Un Mondo Accanto

Gli Apostoli

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morgana1869
view post Posted on 23/11/2012, 12:29     +1   -1




Pietro apostolo





Betsaida, 2-4 d.C. (?)

Morte

Roma, 67 (?)

Santuario principale

Basilica di San Pietro, Città del Vaticano


Ricorrenza

29 giugno (Chiesa cattolica); 22 febbraio: Cattedra di San Pietro; 18 novembre: Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo in Roma



Attributi

Chiavi, Croce, Rete da pesca


Patrono di

Papi, Lamezia Terme, pescatori, panettieri, ingegneri, mietitori, orologiai, Roma, Lissone Assemini, Villa San Pietro, Brema, Colonia, Las Vegas, Umbria, Campremoldo Sopra, Galatina

Nato in Galilea, fu un pescatore ebreo di Cafarnao. Il suo nome originario era Šim’ôn (שמעון, lett. "colui che ascolta" traslitterato in greco come Σίμων).

Divenuto apostolo di Gesù dopo che questi lo chiamò presso il lago di Galilea, fece parte di una cerchia ristretta (insieme a Giovanni e Giacomo) dei tre che assistettero alla resurrezione della figlia di Giairo, alla trasfigurazione e all'agonia di Gesù nell'orto degli ulivi. Tentò di difendere il Maestro dall'arresto, riuscendo soltanto a ferire uno degli assalitori. Unico, insieme al cosiddetto "discepolo prediletto", a seguire Gesù presso la casa del sommo sacerdote Caifa, fu costretto anch'egli alla fuga dopo aver rinnegato tre volte il maestro, come questi aveva già predetto.

Dopo la crocifissione e la successiva resurrezione di Gesù, Pietro venne nominato dallo stesso maestro capo dei dodici apostoli e promotore dunque di quel movimento che sarebbe poi divenuto la prima Chiesa cristiana. Instancabile predicatore, fu il primo a battezzare un pagano, il centurione Cornelio. Entrò in disaccordo con Paolo di Tarso riguardo ad alcune questioni riguardanti giudei e pagani, risolte comunque durante il primo concilio di Gerusalemme. Secondo la tradizione, divenne primo vescovo di Antiochia di Siria per circa 30 anni, dal 34 al 64 d.C., continuò la sua predicazione fino a Roma dove morì fra il 64 e il 67, durante le persecuzioni anti-cristiane ordinate da Nerone. A Roma Pietro e Paolo sono venerati insieme come colonne fondanti della Chiesa. Pietro è considerato santo da tutte le confessioni cristiane, sebbene alcune neghino il primato petrino ed altre il primato papale che ne consegue.

Fonti storiche

Le fonti storiche circa la vita e l'operato di Pietro possono essere distinte in tre categorie:
La prima fonte, da considerarsi tra le più vicine al periodo in cui visse l’Apostolo, è costituita dagli scritti del Nuovo Testamento. Tra di essi un posto di rilievo spetta ai quattro Vangeli e agli Atti degli Apostoli.

Questi testi, redatti in greco durante il I secolo, sono gli unici a contenere riferimenti diretti alla vita di Pietro. Oltre ai testi citati la tradizione cristiana indica, nel canone biblico, anche due lettere a lui attribuite, sull'autenticità delle quali permangono però alcuni dubbi. Che la Prima lettera sia stata scritta da Pietro potrebbe essere indicato dalle parole iniziali. Inoltre la citano Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene e Tertulliano, attribuendola a Pietro.

Eusebio afferma che i vescovi usavano liberamente la lettera, e del resto ai suoi tempi (circa 260-342 d.C.) non c'era nessun dubbio sull'autenticità della lettera. Riferimenti si trovano anche in Ignazio, Erma e Barnaba, dell'inizio del II secolo. Anche sulla Seconda lettera (2 Pietro 1:1) sussiste qualche dubbio di autenticità, dovuto soprattutto alla differenza di stile. Ma questa circostanza potrebbe non costituisce un vero problema perché l'argomento e lo scopo delle due lettere erano diversi. La canonicità dello scritto è stata messa in discussione anche perché sarebbe poco attestata dai Padri della Chiesa, ma diversi cataloghi antichi delle Scritture Greche Cristiane (tra cui quelli di Ireneo, Cirillo di Gerusalemme, Atanasio di Alessandria e altri) considerano la Seconda lettera di Pietro parte del canone biblico.

La seconda categoria di fonti è costituita dagli scritti apocrifi a lui attribuiti. Questi testi vanno sotto il nome di Vangelo di Pietro, Predicazione di Pietro (andato perduto), Atti di Pietro, Atto di Pietro, Atti di Pietro e Andrea, Atti di Pietro e dei dodici, Atti di Pietro e Paolo, Lettera di Pietro a Filippo, Lettera di Pietro a Giacomo il Minore, Apocalisse di Pietro (greca), Apocalisse di Pietro (copta).

A causa della datazione tardiva e del contenuto, così come gli altri testi apocrifi, anche questi scritti non sono considerati come fonti storiche attendibili. È possibile, infatti, che in essi siano confluiti dei testi storicamente fondati ma anche discorsi a carattere apologetico frutto della venerazione eccessiva che si era diffusa intorno all’Apostolo.

Una terza ed ultima fonte, indiretta ma non per questo meno attendibile, è la testimonianza contenuta negli scritti dei Padri della Chiesa, in particolare di Papia, Clemente e Ireneo. Questa serie di testimonianze ha dalla sua parte il conforto dei ritrovamenti archeologici. Tra di essi il più antico è l’iscrizione in greco “Pietro (è) qui” (πετρος ενι), ritrovata nel cosiddetto “muro rosso” presso l’antica Tomba di Pietro, nella necropoli precostantiana sotto l’attuale Basilica di San Pietro a Roma. La datazione di questo reperto (foto) risale al 160 d.C. circa.

Da questo dato, o meglio dal significato originale del suo nome aramaico, scaturisce tutto il carisma della sua figura. Il suo nome originale era Simone (ebraico שמעון Šim‘ôn, Shim'on, dalla radice ebraica shama "ascoltare" e che assume molto probabilmente il significato di "colui che ha ascoltato"), ma, secondo quanto affermato da Matteo e Giovanni, ricevette da Gesù Cristo stesso il nome di Kefa, che in aramaico significa "roccia", "pietra", e quindi, per traslitterazione, “Pietro”, derivato dal greco Petros (cfr. Gv. 1,35-42).

Origini

Simon Pietro secondo il vangelo di Giovanni era nativo, così come il fratello Andrea e l'apostolo Filippo, di Betsaida, città situata a circa 3 chilometri a nord del Lago di Tiberiade, un antico villaggio successivamente ricostruito dal tetrarca Filippo che fondò qui la sua capitale.

Dopo il matrimonio si trasferì però, secondo i vangeli sinottici, a Cafarnao, piccolo villaggio della Galilea che divenne in seguito uno dei centri della predicazione di Gesù, che vi si recava spesso per soggiornare qualche tempo, come amico, presso la casa dell’Apostolo. Il trasferimento a Cafarnao, insieme alla moglie, la suocera, il padre e il fratello Andrea, fu dettato probabilmente da motivi pratici, in quanto quella città offriva maggiori possibilità lavorative per il commercio del pesce.

Gli scavi archeologici, effettuati a partire dal 1905, portarono alla luce i resti di un'antica sinagoga e di una chiesa di forma ottagonale alla cui base furono scoperte le fondamenta di una casa di pescatori. Nel 1968 la casa fu identificata con quella dell’Apostolo Pietro grazie alla presenza di alcuni attrezzi da pesca ivi rinvenuti, ma, soprattutto, per il ritrovamento di alcuni graffiti, raffiguranti Gesù e l‘Apostolo Pietro, databili al II secolo d.C.

Legami familiari


Nei vangeli Pietro è presentato come figlio di Giona o di Giovanni.

Di lui sappiamo essere fratello di Andrea, entrambi apostoli, scelti e chiamati sul lago di Galilea.

Secondo i vangeli, un giorno Gesù guarì a Cafarnao “dalla febbre” la suocera dell'apostolo. L'esistenza di questa suocera ha portato alla conclusione che Pietro fosse sposato ma nulla si conosce né della moglie né dei figli. Interessante è però ricordare che l'apostolo Paolo allude a una “donna credente di Cefa” che senza dubbio era la moglie. L'autore stesso della lettera solitamente identifica le collaboratrici col titolo di "sorelle" (adelphe) e non "sorelle donne", come sarebbe meglio tradurre "donna credente" (derivando dalle parole greche adelphen gunaika).. Secondo Clemente Alessandrino la moglie di Pietro seguì il marito nella sua predicazione e morì martire prima di lui.

Gli Atti apocrifi di Pietro copti attribuiscono all'apostolo anche una figlia. L'autore della Passio dei santi Nereo ed Achilleo (V-VI circa) la identifica con Petronilla, una martire sepolta nelle catacombe di Domitilla, a causa di un'assonanza col nome dell'apostolo e inserisce nel suo racconto, oltre al citato episodio, un brano secondo cui la giovane, guarita dal suo male, chiesta in sposa dal nobile Flacco, morì placidamente prima di accogliere la sua proposta di matrimonio. La tradizione indica il giorno della sua morte nel 31 maggio, data passata poi nel Martirologio Romano. Tuttavia S. Francesco di Sales afferma che "S. Petronilla, come dimostrato da Baronio e Galonio, era la figlia spirituale di S. Pietro, non la sua vera figlia".

Condizione economica e culturale

I fratelli Pietro e Andrea vengono presentati nei vangeli, sin dalla loro prima chiamata, come pescatori e più volte li ritroviamo con le barche sul lago di Galilea. Si sa anche che Giacomo e Giovanni di Zebedeo erano, secondo il vangelo di Luca, soci di Simone e difatti saranno "chiamati" subito dopo gli amici. Emblematico in tal senso è il noto episodio della pesca miracolosa, nel quale Pietro è intento a ripulire le reti dopo una dura notte di lavoro senza alcun risultato. Anche dopo la Resurrezione, Gesù apparve a Pietro e ad altri discepoli mentre pescavano nei pressi del lago di Tiberiade.

Dagli Atti degli apostoli emerge un altro aspetto importante della vita di Pietro: la sua condizione culturale. Arrestato con Giovanni e condotto in presenza del Sinedrio, l'apostolo rispose con saggezza al loro interrogatorio, lasciando meravigliati i due giudici che lo credevano senza istruzione e popolano. Pietro viene definito quindi "agrammatos" cioè poco esperto delle Scritture, senza preparazione scolastica né tantomento retorica, ma anche "idiotes", cioè popolano, uomo degli strati più bassi.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 15:18
 
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morgana1869
view post Posted on 23/11/2012, 16:31     +1   -1




Giacomo il Minore






Apostolo

Morte

62?

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Ricorrenza

3 maggio

Patrono di Andora


Giacomo il Minore è stato uno dei dodici apostoli di Gesù.

Nel Nuovo Testamento il suo nome ricorre quasi esclusivamente nelle liste dei dodici Apostoli di Gesù Cristo, dove viene indicato come Giacomo d'Alfeo (Matteo 10,3, Marco 3,18, Luca 6,15, Atti 1,13). Il patronimo consente di distinguerlo chiaramente dall'altro apostolo di nome Giacomo, il cui padre era Zebedeo: quest'ultimo viene chiamato dalla tradizione Giacomo il Maggiore, mentre il figlio di Alfeo viene generalmente indicato col nome di Giacomo il Minore.

Nei Vangeli ritroviamo poi un Giacomo, fratello di Ioses, citato in riferimento alla loro madre, Maria (Marco 15:40 e 16:1 e Matteo 27:56). Se si tratta dello stesso Giacomo, si può allora supporre, con un certo conforto delle Scritture, che anche Alfeo e Cleofa debbano essere considerate la stessa persona, in questo caso la madre di Giacomo sarebbe stata la Maria di Clèofa dei versetti paralleli di Giovanni 19:25.

Sulla base di così scarse citazioni non è dunque possibile ricostruire alcunché della sua vicenda biografica, neppure nel periodo in cui fu un seguace di Gesù. Nel resto degli Atti e in altri scritti neotestamentari manca qualsiasi riferimento anche di una sua attività seguente alla morte del Cristo.

Nulla sappiamo intorno alla sua morte.

Identificazione di Giacomo il Minore con Giacomo il Giusto

Eusebio di Cesarea identificava Giacomo Minore, per la sua forte figura morale, con Giacomo il Giusto, personaggio storicamente accertato nella sua qualità di primo capo della Chiesa di Gerusalemme, uno dei fratelli del Signore e autore (o pseudo-autore) della Lettera di Giacomo: ma tale identità non è stata mai accettata dalle Chiese orientali e viene molto contestata dai più recenti esegeti delle Sacre Scritture anche della Chiesa occidentale.

l'abate don Giuseppe Ricciotti così commentava le Scritture che parlano di Giacomo Matteo 13:55-58: "figlio del legnaiuolo, di Giuseppe, tale era stimato Gesù dagli abitanti di Nazaret, ignari del concepimento soprannaturale di Lui, e giudicando secondo la condizione legale per cui Giuseppe era sposo di Maria. Suoi fratelli ... sue sorelle, qui come altrove nel senso di cugini e parenti; e in realtà, dei quattro "fratelli" qui nominati, proprio i due primi - cioè Giacomo e Giuseppe - saranno presentati in seguito come figli di quella Maria moglie di Cleofa che fu ai piedi della croce di Gesù insieme con Maria madre di Lui."

Luca 6:13-16: "All'alba, chiamò i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli, cioè: Simone, a cui mise anche nome Pietro, e Andrea fratello di lui, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo figlio d'Alfeo e Simone detto Zelote, Giuda fratello di Giacomo e Giuda Iscariote, che fu poi traditore." Galati 1: 18, 19: "Pietro: il greco ha Cefa (cfr. 2, 9). — Giacomo il fratello del Signore: cioè cugino di Gesù, è Giacomo il Minore (vedi l'Introduzione s. Giacomo). Perciò Paolo venuto a Gerusalemme per conoscere e riverire Pietro, entrò in relazione anche con Giacomo: questi due infatti, insieme con Giovanni, erano i più insigni apostoli (cfr. 2, 9)."

Galati 2:9 "Colonne della Chiesa (cfr. 1, 18-19; 2, 8): Giacomo era parente di Gesù, Pietro era capo della Chiesa, Giovanni era stato il discepolo prediletto di Gesù." (pag. 1638).

