguità del suo aspetto e della sua condotta: una specie di dizionario che include più di un centinaio di forme e di incarnazioni diaboliche in ogni luogo e in ogni epoca.

Chi è il Diavolo



Quando non parliamo di Dio o nel nome di Dio è perché il Diavolo ci parla e ci ascolta in un silenzio formidabile.

LÉON BLOY



Il Diavolo disse: non era abbastanza intelligente perché dovessi preoccuparmi di lui. Si trattava di un povero di spirito, un idiota, ecco chi mi ha sconfitto. È difficilissimo sedurre un imbecille: non capisce le mie tentazioni.

PAUL VALÉRY



Secondo l’opinione generale – che non si modifica fino al Basso Medioevo – Lucifero era il più bello, il più saggio, il più potente degli angeli: non doveva a nessuno, se non a Dio, sottomissione e rispetto. Fu proprio questa superiorità – ammessa dallo stesso san Tommaso d’Aquino e da Dante – la causa evidente della sua rovina. «Se si considera la ragione del peccato», dice l’aquinate, «si troveranno più motivi fra quelli superiori che non fra quelli inferiori». Questa «somma d’ogni creatura», e cioè Lucifero, per usare le parole di Dante, doveva avere per forza il dono del libero arbitrio che Dio aveva fatto al resto degli angeli e agli uomini. Qualunque sia stato il motivo della ribellione, questa dovette seguire obbligatoriamente questo percorso: la coscienza della propria superiorità gli fa apparire possibile l’eventualità di una modifica delle decisioni divine, il libero arbitrio che lui stesso gli ha donato impedisce a Dio di intervenire per dissuaderlo.

Il Diavolo è il dolore di Dio. Questi amò Satana fino al punto di farne la più bella e luminosa delle sue creature, eppure, avendolo dotato del libero arbitrio, non poté impedirne la caduta: Dio cominciò a soffrire per il suo angelo dall’istante successivo a quello in cui l’aveva condannato. Estraniato dal rapporto di amore puro che aveva presieduto la sua creazione e la sua vita nella gloria, il Diavolo fu condannato al più atroce dei castighi: l’incapacità di amare.

Tuttavia Dio, che non poté non condannare Lucifero, non può né potrà mai odiarlo: condannato a sua volta ad amare in eterno senza essere corrisposto, in eterno attende l’epifania del suo amore, il momento in cui la creatura deporrà le armi e ritornerà fra le braccia del Padre per ristabilire l’armonia dell’universo. Per alcuni dei flessibili teologi contemporanei in questo mistero risiede la ragione necessaria e sufficiente della creazione dell’uomo: legati a una sconfitta perpetua, a causa del loro potere e della loro natura, Dio e il Diavolo avevano bisogno di un’altra volontà (di un altro libero arbitrio) per dirimere la loro contesa. Ma l’uomo, creato per redimere il Diavolo, fallì ugualmente la sua missione. Per pigrizia, per comodità, per astuzia, il redentore divenne complice e il complice finì con l’essere uno schiavo (come spesso accade nei patteggiamenti, apparentemente equi, stipulati con i potenti). Dunque il Diavolo, senza l’aiuto di nessuno, ordisce trappole e incantesimi, si specializza con instancabile dedizione in un lavoro che disprezza: rumina, sconsolato e impotente, la nostalgia del Cielo.


L’aspetto fisico



Jeanne d’Abadie – l’ingenua sognatrice la cui leggenda sarà narrata più avanti – insisteva, nelle dichiarazioni che la salvarono dal rogo, su una caratteristica fisica del Diavolo che da molti osservatori diretti non è stata segnalata. Secondo lei il Tentatore è bifronte, come Giano: una delle sue facce è accigliata, austera, malinconica, l’altra ride o sorride continuamente. Per chi si sia soffermato a riflettere sull’essenziale ambiguità del nostro personaggio questo dettaglio è rivelatore. In tutte le sue transazioni il Diavolo usa la lusinga o l’ultimatum, la seduzione o l’orrore. La sua infinta stanchezza può averlo condotto a servirsi di questi stereotipi, nei quali la limitata immaginazione umana vede ciò che desidera vedere: i tratti gioiosi dell’amore o l’oscuro volto della minaccia.

Soprattutto fra i secoli XV e XVII un buon numero di streghe aiutò a creare ciò che si potrebbe definire il «ritratto meccanico» del Diavolo. Non annoieremo il lettore con l’interminabile serie di cronache che di norma gli dedicano i demonologi, estratte da indigesti trattati dell’epoca o dagli archivi dell’Inquisizione. Piuttosto vogliamo richiamare la sua attenzione su un’infallibile monotonia di particolari: streghe (o coloro accusate di esserlo) di epoche e regioni diverse concordano almeno su una dozzina di dettagli quando cercano di descrivere il Tentatore: i loro diavoli – benché la maggioranza di esse fosse analfabeta e non avesse potuto neppure attingere alla tradizione orale – stranamente si assomigliano.

