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Ipazia di Alessandria

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view post Posted on 22/1/2018, 15:32     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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Ipàzia, nacque ad Alessandria d'Egitto, tra il 355 e il 370 (non è certo),e morì ad Alessandria d'Egitto, nel marzo del 415. E stata una matematica, astronoma e filosofa greca antica. Rappresentante della filosofia neo-platonica, la sua uccisione da parte di una folla di cristiani in tumulto, per alcuni autori composta di monaci detti parabolani, l'ha resa secondo il teosofo Augusto Agabiti una «martire della libertà di pensiero».

Ipazia nacque ad Alessandria, alcuni decenni prima che questa città diventasse parte del nuovo Impero romano d'Oriente, nella seconda metà del IV secolo. Non è possibile stabilire con maggiore precisione l'anno della sua nascita: il lessico della Suda sostiene che ella «fiorì durante il regno d'Arcadio», ossia dal 395 al 408, il che comporterebbe una data di nascita oscillante dal 355 al 368, anche se la maggior parte degli studiosi crede di poter indicare la sua nascita intorno al 370.

Tuttavia, è anche stato proposto un modello probabilistico di datazione per la nascita della matematica, fornendo come anno più probabile il 355 (con circa il 14.5% di probabilità) e - più in generale - come intervallo di anni più probabile quello compreso fra il 350 e il 360 (con circa il 90% di probabilità).

Nulla si sa della madre e il fatto che i saluti rivolti a Ipazia e agli altri familiari nelle lettere del suo allievo Sinesio non la citino mai, fa ritenere che, almeno nel 402, ella fosse già morta. Si sa di un fratello di nome Epifanio, dedicatario sia del Piccolo commentario alle Tavole facili di Tolomeo, che del IV libro dei Commentaria a Tolomeo, del padre Teone.

Dubbia è la possibilità che avesse un altro fratello di nome Atanasio; nelle lettere in cui Sinesio saluta Ipazia: «Abbraccia per me la venerabilissima e piissima filosofa, il beato coro che gode della divina voce, ma soprattutto il beatissimo padre Teotecno e il compagno nostro Atanasio» e «stammi bene e salutami i compagni felici, cominciando dal padre Teotecno e dal fratello Atanasio», l'ipotesi che Teotecno — Teone è effettivamente il diminutivo di Teotecno — e Atanasio indichino rispettivamente il padre e il fratello di Ipazia, non ha la maggioranza dei consensi dei commentatori.

Noto è invece il padre, «Teone, il geometra, il filosofo d'Alessandria», che studiava e insegnava ad Alessandria, dedicandosi in particolare alla matematica e all'astronomia — osservò l'eclisse solare del 15 giugno 364 e quella lunare del 26 novembre — e che sarebbe vissuto almeno per tutto il regno di Teodosio I (378-395).

Che Ipazia sia stata allieva prima e collaboratrice del padre poi è attestato dallo stesso Teone il quale, in capo al III libro del suo commento al Sistema matematico di Tolomeo, scrive che l'edizione è stata «controllata dalla filosofa Ipazia, mia figlia». Non è chiaro il tipo di controllo esercitato da Ipazia: se si sia trattato di una semplice revisione del commento paterno, di integrazioni al testo ovvero di editare l'intero testo di Tolomeo.

Le fonti antiche sono concordi nel rilevare come non solo Ipazia fosse stata istruita dal padre nella matematica ma, sostiene Filostorgio, anche che «ella divenne migliore del maestro, particolarmente nell'astronomia e che, infine, sia stata ella stessa maestra di molti nelle scienze matematiche».

Filostorgio non è soltanto uno storico della Chiesa, ma anche un appassionato, se non un esperto, di astronomia e di astrologia, e le sue affermazioni trovano conferma in Damascio il quale scrive che Ipazia «fu di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene dalle scienze matematiche alle quali lui l'aveva introdotta, ma non senza altezza d'animo si dedicò anche alle altre scienze filosofiche».

