Un Mondo Accanto

Fiori Rossi sulla Neve

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morgana1869
view post Posted on 1/3/2013, 12:39     +1   -1




Fiori Rossi sulla Neve



Carlos avanzò lentamente, arrancando nella neve abbondantemente caduta nei pressi della valle bolzanina, con la speranza di raggiungere in fretta la sua meta. Mano a mano che procedeva, sbuffi di vapore gli uscivano dal naso e dalle labbra, segnalandogli quanto la temperatura fosse gelida in quella notte di fine dicembre. Qualcuno avrebbe potuto dire che era un pazzo ad avventurarsi tra le montagne con quel freddo, solo, ma lui non si era mai curato molto di quello che diceva la gente, limitando ogni contatto con i propri simili allo stretto necessario.
“Ormai non dovrebbe mancare molto” pensò Carlos, osservando lo splendido paesaggio invernale.
La notte era calma e limpida ora, dopo la bufera di quel pomeriggio; il candore della neve si rifletteva ovunque, creando uno spettacolare manto azzurro e blu.
“Eccomi, ci sono”.
L’uomo aveva finalmente raggiunto il punto concordato, presso il quale avrebbe trovato le ulteriori istruzioni per arrivare a destinazione.
Affisso su un grande peccio, Carlos trovò un foglietto, con scritte sopra solo poche parole che gli indicavano il cammino per proseguire.

Dietro quest’albero troverai la via.
Come una scia di fiori rossi che sbucano dalla neve.