María Azpileta, una bella strega basca di diciannove anni, incarcerata e uccisa a Hendaya alla fine del secolo XVI, ci informa che il Diavolo ha due facce: la seconda si trova nel sedere ed è proprio questa che viene baciata in segno di sottomissione dai partecipanti del sabba. Vent’anni prima Jeanne d’Harvilliers, già molto anziana, arrestata e costretta a confessare, aveva stabilito altre meraviglie relative all’aspetto fisico del Diavolo. Secondo Jeanne – che affermò di conoscerlo da quando aveva dodici anni, da quando cioè le fu presentato da sua madre – il Diavolo ha un portamento arrogante, maniere dolci e posate e gli piace vestire da signore. Bruno, di aspetto agile, il suo carattere taciturno non si altera neppure durante le sfrenatezze del sabba. Il demonio di Jeanne era così rispettoso delle forme che durante i cinquant’anni di rapporti sessuali che mantenne con lei, confessò l’anziana, si comportò come segue:

Quando desiderava giacere con me si presentava a casa mia a cavallo e con la spada alla cintura. La prova infallibile che era chi era è che in tutto questo tempo mio marito non si rese mai conto della sua presenza e nessun vicino vide il suo cavallo legato alla mia porta, come io lo vedevo.

María Lescoriera, invece, strega pentita che negli ultimi quarant’anni della sua vita abbandonò ogni pratica infernale, ci ha lasciato una descrizione dettagliata del Diavolo nella sua nota forma di caprone, aspetto che assumeva solo durante le feste notturne del sabba. Quando era convocato di giorno per stipulare patti e decidere servigi, assumeva la forma di un malinconico cane nero, mentre di notte preferiva presentarsi in forma di gatto dal pelo arruffato. «Poche volte», ammette la Lescoriera, «l’ho visto in forma di uomo e sempre sembrava che gli mancasse qualche cosa».

Quando il Diavolo appare ad Adrian Leverkühn, nel Doktor Faustus di Thomas Mann, notiamo la stessa carenza di unicità formale. Di fronte al rimprovero del musicista che gli fa notare il volto devastato con cui si presenta, il Diavolo domanda:

Come, come? Che aspetto ho? È stata una buona idea domandarmi se so che aspetto ho, perché in realtà non lo so. Puoi star certo che non presto la minima attenzione al mio aspetto. Lascio, per dirla così, che si arrangi da sé. Il mio aspetto è puramente casuale: di volta in volta si adegua alle circostanze, senza che debba preoccuparmene.

Il sesso del Diavolo



Sono almeno due gli aspetti che bisogna considerare nell’approccio al problema: da un lato la natura di ciò che potremmo definire la genitalità del Diavolo, dall’altro – e questo ci porta alla sua psicologia e ai suoi comportamenti – le caratteristiche della sua sessualità. Un terzo aspetto (i suoi rapporti erotici con il maschio e la femmina umani, vale a dire le sue manifestazioni in veste di succubo e di incubo) sarà il tema specifico del prossimo capitolo.

Immaginare il Diavolo ermafrodita – com’è di fatto, visto che può manifestarsi sia sotto forma maschile sia sotto forma femminile – significa celebrare l’antica nostalgia dell’androgino, quella figura mitologica e autosufficiente che risale ai riti primitivi dell’umanità. Quasi tutte le religioni – e quella cristiana non fa eccezione – alludono, con maggiore o minore precisione, a un tempo eroico in cui l’autocopulazione era possibile: essere fecondato da se stesso è, comprensibilmente, l’utopia più ambiziosa dell’uomo: niente lo avvicinerebbe di più all’immobilità circolare del suo Creatore. Che il Diavolo, più in alto dell’uomo nella scala degli angeli, ma sconfitto in eterno davanti a Dio, abbia cercato di ottenere quest’attributo sembra essere un ovvio corollario della sua natura, e che lo abbia ottenuto è il segno della sua eccezionalità. Gli dèi doppi del pantheon hindu, o il Giano bifronte latino, evocano lo stesso tema che ricorre in tutte le culture. La leggenda, narrata da Plinio, delle androgine che avrebbero abitato la terra al Sud del Sahara, o la legislazione romana – che secondo Tito Livio condannava a morte peraffogamento i bambini sospettati di ermafroditismo – alludono alla stessa aspettativa e al medesimo terrore.

Sotto il pontificato dell’implacabile Innocenzo III (1198-1216) fiorì l’ultima eresia che si conosca sull’argomento. Un gruppo di estrazione teologica, colpito da anatema e decimato in poco tempo, si permise di interpretare liberamente il passo della Genesi che si riferisce alla celebre costola. Secondo questa interpretazione, visto che le costole degli uomini non sono diverse da quelle delle donne, la sacra metafora alludeva a una primitiva androginia di Adamo, il quale fu privato dei suoi attributi femminili perché fosse creata una compagna autonoma. Sembra proprio che il Diavolo, vecchio compagno d’avventure degli dèi e degli uomini (i protagonisti in catene di ogni cosmogonia) sia stato, anche in questo frangente, il ponte fra la realizzazione divina e l’ambizione umana. La complessa particolarità diabolica ha dato vita a molte storie, ma forse la più antica è quella di Eraide, secondo alcuni maga famosissima o addirittura incarnazione diretta del Diavolo, secondo altri figlia di Diofante di Macedonia. Sposata con un certo Samiades, diplomatico e mercante di professione, la bella Eraide ebbe un anno di appassionati rapporti coniugali, fino a quando il marito, a causa dei suoi impegni di lavoro, dovette fare un lungo viaggio. In sua assenza, narrano i cronisti alessandrini, la maga cadde gravemente malata e, come risultato del suo male misterioso, «le si seccarono i seni e le spuntò un membro virile». Quando tornò Samiades, Eraide cercò di nascondere l’accaduto con molteplici arguzie, ma infine, come era d’aspettarsi, il marito dovette affrontare la triste realtà. Si dice che questi, inconsolabile, si tolse la vita e che Eraide si calasse nella sua nuova condizione con tale entusiasmo da diventare uno dei capitani più brillanti di Alessandro nelle campagne in Asia Minore. Sembra, dunque, che il Diavolo abbia intrapreso percorsi complicati per influire sul destino e sulle decisioni del conquistatore macedone, come aveva fatto precedentemente – nell’ubiqua figura dell’indovino Tiresia – per far precipitare la terribile saga degli Atridi.

