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Terremoto in Marocco

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view post Posted on 20/9/2023, 19:53     +1   -1
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Guardiano del male

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Nei 10 giorni trascorsi dal sisma che nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 settembre 2023 ha colpito il Marocco, il numero delle vittime è più che decuplicato: il terremoto ha causato 2.946 vittime accertate, secondo i dati del ministero dell’Interno, che non ha trasmesso ulteriori aggiornamenti dopo quello del 13 settembre alle 19. Il ministero della Salute continua ad aggiornare i dati sul numero degli individui hanno finora ricevuto cure: al 19 settembre, i feriti sono stati 16.076, 375 dei quali sono ancora ricoverati. Dal canto suo il ministero della Solidarietà sociale ha lanciato un’operazione per censire e identificare gli orfani causati dal terremoto, dopo che l’Unicef ha stimato a 100.000 i minori a vario titolo colpiti dal terremoto. In base a una prima valutazione delle commissioni tecniche incaricate di stimare i danni, le abitazioni danneggiate sarebbero 50.000, di cui almeno 6.000 andate completamente distrutte.

Secondo i dati dell’ultimo censimento (2014) le due province più colpite, El Haouz e Taroudant, contano rispettivamente 571.999 e 834.907 abitanti. Nella prima settimana dal sisma, le squadre di soccorso hanno prestato assistenza alle popolazioni sinistrate, costruito ospedali da campo, predisposto ponti aerei per poter garantire assistenza ai feriti, organizzato raccolta di sangue, farmaci, alimenti, provveduto a distribuire beni di consumo di prima necessità e a fornire tende, materassi, coperte e altri materiali necessari a garantire una prima accoglienza. A 10 giorni dal terremoto, tutte le strade sono state riaperte, in tutto o in parte. Vi sono danni ingenti alla rete elettrica e di telecomunicazione, e alle infrastrutture sociali di base, in particolare alle scuole e ai centri di salute di prossimità. Ad oggi il bisogno più urgente riscontrato dagli operatori sul campo riguarda la necessità di produrre e fornire alle popolazioni sfollate tende da campo, infrastrutture provvisorie, e capi di abbigliamento prima che arrivi la stagione fredda.

Ad oggi il bisogno più urgente riguarda la necessità di fornire tende da campo, infrastrutture provvisorie e capi di abbigliamento prima che arrivi la stagione fredda

Le attività di primo soccorso hanno coinvolto in particolare le Forces armées royales (Far) e la rete dell’Entraide nationale, organismo filantropico autonomo che opera sotto la tutela del ministero della Solidarietà sociale. Quattro squadre internazionali, provenienti da Emirati Arabi, Regno Unito, Qatar e Spagna, sono state autorizzate a unirsi alle attività di primo soccorso. Le operazioni di emergenza e di medio termine sono coordinate dal ministero dell’Interno, al quale in Marocco fanno capo le collettività locali, cui è stato affiancato un comitato interministeriale. Il governo ha istituito un fondo speciale (Fonds 126) per permettere il finanziamento di tutte le attività che si renderanno necessarie per affrontare l’emergenza, e sta negoziando programmi di sostegno alla ricostruzione con le istituzioni finanziarie e i donatori internazionali.

