Un Mondo Accanto

Le streghe nel Medioevo

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 2/9/2013, 15:09     +1   -1
Avatar

Vampiro di dracula

Group:
Administrator
Posts:
16,003
Reputazione:
+105
Location:
Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

Status:


Quando dice che la caccia alle streghe non appartiene all’epoca medievale, si corre il rischio di equivocare. Non è che nel Medioevo non si credesse alle streghe, o che non le si perseguitassero o che addirittura ci fossero sentimenti benevoli nei loro confronti. Per di più, sia la bolla Summis Desiderantes (1484) che il famoso Malleus Maleficarum (1486) appartengono tecnicamente al Medioevo, che viene fatto terminare, convenzionalmente, nel 1492. Ma dal momento che le epoche non tramontano e non sorgono nell’arco di un giorno, in realtà già il Quattrocento, con l’umanesimo, la nuova concezione del passato, percepito come ben distinto, la nuova arte, il neoplatonismo, la letteratura, appartiene alla nuova epoca che si è venuta preparando nel corso del Trecento. Allo stesso modo il Medioevo prepara gradualmente le premesse per la caccia alle streghe. Intese come persone che hanno la facoltà di compiere incantesimi, spinte dal demonio, per danneggiare altri, anche se ci sono state riportate ricette stregonesche per scopi benefici, quali influenzare il tempo per aiutare i raccolti, guarire uomini e animali, filtri d’amore e così via. La caccia alle streghe è un’operazione sistematica condotta in via ufficiale da agenti ecclesiastici con facoltà di investigare, raccogliere le accuse, interrogare, torturare, raccogliere le confessioni e far eseguire la sentenza (affidata al braccio secolare perché ecclesia abhorrit e sanguine, la chiesa rifugge dal sangue), per lo più una condanna al rogo, anche se qualche "fortunato" poteva essere strangolato o impiccato prima.

Nell’alto Medioevo la credenza nelle streghe, non necessariamente seguaci del diavolo, doveva essere diffusa se sia Rotari, nell’Editto del 643, che Carlo Magno, nella Capitulatio de partibus Saxoniae, condannano chiunque uccida una donna perché la ritiene una strega. Anche la pratica della divinazione è condannata in quanto superstizione non degna di un vero cristiano e Liutprando stabilisce pene pecuniarie per chi si rechi, o mandi un proprio servo o gli permetta di recarsi per proprio conto, da chi pratica quest’arte illegittima. Il Canon Episcopi, falsamente attribuito al concilio di Ancira (314), ma più probabilmente capitolare franco, ammonisce vescovi e loro ministri a bandire, e "solo" a bandire, chiunque pratichi la divinazione e la magia, inventate dal diavolo, ma per quanto riguarda le streghe, cioè

"…certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana e si sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, [che] credono e affermano di cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani (o di Erodiade), e di una innumerevole moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al silenzio della notte profonda e di obbedire ai suoi ordini come a loro signora e di essere chiamate certe notti al suo servizio…"

afferma che si tratta semplicemente di donne ingannate dal demonio, che le allontana dalla fede cristiana facendo loro credere di compiere, ma non compiere davvero, le cose che raccontano. C’è sempre il diavolo ad ispirare i sogni di queste donne, ma esse non hanno stipulato un patto. Al diavolo non è riconosciuto il potere di mutare qualcosa sul piano fisico: può tormentare con sogni e visioni lo spirito della gente ma spetta solo a dio, il creatore, cambiare l’aspetto delle cose. Il Canon Episcopi fu legittimato dalla Chiesa quando Graziano lo inserì nel suo Decretum, primo nucleo del diritto canonico. La cosiddetta "società di Diana" o della "signora del gioco" che compare in questo testo è chiaramente un retaggio degli antichi culti pagani, dove Diana, pur avendo ormai perso le sue caratteristiche di vera e propria divinità, rimaneva un essere sostanzialmente benevolo, quasi una sorta di spiritello. La mancanza di un patto col diavolo, la cui possibilità di realizzazione era severamente negata dalle autorità ecclesiastiche, giustificava anche l’assenza di una persecuzione qualora non sopravvenissero caratteri più forti che facessero pensare all’eresia. Ma un’accusa di stregoneria ancora non esisteva. In sostanza, potremmo dire che le "streghe" erano considerate delle folli.