La Lettera di Giacomo) viene così introdotta: "Giacomo, autore di questa lettera, è l'apostolo Giacomo figlio di Alfeo, cioè Giacomo il Minore, chiamato anche fratello del Signore ossia parente di Gesù Cristo. Fu martirizzato nell'anno 62, mentre era a capo della chiesa di Gerusalemme." Quella di Giuda invece: "L'autore di questa lettera è l'apostolo Giuda soprannominato Taddeo, fratello di GiacomoSalvatore Garofalo[3] commenta così le scritture che menzionano Giacomo: Marco 15:40 "Giacomo è detto il Minore per distinguerlo dall'omonimo apostolo, figlio di Zebedeo e fratello dell'evangelista Giovanni. Da Matteo 27:56 Salome è la moglie di Zebedeo." Atti 12:17 "Si tratta di Giacomo, parente di Gesù (cfr. Mt 13,55; Gal 1,19) e capo della comunità di Gerusalemme.

Galati 1:19 "Il cugino di Gesù era a capo della Chiesa di Gerusalemme: cfr At 12,17." ).
Così commenta l'Introduzione alla Lettera di Giacomo ) "Il Giacomo autore dello scritto sembra essere l'omonimo capo della comunità cristiana di Gerusalemme (At 12, 17; 21, 18), che si rivolge a giudeo-cristiani dispersi nel mondo greco-romano. Egli morrà nel 62 e più probabilmente scrisse tra il 57 e il 62, a motivo delle relazioni che si notano tra la lettera e gli altri scritti dell'A.T.".

E nella Introduzione alla Lettera di Giuda "Il Giuda autore di questa lettera è 'fratello di Giacomo'; più probabilmente di Giacomo parente di Gesù, venerato capo della chiesa madre di Gerusalemme. Egli quindi non sarebbe l'apostolo Giuda Taddeo, detto 'di Giacomo', nel senso di figlio di Giacomo"

Pietro Rossano[4] nel commento a Galati 2:9 dice: "Giacomo, il fratello, cioè parente, cugino del Signore, si deve distinguere da Giacomo di Zebedeo, detto il Maggiore, e da Giacomo di Alfeo, entrambi del collegio dei Dodici. Presiedeva con grande autorevolezza la comunità di Gerusalemme." Fedele Pasquero, sembra escludere che sia Giacomo sia Giuda (gli scrittori delle Lettere) fossero apostoli: infatti nella Introduzione alla Lettera di Giacomo ) scrive: "L'autore di questa lettera si presenta come Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, Giacomo 1:1 ma è difficile dire chi veramente sia.

La probabilità inclina verso la persona di Giacomo, fratello del Signore, probabilmente non apostolo, Giacomo 3:1, favorito da un'apparizione di Gesù risorto, 1 Corinzi 15:7, a cui Pietro fece annunziare la propria liberazione dal carcere, Atti 12:17, stimato una delle colonne della chiesa, Galati 2:9, vescovo di Gerusalemme per una trentina d'anni, molto osservante del giudaismo, ucciso verso il 62 sotto il sommo sacerdote Anania, dopo la morte del procuratore Festo.

A lui, appunto, la tradizione cristiana attribuisce la lettera." E nella Introduzione alla Lettera di Giuda: "L'autore stesso si dichiara fratello di Giacomo, che viene comunemente indicato come fratello di Gesù, quindi né l'uno né l'altro apostoli poiché in caso che lo fossero stati, non avrebbero mancato d'indicarlo. Come parente di Gesù dovette godere di grande stima nella chiesa primitiva, per cui poté rivolgere autoritativamente ai fedeli che certo lo conoscevano e che erano con ogni probabilità palestinesi, questo breve scritto." Mentre nell'Indice dei principali Nomi Propri cita i vari personaggi di nome Giacobbe (da cui evidentemente deriva Giacomo) "Giacobbe, figlio di Isacco ... Vi sono altri cinque personaggi di questo nome nel NT, di cui due Apostoli, v., un altro padre di San Giuseppe Matteo 1:15, 16, uno fratello del Signore, Marco 15:40; Galati 1:19; Atti 12:17, l'ultimo padre di Giuda Apostolo, Giuda 1

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 15:23
 
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morgana1869
view post Posted on 23/11/2012, 18:19     +1   -1




Giovanni apostolo ed evangelista


San Giovanni



Nascita

Betsaida (?), inizio I secolo

Morte

Efeso, fine I secolo

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Santuario principale

Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma

Ricorrenza

27 dicembre (Chiesa cattolica)

Attributi

Aquila, Calderone d'olio bollente, Coppa

Patrono di

Scrittori, Editori, Teologi, Teverola, Sansepolcro, Galbiate, San Giovanni la Punta, Motta San Giovanni, Efeso, Patmo
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Giovanni (Betsaida?, inizio I secolo – Efeso, fine I secolo) fu un apostolo di Gesù. La tradizione cristiana lo identifica con l'autore del quarto vangelo e per questo gli viene attribuito anche l'epiteto di evangelista. Secondo le narrazioni dei vangeli canonici era il figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell'apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista.

La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all'interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo, lo identifica con "il discepolo che Gesù amava", partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presenti alla sua morte in croce.

Secondo antiche tradizioni cristiane Giovanni sarebbe morto in tarda età ad Efeso, ultimo sopravvissuto dei dodici apostoli. Per la profondità speculativa dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come "il teologo" per antonomasia, raffigurato artisticamente col simbolo dell'aquila, attribuitogli in quanto, con la sua visione descritta nel Libro dell'Apocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo, come descritto nel Prologo del suo Vangelo, così come l'aquila, si riteneva, può fissare direttamente la luce solare.

A lui la tradizione cristiana ha attribuito cinque testi biblici: il quarto vangelo, tre lettere e l'Apocalisse. Altra opera a lui attribuita è l'Apocrifo di Giovanni.

Fonti storiche



Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) riferibili alla vita e all'operato di Giovanni, e nemmeno riferimenti diretti in opere di autori antichi non cristiani. Le fonti testuali conservatesi sono di tre tipi:

i quattro vangeli canonici e gli Atti degli apostoli, redatti in greco tra il I secolo e la prima metà del II, contengono gli unici riferimenti diretti alla vita di Giovanni (gli altri scritti neotestamentari a lui attribuiti dalla tradizione, le tre lettere e l'Apocalisse, non forniscono informazioni dirette sulla sua vita);

alcuni scritti apocrifi a lui attribuiti o riferiti – Atti di Giovanni, Apocrifo di Giovanni, Interrogatio Johannis – che per la datazione tardiva e per il contenuto leggendario non sono considerati come vere e proprie fonti storiche, sebbene sia possibile che il più antico di questi, gli Atti, abbia raccolto alcuni dettagli storicamente fondati;

alcuni accenni contenuti negli scritti di alcuni Padri della Chiesa, in particolare Tertulliano, Ireneo di Lione, Eusebio di Cesarea e Girolamo.

Nome ed epiteti

Giovanni. È il nome proprio usato nei testi neotestamentari (con la curiosa esclusione del quarto vangelo) e nella tradizione cristiana. Il termine corrisponde all'ebraico יוחנן (Yehohanàn), letteralmente "YH fece grazia", traslitterato in greco Ιωάννης (Ioànnes) e in latino Ioànnes. Si tratta di un nome comune nell'onomastica ebraica e portato da altri personaggi del Nuovo Testamento, in particolare Giovanni Battista e Giovanni-Marco, l'autore del secondo vangelo.

Boanèrghes (Βοανηργες). È il soprannome aramaico che, secondo Mc3,17, Gesù stesso diede a Giovanni e suo fratello Giacomo. Secondo lo stesso passo evangelico significa "figli del tuono". In realtà il significato del termine non è immediato, in quanto la resa greca dell'aramaico non è perfetta. La prima parte (βοανη, boanè) può corrispondere al plurale aramaico-ebraico בני (b enè), "figli di" (al singolare sarebbe bar, vedi Barabba). Per la seconda parte (ργες) è stata ipotizzata un'errata lettura da un manoscritto aramaico, precedente alla redazione evangelica in greco, del termine r'm ("tuono") nell'evangelico r's (ργες), data la somiglianza tra la mem finale ם (quadrata) e la samech ס (tondeggiante).

In questo caso l'epiteto viene collegato al temperamento focoso dei due fratelli (vedi in particolare Mc9,38;Mc10,35-40;Lc9,54), oppure può riferirsi al fatto che, nelle teofanie dell'Antico Testamento (p.es. Es19,16;Sal29,3), il tuono indica la voce di Dio: in tal senso "figli del tuono" indicherebbe la missione dei due fratelli di annunciatori della parola di Dio.

Un'interpretazione diversa ipotizza altre radici semitiche come רגש (ragàsh), "tumulto", oppure רגז (ragàz), "ira", "turbamento". In tal senso, è stato ipotizzato che il nome fosse riferito ai fratelli per una ipotetica loro appartenenza al movimento nazionalista zelota.
Figlio di Zebedeo o fratello di Giacomo.

"Discepolo che Gesù amava". Come sopra indicato il quarto vangelo non nomina mai l'apostolo Giovanni. Di contro è presente in esso un personaggio assente negli altri testi neotestamentari, il "discepolo che Gesù amava" (Gv13,23;19,26;20,1-10;21,7;21,20). La tradizione cristiana ha identificato con sicurezza questo anonimo discepolo, indicato anche genericamente come "l'altro discepolo" (Gv20,3-8), con lo stesso Giovanni. In caso contrario sarebbe totalmente assente nel quarto vangelo un personaggio che è descritto come di primo piano negli altri tre vangeli e negli Atti degli apostoli

In un solo passo del Nuovo Testamento (Gal2,9) Paolo chiama Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo (non suo fratello), "Colonna" della Chiesa, per sottolinearne l'importante ruolo rivestito nella comunità di Gerusalemme.

Evangelista. L'apostolo Giovanni viene dalla tradizione anche detto evangelista in quanto ritenuto autore del quarto vangelo. Le più antiche indicazioni a proposito risalgono alla prima metà del II secolo.
Epistèthios, aggettivo neologistico plasmato dall'espressione ἐπὶ τὸ στῆθος (epì to stèthos, "su il petto") di Gv13,25;21,20: durante l'ultima cena Giovanni appoggiò il capo sul petto di Gesù per chiedergli chi l'avrebbe tradito. L'epiteto è proprio della tradizione patristica greca.

Presbitero. Sia la seconda che la terza lettera incluse nel Nuovo Testamento, che la tradizione cristiana attribuisce a Giovanni, sono indicate nei rispettivi incipit (2Gv1;3Gv1) come opera di un anonimo "presbitero", cioè letteralmente "anziano", che viene tradizionalmente inteso però come autorevole grado onorifico attribuito agli apostoli o ai loro stretti collaboratori (così per primo J.B. Lightfoot).

A favore dell'identificazione Giovanni apostolo ed evangelista = presbitero vi sono motivi di ordine filologico, cioè somiglianza di stile e contenuti tra le due lettere e gli altri testi giovannei: l'autore è la stessa persona, oppure chi ha redatto pseudoepigraficamente le due lettere intendeva riferirle al Giovanni apostolo ed evangelista indicandolo sinonimicamente come presbitero. Di contro, alcune indicazioni patristiche antiche (che attribuiscono anche all'anonimo il nome di Giovanni) distinguono i due personaggi.


Di Patmo. L'autore dell'Apocalisse biblica si identifica col nome di Giovanni (Ap1,1;1,4;1,9;22,8) e si dice residente nell'isola di Patmo (Ap1,9). La successiva tradizione cristiana, a partire da inizio II secolo, lo ha identificato con certezza con l'apostolo ed evangelista.

Teologo. Il titolo, caro in particolare alla tradizione orientale greca, deriva dal fatto che tra i quattro vangeli quello di Giovanni è caratterizzato da numerose speculazioni teologiche.
Vergine (parthènos in greco).

Sacerdote. Nella tradizione cristiana il solo Eusebio di Cesarea riporta un'affermazione che attribuisce a Policrate di Efeso (fine II secolo), secondo la quale Giovanni, il quale poggiò il capo sul petto del Signore (durante l'ultima cena), indossava la placca sacerdotale (petalon), cioè apparteneva a una delle classi sacerdotali che gestivano il culto del tempio di Gerusalemme. Il valore storico dell'affermazione è controverso (v. dopo).

Vita

Al pari degli altri personaggi neotestamentari, in primis Gesù, la cronologia e la vita di Giovanni non ci sono note con precisione. I testi evangelici lo indicano come un fedele seguace del maestro, ma il periodo precedente e seguente alla sua partecipazione al ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30, vedi data di morte di Gesù) è ipotetico e frammentario.

Origine e caratteristiche personali

I dettagli circa la vita di Giovanni prima dell'incontro con Gesù sono in gran parte ipotetici, desumibili da alcuni accenni sparsi nei vangeli. Il luogo e la data di nascita non ci sono noti. La tradizione successiva che lo indica come il più giovane degli apostoli, o meglio come l'unico di questi morto in tardissima età (v. dopo), può indicare una data di nascita alcuni anni successiva all'inizio dell'era cristiana (attorno al 10?).

Il luogo di residenza, e probabilmente anche di nascita, era Betsaida, una località galilaica sita sul Lago di Genesaret. Il padre era Zebedeo, la madre Salomè e aveva (almeno) un fratello, Giacomo. Il fatto che nelle liste stereotipate degli apostoli nei sinottici (ma non negli Atti) Giovanni segua Giacomo, o che quest'ultimo venga spesso indicato come "figlio di Zebedeo", mentre Giovanni sia indicato come suo fratello, può lasciare concludere che Giacomo fosse il fratello maggiore.

La famiglia era dedita alla pesca. Il padre aveva dei garzoni (Mc1,20) e i suoi figli sono detti soci di Simon Pietro (Lc5,10), ed è possibile che la famiglia facesse parte di una sorta di cooperativa di pescatori. Questo potrebbe spiegare come mai l'"altro discepolo" presente al processo di Gesù, tradizionalmente identificato con Giovanni, fosse conosciuto "al sommo sacerdote" (Gv18,15), o meglio ai domestici del suo palazzo che lo fecero entrare: è verosimile che la sua famiglia gestisse un commercio ittico, e in quanto tale è possibile che godesse di tale conoscenza.

Circa l'accenno di Policrate di Efeso allo statuto sacerdotale di Giovanni (e della sua famiglia), la storicità è controversa. Se autentico, il particolare spiega la conoscenza di Giovanni da parte del sommo sacerdote. A favore dell'autenticità gioca l'antichità della testimonianza di Policrate e il fatto di essere inserito nella tradizione giovannea propria della chiesa di Efeso.