Colui che si rifiutò strenuamente di riconoscere la voluttuosità del Diavolo fu san Tommaso. Per l’aquinate Satana non può, per la sua natura, avere impulsi erotici nello stesso modo in cui non può avvertire nulla che abbia a che vedere con l’amore o con la vita. Le sue frequenti incursioni nel campo dell’eros sarebbero dovute, piuttosto, alla conoscenza della fragilità dei mortali in queste cose, alla certezza che nulla è più irresistibile del piacere, che mette gli uomini alla mercé del Tentatore come nessun’altra cosa.

Così, nella sua interminabile caccia alle anime, Satana avrebbe trovato nella lussuria il modo meno faticoso di procurarsele. Tuttavia la tradizione, dagli gnostici ai Padri della Chiesa, si opponeva al d’Aquino, e un celebre oratore sacro di Strasburgo fu incaricato di contrastarla. Johannes Tauler (1300-1361) fonda questa confutazione su ciò che considera il carattere specifico del Diavolo: la frenesia. Se il Diavolo è sommamente frenetico, argomenta Tauler, fino al punto di non riflettere sulla propria superbia e sull’offesa originale fatta a Dio, se è la frenesia che lo porta a odiare senza tregua il Creatore, perché non può essere anche freneticamente voluttuoso? Signore di tutti gli eccessi, il Diavolo li stimola nell’uomo perché vuole farlo a sua immagine e somiglianza: unigenito frustrato, disperato creatore, il Diavolo impazza per la Storia passando da un letto all’altro, dando e ricevendo ciò che lo lusinga e lo eccita, ciò che gli fa dimenticare il suo fallimento e la sua solitudine.

Il commercio sessuale con i mortali



Streghe e maghi, satanisti e demonologi, veggenti e demiurghi costituiscono, per così dire, l’esercito terreno di Satana. Per il semplice fatto di evocarlo, di credere in lui o semplicemente di temerlo, stabiliscono una relazione preferenziale con il più bello degli angeli. Non si vuole determinare quanti di loro furono vittime innocenti del furore di altri, della propria ignoranza e della propria epoca, poiché non è questa la sede per farlo né è il proposito che anima queste pagine: non c’è dubbio, comunque, che c’è più satanismo nella condotta degli inquisitori che in quella dei condannati. Ciò che si vuole definire, affinché questo libro rispetti le premesse dell’introduzione, è piuttosto quanto la provocazione diabolica sia presente nel mondo quotidiano del lettore, dove il Diavolo si aggira da sempre senza alcun bisogno di formule magiche e di sortilegi.

Ho voluto deliberatamente dividere il tema della sessualità del Diavolo fra questo capitolo e quello precedente, servendomi nel terzo delle testimonianze – più o meno attendibili e comunque discutibili – di chi volle tramandarci una visione di prima mano degli attributi luciferini, e in questo delle leggende e delle ricerche sui metodi impiegati dal Seduttore per rapportarsi agli uomini.

Se si vuole dar credito alle tradizioni parabibliche – come quella talmudica, quella islamica, quella delle sette eretiche precedenti il Primo Concilio di Nicea, o i Vangeli Apocrifi – il commercio sessuale fra il Diavolo e i mortali è antico quanto l’esistenza della specie. Non ha inizio nell’Eden – dove il Tentatore si limita ad accendere il desiderio di Eva affinché lei, a sua volta, lo susciti nell’innocente Adamo – ma subito dopo l’espulsione dal Paradiso. Cerchiamo dunque di valutare sincreticamente ciò che queste leggende millenarie ci tramandano per comprendere la relazione del Diavolo con i nostri antenati.

Adamo, Eva e Satana sono espulsi dal Paradiso nello stesso momento, poiché rei confessi dello stesso delitto e condannati a una pena simile: vivere in un mondo, dove la coppia originale soffrirà la fame, partorirà con dolore e lavorerà con fatica e dove l’Angelo Caduto conserverà in parte i suoi poteri – il dono della metamorfosi, la duplice natura angelica e umana, l’intelligenza formidabile e la bellezza – come pallida indennità per il Paradiso perduto e per la nostalgia del Cielo, che da quel momento in poi sarà lacerante. Satana, insieme ai compagni di rivolta – il serpente, cioè l’astuzia, e il pavone reale, vale a dire l’orgoglio – furono scagliati sulla penisola dell’Indostan. Adamo cadde sul monte Serendib nell’isola di Ceylon (sulla sporgenza che ancor oggi è conosciuta come il «picco di Adamo»), Eva sulle spoglie falde del monte Ararat, in Arabia. Una volta sulla Terra, il trio incominciò a muoversi: Adamo implorò la grazia del Creatore finché questi, impietosito, gli inviò l’arcangelo Gabriele perché gli insegnasse i rudimenti del rito e gli mostrasse il cammino per ritrovare Eva. Questa, a sua volta, non riuscì a superare la sua naturale tendenza alla passività e aspettò il marito a gambe larghe, per trecento anni, buttata sulla collina dell’Ararat dove, secoli dopo, si sarebbe arenata l’arca di Noè. Il Diavolo, dal canto suo, non fece niente.