Un’altra delle prerogative che saranno attribuite alle streghe è quella di provocare grandine e cattivo tempo per rovinare i raccolti altrui, opinione decisamente smentita, ancora una volta bollata come superstizione del popolo sciocco ed ignorante, non degna dei cristiani, da Agobardo, divenuto in seguito santo, nel Liber contra insulsam opinionem de grandine et tonitruis (Libro contro un’insulsa opinione sulla grandine e i tuoni, 820).

A partire dal XII secolo, nonostante Giovanni di Salisbury continui ad affermare che il sabba è pura fantasia, proprio mentre Graziano completa il suo Decretum (1140), cominciano a confondersi l’idea della società di Diana e quella dell’esistenza di donne capaci di danneggiare il prossimo tramite l’arte magica, quest’ultima già esistente in età classica (si vedano ad esempio Erichto nella Farsaglia di Lucano oppure Canidia negli Epodi di Orazio o ancora Moeri nell’Ecloga VIII di Virgilio). La chiesa continua a considerarle però mere illusioni, evidentemente ancora impegnata a dimostrarsi "superiore" alle "superstizioni" dei pagani. Nello stesso periodo si pongono le basi per la nascita dell’Inquisizione, quando vari sinodi ecclesiastici, fino al IV Concilio ecumenico lateranense nel 1215, decretarono di avvalersi del braccio secolare per la repressione delle eresie, sulla base della riscoperta, avvenuta proprio in quel periodo, del diritto romano, vale a dire del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, che attribuiva allo stato il compito di combattere i riti non ammessi. Il XII secolo è anche un secolo di fermento religioso, con la comparsa di movimenti eretici di massa, tra cui il più noto è quello dei Catari, nato attorno al mille, movimento preoccupante per la chiesa fin da subito (nel 1017 furono condannati al rogo 10 eretici) e combattuto aspramente per tutto il XII secolo con guerre e stragi. Pur essendo i Catari un movimento sociale e religioso in piena regola, ad essi venivano attribuite anche alcune azioni che in seguito diverranno tipiche delle streghe: il patto col diavolo, il bacio della vergogna, la trasformazione del diavolo in gatto (Alain de Lille, autore del Contra haereticos suis temporis, Contro gli eretici di questo tempo, afferma erroneamente che la parola Catari deriverebbe da cato, cioè gatto, animale nelle cui sembianze apparirebbe Lucifero alle riunioni dei Catari, ricevendone il bacio sul posteriore). In occasione della lotta ai Catari si rafforzò l’inquisizione, che il papato avocò a sé mentre prima spettava ai vescovi, affidandola prima ai monaci cistercensi e in seguito ai francescani ma soprattutto ai dominicani, i quali istruivano appositamente i loro teologi. I vescovi erano stati anche accusati di essere troppo lassisti nella ricerca dei possibili eretici.

L’inquisitor era un magistrato straordinario che si presentava all’autorità temporale locale con le proprie credenziali e da questa otteneva il permesso di nominare un proprio collegio composto da notai, soldati, un vicario, guardiani delle carceri. Non era obbligato ad attenersi alle norme della procedura civile, quindi non teneva in considerazione eventuali privilegi o la possibilità d’appello. Poiché le prove erano indiziarie e testimoniali, occorreva che l’imputato confessasse e possibilmente abiurasse, cosa che poteva essergli estorta con l’intimidazione, il carcere e la tortura, autorizzata da Innocenzo IV con la bolla Ad Extirpanda (1252), che attribuiva al vescovo la facoltà di concedere, volta per volta, il nulla osta a procedere. L’esecuzione finale era, come già abbiamo detto, affidata al potere esecutivo civile, passibile di scomunica qualora si fosse rifiutato di procedere: le pene potevano essere pecuniarie, corporali, capitali e talvolta si obbligava il condannato a portare un marchio d’infamia. Questo tipo di inquisizione si diffuse tra il XIII e il XIV secolo, ma la sua funzione nella lotta alle eresie si esaurì attorno al XV secolo.

Il primo documento che riporta un processo contro le streghe è il Consilium di Bartolo da Sassoferrato (1314 – 1357), cui il vescovo di Novara chiede un parere riguardo a come vada giudicata una strega sotto processo a Orta. La figura della strega è molto diversa da quella della società di Diana: la donna ha ammesso di aver calpestato una croce, di essersi inginocchiata davanti al diavolo e di aver provocato, ammaliandoli, la morte di alcuni bambini, in seguito al quale fatto le madri l’avrebbero denunciata (impossibile non chiedersi come siano saltate fuori queste confessioni). Bartolo però si dimostra scettico su quest’ultimo fatto e si rimette alla chiesa e ai teologi perché stabiliscano se effettivamente sia possibile causare la morte di qualcuno servendosi di incantesimi. Consiglia perciò al vescovo di trattare la donna come un’eretica, da condannare o da salvare a seconda che si penta o no. Il primo rogo di strega è del 1340, ancora con l’accusa di eresia, il che significa che ancora non esisteva una procedura penale specifica per le streghe.

