Un Mondo Accanto

Alcune leggende scozzesi

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view post Posted on 26/1/2010, 23:12     +1   -1
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Vampiro di dracula

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Dall'isola che non c'è....l'Inferno?

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La lezione del cacciatore di foche



Questa leggenda proviene dalle remote regioni del nord, nei pressi di John o' Groats. Vi era un uomo che cacciava foche per vivere, rappresentando la pelle e il grasso di questi animali un ottima fonte di guadagno, e non pensava quanto il suo atto fosse crudele.

Una notte, mentre il cacciatore dormiva dopo una faticosa giornata di lavoro, la porta della sua casa venne scossa da colpi decisi. Brontolando, l'uomo andò ad aprire, e si trovò di fronte uno straniero, che senza scusarsi e con un tono di voce che non ammetteva repliche, lo invitò a vestirsi e a seguirlo, perchè il suo padrone aveva qualcosa da dirgli.

Pregustando un buon affare, il cacciatore seguì lo straniero verso uno stallone nero; i due montarono in sella e l'animale partì come il vento. L'uomo non riuscì a stabilire per quanto tempo il cavallo corse, ma nessun animale avrebbe mai potuto viaggiare così rapidamente, e senza fare rumore; infatti al cacciatore sembrò di aver letteralmente volato.

Improvvisamente come era partito, lo stallone si arrestò, e il cavaliere e il passeggero smontarono. Il cacciatore poteva sentire il rumore delle onde che si infrangevano sulle rocce, sotto di lui. Gli venne detto di trovarsi molto al di sopra il livello del mare, e nell'oscurità si poteva intravedere l'orlo del picco su cui i due si erano fermati.

Non vi era segno di abitazioni intorno, e il cacciatore divenne ansioso: perchè lo straniero lo aveva condotto fin lì? A quale scopo?

Ma prima di formulare qualsiasi domanda, lo straniero agguantò il cacciatore e lo spinse verso l'orlo del picco. gettandosi con lui tra le onde sottostanti. Tutto divenne buio, ma l'uomo seppe di trovarsi a grande profondità sotto il mare; lo straniero era scomparso, e al suo posto nuotava una grossa foca.

L'animale condusse l'uomo oltre una porta, in un luogo incredibile: una grande sala, dalla quale partivano dei corridoi che terminavano in camere più piccole. Tutto intorno a loro vi erano numerose foche, maschi e femmine, vecchi e giovani, che piangevano e mugolavano.

La scena sconvolse il cacciatore, che si domandò quale potesse essere la causa di tanta tristezza, e soprattutto, come poteva egli trovarsi in quel luogo; la risposta a quest'ultima domanda giunse non appena l'uomo guardò i propri piedi: al posto delle gambe e dei suoi vestiti vi era ora la coda e la pelle lucida di una foca.

Stordito e terrorizzato, egli si lasciò condurre in una camera più piccola, dove giaceva una grossa foca morente, assistita dai familiari; la ferita sul petto sanguinava copiosamente, a causa della lama di un coltello da caccia tenuto dalla sua guida.

Il cacciatore riconobbe la sua arma, che credeva di aver perduto la mattina stessa durante la caccia. Invece la bestia, ferita, era riuscita a raggiungere il suo rifugio, ma la ferita era troppo profonda, e la stava uccidendo. Quale terribile vendetta avevano preparato le sue vittime per lui?

La foca che lo aveva prelevato da casa depose il pugnale insanguinato, si girò a guardare il cacciatore e disse: << Tu sei il responsabile di quanto accaduto! Poggia le tue mani sulla ferita aperta e chiudila, per allontanare il male che hai causato!>>

Il cacciatore fece quanto gli era stato ordinato, e la ferita si sanò, salvando la foca morente; questa, non appena recuperate le forze, cominciò a parlare: << Non abbiamo bisogno di tenerti qui, e non è giusto che tu stia lontano dalla tua specie.

Ti permetteremo di ritornare alla tua dimora, non prima però che tu ci prometta di non causare mai più alcun male a nessuna foca; verrai compensato per il tempo che sei rimasto qui, ma solo se avremo la tua promessa potremo lasciarti andare, altrimenti rimarrai qui >>.

I cacciatore diede la sua parola senza esitare, e la foca che lo aveva guidato nel regno sottomarino lo riportò a casa, sul dorso dello stallone nero veloce come il vento. L'alba nasceva appena, quando l'uomo venne deposto sulla soglia della sua casa. Lo straniero, in silenzio, voltò la cavalcatura per andarsene, ma prima gettò un sacchetto di pelle nelle mani del cacciatore: un sacchetto pieno di monete d'oro, che avrebbero permesso all'uomo di non lavorare mai più.

La foca di Sule Skerry



Questa leggenda proviene da una ballata delle Isole Orkney. Una giovane donna giaceva in lacrime con un bambino tra le braccia; la sua disperazione veniva dal fatto che il padre del suo bambino le era sconosciuto, avendola lasciata sola.

Il padre del piccolo era in realtà una foca, che era tornata al mare subito dopo l'incontro amoroso con la donna.

Un giorno, mentre la donna era intenta a cullare il suo bambino, una foca le apparve di fronte, con queste parole: << Sono il padre del tuo bambino, ma non posso sposarti. Fornirò il necessario per provvedere a lui, ma quando il bimbo raggiungerà il settimo anno di età, tornerò e lo porterò via con me, nel mondo a cui appartiene>>. Così dicendo, la foca gettò vicino alla donna un sacchetto di pelle pieno di monete, e scomparve subito dopo nel mare.

Fu così che la donna crebbe e curò il piccolo da sola, dall'infanzia alla fanciullezza. Il bambino crebbe forte, felice e in salute, ma la madre sapeva che più cresceva, più si accorciava il tempo che passavano insieme.
Alla fine il giorno tanto temuto venne, quando il bambino aveva compiuto da poco i sette anni: si trovavano sulla riva del mare, intenti a giocare, e la foca apparve di nuovo, invitando la donna ad avvicinarglisi.

<< Il tempo è giunto per me di reclamare mio figlio - disse la foca - Prendi questo denaro come ricompensa per averlo curato fino ad oggi >>. E mise nelle mani della donna un altro sacchetto di monete; poi prese il bambino e gli mise una catena d'oro attorno al collo.

<< Se ti dovessi trovare qui sulla spiaggia, e vedere un gruppo di foche, guarda quella che avrà questo collare: sarà il segno che tuo figlio sta bene >>.

<< Ma cosa sarà di me? >> Domandò la donna mentre la foca stava per tornare in mare con il fanciullo << Non ho un marito, e adesso nemmeno più un bambino. Cosa farò? >>

<< Troverai un altro da amare - rispose la foca - un uomo buono verrà, un soldato, e passerai molti anni felici insieme a lui. Ma verrà una mattina di Maggio quando tuo marito scenderà sulla costa e ucciderà due foche. Una sarà tuo figlio, e l'altra sarò io >>. Detto ciò, la foca e il piccolo si tuffarono in mare e scomparvero.

Gli anni passarono. Proprio come aveva predetto la foca, la donna trovò un soldato da amare, un uomo onesto e leale, e sebbene ella non potè mai dimenticare la foca e suo figlio, trascorse anni felici con il suo compagno.

Una mattina il soldato uscì di casa con la sua pistola, e al ritorno raccontò di avere ucciso due foche; una di esse aveva al collo una catena d'oro. Quando la donna vide il gioiello, il suo cuore si spezzò: aveva capito che anche le ultime parole della profezia della foca si erano avverate.

Il cinguettio degli uccelli: come Eilean Donan fu costruito - Il castello di Eilean Donan è uno dei castelli più conosciuti e amati della Scozia. Situato nel punto dove Loch Alsh incontra Loch Duich e Loch Long, è un luogo così pittoresco che per molti Eilean Donan è l'immagine stessa della Scozia.

Secondo la leggenda, vi era un condottiero che viveva a Kintail, ed era padre orgoglioso di un bel bambino. L'uomo soffriva di un borioso senso di importanza, sentendosi su un piedistallo ben al di sopra delle classi inferiori, che liquidava come gente stupida e superstiziosa.

Avendo sentito dire di una credenza popolare, secondo la quale se un bambino avesse bevuto la sua prima volta dal teschio di un corvo avrebbe sviluppato poteri sovrumani, il comandante decise, per divertimento, di testare la leggenda sul proprio figlio, per dimostrarne la falsità.

Non appena il fanciullo fu in grado di essere allontanato dal seno materno, la nutrice venne provvista di un teschio di corvo, e le fu ordinato di offrire la prima bevanda al bambino con quel macabro calice.

Una volta preso il primo sorso, il figlio del comandante divenne subito capace di capire il linguaggio degli uccelli, e di conversare con essi. Naturalmente, essendo il bambino ancora molto piccolo, il padre non si accorse subito del cambiamento. Ma quando ciò divenne chiaro, il comandante rimase deluso dal fallimento del suo esperimento; la delusione era però attenuata dal divertimento nel constatare le enormi abilità di suo figlio.

