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Storia di un condannato per stregoneria

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view post Posted on 12/3/2012, 17:26     +1   -1
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Vampiro di dracula

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La storia deriva da una lettera ritrovata

La storia di un condannato



Rassegnato da un destino grottesco e ingiusto, Junius, borgomastro, ossia primo magistrato della città di Bamberga (nell'omonimo piccolo principato)

Iniziava cosi la lettera di un addio alla famiglia: "Buona notte e sogni d'oro, mia diletta Veronica. Innocente sono venuto in prigione, innocente sono stato torturato, innocente devo morire".

Il prigioniero faceva fatica a scrivere perché aveva le mani stritolate dai serrapollici, usati per costringerlo a confessare.

Ma la lettera, scritta come meglio poté, aveva un tono fiero e commovente. La certezza della sua onestà era più o meno tutto quello che rimaneva a Junius.

Quando scrisse alla figlia questa lettera, il 24 Luglio 1628, aveva ormai perso ogni speranza di provare la propria innocenza.

"Chiunque finisce nella prigione delle streghe" aggiungeva il borgomastro, "deve o diventare una strega o farsi torturare finché la sua mente non riesce ad inventare una storia plausibile".

Nel corso delle persecuzioni contro le streghe, che raggiunsero il culmine nel XVII secolo, migliaia di innocenti fecero la stessa fine di Junius. La moglie del borgomastro era stata cremata nel forno delle streghe (situato nella vicina cittadina di Zeil) otto mesi prima.

A Bamberga come nelle altre regioni la caccia alle streghe era diventata una specie di delitto autorizzato dallo Stato e dotato di un apparato burocratico; L'intero sistema era sfruttato dai responsabili per appropriarsi delle ricchezze delle vittime. A differenza della maggior parte degli accusati, Junius ebbe la possibilità di lasciare un testimonianza personale delle sofferenze patite, dall'angoscia farsa del processo e dalla deliberata spietatezza degli inquisitori.

Junius riuscì a far uscire dalla prigione la lettera con l'aiuto di una guardia. La missiva dava istruzioni precise alla figlia affinché al carceriere fosse corrisposto un tallero (un moneta d'argento) come compenso per il disturbo. Junis esortava la figlia a nascondere il documento.

"Altrimenti io sarò torturato senza pietà e i carcerieri verranno decapitati".

Le raccomandava di mettersi in salvo fuggendo quanto prima da Bambera.
La giovane riuscì a scappare, nessun documento attesta se ricevette mai la lettera del padre.
Già allora, la Bamberga di Johannes Junius era tristemente nota per le dimensioni e la brutalità dei suo predecessori alle streghe.

A partir dal 1595, gli inquisitori torturarono e giustiziarono sistematicamente centinaia di persone, tra cui molte eminenti personalità del principato, tutte incriminate con accuse montate. Il principe-vescovo Johann Georg II Fuchs di Dornehim sovrano di Bamberga, presiedette ai processi più atroci condotti tra il 1620 e il 1630.

Assistito da un amministratore ecclesiastico e da una squadra di avvocati, torturatori e carnefici, che lavorava a tempo piano, Johann Georg mandò a morte non meno di seicento cittadini. In più ordinò la costruzione di una prigione speciale detta Trudenhaus, cioè casa delle streghe, destinata a ospitare tutto coloro che erano in attesa di giudizio.

Il principe-vescovo confiscò i beni di chiunque fosse riconosciuto colpevole di stregoneria. A quanto si dice, Johann Georg di assicurò che i suoi cacciatori di streghe traessero il massimo vantaggio da questa straordinaria opportunità. Un elenco redatto nel 1631, poco dopa la sospensione delle persecuzioni, dimostra che i tirapiedi del principe-vescovo avevano confiscato circa 500.000 fiorini (o monete d'oro) alle vittime da loro giustiziate e che avevano sottratto altri 220.000 fiorini ai sospettati ancora rinchiusi in prigione.

Oltre al movente del profitto, la spietata eliminazione delle presunte streghe di Bamberga avevano anche un altro incentivo. In una Germania priva di unità religiosa e messa in ginocchio dalla Guerra dei Trent'Anni l'esercito cattolico e quello protestante si affrontavano spesso in scaramucce locali. I sovrani cattolici come Johann Georg usavano la stregoneria come copertura per estirpare dai propri domini l'opposizione luterana.

Ne tentativo di giustificare il loro operato, questi governanti si appoggiavano alle argomentazioni dei teologi gesuiti e domenicani. Lo scopo delle opere di questi studiosi non era tanto quello di chiarire la dottrina cattolica, quanto quello di riconquistare le roccheforti protestanti in Germania. Le autorità protestanti risposero con la stessa moneta. dando il via alla loro caccia alle streghe.