Un grazie a Manuela Simeoni

IL CANON EPISCOPI E L'INIZIO DELLA QUESTIONE SULLE STREGHE



Salvo pochi rarissimi casi, nessuno oggi mette più in dubbio la realtà della caccia alle streghe. Non molti però ne conoscono la reale portata, che è anzi oggetto di discussione da molti anni.

A livello di luogo comune siamo abituati ad associare la caccia alle streghe al Medioevo, epoca che noi contemporanei, figli del Rinascimento prima e dell’Illuminismo poi, consideriamo un’epoca di superstizioni. Ma il primo rogo per stregoneria risale "solo" al 1340 e le due bolle papali che sono considerate l’avvio della caccia alle streghe sono del 1326 e del 1484. E’ solo dal XIII secolo che la chiesa comincia a parlare seriamente di streghe e raduni diabolici. Qual era la sua posizione precedente?

Bisogna considerare che fino al XIV secolo, alla fine del quale l’ultimo paese pagano europeo diviene cristiano, la chiesa si dichiara impegnata a combattere le "superstizioni" pagane, tra le quali, come si può leggere nelle leggi Longobarde emanate da Rotari e Liutprando oppure nei Capitularia de partibus Saxoniae (Capitolari Sassoni), le leggi di Carlo Magno per la Sassonia appena conquistata, era inserita anche la credenza nelle streghe.

Il primo testo ecclesiastico ad affermare questa posizione di negazione dell’esistenza delle streghe è il Canon Episcopi; gli studiosi lo riconoscono come il testo più antico ad affrontare il problema delle streghe ed è un’istruzione ai vescovi sul comportamento da tenere di fronte alla credenza nel fatto che alcune donne, in alcune notti, volassero al seguito di Diana.

Il testo è il seguente (traduzione tratta da Abbiati, Agnoletto, Lazzati (a cura di), La stregoneria, Milano, Oscar Mondadori, 1991)

"I vescovi e i loro ministri vedano di applicarsi con tutte le loro energie per sradicare interamente dalla proprie parrocchie la pratica perniciosa della divinazione e della magia, che furono inventate dal diavolo; e se trovano uomini o donne che indulgono a tal genere di crimini, devono bandirli dalle loro parrocchie, perché è gente ignobile e malfamata. Dice, infatti, l’apostolo: "Dopo la prima e la seconda ammonizione evita l’eretico, sapendo che è fuori dalla retta via chi si comporta in tal modo". E sono fuori dalla via e prigionieri del diavolo coloro che abbandonano il loro Creatore per cercare l’aiuto del diavolo; e perciò occorre purificare la santa Chiesa da un tale flagello. Né bisogna dimenticare che certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana e si sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, credono e affermano di cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani (o di Erodiade), e di una innumerevole moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al silenzio della notte profonda e di ubbidire ai suoi ordini come a loro signora e di essere chiamate certe notti al suo servizio. Ma volesse il cielo che soltanto costoro fossero perite nella loro falsa credenza e non avessero trascinato parecchi altri nella perdizione dell’anima. Moltissimi, infatti, si sono lasciati illudere da questi inganni e credono che tutto ciò sia vero, e in tal modo si allontanano dalla vera fede e cadono nell’errore dei pagani, credendo che vi siano altri dèi o divinità oltre all’unico Dio. Perciò, nelle chiese a loro assegnate, i preti devono predicare con grande diligenza al popolo di Dio affinché si sappia che queste cose sono completamente false e che tali fantasie sono evocate nella mente dei fedeli non dallo spirito divino ma dallo spirito malvagio. Infatti, quando Satana, trasformandosi in angelo della luce, prende possesso della mente di ognuna di queste donnicciole e le sottomette a sé a causa della loro infedeltà e incredulità, subito egli assume l’aspetto e le sembianze di diverse persone e durante le ore del sonno inganna la mente che tiene prigioniera, alternando visioni liete a visioni tristi, persone note a persone ignote, e conducendola attraverso cammini mai praticati; e benché la donna infedele esperimenti tutto ciò solo nello spirito, ella crede che avvenga non nella mente ma nel corpo. A chi, infatti, non è accaduto nel sonno o in visioni notturne di essere tratto fuori da sé stesso e di vedere, dormendo, molte cose che, sveglio, non ha mai visto? Ma chi può essere così stupido e ottuso da credere che tutte queste cose che accadono solo nello spirito, avvengano anche nel corpo? Il profeta Ezechiele, infatti, vide il Signore nello spirito e non nel corpo, e l’apostolo Giovanni vide e udì i misteri dell’Apocalisse nello spirito e non nel corpo, come egli stesso dichiara: "Subito fui in spirito". E Paolo non osa dire di essere stato rapito fisicamente in cielo. Tutti, perciò, devono essere pubblicamente informati che chiunque crede a queste simili cose, perde la fede, e chiunque non ha vera fede appartiene non già a Dio ma a colui nel quale crede, vale a dire al diavolo. E’ scritto infatti di nostro Signore: "Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui". Perciò chiunque crede possibile che una creatura cambi in meglio o in peggio, o assuma aspetti o sembianze diverse per opera di qualcuno che non sia il Creatore stesso che ha fatto tutte le cose e per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, è indubbiamente un infedele, e peggiore di un pagano".