“Romantico: un poeta, come sempre” rifletté l’uomo, scuotendo la testa con un mezzo sorriso.
Carlos aggirò l’ostacolo per vedere meglio le impronte sul manto bianco e le macchioline rosse che le accompagnavano. Facendosi forza per contrastare il freddo pungente di quella notte, si strinse nel montone e riprese il cammino, avventurandosi nella valle. Proseguì per un’ora forse, fino a che si ritrovò al limitare della boscaglia e si fermò quando le orme sparirono all’improvviso, segno per lui evidente che il punto di incontro era quello.
Carlos si sistemò meglio i guanti da montagna e la sciarpa di lana che gli cingeva strettamente il collo, infilò di nuovo le mani in tasca, e incontrò la pistola che portava sempre con sé. Pur sapendo che era inutile, lo faceva sentire più sicuro, in un certo qual modo. E poi gli sarebbe servita nel caso avesse deciso che era tempo di agire e chiudere una certa faccenda.
- Esci fuori, tanto lo so che ci sei – disse ad un tratto, con un tono di voce neppure tanto alto.
Pochi secondi dopo, la figura di un giovane uomo scivolò dall’ombra, muovendosi lento e disinvolto nella neve.
- I tuoi riflessi sono migliorati, Carlos – si complimentò, battendo leggero le mani con un mezzo sorriso stampato sulle labbra cremisi, i denti appuntiti che baluginavano nel buio.
- Piacere di incontrarti di nuovo, Nicolae – ricambiò, avvicinandosi lento, perfettamente a suo agio in una camicia di cotone e un paio di jeans scoloriti. Visto così non dimostrava più di trent’anni, anche se in realtà era molto più vecchio – ti ho quasi preso a Venezia, quattro mesi fa.
- Mi hai mancato di un soffio anche a Pompei, solo due settimane prima di allora. Stai migliorando – rispose, con una nota di soddisfazione nella voce profonda e armoniosa.
- Ti conosco bene, ormai.
- E’ un modo come un altro per dirmi che sto diventando prevedibile?
- No.
Di colpo i due si sorrisero e Carlos si chiese cosa potessero mai avere in comune un vampiro e un cacciatore di mostri come loro.
- Buon Natale, Carlos.
- Buon Natale anche a te, Nicolae – rispose con lo stesso tono affettuoso che avrebbe potuto avere per un figlio.
Il vampiro estrasse una sigaretta dalla tasca dei pantaloni e la accese, aspirando una lunga boccata di fumo e rilasciandola nell’aria limpida della notte.
- Fumi ora, Nicolae? Da quando?
- Oh, è una deformazione recente – ammise Nicolae, ghignando divertito.
- Ma ne senti il sapore?
- In realtà no, ma fa tanto figo che ho deciso di farlo... almeno per un po’. Prima o poi anche questo mi stancherà, e troverò un’altra moda da seguire.
Il vampiro sollevò il volto a guardare il cielo stellato, facendosi serio. Uno strano e ovattato silenzio regnò sovrano nel buio, fino a quando la sua bocca vermiglia si aprì di nuovo in un dolce sorriso.
- Sai da quanto tempo siamo soliti adempire questa tregua, Carlos? Te lo ricordi?
- Cinquant’anni, credo – stimò l’uomo incerto.
Carlos ricordava bene quel giorno: era Natale, proprio come allora; dopo averlo seguito per qualche anno, finalmente era stato sul punto di avere la meglio e prenderlo, quel vampiro che aveva massacrato la sua famiglia in una sola notte, e invece poco prima di riuscire ad aggredirlo era inciampato come un idiota in una delle assi sconnesse che ricoprivano la piccola costruzione abbandonata poco fuori dalla cittadina in cui lo aveva rintracciato, rivelando la sua presenza al mostro e permettendogli poi di fuggire.
Solo che lui non era scappato.
Era tornato lentamente sui suoi passi e lo aveva fissato con quei suoi occhi scuri, indecifrabili, di un colore indefinito tra il nero e il rosso cupo, e si era chinato al suo fianco. Infine gli aveva chiesto se avesse qualcosa di rotto con l’aria amorevole di una chioccia con i propri pulcini.
- Sono duecentosessantasette, per l’esattezza.
- Così tanti? – domandò Carlos, sbarrando gli occhi.
- Già. Quando sei un immortale, il tempo scorre veloce: così veloce che a volte neppure ti accorgi del suo passare.
- Due secoli e mezzo, quindi?
- Sì.
- Sì, ma ho fallito. Ho sempre fallito.
- Già... finora mi è andata bene, non è così?
Nicolae sembrava ammirato da tale comportamento. Carlos invece riusciva solo a pensare a quante occasioni perse per abbatterlo, e soprattutto al patto che avevano stretto per chissà quale motivo. O meglio, lui lo sapeva il motivo: voleva vendicare colui che aveva massacrato sua moglie e suo figlio. Questo era il suo scopo. Era il motivo per cui il vampiro gli permettesse di restare in vita in salute a essere ancora un mistero.
- Quest’anno vorrei farti un regalo – mormorò all’improvviso il vampiro, abbassando lo sguardo per incontrare i suoi occhi e strappandolo così dai suoi tristi ricordi.
- Un regalo?
- Sì, un regalo: ci conosciamo da tanto tempo, ormai, noi due. Condividiamo sangue e segreti - un silenzio carico di attesa calò tra loro, mentre il vampiro gettava la sigaretta nella neve, incerto - pensavo che potrei rispondere a una delle tue domande. Chiedimi qualcosa che vorresti sapere di me. Qualunque cosa. Tu mi hai parlato spesso della tua famiglia, di quello che desideravi per vivere prima che io ti strappassi ogni cosa. Mi piaceva ascoltare le storie che raccontavi su tuo figlio, su come gli insegnavi a cavalcare... perdonami, non dovrei rivangare queste cose.