Matematica, astronoma e filosofa, come aveva già attestato il padre, Ipazia aveva tutti i titoli per succedere al padre nell'insegnamento di queste discipline nella comunità alessandrina, nella tradizione del glorioso Museo fondato quasi 700 anni prima da Tolomeo I Soter. Anche se il vecchio Museo non esisteva più da quando era andato distrutto al tempo della guerra condotta da Aureliano, la tradizione dell'insegnamento delle scienze mediche e della matematica era però continuata ad Alessandria, mantenendo intatto l'antico prestigio, come conferma anche Ammiano Marcellino, e Ipazia, già almeno dal 393, era a capo della scuola alessandrina, come ricorda Sinesio, giunto ad Alessandria da Cirene per seguirvi i suoi corsi.

Le fonti antiche le attribuiscono sicuramente un commentario a un'opera di Diofanto di Alessandria, che dovrebbe essere, secondo gli interpreti, l'Arithmetica, e un commentario alle Coniche di Apollonio di Perga. È dubbio se ella abbia composto anche un'opera originale sull'astronomia, un Canone astronomico: la notizia di Suda[ — «scrisse un commentario a Diofanto, il Canone astronomico, un commentario alle Coniche di Apollonio» — non permette di comprendere se quel canone sia in realtà un commento a un'opera di Tolomeo, possibilmente quella già nota e citata dallo stesso padre Teone.

La mancanza di ogni suo scritto rende problematico stabilire il contributo effettivo da lei prodotto al progresso del sapere matematico e astronomico della scuola di Alessandria: a dire del Kline, quella scuola «possedeva l'insolita combinazione di interessi teorici e interessi pratici che doveva rivelarsi così feconda un migliaio di anni più tardi. Fino agli ultimi anni della sua esistenza, la Scuola alessandrina godette di piena libertà di pensiero, elemento essenziale per il fiorire di una cultura e fece compiere importanti passi avanti in numerosi campi che dovevano diventare fondamentali nel Rinascimento: la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l'algebra, il calcolo infinitesimale e l'astronomia».

Progressi sulle conoscenze ereditate fino ad allora sono rivendicati dall'allievo di Ipazia, Sinesio, che nel 399 scriveva che Ipparco, Tolomeo e i successivi astronomi «lavorarono su mere ipotesi, perché le più importanti questioni non erano state ancora risolte e la geometria era ancora ai suoi primi vagiti»: ora si è ottenuto di «perfezionarne l'elaborazione». E Sinesio fornisce un esempio di tali perfezionamenti e dell'unione di interessi teorici e pratici dall'astrolabio da lui fatto costruire e «concepito sulla base di quanto mi insegnò la mia veneratissima maestra [...] Ipparco lo aveva intuito e fu il primo a occuparsene, ma noi, se è lecito dirlo, lo abbiamo perfezionato» mentre «lo stesso grande Tolomeo e la divina serie dei suoi successori» si erano contentati di uno strumento che servisse semplicemente da orologio notturno.

Da queste parole si ricava che i matematici e gli astronomi del tempo di Ipazia non consideravano affatto l'opera di Tolomeo l'ultima e definitiva parola in fatto di conoscenza astronomica: al contrario, essa era correttamente ritenuta una semplice ipotesi matematica, segno che per gli astronomi alessandrini era necessario proseguire le ricerche, per giungere possibilmente alla reale comprensione della natura e della disposizione dell'universo. L'idea di un Tolomeo sistematore della realtà astronomica appartiene alla più tarda epoca medievale.

Un altro strumento costruito su indicazioni di Ipazia fu un idroscopio: «un tubo cilindrico avente la forma e la misura di un flauto. In linea perpendicolare reca degli intagli, a mezzo dei quali misuriamo il peso dei liquidi. Da una delle estremità è otturato da un cono fissato strettamente al tubo, in modo che unica sia la base di entrambi. È questo il cosiddetto barillio. Quando s'immerge il tubo nell'acqua, esso rimane eretto e si ha in tal modo la possibilità di contare gli intagli, i quali danno l'indicazione del peso».
 
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