Secondo le tradizioni islamiche, proprio sulle falde dell’Ararat ebbe luogo la prima copula della specie, poiché in Paradiso i nostri padri, pur avvertendo il desiderio, non l’avevano soddisfatto. Quando ad Adamo, che dopo aver «conosciuto» sua moglie ripetutamente si era abbandonato a un sonno ristoratore, apparve Eblis (o Iblis, nome che i musulmani preferiscono all’ebraico Satana) sotto forma dell’angelo splendente che, in realtà, continuava ad essere, rimproverandolo per essersi abbandonato con tanto eccesso alla voluttà e per aver dimenticato i suoi doveri verso il Signore, questi si svegliò contrito di soprassalto e cercò nella sua coscienza il modo di riparare al suo eccesso. Il Diavolo stesso, imitando la voce divina, gli suggerì di immergersi nelle acque del fiume Ghicon fino a quando potesse resistere, senza mai tirar fuori il naso per respirare. Quando il patriarca incominciò a scontare la penitenza, il Seduttore si presentò a Eva in una delle sue incarnazioni più belle (quella di Lucifero, la stella dolce e malinconica dell’alba), e le narrò le sue false disavventure e la sua non meno falsa disperazione. In principio Eva lo accolse maternamente, ma non tardò ad accondiscendere a tutte le richieste che le fece il Tentatore. Gli ulema affermano che l’infedeltà primordiale è stata la causa di tutte le liti della coppia umana e l’origine dell’intrinseca debolezza della femmina: erede della mollezza d’animo di sua madre, ci dicono, ogni donna finirà sempre per concedere i suoi favori, se la si assedia con ostinazione e pazienza.

Meno maschilista della tradizione paracoranica, quella talmudica considera Adamo il responsabile della prima infedeltà coniugale della Storia. Nel dramma del Paradiso sarebbe esistita una tentazione primigenia che l’ortodossia passa sotto silenzio: la preda del Diavolo era Adamo – il primo umano creato dal Padre – e soltanto di fronte alla sua incorruttibile lealtà avrebbe deciso di tentare Eva. Gli eccellenti risultati ottenuti con questa strategia indiretta convinsero il Diavolo di una verità che, nel corso del tempo, non ha subito modifiche: il punto debole dell’uomo è la donna.

Questa esperienza introduce uno dei personaggi più affascinanti della demonologia: Lilith, la prima incarnazione del Diavolo al femminile che incontreremo ancora nei prossimi capitoli: in questo si vuole narrare la storia più antica che le si attribuisce e la sua relazione con nostro padre Adamo. Lilith, fingendo di non notare la presenza del penitente, andò a bagnarsi nelle acque del fiume Ghicon, dove rivelò tutta la magnificenza delle sue grazie all’immerso Adamo. La durata del tormento di Adamo e le bellezze che Lilith offrì alla sua vista e al suo desiderio cambiano a seconda della fantasia del relatore. Ma ciò su cui tutti i talmudisti si trovano d’accordo è l’esito prevedibile della tentazione: Adamo soccombe al Diavolo – che non era riuscito a vincerlo da uomo a uomo, per così dire – e convive con lui con le sembianze dell’irresistibile Lilith per la bellezza di centotrenta anni. Le versioni più audaci della leggenda ci narrano che questo adulterio – a differenza di quello di Eva con Lucifero – produsse abbondante discendenza. Si tratterebbe degli angeli che si innamorarono delle figlie degli uomini, secondo la Bibbia, e anche dei padri dei giganti che popolano i miti dell’antichità. Da allora non hanno più abbandonato la Terra: mortali, e dunque perituri come il loro padre primitivo, hanno però ereditato la tenebrosa grandezza di Lilith e si succedono gli uni agli altri nel corso della Storia per garantire la presenza del Principe del Mondo. Quanto ad Adamo ed Eva, narrano le leggende che si confessarono e si perdonarono a vicenda le rispettive infedeltà e che la nascita di Caino sancì definitivamente la loro riconciliazione. A quanto si sa, trascorsero in perfetta armonia coniugale i secoli che restarono loro ancora da vivere.

Sia Pierre de l’Ancre sia lo spagnolo Del Río ci hanno lasciato varie testimonianze della pazienza del Diavolo: una volta giunse a corteggiare per anni una adolescente, ma non la possedette fino a quando non fu rispettabilmente sposata (benché sia lecito supporre quali libertà si sia preso durante il corteggiamento). In generale, l’erotismo che il Diavolo pratica con i mortali non sembra avere altro scopo se non quello della corruzione in se stessa: poiché è un amante eccezionale, quando se ne va lascia la vittima in uno stato d’ansia permanente e di nostalgia, e nella predisposizione ad abbandonarsi alle maggiori sfrenatezze, nella speranza di ritrovare quell’intensità di godimento raggiunta con lui.