Di contro, negli scritti neotestamentari non si trova alcuna conferma di questo status privilegiato, e può trattarsi di un particolare agiografico e leggendario successivamente elaborato per spiegare la conoscenza tra lo ieratico sommo sacerdote e l'umile pescatore della semi-pagana Galilea. Data la scarsità delle informazioni è impossibile arrivare su questo punto a una soluzione chiara e condivisa.

Sempre rimanendo nel campo delle ipotesi, si può supporre che la famiglia di Giovanni appartenesse al ceto medio, ed è possibile che la madre Salomè facesse parte del seguito di agiate donne che provvedevano alle necessità economiche del gruppo itinerante (Lc8,2-3).

La tradizione ha poi identificato in Giovanni l'"altro discepolo" che, con Andrea, faceva parte del seguito di Giovanni Battista ma seguì poi Gesù (Gv1,35-40). Questa sua adesione al movimento battista, poi abbandonato a favore del nascente cristianesimo, spiega l'insistenza con cui nel suo vangelo sottolinea che Giovanni Battista non era la persona attesa dalla tradizione ebraica, ma era solo un precursore di Gesù (Gv1,8;1,15;1,20;1,29-34;5,33-36;10,41).

Chiamata

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La vocazione di Giovanni da parte di Gesù è esplicitamente narrata dai tre vangeli sinottici. Matteo (4,21-22) e Marco (1,19-20) ne forniscono un sobrio resoconto: i due fratelli Giovanni e Giacomo vengono chiamati da Gesù "presso il Mare di Galilea" mentre sono sulla barca col padre Zebedeo, intenti a riparare le reti da pesca. Questa chiamata viene narrata subito dopo quella di Andrea e Pietro, avvenuta in simile contesto lavorativo.

Luca invece inserisce la chiamata all'interno del miracolo della cosiddetta pesca miracolosa (taciuta da Mt e Mc, riportata da Gv21,1-13 dopo la risurrezione di Gesù), e tace la presenza di Andrea.

Il Vangelo di Giovanni invece, assumendo la tradizionale identificazione dell'"altro discepolo" con lo stesso evangelista, ambienta la chiamata (Gv1,35-40) a Betania, presso il fiume Giordano (Gv1,28). Qui Giovanni e Andrea, discepoli di Giovanni Battista, furono da lui invitati a seguire Gesù con la frase "Ecco l'Agnello di Dio". Particolarmente vivo appare il dettaglio per cui l'apostolo, futuro evangelista narratore, ricorda con precisione il momento della sua vocazione: "l'ora decima", cioè le quattro del pomeriggio.

Una possibile armonizzazione delle narrazioni evangeliche ipotizza una prima chiamata di Giovanni e degli altri futuri apostoli presso Betania, quindi il loro ritorno in Galilea, quindi la definitiva chiamata presso il Mare di Galilea. L'esegesi contemporanea, meno interessata a compiere armonizzazioni cronologiche-cronachistiche (intento propriamente assente nei vangeli) e più attenta ai dati positivi contenuti nelle narrazioni evangeliche, si limita a riconoscere per Giovanni un passato di pescatore e un possibile discepolato verso il Battista prima della sequela di Gesù.

Apostolo di Gesù

Dopo la sua vocazione, durante gli anni del ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30), Giovanni sembra rivestire un ruolo importante all'interno della cerchia dei dodici apostoli, secondo solo a Pietro e seguito da suo fratello Giacomo. I tre sono presenti durante alcuni dei principali eventi della vita del maestro, quando sono preferiti in maniera esclusiva agli altri apostoli:
la risurrezione della figlia di Giairo;
la trasfigurazione di Gesù;
la preghiera nel Getsemani, dopo l'ultima cena e prima dell'arresto di Gesù.

Con Pietro riceve l'incarico di preparare l'ultima cena (Lc22,8).

Il solo Luca (9,51-56) riporta un episodio che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un "fuoco discendente dal cielo" (vedi l'omologo episodio di Elia in 2Re1,2-15), attirandosi il rimprovero del maestro.

Sia Matteo (20,20-23, che introduce l'intermediazione della madre Salomè, una probabile finanziatrice del gruppo, v. sopra) che Marco (10,35-40) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta Gesù risponde evasivamente con l'assicurazione che "berranno il suo calice", cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At12,1-2).

Nel quarto vangelo, come sopra indicato, Giovanni viene tradizionalmente identificato col "discepolo che Gesù amava". Durante l'ultima cena riveste un ruolo particolare a fianco del maestro (Gv13,23-25), interrogandolo sull'identità del traditore. È testimone privilegiato del processo di Gesù (Gv18,15). Nonostante fosse scappato con gli altri apostoli durante l'arresto nel Getsemani, è l'unico dei discepoli presenti durante la crocifissione di Gesù, al quale affida sua madre Maria (Gv19,26-27). Dopo la risurrezione di Gesù corre con Pietro al sepolcro (Gv20,3-8). Durante l'apparizione in Galilea è il primo a riconoscere il maestro risorto (Gv21,7).

Compagno di Pietro


Negli Atti degli apostoli, che descrivono le vicende della Chiesa apostolica in un periodo compreso all'incirca tra il 30 e il 60, Giovanni gioca ancora un ruolo di primo piano, specialmente nella prima sezione (la seconda è focalizzata sull'operato di Paolo). In At1,13 Giovanni è nominato dopo Pietro al secondo posto nella lista degli apostoli sorpassando il fratello Giacomo, che nelle liste contenute nei vangeli lo precede.

In At3,1-11 (inizio anni 30?) viene descritto un miracolo, la guarigione di un uomo storpio dalla nascita, compiuto da Pietro e Giovanni presso la porta "bella" del tempio di Gerusalemme. La grande risonanza che il fatto ebbe portò all'arresto dei due apostoli che furono fatti comparire davanti al Sinedrio. Il consiglio però non li punì e li lasciò liberi (At4,1-21).

In At5,17-42 (metà anni 30?) viene descritta l'incarcerazione da parte del sommo sacerdote degli "apostoli", lasciati anonimi con l'eccezione di Pietro. Tradizionalmente Giovanni viene inserito nell'episodio, inclusione non sicura ma resa verosimile dal suddetto episodio analogo. Secondo il testo biblico l'incarcerazione si concluse nella notte stessa con una miracolosa liberazione. Seguì l'indomani un nuovo arresto e un secondo processo sinedrita, con l'intervento favorevole da parte di Gamaliele, che ne stabilì la liberazione dopo averli fatti fustigare.

Durante la prima persecuzione anticristiana ebraica (attorno al 35-37?), che vide la morte di Stefano e l'attivo operato di Saulo, gli apostoli (e Giovanni) sembrano non essere coinvolti (At8,1).

L'ultimo accenno esplicito di Atti a Giovanni è in At8,14-25, quando l'apostolo viene inviato assieme a Pietro in Samaria dove avvenne l'incontro con Simon Mago. Questa missione evangelizzatrice non sembra comunque aver troncato i legami con la chiesa madre di Gerusalemme.

In occasione degli eventi del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50, At15,1-35), che stabilì la non osservanza dei precetti della Torah per i pagani-cristiani, il ruolo svolto da Giovanni viene taciuto da Atti che mette in primo piano Pietro e Giacomo (non il "Maggiore" fratello di Giovanni, ucciso attorno al 44, ma il "fratello" di Gesù[16]). Tuttavia nel resoconto paolino di Gal2,1-9 Giovanni viene collocato sullo stesso piano degli altri due discepoli e sono chiamati "colonne".

Predicazione in Asia

Circa gli anni successivi agli eventi narrati negli Atti, le antiche tradizioni cristiane concordano nel collocare l'operato di Giovanni in Asia (cioè l'attuale Turchia occidentale), in particolare a Efeso, con una breve parentesi di esilio nell'isola di Patmo.

In particolare, Ireneo di Lione afferma che "Giovanni, il discepolo del Signore, quello che riposò pure sul petto di lui, anch'egli pubblicò un Vangelo, mentre soggiornava in Efeso d'Asia" (Adv.Haer.III,1,1).

Policrate di Efeso riporta una tradizione altrettanto antica quando, intorno all'anno 190, scrisse al Vescovo di Roma Vittore per difendere la prassi pasquale quartodecimana in uso nelle chiese d'Asia affermando di averla appresa dai "grandi luminari che riposano in Asia...: Filippo...morto a Gerapoli...; Giovanni, che si era chinato sul petto del Signore, che fu sacerdote e portò il petalon, che fu testimone e maestro, è morto ad Efeso" (Eusebio,Hist.Eccl. V,24,2-3 e III,31,3).

A Policarpo di Smirne si riferisce Ireneo (a sua volta citato da Eusebio) nella lettera a Florino, collocando esplicitamente in Asia la predicazione di Policarpo in cui "raccontava i suoi rapporti con Giovanni e con gli altri cha avevano visto il Signore" (Eusebio,Hist.Eccl. V,20,6).

Eusebio inoltre, segnalando che il nome 'Giovanni' è presente due volte nell'elenco dei nomi tratto da Papia di Gerapoli e da lui riportato, afferma: "Con ciò viene dimostrata la veridicità del racconto di coloro che dicevano che in Asia due persone avevano lo stesso nome, e ricordavano che ancora oggi esistono due tombe che portano il nome di Giovanni a Efeso". (Eusebio,Hist.Eccl.III,39,6).

Papia di Gerapoli, infatti, nella sua opera 'Esposizione degli Oracoli del Signore', afferma di riportare ciò che aveva appreso dai presbiteri, "coloro che tramandano la memoria dei precetti dati dal Signore...Se poi veniva qualcuno che era stato discepolo dei presbiteri, chiedevo le parole dei presbiteri...Che cosa aveva detto Andrea,Pietro (...) Giovanni o Matteo (...) e ciò che dicono Aristione e il presbitero Giovanni, discepoli del Singore" (Eusebio,Hist.Eccl.III,39,1-17).

Il contesto cronologico complessivo però è meno definito, e in particolare è ignota è la data in cui Giovanni (e secondo la tradizione anche Maria, sulla base di Gv19,26-27) si è trasferito in questa città, all'epoca la quarta metropoli dell'impero romano (dopo Roma, Alessandria e Antiochia). È possibile che l'apostolo si sia trasferito in Asia prima del Concilio di Gerusalemme (circa 49-50) e soprattutto del prolungato soggiorno nella città di Paolo (almeno due anni, dalle varie ipotesi cronologiche collocati tra il 52-58): in tal caso Giovanni sarebbe il fondatore di questa chiesa. Ad ogni modo, indipendentemente dalla sequenza cronologica (Giovanni poi Paolo oppure Paolo poi Giovanni[17]), sarà la figura di Giovanni a lasciare una netta impronta alle chiese asiatiche (vedi p.es. la questione quatordecimana sulla celebrazione della Pasqua).

Accenni contenuti in testi patristici nominano alcuni discepoli di Giovanni che poi giocarono ruoli di primo piano nella storia e nella letteratura cristiana: Papia di Ierapoli e Policarpo di Smirne.

Atti di Giovanni

L'apocrifo Atti di Giovanni (seconda metà II secolo) descrive dettagliatamente alcuni eventi della vita di Giovanni nel periodo del suo soggiorno a Efeso con lo stile agiografico-leggendario proprio degli apocrifi. Secondo la versione lunga del testo (tr. ing.), pervenutaci priva della parte iniziale, Giovanni si reca da Mileto a Efeso per un rivelazione divina.

Qui incontra Licomede, un magistrato della città, e sua moglie Cleopatra. Dopo poco entrambi muoiono ma Giovanni li risuscita. L'apostolo poi guarisce pubblicamente molti malati nel teatro della città. Un giorno entra nel tempio di Artemide e metà di questo crolla, causando molte conversioni al cristianesimo (secondo una versione latina 12.000). Per questo Giovanni rinuncia al suo proposito di recarsi a Smirne (ma il manoscritto tardivo Q. Paris Gr. 1468, dell'XI secolo, riferisce di un suo soggiorno colà con alcuni compagni per quattro anni). Quindi il testo riporta la miracolosa risurrezione della cristiana Drusiana, moglie di Andronico. La sezione successiva riporta un lungo discorso di Giovanni che descrive Gesù in chiave doceta, per cui la sua natura umana era solo apparente e lo stesso per i patimenti che gli si attribuiscono.

Alcune testimonianze latine (Abdia, Melito) aggiungono altri miracoli (ricompone miracolosamente i frammenti di un gioiello frantumato, trasforma pietre di gemme, risorge alcuni morti) accennando a una predicazione a Pergamo. Le varie versioni terminano col decesso dell'apostolo per cause naturali. In alcune versioni il corpo, dopo la sua sepoltura, non viene più ritrovato, lasciando ipotizzare un'assunzione al cielo.

Secondo la versione breve del testo (tr. ing.), dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme (70), l'imperatore Domiziano (regno 81-95) sente parlare dell'apostolo e manda a chiamarlo da Efeso. Giunto al suo cospetto a Roma gli parla della fede cristiana nel Regno futuro di Gesù, figlio di Dio. L'imperatore gli chiede una prova e Giovanni chiede una coppa di veleno che beve (vedi Mt20,20-23;Mc10,35-40) rimanendo miracolosamente illeso.

Domiziano dubita dell'efficacia del veleno e lo fa bere a un condannato a morte che muore all'istante, ma Giovanni lo risuscita. Poco dopo risuscita anche un servo dell'imperatore da poco deceduto. Domiziano dunque, che aveva fatto votare dal senato un decreto contro i cristiani ma non voleva applicarlo a Giovanni, ordina che sia esiliato nell'isola di Patmo. Qui ha la rivelazione della fine (Apocalisse). A Domiziano succede Nerva (96-98), che abolì gli esili forzati imposti dal predecessore, ma solo sotto Traiano (98-117) Giovanni ritorna Efeso. Data la tarda età ordina come suo successore Policarpo. L'apocrifo termina con una lunga serie di preghiere di Giovanni in punto di morte e col suo decesso per cause naturali.

Altre fonti

Sebbene lo stile leggendario dell'apocrifo ne renda improbabile un completo valore storico è possibile che il testo abbia raccolto qualche elemento fondato. Sia la residenza a Efeso che il soggiorno presso Patmo sotto Domiziano sono documentati da altre fonti. Girolamo precisa l'anno dell'esilio al 14° del regno dell'imperatore (95) in occasione di una seconda persecuzione (dopo la prima di Nerone), confermando il ritorno a Efeso sotto Nerva ("Pertinax") e la morte sotto Traiano.

Ireneo ricorda, durante il soggiorno di Giovanni a Efeso, il suo scontro con Cerinto, un cristiano poi giudicato eretico che sosteneva una dottrina adozionista. In tal senso possono essere contestualizzati gli accenni presenti nel quarto vangelo alla preesistenza del Logos-Gesù.

