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ANTRUM il film maledetto, se lo vedi muori

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view post Posted on 3/2/2021, 20:46     +1   +1   -1
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Guardiano del male

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Antrum è un FILM MALEDETTO, talmente maledetto che il suo sottotitolo è "Il film maledetto”. È un film che se lo guardi muori, dicono, o meglio è un documentario che parla di un film che se lo guardi muori, o ancora più esplicitamente, è un finto documentario su un immaginario film del quale si dice che se lo guardi muori e che viene per la prima volta mostrato nella sua interezza, nel tentativo quindi di far morire quegli abbonati a Prime Video che sono talmente sconsiderati da ignorare le avvertenze e guardarlo.

Sto per scrivere una cosa estremamente superflua ma ovviamente non è vero nulla, altrimenti non sarei qui a scrivere cose estremamente superflue. Antrum è un simpatico giochino canadese, un mockumentary che si inventa la leggenda di un film letale e la usa per rafforzare e rendere più interessante quello che è il suo cuore, cioè il film in questione. Ora, è difficile immaginare che nel 2020 ci possa essere qualcuno che non dico ci creda davvero, ma anche solo che rimanga in qualche modo colpito da questo spunto: l’idea dei “film che uccidono” è vecchia come l’horror (lo stesso Antrum all’inizio cita uno dopo l’altro The Ring e Cigarette Burns di Carpenter, tipo dichiarazione d’intenti) e di solito non basta a rendere efficace il film stesso; tanto è vero che nella stragrande maggioranza dei casi la pellicola mortale è solo un gimmick di trama e non viene mai mostrata per intero, a meno che non sia un corto che sembra un video dei Tool come nel caso di The Ring.

Eppure Antrum, che è stato presentato nel 2018 a qualche festival ed è uscito direttamente in streaming a fine 2019 in America e che è finalmente arrivato anche su una piattaforma italiana, sta prendendo ritmo, comincia a venire recensito anche nel nostro Paese e persino a spuntare su Twitter, unica vera possibile base scientifica per ogni ragionamento sul successo.

Arrivati a questo punto è dunque importante chiedersi una cosa: ne vale la pena? Non di morire, quello davvero posso assicurarvi che non succede, ma di dedicare novanta minuti della vostra vita ad Antrum, il film maledetto che se lo guardi muori – scusate se mi ripeto ma non riesco a non trovarla una cosa almeno un po’ comica, e a immaginarmi uno stuolo di avvocati che difende Jeff Bezos dall’accusa di omicidio plurimo premeditato con l’aggravante dei futili motivi, o direttamente di tentata strage. Be’, la risposta alla domanda qui sopra è, fortunamente, “sì, ne vale la pena”.

Perché al di là della furbata promozionale, Antrum è un bell’esempio di come si possa fare un film dell’orrore con quattro soldi, tante idee e una grande quantità di filtri vintage per far passare l’idea che il film sia stato girato negli anni Settanta. Si apre e si chiude con la parte finto-documentaristica, che è senza dubbio quella più debole: non dice cose particolarmente interessanti o che non si potrebbero riassumere in due righe di testo in apertura, e dà l’impressione di essere più che altro un editoriale non richiesto nel quale gli autori David Amito e Michael Laicini ci spiegano cose per capire le quali basta guardare il film con un minimo di attenzione. Non arrivo a dire che la cornice mockumentaristica (è una parola?) sia deleteria o che sia stata inserita solo per allungare artificialmente il minutaggio, solo che il film vero e proprio, questa deliziosa operazione nostalgia costruita con un grande amore per il dettaglio, si reggerebbe in piedi anche senza le parentesi di spiegone. Il che tutto sommato è anche un bel complimento.

E quindi: cosa succede in questo film maledetto che ecc ecc? Succede che il piccolo Nathan deve accompagnare la sua cagnolona Maxine dal veterinario per la punturina finale, e siccome è molto triste per aver perso la sua amicona pelosa chiede alla mamma se è vero che almeno è finita in Paradiso. «No, perché è stata cattiva, quindi è all’Inferno» risponde la mamma, causando nel piccolo un prevedibilissimo trauma forse insanabile. La sorella Oralee (Nicole Tompkins, la voce di Jill Valentine nel recente remake di Resident Evil 3) decide quindi di improvvisare la sua versione di La vita è bella ma con Satana, e di inventarsi un’elaborata storia secondo la quale è possibile andare in una foresta magica e scavare un buco in terra fino all’inferno per liberare l’anima della povera Maxine e farla ascendere in paradiso. Fratello e sorella partono quindi per una scampagnata nella foresta magica, armati di pala, grimorio per l’evocazione demoniaca e tanta buona volontà; piantano la tenda in una radura e si mettono al lavoro, scavando metri e metri di terra a un ritmo bionico in cerca di un modo per salvare la loro migliore amica, e più scendono più il confine tra realtà e incubo si assottiglia. Che ci sia qualcosa di vero nelle favole sataniche di Oralee?



Antrum è tutto qui, una letterale discesa all’inferno girata nel bosco sotto casa e in cui l’azione consiste al 90% di immagini di Oralee e Nathan che scavano. L’impatto del film è quindi tutto affidato agli orpelli visivi, al sound design e in generale all’operazione di antiquariato cinematografico messa in piedi dai due canadesi. Antrum è un susseguirsi di equalizzazione sballata, rumore bianco, fotogrammi shock e quasi-subliminali inseriti a tradimento nei momenti di quiete, brevi cameo di personaggi inquietanti che durano il tempo di far salire un brivido lungo la schiena prima di sparire per sempre. È horror puramente sensoriale, che punta sul sovraccarico e sul conseguente disorientamento di chi guarda per provocare emozioni; non c’è quasi nulla di realmente spaventoso in Antrum, che anzi a tratti vira con decisione sul grottesco e sugli effetti quasi comici del disagio. È un film di Satana e di capri, ma è anche un film di gente in mutande che sodomizza animali morti e di curiosi giapponesi con la fissa dell’harakiri; è uno studio su quello che sarebbe uscito dall’Ungheria del 1979 se un tizio di Budapest avesse deciso di girare un horror a tinte sataniche e fregandosene delle basilari regole della grammaatica cinematografica, e gli riesce dannatamente bene.




Rimane legittimamente il dubbio che Antrum sia più questione di forma che di sostanza, e l’altro dubbio ancora più atroce che forse avrebbe beneficiato di un quarto d’ora in meno di girato; ma d’altra parte anche il ritmo sbilenco e i tempi dilatati fanno parte dell’estetica scelta da Amito e Lancini, ai quali è sciocco chiedere di fare qualcosa che non era nelle loro intenzioni solo perché potrebbe funzionare meglio. Meglio godersi il fatto che un’opera del genere, che raramente vede la luce al di fuori di qualche piccolo festival per poi finire dritta dritta in Blu-ray (quando va bene, altrimenti in download gratuito sull’account MySpace del regista), sia finita anche in Italia su Prime Video e stia attirando l’attenzione anche di chi non segue ossessivamente ogni singola uscita horror del mondo.

Se poi per farlo deve usare un trucchetto idiota come quello del “film che se lo guardi muori”, boh, pazienza, il fine giustifica i mezzi, a capro donato non si guarda in bocca e così via. Io sono felice che Antrum esista e che sia compreso nel vostro abbonamento ad Amazon Prime, il servizio di acquisto e consegna online più usato al mondo.


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