A volte, però, il suo passaggio è devastante come un uragano, anche se non sappiamo quali siano i motivi che lo inducono ad agire in questo modo. In Inghilterra, per esempio, dal secolo XV si racconta la storia sventurata di Jean Weigs. Divisa dal suo amante, di nome William, Jean fece un sogno che ritenne premonitore, in cui le era ordinato di recarsi il giorno successivo nel bosco, dove William – allora impossibilitato a mostrarsi in pubblico per certi debiti di gioco – l’avrebbe attesa in incognito. Jean si recò all’appuntamento dove incontrò un uomo incappucciato che, dopo essersi accertato che fossero soli, si rivelò: Jean riconobbe William e gli amanti trascorsero una notte straordinaria nell’ombrosa tranquillità della natura. Più tardi, dopo aver fatto ritorno a casa sua, Jean raccontò a un’amica le delizie di quell’incontro e le disse che mai William si era rivelato così prodigo e straordinario come in quell’occasione. Alcune ore dopo, tuttavia, cadde vittima di una febbre violenta e di una notevole infiammazione delle parti sessuali che lei attribuì, al principio, agli slanci amorosi di quell’incontro. Tuttavia la sua salute continuò a peggiorare giorno dopo giorno finché una notte le apparve il Diavolo e le confessò di essere stato il focoso compagno del bosco: per convincerla la informò che William era morto una settimana prima dell’appasionato incontro per le ferite riportate durante una rissa in una taverna. La giovane, disperata, pregò l’amica affinché si informasse di quell’ultimo dettaglio, che sfortunatamente per lei risultò essere vero. Tre giorni dopo la conferma di quella notizia, Jean spirò: la tradizione insiste nel dire che ciò avvenne fra le convulsioni e che il suo sesso si era trasformato in una piaga.

Come esempio contrario si potrebbe citare la storia di Magdalena de la Cruz, celebre badessa di un convento di Cordoba, che a metà del 1500 ebbe una lunga e fortunata relazione con un incubo. Francisco de Torreblanca ci narra che Magdalena per molti anni fu considerata una santa miracolosa poiché era capace di ottenere a suo piacimento «rose in inverno e neve d’agosto e passava attraverso i muri che si aprivano dinanzi a lei». In realtà Magdalena compiva questi prodigi per intercessione del suo amante, un incubo che l’amò focosamente e fedelmente da quando la badessa era adolescente fino a che compì quarantadue anni, epoca in cui questi sparì. Inconsolabile per la perdita dell’amato, Magdalena confessò la sua storia prodigiosa sin nei minimi dettagli e chiese di essere sottoposta a regime penitenziale: stranamente, l’Inquisizione le risparmiò la vita e accettò la sua richiesta.

Il patto diabolico



L’archetipo del patto diabolico fu stipulato dal nostro personaggio, in veste di Mefistofele, con l’enigmatico dottor Johannes Faust. Si è potuto stabilire con certezza che Faust – unanimemente considerato il mago del Rinascimento per eccellenza, insieme ai suoi contemporanei Paracelso e Cornelio Agrippa – nacque a Knittliengen, un minuscolo paese della Württemberg, nel 1480 e che morì settant’anni dopo, di ritorno al suo paese natale, dopo una vita dai risvolti sorprendenti. Discepolo del benedettino Johannes Trithemius (uno dei maghi speculativi più illustri che siano mai esistiti), il giovane Faust sconvolge la sua epoca per la vastità della sua conoscenza e per la facilità con cui l’acquisisce.

Dopo essersi laureato all’Università di Heidelberg, si dirige a Praga – a quel tempo capitale mondiale della magia – nei primi anni del secolo XVI. Dagli epistolari dello stesso Trithemius, del canonista Mudt e di Heinrich Urbanus, che lo cita come Magister Georgius Sabellicus Faustus Junior, sappiamo che già allora la cultura filologica e filosofica di Faust era enorme: fra l’altro, affermava e dimostrava di conoscere a memoria l’opera completa di Omero, Virgilio e Orazio.

È possibile che proprio a Praga si sia consumato il celebre e terribile patto. Secondo Johann Spies, autore della prima storia di Faust, pubblicata a Francoforte nel 1587, lo studente di Heidelberg possedeva, oltre alle straordinarie conoscenze umanistiche, poteri paranormali come la levitazione, il dono dell’ubiquità e la xenoglossia (il dono delle lingue), e riporta numerosi aneddoti sul suo potere di ipnosi e di suggestione. Si tornerà in seguito su questo e altri aspetti del personaggio in questione (nella seconda parte: L’apogeo del Diavolo), ma ora è interessante attenersi alle caratteristiche del suo patto, così come lo racconta Georg Rudolf Widman, un fanatico luterano che, nel 1599, ampliò e satanizzò notevolmente l’opera di Spies.

Ossessionato dalla volontà di possedere la somma conoscenza e certo di non poterla raggiungere durante il tempo breve della vita umana, Faust avrebbe riflettuto a lungo sulla possibilità del patto, ma trascorse del tempo senza decidersi a usare le formule e le invocazioni necessarie a stabilirlo (benché, a detta del suo biografo, le conoscesse perfettamente). Attratto dagli interessi di Faust e dall’eccezionale qualità della sua anima, Satana gli si avvicinò la prima volta sotto forma di cane nero: prese a seguirlo in tutte le sue passeggiate, finché riuscì a commuoverlo e a farsi ammettere in casa. Si sa bene che il Diavolo ha i suoi limiti e che non può costringere nessuno a fare ciò verso cui, per natura o a causa delle circostanze, non è incline in alcun modo: se si fosse direttamente manifestato al cavilloso Faust, forse questi si sarebbe rifiutato di concludere il patto. Ma il Tentatore è astuto e paziente e sotto forma di cane fedele si adoperò affinché nulla distraesse il suo padrone dai pensieri che lo riguardavano. Alla fine, dopo aver affidato le questioni mondane al servitore Cristoforo Wagner, prevedendo di perdere la vita nell’impresa, il dottor Faust non resistette alla tentazione di conoscere il Diavolo, con il quale si incontrò nelle foreste di Mangeall, nei dintorni di Wittemberg.