Tertulliano accenna brevemente a un episodio secondo il quale Giovanni a Roma, sede del martirio di Pietro e Paolo, fu immerso nell'olio bollente ma non ne patì e fu esiliato in un'isola (Patmo). Il miracolo, che non trova riscontro in nessun'altra fonte storica e va probabilmente inteso come una leggenda tardiva, non è contestualizzato ma la tradizione cristiana (ripresa in particolare dalla Legenda Aurea c. 69) lo ha localizzato presso la Chiesa di San Giovanni in Oleo, nei dintorni della Porta Latina, sotto l'imperatore Domiziano. Un possibile accenno al supplizio inflitto a Giovanni, secondo una recente e suggestiva ipotesi, è presente nella IV satira di Giovenale: dopo la narrazione dell'uccisione, per ordine di Domiziano, del nobile Acilio Glabrione, probabilmente a causa della sua adesione al Cristianesimo, è raccontata la cattura di un enorme pesce peregrinus (straniero) che l'imperatore avrebbe cucinato in una capiente padella in veste di Pontefice Massimo. L'allusione a Giovanni potrebbe cogliersi dal significato cristologico dell'immagine del pesce, dal contesto dell'intera satira, e dal legame fra la persecuzione anticristiana di Domiziano e un'indagine concernente il fiscus iudaicus.

Tradizione archeologica


A Patmo una grotta detta "dell'Apocalisse" viene indicata come dimora dell'apostolo durante il suo momentaneo esilio. Dal 1999 è uno dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, assieme al Monastero di San Giovanni.

Ricerche archeologiche condotte alla fine del secolo scorso, sulla base delle visioni della stigmatizzata monaca agostiniana Anna Katharina Emmerick (1774 - 1824), hanno permesso il ritrovamento a circa 9 km a sud di Efeso della casa di Maria (da non confondere con la "Santa Casa" di Loreto), dove sarebbero vissuti la madre di Gesù e l'apostolo Giovanni.

Morte

Giovanni rappresenta un caso particolare tra i dodici apostoli poiché la tradizione lo indica come l'unico morto per cause naturali e non per martirio. Oltre agli Atti di Giovanni, alcune indicazioni patristiche sono concordi nel datare la morte a Efeso sotto l'impero di Traiano (98-117), e Girolamo specifica la data con precisione al 68º anno dopo la passione del Signore, cioè nel 98-99.

Secondo un racconto del quarto vangelo (Gv21,20-23), c'era tra le comunità cristiane la curiosa leggenda per cui Giovanni, l'apostolo prediletto, non sarebbe morto prima della parusia di Gesù. Questa doveva essere nata per la notevole anzianità dell'apostolo: un'età di 90-100 anni rappresentava per l'epoca un elevato traguardo. Assumendo inoltre l'autenticità giovannea dell'Apocalisse, testo che rivela la fine del mondo e il ritorno del Signore, poteva essere logico ipotizzare che all'apostolo sarebbe stato concesso di vivere quello che aveva visto estaticamente. Alla morte di Giovanni alcuni suoi discepoli hanno inserito in appendice il racconto per chiarire che la leggenda non aveva fondamento nella predicazione di Gesù.

L'apocrifo Atti di Giovanni descrive una sua lunga preghiera d'addio e varie versioni (considerate tutte leggende tardive) divergono circa la sua fine:
muore dicendo "La pace sia con voi, fratelli"
viene avvolto da una luce abbagliante e muore, e dalla sua tomba ne esce della manna;
il mattino seguente alla sepoltura i discepoli non ne trovano più il corpo (o ne trovano solo i sandali), lasciando ipotizzare un'assunzione al cielo. Questo particolare, sebbene abbia goduto di una certa fortuna artistica, non è stato accolto dalla tradizione teologica cristiana che riconosce l'"assunzione" solo a Elia e a Maria (per il caso di Gesù si parla propriamente di "ascensione").

Opere attribuite o riferite


A Giovanni la tradizione cristiana ha attribuito (cioè ne è considerato l'autore) o riferito (cioè è il soggetto della narrazione) alcune opere. Una divisione immediata è tra quelle canoniche, cioè incluse tra i libri della Bibbia (nella fattispecie del Nuovo Testamento), e apocrife (cioè escluse dalla Bibbia).

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 15:33
 
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morgana1869
view post Posted on 24/11/2012, 08:06     +1   -1




Apostolo Andrea







Apostolo

Nascita

Betsaida, 6 a.C.

Morte

Patrasso, 30 novembre 60 (circa)

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Santuario principale

Basilica di Sant'Andrea Apostolo, Patrasso

Ricorrenza

30 novembre

Attributi

Croce decussata, Rete da pesca

Patrono di

Scozia, Russia, Sicilia, Grecia, Romania, Malta, Prussia, Amalfi, Gricignano di Aversa,
Sarzana, Empoli,Caprarica del Capo, Tricase Lecce, marinai, pescatori, cantanti



Andrea (in lingua greca Ανδρέας, denominato secondo la tradizione ortodossa Protocletos o il Primo chiamato; Betsaida, 6 a.C. – Patrasso, 30 novembre 60) fu un apostolo di Gesù Cristo, venerato come santo dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa.

Elementi biografici


Andrea era il fratello di san Pietro. Quasi sicuramente il suo nome (derivante dal vocabolo greco ανδρεία, "virilità, valore"), come altri nomi tramandati in greco, non era il nome originario di questo apostolo in quanto, nella tradizione ebraica o giudaica, il nome Andrea compare solo a partire dal II-III secolo.

Il Nuovo Testamento ricorda che Andrea era figlio di Giona, o Giovanni, (Mc 1:16-17; Gv 1:42). Egli era nato a Betsaida sulle rive del Lago omonimo in Galilea (Gv 1:44). Assieme al fratello Pietro esercitava il mestiere di pescatore e la tradizione vuole che Gesù stesso lo avesse chiamato ad essere suo discepolo invitandolo ad essere per lui "pescatore di uomini" (ἁλιείς ἀνθρώπων, halieis anthropon), tradotto anche come "pescatore di anime". Agli inizi della vita pubblica di Gesù, occupavano la stessa casa a Cafarnao (Mc 1:21-29).

Il Vangelo di Giovanni ricorda che Andrea, con suo fratello Simon Pietro, era stato in precedenza discepolo di Giovanni il Battista, che per primo gli consigliò di seguire Gesù, continuatore della sua opera (Gv 1:35-40). Andrea fu il primo a riconoscere in Gesù il Messia e lo fece conoscere al fratello (Gv 1:41). Presto entrambi i fratelli divennero discepoli di Cristo. In un'occasione successiva, prima della definitiva vocazione all'apostolato, essi erano definiti come grandi amici e lasciarono tutto per seguire Gesù (Lc 5:11; Mt 4:19-20; Mc 1:17-18).

Nei vangeli Andrea è indicato essere presente in molte importanti occasioni come uno dei discepoli più vicini a Gesù (Mc 13:3; Gv 6:8, 12:22), ma negli Atti degli Apostoli si trova solo una menzione marginale della sua figura (At 1:13).

Eusebio di Cesarea ricorda nelle sue "Origini" che Andrea aveva viaggiato in Asia Minore ed in Scizia, lungo il Mar Nero come del resto anche sul Volga e sul Kiev. Per questo egli è divenuto santo patrono della Romania e della Russia. Secondo la tradizione, egli fu il fondatore della sede episcopale di Bisanzio (Costantinopoli), dal momento che l'unico vescovato dell'area asiatica che era già stato fondato era quello di Eraclea. Nel 38, su questa sede gli succedette Stachys. La diocesi si svilupperà successivamente nel Patriarcato di Costantinopoli. Andrea è riconosciuto come santo patrono della sede episcopale.

La tradizione vuole che Andrea sia stato martirizzato per crocifissione a Patrasso (Patrae) in Acaia (Grecia). Dai primi testi apocrifi, come ad esempio gli Atti di Andrea citati da Gregorio di Tours, si sa che Andrea venne legato e non inchiodato su una croce latina (simile a quella dove Cristo era stato crocifisso), ma la tradizione vuole che Andrea sia stato crocifisso su una croce di forma detta Croce decussata (a forma di X) e comunemente conosciuta con il nome di "Croce di Sant'Andrea"; questa venne adottata per sua personale scelta, dal momento che egli non avrebbe mai osato eguagliare il Maestro nel martirio. Quest'iconografia di sant'Andrea appare ad ogni modo solo attorno al X secolo, ma non divenne comune sino al XVII secolo. Proprio per il suo martirio, sant'Andrea è divenuto anche il patrono di Patrasso.

Atti e Vangelo di Andrea

Gli scritti apocrifi che compongono gli Atti di Andrea, menzionati da Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina e da altri, è compreso in un gruppo disparato di Atti degli apostoli che vengono tradizionalmente attribuiti a Lucio Carino. Questi atti risalgono al III secolo e, assieme al Vangelo di Andrea, appaiono tra i libri rigettati dalla chiesa nel Decretum Gelasianum di papa Gelasio I.

La serie completa degli Atti venne edita e pubblicata da Konstantin von Tischendorf nel suo Acta Apostolorum apocrypha (Lipsia, 1821), che si occupò di riordinarli per la prima volta in modo ordinato e filologicamente corretto. Un'altra versione è presente nella Passio Andreae, pubblicata da Max Bonnet (Supplementum II Codicis apocryphi, Parigi, 1895).

Culto

La festa di Sant'Andrea è ricordata il 30 novembre nelle Chiese d'Oriente e d'Occidente ed è festa nazionale in Scozia.

Le reliquie


Dopo il martirio di sant'Andrea, secondo la tradizione, le sue reliquie vennero spostate da Patrasso a Costantinopoli. Leggende locali dicono che le reliquie vennero vendute dai romani. Sofronio Eusebio Girolamo scrisse che le reliquie di Andrea vennero portate da Patrasso a Costantinopoli per ordine dell'imperatore romano Costanzo II nel 357.

Qui rimasero sino al 1208 quando le reliquie vennero portate ad Amalfi, in Italia, dal cardinale Pietro Capuano, nativo di Amalfi. Nel XV secolo, la testa di sant'Andrea fu portata a Roma, dove venne posta in una teca in uno dei quattro pilastri principali della basilica di San Pietro.

Nel settembre del 1964, come gesto di apertura verso la Chiesa ortodossa greca, papa Paolo VI consegnò un dito e parte della testa alla chiesa di Patrasso. Il Duomo di Amalfi, dedicata appunto a sant'Andrea (come del resto la città stessa), contiene una tomba nella sua cripta che continua a contenere alcune altre reliquie dell'apostolo.

Nel sesto secolo la reliquia di una mano e di un braccio di sant'Andrea fu donata a Venanzio vescovo di Luni dal papa Gregorio Magno, suo grande amico. È tradizione che in tale tempo, e con l'occasione del dono, sia stata costruita in Sarzana la chiesa di Sant'Andrea, che divenne la dimora della reliquia. Da quel giorno l'Apostolo divenne il Patrono della città. Tali reliquie si conservano al presente nella Cattedrale di Sarzana; essa era stata portata da Costantinopoli a Roma da un certo Andrea, maggiordomo dell'imperatore Maurizio di Bisanzio.

La testa del Santo venne donata, insieme ad altre reliquie (un mignolo e alcune piccole parti della croce), da Tommaso Paleologo, despota della Morea spodestato dai Turchi, a papa Pio II nel 1461, in cambio dell'impegno per una crociata che avrebbe dovuto riprendere Costantinopoli. Il papa accettò il dono promettendo di restituire le reliquie quando la Grecia fosse stata liberata e ne inviò la mandibola custodita nell'antico reliquiario a Pienza.

Per decisione di papa Paolo VI nel 1964 le reliquie conservate a Roma vennero inviate nuovamente a Patrasso all'interno dell'antico reliquiario bizantino, fino ad allora custodito nella cattedrale pientina; in cambio il Papa donò alla cattedrale di Pienza il busto-reliquiario della testa commissionato da Pio II a Simone di Giovanni Ghini per la basilica di San Pietro in Vaticano. Le reliquie rese sono a tutt'oggi custodite nella chiesa di sant'Andrea a Patrasso in una speciale urna e vengono mostrate ai fedeli in occasione della festa del 30 novembre.

La Chiesa Madre di San Nicola in Gesualdo (AV) conserva un braccio del santo. La reliquia fu donata da Eleonora Gesualdo, badessa del celebre monastero del Goleto, quando, verso la fine del Cinquecento, si trasferì a Gesualdo presso il fratello principe Carlo.

Altre reliquie attribuite a sant'Andrea sono dislocate in punti fondamentali della sua venerazione: nel Duomo di Sant'Andrea di Amalfi, nella cattedrale di Santa Maria a Edimburgo (Scozia), nella chiesa di Sant'Andrea e Sant'Alberto a Varsavia (Polonia).

In Scozia

Alla metà del X secolo, Andrea divenne santo patrono della Scozia. Molte leggende volevano che le reliquie di sant'Andrea fossero state traslate con poteri soprannaturali da Costantinopoli al luogo attualmente denominato "Sant'Andrea" (in pitico, Muckross; in gaelico, Cill Rìmhinn)

Due antichi manoscritti scozzesi ricordano che le reliquie di sant'Andrea vennero portate da Regolo al re dei Piti, Óengus I Mac Fergusa (729–761). L'unico Regolo conosciuto dagli storici (detto anche Riagail o Rule), il cui nome è tutt'oggi ricordato dalla torre di san Rule, fu un monaco irlandese espulso dall'Irlanda con san Colombano; la sua vita, ad ogni modo, sarebbe da collocarsi tra il 573 ed il 600.

Vi sono buone ragioni per credere che le reliquie facessero originariamente parte della collezione del vescovo Acca di Hexham e che vennero da quest'ultimo portate ai Piti da Hexham (c. 732), dove venne fondata una sede episcopale, non come avrebbe voluto la tradizione a Galloway, ma sul luogo detto di Sant'Andrea. La connessione fatta con Regolo, ad ogni modo, è dovuta con tutta probabilità al desiderio di datare la fondazione della chiesa di Sant'Andrea in tempi più remoti possibili e quindi più vicini al martirio del Santo.

Un'altra leggenda vuole che nel tardo VIII secolo, durante una delle battaglie contro gli inglesi, il re Ungo (lo stesso Óengus I Mac Fergusa menzionato sopra oppure Óengus II dei Piti (820 – 834)) vide una nuvola incrociata a salterio, e disse ad alta voce ai propri compagni di osservare il fenomeno, indicativo di una protezione di sant'Andrea, e che, se avessero vinto per questa grazia, lo avrebbero eletto quale loro santo patrono. Ad ogni modo, si ha ragione di ritenere che sant'Andrea fosse già venerato in Scozia prima di questa data.