Il bambino crebbe fino a diventare adulto, e rimase in rapporti amichevoli con il padre. Un giorno il comandante domandò al figlio come mai tanti uccelli stavano cinguettando intorno alla loro casa, e di che cosa stavano parlando. Il figlio rispose che lo stormo parlava di un giorno che doveva venire, quando il padre avrebbe servito suo figlio a tavola.

Il comandante, offeso da un tale insulto, bandì il figlio da casa e dalla sua terra, condannandolo ad una vita vagabonda. Così egli si imbarcò, e infine sbarcò in Francia. Lì venne a sapere che la pace del palazzo reale era disturbata da uno stormo di passeri che causava un rumore continuo alle finestre degli appartamenti reali.

Il giovane decise allora di presentarsi al castello e offrire i suoi servigi al re, vista la sua capacità di comunicare con gli uccelli. Si scoprì allora che il motivo di tanto baccano era una disputa scoppiata all'interno dell stormo, per la quale nessuno voleva cedere. Il giovane, dopo vari tentativi, riusci a negoziare la pace tra gli uccelli, cosìcchè il loro chiacchiericcio non avrebbe disturbato più le orecchie del re.

Il sovrano fu talmente grato al ragazzo che lo ricompensò con una nave e una ciurma per la navigazione; il giovane continuò così la sua vita vagabonda in mare, imparando nuove esperienze quasi ogni giorno. Ovunque andava la sua abilità suscitava meraviglia, e la sua fama percorreva le città e le nazioni. Il figlio del comandante veniva ricoperto di doni in tutti i posti che visitava, e li conservava come souvenirs. Dopo molti anni, la sua nave giunse al porto di un paese sconosciuto.

Lì si diceva che il re del posto era assalito dai ratti, che infestavano il palazzo, e non si era riusciti a sbarazzarsene. In questo caso la sua abilità con gli uccelli serviva a poco, ma c'era un gatto, sulla nave, sempre affamato, che il giovane regalò al re, permettendogli così di gestire il problema, visto che il numero di topi cominciava a ridursi. E il re ricompensò il ragazzo con molto oro.

Venne il giorno in cui, avendo visitato abbastanza luoghi del mondo, il figlio del condottiero desiderò rivedere la sua terra natale. Partì perciò alla volta della Scozia, e attraccò presso Loch Alsh.

La vista di una nava così grande suscitò la sorpresa generale nella regione, e il vanitoso, vecchio re, deciso a fare bella figura, offrì ospitalità al capitano della nave e al suo equipaggio. E così il figlio del comandante e i suoi uomini sedettero alla tavola con il vecchio re; così come lo stormo aveva profetizzato molti anni prima, il padre servì il suo proprio figlio a tavola. Una volta rivelatasi al verità, mancò poco che il comandante impazzisse dallo shock.

L'abilità del giovane, unita all'esperienza acquisita con i suoi numerosi viaggi, lo rese unico in tutto il territorio, tanto che lo stesso Re Alessandro gli concesse l'onore di essere uno dei supervisori della costruzione del castello di Eilean Donan, a difesa di Kintail e delle terre intorno dagli attacchi dei Norvegesi.

Smoo Cave



Situata a Durness, è una caverna costituita da tre camere di roccia calcarea, posta appena sopra il livello del mare, sulla costa. E' credenza popolare che essa sia una delle porte verso il mondo fatato.
La leggenda parla di un pifferaio che entrato nella caverna suonando il suo flauto, non è stato mai più visto; ogni tanto sembra che il vento porti il suono del suo strumento, un suono labile e lontano, proveniente dal profondo della terra.

Ma la leggenda meglio conosciuta riguarda certamente lo Stregone di Reay, Donald Mackay. Secondo le fonti, egli studiò le arti magiche, specialmente la Magia Nera, in Italia, sotto la tutela del Diavolo in persona. Quando Mackay finì il suo apprendistato, il Diavolo tentò, com'è sua abitudine, di rubare l'anima al suo allievo. Ma Reay conosceva i trucchi del suo maestro, e gridando 'Il Diavolo prende l'ultimo!', fuggì perdendo solo la sua ombra. Da allora si disse infatti che lo Stregone di Reay viveva senza la sua ombra.
Un'altra versione della leggenda vuole Reay abile nell'imprigionare i suoi nemici all'interno della Smoo Cave con un incantesimo, facendoli poi affogare con l' alta marea.

Morag di Loch Morar



Loch Morar non è grande come Loch Ness, ma le sue acque sono molto profonde, e si dice che nei recessi più oscuri del lago si nasconda un mostro molto simile al più famoso Nessie. Questa creatura è conosciuta come Morag.

I primi avvistamenti di cui le cronache hanno notizia risalgono alla seconda metà del XIX sec.; di volta in volta, pescatori a pesca nel lago, o viaggiatori che percorevano le coste rocciose di Loch Morar, affermarono di aver avvistato, nel lago, una o più gobbe, come barche rovesciate.

Superstizioni sulla morte e la paura di morire erano radicate profondamente nella cultura scozzese di quell'epoca, specialmente nelle Highlands, e qualcuno disse che quegli strani avvistamenti erano presagi di morte, navi fantasma che avvertivano di una tragedia imminente. Ma altri non erano così sicuri, ed erano convinti che quelle gobbe facevano parte di qualcosa di vivente, una misteriosa creatura che raramente si faceva vedere.

Gl anni passarono, e le voci sulla creatura di Loch Morar crescevano lentamente, fino ad acquisire una propria definizione, e con essa nacque il nome del mostro: Morag di Loch Morar.

La maggior parte dei testimoni dell'essere acquatico furono pescatori. Nel 1960 una sua comparsa rovinò , secondo quanto si dice, un'intera giornata di pesca a due giovani uomini. Mentre si trovavano al centro del lago, i due videro quello che pareva una roccia liscia e rotonda, che emergeva dall'acqua.

I pescatori si avvicinarono nel tentativo di aggirarla, quando il piccolo isolotto si mosse, si alzò sull'acqua e ricadde, provocando un'onda talmente forte che rischiò di rovesciare l'imbarcazione. I due, terrorizzati, dimenticarono la giornata di pesca e si precipitarono verso la riva. Quando dovettero riportare la barca al padrone da cui l'avevano affittata, non poterono fare altro che borbottare di un 'pericolo là fuori'.

Secondo le ricostruzioni dei testimoni, Morag sarebbe molto simile nell'aspetto a Nessie; quindi anche in questo caso si ipotizza che la creatura possa essere un Plesiosauro. Peraltro alcuni portano avanti una teoria quantomeno singolare, e cioè che esisterebbe un canale di collegamento tra Loch Ness e Loch Morar, che permetterebbe a Nessie di passare da un lago all'altro.

Altri invece propendono per l'esistenza di due 'mostri', e anzi si spingono fino ad affermare che esisterebbero altre creature del genere in numerosi laghi scozzesi.

Il cigno di Loch Sunart



La leggenda narra del figlio di un condottiero, che viveva presso Loch Sunart, il quale si innamorò perdutamente di un bellissima fanciulla, figlia di un povero affittuario.

Il giovane amava tutto di lei, e la incontrava tutti i giorni presso la riva del lago: i due amanti si tenevano per mano, e pronunciavano parole d'amore, vagando per lungo tempo vicino all'acqua.

Quando infine il ragazzo decise di parlare alla madre del suo desiderio di sposare la giovane, la donna si infuriò, non potendo tollerare che il membro di una nobile famiglia sposasse la figlia di un povero affittuario. Perciò ordinò al figlio di non vedere nè parlare mai più con la fanciulla.

Il giovane ignorò gli ordini della madre, e continuò ad incontrarsi con la sua amante, confidando che un giorno sua madre potesse cambiare idea, e acconsentire alle nozze.

Ma quando la donna capì di essere stata disobbedita, sconvolta dalla collera chiamò una strega, e le chiese di gettare un incantesimo sulla figlia dell'affittuario, così da potersene sbarazzare per sempre.
La strega attese la ragazza sulle rive del lago, e la trasformò in un cigno.

Il figlio del comandante arrivò poco dopo, e attese invano fino a notte l'arrivo della sua amata. Così fece per i giorni a venire, sperando sempre in un suo ritorno, e sempre rimanendo deluso; finchè alla fine capì di averla perduta.

Molte settimane dopo, durante una battuta di caccia, il giovane uccise un cigno con il suo arco. L'animale, mortalmente ferito, si adagiò vicino all'acqua. Ma nel momento della morte, il cigno si trasformò in una bellissima ragazza, che il giovane riconobbe come la sua amata.

Nel momento in cui il corpo del cigno veniva rapito dalle onde, il ragazzo capì che non poteva vivere senza il suo amore, ed entrò a sua volta in acqua, dove si pugnalò al cuore. In quel preciso istante tutti i cigni del lago volarono via, senza mai più fare ritorno a Loch Sunart.

Il grande Uomo Grigio del Ben Macdhui



Ben Macdhui è il picco più alto nei Cairngorms, e il secondo più alto di tutta la Scozia. La montagna è meta ambita degli scalatori, che provengono da varie regioni per inerpicarsi lungo i numeroci sentieri che portano alla cima.