Dopo varie manifestazioni del suo potere – un’improvvisa tempesta elettrica, abbattimento di alberi, rumori orribili – il Diavolo pone fine al rituale e si presenta al mago, nel paesaggio calmo e silenzioso della foresta, vestendo la tonaca di francescano. Per un quarto d’ora gli gira intorno e infine gli si rivolge: non si dicono una parola. Faust legge la pergamena che l’altro gli porge, si punge con la penna, anch’essa offertagli dal Diavolo, e firma con il sangue il documento. Secondo Widman, la copia di questo documento fu ritrovata fra le carte postume di Faust e le sue clausole si possono riassumere più o meno in questo modo: Mefistofele sarebbe apparso ogniqualvolta Faust lo avesse invocato, con l’impegno di realizzare ogni suo desiderio, sarebbe stato solerte e sottomesso come un servitore e si sarebbe materializzato ai suoi occhi, ma nessun altro avrebbe potuto vederlo. Il saggio, da parte sua, si impegnava in un’unica ma terribile clausola: quando fossero trascorsi ventiquattro anni, avrebbe dovuto consegnarsi anima e corpo al Diavolo «senza riserva di alcun diritto di redenzione, né un futuro ricorso alla divina misericordia».

Con poche variazioni – per esempio Wagner nelle vesti di Mefistofele – Johann Nicolaus Pfitzer, medico del Nuremberg, ci racconta la sua versione della storia di Faust in un opera abbastanza famosa, pubblicata nel 1674. A quel tempo il mito si era radicato profondamente in Germania, dove costituiva una delle principali opere di repertorio delle compagnie comiche e dei gruppi di burattinai. Il passaggio dalla letteratura alla rappresentazione si deve all’elisabettiano Christopher Marlowe, che nel 1588 scrisse e mise in scena con grande successo la Tragica storia del dottor Faust. Molto probabilmente la leggenda giunse a conoscenza di Goethe anche in qualcuna di queste versioni di marionette e l’autore incominciò ad abbozzare il suo capolavoro nel 1775 per terminarlo nel 1832, anno della sua morte.

Collin de Plancy – citando Muchemberg, san Macario, Lattanzio e altri autori – assicura che per invocare il Diavolo è indispensabile prendere certe precauzioni. In primo luogo, a parte le formule e gli scongiuri raccomandati, deve essere sacrificato un animale, poiché il Tentatore gradisce essere rispettato come una divinità. Non importa che si tratti di un sacrificio importante (un gatto o una gallina di solito gli bastano), poiché ciò che conta è il riconoscimento della sua natura divina espresso nel sacrificio stesso. Questa base sacrificale su cui poggia il patto dell’uomo con Dio è, come ben sappiamo, antica come l’umanità e perfino l’austero monoteismo mosaico ne è impregnato: l’eucarestia cristiana, d’altra parte, è una versione sublimata e metafisica dello stesso principio. Di qui la grossolanità di certi culti satanici – soprattutto moderni – che confondono l’esigenza qualitativa del rituale con una regola secondo la quale il sacrificio è una escalation che culmina nell’assassinio.

Un’altra particolarità da tenere in considerazione nelle invocazioni è che i demoni sono ansiosi e voraci: non se ne stanno tranquilli durante il tempo in cui si trovano in nostra presenza: è necessario catturarne l’attenzione offrendo loro qualsiasi cosa di cui si sia ben provvisti (pane, bottoni, capelli, ecc.). Inoltre conviene anche precisare che sono visibili solo a coloro che li hanno invocati – come quelli al servizio del mago Lepilis – e che alcuni sono particolarmente masochisti: accorrono quando insultati e minacciati e, una volta presenti, amano essere trattati con durezza.

Faust perde l’anima a causa della sua sete di conoscenza, e in questo senso è un classico eroe gnostico che ripropone il grande mito del titano Prometeo (con una variante nient’affatto trascurabile: essendo un elevato esponente del Rinascimento, Faust è un individualista e la sua avventura si inscrive in un’orbita ontologica. Il Titano, invece, è un demiurgo, e sia la sua proposta sia il suo sacrificio sono «per tutti gli uomini»). Motivi meno nobili, ma non meno umani, sono stati la causa di altri patti, come quello della famosa Non de l’Ellos, che vendette la sua anima per poter conservare la bellezza del corpo fino alla vecchiaia (si dice che superò i settant’anni senza che le sue attrattive fossero minimamente appassite: seppe che stava per morire quando lo stesso gnomo che le aveva fatto la promessa nell’adolescenza apparve a lato del suo letto. «Viene a riscuotere», disse allora, e spirò).

Tratto dal libro di Alberto Coustè
 
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francy
view post Posted on 8/2/2013, 22:20     +1   -1




Tutto è la necessità di identificare pesonalizzando con li propio metro limitato umano,ciò che avviene di incomprensibile logicamente al di fuori della mente umana.Ed ecco tutte le varie nomenclature gerarchiche nella varie culture occidentali.Nell'antico oriente non esiste satana,esiste il male come il bene che sono la conoscienza dell'uomo.
Satana,inteso come la massima espressione del male angelo ribelle caduto giù dal cielo,non esiste.
E' una figura creata sopra la figura che in antichità era simbolo di conscienza.Notare l'ambiguità delle sovapposizioni ideologiche delle due figure.
La creazione impersonificata del male,è stata creata dalle religioni occidentali,per rendere le menti succubi al terrore,limitandole così in pensieri e azioni.
Un libero pensiero,che rende libero l'uomo di ricercare consapevolmente la conoscienza con cui viene creato dal qualcosa che nessuno ha mai visto,non è gestibile,ed è incontrollabile.
Ecco la creazione di un credo coercitivo mentalmente, satana.
l'uomo deve imparare a prendersi le propie responsabilità sulle sue azioni,anche quelle più aberranti.
Torture medioevali.
Più demoniaco e malvagio delle invenzioni dei mezzi con cui infliggevano dolore e abomini
volutamente alle genti accusate di stregoneria,perchè reputate pericolose,in grado di minare con le loro conosciense esoteriche ,l'egemonia psichica della chiesa sulle masse,cos esiste?
Tutto è dentro l'uomo ,il male è dentro di noi,come il bene,e sono potenzialmente illimitati.
L'evoluzione porta all'equilibrio tra queste due forze che resterano sempre in contraposizione lottando fra di loro.
 