Le connessioni di Andrea con la Scozia sono probabilmente da attribuirsi anche al Sinodo di Whitby, dove la Chiesa celtica guidata da san Colombano sancì che, a giudicare dalle scritture, il fratello minore di Pietro aveva dovuto avere un ruolo addirittura superiore a tutti gli apostoli. Nel 1320 la Dichiarazione di Arbroath definì sant'Andrea come "il primo ad essere divenuto Apostolo".

Numerose chiese parrocchiali di Scozia e congregazioni della Chiesa cristiana del paese sono dedicate a Sant'Andrea. La Chiesa nazionale del popolo scozzese a Roma è la chiesa di Sant'Andrea degli Scozzesi.

Nella bandiera della Scozia (quindi anche in quella del Regno Unito e nello stemma della Nuova Scozia) e in diverse altre figura la croce di sant'Andrea. Compariva anche sulla bandiera dei confederati degli Stati Uniti d'America, anche se il fondatore, William Porcher Miles, riteneva di aver cambiato l'insegna da una croce classica ad una decussata per motivi araldici e non religiosi.

In Romania

La tradizione romena vuole che sant'Andrea (chiamato Sfântul Apostol Andrei) sia stato uno dei primi a portare il Cristianesimo nella Scizia Minore, l'attuale Dobrogea, al popolo locale dei Daci (antenati dei romeni). Già presso i Padri della Chiesa, infatti, sant'Andrea viene citato come pellegrino in questa regione[5]. Tre sono i toponimi e numerose antiche tradizioni sono riconducibili a sant'Andrea, molte delle quali possono conservare un substrato pre-cristiano. Esiste anche una caverna dove si ritiene che egli abbia alloggiato. La misteriosa tradizione che vuole che egli fosse solito battezzare nel villaggio di Copuzu è anche collegata da molti etnologi con il fenomeno delle campagne di cristianizzazione legate agli apostoli.

In Ucraina

Il primo Cristianesimo in Ucraina, ricorda che l'apostolo Andrea avrebbe viaggiato nel sud dell'Ucraina, lungo il Mar Nero. La leggenda vuole che egli abbia anche percorso il fiume Dnieper e abbia raggiunto la località che in seguito sarebbe divenuta Kiev, dove venne eretta una croce sul sito dove abitualmente Andrea risiedeva, profetizzando la nascita della città all'insegna del Cristianesimo.

A Luqa (Malta)

Le prime notizie relative a questa piccola cappella a Luqa dedicata a sant'Andrea risalgono al 1497. La visita pastorale del delegato pontificio Pietro Dusina afferma che questa cappella conteneva tre altari, uno dei quali era dedicato a Sant'Andrea.

La pala d'altare, raffigurante Maria coi Santi Andrea e Paolo venne dipinta dal pittore maltese Filippo Dingli. A quel tempo, molti pescatori vivevano a Luqa, e questa potrebbe essere una delle ragioni per cui Sant'Andrea venne scelto come Santo Patrono della città.

La locale statua di Sant'Andrea venne scolpita nel legno da Giuseppe Scolaro nel 1779. Questa opera subì molti restauri, primo tra tutti quello risalente al 1913 ad opera del rinomato artista maltese Abraham Gatt. Il Martirio di Sant'Andrea, presente sull'altare principale della chiesa, venne dipinto da Mattia Preti nel 1687.

A Gesualdo (Italia)

A Gesualdo (AV) la festa di Sant'Andrea ricorre ogni 30 novembre con l'accensione di falò, detti "vambalèrie", per le strade cittadine e le zone rurali. Tale tradizione nacque nell'Ottocento, a seguito dell'abbattimento del tiglio collocato nella piazza principale della cittadina (oggi Piazza Umberto I), il cui legno fu in parte bruciato e in parte utilizzato per la realizzazione della statua del santo, ancora oggi conservata nella cappella della Chiesa Madre di San Nicola insieme a una reliquia dell'apostolo.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:11
 
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morgana1869
view post Posted on 24/11/2012, 08:47     +1   -1




Filippo apostolo





San Filippo
Rubens,San Filippo,(circa 1611)

Apostolo

Nascita

Betsaida, circa 5 d.C.

Morte

Hierapolis?, 80 circa

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Ricorrenza

3 maggio (cattolici), 1 maggio (anglicani), 14 novembre (ortodossi), 18 novembre (copti), 17 novembre (armeni)

Attributi

Croce, Pani e pesci

Patrono di

Uruguay, Lussemburgo


San Filippo apostolo (Betsaida, circa 5 – Hierapolis, 80) è menzionato nei Vangeli come uno dei Dodici apostoli di Gesù Cristo: indicato al quinto posto nell'elenco degli Apostoli dei Vangeli sinottici. Non va confuso con Filippo il diacono che evangelizzò la Samaria secondo la narrazione riportata negli Atti degli apostoli.

Nel Nuovo Testamento

Il santo era nativo di Betsaida, in Galilea, un paesino costiero che si affacciava sul Lago di Tiberiade e aveva dato i natali anche ai fratelli Pietro e Andrea.

L'autore del vangelo di Giovanni sembra il più propenso ad approfondire la sua figura:
inizia la sua missione annunciando il Messia a Natanaele:

«Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». » (Giovanni 1,43-46)

viene richiamato all'attenzione da Cristo sui pani da procurare alla folla prima del miracolo della moltiplicazione dei pani

«Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». » (Giovanni 6,5-7)
dopo l'ingresso a Gerusalemme, presenta dei proseliti greci a Gesù:

« Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. » (Giovanni 12,20-22)

infine,avendo chiesto a Gesù di mostrare a loro il Padre e basta, riceve questa risposta con tono di rimprovero:

« da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre... » (Giovanni 14,8-9)

La tradizione e la scoperta della tomba del santo

La sua morte è avvenuta, secondo la tradizione, a Hierapolis, ma esistono più versioni sulle modalità della morte: secondo alcuni[senza fonte] crocifisso, secondo altri[senza fonte] invece in tarda età e per cause naturali. Nel 2008 a Pamukkale un'equipe di archeologi italiani guidati da Francesco D'Andria dell'Università di Lecce ha identificato in un sepolcro nei resti dell'antica Hierapolis una tomba che è stata poi identificata come la sepoltura di San Filippo Apostolo. La notizia è stata resa nota nel 2011. La tomba è stata aperta nel 2011 ed è stata rinvenuta vuota. Le spoglie mortali del santo, infatti, sono custodite nella Basilica dei Santi XII Apostoli in Roma. Le iscrizioni e la presenza di un luogo di culto antico attorno all'edicola sacra confermano, tuttavia, l'identificazione della camera sepolcrale con quella appartenuta all'apostolo Filippo

Bartolomeo apostolo





Disambiguazione – "San Bartolomeo" rimanda qui. Se stai cercando altri santi di nome Bartolomeo, vedi San Bartolomeo (disambigua).


San Bartolomeo

Apostolo

Morte

Armenia, data ignota
Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Santuario principale

Benevento, Chiesa di San Bartolomeo

Ricorrenza

24 agosto (Chiesa cattolica)
11 giugno (Chiesa ortodossa)

Attributi

Coltello, pelle

Bartolomeo (in greco Βαρθολομαιος ... – Siria, I secolo) fu uno dei dodici apostoli che seguirono Gesù. L'apostolo viene chiamato con questo nome nei sinottici, mentre nel vangelo di Giovanni 1,45 21,2 è indicato con il nome di Natanaele, sempre che si accetti l'identificazione tra questi due personaggi, cosa di cui alcuni studiosi dubitano. Era originario di Cana in Galilea, ma non vi sono indicazioni sulle date di nascita e di morte. Morì probabilmente in Siria tra il 60 e il 68 d.C. Viene festeggiato il 24 agosto.

Nei Vangeli

Tutto quello che si conosce di questo Apostolo proviene dai vangeli. Secondo il Vangelo di Giovanni egli era amico di Filippo 1,45.46.47.48.49.50, fu, infatti, questi a parlargli entusiasticamente del Messia quando gli disse: Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth. La risposta di Bartolomeo fu molto scettica: Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?

Ma Filippo insistette: Vieni e vedrai. Bartolomeo incontrò Cristo e quanto gli disse fu sufficiente a fargli cambiare idea. Gesù: Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità. Bartolomeo turbato gli chiese come facesse a conoscerlo e Gesù di rimando: Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico. L'essere raggiunto da Cristo nei suoi pensieri più intimi, suscitò in lui un'immediata dichiarazione di fede: Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele! Gesù, allora, gli rispose Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi? Vedrai cose maggiori di questa.

Il suo nome compare poi nell'elenco dei dodici inviati da Cristo a predicare e, ancora, negli Atti degli Apostoli, dove viene elencato assieme agli altri apostoli dopo la risurrezione di Cristo.

Da questo momento più nulla, solo la tradizione che racconta della sua vita missionaria in varie regioni del Medio Oriente, secondo alcuni, forse, si spinse fino in India, Armenia, e Mesopotamia. Anche la morte è affidata alla tradizione che lo vuole ucciso, scuoiato della pelle, secondo alcune fonti da parte del re dei Medi nella regione della Siria, mentre altre fonti parlano dell'Armenia.

Il culto

Le reliquie

Nel 264 le reliquie del santo giunsero a Lipari, quando era vescovo sant'Agatone, fino a quando vennero parzialmente disperse dagli arabi nel IX secolo; nel 410 le spoglie vennero portate a Maypherkat, che a causa del gran numero di reliquie che il vescovo Maruta vi radunò, venne chiamata Martiropoli. Nel 507 l'Imperatore Anastasio I le portò a Darae, in Mesopotamia. Nel 546 ricomparvero a Lipari e nell'838 a Benevento, dove il deposito delle reliquie del santo fu sempre conservato con devota e gelosa vigilanza anche in situazioni di grande pericolo, come quando l'imperatore Ottone III, nel 983, pretese la consegna delle sacre reliquie. In quell'occasione gli fu consegnato il corpo di san Paolino, vescovo di Nola. Accortosi dell'imbroglio l'imperatore cinse la città d'assedio, ma non riuscendo a espugnarla fece ritorno a Roma, dove peraltro fece edificare una basilica dedicata a San Bartolomeo sull'Isola Tiberina.

Le tre ricognizioni a Benevento

La prima ricognizione delle reliquie originali, conservate quindi a Benevento, fu fatta nel 1338 dall'arcivescovo Arnaldo da Brusacco durante un concilio provinciale. Le ossa, dopo essere state mostrate singolarmente ai vescovi ed al popolo accorso, furono riposte in una pregiata cassa di bronzo dorato che, seppur rovinata dai bombardamenti del II conflitto mondiale, ancora si conserva nel museo diocesano.

Le seconda ricognizione fu fatta da papa Benedetto XIII (Papa Orsini, già Arcivescovo di Benevento) il 13 maggio 1698. Dopo il controllo innanzi a 23 vescovi, magistrati ed al popolo ammesso, le reliquie furono riposte in nove ampolle, otto delle quali furono racchiuse nell'urna di porfido ed una, contenente l'intero osso del metacarpo, fu destinata alla venerazione pubblica.

Nel 2001, prima dell'inizio dei restauri della Basilica, l'Arcivescovo di Benevento Serafino Sprovieri indisse la terza ricognizione canonica delle reliquie. Dall'ampolla vitrea n. 4 furono prelevati alcuni frammenti ossei destinati alla chiesa cattedrale di Lipari e alle sei parrocchie dell'Arcidiocesi di Benevento intitolate all'apostolo.

Iconografia

A causa del supplizio a cui sarebbe stato condannato, lo si vede spesso raffigurato mentre viene scuoiato o con un coltello in mano. Michelangelo nel Giudizio Universale della Cappella Sistina lo rappresenta con la propria pelle in mano; sulla maschera di volto che appare su questa pelle l'artista ha voluto porvi il proprio autoritratto. La più famosa scultura di san Bartolomeo è un'opera di Marco d'Agrate, un allievo di Leonardo, esposta all'interno del Duomo di Milano, in cui è appunto rappresentato scorticato con la Bibbia in mano; l'opera è caratterizzata dalla minuta precisione anatomica con cui viene reso il corpo umano privo della pelle, che è scolpita drappeggiata attorno al corpo, con la pelle della testa penzolante sulla schiena del martire.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:12
 
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morgana1869
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Matteo apostolo ed evangelista


San Matteo



Apostolo ed evangelista
Nascita

Cafarnao negli ultimi anni del I secolo a.C.
Morte
Etiopia (o Hierapolis), 24 gennaio 70
Venerato da
Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Canonizzazione

pre-canonizzazione

Santuario principale

Cattedrale, Salerno

Ricorrenza

21 settembre (Chiesa Occidentale)
16 novembre (Chiesa Orientale)

Attributi

Angelo, Spada, Portamonete, Libro dei conti

Patrono di

Banchieri, Contabili, Doganieri, Ragionieri, Guardia di finanza

San Matteo apostolo ed evangelista, nato Levi (Cafarnao?, fine del I secolo a.C. – Etiopia?, metà del I secolo d.C.), di professione esattore delle tasse, fu chiamato da Gesù ad essere uno dei dodici apostoli.


La tradizione cristiana lo riconosce unanimemente quale autore del Vangelo secondo Matteo, in cui lo stesso viene chiamato anche Levi o il pubblicano; alcuni autori della moderna critica biblica tuttavia contestano questa identificazione e le opinioni sull'identità dell'autore del Vangelo secondo Matteo sono discordanti[1]. A Matteo sono anche tradizionalmente riferiti dei testi apocrifi: il Vangelo dello pseudo-Matteo, che parla dell'infanzia di Cristo, gli Atti di Matteo e il Martirio di Matteo che ne descrivono la predicazione.

Viene raffigurato anziano e barbuto, ha come emblema un angelo che lo ispira o gli guida la mano mentre scrive il Vangelo. Spesso ha accanto una spada, simbolo del suo martirio. Matteo non va confuso con l'apostolo quasi omonimo Mattia.

Biografia

San Matteo era anche chiamato Levi, in quanto pubblicano, era membro di una delle categorie più odiate dal popolo ebraico. In effetti a quell'epoca gli esattori delle tasse pagavano in anticipo all'erario romano le tasse del popolo e poi si rifacevano come usurai tartassando la gente.

I sacerdoti, per rispettare il primo comandamento, vietavano al popolo ebraico di maneggiare le monete romane che portavano l'immagine dell'imperatore. I pubblicani erano quindi accusati di essere peccatori perché veneravano l'imperatore.