Nonostante il consenso della Chiesa. la severità dei processi di Bamberga finì col provocare l'avversione degli abitanti. Nel 1630 e nel 1631, l'immediato superiore gerarchico di Johann Georg, l'imperatore del Sacro Romano Impero, Ferdinando I,promesse finalmente dille riforme. Il provvedimento più importante tu quello di porre fine alla confisca die beni delle vittime. Senza più prospettive di bottino (e minacciato dall'avanzata dell'esercito protestante) il principe - vescovo perdette l'entusiasmo. Le esecuzioni cessarono infine nel 1631, e nel giro di un anno il tirannico Johann Georg morì per cause naturali (poteva morirci prima ma impiccato lui -.-)

Pultroppo le riforme di Ferdinando e la morte del principe - vescovo non giunsero in tempo per salvare la vita di Johannes Junius. Forse più di ogni altra cosa, la sua lettera dal carcere testimonia la crudeltà degli uomini che arrochirono con le esecuzioni delle presunte streghe. Al processo di Junius pre parte, tra gli altri, suo cognato, un certo dottor Braun.

"Figlia amatissima", scriveva Junius, "voglio che tu sappia come sono andate le cose. La prima volta che fui torturato assistettero il dottor Brauns mio cognato, il dottor Kothendorffer e due strani medici. Poi il dottor Braun mi chiese 'Cognato, come mai ti trovi qui?' io risposi, 'Per colpa della falsità e della sorte avversa'. stammi a sentire, tu' replicò lui, 'tu sei uno stregone.

Confesserai spontaneamente? Altrimenti faremo entrare i testimoni e il boia' io dissi, ' non sono uno stregone, riguardò a ciò o la coscienza pulita".

Allora Jenius fu messo a confronto con alcune streghe confesse che, sotto tortura, avevano accusato il borgomastro di aver partecipato ai loro riti. Quando il borgomastro si rifiutò di confermare le accuse, ebbe inizio il supplizio: "E allora venne, ahimè, il boia - Dio nell'alto dei cieli abbi pietà di lui -il quale, dopo avermi legato le mani, mi mise i serrapollici e il sangue zampillò dalle unghie e da ogni parte, tanto che per quattro settimane non potei usare le mani, come puoi vedere la questa lettera.

Poi mi spogliarono, mi legarono le mani dietro la schiena e mi issarono sulla carrucola. Allora pensai che fosse arrivata la fine. Per otto volte mi tirarono su per poi farmi cadere, sottoponendomi a una terribile agonia ..."

Questo accadde il venerdì 30 giugno, e con l'aiuto di Dio sopporti la tortura. Quando infine il boia mi riportò in cella, mi disse "signore, la prego, per l'amor di Dio, confessi qualche cosa, vera o falsa che sia. inventi una storia , perché non potrà resistere alle torture a cui la sottoporranno; e, anche ammesso che ci riesca, non avrà scampo"

Questo consiglio, e l'avvertimento del tribunale che, per volontà del principe - vescovo, il suo caso doveva servire ad esempio per tutti, convinsero Hunius che non aveva altra scelta che prepararsi una confessione. Disse di essere stato sedotto da un demone femmina, un cosiddetto succubo, di aver rinnegato Dio giurando fedeltà al diavolo, e di essersi recato con le streghe ai sabba, cavalcando nientemeno che un cane nero volante.

"Quindi dovetti confessare quali crimini avevo commesso. Rimasi muto 'Tirate su questo furfante!' urlò il giudice. Allora dissi che ero stato sul punto di uccidere i miei figli, ma che a loro posto uccisi un cavallo, Neppure questo bastò. Cosi confessai di aver sottratto un'ostia consacrata e di averla sotterrata. Dopo questa dichiarazione mi lasciarono finalmente in pace"

Ma i cacciatori di streghe non avevano ancora finito con Junius. In seguito vollero sapere il nome dei complici. Gli posero domande talmente chiare che gli fu facile indovinare i nomi che volevano sentire.
Con dolore e rimorso, il borgomastro diede loro le false informazioni che cercavano.

"Ebbene, figliola cara" scrisse a Veronia, "ora conosci le azioni e la mia confessione, per la quale dovrò morire. E non sono altro che mere menzogne e invenzioni, che Dio mi aiuti" In un poscritto aggiunse che, in prigione, i sei testimoni che lo avevano accusato gli avevano chiesto perdono prima di essere giustiziati, spiegandogli di aver fatto il suo nome per risparmiarsi altre torture, la stessa ragione per la quale lui aveva accusato altre persone.

Dalle parole conclusive della lettera traspirava la più profonda disperazione
"Buona notte, tuo padre Johannes Jenius non ti vedrà mai più".

Morì in modo abbastanza rapido e pietoso, fu fatto sedere su una sedia e decapitato con la spada. Anche se non su arso vivo come molti altri condannati per lo stesso crimine, non scappò del tutto dalle fiamme. Il suo corpo martoriato fu trasporato al villaggio di Zeil per essere cremato nel forno delle streghe.

La lettera originale





Edited by demon quaid - 31/12/2016, 15:40
 
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