Nel Medioevo si riteneva che il Canon Episcopi fosse stato elaborato durante il concilio di Ancira del 314, probabilmente per un errore di interpretazione compiuto dal vescovo Burcardo di Worms agli inizi del XI secolo, il quale aveva a disposizione un testo del Canon trascritto subito dopo le disposizioni di Ancira. Fu probabilmente Burcardo ad aggiungervi il nome di Erodiade e la frase finale "peggiore di un pagano". In realtà si tratta di un capitolare dell’età dei Franchi, secondo quanto afferma lo storico Carlo Ginzburg in Storia notturna. Una decifrazione del Sabba, steso da Reginone vescovo di Prum. Il testo fu considerato a lungo valido dalla chiesa, come prova il suo inserimento in diverse raccolte dei secoli successivi: quella di Burcardo, il Decretum di Ivo di Chartres e quello di Graziano che alcuni considerano la prima sistematizzazione del futuro diritto canonico.

Per la verità, pare che altri scritti alludessero alla "società di Diana", perciò il Canon non sarebbe il primo a parlarne. E’ certamente il primo a mettere al centro quest’argomento; nel testo non si parla mai di streghe e solo più avanti nei secoli Diana (o Erodiade, o Ecate, o la "Signora del Gioco") sarà sostituita dal diavolo. Certo il Canon non può, data l’epoca storica, negare che vi sia l’opera del diavolo, ma questa si limita all’illusione, all’inganno. Le donne che si illudono di viaggiare al servizio di Diana sarebbero persone deboli di mente, la cui scarsa fede permette al diavolo di ingannarle, ma non stringono con lui un patto consapevole. Non gettano neppure malefici: anzi, la società di Diana pare qui avere un ruolo esclusivamente ludico ed è chiaro che Reginone sta combattendo gli ultimi, forse inconsapevoli, residui di paganesimo.

Il fatto che si dichiari che le riunioni delle "streghe" siano fantasia, non deve farci pensare che le streghe non venissero condannate; nel Canon la condanna si "limita" all’esser fuori della grazia divina e perciò al bando dei colpevoli dalla parrocchia, il che può significare l'allontanamento fisico o quello "morale" ed è forse una condanna lieve se paragonata al rogo dei secoli successivi, al quale le streghe arriveranno passando prima per l’accusa di eresia e poi per quella di stregoneria vera e propria, quando anche ecclesiastici, papi e uomini di cultura crederanno e cercheranno di dimostrare la realtà degli atti malefici compiuti dalle streghe. Al Canon Episcopi si appoggeranno non solo coloro che continueranno a negare la realtà dei raduni stregoneschi, credere ai quali è eresia fino al XIII-XIV secolo circa, ma anche coloro che in seguito la affermeranno: questi ultimi sosterranno infatti che ciò di cui parla il Canon non è ciò che essi perseguitano.

Sicuramente in esso ritroviamo tutti quegli elementi che confluiranno poi nel "sabba diabolico" perseguitato dalla chiesa: le pratiche della divinazione e della magia, la presenza del diavolo, il volo notturno in groppa a certi animali, l’essere a servizio di un’altra entità, la trasformazione.
 
Top
0 replies since 2/9/2013, 15:08   83 views
  Share