Gesù passò vicino a Levi e gli disse semplicemente Seguimi (Marco 2,14). E Matteo, alzatosi, lo seguì. Immediatamente Matteo tenne un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, un gran numero di pubblicani e altri pubblici peccatori. Il riferimento a un riscossore di imposte a Cafarnao, di nome Levi, compare anche in Luca 5,27.

Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli e come tale appare nelle tre liste che hanno tramandato i tre vangeli sinottici: Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15. Il suo nome appare anche in Atti 1,13, dove si menzionano gli apostoli che costituiscono la timorosa comunità sopravvissuta alla morte di Gesù.

Il nome Matteo, con il quale Levi è pure chiamato, vuol dire Dono di Dio. Alcuni suppongono che abbia cambiato il nome come una forma tipica dell'epoca, per indicare il cambiamento di vita (cf. Simone, poi Pietro, o Saulo, poi Paolo).

Secondo alcune tradizioni, Matteo sarebbe morto in Etiopia, secondo altre nella città oggi georgiana di Gonio dove sarebbe sepolto nell'antica fortezza romana.

Culto

La festa del santo ricorre il 21 settembre.

Reliquie


Per approfondire, vedi la voce Traslazione delle reliquie di san Matteo.

Le sue reliquie sarebbero giunte a Velia, in Lucania, intorno al V secolo, dove rimasero sepolte per circa quattro secoli. Il corpo del Santo fu rinvenuto dal monaco Atanasio nei pressi di una fonte termale dell'antica città di Parmenide. Le spoglie furono portate dallo stesso Atanasio presso l'attuale chiesetta di San Matteo a Casal Velino. Il modesto edificio dalla semplice facciata a capanna presenta, alla destra dell'altare, l'arcosolio, dove secondo tradizione furono depositate le sacre reliquie del Santo. Un'iscrizione latina piuttosto tarda (XVIII sec.), incastonata sul lato corto dell'arcosolio, ricorda l'episodio della traslazione.

Ritrovate in epoca longobarda, furono portate il 6 maggio 954 a Salerno, dove sono attualmente conservate nella cripta della cattedrale

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:15
 
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morgana1869
view post Posted on 24/11/2012, 15:27     +1   -1




Tommaso apostolo


San Tommaso



Apostolo

Morte

Mylapore (India), 3 luglio 72

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Santuario principale

Basilica di San Tommaso Apostolo a Ortona e cattedrale di Madras

Ricorrenza

3 luglio e 21 dicembre

Attributi

Lancia, Squadra

Patrono di

Architetti, dei Geometri, degli Agrimensori e dell'India

Tommaso Didimo (Palestina, ... – Mylapore, 3 luglio 72) fu uno dei dodici apostoli di Gesù.

È noto principalmente per essere il protagonista di un brano del Vangelo secondo Giovanni (20,24-29) in cui prima dubitò della risurrezione di Gesù e poi lo riconobbe. Secondo la tradizione, si spinse a predicare il Vangelo fuori dei confini dell'Impero romano, in Persia e India, dove fondò la prima comunità cristiana.

È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa copta. San Tommaso è patrono degli Architetti, dei Geometri, degli Agrimensori e dell'India; nei quadri è rappresentato con una lancia in mano.

Le sue ossa riposano nella Basilica di San Tommaso Apostolo a Ortona

Biografia

Apostolo di Gesù

Tommaso compare in alcuni brani del Vangelo secondo Giovanni. In Giovanni 11,16, subito dopo la morte di Lazzaro, i discepoli si oppongono alla decisione di Gesù di tornare in Giudea, dove gli Ebrei avevano precedentemente tentato di lapidare Gesù, ma questi è determinato, e Tommaso dice: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Tommaso prende la parola anche durante l'ultima cena (Giovanni 14,5). Gesù assicura i discepoli che sanno cosa sta per fare, ma Tommaso protesta dicendo che non ne sanno niente, al che Gesù risponde a lui e a Filippo esponendo nel dettaglio i suoi rapporti con il Padre.

L'episodio maggiormente noto del Nuovo Testamento che coinvolge Tommaso è quello contenuto in Giovanni 20,24-29 e noto come "l'incredulità di Tommaso". Tommaso, che dubitava della risurrezione di Gesù, incontra il Signore risorto. Rivolgendosi a lui, Gesù dice:

«"Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che non videro e tuttavia credettero!"»

Missione evangelizzatrice

Secondo un'antica tradizione, Tommaso si recò a evangelizzare la Siria, poi la città di Edessa . Poi fondò la comunità cristiana di Babilonia. Visse nella città mesopotamica per sette anni.
Successivamente, come raccontato da Eusebio di Cesarea, si spinse fino all'India sud-occidentale, che raggiunse via mare, nell'anno 52.

Tommaso iniziò la sua predicazione nella città portuale di Muziris, dove viveva una fiorente colonia ebraica. Dopo aver convertito al cristianesimo gli ebrei, molti indiani furono convertiti alla nuova fede, la maggior parte dei quali apparteneva alle caste superiori; ciò aiutò San Tommaso a proseguire la sua opera di evangelizzazione senza incontrare ulteriori ostacoli. Anche i primi sacerdoti provennero in gran parte dalle famiglie altolocate. La tradizione riferisce che le città del Kerala in cui San Tommaso fondò una comunità cristiana furono: Maliankara (oggi Malankara Dam), Kottaikkavu, Niranam, Kollam e Gokamangalam (oggi Kothamangalam).

Successivamente si recò in Cina per diffondere il Vangelo. Al ritorno in India cominciò a evangelizzare le popolazioni della costa orientale del subcontinente. Secondo la tradizione, Tommaso morì poi a Mailapur (trascritta comunemente come Mylapore), sulla costa del Coromandel, nell'India sudorientale. Negli Atti di Tommaso, testo gnostico del III secolo, si racconta che l'apostolo fu ucciso trafitto da una lancia, per ordine del re Misdaeus (Vasudeva I).

Il martirio avvenne su una collina nei pressi dell'attuale Chennai, capitale del Tamil Nadu, il 3 luglio dell'anno 72. Il Milione citando una leggenda popolare, narra un altro svolgersi dei fatti: "Messer santo Tomaso si stava in uno romitoro in uno bosco e dicea sue orazioni, e d’intorno a lui si avea molti paoni [pavoni], ché in quella contrada n’à piú che in lugo del mondo. E quando san Tomaso orava, e uno idolatore della schiatta dei gavi andava ucellaldo a’ paoni, e saettando a uno paone, sí diede a santo Tomaso per le costi, ché nol vedea; ed issendo cosí fedito, sí orò dolcemente e cosí orando morío."

Testi attribuiti a san Tommaso

Sotto il nome di Vangelo di Tommaso sono indicati tre vangeli apocrifi:
il Vangelo dell'infanzia di Tommaso (o Vangelo dello Pseudo-Tommaso), dedicato all'infanzia di Gesù;
il Vangelo di Tommaso o Vangelo secondo Tommaso o Quinto Vangelo, una raccolta di detti di Gesù;
il Libro di Tommaso il Contendente o l'Atleta, che conterrebbe una rivelazione segreta di Gesù risorto all'apostolo.

È inoltre apocrifa l'Apocalisse di Tommaso.

Tutti e quattro questi testi contengono una frase che li attribuisce espressamente al lavoro di Tommaso Apostolo; e in tutt'e quattro i casi la quasi totalità degli studiosi ritiene la dichiarazione falsa (pseudoepigrafa).

Devozione popolare

San Tommaso fu sepolto a Mylapore, nell'India sud-orientale. Nel III secolo avvenne nel sud dell'India una delle prime persecuzioni anti-cristiane. I fedeli salvarono le ossa di Tommaso trasportandole a Edessa (odierna Şanlıurfa, nella Turchia sud-orientale), il centro irradiatore del cristianesimo siriaco in Oriente, cui era legata la predicazione di San Tommaso.

Successivamente furono traslate sull'Isola di Chio, nell'Egeo.
Nel 1258 il navigatore ortonese Leone Acciaiuoli, reduce da una spedizione navale in appoggio ai Veneziani in lotta contro i Genovesi, portò le ossa del santo in Abruzzo. Le ossa si trovano ancora oggi nella basilica di San Tommaso, a Ortona.

Nel 1523 i portoghesi operarono un primo scavo nelle fondamenta della basilica denominata «casa di San Tommaso» (meta di pellegrinaggio dei cristiani dell'India) dove, secondo la tradizione, si trovava la tomba dell'apostolo. Venne ritrovata una sepoltura a parecchi metri più in basso rispetto al livello attuale dell'edificio, senza che fosse possibile però stabilire una datazione certa. Pochi metri più in là fu ritrovata parte di una pavimentazione: in base al tipo di ceramica usato fu possibile datare il livello al I secolo d.C.

Sia nella Chiesa ortodossa malankarese che nella Chiesa cattolica, san Tommaso è festeggiato il 3 luglio: a Madras si trova la cattedrale di San Tommaso. Nell'arcidiocesi di Madras si trova la Diocesi di São Tomé di Meliapore.

Ad Ortona, dove vengono conservate le ossa dell'Apostolo, la sua ricorrenza cade la prima domenica di maggio.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:19
 
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morgana1869
view post Posted on 25/11/2012, 10:26     +1   -1




Giacomo il Maggiore




San Giacomo il Maggiore



Apostolo e Santo

Morte 43 o 44

Venerato da
Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Santuario principale

cattedrale di Santiago di Compostela, Santiago di Compostela

Ricorrenza

25 luglio

Attributi

cappello da pellegrino, conchiglia, stendardo

Patrono di

Spagna, Guatemala, Nicaragua, Medjugorie, cavalieri, soldati, veterinari, farmacisti e diversi comuni italiani
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Giacomo di Zebedeo, detto anche Giacomo il Maggiore, san Jacopo o Iacopo (... – Giudea, 43 o 44), fu uno dei dodici apostoli di Gesù. Figlio di Zebedeo e di Salomè, era il fratello di Giovanni apostolo. È detto "Maggiore" per distinguerlo dall'apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo detto "Minore". Secondo i vangeli sinottici Giacomo e Giovanni erano assieme al padre sulla riva del lago quando Gesù li chiamò per seguirlo.

Stando al Vangelo secondo Marco, Giacomo e Giovanni furono soprannominati da Gesù Boanerghes ("figli del tuono") per sottolineare l'inesauribile zelo di cui erano dotati questi apostoli, ma anche il loro temperamento impetuoso. Giacomo fu uno dei tre apostoli che assistettero alla trasfigurazione di Gesù. Secondo gli Atti degli Apostoli fu messo a morte dal re Erode Agrippa I.

È venerato da tutte le chiese cristiane che riconoscono il culto dei santi.

Fonti storiche

Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) riferibili con assoluta certezza alla vita e all'operato di Giacomo, e nemmeno riferimenti diretti in opere di autori antichi non cristiani. Le fonti testuali pervenuteci sono di due tipi:

i testi del Nuovo Testamento, in particolare i quattro vangeli canonici e gli Atti degli apostoli. Redatti in greco tra il I secolo e la prima metà del II, contengono gli unici riferimenti diretti alla vita di Giacomo.
alcuni accenni contenuti negli scritti di alcuni Padri della Chiesa.

Al pari degli altri personaggi neotestamentari, la cronologia e la vita di Giacomo non ci sono note con precisione. I testi evangelici lo indicano come un fedele seguace del maestro, ma il periodo precedente e seguente alla sua partecipazione al ministero itinerante di Gesù (probabilmente 28-30, vedi data di morte di Gesù) è ipotetico e frammentario.

Boanèrghes


Boanèrghes (Βοανηργες) è il soprannome aramaico che, secondo Mc3,17, Gesù stesso diede a Giacomo e suo fratello Giovanni. Secondo lo stesso passo evangelico significa "figli del tuono". In realtà il significato del termine non è immediato, in quanto la resa greca dell'aramaico non è perfetta.

La prima parte (βοανη, boanè) può corrispondere al plurale aramaico-ebraico בני (b enè), "figli di" (al singolare sarebbe bar, vedi Barabba). Per la seconda parte (ργες) è stata ipotizzata un'errata lettura da un manoscritto aramaico, precedente alla redazione evangelica in greco, del termine r'm ("tuono") nell'evangelico r's (ργες), data la somiglianza tra la mem finale ם (quadrata) e la samech ס (tondeggiante).[5] In questo caso l'epiteto viene collegato al temperamento focoso dei due fratelli (vedi in particolare Mc9,38; Mc10,35-40; Lc9,54), oppure può riferirsi al fatto che, nelle teofanie dell'Antico Testamento (p.es. Es19,16; Sal29,3), il tuono indica la voce di Dio: in tal senso "figli del tuono" indicherebbe la missione dei due fratelli di annunciatori della parola di Dio. Un'interpretazione diversa ipotizza altre radici semitiche come רגש (ragàsh), "tumulto", oppure רגז (ragàz), "ira", "turbamento". In tal senso, è stato ipotizzato che il nome fosse riferito ai fratelli per una ipotetica loro appartenenza al movimento nazionalista zelota.

La vita

Niccolò e Piero Lamberti, Decollazione di san Jacopo, Firenze Orsanmichele
Giacomo viveva, e probabilmente vi era nato, a Betsaida, una località galilaica sita sul Lago di Genesaret.; era pescatore sul lago di Tiberiade insieme al padre, Zebedeo; sua madre era Salomè e aveva (almeno) un fratello, Giovanni. Sempre rimanendo nel campo delle ipotesi, si può supporre che la famiglia di Giovanni appartenesse al ceto medio, ed è possibile che la madre Salomè facesse parte del seguito di agiate donne che provvedevano alle necessità economiche del gruppo itinerante (Lc8,2-3). Il fatto che nelle liste stereotipate degli apostoli nei sinottici (ma non negli Atti) Giovanni segua Giacomo, o che quest'ultimo venga spesso indicato come "figlio di Zebedeo", mentre Giovanni sia indicato come suo fratello, può lasciare concludere che Giacomo fosse il fratello maggiore.Oppure per distinguerlo dall'altro apostolo Giacomo.

Giovanni e Andrea furono, secondo il quarto vangelo (scritto, secondo la tradizionale identificazione cristiana, dallo stesso Giovanni), i primi discepoli di Gesù, che essi seguirono dopo che Giovanni Battista lo aveva indicato loro come il Messia.[senza fonte] Il loro incontro avvenne subito dopo il battesimo di Gesù, probabilmente nell'anno 28 (o nel 31 secondo alcuni). Ai due si unirono quasi subito i rispettivi fratelli, Giacomo e Simone (Pietro).

Nasce poi il collegio apostolico; Gesù ne costituì Dodici che stessero con lui: Simone, al quale impose il nome di Pietro, e, subito al secondo posto dopo di lui, Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo.

