| ...a casa completamente solo. Inverno 1984. Sono uno a cui il buio non fa nessun effetto, ma quella sera c'era un qualcosa nell'aria che non mi faceva stare rilassato come in altre occasioni. Avevo cominciato a scivere l'ennesimo mio racconto sui vampiri. Ero uno scrittore da poco, collaboravo con una casa editrice di************che pagava poco i miei racconti, ma era l'unica che mi aveva dato un pò di fiducia. Pensavo di poter realizzare i miei sogni un giorno col mio lavoro, ma nonostante mi impegnassi molto, e cercassi nella mia mente idee sempre nuove, non riuscivo ad arrivare. Come dicevo, quella notte la mia mente sembrava bloccata. Non capivo perchè, ma mi sentivo come se dovesse succedere qualcosa. Scrivevo sempre solo la notte, perchè la notte la mia mente era solitamente più reattiva e fervida. Abitavo in un piccolo appartamento in fondo alla via**********. Una piccola casetta con poco spazio, ma per la mia vita era sufficiente. Del resto, con quello che guadagnavo non è che mi potessi permettere altro. Nell'appartamento vicino al mio non c'era nessuno, perchè il proprietario aveva mandato via un inquilino il mese prima per inadempienza contrattuale. Tirava un vento forte quella notte, e le imposte delle finestre sbattevano violentemente. Fui costretto ad aprire le finestre, sporgermi e chiudere le imposte. Mentre mi sporgevo, notai fuori oltre la strada che divideva la mia casa da un giardino, un ombra che sembrava fissare la mia casa. Fu l'impressione di un attimo, gurdai fuori con più cura nello stesso punto, ma non notai più l'ombra. Non feci tempo a chiudere le finestre, che suonarono alla porta. Guardai l'orologio stupito...erano quasi le 2. Andai ad aprire, e davanti alla porta, vidi un uomo che mi fissava senza mostrare il minimo imbarazzo. "Buonasera, serve qualcosa?" domandai. L'uomo senza dire una parola entrò in casa, e si mise a sedere davanti al piccolo caminetto che stava nella mia piccola cucina. Si tolse il cappello che appoggiò con molta naturalezza sul tavolo, mi guardò e mi disse: "Le dispiace sedersi con me?". Mi sedetti, e questa volta fui io che non mi feci scappare una sola parola. Chi era? Pareva che conoscesse bene la casa, infatti appena entrato si diresse immediatamente in cucina senza nemmeno guardasi attorno, come se conoscesse perfettamente tutto quello che lo circondava. I suoi occhi erano fermi fissi sulla macchina da scrivere. Non guardandomi mi chiese: "Lei è uno scrittore vero?" risposi di si. "bene" fece lui, "allora io adesso racconterò, e lei scriverà". Lo guardai con titubanza ma mi disse: "E' pronto?" mi alzai, andai verso la macchina da scrivere, mi sedetti, infilai la carta e aspettai senza alzare gli occhi, e lui cominciò...
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