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fidelio
view post Posted on 10/2/2013, 21:03     +1   -1




sono stata cresciuta da due genitori che non andavano in chiesa,che mai mi hanno detto di andarci e che mai mi hanno in qualche maniera influenzata con dogmi pseudo religiosi. sono cresciuta scegliendo da me cosa fosse giusto o sbagliato,nessuno dei due mi ha mai inculcato l'idea che esistesse Dio o Satana.
per mia modestissima esperienza personale credo nell'esistenza di una sorta di Dio come credo che esista una sorta di Satana. passerò per pazza forse ma io l'ho sognato diverse volte,anche da poco. riconosco la sensazione che mi da nei sogni e che mi lascia poi al risveglio, e non catalogo questo tipo di sogni in incubi che esprimono le mie paure inconsce,anche perchè non vivo con il pensiero e la paura del male e raramente mi sono svegliata spaventata per ciò che avevo sognato. solo una volta mi è apparso chiaramente,e aveva preso le sembianze di un ragazzo dalla faccia pulita,di cui ci si poteva tranquillamente fidare,tanto che nel sogno mentre camminavo mi sono trovata di fronte ad un bivio,non sapevo da che parte andare e lui serenamente mi ha preso la mano e mi ha guidata dove voleva lui per poi dirmi con altrettanta serenità che era il diavolo. non so perchè ma non ebbi paura e continua a tenergli la mano e a camminare con lui. dopo questo sogno ne ho fatto un altro molto significativo che mi ha fatto capire ancor di più che era realmente lui. gli scettici rideranno sicuramente leggendo le mie righe,diranno che è solo frutto della mia fantasia malata,magari hanno anche ragione ma io (da buona pazza) sono convinta del contrario.
 
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francy
view post Posted on 10/2/2013, 21:40     +1   -1




No perchè...interessanti i tuoi sogni.
Satana in antichità,era il simbolo della conoscienza,era il bene.Conosci la Kundalini?Il serpente dormiente(è energia primordiale),alla base del coccige?Ecco dormiente perchè nei secoli per colpa dei culti occidentali,attraverso l'imposizioni di plagi psicofisici,l'uomo non l'ha più cercata,per paura che fosse peccato.E questo è stata una catena che ha costretto i popoli e rimanere inevoluti ed ignoranti,quindi succobbi di plagi continui.Questo perchè un uomo plagiato è controllabile e manovrabile.Mentre un uomo libero di cercarsi interirmente non è più controllabile.
Quindi il tuo subconscio,probabilmente non è stato intaccato dal credo cattolico,ed è probabilissimo,che abbia in sogno tirato fuori il concetto che tu hai acquisito nelle vite passate è che è ora in questa vita molto forte come energia interiore,ecco perche sei sempre stata distante dalla chiesa,perchè in te era latenta questa conoscienza passata..
Questa è una mia interpretazione,secondo ciò che sono le mie esperienze.
Tu hai avuto a che fare in sogno,con il vero satana dei culti antichi.,almeno per ora...
 
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fidelio
view post Posted on 10/2/2013, 22:05     +1   -1




bellissima interpretazione la tua,non avevo mai sentito parlare di Kundalini,sto leggendo qualcosa adesso che me ne hai parlato tu. forse l'ho sognato così perchè ho sempre avuto l'idea che satana non sia poi così cattivo come lo descrive la religione cattolica,non ho mai accettato questa idea....forse come dici tu questo pensiero è legato ad esperienze di vite passate.
devo però anche ammettere che alcune volte si è manifestato come energia fortissima da cui cercavo di sottrarmi,come se in sogno avessi la consapevolezza di avere davanti qualcosa di davvero potente;altre volte mi fa i dispetti o scherzi,ma essendoci un pochino abituata gestisco il sogno in maniera abbastanza tranquilla. a volte penso sia solo un entità che ha bisogno di attirare l'attenzione,altre volte come un entità sarcastica e giocherellona,altre volte ancora come un entità "amica"
 
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francy
view post Posted on 10/2/2013, 23:07     +1   -1




Non esistono le entità,come non esistono i demoni,li spiriti,gli angeli etccc..
Io ho questo concetto,che tutto è dentro l'uomo niente è fuori dall'uomo.
In noi dimora il potere ,scintalla della creazione di quel qualcosa che ci ha cretati.
Quindi,supponendo che in quella scintilla(l'anima),è parte di quel qualcosa,anch'essa è a conscienza di tutto ciò che è ignoto per noi.
Essa risiede nel profondo dell'uomo,ed è fatica trovarla,ci vuole evoluzione per vederla ed esserne coscienti.
Conseguentemente la scintilla ha potere illimitato,che purtroppo noi umani la circoscriviamo con le mura culturali tramite il pensiero,la ragione.
Tutto questo per dirti che il satana che vedi in sogno non è altro che una parte tua energetica.
Nel sogno il subconscio è libero,quindi satana può assumere ciò che per te è ,ecco perchè percepisci energia potente è la tua energia che risiede nel tuo subconscio.
Quel qualcosa davvero potente è ciò che dimora dentro di te la conoscienza.
 