Ma il Ben Macdhui non è conosciuto solo per la sua bellezza; per oltre un secolo si è parlato della possibilità che ci sia qualcosa di spaventoso in agguato su quella montagna. Durante tutto questo tempo infatti molti scalatori hanno affermato di essere stati testimoni di una misteriosa presenza, per alcuni fisica, per altri semplicemente psichica. L'essere è stato chiamato Am Fear Liath Mor, o Il Grande Uomo Grigio.

Sui montuosi pendii del picco, lontano dal rumore della città, è molto facile lasciare che la mente vaghi e immagini la presenza di esseri e creature soprannaturali, in realtà eco strane, giochi di luce, sagome nella nebbia o forme create dal movimento del sole in luoghi che non si conoscono.

D'altra parte l'uomo è un animale sociale, e la solitudine è qualcosa di alieno, di estraneo alla sua natura: è la solitudine, perciò, che spesso e volentieri altera la percezione, specialmente in ambienti non abituali, e fa nascere paure strane.

Come è accaduto per altri 'mostri' popolari, come il Big Foot americano o lo Yeti Himalayano, anche l'Uomo Grigio del Ben Macdhui è stato avvistato e descritto. Ma in questo caso c'è un particolare inquietante che accompagna l'arrivo di questo essere, e che non si riscontra per gli altri suoi 'cugini': la sua presenza non viene percepita soltanto dai normali sensi fisici, ma è avvertita profondamente nello spirito, in un modo che, a quanto si è detto, provoca un profondo e duraturo senso di disagio.

E' quindi stato ipotizzato che l'Uomo Grigio esercita una forte influenza psichica nei confronti delle persone che incontra.

La prima volta che si parlò di una strana presenza sul Ben Macdhui in Scozia risale al 1925. Norman Collie, professore di chimica di Londra ed esperto montanaro, riportò la sua storia ai memebri del Cairngorm Club in occasione dell'incontro annuale del gruppo. Nel 1891 il professore percorreva uno dei sentieri della montagna in solitudine sulla via del ritorno, dopo essere arrivato in cima.

C'era una fitta nebbia, e all'improvviso l'uomo avvertì un rumore di passi alle sue spalle. Per ogni quattro passi che il professore faceva, un passo avanzava; questo significava che chi lo seguiva aveva una stazza molto più grande della sua. All'inizio provò ad ignorare quel suono, ma all'improvviso venne colto da un tale senso di panico che si precipitò correndo verso la valle, senza mai voltarsi indietro. E dopo quell'esperienza terribile il professore non tornò mai più sul Ben Macdhui.

Il racconto di Collie venne accolto da un certo scetticismo, ma una persona, IL Dr. A. M. Kellas, ne rimase molto colpito. Tanto che più tardi scrisse a Collie raccontando la sua esperienza.

Egli si trovava con il fratello sulla montagna, per raccogliere cristalli alla base della cima del picco. Improvvisamente i due scorsero in lontananza una figura che scendeva verso di loro, nella nebbia. Come Collie, anche Kellas e il fratello vennero colti da un accesso di panico e fuggirono via più velocemente possibile.

Nel 1944 il Capitano Sir Hugh Rankin affermò di avere incontrato e parlato con l'Uomo Grigio in ben due occasioni. Secondo Hugh (buddhista) l'essere sarebbe un Bodhisattwa (un essere con un più elevato livello di incarnazione, vicino a quello del Buddha, e che ha ricevuto l'illuminazione per agire come guida per gli altri, per portarli verso il suo stesso stato).

Sir Hugh restò sempre umile, ma mai impaurito. La sua esperienza, a differenza di quella di Collie e di Kellas, sarebbe stata benigna. Ma per la maggior parte di coloro che hanno avuto a che fare in qualche modo con al presenza sul Ben Macdhui, i sentimenti predominanti sono stati la paura e un terribile senso di depressione, che in alcuni casi hanno portato a pensieri suicidi (precipitare in qualche scarpata o cadere lungo il fianco del monte).

In ogni caso, qualunque cosa si nasconda sulla montagna scozzese, molti restano scettici e parlano di allucinazione; e sfortunatamente, Collie, Kellas e molti altri, sono stati indotti a convincersi che 'non c'è niente lassù'.

I violinisti di Tomnahurich



Vi erano un paio di musicisti che vivevano nella regione dell' Inverness-shire. Essi, nonostante la loro abilità nel suonare il violino, erano molto sfortunati, e non riuscivano a trovare un lavoro duraturo.
Un giorno però incontrarono un vecchio, che disse loro che poteva trovargli lavoro per una notte, e i due artisti acconsentirono di buon grado. Il vecchio li condusse sulla sommità della collina di Tomnahurich, e poi attraverso un'entrata che i due musicisti non avevano mai visto.

Tomnahurich Hill



I violinisti si trovarono allora in una stanza luminosa, rallegrata da voci e riccamente decorata. Giovani e bellissime ragazze, uomini e ragazzi banchettavano festosamente; c'era cibo e bevande in abbondanza, e i suonatori vennero invitati a rifocillarsi prima di dare inizio alle danze. Subito dopo, i due compagni presero i violini e cominciarono a suonare. La festa durò tutta la notte, e gli ospiti furono molto soddisfatti della musica che veniva loro offerta.

Quando venne il momento di concludere la serata, il vecchio ricompensò i violinisti con una borsa piena di monete d'oro, e li accompagnò all'uscita della misteriosa collina, verso il cielo grigio dell'alba nascente.
I due musicisti erano felici e soddisfatti, ma quando giunsero in città, non credettero ai propri occhi: nuovi edifici erano sorti, e tutto era cambiato completamente. Camminando per la strada non riuscivano a riconoscere nessuno, ed anzi venivano guardati con occhiate divertite da parte della gente, per via dei loro abiti 'fuori moda'.

La campana della chiesa suonava, e i due vilinisti decisero di rifugiarsi all'interno dell'edificio, per cercare conforto nei riti abituali. Ma quando il parroco iniziò a parlare, e nominò il nome di Dio, i due compagni caddero a terra svenuti.

Non erano stati via solo una notte, ma erano rimasti nel Regno Incantato per cento anni. E il vecchio che li aveva invitati a suonare non era altri che Thomas il Poeta.

Il Gigante di Morvern



Molto tempo fa viveva un gigante enorme a Morvern, sulla costa occidentale di Argyll, tra Loch Linnhe e Loch Sunart. Attraverso il mare, di fronte a Morvern, stava l' Isola di Mull, dove vivevano molti altri giganti, che il Gigante di Morvern odiava intensamente. Egli si divertiva spessissimo a lanciare sull'isola grandi massi, essendo il più grande e il più forte di tutti i giganti di Mull. Una volta causò a due di essi gravi ferite.

Quando aveva fame, il Gigante di Morvern, con una enorme canna da pesca che aveva come amo l'ancora di una nave, pescava balene e se ne cibava. Era anche un ladro, e un giorno rubò parte del tesoro al Re di Ardnamurchan, infilando semplicemente una mano all'interno del camino che dava sulla stanza reale.

Il Re e i suoi uomini diedero la caccia al ladro, che procedeva verso Est, lungo la costa settentrionale di Loch Sunart, per poi tornare verso Morvern.

Il Re allora decise di tagliare la strada al gigante attraversando il lago in barca; il gigante però si accorse della manovra, e preso un masso enorme, lo lanciò nel lago, provocando un'onda così alta da rischiare di sommergere l'imbarcazione reale.

Ma i soldati non si diedero per vinti, e con tenacia riuscirono a superare l'ostacolo e a continuare l'inseguimento. Quando furono vicini alla costa, il guerriero più coraggioso del Re gridò al gigante di fermarsi, e di accettare la sfida che l'uomo gli stava lanciando.

Il gigante, con una risata di superiorità, si girò per guardare in faccia il piccolo uomo che osava parlare, e facendo ciò, espose il neo che aveva sulla fronte all'arco del guerriero, che conosceva il punto debole dei giganti. Colpito in pieno, il gigante con un tonfo tremendo si abbattè al suolo, morto. Il re fece tagliare la testa del mostro, si riprese il tesoro e tornò con la prova dell'impresa verso Ardnamurchan, soddisfatto del risultato della caccia.

L'oro di Largo Law



Largo Law è una piccola collina di origine vulcanica situata nella regione del Fife, e sovrasta la cittadina di Lower Largo. La leggenda vuole che Largo Law sia stata creata un tempo dal Diavolo, che vi aveva gettato sopra un macigno; sulla cima della collina c'è ancora una formazione rocciosa chiamata la Sedia del Diavolo.

Per centinaia di anni si è creduto che da qualche parte all'interno del Largo Law vi fosse una stanza piena d'oro, o una miniera d'oro; nessuno tuttavia è riuscito ancora a scoprirla, ma vi è un'altra leggenda che racconta di come un pastore sia andato molto vicino a possedere la ricchezza.