A complicare le attività di governo dell’emergenza vi sono alcune caratteristiche dell’area colpita, zona a prevalenza montuosa con centri abitati di dimensioni particolarmente ridotte, che si trova a cavallo di 4 diverse regioni. Il numero più importante di vittime è stato registrato in tre province che fanno capo a due regioni diverse: nella provincia di El Haouz, che fa parte della regione di Marrakech-Safi, le vittime finora accertate sono 1.684 e i centri abitati colpiti sono 2.056, nella provincia di Taroudant, che fa parte della regione di Souss-Massa, i morti sono 980 e i centri abitati colpiti 2.783. Le vittime sono state identificate in un territorio molto ampio, compreso in un raggio di circa 50 chilometri dall’epicentro del sisma, che comprende altre 9 province e prefetture, oltre alle 2 già citate, che fanno capo a 4 diverse regioni, per un totale di 6.210 centri abitati colpiti: alle regioni di Marrakech-Safi (province di Chichaoua, Youssoufia, Essaouira e prefettura di Marrakech), di Souss-Massa (prefettura di Agadir), di Drâa-Tafilalet (province di Ouarzazate e Tinghir), di Khouribga-Beni Mellal (provincia di Azilal), Casablanca-Settat (prefettura di Casablanca). Vista la posizione dell’epicentro del terremoto, al cuore della provincia di El-Haouz, è plausibile pensare che la ripartizione geografica di questi dati non varierà in maniera significativa.

La zona colpita dal terremoto è al cuore di un’area ricca di falde acquifere sotterranee, che è stata laboratorio di ingegnose tecniche tradizionali di irrigazione. Il funzionamento di tale sistema di sfruttamento delle riserve idriche è stato in parte modificato dalla politica di promozione di grandi infrastrutture idriche avviata dal regno del Marocco a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Dal giorno del terremoto le dighe che si trovano in aree limitrofe alla zona colpita sono oggetto di una stretta sorveglianza da parte del Centro nazionale della ricerca scientifica e tecnologica (Cnrst).

L’esigenza di comprendere come meglio garantire la valorizzazione delle risorse idriche è stata all’origine dell’attenzione della comunità scientifica nazionale per la regione di El Haouz, che per le difficoltà di accesso e la diversità delle abitudini sociali è spesso considerata isolata e distante dal resto del Paese. Attorno al lavoro del sociologo Paul Pascon, già funzionario dell’Ufficio nazionale dell’irrigazione (Oni) e autore nel 1977 di una monografia su El Haouz di Marrakech, si è formata la prima generazione di scienziati sociali in Marocco. L’acqua della regione è stato il punto di accesso che ha permesso tanto lo sviluppo della storia sociale, quanto quello dell’antropologia rurale, della sociologia dei fenomeni religiosi, della scienza politica. La tradizione di studio dei fenomeni politici in Marocco è particolarmente debitrice nei confronti della regione di El Haouz: l’esigenza di studiare le forme di intervento dell’autorità centrale per organizzare il prelievo sulle risorse idriche e sulla produzione agricola, e di produrre conoscenza a supporto delle politiche per la promozione di infrastrutture idriche, ha permesso che lo studio del funzionamento del potere potesse continuare anche durante i decenni in cui l’arena politica convenzionale in Marocco è stata al di fuori dei campi sui quali era legittimamente consentito fare ricerca sociale.

Visto che Marocco non è parte del circuito Sepa, non è possibile effettuare bonifici attraverso il sistema di Iban a sostegno delle attività di soccorso e ricostruzione, ma è necessario richiedere e ottenere dalla propria banca l’utilizzo del sistema Swift. È tuttavia possibile fare un versamento attraverso sito della Banque alimentaire, associazione senza scopo di lucro creata nel 2002, che oltre alle donazioni materiali sta raccogliendo offerte in denaro attraverso il circuito Visa. Oltre a collaborare con una serie di associazioni locali attive sul territorio colpito per la distribuzione dei beni alimentari e di prima necessità, la Banque Alimentaire sta cooperando con l’associazione Targa-aide, Ong marocchina fondata nel 1998 da un gruppo di studiosi che si erano formati facendo ricerca sui territori colpiti insieme a Paul Pascon, tra cui Mohamed Tozy, già visiting professor all’Università di Torino. Dal giorno del terremoto, i ricercatori di Targa hanno raggiunto i territori colpiti per realizzare una mappatura dei danni e un censimento dei bisogni della popolazione e delle esigenze che si porranno nella fase della ricostruzione.