Il solo Luca (9,51-56) riporta un episodio che sottolinea il carattere focoso dei fratelli Giacomo e Giovanni. Un villaggio samaritano (ebrei considerati scismatici) aveva rifiutato ospitalità a Gesù e i figli di Zebedeo propongono la sua distruzione tramite un "fuoco discendente dal cielo" (vedi l'omologo episodio di Elia in 2Re1,2-15), attirandosi il rimprovero del maestro.

Sia Matteo (Mt20,20-23, che introduce l'intermediazione della madre Salomè, che Marco (10,35-40) riportano un episodio che indica il carattere ambizioso dei due fratelli. Questi avevano probabilmente una visione terrena del Regno predicato da Gesù e si aspettavano, in quanto particolarmente favoriti tra i suoi seguaci, un ruolo privilegiato in esso. Alla richiesta Gesù risponde evasivamente con l'assicurazione che "berranno il suo calice", cioè che gli saranno associati nella sofferenza e nel martirio. Giacomo verrà effettivamente martirizzato attorno al 44 (At12,1-2).

Insieme agli altri apostoli, Giacomo e Giovanni accompagnarono Gesù durante la sua vita pubblica, e alcuni episodi mostrano come Giacomo facesse parte della cerchia dei tre più fidati. Con Pietro fu testimone della trasfigurazione, della resurrezione della figlia di Giairo e dell'ultima notte di Gesù al Getsemani.

Come appare evidente, sono tre situazioni molto diverse: in un caso, Giacomo e gli altri due apostoli sperimentano in modo diretto la gloria del Signore, vedendolo a colloquio con Mosè ed Elia; in occasione della resurrezione della figlia di Giairo, assistette ad uno dei miracoli più toccanti compiuti dal Maestro e ancora, al Getsemani, si trovò di fronte alla sofferenza e all'umiliazione di Gesù, al suo aspetto più umano. Vide come il Figlio dell'Uomo si umiliò, facendosi obbediente fino alla morte.

Dopo la morte e la resurrezione di Cristo, Giacomo assunse un ruolo di spicco nella comunità cristiana di Gerusalemme: Gal1,19; Gal2,9; At12,17; At15,13-21; At21,18-25. Una tradizione risalente almeno a Isidoro di Siviglia narra che Giacomo andò in Spagna per diffondere il Vangelo. Se questo improbabile viaggio avvenne, fu seguito da un ritorno dell'apostolo in Giudea, dove, agli inizi degli anni quaranta del I secolo il re Erode Agrippa I «cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa, e fece uccidere di spada Giacomo fratello di Giovanni». Giacomo fu il primo apostolo martire.

Il culto

L'interno della Cattedrale di Santiago de Compostela, con l'altare di San Giacomo.
Dopo la decapitazione, secondo la Legenda Aurea, i suoi discepoli trafugarono il suo corpo e riuscirono a portarlo miracolosamente sulle coste della Galizia. Il sepolcro contenente le sue spoglie sarebbe stato scoperto nell'anno 830 dall'anacoreta Pelagio in seguito ad una visione luminosa.

Il vescovo Teodomiro, avvisato di tale prodigio, giunse sul posto e scoprì i resti dell'Apostolo. Dopo questo evento miracoloso il luogo venne denominato campus stellae ("campo della stella") dal quale deriva l'attuale nome di Santiago de Compostela, il capoluogo della Galizia. Eventi miracolosi segnarono la scoperta dell'Apostolo, come la sua apparizione alla guida delle truppe cristiane della reconquista nell'840, durante la battaglia di Clavijo e in altre imprese belliche successive, in cui avrebbe versato talmente tanto sangue di musulmani da meritarsi nella fantasia popolare altomedievale il soprannome di Matamoros (Ammazzamori), che comunque gli rimarrà per sempre.

La tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi nel Medioevo, tanto che il luogo prese il nome di Santiago (da Sancti Jacobi, in spagnolo Sant-Yago) e nel 1075 fu iniziata la costruzione della grandiosa basilica a lui dedicata.

Il pellegrinaggio a Santiago, lungo preferibilmente il suo "Cammino", divenne uno dei tre principali pellegrinaggi della Cristianità medievale. Gli altri erano quelli che portavano a Gerusalemme, alla tomba di Gesù e a Roma, alla tomba dell'apostolo Pietro, facendo assurgere la figura del vescovo di Santiago al livello delle più importanti figure della Cristianità.

Nella chiesa cattolica san Giacomo il Maggiore è festeggiato il 25 luglio.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:33
 
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morgana1869
view post Posted on 25/11/2012, 10:59     +1   -1




Giuda Taddeo



San Giuda Taddeo



Apostolo

Morte

Persia?, 70

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi

Ricorrenza

28 ottobre (Chiesa cattolica)

Patrono di

Armenia, cause perse, situazioni disperate, ospedali, San Pietroburgo, Florida, Polizia di Chicago, Flamengo




Giuda Taddeo (... – Persia, 28 ottobre 70) fu uno degli apostoli di Gesù e primo Catholicos di tutti gli Armeni, da non confondere con Giuda Iscariota che tradì Gesù. È venerato da tutte le chiese cristiane che ammettono il culto dei santi.

Poche sono le informazioni che riguardano questo apostolo e tutte fanno riferimento al Nuovo Testamento. Gli sono attribuiti la canonica Lettera di Giuda, ritenuta pseudoepigrafica dagli studiosi, e l'apocrifo Vangelo di Taddeo. Nella lettera si presenta come fratello di Giacomo il Minore; se fosse vero, era figlio di Maria di Cleofa, una delle Tre Marie presenti sotto la croce, e di Alfeo, che probabilmente era fratello di Giuseppe; era quindi cugino di Gesù.

Cugino di Gesù?

L'apostolo Giuda Taddeo fu spesso confuso con l'omonimo traditore, omonimia che gli costò una scarsa devozione popolare nel Medioevo (rinvigorita soltanto in alcune aree geografiche) e un leggero cambiamento del suo nome nella narrazione evangelica. Nel Vangelo secondo Matteo e nel Vangelo secondo Marco, infatti, l'apostolo non è chiamato col nome di Giuda bensì con quello di Taddeo, che in qualche manoscritto riceve la forma di Lebbeo il cui significato è comunque simile, essendo Taddeo un appellativo derivato dall'aramaico taddajja (petto) e Lebbeo da libba, cioè cuore. Equivarrebbe in entrambi i casi a "uomo dal grande cuore" cioè coraggioso. Se questo coraggio fosse una caratteristica del temperamento del santo non c'è dato saperlo poiché gli evangelisti usano questo appellativo solo per evidenziare la differenza fra il Giuda "dal grande cuore" e il Giuda traditore.

Nel Vangelo secondo Luca l'apostolo è chiamato col suo vero nome, definito però come "Giuda di Giacomo. Il termine "di Giacomo" non è abbastanza chiaro, potendo infatti essere l'apostolo sia figlio che fratello di questo tal Giacomo. Sembra però essere maggiormente vera la seconda ipotesi, essendosi infatti presentato l'autore di una delle lettere cattoliche, attribuita all'apostolo Giuda, come fratello di Giacomo.

Questo Giacomo doveva essere una personalità conosciuta e tenuta in alta considerazione presso i primi cristiani, molto probabilmente lo stesso Giacomo il Minore, vescovo di Gerusalemme e anche lui apostolo. Si spiegherebbe così perché gli evangelisti Matteo e Marco, nei loro cataloghi degli apostoli, còllochino i due l'uno accanto all'altro immediatamente.

Se questo è vero, allora Giuda sarebbe figlio di Maria di Cleofa, una delle donne che furono presenti alla crocifissione, e figlio di Alfeo, secondo la tradizione fratello di Giuseppe, diventando così di conseguenza cugino di Gesù.

Nel Nuovo Testamento


La conversione

Eusebio di Cesarea, nel suo "Storia Ecclesiastica" dichiara come Giuda Taddeo, prima del suo incontro con Gesù, fosse sposato e che, per di più, egli fu lo sposo delle nozze di Cana, nelle quali il suo futuro maestro compì il primo miracolo trasformando l'acqua in vino. Tramite le testimonianze di due discendenti del santo, Zoker e Giacomo, interrogati a Roma in presenza dell'imperatore Domiziano, essi dichiararono di essere contadini così come lo era il loro nonno e continuarono affermando che il podere fruttava all'incirca mille denari, subito finiti a causa delle ingenti imposte.

Secondo tale documento, Giuda Taddeo era dunque un contadino e infatti non mancano nella sua lettera accenni alla vita dei campi, paragonando i maestri di errore ai pastori, "che pascono se stessi", con "le nubi senz'acqua, che son trasportate qua e là dal vento", con "gli alberi nel tardo autunno, senza frutti, morti due volte, divelti".

I Vangeli non dicono nulla riguardo alla conversione di Giuda Taddeo. Il suo nome appare semplicemente insieme a quello degli altri apostoli quando Gesù decise di eleggerli. I brani in questione, come già detto prima, presentano alcune divergenze riguardo al nome, non volendo infatti scambiare Giuda Taddeo con l'Iscariota.

Nell'ultima cena

Giovanni nel suo vangelo è l'unico a citare una sua affermazione durante gli ultimi colloqui fra Gesù e i suoi apostoli nel cenacolo: "Gli disse Giuda, non l'Iscariota: Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?". Secondo Hopan, biblista dei primi del Novecento, questa domanda dell'apostolo, l'unica di cui ci parlano i Vangeli, dimostra quanto ardore egli avesse nei confronti della missione del maestro, tanto da chiedergli di manifestarsi non solo a loro, i dodici, ma a tutto il mondo intero, quell'ardore e quella forza d'animo che gli diedero il soprannome di Taddeo "dall'ampio cuore".

Gesù risponde prontamente al discepolo rivelandogli come chiunque possa dimorare nella casa di Dio se lo ama e ascolta le sue parole, essendo infatti il suo messaggio ispirato da Dio stesso. Anche Taddeo, così come gli altri discepoli, si scandalizzò senza dubbio di fronte alle rivelazioni del maestro, che dichiarava loro come presto sarebbe stato tradito da uno dei dodici. E quando a Pietro venne rivelato il suo futuro rinnegamento, anche Taddeo proruppe nei lamenti dei suoi compagni di fronte alla poca fiducia che il maestro dava ai suoi.

La lettera di Giuda

Il tema dell'amore per Cristo che realizza l'unione e la comunione degli uomini in Dio fu anche il tema di una breve lettera di questo apostolo, nella quale rimprovera i fomentatori di discordia, che egli chiama nuvole senza acqua, portate qua e là dai venti; alberi d'autunno senza frutto, onde furiose del mare che spumano le proprie turpitudini, astri erranti, ai quali sono serbate in eterno le tenebre più profonde.

Missione apostolica


Luogo di predicazione


Ignoto il luogo preciso di predicazione dell'apostolo. Secondo Niceforo Callisto, che scrive nel XIV secolo, Giuda Taddeo sarebbe stato missionario della Giudea, Galilea, Samaria e Idumea.

Secondo le informazioni, che ci forniscono degli autori siriaci, l'attività apostolica di Giuda Taddeo resterebbe trasferita a Edessa, nella Turchia orientale; infatti in un innario armeno - l'anno 90 dopo Cristo il grande regno degli Armeni si estendeva ancora giù fino a Edessa - dal XIII secolo gli apostoli Giuda Taddeo e Bartolomeo sono chiamati "i nostri primi illuminatori".

Un documento ufficiale assai strano dell'archivio di Edessa, che Eusebio di Cesarea cita nella sua "Storia Ecclesiastica", presenta uno scambio di lettere fra Cristo e il principe Abgar V di Edessa: Abgar lo prega di recarsi da lui in Edessa per guarirlo dalla sua malattia; Cristo risponde che può svolgere la sua missione solo in Israele, ma dopo la sua ascensione manderà a Edessa uno dei suoi discepoli; più tardi dunque, secondo quanto riferisce Eusebio, l'apostolo Tommaso avrebbe inviato ad Abgar uno dei 72 discepoli, di nome Taddeo, chiamato anche Addeo; a questo punto la "Dottrina di Addeo", uno sviluppo dell'antica leggenda risalente all'anno 400 circa, inserisce pure la notizia che il messo inviato ad Abgar dipinse l'immagine di Cristo.

Evidente che la lettera non è autentica; anche Eusebio ha qui confuso l'apostolo Taddeo, uno dei Dodici, con Addeo, uno dei 72 discepoli, il fondatore della chiesa di Edessa.

Maggiore probabilità ha un'altra leggenda, secondo la quale Giuda Taddeo, dopo l'attività svolta presso i suoi compatrioti, si sarebbe portato nelle regioni limitrofe della Palestina, nell'Arabia, Siria e Mesopotamia; avrebbe sofferto il martirio a Beirut o ad Aradus in Fenicia, ma la maggior parte degli autori greci affermano che Taddeo morì di morte naturale.

Il martirio

Uno scritto narra che Taddeo abbia incontrato l'apostolo Simone zelota in Persia, insieme al quale evangelizzò quel regno; nonostante la continua ostilità dei due maghi Zaroes e Arfaxat, i successi dei due Apostoli furono incredibili e nel giro di quindici mesi essi battezzarono in Babilonia 60.000 uomini, senza contare le donne e i fanciulli, e in tredici anni percorsero le dodici province dell'impero persiano.

Giunti nella città di Suanir, ai due Apostoli fu ordinato di sacrificare nel tempio del sole al sole e alla luna, ma essi risposero che il sole e la luna erano solamente creature del Dio che essi annunziavano; cacciarono dagli idoli i demoni, che vi soggiornavano, e fra ululati e orrende bestemmie se ne scapparono due figure nere e terrificanti; allora i sacerdoti e il popolo si precipitarono sui due Apostoli; i due furono uccisi da sassate e colpi di mazza, e per questo l'arte mette in mano all'apostolo Giuda una pesante mazza.

Un re avrebbe poi fatto trasportare i corpi dei santi Apostoli nella sua città residenziale, dove avrebbe edificato una splendida chiesa marmorea in forma di ottagono e avrebbe composte le salme in una stanza rivestita di lamine d'oro, entro a un sarcofago d'argento; la costruzione sarebbe stata ultimata e consacrata dopo tre anni, il primo giorno di luglio, nel giorno cioè della morte degli Apostoli.