Il pastore veniva da Balmain, e conduceva le sue pecore sul lato settentrionale della collina. Era molto diffusa la credenza che il Largo Law fosse infestato da un terribile spettro, il quale nascondeva un grande segreto, e che esso sarebbe stato rivelato solo al coraggioso che avrebbe osato avvicinarsi e chiedere. Ma naturalmente nessuno lo aveva mai fatto, tantomeno il pastore. Un giorno però la sua curiosità divenne così forte che superò la paura. Stava per ricondurre a valle le sue pecore, al crepuscolo, quando avvertì la presenza del fantasma intorno a lui. Con il cuore e con la voce, il pastore chiese allo spettro il motivo del suo aggirarsi furtivamente sulla collina ogni notte, quando tutti dormivano.

Il fantasma rispose che se l'uomo fosse tornato la notte successiva sul posto ad un'ora prestabilita, gli avrebbe rivelato il nascondiglio dell'oro. Vi erano tuttavia due condizioni da rispettare prima che lo spettro considerasse concluso l'accordo. Queste gli vennero così enunciate: 'If Auchindowie cock disnae craw/ And Balmain horn disnae blaw/ I'll tell ye where the gowd mine is in Largo Law'. [se il gallo di Auchindowie non gracchierà e il corno di Balmain non suonerà, ti dirò dov'è la miniera d'oro a Largo Law]

Il pastore non perse un attimo. Scese a valle e chiese che tutti i galletti di Auchindowie e delle altre località nei pressi della collina venissero sgozzati; poi andò da Tammie Norrie, il bovaro di Balmain, e gli ordinò di non suonare il suo corno per tutta la sera seguente.

Il giorno passò, e venne la notte; soddisfatto che le cose andavano come aveva stabilito, il pastore salì a Largo Law, pronto ad impossessarsi del segreto del fantasma. All' orario prestabilito lo spettro apparve, e stava per rivelare al pastore il luogo segreto dell'oro, quando a distanza si udì l'inconfondibile suono del corno. Era Tammi Norrie, che per errore o consapevolmente, aveva ignorato l'ordine del pastore. Il fantasmo svanì sotto gli occhi increduli dell'uomo, e mentre si dissolveva, si udì la sua voce: 'Woe to the man that blew the horn/ For out of the spot he shall ne'er be borne'. (All'uomo che ha suonato il corno! Che lontano dal punto non sarà mai spostato).

Il povero Tammie Norrie cadde morto all'istante. E quando si provò a portarlo via dal luogo dove giaceva, il cadavere era attaccato al punto del decesso così forte che non ci si riuscì. Non rimase altro che coprire il corpo di pietre, e da quel momento il cumulo venne denominato Norrie's Law.

Vi è un seguito alla leggenda: nel 1819 uno stagnaio ambulante fece una curiosa scoperta a Norrie's Law. Egli portò alla luce, da sotto la bara di pietra, un'armatura e alcuni oggetti d'argento. Sebbene la maggior parte della sua scoperta si pensa essere stata fusa, alcuni oggetti sono conservati al Museo delle Antichità di Edimburgo.

La leggenda di Corryvreckan



La pozza d'acqua di Corryvreckan è situata nel golfo omonimo, una stretta striscia di mare che separa l'isola di Jura, a Sud, da Scarba, a Nord. Sebbene a volte l'acqua sembra calma, quando le maree crescono i vortici che si formano rappresentano una vista stupefacente. E' qui che, secondo la leggenda, il Cailleach Beur, la divinità invernale, usava lavare i suoi abiti. La leggenda dell'origine del nome Corryvreckan è molto triste.

C'era una volta un principe chiamato Breackan, figlio del re di Lochlin, il quale impazzì d'amore per una principessa delle isole. Il padre della nobile fanciulla pretendeva per lei un marito forte e coraggioso, e avrebbe acconsentito alle nozze solo quando un principe avesse superato la sfida che il sovrano aveva preparato per ogni pretendente.

Questa consisteva nel gettare l'ancora nel centro del vortice d'acqua, e rimanervi per tre notti. Chiunque fosse sopravvissuto avrebbe potuto chiedere la mano di sua figlia.

Così il principe accettò la sfida, e si ritirò in Norvegia per prepararsi. Formò la corda della sua ancora di tre corde intrecciate: la prima era di lana di pecora; la seconda di canapa; la terza era speciale, formata dai capelli di ragazze innocenti. E il principe confidava proprio in quest'ultima corda, che lo avrebbe protetto e salvato.

Il giovane tornò a Jura con la sua imbarcazione, portando con sè il fedele cane.
Gettò l'ancora nel mezzo del vortice d'acqua, e il primo giornò esso ribollì, finchè la notte la prima corda si spezzò.

Il secondo giorno la barca venne scossa e sbattuta da un punto ad un altro, fino a quando la corda di canapa si strappò in due.

Il principe continuava ad avere fede nell'ultima corda, e nelle fanciulle che avevano prestato i loro capelli. Il vortice si scatenava come non mai, ma le ore passavano e la barca rimaneva ancorata al fondo, nonostante la furia delle acque.

Il principe era sempre più convinto che avrebbe superato la sfida con successo, visto che il terzo giorno stava per finire.

Ma l'ultima corda che tratteneva la barca aveva un difetto: una delle giovani che avevano donato i capelli non era così innocente come aveva affermato. E i suoi capelli indebolivano la corda, che si spezzò pochi minuti prima del termine per la vittoria. L'imbarcazione del principe venne risucchiata dal vortice d'acqua, e il giovane annegò; il suo cane, invece, lottando per strapparsi alle acque, sopravvisse, e si trascinò fino a riva, portando con sè il corpo senza vita del suo padrone. Lo sfortunato giovane venne sepolto in una grotta, che ne prese il nome.

Cosa è successo al reverendo Robert Kirk?



Robert Kirk nacque ad Aberfoyle nel Perthshire, figlio di un Ministro Episcopale. Egli percorse le orme del padre e divenne Ministro, prima a Balquidder e poi ad Aberfoyle.

Robert era un uomo devoto e sapiente, ma era anche il settimo figlio di un settimo figlio, e questo secondo la tradizione lo rendeva portatore di poteri psichici.

L'esistenza di un altro popolo di esseri, impercettibile agli uomini comuni, intrigava il Reverendo, e i suoi studi sull'universo nascosto vennero finalmente pubblicati nel 1692 come The Secret Commonwealth of Elves, Fauns and Faeries. [La Confederazione segreta degli Elfi, Fauni e Fate.]

Credere nell'esistenza di numerose categorie di esseri soprannaturali era profondamente radicata nella cultura Gaelica e Kirk, a dispetto della sua posizione di timorato di Dio, non negò mai le sue proprie credenze.

L'opera di Kirk è una combinazione di analisi intellettuale e pseudo scientifica, e la sua conclusione era che un regno soprannaturale, abitato da creature che interagiscono con le azioni degli uomini, doveva essere un fatto da accettare senza discussioni.

Kirk morì non molto tempo dopo la pubblicazione del suo trattato. Mentre il reverendo stava passeggiando nella campagna circostante, nei pressi di Aberfoyle, ebbe un collasso e morì sulla sommità di una collina, conosciuta come Dun Sidhe, o 'la Duna Fatata'.

The Fairy Trail, il sentiero fatato nei pressi di Dune Sidhe



Il corpo del ministro venne portato alla famiglia addolorata, e la vicenda sembrò concludersi.
Ma l'interesse di Kirk per il soprannaturale era risaputo, e il luogo e le circostanze della sua morte vennero viste da più d'uno come una strana coincidenza. Nacque una leggenda sul Reverendo Kirk, che sopravvisse e superò la storia ordinaria della sua vita.

Fu detto che Robert Kirk non morì sulla collina, nè per arresto cardiaco nè per trauma cerebrale; ma venne portato via dalle Fate, nelle profondità del Dun Sidhe, e il suo corpo sostituito con un falso.
Secondo la leggenda, Kirk aveva solo una possibilità di scappare dal regno fatato: e cioè nel giorno del battesimo di suo figlio.

Subito dopo la sua sepoltura, Kirk apparve al cugino Grahame di Duchray, e gli raccontò l'accaduto. Spiegò che era stato colto da svenimento mentre camminava, e che, in stato di incoscienza, era stato portato via dalle fate.

Kirk pregò Grahame di aiutarlo a scappare, e lo istruì su quello che doveva essere fatto: il giorno del battesimo di suo figlio Duchray avrebbe visto Kirk apparire per la seconda volta innanzi a lui. Allo scopo di annullare l'incantesimo fatato che era stato gettato sul reverendo, Duchray avrebbe dovuto prendere un pugnale di ferro (in quanto il ferro era un talismano potente contro la magia del Regno Fatato) e lanciarlo oltre la testa di Kirk.

Duchray acconsentì a fare quanto gli era stato detto, e Kirk scomparve.
Il giorno del battesimo arrivò, e Duchray aspettava il suo momento per agire; ma quando vida la figura spettrale di Robert Kirk, il suo coraggio lo tradì, e non fu capace di portare a termine il compito che gli era stato assegnato. Kirk allora voltò le spalle al cugino, e scomparve, tornando al Regno Fatato nelle profondità della collina, e non si vide mai più.

La leggenda di Sawney Bean



La leggenda della vita di Sawney Bean, delle sue azioni orrende e della sua morte cruenta sono apparse su carta stampata per la prima volta all'inizio del XVIII secolo. Molti articoli furono dedicati alle nefandezze di Sawney Bean e della sua famiglia, tanto che alcuni scritti sono tutt'ora conservati.