L’area colpita è particolarmente isolata ed è stata tra le più recenti in Marocco ad essere raggiunta dalla rete elettrica e dalle infrastrutture stradali e sociali

Dalle prime informazioni che hanno prodotto, emerge con urgenza la necessità di comprendere come le autorità decideranno di provvedere alla ricostruzione dei centri abitati e dei servizi pubblici dell’area colpita, che è particolarmente isolata ed è stata tra le più recenti in Marocco ad essere raggiunta dalla rete elettrica e dalle infrastrutture stradali e sociali. Una delle sfide che si porranno riguarda l’esigenza di non lasciare che siano le grandi imprese cementifere e dell’edilizia a orientare il dibattito sulla ricostruzione, e che le tecniche di costruzione antisismiche tradizionali già adoperate siano preservate e migliorate durante la fase della ricostruzione.

Come è già avvenuto all’epoca dei terremoti che hanno colpito Agadir nel 1960 e Al Hoceima 2004, il terremoto di El Haouz apre una fase politicamente delicata la cui posta in gioco è la ridefinizione dei modelli di sviluppo locale: l’orientamento che guiderà la ricostruzione inciderà inevitabilmente sul modo in cui certe forme di diseguaglianza tra territori e tra gruppi sociali verranno considerate un problema pubblico, e certe altre verranno trascurate perché ritenute conseguenze inevitabili di una catastrofe naturale. In un territorio a vocazione agro-pastorale, in cui l’unità sociale, economica e territoriale di base è il douar (raggruppamento di unità abitative privo di un’amministrazione locale propria) la ricostruzione sarà anche un momento particolarmente delicato per i processi che definiscono la centralità e la marginalità rispetto alla comunità nazionale, nonché per le forme asimmetriche di appartenenza ad essa.


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Perché il terremoto in Marocco è stato così letale




Il recente sisma che ha colpito il paese nord-africano è stato insolitamente forte per la regione. Ma gran parte delle vittime si deve al tipo di costruzioni tradizionali della zona, non concepite per resistere a questo tipo di eventi

Il Marocco sta affrontando le conseguenze del terremoto più devastante degli ultimi decenni. La scossa, che ha colpito l'8 settembre la catena montuosa dell'Alto Atlante, a circa 70 chilometri a sud-ovest di Marrakesh, ha causato la morte di oltre 2800 persone e migliaia di feriti. Il bilancio delle vittime sembra destinato a salire via via che proseguono le operazioni di soccorso e recupero. Perché il terremoto è stato così letale?

Secondo i sismologi e gli specialisti della riduzione del rischio da catastrofi, i fattori che hanno contribuito sono molteplici.

Il primo è la magnitudo. Con una magnitudo di 6.8, il terremoto non è stato estremamente forte: quello che ha devastato parti della Turchia e della Siria a febbraio, per esempio, era di magnitudo 7.8. Ma è stato insolitamente forte per il Marocco. "È eccezionale per la regione", afferma Rémy Bossu, segretario generale del Centro sismologico euromediterraneo di Bruyères le Châtel, in Francia.

L'Africa settentrionale è moderatamente attiva dal punto di vista sismico. I tremori sono causati dalla collisione in corso tra le placche tettoniche africana ed eurasiatica. "La collisione spiega la sismicità dalla Turchia a Gibilterra", afferma Bossu.

Entrambe sono placche continentali, aggiunge Ziggy Lubkowski, direttore associato della progettazione sismica alla società di consulenza ingegneristica Arup di Londra. Di conseguenza, la collisione ha spinto la roccia verso l'alto, creando le montagne dell'Atlante nella regione in cui si è verificato il terremoto di venerdì. "È una collisione piuttosto complessa e antica."