Culto


Nella Chiesa occidentale Taddeo e Simone vengono festeggiati nel medesimo giorno, come Filippo e Giacomo, come Pietro e Paolo, da tempo antichissimo; il motivo vero, oggettivo della loro festa in comune può essere la loro attività e morte insieme, affermata dalla leggenda. Come giorno per la festa è stato scelto il 28 ottobre. Viene considerato, per antichissima tradizione, patrocinatore dei casi disperati e grande taumaturgo.[senza fonte]

Reliquie

Le reliquie del santo sono conservate nella Basilica di San Pietro, al centro dell'abside del transetto sinistro dedicato a San Giuseppe.

Iconografia

Viene raffigurato con un bastone e una lancia, simboli del martirio

Simone il Cananeo



San Simone il Canane
José de Ribera, San Simone



Apostolo

Nascita

Cana?

Morte

Pella o Suanir, 107

Venerato da

Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza

28 ottobre (Chiesa cattolica)

Attributi

Barca

Patrono di

Pescatori, boscaioli


Simone (detto lo Zelota nel vangelo di Luca e il Cananeo nei vangeli di Marco e Matteo; Cana ?, ... – Pella o Suanir, 107) è stato uno degli apostoli di Gesù, ma ben poco è stato tramandato della sua figura, a parte il nome. Viene venerato da tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei Santi.

Nel Nuovo Testamento

Il nome di Simone appare in tutte le liste di apostoli dei Vangeli sinottici e degli Atti degli Apostoli, senza però altri dettagli. Tuttavia San Gerolamo non lo incluse nel De viris illustribus.

« Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. » (Luca 6,14-16)

Per distinguerlo da Simon Pietro, fu chiamato il Cananeo o lo Zelota. Entrambi i nomi hanno il medesimo significato, in quanto cananeo deriva dalla parola ebraica qana che indica il movimento degli Zeloti; in seguito "cananeo" fu tradotto erroneamente come proveniente da Cana o anche da Canaan: per questo, la traduzione della parola come il Cananeo o il Canaanita è puramente tradizionale e senza paralleli extra-canonici.

Simone è l'unico apostolo che può essere associato con certezza al ribellismo zelota (fondato da Giuda il Galileo) e che costituì per i romani del tempo un grave problema politico e militare. Il legame di Gesù e di tutto il suo movimento con i ribelli è invece tutto da dimostrare.

Nel Nuovo Testamento Simone lo Zelota non è mai identificato con il fratello di Gesù citato nel Vangelo di Marco

« Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi » (Marco 6,3)


Quel Simone è identificato con Simone di Gerusalemme, considerato il secondo vescovo di Gerusalemme dopo Giacomo il Giusto.

La tradizione posteriore

Isidoro di Siviglia registrò tutti gli aneddoti su san Simone nel De Vita et Mort, ma l'intera collezione di leggende è presentato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze.

Si crede che l'Apostolo Simone sia sepolto a Komani (Abcasia).

La tradizione agiografica più famosa è quella riportata dalla Legenda Aurea, secondo la quale, dopo aver evangelizzato l'Egitto, Simone seguì Giuda in Persia e Armenia, dove furono entrambi martirizzati. Pertanto Simone è spesso associato con Giuda Taddeo nella venerazione e insieme vengono ricordati il 28 ottobre.

Vi sono molte altre tradizioni sul personaggio singolo. Alcuni dicono che visitò il medio Oriente e l'Africa; altri, indubbiamente condizionati dall'appellativo "lo Zelota", hanno ipotizzato che sia stato coinvolto nella rivolta dei giudei del 66/70 contro l'Impero romano; altri sostengono che abbia visitato la Britannia e sia stato martirizzato nel Lincolnshire.

Nell'apocrifa Epistula Apostolorum, nella polemica contro gli gnostici, si cita Simone tra gli autori della lettera come Giuda lo Zelota e alcune traduzioni in latino del Vangelo di Matteo sostituiscono addirittura Giuda Taddeo con Giuda lo Zelota. Alcuni pensano che questo indichi che Simone si possa sovrapporre alla figura di quel Giuda citato in Giovanni 14, 22: Gli disse Giuda, non l'Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?» È stato inoltre suggerito che Giuda possa essere identificato con Tommaso apostolo e quindi anche Simone lo Zelota può essere identificato con Tommaso[senza fonte].

Il simbolo o attributo principale di san Simone è una sega poiché secondo la tradizione fu martirizzato con questo strumento.

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:39
 
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morgana1869
view post Posted on 25/11/2012, 11:27     +1   -1




Giuda Iscariota




Giuda Iscariota (ebraico: יהודה איש־קריות, Yəhûḏāh ʾΚ-qəriyyôṯ; ... – 26-36) è stato uno dei dodici apostoli di Gesù, quello che, secondo il Nuovo Testamento, lo ha tradito per trenta denari (Matteo 26,14-16) attraverso il gesto di un bacio. È stato quindi una figura chiave durante la Passione di Gesù (la notte del Giovedì Santo). Perseguitato dalla colpa, successivamente si è suicidato. È passato alla storia come l'uomo "simbolo" del tradimento.

Giuda Iscariota, figlio di Simone, non deve essere confuso né con il Giuda Tommaso Didimo, e cioè Tommaso apostolo, né con il Giuda Taddeo, un altro dei dodici apostoli fratello di Giacomo il Minore.

L'esatto significato del nome "Iscariota" è sconosciuto; alcune interpretazioni hanno suggerito che il termine potrebbe indicare "uomo di Kariot" (Ish Kariot). Secondo altri potrebbe derivare dal persiano Isk Arioth, ovvero "colui che serve" oppure "colui che sa". È possibile collegarlo al termine Iskariot (che in aramaico, non scrivendo le vocali come consuetudine, sono omografi -S-q-r-t-), i killer zeloti e da cui deriva appunto il termine moderno sicario.

Eventi narrati nei testi canonici


Nel Vangelo secondo Marco, Giuda Iscariota è esplicitamente incluso tra i dodici apostoli, e indicato come «quello che poi lo tradì». Questa versione è ripresa con precisione dagli altri due vangeli sinottici, Matteo (10,4) e Luca (6,16). Assieme all'episodio dell'arresto di Gesù e della morte di Giuda, questi sono gli unici riferimenti a Giuda nei sinottici.

Arresto di Gesù

Vangelo secondo Marco

Nel Vangelo secondo Marco è narrato che i sommi sacerdoti volevano arrestare Gesù, ma temevano che se l'avessero fatto durante la festa, la gente si sarebbe rivoltata (14,1-2). Mentre Gesù era a Betania, una donna versò dell'olio profumato sul capo di Gesù, tra lo scandalo di alcuni apostoli (14,3-9); a seguito di questo episodio:

« Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù. Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo. » (Marco 14:10-11)

Alla fine dell'episodio della preghiera nell'orto di Getsemani, Gesù dice ai suoi discepoli che colui che lo tradisce è vicino e subito avviene l'arresto di Gesù:

« E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò. Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono. » (Marco 14:43-46)

Vangelo secondo Matteo

Anche nel Vangelo secondo Matteo si narra della cospirazione dei sommi sacerdoti e degli anziani del popolo contro Gesù, e del loro timore che l'arresto avrebbe causato tumulti.

Dopo l'episodio della donna che versa l'olio prezioso sul capo di Gesù, l'evangelista riporta il tradimento di Giuda, precisando il prezzo del tradimento:

« Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo. » (Matteo 26:14-16)

L'evangelista inserisce Giuda anche all'interno della narrazione dell'Ultima cena. Messosi a tavola con i dodici discepoli, Gesù afferma:

« «In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà». Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto». » (Matteo 26:21b-25)

Come nella narrazione marciana, segue l'episodio dell'orto dei Getsemani, al termine del quale avviene l'arresto di Gesù, da parte di una folla capeggiata da Giuda:

« Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. » (Matteo 26:21b-25)

Vangelo secondo Luca


Anche il Vangelo secondo Luca riprende l'impianto dei due precedenti (dai quali deriva, come suggeriscono moderne teorie di critica biblica come l'ipotesi delle due fonti). Anche qui sono i sommi sacerdoti e gli scribi che cercano il modo di togliere di mezzo Gesù, «poiché temevano il popolo».

Nella narrazione lucana non c'è riferimento all'episodio di Betania, con la donna che versa olio prezioso sul capo di Gesù, come ragione del tradimento di Giuda. L'evangelista propone una lettura che trascenda da un evento materiale: fu satana ad entrare in Giuda, prima che questi si recasse dai sommi sacerdoti a tradire Gesù:

« Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici. Ed egli andò a discutere con i sommi sacerdoti e i capi delle guardie sul modo di consegnarlo nelle loro mani. Essi si rallegrarono e si accordarono di dargli del denaro. Egli fu d'accordo e cercava l'occasione propizia per consegnarlo loro di nascosto dalla folla. » (Luca 22:3-6)

Durante l'Ultima cena, Gesù fa un riferimento al tradimento, ma in termini differenti dalla narrazione di Matteo e senza nominare esplicitamente Giuda:

« «Ma ecco, la mano di chi mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo quanto è stabilito; ma guai a quell'uomo dal quale è tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi a vicenda chi di essi avrebbe fatto ciò. » (Luca 22:21-23)

Dopo l'orazione nel Getsemani, Gesù viene arrestato. La versione in Luca è simile alle altre due:
« Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?». » (Luca 22:47-48)

Vangelo secondo Giovanni


Anche in Giovanni è narrato l'episodio dell'unguento, ma qui la donna è identificata esplicitamente con Maria la sorella di Lazzaro. L'apostolo che si lamenta con Giuda, di cui si dice che era un ladro:

« Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: «Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. » (Giovanni 12:4-6).

Anche il quarto vangelo contiene un riferimento a satana come istigatore di Giuda («già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo» 13,2b). Durante la cena, Gesù indica esplicitamente Giuda come il traditore e gli dice di fare presto ciò che deve fare; Giuda si allontana:
« Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».

I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose allora Gesù: «È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò».

E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte. » (Giovanni 13:21-30)

L'ultimo riferimento a Giuda nel quarto vangelo è presente nell'episodio dell'arresto, in cui Giuda arriva a capo di un distaccamento di soldati e non bacia Gesù, che invece si fa avanti da solo:

« Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi. Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. » (Giovanni 18:2-5)

Morte di Giuda

La morte di Giuda è riportata nel Nuovo Testamento da Matteo e Luca (Atti). Le due versioni sono differenti e in contrasto tra loro: secondo molti teologi cristiani, gli autori forniscono una lettura teologica dell'evento, piuttosto che un resoconto storico dettagliato[5], anche se altri, come Giuseppe Ricciotti (1890-1964), conciliano le due narrazioni attribuendole a due momenti differenti, l'impiccagione con rottura del ramo o della corda e conseguente caduta mortale.

Vangelo secondo Matteo


Il solo Matteo narra, all'interno degli eventi del processo di Gesù, che venuto a conoscenza della condanna di Gesù, Giuda si pentì del proprio tradimento, gettò via il denaro ricevuto e si andò ad uccidere.

« Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. » (Matteo 27:3-5)

Nella narrazione del Vangelo secondo Matteo, la morte di Giuda è messa in relazione con una profezia di Geremia.

« Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue». E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore. » (Matteo 27:6-10)

Le monete, abbandonate nel tempio, vennero utilizzate dai sommi sacerdoti per comprare il cosiddetto «Campo del vasaio» (in ebraico Akeldamà), riservato alla sepoltura degli stranieri. L'evangelista sottolinea che ciò avvenne come per adempimento di una profezia di Geremia; in realtà la profezia è contenuta nel libro di Zaccaria: «Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: "Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!". Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore.». (11:12b-13).

Atti degli Apostoli

Negli Atti degli Apostoli è data un'altra versione della morte di Giuda. Nel primo capitolo è infatti riferita la storia narrata da Pietro apostolo dinanzi a un centinaio di seguaci, poco tempo dopo la risurrezione di Gesù. L'occasione è l'estrazione a sorte necessaria per decidere il sostituto di Giuda nel gruppo dei Dodici:

« In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli (il numero delle persone radunate era circa centoventi) e disse: «Fratelli, era necessario che si adempisse ciò che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù. Egli era stato del nostro numero e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero.

Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue. Infatti sta scritto nel libro dei Salmi:
La sua dimora diventi deserta,
e nessuno vi abiti,
il suo incarico lo prenda un altro. » (Atti 1:15-20)

Secondo la versione di Pietro tramandata da Atti, Giuda non gettò via il denaro avuto per il suo tradimento, ma ci comprò il campo poi noto come Akeldamà, lo stesso che nella versione riportata dal Vangelo secondo Matteo era stato acquistato dai sacerdoti. Pietro non parla esplicitamente di impiccagione.

A seguito dell'estrazione, il posto di Giuda fu preso da Mattia.

Eventi narrati in altre fonti

Giuda Iscariota è il protagonista del Vangelo di Giuda, un vangelo in lingua greca datato tra il 130 e il 170, avente una spiccata impronta gnostica. In questa opera, «il tradimento dell'apostolo è dipinto come un atto di obbedienza» e poiché «il sacrificio del corpo carnale di Gesù è la chiave della redenzione» in effetti «Giuda nel testo si profila come un eroe, che finisce per essere invidiato ed addirittura maledetto». In questo vangelo, Giuda muore lapidato dagli altri apostoli.

Lo scrittore cristiano Papia di Ierapoli, attivo all'inizio del II secolo, narra che Giuda, dopo il tradimento, andò in giro vagabondando, con il corpo così gonfio da non poter passare lì dove un carro poteva passare con facilità; e morì travolto da un carro, con le viscere che uscirono dal suo corpo.

Nel IV secolo, il vescovo persiano Afraate narrò che Giuda si era legato una pietra al collo e si era gettato nel mare, morendo.

Nel Vangelo di Barnaba, un testo medioevale di matrice islamica attribuito a Barnaba apostolo, si narra che fu Giuda, e non Gesù, ad essere processato e crocifisso.[ Anche questo testo riprende la tradizione giovannea secondo la quale Giuda era il depositario delle elemosine ricevute, e come tale Gesù si rivolge a lui per avere una moneta nell'episodio del "Date a Cesare...", ma che rubava una parte del denaro affidatogli; anche il riferimento al tradimento di Giuda durante l'ultima cena e il suo ruolo giocato nell'episodio dell'olio profumato sono ripresi dal quarto vangelo dall'autore del Vangelo di Barnaba. La narrazione diverge da quella canonica quando Giuda guida le guardie nell'arresto di Gesù: Dio manda i suoi arcangeli a nascondere Gesù, e muta le sembianze del traditore in modo che siano uguali a quelle del ricercato, tanto che le guardie lo catturano e lo portano dinanzi al tribunale.

Un ringraziamento a Wikipedia

Edited by demon quaid - 28/12/2016, 16:43
 
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9 replies since 23/11/2012, 12:29   2307 views
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