Nonostante è comunemente creduta una storia vera, vi sono numerose incongruenze su quanto si racconta, soprattutto riguardo al tempo, al periodo nel quale i fatti avrebbero avuto luogo.

Ogni sforzo dei ricercatori non ha fino ad ora portato a nessuna conclusione certa, e si pensa che gli articoli usciti all'epoca si basarono più su 'leggende metropolitane' che sulla realtà. Tuttavia, fantasia o realtà, la leggenda continua ad affascinare lettori ancora oggi.

La maggior parte delle fonti riporta la vicenda al tempo del regno di James VI di Scozia, (Giacomo I di Inghilterra).

Sawney Bean, secondo la leggenda, nacque nell' Easth Lothian; suo padre era un lavoratore, che si guadagnava da vivere nelle fattorie del circondario. Sawney era sul punto di seguire le orme del padre, ma presto scoprì che lavorare era troppo faticoso, e se ne andò di casa per cercare un modo più facile per vivere. Fu allora che conobbe una donna di idee simili, e insieme si rifugiarono nelle regioni selvagge di Galloway, presso una grotta sul mare.

Nei 25 anni che abitarono quel posto, la loro vita clandestina provocò sospetto, incredulità, paura ed allarme nella zona circostante; la scelta di vita dei due fu infatti quella dell'assassinio e della rapina. Ne erano vittima i viaggiatori solitari, i passanti e i vagabondi.

Subito dopo averli uccisi i Bean portavano il cadavere al sicuro nella grotta, per non lasciare tracce. Ma l'occultamento dei corpi non era il loro unico scopo, visto che la carne umana rappresentava un ottima fonte di nutrimento per i coniugi Bean. Essi ne smembravano i corpi e tagliavano a pezzi la carne. Quello che non veniva mangiato subito, veniva conservato. Occasionalmente, quando vi era sovrabbondanza, le parti umane in eccesso venivano gettate nel mare.

Il tempo passava, e in certi punti della costa la marea portava a riva arti putrefatti di esseri umani, che inorridirono gli abitanti della zona circostante.

La famiglia Bean intanto cresceva: la moglie di Sawney ebbe dei figli, e i loro figli generarono altri figli, prodotti da relazioni incestuose all'interno della famiglia stessa. Tanto più i Bean diventavano numerosi, tanto più crescevano i delitti e gli omicidi. Adesso non scomparivano solo viaggiatori solitari, ma anche due o tre persone alla volta. E vennero accusati altri stranieri, o i commercianti, e alcuni di essi vennero condannati a morte.

Molte squadre di ricerca si formarono per tentare di risolvere l'enigma, ma non si trovò mai tracce utili. La caverna in cui i Bean si rifugiavano subito dopo le loro nefandezze, con l'alta marea veniva interamente coperta, e nessuno poteva mai immaginare che esseri umani vivessero là dentro. Invece, nelle profondità della grotta, la famiglia cannibale proliferava e preparava nuovi agguati.

Fu soltanto per caso che la vicenda giunse ad una svolta: per la prima volta una vittima dei Bean riuscì a sopravvivere. Un uomo e sua moglie stavano cavalcando quando vennero attaccati dai Bean. La donna venne tirata giù da cavallo, sgozzata e il suo sangue servì ad alleviare sul momento la sete di alcuni degli assassini.

Nel mentre l'uomo lottava selvaggiamente per sottrarsi alla sorte che lo attendeva; il cavallo, terrorizzato, scartava in ogni direzione, ma era circondato; e il suo cavaliere stava già rassegnandosi alla morte, quando dalla collina vicina apparvero delle persone. I Bean si accorsero dei nuovi arrivati, e fuggirono, lasciando sul posto quello che rimaneva del corpo della moglie del sopravvissuto.

L'uomo raggiunse le persone, e raccontò loro tutto. Non appena videro il cadavere della donna, furono tutti shockati oltre ogni limite.

Da Glasgow il magistrato spedì una lettera al Re, e la caccia ebbe inizio.
Il sovrano stesso comandò un numeroso gruppo di uomini, e si cominciò dal punto dove era avvenuto l'ultimo assassinio. Cavalcando lungo la costa il gruppo non si accorse della caverna, a causa della marea, ma i cani che erano con loro sentirono l'odore di carne umana, e corsero verso la grotta.

Gli uomini penetrarono, torce alla mano, all'interno del rifugio, ma nessuno di loro era preparato a vedere quello che si sarebbe mostrato ai loro occhi: nei più profondi recessi della caverna l'intero clan dei Bean sbuffava e ringhiava come bestie in trappola. Tutto intorno vi erano i segni della loro barbara esistenza: pile di abiti, gioielli, armi, denaro e altri oggetti appartenuti alle loro vittime; numerosi parti di corpi umani, appesi a seccare, decoravano le pareti di roccia, mentre altri erano conservati in barattoli.

L'intera famiglia venne catturata, i resti umani seppelliti, e tutti marciarono verso la capitale per ottenere giustizia.

Le strade di Edimburgo erano gremite di curiosi, quando i Bean vennero condotti davanti ai giudici. La sentenza fu rapida e senza appello: a Leith, dove furono trasferiti, gli uomini e i figli maschi dei Bean furono lasciati a morire dissanguati, dopo che gli erano stati amputati gli arti, mentre le donne vennero bruciate vive; il fumo e l'odore di carne bruciata sostò per un attimo sul luogo dell'epilogo, ma poi il vento portò via tutto, verso il porto, verso il mare.

San Fillan di Glen Dochart



San Fillan, figlio di Feriach (principe di Munster) e di San Kentigerna, nacque nell' VIII secolo in Irlanda. Giunge in Scozia come missionario, assieme alla madre e ai suoi fratelli. Kentigerna si trasferì a Loch Lomondside, mentre Fillan, dopo alcuni anni passati come Abate di un monastero sull' Holy Loch nell' Argyll, si spostò a Strathfillan nel Glen Dochart, con il progetto di costruire un priorato vicino Auchtertyre.

Si dice che nel costruire l'edificio San Fillan utilizzasse un bue per trasportare il materiale, e per arare il terreno. Un lupo attaccò un giorno il bue, e lo uccise; Fillan allora rimproverò la belva, spiegando la sacra natura del lavoro che il bovino stava svolgendo. E il lupo fu colpito da un tale rimorso che si offrì di lavorare al posto del bue, così che l'edificio avrebbe potuto essere terminato.

Nei pressi del luogo dove stava il priorato vi è l' Holy Pool, la 'Pozza Sacra', che si dice essere stata benedetta dal santo in persona. Si credeva che l'acqua avesse poteri curativi, in particolare nei confronti della pazzi; per molti anni la gente affetta da malattie mentali avrebbe viaggiato fino Srathfillan per bagnarsi in quell'acqua.

San Fillan viaggiò per tutta la Scozia, visitò le Isole Occidentali, il Perthshire, il Sud-Ovest e la regione del Fife. Passò anche un po' di tempo come eremita, in una grotta a Pittenweem, che poi prese il suo nome.
La leggenda narra che il santo visse moltissimo, e che quando morì, il suo corpo venne sepolto a Strathfillan. In vita egli utilizzò i suoi poteri per curare le persone, e portava con sè otto pietre magiche, che poi lasciò ai suoi discepoli prima di morire. Le pietre avevano ognuna una forma particolare, e usate ciascuna per una parte del corpo: la testa, l'addome, la schiena, e gli arti.

The Healing Stones, Tweed Mill



Le Pietre della Guarigione di San Fillan esistono tutt'ora, e sono conservate nel Centro di Tweed Mill, a Killin.

Nel 1314, secoli dopo la morte del santo, Robert Bruce chiese la reliquia detta The Mayne (ossa della mano e del braccio sinistro) venisse portata a Bannockburn. Il custode, temendo per la sicurezza dei resti sacrì, portò al sovrano solo la scatola, sigillata ma vuota, nella speranza che Robert Bruce non l'aprisse.

Ma la notte prima di una grande battaglia, mentre il nobile pregava dinnanzi alla scatola, dall'interno di essa si avvertì un rumore. Allora il custode fu costretto ad aprire lo scrigno, e con sua grande sorpresa, scoprì che la mano e il braccio di San Fillan erano al loro posto. Si gridò al miracolo, e si dice che Robert Bruce interpretò il segno come un esito vittorioso per la battaglia.

Un altra reliquia del santo è la sua campana, detta Bernane, oggi conservata al Museo della Scozia. Si dice che la campana raggiungeva San Fillan dovunque egli si trovava; un giorno un cacciatore la avvistò che volava nel cielo, e la colpì con una freccia, danneggiandola.

In seguito essa venne trafugata e portata in Inghilterra alla fine del XVIII secolo, ma venne riscoperta nel 1869 dal Vescovo Forbes di Brechin, che la riportò in patria. Una terza reliquia, il bastone detto Quigrich, è tenuto con la campana nel Museo di Scozia.