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view post Posted on 10/2/2013, 23:44     +1   -1
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Bel testo Demon, davvero i miei complimenti. Interpretazione e figura della visione del Diavolo nell'immaginario collettivo.
Le avventure descritte dalle streghe manifestano una mancata vera chiave di lettura delle incaute amanti, uguali a quelle che vengono professate dal clero.
Il chiaro collegamento al sesso è dovuto alla natura della stessa entità!
Nel corso del tempo le figure Satana e Lucifero sono state unite, mentre chi ha a che fare con queste tipo di entità divide le stesse.

Le manifestazioni di kundalini sono un chiaro risveglio della conoscenza. Adesso sta a te decidere quale strada percorrere.
 
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francy
view post Posted on 10/2/2013, 23:51     +1   -1




Lei sta già percorrendo ciò che deve percorrere.
E' di mentalità aperta,da quanto ho potuto percepire dalla sua esposizione.
 
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fidelio
view post Posted on 11/2/2013, 00:32     +1   -1




io invece sono convinta che le entità esistono. può essere che il Satana dei miei sogni sia più semplicemente la mia energia,un'energia molto forte di cui io a volte nemmeno mi rendo conto di avere. ma per esperienza personale,per determinate cose che mi sono accadute (non sono poche) soprattutto in casa, ho la convinzione che le entità siano intorno a noi. più di una volta da sveglia (appena messa a letto quindi lucidissima) ho sentito perfettamente il peso di "qualcosa che si "buttava" affianco a me, rumore del portone che sbatte violentemente con me a mezzo metro (quindi impossibile che sia un allucinazione o un errore) ma il portone effettivamente era stato da me chiuso a doppia mandata dalla notte prima,placchette dell'interruttore della luce scardinate,voce maschile che mi chiama insistentemente all'orecchio nel cuore della notte,lasciandomi una fastidiosa sensazione all'orecchio stesso sino all'indomani. so che dicendo queste cose sto rischiando di essere presa per visionaria ma assicuro che tutto questo è accaduto davvero,sono una persona molto razionale che non urla al fantasma con tanta facilità,ma ho vissuto delle esperienze davvero particolari che razionalmente non mi spiego. per questo sono arrivata alla conclusione che le entità esistono,ovviamente non sono qua per convincerti,ci mancherebbe,ma mi faceva piacere raccontare ad uno scettico la mia esperienza particolare
 
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francy
view post Posted on 11/2/2013, 00:46     +1   -1




Ti ripeto che è solo il mio modo di concepire queste manifestazioni,per esperienza e tante altre cose. mia personale
Sono sicura di ciò che dici perchè è successo anche a me.
Ma poi ho capito andando avanti,che erano le mie energie ,che si manifestavano concretamente.
Il pensiero diventa materia,quindi è reale ciò che vedi che senti e che percepisci.
E' l'dentificazione di tali manifestazioni,che esige una spiegazione,e solitamente la diamo per necessità umana secondo il nostro metro di misura,che è limitato,e de l'unica cosa su cui abbiamo costruito la nostra forma mentis,la cultura..
Culturalmente tutto ciò che ha determinate manifastazioni,è identificato come un qualcosa che non fà parte dell'uomo,mentre nell'antico oriente,viene concepito come parte stessa energetica dell'uomo,perchè tutto è dentro l'uomo ,e nulla è al di fuori di noi..

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view post Posted on 11/2/2013, 01:12     +1   -1
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Fidelio pian piano ci arriverai, per ora l'unico vero errore e che confondi un pò di cose.
Cmq per rispetto all'autore di questo bellissimo scritto, credo che sia opportuno aprire un topic con un apposito dibattito su cosa vuoi rivelare fidelio. Non ti credo pazza!
 
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fidelio
view post Posted on 11/2/2013, 01:44     +1   -1




se quello che mi accade intorno è frutto esclusivamente della mia energia allora è davvero grandioso,preferirei decisamente che fosse così anche se non ci avevo mai pensato sino ad ora. pensare di avere una tale energia mi sconvolge positivamente.
DevilJin,hai ragione sto andando off topic con i miei racconti,cosa non propriamente giusta. oltretutto trovo che l'autore del topic abbia scritto delle cose interessantissime che meritano il giusto approfondimento.
 
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francy
view post Posted on 11/2/2013, 08:19     +1   -1




Fidelio se la mia impostazione oggi è questa,vuol dire che fin da quando ero piccola,ho avuto esperienze,singolari e forti,non sono scettica,hai capito male,ciò che ora è il mio approccio,è stato il risultato di andare oltre ciò che mi accadeva,oltre quella che era la spigazione culturale.
Giustamente se vogliamo ampliare il discorso bisogna aprire un topic,nuovo..

Edited by francy - 11/2/2013, 13:09
 
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fidelio
view post Posted on 11/2/2013, 13:33     +1   -1




si apriamolo,la cosa mi interessa molto. però non essendo ancora pratica del forum non saprei in che sezione scriverlo
 
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view post Posted on 25/1/2019, 23:23     +1   -1
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Guardiano del male

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La Kundalini con il Diavolo non ha nulla a che fare anzi, é la Grande Dea la Kundalini.
 
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