Magnitudo massima sconosciuta
Poiché la regione è solo moderatamente attiva, i terremoti veramente intensi sono rari e si verificano solo una volta ogni poche centinaia di anni. Purtroppo, le registrazioni sismologiche non risalgono abbastanza indietro nel tempo per dire quanto forti possano essere i terremoti in questa regione, sottolinea Bossu. "È difficile valutare la magnitudo massima, soprattutto in ambienti a sismicità moderata, perché le nostre osservazioni sono troppo brevi."

Un'ulteriore complicazione è data dalla natura del confine di placca. In alcune regioni, come la Turchia, c'è un unico confine chiaro. Ma in Africa settentrionale c'è "una rete di faglie in un'area molto più ampia", dice Bossu. Invece di una regione localizzata con un alto rischio di scosse, c’è una vasta area che presenta un rischio basso ma comunque significativo.

Tuttavia, la causa principale del disastro è stata la mancanza di preparazione, afferma Ilan Kelman, ricercatore in materia di disastri allo University College di Londra, nel Regno Unito. "I terremoti non uccidono le persone, il crollo delle infrastrutture sì", afferma. "Questo è stato così devastante semplicemente perché la gente non era pronta."

Secondo Kelman, anche i terremoti moderati possono essere letali se le società non sono preparate. Kelman sottolinea il terremoto di magnitudo 5.9 che colpì Agadir in Marocco il 29 febbraio 1960. Circa un terzo della popolazione della città rimase ucciso e un altro terzo rimase ferito, soprattutto a causa del crollo degli edifici. Nonostante non si trattasse di una scossa enorme, la statunitense United States Geological Survey (USGS) la definisce "il terremoto 'moderato' (di magnitudo inferiore a 6) più distruttivo del XX secolo".

Mancanza di preparazione
Prima della scossa del 9 settembre, c'era motivo di credere che il Marocco avrebbe potuto subire forti terremoti. Kelman ricorda uno studio del 2007 che, basandosi in gran parte su descrizioni storiche, ha contato 1739 terremoti di una certa entità – definiti come superiori a magnitudo 3 e senza includere le scosse di assestamento – avvenuti nel paese tra il 1045 e il 2005.

Eppure la maggior parte degli edifici nell'area colpita è stata costruita in muratura e in "aggregato" – materiale particellare come ghiaia o sabbia – che sono inclini a crollare, spiega Kelman. Rafforzare gli edifici con materiali più resistenti, come il cemento armato, può essere d'aiuto, ma simili misure potrebbero non essere pratiche per l'area, che presenta alti livelli di povertà.


Gli edifici in Marocco sono spesso progettati per resistere alle temperature estreme, che sono un rischio sempre presente, mentre la resistenza ai terremoti è passata in secondo piano, in parte perché sono eventi più rari, spiega Kelman. Tuttavia, in altre regioni i materiali da costruzione tradizionali come la muratura o l'adobe [tradizionale impasto essiccato di argilla, sabbia e paglia, NdT] sono stati adattati con successo per essere resistenti ai terremoti. "Sappiamo che possiamo farlo", afferma.

Quando si cerca di rendere gli edifici più resistenti ai terremoti, la cosa più importante è parlare con le popolazioni locali, afferma Kelman. "Conoscono la loro architettura, sanno che cosa funziona per le loro esigenze", afferma.

Kelman afferma che è anche fondamentale pensare alla resilienza sismica come parte dello sviluppo sostenibile. Spesso si consiglia alle persone di avere una "borsa da viaggio" che contenga beni di prima necessità come acqua in bottiglia, cibo non deperibile, medicinali e un mezzo di comunicazione, ma è necessario avere abbastanza denaro per potersi permettere di mantenerla.

Di conseguenza, secondo l'esperto, costruire la resilienza ai terremoti significa affrontare problemi sociali più ampi come la povertà e la mancanza di istruzione. "Tutti gli aspetti dei disastri sono politici", conclude Kelman. "Tutta la riduzione del rischio di catastrofi riguarda lo sviluppo."


(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Nature" il 12 settembre 2023. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)


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