Il verme di Linton



Vi sono numerosi riferimenti a 'Vermi' nella tradizione narrativa scozzese. Il mostro che si dice viva nel Loch Morar, ad esempio era conosciuto un tempo come 'Il Grande Verme', e alcune versioni della storia riguardante Michael Scott (vedi sotto) riferiscono che la bestia contro cui si scontrò era un Verme. Molti luoghi della nazione sarebbero stati in passato tane di giganteschi vermi, cioè dei grandi serpenti che terrorizzavano gli abitanti del territorio circostante, uccidendo gli animali domestici e attaccando gli esseri umani. Alcune di queste creature possedevano persino dei poteri magici; altre avevano il fiato velenoso.

La leggenda del Verme di Linton appartiene ai Borders scozzesi, la regione dell'estremo sud che confina con l'Inghilterra. Molto tempo fa, nel Roxburghshire, vi era un terribile serpente che abitava in una tana situata su un fianco della collina di Linton, vicino Jedburgh. Per anni questo mostro aveva tenuto in una morsa di terrore gli abitanti del distretto.

Si diceva che il suo respiro era talmente velenoso che se un uomo inalava anche solo la più sottile folata di esso, cadeva morto all'istante; nessuno perciò osava avvicinarsi alla bestia. I contadini e i fattori rimanevano impotenti a contare le perdite del loro bestiame, che veniva divorato dalle mascelle del Verme; nessuno trovava il coraggio di lottare, perchè l'impresa di sconfiggere il mostro sembrava cosa impossibile.

Un giorno un uomo chiamato John Sommerville di Lauriston venne a conoscenza del Verme di Linton, e decise di andare di persona a verificare la veridicità delle notizie. Seguendo le indicazioni raccolte dagli abitanti della contea, Sommerville cavalcò con cautela fino ad arrivare ad una certa distanza dal covo della creatura, che riposava.

Smontò da cavallo e attese. Il vento portò alle narici della bestia dormiente l'odore di umano, e lentamente essa si risvegliò, sporse la testa dalla tana in cerca della preda. Sommerville trattenne la sua cavalcatura per le briglie e rimase immobile.

Alla vista dell'uomo e del cavallo insieme, il Verme parve esitare. Stirò il collo e spalancò le fauci, ma non attaccò. Soffiò però una nuvola del suo fiato venefico, che però si disperse nell'aria prima di arrivare da Sommerville, il quale aveva scelto bene la distanza di sicurezza.

Il Verme intanto continuava a chiudere e aprire le mascelle, senza però muoversi. Tutto questo diede da pensare a Sommerville: sembrava chiaro che, mentre una mucca, o una pecora, o un essere umano, erano preda agevole per il mostro, un uomo e un cavallo insieme contituivano un ostacolo alla sua voracità.

Tornando a casa, nella mente dell'uomo iniziò a formarsi un piano. Il giorno dopo, Sommerville si recò dal fabbro locale e gli chiese di forgiare una lancia speciale: essa doveva essere più lunga di qualunque altra asta, per permettergli di restare a distanza sicura dal fiato mortale del Verme. Alla fine dell'asta, la lancia avrebbe dovuto possedere una ruota chiodata ottenuta dal ferro più resistente.

Quando l'arma fu pronta, Sommerville si preparò alla battaglia; portò con sè il suo servo più leale, e cavalcò di nuovo verso Jedburgh. Lì dichiarò alla gente che presto il mostro di Linton sarebbe stato sconfitto. Ovviamente la sua affermazione venne presa con ironia e incredulità, proprio perchè secondo gli abitanti della zona, uccidere il verme era impossibile.

Nonostante ciò un buon numero di curiosi seguì Sommerville verso la collina di Linton, e si appostò in vista della tana della creatura, senza osare avvicinarsi oltre, decisi a vedere quello che sarebbe accaduto.
Sommerville cavalcò più vicino al covo del Verme; il suo servo lo seguiva a piedi.

Ad un certo punto i due si fermarono, e lo scudiero tirò fuori dalla sacca che portava sulle spalle una palla di torba immersa nella pece, e la assicurò con cura alla ruota chiodata della lancia di Sommerville. A questo punto entrambi mossero ancora più vicino alla tana del mostro. Come era già accaduto, la creatura, nel sentire odore di carne umana, si sporse fuori, fauci aperte pronte a divorare.

Ad un segnale del suo padrone, il servo diede fuoco alla palla di torba sulla lancia, e la fece girare. Sommerville spronò il cavallo e caricò il Verme, conficcando la lancia nelle profondità della enorme gola.
Il serpente si dibattè furiosamente per il dolore non appena la palla infuocata scese dentro di lui, mentre le punte della ruota gli laceravano la carne. Dopo qualche attimo di lotta, il mostro smise di muoversi e giacque morto.

Sir John Sommerville divenne un eroe, e come ricompensa per il suo coraggio fu nominato cavaliere, e primo Barone di Linton. Nella chiesa omonima una pietra venne intagliata, in memoria dell'avvenimento che salvò la gente di Linton dal Verme.

Sul fianco della collina si possono ancora oggi osservare dei solchi irregolari, causati dal Verme durante l'agonia, prima della morte.


Michael Scott e il serpente



Michael Scott era un uomo di grande cultura vissuto in Scozia nel XIII secolo. Si credeva che fosse anche un potente Mago, in grado di fare un grand numero di atti prodigiosi, e vi sono numerose leggende che narrano della sua vita e delle meraviglie di cui era capace.

Si dice inoltre che Michael Scott avesse degli aiutanti, che a un suo comando svolgevano determinati compiti; secondo alcuni questi aiutanti erano folletti mandati dal Diavolo per tormentarlo con richieste senza fine, in modo da tenersi sempre impegnati.

Altri invece credono che si trattasse di abitanti del Regno Fatato. Non appena essi portavano a termine il lavoro che era stato loro assegnato, tornavano immediatamente per richiedere nuovi ordini: e così furono eretti grandi edifici, costruiti ponti sui fiumi, e strade sopraelevate attraverso canali tempestosi.
La leggenda di come Michael Scott ottenne i suoi poteri magici è la seguente.

Scott nacque nei Borders scozzesi, ma nel corso della sua vita viaggiò in lungo e in largo attraverso il paese. Il suo amore per i viaggi iniziò quando, ancora molto giovane, esplorò le strade principali e quelle fuorimano della sua terra.

La leggenda narra di come in una di quelle occasioni, egli uscì di casa con due suoi amici, con l'intenzione di viaggiare verso Nord.

Seguendo la strada principale i tre giovani attraversarono la campagna, e mentre stavano per giungere in cima ad una collina, da dove poi avrebbero deciso quale strada seguire per andare avanti, videro un grande serpente bianco.

La creatura si divincolava e procedeva a zig-zag sulla collina nella loro direzione, e presto Scott e i suoi amici poterono sentire distintamente il sibilo del rettile, provocato dalla sua lingua biforcuta. Videro anche la fauci spalancate della bestia, pronte per attaccare. I compagni di Scott fuggirono terrorizzati, ma egli rimase ben fermo: quando il serpente fu a pochi passi dal giovane alzò la testa per divorare la sua preda; ma Scott impennò il suo bastone, e colpì con violenza l'animale una, due, tre volte, con tutta la forza che possedeva. La potenza dei colpi fu tale che il corpo del rettile si troncò in tre parti; e quando Scott posò il bastone, il serpente giaceva morto e a pezzi ai suoi piedi.

Con cautela i compagni di viaggio tornarono sulla collina per vedere che cosa fosse accaduto, e con non poca sorpresa si trovarono di fronte alla straordinaria prova di coraggio e di forza. Nonostante ciò nessuno dei due aveva voglia di indugiare oltre in quel luogo, e così, dopo essersi congratulati con Scott e averlo ringraziato per aver salvato la vita di tutti, essi chiesero all'amico di affrettarsi insieme a loro, perchè la notte era prossima a scendere, e dovevano trovare un posto sicuro per accamparsi.

Fortunatamente i tre viaggiatori trovarono ospitalità presso una vecchia che viveva in un cottage poche miglia più avanti. Seduti a tavola per la cena, gli amici di Scott raccontarono alla loro ospite la grande avventura di cui erano stati testimoni quel giorno. Con grande sorpresa, però, la vecchia non si congratulò con loro, anzi chiese: 'Avete lasciato il serpente là dove è stato ucciso?'

'Bè, si - rispose Scott - non vi era motivo di spostarlo, e non avevamo nessuna voglia di toccarlo di nuovo'
'Dovete tornare indietro, allora, e in fretta! - disse la vecchia - quella non è una bestia comune. La gente qui intorno pensava che il serpente fosse rimasto ucciso già un'altra volta. Essa attaccò un uomo che la troncò in più parti, lasciandole lì sul posto.

Ma poche ore dopo, queste cominciarono ad unirsi di nuovo, e nonostante ancora sanguinante, il corpo del rettile si immerse in acqua, e ne uscì completamente guarito! Credetemi, non era passato che poco tempo, che il mostro era tornato perfettamente in forze, pronto per vendicarsi nella maniera più atroce nei confronti dell'uomo che lo aveva combattuto!'

'Ma noi partiremo domani mattina - protestò Scott - e non vediamo il motivo di tornare indietro in quel luogo. Perchè dovrei avere paura della vendetta del serpente?'

