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Dama in nero: il mistero irrisolto di Ischia

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view post Posted on 14/8/2020, 19:45     +1   -1
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Guardiano del male

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La morte della Dama in Nero a Ischia è annoverabile tra i misteri irrisolti italiani. Un vero e proprio cold case che si intreccia con la storia recente dell’isola verde. Una vicenda dai contorni oscuri, ambientata a Lacco Ameno nella notte del primo ottobre 1953 e che vide protagonista una donna che la stampa etichettò come la “Dama Nera” (o, per l’appunto, “dama in nero”).

In questo articolo vi illustriamo una prima ricostruzione di questo mistero senza risposta, su cui torneremo in futuro per gli approfondimenti del caso (in tal senso guarda le rivelazioni del canale Youtube “Address Unknown” e lo speciale pubblicato – con la collaborazione del nostro portale – sul settimanale ischitano “Corriere dell’isola“)

George Spencer Watson - A lady in black (Dama in nero)
George Spencer Watson – A lady in black (1922)



Nelle acque della spiaggia della Fundera, dopo le 22.00 di sera, due signore rinvennero il cadavere di una donna vestita di nero. Di lei non si seppe mai l’identità e nemmeno se venne uccisa o se si suicidò. Da ‘L’Unità’ del 3 ottobre di quell’anno si evince che la donna giunse a Casamicciola a bordo di un vaporetto il primo ottobre e la sera stessa si fece trasportare in carrozza nei pressi della spiaggia dove trovò la morte [1]. Ma non si aggiungeva altro.

A fare un quadro preciso della situazione ci pensò il quotidiano ‘La Stampa‘, il 27 ottobre, con un pezzo firmato Crescenzo Guarino: confermata l’indiscrezione del vaporetto, durante il viaggio la dama nera si intrattenne con una signora e due giovani del posto, che la descrissero dotata di grande classe, vestita bene ma in condizione di disagio (scarpe risuolate, cinturino dell’orologio logoro). Durante la discussione con i tre, la donna misteriosa ammise di avere origini inglesi, benché nata a Bolzano, e di essere sposata con un americano. Scesa dal vaporetto, venne accompagnata da uno dei due giovani e visitò il Castello Aragonese.


L’attesa a Casamicciola, la morte a Lacco Ameno

Il ragazzo e la signora si congedarono a Casamicciola, difronte un bar dove la dama in nero si fermò. Proprio lì disse alla cassiera di avere un appuntamento alle 22.00 e chiese alla stessa se avesse visto in zona un uomo con i baffi e vestito di grigio (lo ritroveremo in seguito e – attenzione – non si trattava del giovane incontrato sul piroscafo, ché non aveva i baffi). Si fecero così le 21.00, la dama in nero si portò a Lacco Ameno su una carrozzella: il vetturino notò una borsa e una piccola valigia. Scesa nel comune del Fungo, la donna aspettò impaziente che si facessero le 22.00, tanto che chiese ripetutamente l’ora ad alcuni passanti. Poco dopo il suo corpo senza vita era in riva al mare. Mancavano la borsa e la valigia.


La dama in nero: le ricostruzioni dell’epoca sul mistero di Ischia

LA STAMPA 17/10/53 (sig.ra Jole Mari)


Tante furono le congetture che i giornali fecero nel tentativo di chiarire questo mistero. Sul ‘Corriere di Napoli’ del 15 ottobre 1953 il cronista parlava di omicidio certo, essendo state riscontrate sui gomiti della donna delle abrasioni. Inevitabilmente, queste facevano pensare ad un trascinamento sulla sabbia. In più, stando all’articolista, l’analisi del cadavere evidenziò un colpo al basso ventre che produsse una emorragia interna alla dama in nero.

Sempre il giornale partenopeo arrivava addirittura ad individuare l’identità della misteriosa donna. “Pare adesso che la dama in nero sia quella Jole Mari che era solita trascorrere le sue vacanze ad Ischia”. Questo nome venne fuori dopo una segnalazione di un fotografo ischitano, che riconobbe nella donna morta una signora fotografata tempo prima per un matrimonio [3]. Entrambe le ipotesi fatte dal Corriere di Napoli vennero, però, smentite nei giorni successivi: su ‘La Stampa’ del 17 ottobre si legge che Jole Mari, in realtà, era viva e vegeta. La signora, che viveva a Roma, lesse sui giornali la notizia della sua morte e prontamente segnalò l’errore della notizia [4].

Il giornale torinese successivamente scartava, forse troppo frettolosamente, anche l’ipotesi dell’omicidio. Su ‘La Stampa’ del 28 ottobre l’inviato Crescenzo Guarino escludeva, in primo luogo, qualsiasi tipo di violenza carnale. Ma, soprattutto, il giornalista parlava di alcune pillole del sonnifero Lepetit trovate nel corso di una presunta autopsia nello stomaco della dama nera. Secondo questa ricostruzione – per effetto del barbiturico – la donna svenne, cadde in acqua e morì così per annegamento. Per la verità, guardando ad altre testimonianze, c’è anche chi sostiene che non ci sarebbe stata alcuna autopsia. In più la confezione di Lepetit sarebbe solo uno dei reperti presenti sulla zona del misfatto.


I limiti delle indagini: la Dama Nera di Ischia non ha un nome

Tante ipotesi, ma gli interrogativi rimanevano e non escludevano uno scenario più complicato del suicidio: perché non si ritrovarono più la borsa e la valigia, che probabilmente contenevano dei documenti importanti per la donna? Perché al collo della donna mancava una collanina d’oro che numerosi testimoni avevano notato? L’uomo con i baffi e vestito di grigio era lo stesso che alle 21.30 circa venne visto al centro di Lacco Ameno con un fiasco in mano?

Troppi misteri poi rimasti irrisolti, questi, anche a causa dell’inadeguatezza delle indagini di allora: non solo la spiaggia non venne subito analizzata in cerca di qualche indizio importante, non solo vennero scattate al cadavere alcune foto sfocate e tutt’altro che chiare (rendendo difficile un eventuale riconoscimento), ma addirittura non vennero rilevate le impronte digitali della vittima, pensandoci poi solo quando il cadavere era ormai in putrefazione [5].

Tutti elementi che non hanno permesso la soluzione del caso della povera donna: di lei, per anni, è rimasta solo una tomba anonima nel cimitero di Lacco Ameno. A distinguerla una croce in legno che curiosamente portava la sigla “D N”, un omaggio alla dama nera di cui non si seppe mai il nome.


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