Un silenzio imbarazzato calò tra loro e perdurò per qualche minuto, prima che Carlos ritrovasse la voce, il cuore stretto in una morsa di dolore al ricordo della moglie e del figlio perduti.
- Vorrei sapere... perché non mi hai ucciso, quella volta?
- Intendi perché ti permetto di vivere nutrendoti di me senza trasformarti in quello che sono?
- Sì.
- Mi sento solo. Tu non immagini come io aspetti questo giorno, ogni anno, solo per poter scambiare qualche parola con te.
- Tu ti senti solo?
Carlos era allibito.
- Penso che sia un residuo di umanità che non vuole lasciarmi. L’eternità alla lunga è stancante. Monotona. Non avevo idea che fosse anche solitaria. Quando ho scelto di diventare un vampiro, vedevo in questo nuovo mondo la porta per i miei desideri: come medico alle soglie di una nuova era di conoscenza, la prospettiva di una vita eterna era accattivante, splendente. Un futuro radioso. Il mio futuro era radioso. Il mio mentore, nel decantarmi le migliorie che sarebbero sopravvenute nel mio corpo, non mi aveva detto che quando hai sete, quando senti l’odore del sangue, diventi una bestia, che nient’altro è importante se non il sangue, che diventa la tua ragione di vita, il sangue. E uccideresti per avere ancora anche solo una goccia di sangue. Ero un chirurgo brillante, un uomo ambizioso che poi si è giocato ogni cosa per perseguire un sogno.
Carlos ascoltò e assorbì le sue parole come una spugna, provando un moto di pietà verso quell’essere così mesto e solo che stava in poche parole raccontandogli il proprio fallimento.
- Perché allora non ti uccidi? Basta che tu ti esponga al sole, oppure ti lasci prendere da me e...
- Ho paura – ammise Nicolae, un in soffio.
- Tu hai paura?
- Sì: per quanto uno possa stancarsi dell’eternità, l’ignoto fa paura. Anche a un vampiro. Per questo non potrei mai darmi la morte volontariamente o lasciarmi uccidere da te. Nonostante io voglia morire, sono troppo codardo per morire.
Il cacciatore accarezzò la pistola che teneva in tasca, abbassando lo sguardo.
- Quella non serve. Non mi puoi uccidere con quella, Carlos. Lo sai bene, credo.
- Non è per te – mormorò l’uomo, stringendosi nelle spalle – è per me.
Ecco, lo aveva ammesso: Carlos accarezzava da tempo l’idea di raggiungere in quel modo la sua famiglia.
- Per te, quindi.
Il sussurro del vampiro gli giunse dolce come la carezza del petalo di un fiore su una guancia. Carlos annuì, estraendo la pistola dalla tasca. Fece girare il caricatore con un dito.
- Anche io sono stanco, Nicolae.
- E a me non pensi?
- Sì che ci penso a te. Per questo sono ancora qui.
- Rimarrei di nuovo solo.
- No, non lo saresti. Potresti trovare un nuovo cacciatore e...
- No, non voglio un nuovo cacciatore.
- Potremmo sempre aspettare l’alba e terminare le nostre esistenze fuori tempo insieme, in questa notte di Natale, come due vecchi amici.
- Siamo amici, Carlos?
- Sì, Nicolae. Lo siamo.
Il vampiro tacque di nuovo. Quella notte pareva intrisa di lunghi silenzi significativi come se il tempo si fosse, davvero, definitivamente fermato solo per loro due.
- Aspetteresti davvero l’alba con me?
- Sì. Come i due vecchi amici che siamo.
- Pensiamoci ancora per un anno. Il prossimo Natale ti dirò se voglio morire – promise Nicolae, abbozzando un sorriso – porre fine alla propria esistenza, seppur ingiusta, è un passo difficile da compiere.
- Il prossimo Natale, allora?
- Sì, il nostro prossimo Natale. Avevo portato un altro regalo per te: la solita provetta con le solite poche gocce del mio sangue, perché tu possa passare in salute un altro anno, e...
- E...?
- ...e un’ampolla colma del mio sangue, perché, se lo desideri, tu possa diventare come io sono e farci compagnia come fossimo una famiglia. Le lascio qui, per te. Sei tu che scegli la tua vita. Al prossimo Natale, Carlos.
Il cacciatore non aveva parole per commentare quel suo gesto. Restò per diverso tempo a fissare i due contenitori ai suoi piedi, tanto che quando risollevò lo sguardo Nicolae era scomparso, e lui aveva preso la sua decisione: prese l’ampolla e la stappò, restando a fissarla incerto per un momento, poi sparse il suo contenuto vischioso sul manto bianco che cominciava a rischiarare alla luce dell’alba.
Carlos prese allora la fiala e ne ingoiò il contenuto. Sentì il liquido sciogliersi e serpeggiare nelle vene, sconfiggere la sensazione di freddo che fino a quel momento lo aveva stretto in una morsa e restituirgli energia. Sapeva, perché il vampiro glielo aveva spiegato, che mentre una grande quantità di quel sangue maledetto lo avrebbe resto il mostro brutale a cui stava dando la caccia, invece qualche sola goccia di quello stesso elisir lo avrebbe mantenuto in salute, forte e vitale, come se il tempo per lui si fermasse fino al suo completo smaltimento.
Ora rinvigorito, il cacciatore fissò le macchie di sangue ai suoi piedi.
In quella notte natalizia fatta di deliri, di confessioni e di pensieri, a riprova delle parole che si erano scambiati in quel tempo che pareva non passare mai o passare troppo veloce, gli parve che fossero davvero sbocciati dei magnifici fiori rossi sulla neve.

 
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