'Perchè lui ti troverà - incalzò la vecchia - dovunque andrai. C'è un solo modo per salvare te stesso: torna indietro più in fretta che puoi, e prendi con te la parte centrale del corpo della creatura. Senza di essa, il rettile non sarà mai più in gado di ricomporsi.'

Scott esitava, perchè davvero non desiderava tornare alla collina immersa nell'oscurità. Era stanco dell'avventura del giorno, e preoccupato di arrivare troppo tardi. Ma egli sapeva anche che avrebbe fatto meglio ad andare finchè rimaneva almeno una possibilità, e così alla fine lasciò i suoi compagni nella casa della vecchia, e intraprese la sua marcia solitaria nella notte.

La fortuna fu con lui, perchè riuscì a trovare il punto dove giacevano i pezzi del serpente senza difficoltà, e questi erano ancora distanti e senza vita.

Così Michael Scott si impossessò del pezzo centrale del corpo della creatura, e con rinnovato vigore si apprestò a tornare al cottage.

La vecchia era in attesa alla porta di casa, e non appena lo vide lo salutò: 'Ce l'hai fatta! - esclamò commossa, con evidente soddisfazione. Subito dopo, la donna prese la parte del corpo del serpente e la mise a bollire in un pentolone, sul fuoco.

Gli occhi della vecchia luccicavano, fissi sull'acqua che bolliva, mentre le sue orecchie ascoltavano la carne sfrigolare al calore delle fiamme.

' Perchè lo stai cucinando?' domandò Scott.
' E' l'unica cosa da fare per distruggerlo - dichiarò la donna - e inoltre, servirà a procurarmi un piatto delizioso per la cena di domani '.

La notte avanzava, e i compagni di Scott si dichiararono pronti ad coricarsi. La loro ospite mostrò i letti, in un'altra stanza, e poi tornò in cucina, dove Scott stava rilassando la sue membra indolenzite su una sedia accanto al fuoco.

' Non hai ancora sonno? ' chiese la vecchia.
' Non ancora - rispose Scott - le mie gambe richiedono il conforto del fuoco. Posso rimanere qui? Potrei addormentarmi, mentre su un letto freddo non riuscirei '.
' Molto bene - disse la donna - se resti qui tu, allora io posso andare a letto, e lasciare a te il compito di badare al fuoco.

E il suo volto magrò annuì mentre controllava il pentolone.
Una volta di più Scott si fece diffidente, perchè la sua ospite, sebbene calma di fuori, tradiva un certo nervosismo. Il giovane era sicuro che la vecchia non gli aveva detto tutto quello che c'era da sapere sullo strano piatto che si stava cuocendo.

' Cosa dovrei fare quando la carne sarà pronta? ' chiese Scott.
' Assicurati solo che non bruci - rispose la donna - e poi lascia che termini la cottura. Tornerò più tardi, e farò quello che va fatto. Tu procurati di non toccare niente '. E se ne andò a dormire.
Scott se ne stava accoccolato sulla sedia, mentre la carne del serpente nel pentolone cuoceva, facendo ribollire l'acqua dolcemente.

Più tardi l'odore del piatto fece capire a Scott che la carne era pronta. Nessun rumore proveniva dalla stanza della vecchia, e sebbene il giovane sapeva che avrebbe dovuto svegliarla, si alzò e in silenzio tirò fuori il pezzo del serpente dal pentolone.

La carne si era perfettamente cotta nel suo brodo, ed ora era tenera e pronta per essere mangiata.
Scott immerse il dito nel liquido, e lo assaggiò. Ma la temperatura dell'acqua era molto alta, e con un urlo di dolore, il giovane balzò all'indietro, lasciando cadere il mestolo che teneva in mano con un rumore sordo.

Il fracasso svegliò immediatamente la vecchia, che volò in cucina. Scott si stava ancora succhiando il dito dolorante, quando l'ospite comparve: ' Hai assaggiato il brodo nel pentolone? ' Chiese allarmata la donna.
' Si, l'ho fatto - dichiarò Scott - e perchè non avrei dovuto? Sono stato io ad uccidere il serpente, dopotutto. E adesso so perchè tu eri così ansiosa che io non toccassi niente; adesso conosco cose che non avrei mai saputo, cose del passato, del presente e del futuro. E semplicemente perchè lo desideravo, il dolore alle braccia e alle gambe è svanito. '

' Hai dentro di te più potere di quanto immagini - disse la vecchia - Devo confessare che questo è il potere che io avrei desiderato ottenere, assaggiando per prima il brodo del serpente. Ma ammetto che tu lo hai meritato più di me.

Usalo con attenzione, e pensa a me con bontà, quando te ne andrai, perchè se non ti avessi avvisato del pericolo del serpente, tu saresti andato incontro alla morte '.

Scott promise alla vecchia che non avrebbe scordato la gratitudine che le doveva, e la mattina dopo lui e i suoi compagni erano pronti per partire.

' Abbiamo molta strada davanti a noi - si lamentò uno dei tre - ho le gambe ancora stanche del viaggio di ieri, e la temperatura è fredda. Come vorrei che fossimo già a destinazione! '

Scott mise il suo bastone tra le gambe, e ordinò ai suoi compagni di attaccarsi alla parte posteriore della sua giacca.

Sussurrando poche parole, il bastone si alzò in volo portando i tre uomini con sè.
' Non cè bisogno di camminare, oggi - urlò Scott ai due amici - arriveremo alla nostra meta ben prima del calar della notte! '

Da quel giorno le gesta di Michael Scott suscitarono meraviglia per tutto il Paese. Alcuni dissero che si era alleato con il Diavolo, altri che si era impadronito dei segreti della Magia Nera. Si dice anche che Scott non rivelò mai il segreto dei suoi poteri fino al giorno in cui, prossimo alla morte, non gli chiesero per l'ennesima volta di raccontare la sua storia, in modo da conoscere se la sua anima sarebbe andata in cielo, o scesa all'inferno.

Ma Scott non rispose loro direttamente; disse: ' Quando sarò morto estirpate il mio cuore dal corpo e lasciatelo su un paletto qui fuori. Se un corvo scenderà dal cielo e se lo porterà via, saprete che la mia anima è pronta per l'inferno.

Se una colomba prenderà il mio cuore, saprete che andrò in paradiso' .
E così fecero. Mentre osservavano il cielo, videro con orrore un corvo nero apparire all'orizzonte, per poi scomparire dietro una fila di alberi. E subito dopo una colomba scese, e prese il cuore di Michael Scott, portandolo in alto, oltre le nuvole.

Thomas il poeta



Thomas il Poeta è una figura conosciuta tra gli scozzesi nell'ambito della poesia e della letteratura; si parla di un uomo che avrebbe predetto la maggior parte degli eventi occorsi al Paese. Si raccontava che egli diceva solo la verità, e per questo l' altro nome con cui era conosciuto era 'Vero Thomas'.

Sebbene anche questa sia una figura leggendaria, si crede che tale leggenda sia nata attorno ad un poeta che viveva nei Borders attorno al XIII secolo. Thomas nacque come Thomas Learmont di Ercildoune, un villaggio che adesso si chiama Earlston, situato appunto nella regione meridionale dei Borders, nei pressi di Galashiels e Melrose.

Secondo la versione più famosa della leggenda, Thomas non nacque con il dono della profezia, ma lo ricevette in dono dalla Regina delle Fate.

Thomas stava camminando tra le colline di Eildon, vicino casa, quando si fermò per riposare ad Huntly Water, all'ombra dell' Albero di Eildon.

Mentre giaceva mezzo addormentato, qualcosa attirò la sua attenzione, e vide una bellissima donna, rivestita di seta e di velluto, cavalcare verso di lui su un cavallo bianco, ai cui finimenti erano appese tante campanelline d'argento.

Vi era qualcosa di straordinario in quella figura, e Thomas rimase ammaliato dalla bellezza della donna. Non appena la vide apparire balzò in piedi e, cappello in mano, si inchinò in segno di saluto; pensava che doveva trattarsi della Regina del Paradiso, e infatti la salutò così. Ma la donna disse di essere la Regina del Regno degli Elfi, dove il Popolo Fatato abitava.

Thomas si stupì che la Regina conosceva il suo nome, ma fu addirittura incredulo quando ella gli disse che era venuta espressamente per lui. La regina avrebbe permesso che Thomas osasse baciarla sulle labbra, e il giovane non esitò.

Dopo il gesto, la fata dichiarò che adesso Thomas era in suo potere, e disse: ' Adesso dovrai seguirmi nella Terra degli Elfi, dove mi servirai per sette anni, nel bene e nel male '.

Thomas ne fu estasiato, e subito saltò sul destriero dietro la regina, senza pronunciare parola. Una volta giunti nel regno del Popolo Fatato, la regine disse: ' Per tutto il tempo che rimarrai qui, devi ricordare una cosa: non devi mai parlare. Se farai uscire anche una sola parola, non sarai mai più in grado di tornare nel tuo mondo '.

Nei pressi di un albero da frutto la regina donò a Thomas una mela rossa e succosa, dicendo ' Non appena l'avrai assaggiata, la tua lingua non potrà mai più mentire '.

Giunti alla dimora della regina, Thomas venne vestito di velluto verde, e così cominciò il suo servizio. Il tempo passò in fretta, tanto che gli anni parvero giorni al giovane innamorato. Quando venne il tempo dell'addio, la regina avvisò Thomas che, nonostante il tempo nel Regno Fatato era così veloce, nel mondo degli uomini erano passati sette anni.

' Ma questo non è un addio - aggiunse la fata - tornerò ancora da te, e quando sarà il momento lo saprai '.

Eildon Hills



Non appena tornato nel suo mondo, i poteri di Thomas lo fecero conoscere in tutto il Paese, e l'accuratezza con cui era capace di predirre quello che sarebbe accaduto in futuro aveva dell'incredibile.
Thomas visse la sua vita felicemente, rispettato dalla comunità a cui apparteneva.

Un giorno un ragazzo corse al villaggio, dicendo di aver visto un cervo e una cerva bianchi uscire dalla foresta vicina. Molte persone si accalcarono ai margini del villaggio per vedere con i propri occhi se il ragazzo aveva detto il vero; e infatti, tutti poterono vedere due cervi superbi in attesa al limitare del bosco.

Fu chiamato Thomas, e gli fu chiesto se quello fosse un presagio. Thomas sorrise ma non disse niente; salutò con affetto i suoi più cari amici, e poi si avviò in silenzio verso i due animali. Poi, tutti e tre scomparvero nella foresta, e non furono mai più visti.

La buca dell'omicidio- Merrick Moor era un luogo desolato e tetro, e nessuno lo attraversava con piacere; ma in tempi recenti il Moor si è costruito una fama ancor più sinistra, perchè molti viaggiatori che si avventuravano tra le sue pendici non facevano mai più ritorno.

La gente del posto cominciò a mormorare che le anime perdute erano affondate in paludi da qualche parte, lassù; ma alcuni incolpavano le forze soprannaturali; altri ancora affermavano che le azioni del Diavolo si consumavano in quei luoghi.

Il giovane ambulante conosceva i commenti che si facevano in giro, ma quel giorno egli aveva mercanzia da vendere, e aveva urgenza di arrivare; così per accorciare la strada, decise di attraversare Merrick Moor.

Mentre si trovava a percorrere i ripidi sentieri del monte una violenta tempesta lo colse, ed egli si vide costretto a cercare rifugio; si ricordò allora che già una volta aveva trovato ospitalità presso la baracca di una vecchia con i suoi due figli, e sperò di ritrovare la strada per la casa. La fortuna lo guidò, perchè nella bufera vide in lontananza il conforto di una luce.

Con rinnovato vigore il ragazzo accelerò la marcia, e giunse in vista della casa. Dalla finestra potè vedere la vecchia e i due figli che armeggiavano in un baule presso il focolare, tentando di infilarvi qualcosa chiuso in un sacco. Il commerciante bussò alla porta, e dopo poco uno dei due figli aprì, con sguaedo nervoso. Vedendo il ragazzo, lo trascinò dentro con violenza, e solo a fatica lo spaventatissimo ambulante riuscì a farsi riconoscere dalla vecchia. Tutti sembrarono rilassarsi, soprattutto dopo che ebbero saputo che il viaggiatore era solo.

Lo ospitarono per la notte, ma nella stanza che gli era stata assegnata il giovane non si sentiva molto sicuro. Ad un certo punto però, dalla porta provennero dei rumori. L'ospite si avvicinò e socchiuse la porta per guardare fuori, e vide che dal locale di fronte fuoriusciva una luce. All'interno della stanza due voci maschili parlavano, e quello che udì il commerciante lo fece impallidire: infatti si progettava di ucciderlo, e poi di gettarlo in una buca poco lontano, come era già successo per tutti quelli che erano passati presso la casa.

Preso dal panico, il giovane saltò giù dalla finestra e corse via sperando di scomparire nella notte. Venne quasi subito scoperto, e gli assassini lanciarono due grossi mastini sulle tracce del fuggiasco. Il ragazzo si arrampicò lungo un declivio, ma inciampò e cadde in un anfratto. Senza più forze attese la morte, ma poi lo spirito di conservazione prevalse sulla debolezza, e il commerciante riprese faticosamente la sua marcia. Forse per un intervento soprannaturale, i mastini si rifiutarono di proseguire e a i due uomini non restò altro da fare che ritornare alla casa.

La mattina dopo vide un giovane lacero e sanguinante arrivare al paese dall'altra parte del Moor. Raccolto e curato da una famiglia delle prime case, il venditore raccontò quello che era accaduto. E siccome molta gente aveva perduto amici e parenti sulla montagna, quasi tutti si gettarono alla caccia degli assassini. Il ragazzo guidò il gruppo, e quando giunsero alla casa la vecchia e i due figli vennero catturati e portati fuori dalla baracca. Essi confessarono i loro crimini, e portarono la folla alla buca dove gettavano i corpi delle vittime dopo averli rapinati.

La sentenza nei loro confronti venne subito emessa: legati a tre alti pali, vennero lasciati a morire di fame e di freddo.

Il commerciante, unico sopravvissuto degli assassini di Merrick Moor, tornò in paese con il gruppo, e mentre scendeva dalla montagna, molte voci raggiunsero il suo cuore, voci di gratitudine e gioia, voci delle anime degli uccisi, che testimoniavano la fine di un incubo.

San Mungo



San Mungo, fondatore e patrono di Glasgow, nacque nel VI secolo in circostanze straordinarie. Secondo Jocelin di Furness, che scrisse La Vita di San Mungo sei secoli fa, la madre di Mungo sarebbe stata Thenew, una figlia di Loth, il principe dal cui nome derivò quello della regione del Lothian.

Thenew rimase incinta dopo che era stata violentata da Owain, il nipote di Loth, e il padre di lei si infuriò a tal punto che la fece precipitare dal Traprain Law, nel Sud Lothian; ma vedendo che la caduta non l'aveva ancora uccisa, ordinò che venisse gettata alla deriva nel Fiordo di Forth su una barca.
La barca si arenò infine a Culross, dove Thenew diede alla luce il bambino.

San Serf, che aveva una comunità religiosa in quella zona, trovò la donna e diede a lei e a suo figlio protezione.

Thenew chiamò il bambino Kentigern, 'comandante capo', ma San Serf gli diede un altro nome, Mungo, che significa 'caro'.

Mungo crebbe e venne educato dal santo a Curloss, e uno dei miracoli che gli sono attribuiti risale a questo periodo della sua vita: San Serf aveva un pettirosso, che venne ucciso da alcuni furfanti. Mungo trovò l'uccellino morto e lo riportò in vita.

Quando raggiunse l'età adulta, Mungo venne invitato a Strathclyde dal re, e nominato Vescovo. Visse a Molendinar Burn e costruì la sua prima chiesa. L'attuale Cattedrale di Glasgow sorge sulle rovine di quella chiesa.

Tredici anni dopo Mungo fu costretto a lasciare la Scozia a causa di una disputa religiosa, e si trasferì in Galles dove fondò un monastero, a Llanelwy. Intorno al 570 d.C. fece ritorno in patria su invito di Re Roderick di Strathclyde e andò nel Dumfriesshire per qualche tempo, prima di ritornare a Glasgow.

Qui, secondo la tradizione, fece il miracolo con il quale è ancora oggi conosciuto: la moglie di Roderick, Langoureth, tradiva il marito. Ella diede al suo amante l'anello che il sovrano le aveva donato; un servitore del re si accorse del fatto e andò ad avvisare il suo padrone.

Il re si infuriò, specialmente quando vide con i propri occhi l'uomo che indossava il suo dono alla moglie. Ma, invece che mettere a confronto i due traditori, il re decise di escogitare un tranello. Così, rubò l'anello mentre l'amante dormiva e lo gettò nel fiume. Poi chiese alla moglie dove fosse l'anello che le aveva regalato. Naturalmente la regina non era in grado di trovarlo, e il il marito la minacciò di morte se, entro un certo periodo, l'anello non sarebbe stato ritrovato.

Langoureth inviò una preghiera a Mungo, chiedendo perdono per i suoi peccati e pregandolo di aiutarla. Mungo mandò uno dei monaci a pescare nel fiume Clyde, ordinando di portargli il primo pesce che avesse pescato.

Quando il monaco ritornò con un salmone, Mungo ne aprì la pancia e tirò fuori l'anello che il re aveva gettato nel fiume. Spedì l'oggetto a Langoureth, che lo presentò al marito. Re Roderick, attonito, non potè fare altro che ritirare le accuse.

Il blasone di Glasgow riconosce il santo che ha fondato la città, e che le ha dato il nome: Glesca infatti significa 'Caro Luogo'.

Dipinti sul simbolo della città sono l'uccellino che Mungo riportò alla vita, il salmone in cui l'anello venne ritrovato, e l'anello stesso; e il motto di Glasgow deriva da uno dei sermoni di Mungo: 'Lasciate che Glasgow prosperi per l'insegnamento.

Edited by demon quaid - 4/8/2016, 22:15
 
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